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indiCe Abbreviazioni e sigle Introduzione Da problema a risorsa pag. 5 » 7 1. Nella stagione della corresponsabilità ministeriale 1. il ripensamento missionario della pastorale 2. verso una parrocchia comunità di comunità 3. la nuova stagione ministeriale 4. Continuità\discontinuità nella comunità ministeriale » » » » 13 13 16 20 » 24 2. Qualità nell’analisi pastorale 1. necessità e possibilità di una analisi di qualità 2. indicatori per una analisi di qualità » » » 27 27 31 3. La comunità parrocchiale in situazione di cambio 1. il cambio di guida I soggetti del cambio Il cambio di guida come processo L’obiettivo del cambio della guida 2. Come viene vissuto dalla comunità 3. dove ci sta portando questa situazione » » » » » » » 35 35 36 37 42 43 44 4. Punti di riferimento teologico-pastorali 1. la teologia e la pastorale del Codice » » 49 49 98 Indice 2. guida di comunità in una comunità soggetto 3. superare le pratiche inadeguate pag. 52 » 54 5. Il cambio di guida per lo sviluppo di una comunità 1. il cambio nella crescita/sviluppo della comunità Teologia del cambio Cambio e sviluppo Le fasi di sviluppo di una comunità 2. obiettivo del cambio: progettare comunità missionarie Definire la progettazione pastorale Cambio per la conversione missionaria Qualità della guida » » » » » 57 58 59 60 60 » » » » 61 61 62 64 6. Il tempo sabbatico della comunità 1. Proposta: il cambio come tempo sabbatico 2. Finalità del cambio 3. Contenuti e compiti L’analisi della situazione L’individuazione dell’obiettivo possibile La scelta/decisione della Guida La integrazione della nuova guida 4. situazioni affettive 5. soggetti 6. tappe e azioni 7. modalità concreta 8. nuova ministerialità » » » » » » » » » » » » » 67 67 68 69 69 71 72 72 73 74 75 77 77 Conclusione Lieti nella comunione e nel servizio » 79 Indicazioni bibliografiche » 83 6. il tempo sAbbAtiCo dellA Comunità le indicazioni teologico-pastorali espresse nelle riflessioni precedenti ci portano ad elaborare, come tentativo, un protocollo operativo che sia utile nella realizzazione concreta di tale compito: utilizzare il cambio di comunità come momento di trasformazione delle organizzazioni parrocchiali. l’obiettivo di realizzare un protocollo comporta la scelta di uno stile descrittivo e propositivo. descrizione che si incentrerà soprattutto nell’analisi dei soggetti, delle azioni e dei tempi che rendono possibile questa operazione pastorale. 1. Proposta: il cambio come tempo sabbatico Allo stesso modo come avviene per la diocesi e per le congregazioni religiose, occorre ripensare il cambio nella guida delle comunità parrocchiali in modo tale che questo momento venga vissuto come una esperienza di chiesa, un evento dello Spirito e, soprattutto, un momento funzionale al miglioramento della missione che tale comunità deve svolgere in un determinato tempo, territorio, cultura. l’idea su cui poggia questa proposta è che il cambio non riguarda in primo luogo la persona della guida, ma la guida cioè il guidare, l’agire, l’orientamento progettuale della comunità. le condizioni per la realizzazione di questa proposta sono descritte come segue e riguardano: la definizione esatta delle finalità del cambio, i contenuti, i soggetti, le tappe, le azioni e le modalità. 68 Cambio della guida di comunità 2. Finalità del cambio nella prospettiva che abbiamo assunto, il Cdg allarga la sua finalità e la scopre all’interno del tema più vasto della crescita e sviluppo della comunità stessa. Come abbiamo visto questo rimanda ad una considerazione delle finalità dell’agire pastorale e si ancora nel Concilio vaticano ii che individua anche per la parrocchia il compito della missione ecclesiale. si può definire come il momento centrale della coscienza e della progettualità missionaria della comunità. la finalità che tutti i soggetti coinvolti nel cambio dovranno porre davanti loro è quindi quella di: – individuare il contributo alla missione della chiesa di una concreta comunità parrocchiale, in un tempo e in un luogo; – individuare la persona che meglio può contribuire alla realizzazione di questo cammino; – contribuire alla decisione e alla accoglienza della nuova guida. il conseguimento della finalità si realizza attraverso un percorso preciso che nasce da un atteggiamento “povero” della comunità (Congar 1964). Questa deve essere conscia di essere sempre impegnata a verificare la sua fedeltà, in atteggiamento di continua autoevangelizzazione. nasce dalla continua conversione al vangelo del regno che rende autentica l’affermazione della chiesa semper reformanda, una chiesa dalla e per la riforma. seguendo la riflessione ecclesiologica di Congar (1976), si potrebbe dire che deve essere conscia di possedere in se stessa i beni della salvezza ma anche del fatto che è sempre chiamata a comprendere se e in che misura la sua azione sia autentico sacramento di salvezza. in questa prospettiva, che in certo modo rappresenta un aspetto della spiritualità di una comunità cristiana, essa non troverà difficoltà ad individuare il cambio da realizzare; ad elaborare una considerazione teologica pastorale capace di individuare i passaggi formativi necessari. Il tempo sabbatico della comunità 69 se si è posto l’accento sull’autoevangelizzazione della comunità parrocchiale, questo non deve essere inteso come una autocefalia della parrocchia. in realtà un compito molto forte, in questo processo di autenticazione della parrocchia, ha il vescovo. A ben vedere è proprio lui il punto di partenza e di arrivo di ogni processo di cambio. il cambio può nascere infatti dalla comunità oppure essere provocato da una decisione/necessità del vescovo e questa azione nasce proprio dalla sua natura ministeriale di episkopein. Questo ruolo del vescovo nella individuazione delle finalità proprie di un cambio e per la gestione del cambio si esalta nella individuazione non solo della nuova guida quanto nella indicazione di una persona che possa aiutare la comunità in questo passaggio. Certamente infatti il perseguimento di questa finalità ha bisogno di una nuova figura ministeriale che momentaneamente chiamiamo “facilitatore di cambio”. 3. Contenuti e compiti i contenuti fondamentali di questa finalità si possono intendere anche come compiti in quanto si tratta non di una riflessione ma di una prassi o di un processo da attivare. per questo possono essere descritti attorno ad alcuni poli: L’analisi della situazione il termine analisi ben descrive il primo compito che l’insieme dei soggetti deve affrontare. È una analisi a diversi livelli. si tratta di ben descrivere a livello generale i bisogni di salvezza propri del territorio, ma anche della chiesa diocesana. dall’analisi dei bisogni di salvezza si deve passare alla analisi della situazione della comunità in ordine ai bisogni di salvezza individuati. Questa fase appare delicata e spesso non ben determinata. essa è stata studiata progressivamente dalla teologia pastorale. È giudizio di molti che occorra andare oltre il metodo del 70 Cambio della guida di comunità “vedere-giudicare-agire”. tuttavia non appare ancora chiaro quale sia esattamente il protocollo di analisi più adatto (metteseinkamp 1993; midali 1990; zulehner 1992; trentin 2002). per quanto ci riguarda preferisco pensare ad un protocollo che interagisce con le scienze umane a livelli differenti in modo tale che l’interazione sia a volte nella formula dell’interdisciplinarietà e a volte nella formula della multidisciplinarietà. inoltre va sottolineato che in questa fase gli equivoci sul “cosa analizzare” sono molti. Proponiamo come modello una griglia di analisi centrata su due valori: – innanzitutto deve essere chiaro che si tratta di analizzare i “bisogni di salvezza” cioè tutte quelle espressioni della qualità di vita che permettono alle persone di sperimentare la paternità di dio. non si tratta quindi di analizzare immediatamente i bisogni; ma i bisogni di salvezza. Questo non va inteso in modo ultramondano o solamente legati alla trasmissione dei mezzi della grazia (sacramenti). la risposta ai bisogni spetta alla società civile o alla chiesa in chiave di testimonianza. Alla chiesa spetta l’evangelizzazione dei bisogni che rendono salva la persona. in un esempio: certamente è un bisogno il soddisfacimento della mancanza del pane e la chiesa giustamente condivide il pane. ma ancora più importante è evangelizzare l’insieme delle condizioni e conversioni, personali e sociali, attraverso cui si risolve il bisogno di pane. bisogni di salvezza. si comprenderà facilmente che in questa prospettiva si evita il facile riduzionismo (ultramondanismo o immanentismo) del concetto di salvezza. – in secondo luogo si tratta di analizzare i segni dei tempi (già ricordati). invero questa categoria teologica non trova ancora adeguata collocazione nel panorama della teologia pastorale. essa va intesa come la capacità (frutto di interazione tra le grandi categorie bibliche, la tradizione, il carisma e le metodologie della ricerca) di individuare persone, situazioni, scelte che rendono presente “qui e Il tempo sabbatico della comunità 71 adesso” l’evento della salvezza iniziata da Cristo che è il grande segno dei tempi. evidentemente i segni dei tempi coincidono quasi sempre con una “inculturazione” della prassi messianica. in verità è questo il senso profondo di tale affermazione teologica post-conciliare. ed è qui il superamento della dottrina classica dei semina verbi. Queste due precisazioni ci permettono di uscire decisamente da un equivoco ricorrente nella teologia pastorale: l’equivoco di un uso inadatto della sociologia (della religione). le affermazioni della sociologia pastorale, infatti, non sono già una analisi teologica sulla realtà ma una lettura di “settore” della realtà e per di più fatta secondo precomprensioni non sempre verificate. l’equivoco di molti piani pastorali consiste proprio nella illusione che si possano dedurre le scelte pastorali dalla semplice analisi di sociologia religiosa. in molte presentazioni di piani pastorali, frutto di accurate analisi sociologiche, non si riesce mai a capire perchè o in vista di che tali “analisi” siano state fatte. nel momento della lettura della situazione infatti o nella rilettura pastorale quasi sempre i dati delle ricerche risultano “inutilizzabili” per la progettazione pastorale. Ancora di più: nasce dall’equivoco che l’analisi (dei segni dei tempi) coincida con l’analisi delle situazioni culturali frutto di una cattiva lettura di Gaudium et Spes n.4 senza il confronto con il n. 11. È da questa prospettiva che nasce l’ipotesi di lista dei bisogni di cambio ovvero delle nuove competenze e capacità da far maturare in occasione del Cdg. L’individuazione dell’obiettivo possibile se non si vuole essere eccessivamente idealisti occorre avere la pazienza di individuare gli obiettivi di cambio possibili. in questa fase il termine “possibile” quasi sempre coincide con “condivisi”. si deve richiamare qui l’analisi di qualità che mette l’accento sulla distinzione e complementarietà dei diversi momenti del processo decisionale. una buona decisione comporta 72 Cambio della guida di comunità un chiarimento sui ruoli di analisi. Per l’obiettivo di rendere le comunità capaci di missione, sarà importante che tutta questa analisi venga realizzata attraverso persone a diverso titolo competenti. Come è stato spesso detto non è affatto opportuno che rimanga fuori dalla determinazione degli obiettivi del cambio proprio chi dovrà farsene carico (la comunità). La scelta/decisione della Guida un terzo contenuto/compito sarà determinato dalla complessa azione di individuazione-scelta-nomina del candidato come guida di comunità. All’interno di questo compito esistono due dimensioni interagenti. da una parte l’analisi del complesso fenomeno della “scelta”. in ordine a questo vanno recuperate tutte le indicazioni fatte precedentemente sul rapporto progettualità e caratteristiche (qualità) necessarie per sostenere il compito missionario specifico della comunità. Dall’altra si deve stabilire con chiarezza i ruoli e il valore di intervento (consiglio) che dovranno avere i singoli soggetti. si potrebbe anche dire: il grado di collaborazione con il vescovo. lasciando al vescovo il compito decisionale, si dovrebbe evitare di applicare ancora un metodo discendente e gerarchico per il quale risulta che la comunità sia solamente destinataria di una scelta. il criterio fondamentale di riferimento potrebbe essere il principio della sussidiarietà (Koening 1999) oppure il tema al centro della discussione chiesa universale-chiesa locale (ratzinger 2000): al vescovo spetta la dimensione universale; alla comunità e i suoi organismi di rappresentazione la dimensione particolare, come si potrebbe dedurre anche da una lettura dell’ultima parte del can. 523. La integrazione della nuova guida Quarto compito di questa attività pastorale sarà la “integrazione della nuova guida”. in qualche modo essa è rappresentata Il tempo sabbatico della comunità 73 dalla cosiddetta “presa di possesso” che il can 527 descrive solo nei termini giuridici e che la liturgia amplia nella descrizione simbolica dei compiti della guida pastorale. se il senso generale della norma giuridica (Coccopalmerio 2000, 176-177) è quello di evidenziare che la nomina, da sola, non è sufficiente per l’esercizio del compito e che appunto occorre una presa di possesso, allora si può riflettere su come pensare questo momento. il concetto di integrazione ci può essere utile. Anche se utilizziamo la metafora della guida come continuazione di Cristo-capo, è evidente che si rimanda all’insieme del corpo. Non è corretto pensare che tale compito si risolve con l’azione del Vescovo. occorre anche un’azione del parroco eletto. si può pensare questa azione non solo in senso giuridico, ma anche progettuale. l’integrazione avviene attraverso la presentazione del parroco indicato come nuova guida di un documento di intenti da sottoporre al vescovo e alla comunità. documento in cui egli esprime la accettazione della progettualità necessaria per la comunità e dal vescovo riconosciuta e ne riformula a suo modo le indicazioni di guida generali. mi guida in questa proposta la grande tradizione della chiesa. essa si trova presente in almeno due situazioni importanti. l’obbedienza che viene riconosciuta ai superiori generali degli ordini (congregazioni) religiosi dopo la discussione capitolare e, ancora più forte, l’obbedienza che i cardinali rivolgono al nuovo pontefice dopo la libertà esercitata con la nomina nel conclave. nel termine dopo si descrive pienamente il grande valore della ecclesiologia di comunione. 4. Situazioni affettive osserviamo questo compito da un altro punto di vista: le situazioni che il Cdg genera o deve affrontare e che l’azione pastorale dovrà gestire adeguatamente per adempiere pienamente le finalità insite e proprie di questa azione pastorale. Se ne possono descrivere 4: la situazione della guida chiamata a lasciare o ad accettare; la situazione di cambio della comunità; 74 Cambio della guida di comunità del suo lutto (emotivo); della sua necessaria guarigione. Come si vede è la metafora della morte-risurrezione che guida questa interpretazione. – l’azione pastorale dovrà aiutare la coscienza della guida precedente e futura ad avere una adeguata consapevolezza di sé. la funzione della “morte” della guida per la vita della comunità è un luogo decisivo della psicologia sociale. Ancora di più nel vangelo. Questo momento personale non deve essere trascurato e va posto nella lista delle finalità della formazione seminaristica e della formazione permanente. – Al tempo stesso è anche la comunità che è chiamata a gestire una presa di coscienza circa il proprio cambio per rispondere adeguatamente alla vocazione missionaria. occorre essere potati per portare frutto. Anche per la comunità esiste quindi un momento di morte a se stessi. – È il vescovo che si impegnerà a gestire queste due situazioni di lutto. la sua presenza conferma la fede e la speranza nella risurrezione. il suo compito principale sarà la vicinanza che permette che il lutto diventi “dolori del parto” come nel lutto delle donne alla tomba si trova già insita la gioia della risurrezione. – È ancora il vescovo ad aiutare la guarigione di tutti i soggetti coinvolti perché, come nella metafora dell’innesto, il nuovo si unisca sapientemente al vecchio ed esprima frutti abbondanti e soprattutto “nuovi”. 5. Soggetti i soggetti necessari per la piena realizzazione di questa azione pastorale sono quelli già evidenziati. rispetto alla tradizione attuale (espressa dal codice) abbiamo individuato innanzitutto la considerazione della comunità come soggetto proprio; ma anche la loro riformulazione in ordine al “peso” decisionale, come descritto in sede di valutazione. Il tempo sabbatico della comunità 75 in ordine alla predisposizione di un “protocollo” si potrà dire che il movimento può iniziare da ognuno dei soggetti coinvolti ma che, in questa fase concreta, bisogna assolutamente evitare quanto sta accadendo: la assoluta mancanza di programmazione, il lasciare tutto al momento fattuale. Anche questo lascia comprendere che questa situazione non è vissuta come kairòs ma come ostacolo alla tranquillità pastorale. Se si volesse indicare una priorità, va affidata al soggetto comunità. nel senso di educare la comunità stessa a non “dipendere” dal protagonismo del vescovo, ma a comprendere all’interno del suo proprio sviluppo gli elementi di cambio. in questa prospettiva, un ruolo importante potrà avere il Consiglio pastorale, che potrebbe avere una collocazione di ruolo più definita. si potrebbe anche sostenere (cf. più avanti) che questa azione pastorale abbia bisogno di un ruolo di particolare rappresentanza del vescovo. oppure della riconsiderazione di ruolo di alcuni dei collaboratori del vescovo. si potrebbe ipotizzare che in futuro esista un vero e proprio “vicario per le parrocchie in quanto soggetto pastorale”. 6. Tappe e azioni si potrebbero individuare alcune tappe fondamentali con i rispettivi obiettivi/compiti – L’entrata nella situazione di cambio. È una tappa di lungo raggio, ha bisogno di una animazione particolare, può essere sollecitata dal vescovo o dal suo rappresentante, o dal parroco con il consiglio pastorale della comunità. ha come scopo individuare il livello missionario raggiunto dalla comunità. – Presa di distanza della storia passata. verificata la necessità una situazione di cambio è importante “accettare” questa situazione. È una tappa di media durata e serve ad aiutare i soggetti coinvolti ad acquisire consapevolezza 76 Cambio della guida di comunità – – – – e coscienza del bisogno; soprattutto ad oggettivare concettualmente e affettivamente la propria situazione. il contenuto fondamentale è la ricostruzione “oggettiva” della storia recente della comunità. Prefigurazione o visione del futuro. È una tappa di breve durata e ha lo scopo di individuare, sommariamente, il punto focale (ipotesi di cambio) che stabilisce lo scopo del cambio. Anche qui i soggetti che intervengono sono molteplici. Analisi della situazione e dei bisogni formativi. Questa tappa va vissuta con tranquillità, coinvolgendo ad ampio raggio e modalità la totalità dei soggetti ecclesiali, ma anche quelli presenti nel territorio o esperti. lo scopo è di individuare la distanza esistente tra l’ipotesi di cambio e la realtà concreta della comunità, in ordine a capacità, attività, operatori e loro formazione. Analisi delle caratteristiche e scelta della guida futura. È il momento di prendere coscienza delle particolari qualità con cui individuare la futura guida di Comunità. Attraverso di esse il vescovo propone un candidato concreto e da inizio al processo che porterà al Cdg. in questo ambito si possono anche verificare, insieme al vescovo, il progetto di guida che il candidato può offrire. Maturazione affettiva del cambio. È la tappa finalizzata alla guarigione del lutto che deriva dalla familiarità con la guida precedente oppure alla guarigione del rancore dovuto con essa. Questa proposta comporta la gestione di alcune azioni che appartengono a vario titolo ai diversi soggetti/attori del cambio. un elenco di tali azioni può essere: il prendere coscienza; il guarire; l’accompagnare; il facilitare la comunicazione; l’analizzare; il valutare; il decidere; l’aderire. Come è facile vedere a queste azioni corrispondono uguali abilitazioni da conseguire. Anche in questo aspetto si evidenzia la necessità di percorsi formativi adeguati. Il tempo sabbatico della comunità 77 7. Modalità concreta si propone di elaborare con il Consiglio presbiterale e Consiglio pastorale diocesano la figura del “semestre sabbatico” della comunità parrocchiale. tra l’entrata in situazione di cambio e la celebrazione di accoglienza-inizio di servizio della nuova guida, sarebbe utile che la parrocchia fosse ufficialmente riconosciuta dal Vescovo, da se stessa e dal resto della diocesi, in una situazione molto importante. per realizzare questa figura pastorale si rende necessaria una ministerialità precisa. non dovranno mancare liturgie e momenti di preghiera comune. 8. Nuova ministerialità tutto questo cammino non si realizza senza ministerialità adeguate. Certo non è sufficiente il ruolo dell’amministratore parrocchiale come è definito dai canoni del codice (anche se ne può svolgere alcuni aspetti). occorre la presenza di un mediatore che sappia aiutare tutti soggetti a svolgere la loro parte. il suo compito non è amministrativo ma pastorale. il vescovo stesso sarà molto presente nella comunità in questa fase, tuttavia dovrà servirsi di un suo rappresentate particolare. Questi deve godere la grande fiducia del vescovo e anche della comunità. non è “rappresentante” del vescovo nel senso che non è in funzione solo del compito decisionale del vescovo; è una figura di mediazione. egli deve rappresentare innanzitutto la paternità del vescovo. non può neppure essere solo il vicario foraneo perché mancherebbe di una condizione determinante: la convivenza con la comunità. egli infatti dovrà passare un certo tempo nella comunità per comprenderla e suggerire al vescovo i passaggi adatti. È probabilmente una figura ministeriale nuova o una riconsiderazione profonda di alcuni ruoli delle attuali ministerialità.