FRANCO CAMBI
Paesaggi d'Etruria e di Puglia
A.
Giardina, A. Schiavone (a cura di),“STORIA DI ROMA”, vol. 3.2, 1993, pp. 229-254
La progressiva cantonalizzazione dell'Italia seguita alla riforma dioclezianea favori il riemergere delle realtà locali fino ad allora nascoste nella
veste della armonica costruzione dell'Italia augustea. Le realtà locali erano
fra l'altro integrate, soprattutto dal punto di vista dei meccanismi economici,
nelle strutture del gigantesco mercato della prima età imperiale. Il tramonto
della vecchia Italia municipale fini per eclissare tradizioni e usanze secolari.
Venne disgregandosi l'ordinata gerarchia degli abitati sulla base della quale,
fra la tarda Repubblica e i primi due secoli dell'Impero, la semplice casa era
del piccolo proprietario o del colono, la casa più grande e comoda del
cittadino benestante, la villa di discrete dimensioni del cittadino di classe
equestre o del liberto, la villa grandissima del senatore. L'Italia del tempo in
cui era tutta un giardino poteva essere considerata per grandi blocchi
sovraregionali: l'Italia centrale tirrenica delle ville, la Cisalpina delle grandi
estensioni, il Sannio dei pascoli alti, il vasto Meridione oleario e cerealicolo.
La disgregazione della vecchia Italia fece emergere in maniera più nitida le
differenze delle regioni e dei comprensori. Il progressivo ritrarsi del mercato,
sempre meno circolazione di merci e sempre più necessità di approvvigionamento all'esterno, favori la cristallizzazione di alcune di queste realtà in una
condizione di arretratezza rimasta immutata poi per molti secoli.
In queste pagine si tenterà di descrivere la geografia storica tardoan-tica
delle due zone in cui le ricerche sono state più fitte e sistematiche: ovvero la
parte meridionale della regio VII Etruria e la parte settentrionale della regio
II Apulia, rispettivamente la Tuscia e la Apulia et Calabria della riforma
dioclezianea. L'esiguità dei campioni di due regioni tanto distanti e tanto
diverse non consente di trarre conclusioni che possano essere generalizzate
ed estese agli altri comprensori regionali. Si è tuttavia consapevoli del fatto
che l'approfondimento di studi intensivi sulle realtà regionali sia l'unica via
percorribile se si vuole arrivare a ricostruire la storia dei paesaggi della
penisola nella fase in cui divenivano sempre meno romani e cominciavano
ad assumere in maniera sempre più netta la fisionomia del paesaggio
altomedievale.
230
Parte prima
I luoghi e le merci
I. L'Etruria meridionale.
I.I. La fine delle città.
Nei territori costieri fu precoce la decadenza delle città, spesso a vantaggio di insediamenti con figura istituzionale diversa, talora incerta. È il
caso di Fregenae 1, eclissatasi a vantaggio di Lorium, mansio situata a dodici
miglia da Roma e centro della enorme proprietà degli Antonini 2 II palatium
di Lorium, in cui Antonino Pio e Marco Aurelio avevano trascorso molto
tempo3, era descritto «in rovina» al tempo della stesura della Historia
Augusta (fra la fine del IV e gli inizi del V secolo), mentre l'abitato
circostante era ancora tanto popoloso da divenire diocesi, almeno dal V
secolo4. Casi simili sono quelli di Caere, presto decaduta rispetto al grande
insediamento termale di Aquae Caeretanae5 e di Aquae Tauri a vantaggio di
Thermae Tauri6. Alsium, definita insieme con Pyrgi «piccola città» da
Rutilio Namaziano, da tempo era oscurata dalle «ville grandissime» del
territorio7. Centumcellae, essa pure assiduamente frequentata dagli
imperatori del 11 secolo8, fu Tunica città realmente vitale dell’ Etruria
meridionale nella media e nella tarda antichità, come attesta la ricca
documentazione letteraria, epigrafica e archeologica dei secoli IV-VI, fino
all'epoca di Gregorio Magno9. La vita nel comprensorio
1
E. PAPI, Le città romane dell'Etruria meridionale, tesi di dottorato di ricerca, 1990.
CIL, XI, 3730-38; XV, 2179; XI, 1-2,6689.132; E. GATTI, Via Cornelia, in NSA (1919), pp. 57-59;
e. MOCCHEGIANI CARPANO, Una villa del I secolo presso Castel di Guido, in «Bull. Pont. Comm.
Arch. » (1966-67); G. DE ROSSI e altri, La via Amelia da Roma a forum Aurelii, Roma 1968, pp. 31-32.
3
Scrittori della Storia augusta, Vita di Antonino Pio, 1.12; EUTROPIO, 8.8; FRONTONE, 1.1-2, 2.18,
3.20 5.7. Da ultimo: G. DE ROSSI e altri, La via Aurelia cit., pp. 19-20; D. J. CRAWFORD, Proprietà imperiali, in M. 1. FINLEY, La proprietà a Roma, Roma 1980, pp. 33-76; e. MOCCHEGGIANI CARPANO e R. MENEGHINI, II mausoleo di Castel di Guido, in RIA, III (1980), pp. 37-38; G. NARDI, Repertorio degli scavi
e delle scoperte archeologiche nell'Etruria meridionale, III. 1971-75, Roma 1981, p. 139.
4
La chiesa mattinale delle Sante Rufìna e Seconda divenne cattedrale della diocesi di Silva Can
dida nel 501, quando Lorium decadde: v. FIOCCHI NICOLAI, J cimiteripaleocristiani nel Lazio. Etruria
meridionale, Roma 1988, pp. 29 e 57.
5
G. NARDI, La viabilità di una metropoli: il caso di Caere, Milano 1985, pp. 155-216; 1. E. M. EDLUND, The God and thè Piace. Location and Function 0/Sanctuaries in thè Countryside of Etruria and
Magna Grecia, 700-400 B.C., in AIRRS, XLIII (1987), p. 60; R. COSENTINO e P. SABBATINI TUMMOLESI,
L'edificio termale delle Aquae Caeretanae, in M. CRISTOFANI (a cura di), Miscellanea Cere tana, I, Roma
1989, pp. 95-112.
6
RUTILIO NAMAZIANO, 1.249-76; F. CAMBI, Paesaggi romani nell'Etruria meridionale. Ambiente,
società, insediamenti, tesi di dottorato di ricerca, 1991.
7
RUTILIO NAMAZIANO, 1.249-60; F. CAMBI, La destrutturazione del paesaggio tardoantico, in A. CARANDINI, M. CELUZZA e E. FENTRESS (a cura di), Paesaggi d'Etruria fra la valle dell'Albegna ed il Fiora
dalla preistoria al Medioevo, in corso di stampa.
8
FRONTONE, Epistole, 3.20; Scrittori della Storia augusta, Vita di Commodo, 1.
9
GREGORIO MAGNO, Dialoghi, 4.28 e 4.55; v. FIOCCHI NICOLAI, 1 cimiteri paleocristiani cit., pp.
35-36. L'incursione saracena dell'813 costrinse la popolazione ad abbandonare la Centumcellae sul
mare per rifugiarsi in quella arroccata sulle montagne di Tolfa. Della guarnigione bizantina di Cen
tumcellae («numerus centumcellensis ») parla il Regesto di Farfa (II, 41) ancora nel 767.
2
Cambi Paesaggi d'Etruria e di Puglia
231
di Tarquinii e Graviscae si arrestò negli anni della discesa dei Visigoti in
Italia, fra il 408 e il 412 d. C.10. Di quel trauma, preludio all'abbandono
delle città, è prova evidente l'interramento a Graviscae di tesoretti di
monete auree e bronzee del IV secolo ". Di altre città come Heba, Satur10
E. PAPI, Le città romane cit.; M. TORELLI e altri, Gravisca, in NSA (1971), p. 199.
M. TORELLI, Gravisca. Piccolo tesoretto di174 solidi aurei, in Nuovi tesori della Tuscia antica,
Viterbo 1970, p. 74; M. TORELLI e altri, Gravisca cit., pp. 220-21; F. PANVINI ROSATI, Osservazioni sulla
111111
circolazione in italia nelvsecolo d. C. di monete d'oro romane, in «Bollettino di Numismatica» (1985),
pp. 7-14.
232
Parte prima
I luoghi e le merci
12
nia, Statonia poco si sa. Per Tuscana 13, Cosa14, Vulcil5 si può ipotizzare un
lento ma inesorabile ripiegamento solo parzialmente contrastato dalle
iniziative del potere centrale riferibili a una fase di età flavio-traianea, a una
di età antonino-severianaI6, ad alcuni curatores della metà del in secolo e a
più sporadici interventi di età dioclezianea. A Veii la rovina cominciò pochi
decenni dopo le dediche poste a Marco Aurelio e a Setti-mio SeveroI7 e gli
onori tributati a Costanzo Cloro fra il 293 e il 305 d. C. furono l'ultima
testimonianza della devozione dei Veienti agli imperatori18. Sutrium fu
fiorente almeno per tutto il in secolo e forse anche nel IV19. Nepet, diocesi
probabilmente a partire dal 418-19, ebbe una cattedrale forse già nel V
secolo20. Le due cittadine tornarono a essere strategicamente importanti
durante la guerra greco-gotica21. Meno marcato appare il declino di
Ferentium, di Sorrina Nova e di Orta. Va sottolineato tuttavia che in questi
territori si ebbe un fenomeno di crescita degli insediamenti intermedi a
danno delle città. Nel comprensorio di Blera ville, case e villaggi
scomparvero fra i secoli in e V d. C.22. La popolazione rurale si era trasferita
a partire dal IV secolo nell'antico municipio, riavutosi dalla difficile fase fra
II e III secolo d. C. e divenuto poi diocesi nel V23. L'incursione visigotica
aveva determinato il crollo di molte delle città e delle infrastrutture
territoriali, come anche Rutilio Namaziano non aveva mancato di osservare.
La perdita, da parte delle città, del loro rango, fu il primo grave colpo alla
restaurazione dioclezianea. Questo non significa che le città fossero deserte.
Esse avevano tuttavia abdicato alle funzioni e alle autorità che avevano
rappresentato, trasformandosi forse, se non in grandi villaggi, almeno in
abitati, magari demograficamente cospicui, ma privi ormai di identità
urbana.
12
A.CARANDINI (a cura di), La romanizzazione dell'Etruria. Il territorio di Vulci,
A. CARANDINI, M. CELUZZA e E. FENTRESS (a cura di), Paesaggi cit.
13
F .LANZONI, Le Diocesi d'Italia dalle origini al principio del secolo vii, Faenza
v. FIOCCHI NICOLAI, / cimiteri paleocristiani cit., pp. 90-93.
Milano 1985;
1927, p. 527;
14
L'ultima sporadica frequentazione del sito di Cosa, prima della costruzione della fortezza bi
zantina del vi secolo, si riferisce alla piccola comunità del Foro (monete del 455): da ultimo cfr. E.
FENTRESS e altri, Late Roman and Medieval Cosa I: thè arx and thè structure near thè Eastern Height, in
PBSR, LIX (1991), pp. 197-230.
15
G. Gazzetti in A. CARANDINI (a cura di), La romanizzazione cit., pp. 61 sgg.
16
E. PAPI, Le città romane cit.
17
Cfr. ihid.
18
CIL, XI, 3796.
19
E. PAPI, Le città romane cit.
20
Catacomba di Santa Savinilla, domina locale: mille deposizioni fra inizi iv - metà v secolo:
v. FIOCCHI NICOLAI, / cimiteripaleocristiani cit., pp. 235-38.
21
Nepet è classificata da Procopio fra le fortificazioni bizantine dell'Italia centrale.
22
p. FORTINI, Ville romanea MonteRomano, in R. LEFEBVRE, Ville e parchi nel Lazio, Roma 1984;
ID. (a cura di), Monte Romano. Indagine di un territorio e materiali dell'Antiquarium, Roma 1987.
23
E. PAPI, Le città romane cit.; F. LANZONI, Le Diocesi cit., p. 526; v. FIOCCHI NICOLAI, / cimiteri
paleocristiani cit., p. 85, n. 519.
Cambi Paesaggi d'Etruria e di Puglia
233
I.2. L'Etruria delle ville e dei villaggi.
Agli inizi del IV secolo il territorio ceretano era in gran parte ormai ripartito fra le estese proprietà imperiali formatesi nel II secolo: la villa Alsiensis24 descritta da Frontone, da identificare nella grande villa di Palo 25 e
le ville di Ceri e di Castel Campanile, ove sorgeva anche un pagus26. Nelle
aree un tempo rinomate per la produzione vinaria conquistarono spazi
sempre maggiori gli allevamenti bovini, suini e ovini, già ricordati da
Columella27. Tramontato definitivamente il paesaggio delle ville e delle
piantagioni, anche gli insediamenti minori scomparvero, quasi ovunque.
Assunsero una posizione eminente i tipi di insediamento caratterizzati da un
certo spessore demografico: i villaggi. Le ville superstiti, non di rado le più
grandi, assorbite dal latifondo imperiale, pilotarono la trasformazione verso
conduzioni agricole sempre più estensive, superando la crisi della tarda età
antonina. Esse tendevano ora ad accentrare, controllando superfici sempre
più vaste e diversificando quanto più possibile la loro produzione. Molte
ville, perduta ogni bellezza architettonica, finirono forse con l'assomigliare a
dei villaggi e i loro paraggi furono trasformati in aree sepolcrali. I villaggi
costituiscono la chiave di volta per l'interpretazione del paesaggio ceretano
della tarda antichità. Essi rappresentavano materialmente lo strumento con
cui le grandi proprietà estensive controllavano il territorio, sviluppandosi
non di rado in coincidenza con mansiones e mutationes stradali: Baebiana28 e
Ad Turres29 sulla via Aurelia, quest'ultima rivitalizzata fra fine v e vi secolo
da un insediamento di Ostrogoti30; Careiae31 e Aquae Apollinares lungo la
Clodia; gli scali portuali di Algae e Rapinium32. In alcuni di questi abitati si
trovano tracce di interventi edilizi ancora nel V secolo.
24
CIL, XI, 3720; CIL, XI, 3719-20, 3724; FRONTONE, 2.i; M. TORELLI, Etruria, Roma-Bari 1980,
p. 96.
25
M. TORELLI, Etruria cit., p. 96; G. PROIETTI, La villa imperiale di Marina diS. Nicola, in «Ar
cheologia Romana» (1980), pp. 41-42.
26
Da ultimo: M. CRISTOFANI, G. NARDI e M. A. RIZZO, Caere I. Il parco archeologico, Roma 1988,
pp. 43-49.
27
L'allevamento ovino è ricordato anche da LICOFRONE, Alessandro, 5.1238; F. ENEI, Cemeteri.
Recupero nell'area urbana della città antica, Roma 1987.
28
CIL, XI, 3749-51; D. ANZIANI, Les voies romaines de l'Etrurie meridionale, in MEFR, XXXIII
(1913), p. 175; G. DE ROSSI e altri, La via Aurelia cit.
29
Ibid., pp. 28-32; G. NARDI, Repertorio cit., p. 141; s. FONTANA, Ricerche sul tracciato della via
Cornelia tra Cemeteri e Tarquinia, in «Ricognizioni Archeologiche», II (1986).
30
R. COSENTINO, Sepolture tardoantiche presso Ladispoli. Note su un corredo con oreficerie ostro
gote, in BdA, XXXVII-XXXVIII (1986), pp. 61-74.
31
Careiae si fuse con la vicina chiesa di Santa Maria di Galeria (v-vi secolo): v. FIOCCHI NICOLAI,
I cimiteripaleocristiani cit., p. 82, n. 501; N. CHRISTIE, Three South-Etrurian Churches, Rome-London
1991.
32
Itinerarium Maritimum, 498.1-499.5; da ultimo: F. MELIS e F. RASPI SERRA, La via Aurelia da Ci
vitavecchia al Marta, in G. DE ROSSI e altri, La via Aurelia cit., pp. 92-95.
234
Parte prima
I luoghi e le merci
Negli insediamenti costieri fra Alsium e il fiume Marta, ad eccezione
delle stationes maritimele, il livello della vita si abbassò notevolmente. Gli
edifici, perdute le loro originarie funzioni, divennero alloggi fatiscenti per
poveri e per abusivi. Lungo la costa era fra l'altro diffusa la pratica dello
smembramento delle ville abbandonate allo scopo di riutilizzare i materiali
edilizi e le decorazioni architettoniche in altri edifici33. Soltanto l'agro
castronovano, oggetto delle attenzioni dei Severi e di altri imperatori34,
aveva goduto nel in secolo di una relativa prosperità. Alcune ville, fra le
quali quella di Punicum, appartenuta agli inizi del ni secolo al giurista Cn.
Domitius Annius Ulpianus 35, erano state restaurate e ridecorate36. Tali
attenzioni ebbero forse esito nel tentativo, compiuto dall'imperatore
Aureliano 37, di rilanciare la viticoltura nei territori attraversati dalla via
Aurelia. Un secolo dopo, tuttavia, la ripresa di questo territorio, quale che sia
stata, si era esaurita. Fra il IV e il V secolo la popolazione impoverita
riutilizzava le ville come aree sepolcrali38 e rimaneggiava gli ambienti di
rappresentanza ai fini delle attività quotidiane. La villa di Ulpiano divenne
una povera casa di campagna39. Si persero le tecnologie (in alcune ville le
cisterne per il rifornimento di acqua potabile delle peschiere vennero
trasformate in ambienti abitabili)40. La vita procedette stentatamente a partire
dal IV, forse già dalla seconda metà del III secolo d. C.
Nel comprensorio di Cosa e della valle dell'Albegna, fra i meglio studiati,
fu abbandonato fra il n e il in secolo d. C. il 46 per cento delle ville esistenti,
mentre il numero dei villaggi rimase sostanzialmente stabile. Malgrado la
flessione demografica e il declino delle strutture portuali, fra la fine del III
secolo e gli inizi del IV vi furono segni di una nuova vitalità, indicata
particolarmente dagli arrivi di quantità cospicue di anfore africane del tipo
Africana IIC e IID41. All'interno dello stesso comprensorio potevano dunque
convivere aree più o meno conservative (quelle periferiche) e aree sempre
più impoverite (l'entroterra di Cosa). I fondi
33
A. CARANDINI (a cura di), Settefinestre. Una villa schiavistica nell'Etruria romana, Modena
1985,1, p. 184.
34
Caracalla restaurò l'antico pons Apollinis dell'Aurelia: p. A. GIANFROTTA, Castrum Novum,
Forma ìtaliaeR. VII, III, Roma 1972; AnnEpigr, 1973, n. 226.1 Castronovani posero dediche a Valeriano, Gallieno, Aureliano, Numeriano, Valerio Severo (CIL, XI, 3576-81); E. PAPI, Le città romane cit.
35
Da ultimo: p. A. GIANFROTTA, Castrum Novum cit.; F. CAMBI, Paesaggi romani cit.
36
Da ultimo: p. A. GIANFROTTA, Castrum Novum cit., pp. 50-51, n. 52.
37
Scrittori della Storia augusta, Vita di Aureliano, 48.2; E. PAPI, Le città romane cit.; F. CAMBI, Pae
saggi romani cit.
38
Tombe a enchytrismos: p. A. GIANFROTTA, Castrum Novum cit., pp. 98 sgg.
39
L. BORSARI, S. Marinella, in NSA (1895), p. 198.
40
P. A. GIANFROTTA, Castrum Novum cit., pp. 40 sgg.
41
A. D. MCCANN, The Roman Pori and Fishery o/Cosa, Princeton University Press, 1987, pp. 391
sgg. Le anfore del territorio sono state studiate da chi scrive.
Cambi Paesaggi d'Etruria e di Puglia
235
delle ville periferiche, con o senza il sostegno dei villaggi, erano tutti molto
estesi, da un minimo di 500 ettari a un massimo di 150042. Le ville
sopravvissero nel v secolo in misura maggiore (80 per cento sul totale del IV
secolo) rispetto ai villaggi (ridotti alla metà). La vitalità delle ville era
dovuta essenzialmente alle loro funzioni di centri di proprietà, la cui efficienza era considerata importante dal potere centrale. L'abbandono delle case
e di parte dei villaggi è invece, per altri versi, indice dell'inizio di un forte
calo demografico. La mancanza di energie e di forza-lavoro in una
situazione ambientale particolarmente delicata favori il ritorno del bosco e
delle paludi. L'effetto delle incursioni dei Visigoti sulle infrastrutture
territoriali del comprensorio fu disastroso43. In questo progressivo
disfacimento della società rurale dell'Etruria romana trovarono spazio anche
attività di brigantaggio lungo la via Aurelia, di cui la collana d'oro trovata
nel granaio della villa di Settefinestre potrebbe essere un indizio44. Un
riflesso indiretto dei saccheggi perpetrati a metà del v secolo dalla flotta
vandala è nel missorium argenteo rinvenuto alla confluenza del torrente
Castione nell'Albegna45. Dell'oggetto fu proprietario Ar-dabur Aspar, figlio
del console di origine alana inviato dall'Impero d'Oriente a sostegno di
Valentiniano III e protagonista, fra il 431 e il 441, di imprese militari e
navali di rilievo contro il regno vandalo di Genserico. Il dominio vandalo
sull'Africa causò la fine della produzione e della diffusione delle anfore dette
« cilindriche di medie dimensioni». L'effetto di questi avvenimenti sui
paesaggi dell'Etruria si manifestò drammaticamente con la scomparsa dei
contenitori da trasporto africani. Soltanto in alcuni insediamenti costieri e
insulari sono attestati contenitori sicuramente circolanti dopo il 450 d. C.46. I
territori dell'Etruria meridionale
42
Per varie ragioni è possibile che la pianura fra Cosa e Montalto di Castro appartenesse alla gens
dei Rufii (D. MANACORDA, Considerazioni sull'epigrafia della regione di Cosa, in «Athenaeum», LVH
(1979)> PP- 73-97)-1 Rufii Festi conserveranno il loro prestigio fino al primo quarto del vi secolo (F.
JACQUES, L'ordine senatorio attraverso la crisi del in secolo, in A. GIARDINA (a cura di), Società romana
e
impero tardoantico, Roma-Bari 1986,1, pp. 209-n).
43
OROSIO, 7.37.3-5; ZOSIMO, 5.42.2 e 5.45.5. Fonti letterarie e giuridiche in: p. COURCELLE, Histoire littéraire des grandes invasions germaniques, Paris 1964; L. CRACCO RUGGINI, I barbari in Italia
nei secoli dell'Impero, in Magistra Barbaritas, Milano 1984, pp. 22-40; M. SORDI, La via Aurelia da Vada
a Pisa nell'antichità, in «Athenaeum», XLIX (1971), pp. 305 sgg.; D. LASSANDRO, Descrizione geografi
ca e rievocazione storica nel «De reditu suo» diRutilio Namaziano, in M. SORDI (a cura di), Geografia e
storiografia nel mondo classico, Milano 1988, pp. 113-23. Dopo il passaggio dei Goti, Onorio decise la
riduzione delle imposte fondiarie {Codice teodosiano, n.28.7 e n.28.12). I Visigoti furono in Etruria
una prima volta durante l'assedio di Roma, poi in occasione della discesa di Ataulfo, e infine in occa
sione della loro ritirata verso la Gallia.
44
A. CARANDINI (a cura di), Settefinestre cit., I*, p. 185.
45
CIL, XI, 2637: il clipeus venne fatto in occasione del consolato di Ardabur Aspar (434 d. C).
Da ultimo: K. PAINTER, The silver disb of Ardabur Aspar, in E. HERRING, R. WHITEHOUSE e J. WILKINS
(a cura di), Papers of thè Fourth Conference ofltalian Archaeology, II/2, London 1991, pp. 73-80.
46
G. CIAMPOLTRINI e p. RENDINI, L'agro Cosano fra tarda antichità e altomedioevo: segnalazioni e
contributi, in «Archeologia Medievale», XV (1988), pp. 525-34.
236
Parte prima
I luoghi e le merci
costiera erano usciti dal grande mercato mediterraneo occidentale. La
insicurezza di quegli anni, conseguenza del dominio vandalo del Mediterraneo occidentale, è riflessa anche da alcuni ripostigli monetali databili fra
il 450 e il 47047.
Agli inizi del IV secolo fra la valle dell’Albegna e il Fiora il 40 per cento
degli insediamenti del secolo precedente era ancora occupato. Scomparsi
ovunque i siti più piccoli, la metà delle ville e dei villaggi sopravviveva. Si
ha notizia di una sola presenza monastica nella zona, ricordata da Gregorio
Magno e situata «in ... partibus Auriliae»48. La presenza di eventuali
proprietà ecclesiastiche nella zona è ancora tutta da verificare, ma la
documentazione relativa al vi secolo sembra comunque più povera rispetto
all’ Etruria meridionale interna e alla Sabina49.
La guerra greco-gotica (535-53) e le carestie, le pestilenze, le siccità e le
inondazioni che a essa si accompagnarono si abbatterono su una struttura
socio-economica disgregata e debole50. Se la valle dell’Albegna e l'antico
agro cosano mantennero una qualche rilevanza negli anni della guerra grecogotica, essa fu dovuta essenzialmente al riuso degli antichi siti fortificati
della zona (Cosa, Orbetello, Talamonaccio)5l. L'epigrafia della zona
conserva il ricordo di un gruppo di gerarchi bizantini e si sa ancora da
Procopio che alti ufficiali dell'esercito bizantino, dopo la prima conquista di
Roma, divennero proprietari in Toscana, accolti favorevolmente dalle
popolazioni52. Ricerche recenti condotte nell'antica colonia di Cosa hanno
rilevato l'esistenza di mura difensive databili ai primi decenni del VI
secolo53. A queste fortificazioni, dovute esclusivamente agli intenti strategici
bizantini, facevano capo gli ultimi insediamenti ancora occupati nelle
pianure54.
47
48
Ibid., pp. 519 sgg.
GREGORIO MAGNO, Dialoghi, 3.17, p. 180 = PL, LXXVII, coli. 261-64. Cfr. anche v. FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani cit., p. 54.
49
F. BISCONTI, Tarda antichità ed altomedioevo nel territorio orbetellano, in Atti del VI Congresso
Nazionale di Archeologia Cristiana, 1985, p. 70; E. MIGLIARIO, Strutture della proprietà agraria in Sabi
na dall'età imperiale ali'altomedioevo, Pavia 1988, pp. 29, 54, y6.
50
Fonti in L. CRACCO RUGGINI, Economia e società nell'Italia Annonaria, Milano 1961, pp. 152 sgg.
51
Resti di una cinta muraria «a telaio» furono visti a suo tempo dagli scavatori ottocenteschi:
O. w. VON VACANO, Der Talamonaccio: alte und neue Probleme, Florenz 1988, p. 6.
52
PROCOPIO DI CESAREA, La guerra gotica, 1.16. L'iscrizione si trovava a Orbetello: F. BISCONTI,
Tarda antichità cit., p. 72.
53
E. FENTRESS e altri, Late Roman and Medieval Cosa I cit. Non è pensabile una fase di incastella
mento nell'Italia centrale dovuta agli sconvolgimenti del vi secolo (G. CIAMPOLTRINI e p. RENDINI,
L'agro Cosano cit.). Il termine castellum in fonti latine molto più antiche designa la villa fortificata: cfr.
A. CARANDINI, La villa romana e la piantagione schiavistica, in questa Storia di Roma, IV, Torino 1989,
pp. 101-92; Id., in L. ANSELMINO e altri, II Castellum delNador, Roma 1989, passim. Negli scritti di CASSIODORO, Varie, 1.17, 3.48, 7.5, esso indicava genericamente l'insediamento fortificato e in posizione
eminente. Tuttavia non si può forzare il termine fino a sottintendere un fenomeno di spostamento del
le sedi abitate, che avverrà solo in seguito e per altri motivi.
54
F. CAMBI e E. FENTRESS, Villas to Castles: First Millennium A.D. Demography in thè Albegna
valley, in K. RANDSBORG (a cura di), The Birth of Europe: Archaeology and Social Development in thè
Cambi Paesaggi d'Etruria e di Puglia
237
Nell'interno l'agro falisco interessa soprattutto per le vicende ambientali.
I grandi abbandoni fra la tarda età antonina e i Severi, e il fallimento delle
curatele imperiali del III secolo d. C. 55, precipitarono il territorio a un livello
di vita assai basso. Le decorazioni delle ville vennero spoliate non a scopo di
reimpiego in altri edifici ma addirittura per fare la calce56. Il territorio si
divise in due tronconi: la valle del torrente Treia, a sud, virtualmente deserta
nel III secolo 57, e l'area attorno alla via Flami-nia (mansio Aquaviva e villa
dei Iunii Bassi), che assunse un'importanza crescente nella tarda antichità,
divenendo il centro del territorio. Questa zona offriva dal punto di vista
agricolo ampie superfici pianeggianti, più adatte a una produzione sempre
più orientata verso la cerealicoltura lati-fondistica. La valle del Treia, un
tempo paesaggio dei prata di C. Egna-tius e dei candida boves cantati da
Ovidio, venne letteralmente destrutturata dagli effetti combinati dello
spopolamento, dell'abbandono degli impianti di drenaggio e della piovosità
in aumento58. Tale concorso ebbe effetti particolarmente gravi in un'area il
cui manto boschivo era soggetto a tagli intensi da quattrocento anni almeno.
Nel III secolo i boschi dell’Etruria meridionale erano considerevolmente
meno estesi rispetto agli anni immediatamente precedenti la riforma
fondiaria del 195059. Il deterioramento degli equilibri del paesaggio fu
rapido; le valli vennero sconvolte dai torrenti in piena e alcuni dei
caratteristici pianori della zona rimasero isolati. A Falerii Veteres la scarsa
documentazione fa addirittura dubitare dell'esistenza di una comunità
cristiana durante il IV secolo, mentre la sede vescovile di Falerii Novi,
attestata a partire dalla fine del VI secolo60, acquistò una sua importanza solo
in seguito, quando fu agFirst Millennium A.D., Roma 1989, pp. 74-86; F. CAMBI e altri, Etruria, Tuscia, Toscana: la formazione
dei paesaggi altomedievali, in L'altomedioevo italiano alla luce dell'archeologia, Atti del Colloquio (Siena 1992), in corso di stampa.
55
CIL, XI, 3088; PIR, IV, p. 73, n. 106; PIR, II, pp. 348-49, n. 8.
56
F. MARAZZI, T. w. POTTER e A. KING, Mola di Monte Gelato (Mazzano Romano, VT). Notizie
preliminari sulle campagne discavo 1986-88, in R. FRANCOVICH e M. MILANESE (a cura di), Lo scavo ar
cheologico di Montarrenti e i problemi dell'incastellamento medievale, Atti del Colloquio, Firenze
1989, p. 106.
57
T. w. POTTER, The Changing Landscape of South Etruria, London 1979 (trad. it. Roma 1985, pp.
58
ID., Recenti ricerche in Etruria meridionale: problemi della transizione dal tardoantico ali'altomedioevo, in «Archeologia Medievale», II (1975), pp. 215-36; 1. DI STEFANO MANZELLA, Regio VII
Etruria. Falerii Novi, in « Supplementa Italica », n. s., I (1981), pp. 101-72; fonti in s. QUILICI GIGLI, Pae
saggi storici dell'agro Falisco: iprata di Corchiano, in OpRom, XVII (1989), pp. 123-35. Ringrazio T.
Potter per avermi concesso di utilizzare la documentazione relativa aWager Faliscus.
59
Posizioni diverse in: e. VITA FINZI, TheMediterranean Valleys, Cambridge 1969; T. W. POTTER,
The Changing Landscape cit.; F. PRATESI, Gli ambienti naturali e l'equilibrio ecologico, in Storia d'Italia
Einaudi. Annali, Vili, Torino 1983, pp. 53-109; p. HEMPHILL, Deforestation and reforestation in a cen
trai Italy hinterland, in R. F. J. JONES e altri, First Millennium Papers. Western Europe in thè First Mil
lennium AD. (BAR Int. Ser. 401), Oxford 1988, pp. 147-58.
60
v. FIOCCHI NicOLAi, I cimiteri paleocristiani cit., pp. 263-83.
238
Parte prima
I luoghi e le merci
gregato il territorio della diocesi di Aquaviva. L'inversione alla tendenza
all'abbandono delle aree più rientranti si verificò negli anni della guerra
gotica, quando la fascia territoriale attorno alla via Flaminia, strada battuta
dagli eserciti, divenne inospitale e cominciò cosi ad essere abbandonata. Sul
finire del VI secolo le ville e le case sopravvissute si concentravano ormai
nelle aree più decentrate e lontane dall'antica via consolare. In questo ambito
dovette trovare ampio spazio l'occupazione abusiva delle vecchie strutture e
l'impianto di strutture abitative precarie e capanne, chiaro sintomo della
totale obliterazione del paesaggio antico. Le popolazioni tornarono allora ad
abitare i pianori tufacei, lontani dalle antiche vie consolari e inaccessibili,
ove sorsero a partire da quel momento i villaggi del Medioevo: Calcata,
Mazzano, Faleria.
Il paesaggio degli antichi pagi etruschi e dei grandi insediamenti termali
sorti lungo le vie Clodia e Cassia mantenne invece una certa vitalità. Le
numerose sorgenti di acque curative, sfruttate fra la tarda Repubblica e il
primo Impero con la costruzione di edifici termali via via più grandi e
più complessi, erano frequentate da persone residenti nei pagi e nelle
ville-: della zona oppure da viaggiatori61. Le antiche comunità, tramontata
l'epoca delle ville, si riappropriarono del comprensorio, tornando a ricomporre un paesaggio diviso per villaggi.
La vitalità dell'Etruria meridionale interna nella tarda antichità è dimostrata anche dalla profonda diffusione del cristianesimo: si ricorda il culto
del santo Eutizio, attestato archeologicamente da una chiesa di IX secolo
sorta su di una grande catacomba di IV secolo62. Nel comprensorio di Orta si
trovava il grande villaggio di Seripola63, porto sul Tevere e luogo di sosta
per i viaggiatori in transito sulla via Amerina. Bomarzo era il centro di una
grande proprietà imperiale 64, particolarmente estesa e amministrata in
prevalenza da liberti. La proprietà, attestata ancora nel IV-V secolo, non
scomparve prima dell'età vandala 65 Un perpetuarius coltivava un lotto di
terra in una forma di enfiteusi basata sullo iusperpe-tuum66, forma di affitto
delle terre non rinnovabile, applicato ai fondi dai
61
La bibliografia sull'argomento è molto sparsa. Rimando alla mia tesi di dottorato, in corso di
stampa, e quindi a G. BARBIERI, Recenti scoperte archeologiche nel comune di Viterbo, in Archeologia
nella Tuscia, II, Roma 1986, pp. 117-22; H. MANDERSCHEID, Bibliographie zum ròmischen Badwesen,
Miinchen 1988, passim.
62
GREGORIO MAGNO, Dialoghi, 3.38.1-2; v. FIOCCHI NICOLAI, / cimiteri paleocristiani cit., pp. 191
sgg., 230 sgg.
63
II Castellum Amerinum del Medioevo, principale accesso fra l'antica Etruria e l'Umbria: G.
NARDI, Bomarzo. Ricognizioni archeologiche in Etruria, Firenze 1980, n. 164; ID., Repertorio cit., p. 134.
64
M. p. BAGLIONE, 11 territorio di Bomarzo. Ricognizioni archeologiche in Etruria, II, Roma
1976, p. 41.
65
G. NARDI, Bomarzo cit.
66
Sull'istituto del ius perpetuum da ultimo: R. DELMAIRE, Largesses sacrées et Res Privata, Rome
1989, pp. 666 sgg. 1 perpetuarii sono attestati a partire da una legge del Codice teodosiano, 5.14.33 (393
d. C.), e in seguito fino a CASSIODORO, Varie, 6.8.5: RE, XIX/i, s.v. «Perpetuarius», cc. 902-4.
Cambi Paesaggi d'Etruria e di Puglia
239
quali ci si attendeva una resa stabile e permanente, anche se non suscettibile
di miglioramenti. Valentiniano aveva esteso questa forma di affitto perpetuo
ai domini imperiali con una legge del 364/366 d. C.
Ancor più nell'interno, altro comprensorio conservativo fu l'agro capenate, tradizionalmente diviso nelle tres civitates di Capena, Lucus Feroniae e Seperna67. Le ville dell'agro si erano assai presto adeguate ai
cambiamenti economici di età augustea, operando una riconversione
produttiva verso la cerealicoltura e l'allevamento degli schiavi, illustrata
tanto dalla villa dei Volusii68 quanto dalla casa di Monte Forco, trasformata
in magazzino o granaio nel I secolo d. C. Ampi latifondi imperiali, alcuni dei
quali nati già fra i Flavi e Adriano, dominarono il paesaggio medioimperiale
nel versante tiberino: fra questi la villa già appartenuta ai Volusii e la villa di
Monte Canino, il cui edificio era però abbandonato già dalla tarda età
antonina69.
La vicinanza di Roma accelerò nell'agro capenate il processo di assorbimento delle tenute minori da parte delle maggiori. Gli accorpa-menti
fondiari furono favoriti dalla scala sempre maggiore delle produzioni, che
rese poco convenienti le conduzioni agricole parcellari. I piccoli proprietari,
divenuti ormai coloni, abbandonarono le loro case e tornarono ad abitare nei
villaggi grandi e piccoli, che crebbero cosi sotto il profilo demografico. Fra i
grandi villaggi del territorio prosperavano Rignano fra il iv e il v secolo70 e
Nazzano, la Seperna preromana, con edifici databili al v secolo71. Fra i
villaggi minori è da ricordare Monte Canino. La piccola comunità, esistente
almeno dal in secolo d. C, si cristianizzò profondamente nella prima metà
del IV (ottanta deposizioni nella catacomba)72, ebbe mezzi sufficienti per
costruire una chiesa fra la fine del IV e gli inizi del V secolo e crebbe
ulteriormente un secolo dopo grazie allo stanziamento di una comunità
ostrogota73. Le fonti parlano di centomila Ostrogoti stanziatisi in Italia con
Teodorico, in virtù anche della assennata politica agraria del re barbaro74.
L'archeologia ha finora
67
Livio, 5.8-24, 6.4.4-5; G. D. B. JONES, Capena and thè ager Capenas, in PBSR, XXX (1962), pp.
124-25; w. v. HARRIS, Rome in Etruria and Umbria, Oxford 1971, pp. 86-88.
68
Bibliografia in A. CARANDINI, La villa romana cit., pp. 176-77.
69
M. PALLOTTINO, Capena. Resti di costruzioni romane e medievali in località Montecanino, in
NSA (1937), pp. 7-28.
70
v. FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani cit., pp. 306-32.
71
Da ultimo ibid., pp. 355-57.
72
CIL, XI, 7784-91; M. PALLOTTINO, Capena cit., pp. 7-28; v. FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleo
cristiani cit., pp. 340 sgg.
73
G. BORDENACHE BATTAGLIA, Corredi funerari di età imperiale e barbarica nel Museo Nazionale
Romano, Roma 1983, pp. 147-50.
74
Fonti sull'argomento: L. CRACCO RUGGINI, Vicende agrarie dell'Italia antica dall'età tetrarchica
ai Longobardi, in RSI, LXXVI, 1 (1964), pp. 261-86; p. COURCELLE, Histoire littéraire cit.; v. BIERBRAUER, Aspetti archeologici di Goti, Alamanni e Longobardi, in Magistra Barbaritas cit., pp. 445 sgg.
Aspetti agrari e fiscali dello stanziamento gotico in Italia: w. GOFFART, Barbarians and Romans A.D.
240
Parte prima
I luoghi e le merci
stentato a riconoscere le case in cui vissero gli Ostrogoti divenuti agricoltori.
L'eventualità che abitassero in case di legno, più confacenti alle tradizioni
architettoniche dei loro luoghi di origine, quindi non riconoscibili
archeologicamente proprio perché costruite con materiali assai deperibili,
non è del tutto convincente75. Forse gli Ostrogoti recuperarono gli edifici
antichi abbandonati, ma ancora in buono stato, numerosi nei territori
prossimi a Roma.
I.3. Ville, villaggi e chiese.
Un fattore determinante per la maggiore longevità delle ville degli agri
ceretano e veientano fu la vicinanza a Roma, al suo mercato, all'annona.
Dovette instaurarsi in un dato momento un rapporto fra le necessità
alimentari della metropoli e il bisogno, che le ville avevano, di vendere i
loro prodotti. La vicinanza a Roma e la fertilità dei suoli di questi
comprensori erano state sempre condizioni attraenti agli occhi dei proprietari delle ville. Per altri versi, l'offerta di lavori stagionali da parte di
queste ultime aveva rappresentato nella prima e nella media età imperiale
una preziosa opportunità per i piccoli coltivatori della fascia periur-bana,
desiderosi di integrare i prodotti dei loro poderi. In questa ottica va spiegata
la continuità di vita di molti piccoli siti fino al III secolo d. C, secondo una
tendenza opposta a quella degli altri territori dell'Etruria. Gli agri di Veio e
di Caere si avvicinarono sempre più ai suburbi di Roma allontanandosi dai
territori d'Etruria. Il dato essenziale va cercato nella compresenza di gestioni
del suolo diversificate: la viticoltura, pur ridimensionata nei secoli più tardi,
attestata dagli scassi per vigne, la cerealicoltura e infine le colture ortive, che
si possono congetturare in base alla domanda di derrate fresche proveniente
dal mercato urbano. A sud di Veii cominciavano i piccoli horti caratteristici
del paesaggio suburbano, racchiusi all'esterno dalle piantagioni che
prefiguravano il paesaggio di aperta campagna, sempre più marcato
procedendo verso nord76.
La crescita del latifondo in Etruria si innestò in gran parte sullo sviluppo
delle proprietà imperiali, note dalle fonti. I Severi erano proprie -tari in solo
veiente11 di una villa, da identificare nell'edificio sorto nei
418-584. The techniques ofaccomodation, Princeton 1983, e M. CESA, «Hospitalitas» o altre «tech-niques
of accomodation», in ASI, CXL (1984), pp. 539-52.
75
V. BIERBRAUER, Aspetti archeologici cit.
76
P. HEMPHILL, The Cassia-ClodiaSurvey, in PBSR, XLIII (1975), pp. 118-72; A. M. KAHANE, Field
Survey of an area south and west o/La Storta, ibid., XLV (1977), pp. 138-83; G. GAZZETTI, La valle di
Baccano in età romana, in BdA, LXX (1985), pp. 39-50; ID., La mansio di ad Vacanas al XXI miglio
della
via Cassia, in «Archeologia nella Tuscia», II (1986), pp. 166 sgg. Sintesi sugli horti in A. CARANDINI,
Hortensia. Orti e frutteti intorno a Roma, in Misurare la terra. Materiali da Roma e dal suburbio, Modena 1985.
77
STAZIO, Selve, 4.5: si tratta del nonno di Settimio Severo.
Cambi Paesaggi d'Etruria e di Puglia
241
78
pressi di Vacanae . Altra probabile proprietà imperiale va vista nella villa di
Mura di Santo Stefano, interamente costruita in opus testaceum intorno alla
metà del II secolo79. Lucio Vero possedeva una villa lungo la vicina via
Clodia80.
Si accentuarono nella tarda antichità i fenomeni di concentrazione
fondiaria e di attrazione verso il centro. Il mercato urbano divenne, da
destinazione privilegiata, ma non unica, per le merci della campagna, come
era stato nei secoli precedenti, vitale per la sopravvivenza delle ville stesse a
partire dal IV secolo. D'altro canto di quella produzione agricola Roma
aveva sempre più bisogno.
La cristianizzazione delle campagne si intrecciò con le vicende del
paesaggio agrario, concorrendo a definire, ora la consistenza demografica di
alcuni abitati (si è visto il caso dei villaggi ferentani e capenati), ora la
prosperità di alcuni insediamenti: è il caso del complesso insediamento di
Vacanae/Baccano, composto dalla villa imperiale, dalla mansio, dal vicus
Baccanensis e dalla chiesa martiriale di Sant'Alessandro81. La presenza in un
solo sito della chiesa martiriale, di monumenti funerari costruiti da persone
ricche e colte e della villa82 contribuisce fortemente ad arricchire le
conoscenze sui paesaggi tardoantichi. Le ville furono gli strumenti per i
quali venne attuata la riorganizzazione fondiaria agli inizi del IV secolo,
dettata ora dall'inarrestabile domanda di derrate che proveniva dal mercato
urbano83. Accanto al demanio imperiale, forse predominante, era comunque
cospicua la presenza del latifondo privato. Nel suburbio stesso una parte non
piccola delle proprietà senatorie che in età severiana risultano ingerite dal
fisco si ritrova nel IV secolo in ma-no a privati84. Vi erano personaggi di
rango senatorio con latifondi nelle aree periurbane accanto ai latifondi
imperiali85. La famiglia dei Iunii Bassi, per restare in Etruria, aveva una villa
e una proprietà nell'agro fali78
Fistula bollata « P. Septimi Geta » scoperta negli scavi: G. BECATTI e altri, Mosaici antichi in Ita
lia. R. VII, Baccano: villa romana, Roma 1970, p. 1.
79
M. LYTTELTON e F. SEAR, A Roman Villa near AnguillaraSabazia, in PBSR, XLV (1977), pp. 249
sgg80
Scrittori della Storia augusta, Vita di Lucio Vero, 8.8; un ritratto del personaggio è stato rinve
nuto in quei paraggi (NSA, 1913, p. 4).
81
j. B. WARD PERKINS e altri, The Ager Veientanus north and east ofVeii, in PBSR, XXXVI (1968),
p. 92 n. 162, p. 93 fig. n; v. FIOCCHI NICOLAI, / cimiteri paleocristiani cit., pp. 98-113.
82
La sopravvivenza delle ville nell'agro di Veii è notevole pur in assenza di dimore paragonabili a
quelle descritte da Olimpiodoro per il suburbio sudorientale: F. COARELLI, L'Urbs e il Suburbio, in A.
GiARDiNA (a cura di), Società romana cit., II, in particolare pp. 45 sgg.
83
p. BARNISH, Pigs, plebeians andpotentes, in PBSR, LV (1987), pp. 157-85; F. MAKAZZI, L'insedia
mento nel suburbio di Roma fra ive vili secolo, in « Bullettino dell'Istituto di Storia Medievale», XCIV
(1988), pp. 251-313.
84
F. COARELLI, L'Urbs cit., pp. 48 sgg.; j. GUYON, Dalpraedium imperiale al santuario dei martiri.
Il territorio «ad duas lauros», in A. GIARDINA (a cura di), Società romana cit., II, pp. 299-332.
85
M. T. w. ARNHEIM, Senatorial Aristocracy in Later Roman Empire, Oxford 1972, passim.
242
Parte prima
I luoghi e le merci
sco, presso la mansio Aquaviva sulla via Flaminia, appartenuta al vicario e
prefetto urbano morto nel 359 d. C.86.
Va poi considerata la costante espansione delle proprietà della Chiesa,
dovuta sia alle donazioni di Costammo sia al ruolo crescente che le chiese,
intese come edifici fisici, acquisivano all'interno delle proprietà. Durante il
pontificato di papa Silvestro (314-35) la Chiesa di Roma aveva già quattro
possessiones in Etruria: due nell'agro nepesino e due nel fali-sco87. Il
patrimonio si arricchì nei cento anni successivi, quelli della «carità eversiva
», in particolare fra IV e V secolo, quando l'aristocrazia senatoria di Roma
disferà patrimoni immensi per donarli alla Chiesa". In questa luce si
inserisce la ristrutturazione fondiaria di iv-v secolo, di cui resta traccia anche
nelle stratigrafie di un sito periferico come quello di Monte Gelato (Falerii)
intorno al 400 d. C. La chiesa del v secolo, da quel momento vero e proprio
centro dell'insediamento, è un luogo di culto privato, riservato al dominus e
alla sua famiglia89.
In età ostrogota i privati spendevano prevalentemente per le chiese e per
le case, mentre gli edifici pubblici erano costruiti o restaurati ormai soltanto
con denaro pubblico90. Le chiese tardoantiche emersero sempre di più
accanto alle ville, finché, scomparsi i grandi proprietari fra fine V e inizi VI
secolo, dissoltisi i latifondi imperiali, i residui dell'assetto fondiario
tardoantico furono proprio i latifondi ecclesiastici. Questi conservarono
spesso la struttura del latifundium tardoantico da cui erano originati. In
alcuni casi particolari il vescovo rivesti persino le funzioni òìprocurator o di
rationalis rei privatele91. Nel nuovo assetto, mantenutosi fino alla conquista
longobarda e oltre, in cui le chiese erano ormai il punto di riferimento
religioso, economico e amministrativo delle curtes e dei funài, si
conservarono figure giuridiche ereditate dalla complessa struttura agraria
tardoantica.
Questa tendenza ha un riscontro nella realtà geografica, economica e
culturale del coevo paesaggio agrario della vicina Sabina, ove la Chiesa,
tramontato l'insediamento sparso nel in secolo e concentratasi la popolazione
nei pochi insediamenti superstiti92, fondò la maggior parte della
86
II personaggio, citato in una iscrizione funeraria (i. DI STEFANO MANZELLA, Regio VII Etruria
cit., n. 13), era figlio del console Iunius Bassus, costruttore della celebre basilica nel 331 d. C.
87
Liber Pontificate, 24 {Vita Silvestri Papae); L. CRACCO RUGGINI, Economia e società cit.
88
A. GIARDINA, La carità eversiva: le donazioni di Melania la Giovane e gli equilibri della società
tardo-romana, in StudStor, IV (1988), pp. 127-42.
89
T. w. POTTER e A. KING, Scavi a Mola di Monte Gelato presso Mazzano Romano, Etruria meri
dionale. Primo rapporto preliminare, in «Archeologia Medievale », XV (1988), pp. 253-311; F.
MARAZZI,
T. w. POTTER e A. KING, Mola di Monte Gelato cit.
90
e. WICKHAM, L'Italia e l'alto Medioevo, in «Archeologia Medievale», XV (1988), p. 109.
91
Sulla res privata: R. DELMAIRE, Largesses sacrées cit. Sulla Sabina tardoantica: E. MIGLIARIO,
Strutture della proprietà cit.
92
M. p. MUZZIOLI, Cures Sabini, Roma 1980.
Cambi Paesaggi d'Etruria e di Puglia
243
sua ricchezza immobiliare sulle donazioni imperiali di terre fiscali o
pubbliche, non tutta: lo spazio per le donazioni dei privati era, a quanto
risulta dai documenti, tutt'altro che trascurabile.
Prima che sorgesse il paesaggio dei villaggi medievali fortificati, i
pontefici tentarono ancora di risolvere il problema secolare del rifornimento
di viveri a Roma creando essi stessi dei latifondi: le domuscultae. La carta di
questi insediamenti costruiti nell' VIII secolo indica che il loro raggio di
penetrazione nel territorio veientano è ancora minore rispetto a quello delle
ultime ville romane. Nel periodo intermedio fra la guerra gotica e l'vin
secolo i pochi abitanti rimasti nelle campagne ebbero come punti di
riferimento le massae e i funài in cui la Chiesa aveva organizzato le
possesszones avute in dono dai privati e dagli imperatori nei secoli
precedenti93.
2. L'Apulia.
2.I. Le tipologie insediative.
Nel periodo più critico, da ravvisare nel II secolo d. C, il 50 per cento
degli insediamenti rurali della Daunia venne abbandonato94. In questa fase vi
fu una fortissima e precoce espansione del latifondo sia privato sia imperiale,
in alcune aree, ad esempio la Calabria, manifestatosi a partire già dal I
secolo d. C.95. In seguito si ebbero segni di una ripresa e di un riassetto
dell'agricoltura apula soltanto verso la fine del in secolo. La grande
ristrutturazione di età dioclezianea, con la creazione della provincia Apulia
et Calabria, governata da un corrector con sede a Canosa, sancì
definitivamente la formazione del paesaggio tardoantico della regione96.
Gli esiti di tali trasformazioni istituzionali sono visibili nell'immediato
arresto dei fenomeni di abbandono degli insediamenti. Nella maggior parte
dei casi (80 per cento) nuovi abitati si sovrapposero semplicemente a
impianti precedenti. In altri (20 per cento) i nuovi abitati si svilupparono fra
il in e il iv secolo d. C. nel sito stesso in cui erano sorti insediamenti di età
repubblicana abbandonati durante la prima età imperiale97.
93
94
F. MARAZZI, L'insediamento nel suburbio cit.
G. VOLPE, La Daunia nell'età della romanizzazione,
Bari 1990; e. D'ANGELA e G. VOLPE, Gli abi
tati rurali e i cimiteri tardoantichi e altomedievali in Puglia: alcuni esempi, in VetChr, XXVIII (1991),
pp. 141-67.
95
L'argomento è in corso di studio da parte di D. Manacorda.
96
A. GIARDINA, II quadro istituzionale e sociale, in R. CASSANO (a cura di), Principi, imperatori, ve
scovi. Duemila anni di storia a Canosa, Venezia 1992, pp. 819-20.
97
G. VOLPE, II paesaggio agrario, ibid., pp. 897-900.
244
Parte prima
I luoghi e le merci
In questi casi vi fu dunque la semplice riutilizzazione del sito ma non
delle strutture dell'abitato più antico, virtualmente abbandonato per un
secolo o più.
La distribuzione delle ville sembra riguardare in modo ancora più
netto che in passato la valle dell’Ofanto, attorno a Canosa, e i territori
immediatamente circostanti. Fra in e IV secolo si ha un consolidamento
delle strutture agrarie concomitante alla riforma dioclezianea. Tali fenomeni vanno in qualche modo definiti e interpretati. Se infatti i fenomeni di rioccupazione interessano tanto diffusamente i siti delle ville
Cambi Paesaggi d'Etruria e di Puglia
245
daunie, andranno chiariti i diversi modi in cui tali rioccupazioni si manifestarono.
Un primo tipo di rioccupazione è quello che si può definire improprio e
abusivo da parte di piccole comunità poverissime che riutilizzarono le
strutture fatiscenti delle ville abbandonate. Si tratta di una forma generica di
continuità di vita del sito. Tali fenomeni sono ben noti, ma paiono, sulla base
della documentazione edita, più diffusi nell'Italia centrale fra la fine del IV e
gli inizi del VI secolo d. C. che nel Meridione, ove sembrano diffondersi
soltanto nel VI-VII secolo98.
Un secondo tipo, il caso più tipico e frequente in Daunia, consiste nel
restauro delle ville e nel recupero sia degli edifici sia delle loro funzioni
produttive. Molte ville, abbandonate fra II e III secolo d. C, vennero infatti
ristrutturate a partire dalla fine del III - inizi IV secolo 99.
Un terzo tipo di rioccupazione, meno comune rispetto al secondo ma
anch'esso incisivo, è rappresentato dalla vera e propria ricostruzione del sito,
ben documentato dai casi delle ville di Agnuli sul Gargano e di Posta Crusta
100
.
Accanto alle ville in vario modo ristrutturate e alle pochissime case
contadine superstiti, un tipo di insediamento comune nella Daunia tardoantica è rappresentato dai villaggi. Con il termine generico di villaggio si
definisce un agglomerato rurale di dimensioni variabili in cui potevano
risiedere da poche decine ad alcune centinaia di abitanti. Quali che fossero le
loro figure giuridiche e i loro profili amministrativi, i villaggi (vici o pagi),
negli stessi anni in cui il latifondo apulo si ristrutturava e si rafforzava,
emersero con prepotenza. Il fenomeno può essere considerato da varie
angolazioni. Da un lato si ripresentarono antiche forme di occupazione del
territorio, di tipo paganico-vicano, caratteristiche delle epoche preromane, di
cui non mancano esempi nell'Etruria interna. Questo tipo di aggregazione è
assai ben documentata anche nell'area messapica, nell'entroterra
brindisino101. Dall'altro vi furono trasformazioni di queste antiche strutture
tanto radicali da far pensare talvolta a vere e proprie rifondazioni102.
I pagi rappresentavano nella Daunia della tarda antichità distretti di
particolare rilievo per la riscossione dei tributi in natura, secondo proce98
A. CARANDINI, Settefinestre cit., I*, pp. 183-85, e I**, pp. 89-92 e p. 109; sul fenomeno delle
rioccupazioni abusive in Daunia: e. D'ANGELA e G. VOLPE, Gli abitati rurali cit.
99
Ibid.; G. VOLPE, II paesaggio agrario cit., pp. 819-20.
100
ID., La Daunia cit., pp. 183-96.
101
Ricognizioni condotte dallo scrivente nell'ambito del progetto dell'Università di Siena diretto
da D. Manacorda.
102
e. D'ANGELA e G. VOLPE, Gli abitati rurali cit.; F. GRELLE, La città tardoantica, in R. CASSANO
(a cura di), Principi, imperatori, vescovi cit., pp. 821-23.
246
Parte prima
I luoghi e le merci
dimenti indicati chiaramente dalla Tavola di Trinitapoli, la quale prova
l'esistenza di un nesso diretto fra sistema tributario e assetto paganico delle
campagne103.
Naturalmente all'interno delle due sommarie categorie indicate (villaggi
inseriti nella rigida compagine fiscale e amministrativa e agglomerati più o
meno spontanei) possono trovar posto sottotipi di villaggi classificati sulla
base delle dimensioni, delle articolazioni interne, degli edifici presenti. La
situazione apulo-calabra offre a questo proposito una documentazione
talmente ricca che si dovrà pensare un giorno a una sedazione tipologica
assai articolata per la classificazione dei «villaggi». Nella intricata vicenda
che portò alla formazione del paesaggio tardoan-tico apulo non mancano fra
l'altro casi singolari: Rutigliano fu un vicus che riutilizzò il sito di una villa
più antica, mentre Turenum-Trani, consolidandosi col passare del tempo
come sede di diocesi, fini per avere un sempre maggiore peso politico ed
economico104.
Un dato importante riguarda la distribuzione geografica dei villaggi.
Molti di questi siti sorsero in posizione centrale e non, come avveniva assai
spesso in Etruria, in zone periferiche. La particolare diffusione dei villaggi,
cosi come avveniva per le ville, nel comprensorio canosino e nella valle
dell’Ofanto, che del resto ospitava mediamente il 60 per cento dei siti della
Daunia105, sembra confermare la tendenza di questi agglomerati a occupare
le aree centrali106. In questo senso il rilancio di Canu-sium come sede del
rettore della provincia fu determinante e modificò i rapporti fra città e
campagna107. I mutamenti attraverso i quali la città assunse la fisionomia di
capoluogo provinciale si riflessero sul paesaggio.
Un'altra caratteristica fu la vitalità di questi insediamenti, non di rado
collegati al mondo dei grandi trasporti viari (come Furfane, Rudas e altri) o
marittimi (Bardulos e Turenum) 108. Non si sa quante persone abitassero
mediamente nei villaggi. Si tratta infatti di una ricerca completamente
nuova, da condurre sulla base di scavi negli abitati e di studi aggiornati nelle
necropoli. L'affermazione dei villaggi si accorda comun103
M. CHELOTTI, v. MORIZIO e M. SILVESTRINI, La documentazione epigrafica in età tardoantica,
ibid., pp. 882-87; F. GRELLE, La città cit., p. 823.
104
e. D'ANGELA e G. VOLPE, Gli abitati rurali cit.; sulla Puglia paleocristiana in generale: e. D'AN
GELA, Dall'era costantiniana ai longobardi, in M. MAZZEI (a cura di), La Daunia antica dalla preistoria
all'altomedioevo, Milano 1984, pp. 315-64; G. OTRANTO, La cristianizzazione, la diocesi, i vescovi, in R.
CASSANO (a cura di), Principi, imperatori, vescovi cit., pp. 824-32.
105
G. VOLPE, La Daunia cit., pp. 101-10.
106
A. GIARDINA e F. GRELLE, La Tavola di Trinitapoli: una nuova costituzione di Valentiniano I, in
MEFRA, XCV (1983), pp. 249-303; F. GRELLE, Canosa e la Daunia tardoantica, in VetChr, XXIII
(1986), pp. 379-97107
ID., La città cit., pp. 821-23.
108
e. D'ANGELA e G. VOLPE, Gli abitati rurali cit.; F. GRELLE, La città cit., pp. 822-23.
Cambi Paesaggi d'Etruria e di Puglia
247
que perfettamente con la crescita della demografia della regione. In Apulia,
ancora agli inizi del v secolo gli spostamenti di popolazione dalla Campania
verso la Daunia confermano il dinamismo della vita rurale indotto dalla
ristrutturazione del latifondo 109. Vi è ragione di credere che molti degli
emigranti andassero a ingrossare gli agglomerati della Daunia110.
Nei vici e nei pagi doveva svolgersi una parte consistente della vita di un
grande latifondo. La villa-praetorium restava «sede dell'amministrazione e
residenza del padrone», ma non era più « sede della produzione, né luogo
ove dimora la manodopera, che occupa sparsamente la campagna
circostante»111.
2.2. Le produzioni e le gestioni agricole.
I documenti scritti, non diversamente da quelli archeologici, danno
l'immagine di una situazione assai complessa delle campagne apule tardoantiche. La costruzione delle macchine olearie all'interno delle ville fra
fine III e inizi IV secolo conferma l'ipotesi di una generale ristrutturazione
del paesaggio agrario, seguita alla crisi del II secolo d. C. 112. Non è un caso
che la ripresa delle attività, cosi come quella degli insediamenti, si collochi
nel contesto della nascita della provincia Apulia et Calabria e della riforma
dioclezianea, e che proprio l'area della Daunia più vivace economicamente e
in cui più marcata fu la rinascita delle produzioni olearie coincidesse con il
comprensorio canosino.
Accanto alla ripresa della produzione olearia vi fu la grande crescita della
cerealicoltura, organizzata questa volta in forme realmente latifon-distiche.
Nell'attesa dei risultati delle analisi paleopedologiche in corso, sono le fonti
letterarie a illustrare la grande cerealicoltura apula 113 I numerosi riferimenti
alla cerealicoltura rintracciabili tra la fine del IV e gli inizi del VI secolo
nell'epistolario di Simmaco, nella Expositio totius mundi, in Sidonio
Apollinare, in Cassiodoro documentano questa vitalità dell'economia agraria
apula e la centralità della produzione di cereali, assimilata da Sidonio a
quelle dell'Africa, dell'Egitto e della Sicilia. Va
109
Fonti in G. VOLPE, Sulle condizioni economiche della Puglia dal iv al VII secolo d. C, in ASP,
XLV (1992), in corso di stampa.
110
111
F. GRELLE, La Città cit., pp. 821-23.
D. VERA, Strutture agrarie e strutture patrimoniali nella tarda antichità: l'aristocrazia romana fra
agricoltura e commercio, in «Opus», II, 2 (1983), pp. 503-4.
m
G. VOLPE, La Daunia cit., p. 80.
113
Queste ricerche vengono condotte da R. Compatangelo. SIMMACO, Epistole, 6.12.5, 9-295 Expositio totius mundi, 53; SIDONIO APOLLINARE, Carmi, 7.141-48, 22.171-73, 27.171-73; CASSIODORO,
Varie, 1.14.2,1-.35.1-2, 2.26.2, 2.38.2; PROCOPIO DI CESAREA, La guerra gotica, 6.24.14; PAOLINO DA
NOLA, Carmi, 20.312-18.
248
Parte prima
I luoghi e le merci
detto tuttavia che, mentre a proposito delle colture arboricole si deve parlare
di una vera e propria rinascita nelle età dioclezianea e costantiniana, per la
cerealicoltura vi sono buoni motivi per credere che essa fosse stata, anche
durante il in secolo, il tratto dominante del paesaggio agrario daunio. A
sostegno di questa congettura è soprattutto la continuità di vita dei villaggi
fra la prima e la media età imperiale. Trovandosi all'interno di sterminate
proprietà, essi rappresentavano il principale serbatoio di manodopera per i
conduttori dei grandi latifondi, imperiali e privati. La vocazione cerealicola
di tutta la Apulia et Calabria nella tarda antichità è inoltre provata dalla
vitalità dei suoi porti, Brundisium in particolare, dai quali partivano molto
spesso i grani necessari all'approvvigionamento di Roma 114. A Canosa e in
generale alla Puglia erano rivolti gli interessi dell'aristocrazia senatoria del
IV secolo: la provincia apulo-calabra costituì fonte di ottimi guadagni per
quei membri dell'aristocrazia romana che avevano investito capitali
nell'agricoltura della regione115 La conquista vandala dell'Africa e la
conseguente interruzione degli arrivi di grano contribuirono infine ad
accrescere, improvvisamente, l'importanza della cerealicoltura apula e
calabra.
Il riassetto delle manifatture imperiali avviato da Diocleziano fece sì che
la produzione laniera continuasse ad avere un peso determinante: Canusium
divenne con Venosa sede di un gineceo116. La documentazione letteraria
sull'economia apula fra V e VI secolo parla di una regione ricca di attività
agricole, ma singolarmente non da rilievo alla pastorizia e alla produzione di
lane che ne avevano costituito tema di celebrazione nei secoli precedenti. E
possibile che la decadenza del gineceo, nel V secolo, dovuta a un troppo
stretto legame con l'amministrazione imperiale, avesse coinvolto nell'oblio le
attività pastorizie che stavano alla sua base. D'altra parte la grande
transumanza dell'Apulia antica si era nel frattempo profondamente
modificata117.I percorsi a grande distanza sopravvissero ma mutarono
sostanzialmente asse, abbandonando il tradizionale percorso verso il Sannio
"8. Emerse quello verso la Lucania, verso il territorio di Venosa e l'area
attraversata dalla via Erculia. La documentazione archeologica del
comprensorio subappenninico e appenninico,
114
Ne parla Sidonio Apollinare a proposito di Brindisi nel v secolo.
I governatori provinciali, in R. CASSANO (a cura di), Principi, imperatori, vescovi
cit., pp. 835-39.
116
F. GRELLE, La dttà cit., pp. 821-23.
117
ID., Canosa e la Daunia cit., pp. 379-97; G. VOLPE, La Daunia cit., pp. 72-75.
118
M. CORBIER, La transhumance entre le Samnium et l'Apulie: continuiti entre l'époque républicaine et l'époque imperiale, in La romanisation du Samnium aux if et fr siede av. J. -C., Atti del Conve
gno (Napoli 1988), Napoli 1991, pp. 149-76; E. GABBA, La pastorizia nell'età tardo-imperiale in Italia, in
e. R. WHITTAKER (a cura di), Pastora!Economies in Classical Antiquity, Cambridge 1988, pp. 134-42.
115
G. DE BONFILS,
Cambi Paesaggi d'Etruria e di Puglia
249
oggetto di ricerche recenti, mostra una sostanziale continuità fra il periodo
100-300 d. C. e il periodo 300-600, con un tasso di abbandono degli
insediamenti valutabile attorno al 13 per cento 119. Il tipo di insediamento
predominante è costituito dai villaggi, generalmente di cospicue dimensioni,
talvolta nati nello stesso sito di una villa ma successivamente all'abbandono
delle strutture della villa. I villaggi mostrano una maggiore capacità di
adattamento alle trasformazioni di età dioclezianea, sopravvivendo in misura
dell'85 per cento (del 66 per cento le ville). Il paesaggio, anche in questo
caso, si era ristrutturato per far fronte a nuove esigenze. Da un lato i pascoli
alti recuperarono antiche vocazioni alla transumanza a breve raggio,
dall'altro le ville superstiti guidarono la riorganizzazione del latifondo nel
suo versante cerealicolo. I dati forniti dalla archeologia dei paesaggi trovano
una possibile conferma, in epoca ancora più tarda, nel passo in cui Procopio
accenna ai rinnovati interessi economici e ai rapporti di patronato delle
grandi famiglie canosine verso la Lucania negli anni della guerra grecogotica 120.
2.3. Le merci e la loro circolazione.
I segni di vitalità nella provincia apulo-calabra sono evidenti nel iv
secolo, poi soprattutto nel V e infine per parte del VI121. Tale vitalità non
impedì tuttavia che la regione fosse toccata dai principali flussi mercantili
mediterranei. Fra le anfore prevalgono le produzioni nordafricane, presenti
nei tipi più diffusi ma soprattutto nei contenitori cilindrici, particolarmente
quelli affusolati (spatheia), che raggiunsero in quantità considerevoli il
mercato canosino. Anche le anfore cilindriche di grandi dimensioni,
circolanti dopo la metà del V secolo, sono attestate, cosi come alcuni
contenitori di origine siriaca, microasiatica e palestinese, sia pure in quantità
minori122.
La sigillata africana C è presente in cospicue quantità nei siti dell'agro
brindisino, pur essendo una mercé di un certo costo. Ciò dimostra, da un lato
la necessità di acquistare su mercati esterni vasellame da mensa di prestigio,
dall'altro la discreta capacità di acquisto, almeno di certi settori della società
meridionale, in un momento di crisi ormai accertata per l'Italia centrale. Non
altrettanto numerose sono nel Salento, ove pure le merci africane
giungevano con facilità, le anfore africane di III-IV
119
A. SMALL, Late Roman Rural Settlement in Basilicata and Western Apulia, in G. BARKER e
j. LLOYD (a cura di), Roman Landscapes, Atti del Convegno (Roma 1988), London 1991, pp. 204-22.
120
PROCOPIO DI CESAREA, La guerra gotica, 7.18.20; F. GRELLE, La città cit., pp. 821-23.
121
G. VOLPE, II paesaggio agrario cit., pp. 897-900.
122
G. VOLPE e e. D'ANGELA, La cultura materiale, in R. CASSANO (a cura di), Principi, imperatori,
vescovi cit., pp. 892 sgg.
250
Parte prima
I luoghi e le merci
secolo. In questo si può forse vedere la minore necessità di approvvigionarsi
all'esterno di derrate alimentari particolari, fra le quali l'olio, di cui l’Apulia
sembra tornare a essere produttrice durante il IV secolo, stando al ripristino
degli impianti oleari delle ville.
Il vino non doveva occupare un ruolo di primo piano fra le produzioni
agricole della Daunia tardoantica. Al momento la circolazione di vini apuli è
parzialmente dimostrata da quantitativi modesti ma costanti di un'anfora
(classificata come Keay LXII) derivata da prototipi presumibilmente
africani, ma di probabile origine locale, rinvenuta anche in alcuni siti
tardoantichi dell'agro brindisino123. Anche il Bruttium nel IV secolo
produceva vino e lo esportava nel Mediterraneo occidentale contenuto in
un'anfora di forma analoga alla Keay LXII124.
La ridefinizione degli spazi agrari con articolazione fra possessi gestiti
direttamente da villae-praetoria e altre forme di gestione mediate da
strutture amministrative e demografiche più antiche, ora riemergenti,
concorse al recupero di questi paesaggi. Da queste articolazioni derivarono,
almeno sotto il profilo economico, livelli produttivi elevati, tanto da poter
destinare all'esportazione quote consistenti delle merci 125. Si ritiene per
questo che l'estensione, talora ingente, degli agri deserti rispondesse
all'avanzare di nuove forme di razionalità economica, ovvero alla volontà di
concentrare la forza-lavoro nelle terre migliori (è quanto sembra avvenire
nell'antico ager Canusinus)126
La consistenza di queste strutture venne saggiatala una serie di prove,
talvolta anche severe. I momenti di crisi determinati dalle invasioni
visigotiche e vandale e successivamente dalle operazioni militari bizantine
non lasciarono nelle campagne apule tracce profonde. Per tutta la tarda
antichità la Puglia fu un'area in cui i patrimoni si erano certamente estesi a
dismisura, ma che continuava a esportare in grandi quantità. La stabilità fece
sì che le produzioni più avanzate potessero almeno parzialmente superare
anche il momento, tremendo, della guerra greco-gotica.
3. Conclusioni.
Al termine di questa rassegna di documenti possono farsi alcune osservazioni. I due assetti regionali (l'Etruria meridionale e l'Apulia), pur
m
Ricerche in corso nell'ambito del progetto diretto da D. Manacorda (Università di Siena).
p. ARTHUR, Some observations on thè economy of Bruttium under thè later Roman Empire, in
JRA, II (1989), pp. 133 sgg.; A. B. SANGINETO, Produzioni e commerci nelle Calabrie tardoromane, in
MEFRM, CHI, 2 (1991), pp. 749-57125
Si veda D. VERA, Strutture agrarie cit., pp. 489-533.
126
G. VOLPE, Sulle condizioni economiche cit.
m
Cambi Paesaggi d'Etruria e di Puglia
251
presentandosi ambedue « a pelle di leopardo», consentono infatti di individuare alcune linee di tendenza.
In Etruria vi furono momenti diversi di progressiva destrutturazione del
paesaggio agrario, a suo tempo formato dalle ville, certamente più forte e
marcata che in Puglia. Dopo la riconversione di età flavio-traianea e la grave
contrazione insediativa della tarda età antonina, si ebbe la fase depressa del
in secolo. Una ripresa va collocata fra la fine del III e gli inizi del IV secolo
d.C. Il primo evento nefasto è rappresentato dall'invasione visigotica, che
determinò la fine delle città, almeno come organismi amministrativi, e il
collasso delle infrastrutture territoriali. La seconda tappa è rappresentata
dalla foltissima diminuzione dell'afflusso mercantile causata dalle scorrerie
vandale a cavallo della metà del V secolo. La terza, definitiva tappa fu
rappresentata dalla guerra greco-gotica, che pose fine ai paesaggi antichi
d'Etruria. L'abbandono quasi totale delle campagne si colloca dunque nella
parte centrale del vi secolo. I comprensori d'Etruria più vicini a Roma
finirono per essere inglobati dal suburbio, o almeno furono coinvolti nei
meccanismi economici di questo, mentre altri comprensori vissero alterne
fortune. Nell'Etruria delle città lo spazio destinato ai vici e ai pagi nella
prima età imperiale non era molto ampio, al contrario di quanto era accaduto
in Apulia. La ripresa delle antiche comunità paganico-vicane, che pure vi fu,
a danno delle città e a dispetto delle attenzioni imperiali per queste ultime,
non riuscì a compensare la crisi estenuante delle città stesse né il progressivo
indebolimento dei paesaggi delle ville. Cosi la restaurazione dioclezia-nea
ebbe effetti più circoscritti in Etruria. Quanto più forte era stata la struttura
delle ville, tanto più acuta fu la crisi. Non casualmente le aree dell'Etruria
meridionale meno coinvolte dal diffondersi delle ville schia-vistiche (parte
del territorio capenate e comprensorio viterbese) mostrarono talvolta nella
tarda antichità sintomi di tenuta sociale e demografica, anche se non di
ripresa economica. Dove le ville erano state grandi, ricche e numerose, si
ebbe in eredità un paesaggio disarticolato e indefinito (con le eccezioni
dell'agro veientano e di parte dell'agro ceretano). I paesaggi del Nord
dell'Etruria, ove le ville si affermarono in maniera più contenuta e i villaggi
continuarono a vivere spesso dal periodo etrusco, ebbero esiti tardoantichi e
altomedievali meno rovinosi rispetto a quelli del Sud dell'Etruria, ove le ville
avevano largamente predominato. Non è forse un caso che l'unica anfora
proveniente dall'Etruria della media e della tarda età imperiale fosse prodotta
nella valle dell'Arno127. Sia pure
127
D. MANACORDA, II vino nell'Etruria romana nell'età imperiale: l'anfora di Empoli, in El vi a
l'antiguitat, Atti del Convegno, Badalona 1987, pp. 43-50.
252
Parte prima
I luoghi e le merci
agendo a una scala molto più ridotta rispetto alle produzioni del passato, la
struttura economica che espresse questo contenitore riuscì comunque a
coinvolgere l'ambito geografico comprendente la Liguria, la Sardegna, la
Tarraconese e Roma 128.
In Apulia et Calabria gli effetti della ristrutturazione dioclezianea furono
di gran lunga più favorevoli. La stagione delle ville si era manifestata in
maniera controversa ed era stata più breve129. Nell'agro brindisino, uno dei
territori chiave della Calabria romana, questa stagione inizia attorno al ioo a.
C. ed è testimoniata dalle fornaci e dalle anfore vinarie e olearie di Apani e
di Giancola 130. In età augustea si ebbe un ripiegamento economico
particolarmente marcato, che pose fine a questa fase propizia. La
disgregazione del paesaggio delle piantagioni apulo-calabre favori tuttavia la
nascita di un nuovo paesaggio, già fra la fine del I e il II secolo d. C: il
paesaggio del latifondo131. Il caso apulo-calabro è esemplare della situazione
di una certa Italia tardoantica completamente diversa dall'Italia centrale
tirrenica 132. In Etruria il latifondo della prima e della media età imperiale
(prendiamo ad esempio la villa di Lucus Feroniae nei secoli II-III d. C.)
rappresentò in fondo l'esito della crisi del paesaggio delle ville. Per necessità,
andava progressivamente restringendosi il settore capitalistico-commerciale
(il vigneto) dei fondi, mentre cresceva quello naturale-patrimoniale (la
cerealicoltura e i pascoli) e aumentavano a dismisura le spese per il
mantenimento dei praetoria 133. In molta parte dell'Italia meridionale il
latifondo della prima età imperiale rappresentò invece un momento, se non
di rilancio, almeno di risistemazione degli assetti territoriali 134. Il settore
costiero dell'agro brindisino, vocato alle produzioni specializzate, divenne
per lo più spopolato dopo l'età augustea, mentre sorgevano insediamenti
grandiosi (praetoria) nella fa128
F. CAMBI, L'anfora diEmpoli, in Amphores romaines et histoire économique: dix ans de recherches, Atti del Convegno (Siena 1986), Rome 1989, pp. 564-67.
129
G. VOLPE, La Daunia cit., pp. 101 sgg.
130
D. MANACORDA, Le fornaci di Visellio a Brindisi. Primi risultati dello scavo, in VetCh, XXVII
(1990), pp. 375-415; ID., Produzione agricola, produzione ceramica e proprietà nella Calabria romana
tardorepubblicana: l'epigrafia delle anfore, in VII Rencontre. Epigrafia della produzione e della distribuzio
ne, Atti (Roma 1992), in corso di stampa; D. MANACORDA e F. CAMBI, Recherches sur l'agerBrundisinus
à l'époque romaine, in p. N> DOUKELLIS e L. G. MENDONI (a cura di), Structures agraires et societés antiques, Atti del Colloquio (Corni 1992), Annales littéraires de l'Université de Besanc,on, Paris, in corso
di stampa.
131
Ricerche di D. Manacorda e del gruppo facente capo al Dipartimento di archeologia dell'Uni
versità di Siena.
132
Cfr. sugli aspetti generali: L. CRACCO RUGGINI, Economia e sotietà cit.; ID., Vicende rurali del
l'Italia antica cit., pp. 261-86.
133
Su questi aspetti: A. CARANDINI, Schiavi in Italia. Gli strumenti pensanti dei Romani fra tarda
Repubblica e medio Impero, Roma 1988, pp. 26 sgg.
134
Cfr. F. M. DE ROBERTIS, Sulle condizioni economiche della Puglia dal iv al VII secolo d. C, in
ASP, IV, 3-4 (1951), pp. 42-57; G. VOLPE, Sulle condizioni economiche cit.
Cambi Paesaggi d'Etruria e di Puglia
253
scia più interna attorno al tracciato della via Appia. Il latifondo tardoan-tico
si innestò, in seguito, proprio sulla base dei praetoria del I secolo d. C. A
differenza, però di quanto era accaduto in Etruria, la dilatazione del settore
naturale-patrimoniale nelle proprietà apulo-calabre non fu l'esito inevitabile
del declino di un paesaggio precedente, bensì l'inizio di un ciclo storico
diverso. I territori apulo-calabri divennero una delle basi della stabilità
finanziaria dell'aristocrazia tardoantica, perfettamente consapevole del fatto
che la frammentazione geografica dei possedimenti e la diversificazione
agricola erano condizioni essenziali per garantire alte rendite e per assorbire
le perdite 135. Le strutture del latifondo sviluppatesi progressivamente in
Apulia et Calabria, e consolidatesi intorno al 300 d. C, furono strutture
agrarie possenti. La provincia faceva parte integrante di quel «triangolo
mediterraneo» costituito dall'Italia meridionale, dalla Sicilia e dal Nordafrica
che costituiva il nucleo della ricchezza gentilizia tardoantica, nucleo che
nelle sue componenti essenziali, ovvero soprattutto la struttura patrimoniale,
esisteva ancora alla fine del vi secolo136. L'Apulia tardoantica può essere
presa a esempio come caso di area geografica in cui il fine della
commercializzazione dei prodotti dei latifondi venne pienamente raggiunto.
Il rilancio dell'agricoltura fra iv e v secolo, evidente nelle letterature, è ora
confermato pienamente dai documenti archeologici137.
L'esemplificazione può tuttavia spingersi oltre. La razionalità tardoantica
era basata su di un fattore quantitativo, ovvero le enormi dimensioni dei
possedimenti138. Erano ormai lontani i tempi della razionalità fondata sulla
cooperazione, o dell'agricoltura intensiva che aveva fatto dell'Italia centrale
un giardino:
II dominus tardoantico, rivolto alla razionalità dei fini più che dei mezzi, si disinteressa del modo di produrre dei fondi colonici che possiede a centinaia e anche se
circa un terzo dei suoi introiti agricoli è da attribuirsi al commercio di derrate agricole
non per questo ci appare un capitalista commerciale, e ciò non tanto per l'esiguità del suo
fructus che passa attraverso il mercato, quanto per la mancanza di razionalità in senso
ciceroniano-columelliano e per la natura stessa dei mercati tar-doantichi (specie quello
romano), verosimilmente meno liberi di un tempo e più amministrati 139.
135
Simmaco aveva proprietà nel suburbio, in Lazio, Campania, Sannio, Apulia, Sicilia, Africa: D.
Strutture agrarie cit., pp. 495 sgg., 501 sgg.; ID., Simmaco e le sue proprietà: struttura e funziona
mento di un patrimonio aristocratico del' ivsecolo, in Actes du Colloque Genévois surSymmaque, Paris
1986, pp. 231-70.
136
A. GIARDINA, Le due Italie nella forma tarda dell'Impero, in ID. (a cura di), Società romana cit.,
I, pp. 1-30; D. VERA, Aristocrazia romana ed economie provinciali nell'Italia tardoantica: il caso
siciliano,
in QC, X, 19 (1988), pp. 115-72; G. VOLPE, Sulle condizioni economiche cit.
137
F. M. DE ROBERTIS, Sulle condizioni economiche cit.; G. VOLPE, Sulle condizioni economiche cit.
138
D. VERA, Strutture agrarie cit.
139
A. CARANDINI, Schiavi in Italia cit., p. 32.
VERA,
254
Parte prima
I luoghi e le merci
Non si saprebbe dire se sul ripudio della vecchia razionalità (quella dei
mezzi e dei fini) e sulla adozione della nuova (quella tardoantica dei soli
fini) si innestò il processo che portò alla formazione delle molte Italie che
ancora oggi possono essere osservate. È comunque certo che, fra alterne
fortune, il riassetto della tarda antichità favori il riattivarsi dei processi di
differenziazione fra i comprensori regionali.