Riassunto Mimesis-Erich Auerbach
PREVOST
Manon Lescaut
Inizia con un testo tratto da Storia del cavalier Des Grieux e di Manon Lescaut (1731). Il testo è il settimo e ultimo volume di Memorie e avventure di un uomo di qualità. Auerbach parla della scena in cui i servi del padre di Des Grieux vanno a prenderlo. Des Grieux 17enne, di buona casata, ha appena finito. Il ragazzo vede alla stazione di posta d'Amiens la giovane Manon Lescaut, che doveva esser portata in convento. I due scappano insieme a Parigi. I due vivono un idillio fino a quando non sentono la minaccia della mancanza di denaro. Manon ha stretto una relazione con il vicino appaltatore d'imposte, il quale ha informato la famiglia del cavaliere. A Manon piace vivere nell'abbondanza, piace andare a teatro ecc... non riesce a vivere senza soldi. Il cavaliere, lo stesso mattino in cui deve esser trascinato via, viene sulle tracce della relazione di Manon con l'appaltatore e ciò lo precipita in un gran turbamento. Ma l'amore che lui ha per Manon lo inducono a pensare che Manon si sia procurata il denaro dai parenti con i buoni uffici dell'appaltatore e voglia fargli una sorpresa. Il cavaliere descrive la scena, in quanto narratore. La sera tornato a casa non dice niente a Manon aspetta sia lei ad entrare in argomento. Questa scena vivace, drammatica, piena di passionesi può distinguere in 3 parti:
Muta tensione tra i due i quali si scrutano di soppiatto senza mangiare. Il cavaliere intuisce che Manon è oppressa da qualche cosa quindi il suo buon umore si altera ma non prova sfiducia verso Manon, bensì amore. A parlare è il suo amore nonostante ogni ragione di sospetto. Nell'animo di lei si indovina il dolore per l'imminente separazione. Lei a modo suo lo ama. Il rapporto tra i due, in questa scena muta è imbevuto di sensualità (anche se non si fa parola di argomenti erotici)
La scena muta si scoglie con le lacrime di lei. Inizia una scena piena di agitazione. Il cavaliere non può vedere Manon piangere. Lei risponde solo con sospiri alle sue domande e mentre cerca di asciugarle le lacrime cade lui stesso in pianto. Nel XVIII secolo le lacrime assumono importanza. La loro forza sta sul confine dello spirituale e del sensuale, adatta a esercitare quel fascino misto d'erotico e sentimentale, che diventò di moda al tempo. Soprattutto le lacrime che cadono dagli occhi di una bella creatura che si commuove facilmente o che scorrono lungo le sue guance, conquistano nell'arte figurativa e nella letteratura una voga crescente. Nel XVIII secolo le lacrime sono il segno d'un turbamento erotico che esige sollecito conforto.
Terzo atto. Si sentono uomini che salgono le scale, si bussa alla porta. Manon bacia Des Grieux in fretta sfugge e sparisce nella camera accanto. Il cavaliere non sospetta nulla. La scena moviementata ha portato disordine nel suo aspetto, il cavaliere pensa che si voglia sottrarre alla vista di un visitatore. Il cavaliere apre la porta e trova davanti a sé i servitori di suo padre che l'afferrano; l'idillio amoroso per questa volta è finito.
Il disordine della toilette femminile nel XVIII secolo assume un'importanza che prima non aveva. Questi motivi vengono cercati e sfruttati: l'erotismo intimo nelle descrizioni e negli accenni di vita diventa di gran moda fin dai tempi della Reggenza. Durante tutto il secolo si trovano nella letteratura e non solo in quella propriamente erotica: un idillio disturbato, un colpo di vento, una caduta, un salto che svelato parti di regola celate del corpo femminile o che in genere mostrano un disordine solleticante.
L'intimità che ritroviamo nel brano ricorda la cornice domestica che ritroviamo nella letteratura fine Medioevo. Come le illustrazioni di famosi incisori, che fioriscono in quello stesso periodo, ci viene mostrato un quadro grazioso incorniciato, vivace e intimo, per il quale si può ben adoperare la parola interno. Manon Lescaut e molte altre opere di quel tempo o di poco posteriori ci offrono molti di questi intèrieurs. Interni + eleganza + sensibilità pronta al pianto + sensualità erotico-morale ---> rappresentano una mescolanza unica nel suo genere. Vestiti, suppellettili, arredamento vengono descritti o accennati con cura civettuola e con gran compiacimento per ciò che è variopinto e movimentato.
Nell'azione si intrecciano persone d'ogni condizione, questione d'affari e ogni genere di quadri della civiltà del tempo; gli interni ci rappresentano quadri di costume.
In Manon Lescaut si parla di denaro, vi sono servitori, osterie, prigiorni, funzionari, in una scena davanti il teatro è dipinta esattamente la strada, ci vediamo sfilare davanti un convoglio di meretrici che debbono venire imbarcate per l'America e tutto è narrato in modo realistico. L'autore desidera che consideriamo la sua storia seria e ce la vuole presentare come altamente morale e tragica.
Si parla spesso di virtù e d'onore. Des Grieux nonostante diventi un baro, un truffatore e quasi un “magnaccia” non perde mai l'abitudine d'esternare nobili sentimenti e di compiacersi di considerazioni morali. Anche Manon in fondo è vortuosa, il problema è che ama sopra ogni cosa il piacere:
Ella conosce la virtù, ne gode perfino, e tuttavia commette le azioni più indegne. Ama il cavaliere des Grieux con tutto il cuore, e tuttavia la smania di vivere nell'abbondanza e di brillare la induce a tradire i suoi sentimenti per il cavaliere, a cui preferisce un ricco finanziere...
A questa corruzione manca ogni grandezza e dignità, ma sembra che l'autore non se ne accorga.
Romanzo è famoso per l'insensato asservimento sensuale del cavaliere e per l'amoralità quasi ingenua di Manon. Ma l'abate Prévost vuole fare dei due personaggi, ad ogni costo, degli eroi che in fondo sono buoni che si distinguono dai comuni cialtroni. La vergogna da cui è colto il cavaliere dopo esser state scoperte le sue truffe, gli dà occasione di proclamarmi un carettere distinto e egregio, di sentimenti più ricchi e profondi. Eroi sentimentali e patetici. Addio figlio ingrato e ribelle! (padre di des Grieux). Addio padre barbaro e denaturato! Questo è il tono della commedia lacrimosa che venne allora di moda. L'autore cerca di suscitare nel lettore il piacere, rappresentando i suoi amanti che dalla loro depravazione fanno un gioco fanciullesco e inconsapevole.
Stile medio, il realistico si mescola col serio. Il romanzo ha una soluzione tragica, la mescolanza è fatta con grazia ma il realistico, il serio e il tragico sono d'una leggiadra superficialità. I quadri realistici sono variopinti, vivaci e plastici; non mancano le rappresentazioni del vizio più basso, e tuttavia la parola rimane sempre amabile ed elegante.
VOLTAIRE
La Borsa di Londra
Il livello stilistico dei testi realistici che stanno al servizio della propaganda illuministica--->
Il maestro è Voltaire, sesta delle Lettere filosofiche, vi sono raccolte le sue impressioni sull'Inghilterra.
Entrate nella borsa di Londra, in questo luogo più rispettabile di molte corti; vi vedete riuniti i deputati di tutte le nazioni per l'utilità degli uomini. Qui il giudeo, il maomettano e il cristiano discutono insime come fossero della stessa religione, e non danno dell'infedele se non a chi fa bancarotta; qui il presbiteriano confida all'anabattista e l'anglicano accoglie la primessa del quacquero. Uscendo da queste riunioni pacifiche e libere, gli uni vanno alla sinagoga, gli altri a bere; questo va a a farsi battezzare in un grande bacino in nome del Padre, dal Figlio, allo Spirito Santo; l'altro fa taglaire il prepuzio di suo figlio e fa borbottare sul bimbo parole ebraiche che non intende affatto; questi altri vanno nella loro chiesa ad attendervi l'ispirazione divina col cappello sulla testa, esono contenuti tutti.
Quadro Borsa di Londra. L'intento non è realistico ma è quello d'insinuare certi pensieri che nella loro forma più rude e più asciutta suonerebbero pressapoco così: i traffici internazionali, liberi, dettati solo dall'egoismo dei singoli, sono utili alla società umana, riuniscono gli uomini in una comune e pacifica attività; le religioni al contrario sono assurde, la loro assurdità è già dimostrata dal loro grande numero, affermando ciascuna di essere l'unica vera, come pure la stoltezza dei loro dogmi e delle loro cerimonie. In un paese in cui ve ne siano di moltissime e diverse sicchè si debbano reciprocamente sopportare, esser non portano mai a nessun gravissimo danno, e si possono considerare come innocue pazzie. Il male accade quando queste si combattono e si perseguitano l'un l'altra. Dietro questo concetto si nasconde un artificio retorico, che forma esso stesso il contenuto della concezione di Voltaire---> La contrapposizione tra religione e commercio, con cui si pone il commercio praticamente e moralmente più in alto che la religione. La religione viene presenta come perdente, a priori risulta ridicola. Questa tecnica veniva adoperata con successo in tutti i tempi da sofisti e propagandisti, e in cui Voltaire è maestro. Voltaire ha scelto la borsa, dove concorrono uomini d'ogni provenienza e d'ogni fede.
L'invito a entrare nella Borsa è fatto quasi solennemente: è un luogo che merita più rispetto delle corti dei principi e definisce i suoi frequentatori come i deputati di tutte le nazioni, che si riuniscono per il bene dell'umanità. C'è poi una descrizione minuziosa di costoro, li osserva prima nella loro attività entro la borsa e poi nella loro vita privata, e in ambedue i casi egli pone rilievo sulla diversità delle loro credenze. Finchè si trovano nella borsa la diversità non ha importanza e nessuna influenza sugli affari, ma appena essi lasciano la Borsa – questa riunione pacifica e libera contrapposta con le riunioni di sacerdoti contendenti – ecco apparire lo spezzettamento della loro convinzione religiosa. Un simboolo dell'ideale collaborazione di tutta l'umanità, si sparpaglia in molte parti senza legame e senza possibilità d'intesa.
I mercanti, lasciata la Borsa, si disperdono; alcuni vanno alla sinagoga, altri a bere; la medesima disposizione sintattica mostra che ambedue le cose costituiscono un modo equivalente di passare il tempo. 3 gruppi di fedeli che frequentano la borsa: anabattisti, giudei e quacqueri; qui voltaire mette in risalto per ciascun gruppo ciò che è puramente esteriroe, per ciascuno diverso dall'altro, qualcosa che p assurdo e comico. Appare la ridicolaggine de loro cerimoniale religioso (per i non iniziati).
Tecnica riflettore ---> propaganda. Consiste nel fatto che in un ampio discorso s'illumina una piccola parte, ma tutto il resto che serve a spiegarlo viene lasciato al buio. In questo modo detta apparentemente la verità, tutto è falsato, perchè la verità è composta dal rapporto tra le singole parti.
Voltaire conclude con: e tutti sono contenti, con la rapidità d'un prestigiatore ha fatto in 3 frasi la parodia di tre confessioni o sètte, e con altrettanta rapidità balzano fuori allegre e sorprendenti le quattro parole della chiusura. Queste sono piene di contenuto. Perchè tutti sono contenti? Perchè tutti sono lasciati tranquilli ai loro affari, coi quali acquisteranno ricchezza, e perchè sono altrettanto lasciati tranquilli alle loro follie religiose, sicchè non saranno né persecutori né perseguitati.
Evviva la tolleranza! Essa lascia ognuno ai suoi affari e ai suoi piaceri, consistano questi nel bere o in un modo qualsiasi di venerare Iddio.
Il fatto di porre il problema fin dal principio in modo che nella sua impostazione sia già contenuta la soluzione, e la tecnica del riflettore che illumina solo ciò che è ridicolo, assurdo o scostante sono due metodi adoperati già molto tempo prima di Voltaire. Ma egli ha un modo di impiegarli ben preciso e tutto suo particolare: prima di tutto il RITMO; il riassunto veloce e acuto degli sviluppi, il rapido mutare delle immagini, l'improvviso e sorprendente accostamento di cose che non siamo soliti pensare accostate; in tutto questo Voltaire è unico e incomparabile.
Ce qui plait aux dames
Quadretto rococò di Voltaire:
Quando fui assai vicino a Lutezia, all'angolo d'un bosco che fiancheggia Charenton, vide la vispa Marton dalle trecce bionde legate con un nastro; il corpo è snello, e la sua sottanella lascia intravedere la gamba bianca e fina. Roberto si fa avanti; le trova una faccia che tenterebbe i santi del paradiso; un bel mazzo di rose e di gigli sta in mezzo a due mele d'alabastro, che non si guardano senza diventarne idolatri; e il fiore el'incarnato del suo colorito avrebbero oscurato lo splendore di quel mazzo. Per dir tutto, questa giovane meraviglia portava una cesta attaccata alla cintola, e se ne andava con tutte le sue attrattive a vendere al mercato burro e uova fresche. Messer Roberto, invaso dalla cupidigia, scende con un salto, l'abbraccia con disinvooltura: - Ho venti scudi, - dice, - nella mia valigia; è tutto quanto possiedo; prendetevi anche il mio cuore: tutto è vostro. - è per me troppo grande onore, - gli dice Marton...
Brano tratto da una narrazione in versi tarda: Ce qui plait aux dames. Composto con cura, lo si può capire dalle impressioni prodotte dalla bellezza di Marton. Gran parte del suo fascino sta nel RITMO, se questo fosse più disteso, la narrazione perderebbe la sua freschezza e diventerebbe triviale. Nel ritmo sta anche la comicità del brano; la dichiarazione amorosa è comica perchè unisce l'essenziale in una sorprendente brevità. Il ritmo costituisce in Voltaire anche una parte della sua filosofia. Esso serve a buttar fuori, in modo tagliente, i movimenti essenziali delle azioni umane, nel senso più materialistico, e quasi a denudarle. In questo quadretto erotico non si esprime nulla di alto o di spirituale ma solo libidine e cupidità. La dichiarazione amorosa comincia con l'esposizione del lato economico della faccenda, ed essa è tuttavia amabile, elegante e briosa. Tutti sanno, acnhe Roberto e Marton che le parole: “Prendete il mio cuore, tutto è vostro”sono solo girigogoli di parole per esprimere il desiderio di arrivare subito al sodo, tuttavia hanno il fascino che Voltaire e la sua età hanno ereditato dall'età classica e posto al servizio di un illuminismo materialistico.
Particolare voltariano: il RITMO. Voltaire è libero da tutta quella sensibilità mezzo erotica, un poco torbida, che abbiamo cercato di analizzare a proposito del brano citato di Manon Lescaut. Le rivelazione illuministiche di Voltaire non sono mai rozze e pesanti ma leggere, briose e nello stesso tempo saporose. Egli è libero da quel pathos nebuloso che cancella tutti i contorni e intorbida la chiarezza del pensiero quanto la purezza dei sentimenti. Pathos, che è apparso negli illuministi della seconda metà del '700 e nella letteratura della Rivoluzione e cresciuto ancor più lussereggiante nel secolo XIX per influenza del Romanticismo.
La velocità del ritmo porta anche ad avere la grande SEMPLIFICAZIONE DI TUTTI I PROBLEMI (assai più diffusa come metodo di propaganda). Voltaire ha posto la velocità, la sbrigatività al servizio della semplificazione. Essa si ottiene riducendo il problema a un'antitesti, presentandola in un racconto incalzante, allegro e rapido, in cui bianco e nero o teoria e pratica. Tutto ciò si può osservare nel passo della Borsa di Londra, dove la contrapposizione di commercio e religione (l'uno utile e fonte di collaborazione fra gli uomini, l'altra assurda e ragione di divisione) viene presentata in un quadro vivace, venendo con ciò semplificato il problema. Accanto troviamo la meno semplificata la contrapposizione di tolleranza e intolleranza. Perfino in amore non il problema, la la sostanza del fatto viene ricondotta a una semplice formula antitetica.
Candido
Altro esempio: Candide ---> contiene una polemica contro l'ottimismo metafisico del pensiero di Leibniz, esser questo il migliore dei mondi. Nel capitolo 8 del romanzo, Cunegonda, ritrovata incomincia a narrare l'avventura che ha vissuto dal momento della cacciata di Candido dal castello del padre di lei:
Ero nel mio letto e dormivo profondamente. Quando piacque al Cielo di mandare i Bulgari nel nostro bel castello di Thunder-ten-trockh; sgozzarono mio padre e mio fratello, e tagliarono a pezzi mia madre. Un gran bulgaro, alto sei piedi, vedendo che dinanzi a tal spettacolo avevo persa la conoscenza, si dette a violentarmi; questo mi fece rinvenire, ripresi i sensi, gridai, mi dibattei, morsicai, graffiai, volevo strappargli gli occhi a quel gran bulgaro, non sapendo che tutto quello che accadeva nel castello di mio padre era cosa consueta: quel bruto mi dette una coltellata nel fianco sinistro di cui porto ancora il segno, -Ohimè, spero di vederlo, - disse l'ingenuo Candido. - Lo vedrete, - disse cunegonda; - ma continuiamo. - Continuate, - disse Candido.
Gli eventi orrendi appaiono comici, perchè si accavallano con troppa sbrigatività, e perchè sono presentati come voluti da Dio e consueti. In comico contrapposto con la loro crudeltà e la volotà delle cittime; a ciò si aggiunge lo spunto erotico alla fine. Tutto il romanzo è dominato dall'antiteca semplificazione e dalla riduzione del problema ad aneddoti e dalla vertiginosa rapidità del ritmo. Le disgrazie s'incalzano e vengono interpretate sempre come necessarie, ordinate, ragionevoli, degne del migliore di tutti i mondi possibili, con una contrapposizione che salta agli occhi. In questo modo la tranquilla meditazione viene soffocata nel riso, e il lettore divertito non arriva affatto ad accorgersi che Voltaire non rende nessuna giustizia al pensiero di Leibniz e in genere al pensiero dell'armonia universale, tanto più che uno scritto del genere così dilettevole trovava più lettore dei suoi avversari filosofi.
La presunta realtà i cui parla Voltaire, in realtà non corrisponde alla reale esperienza, ma i suoi lettori non se ne accorgono.
Prescindendo dall'eccessivo cumulo di disgrazie, Voltaire falsifica la realtà, semplificando notevolmente gli avvenimenti. Le cause dei destini umani che appaiono nei suoi scritti illuministici, sono o avvenimenti naturali o eventi fortuiti o, in quanto le azioni umane possano considerarsi come cause, gli appetiti, la cattiveria e la stupidità. Voltaire non considera mai le ragioni storiche delle sorti umane, le convenzioni e le istituzioni umane.
Borsa Londra → uomini assurdi, stolti, dipendenti dal caso. Così gli uomini appaiono in Candide le spedizioni militari, le leve, le persecuzioni religiose, le opinioni dei nobili e degli ecclesiastici.
Secondo Voltaire ognuno può toccare qualsiasi sorte purché sia in accordo con le leggi naturali, senza riguardo per le correlazioni tra carattere e destino. Spesso si compiace di fabbricare concatenazioni di cause che, comprensibili come avvenimenti naturali, sopprimono consapevolmente l'individuo morale e storico.
4 capitolo Candide, esposizione che fa Pangloss della sua sifilide:
Voi avete conosciuto Pasquina, la graziosa cameriera della nostra augusta baronessa; fra le sue braccia ho goduto le delizie del paradiso; che hanno prodotto questi tormenti d'inferno da cui mi vedete divorato; lei era infetta, e forse ne è morta: Pasquina aveva ricevuto questo regalo da un francescano dottissimo, che era risalito alla fonte; perché l'aveva avuta da una vecchia contessa, a cui l'aveva data un capitano di cavalleria, che la doveva a una marchesa, che l'aveva avuta da un paggio, che l'aveva ricevuta da un gesuita che, quando era novizio, l'aveva avuta in linea retta da uno dei compagni di Cristoforocolombo...
Questa esposizione tiene solo conto delle cause fisiche. Riguardo al lato morale fa soltanto una satira dei costumi ecclesiastici (anche l'omosessualità). Sopprime con allegria sbrigativa tutti i fattori individuali che nei singoli casi avevano originato i rapporti amorosi. Nel concatenarsi di avvenimenti è eliminata la responsabilità del singolo per le sue azioni che seguono l'istinto naturale.
In fondo Voltaire è un moralista, e negli scritti storici si ritrovano anche ritratti dove il carattere individuale è posto in rilievo. Ma è sempre portato a SEMPLIFICARE, e la semplificazione avviene in modo che la ragione sana, pratica, illuministica, quale incominciava a formarsi al suo tempo anche col concorso della sua influenza, sia l'unica misura del giudizio.
Nell'illuminismo la società umana doveva venir liberata dai fardelli che s'opponevano al progresso della religione; le condizioni religiose, politiche ed economiche avevano dato luogo a un groviglio intricatissimo. Non sembrava necessario comprenderle e giustificarle ma screditarle. Voltaire costruisce la realtà in modo che si pieghi ai suoi fini. Nei suoi scritti si trova la realtà quotidiana, variopinta e vivace, ma essa è incompleta, volutamente semplificata, e perciò, nonostante il suo serio intento didattico, scherzosamente superficiale. In tutti gli scritti illuministici si riscontra un abbassamento della persona umana. Fin dal secolo XVIII sparisce la grandezza degli eroi classici, la tragedia stessa diventa in Voltaire più colorita e spiritosa, e perde di peso. In compenso fioriscono le forme poetiche di livello medio come il romanzo e il racconto in versi e fra la tragedia e la commedia nasce la commedia lacrimosa. La tendenza non è più al sublime ma allo spiritoso, al sentimentale, al ragionevole e all'utile. Livello stilistico ---> lo stile erotico-sentimentale di Manon Lescaut coincide con quello propagandistico di Voltaire. In entrambi i casi, i personaggi non sono eroi sublimi, sciolti dalla vita ordinaria, ma individui chiusi in una vita per lo più mediocre, di cui sono esteriormente e interiormente prigionieri. Contrapposto allo stile classico si ha ora lo stile misto.
Il realismo rimane grazioso---> dal classicismo.
Voltaire scrive una lettera a Madame Necker quando lo scultore Pigalle era andato a Ferney per modellare il suo busto:
A Madame Necker. Ferney, 19 juin 1770
Quando gli abitanti del mio villaggio hanno visto Pigalle disporre gli arnesi della sua arte: - Guarda, guarda, - dicevano, - adesso lo disseziona: sarà buffo -. Così dunque, signora, qualsiasi spettacolo diverte gli uomini; allo stesso modo si va alle marionette, ai fuochi di San Giovanni, all'opera comica, alla messa cantata, a un funerale. La mia statua farà sorridere qualche filosofo, e farà aggrottare le sopracciglia messe alla prova di qualche ipocrita canaglia o qualche giornalista cialtrone: vanità delle vanità!
Ma tutto non è soltanto vanità; la mia affettuosa gratitudine per i miei amici e soprattutto per voi, signora, non è vanità.
Mille affettuosi ossequi al signor Necker.
L'aneddoto realistico che serve come spunto, o che è inventato o trasformato di bella posta. Non è verosimile che ai cittadini intorno al 1770 la dissezione fosse più nota della scultura. Chi fosse Pigalle, era cosa di cui si doveva andar parlando, e che del loro famoso castellano, che viveva da un decennio fra loro, fossero fatti ritratti, doveva apparire più naturale del pensiero che venisse sezionato ancora vivo. Si sospetta che fosse stato lo stesso Voltaire a macchinare questo aneddoto. Tratto bello, brioso, straordinario, teatrale.
Infine l'attacco alla parola Vanità, per trovare la frase di chiusura della lettera, che illumina tutto l'incanto di questo vecchio ancor galante e vivace. Straordinario che in esso la saggezza mondana e la leggiadria spirituale si leghino a un aneddoto che evoca e sfida la creaturalità del vecchio corpo cadente e vicino alla tomba. Perfino su questo argomento Voltaire rimane spiritoso e piacevole.
Voltaire si pone davanti alla fragilità umana con una superficialità, che è al tempo stesso una forma di gentilezza che evita di far pesare sull'altro i propri turbamenti.; quella passione istruttiva dei grandi illuministi che sarebbe pronta a spendere fin l'ultimo respiro per la formulazione spiritosa e divertente d'una verità. Con esempi tratti da Prevost e Voltaire Auerbach ci ha voluto offrire tutti i caratteri essenziali dell'incanto e della superficialità propri di quello stile medio, attorno al quale, al principio del XVIII secolo cominciarono a riavvicinarsi il tono realistico e il serio, che al tempo di Luigi XIV erano così rigidamente separati.
Ad Auerbach resta da parlare di un genere letterario che dato il suo carattere, non può tenere distinto realismo e serietà d'osservazione, e che perciò anche nel Seicento francese non s'assoggetta completamente all'estetica della separazione degli stili; cioè allude alle Memorie e ai Diari. Fin dal Rinascimento, in parecchi paesi europei, si hanno molte opere pregevoli di questa specie. Nel periodo dell'assolutismo del secolo XVII e XVIII, specialmente in Francia e nei paesi fortemente influenzati dal suo esempio, si tratta quasi esclusivamente di autori appartenenti a circoli di corte, molte volte di nascita principesca, e d'argomenti riferitasi alla politica, agli intrighi di corte e alla vita delle classi sociali più elevate. Merita di esser notato che nemmeno uno dei più intelligenti, originali e famosi memorialisti francesi appartengono alla generazione di Luigi XIV; o appartengono all'epoca immediatamente precedente. Durante il governo del re e del suo gusto, il moralismo si volse a forme ed argomenti più generali ed evitò la descrizione realistica degli avvenimenti contemporanei determinanti.
SAINT-SIMON
Lo scrittore più importante del genere Memorie, il duca di Saint-Simon sembra a noi appartenere piuttosto al secolo XVIII che al secolo XVII. Saint-Simon nacque nel 1675, venne alla corte nel 1671 , incominciò giovanissimo a 19 anni a scrivere le sue annotazioni, ce lo dice lui stesso. Ma la vera opera di ordinamento e di redazione non può essere iniziata che molto più tardi, cioè dopo la morte del reggente nel 1723, quando si ritirò dalla corte. Nei Mémoires dell'anno 1700, dove si parla del sorgere della monarchia in Prussia, egli accenna alla morte di Federico Guglielmo I e all'ascesa al trono del suo successore come ad avvenimenti recenti. I curatori dell'edizione critica pensano che Saint-Simon abbia redatto i Mémoires fra il 1739 e il 1749. L'opera appartiene senza dubbio al XVIII secolo.
È difficile assegnare al duca di Saint-Simon un posto nella storia del pensiero non essendo comparabile a nessun altro. Per il suo stile e per le sue concezioni non appartiene in nessun caso all'età di Luigi XVI. Il suo stile non ha nulla della ricerca classica dell'armonia e nemmeno della superiore distanza dalle cose propria del grande secolo.
Saint-Simon è un fiero avversario dell'assolutismo accentratore, desidera una costituzione del regno con molte maggiori libertà politiche e con l'alta aristocrazia ai posti direttivi. Nelle cose religiose si mostra libero da pregiudizi e deplora ogni persecuzione e oppressione. Come ideale ha davanti agli occhi Luigi XIII, un errore di prospettiva, dato che proprio con Luigi XIII Richelieu vennero gettate le basi dell'assolutismo e della rovina politica della nobiltà. Il padre di Saint-Simon, favorito di Luigi XIII era stato fatto duca. Saint-Simon è un reazionario antiassolutista ma politicamente ha buon senso, occhio giusto e acuto. Nel restituire all'alta aristocrazia la sua precedente posizione (togliere i ministri) si vedeva un rimedio efficace contro l'assolutismo. Nel suo pensiero politico si mescolavano tendenze reazionarie, con radici anteriori al periodo di Luigi XVI, e tendenze liberali, che incominciavano a formarsi al principio del XVIII secolo. Politicamente non ha neinte dello stile di Luigi XIV.
Fin da giovane era stato amico di Philippe d'Orleans, dopo la morte del re diventato reggente. Saint'Simon in quanto membro del consiglio di reggenza aveva acquistato grande influenza ma non aveva saputo trarne profitto. Non era adatto ad essere un uomo politico in quanto orgoglioso, troppo onesto, vivace e nervoso. Era inadatto al lavoro concreto e politico. Aveva tendenze letterarie. Periodo tra 1694 e 1723, prima opposizione segreta alla fine del regno di Luigi XIV, poi partecipazione alla reggenza del duca d'Orleans, svilupparono la sua personalità. È di questi decenni che trattano i suoi Mémoires.
Stile Saint-Simon ---> maestria nel ritrarre gli uomini viventi. I migliori precedenti e più famosi ritratti di mèmoires impallidiscono accanto ai suoi. Pochi scrittori riescono a porre dinanzi al lettore gli uomini con così tanta completezza, particolarità, unità e sempre illuminandone la vita fino in fondo. Saint-Simon non inventa; lavora con quella materia qualunque, non scelta, che la sua vita gli offre; si potrebbe chiamare vita quotidiana (comunque estratta solo dalla cerchia della corte francese).
Saint-Simon non disdegna nessuno. Esempi tratti da suoi testi:
Madame rivestita con abiti solenni, arrivò urlando, non sapendo il perché né dell'una né dell'altra cosa, li inondò tutt'e due con le sue lacrime abbracciandoli, fece risuonare di nuovo grida, e offrì lo spettacolo bizzarro d'una principessa che si riveste da cerimonia, in piena notte, per venire a piangere e gridare in mezzo a una folla di donne in camicia da notte, quasi come una maschera.
Una notte d'aprile 1711 moriva di vaiolo nel suo castello di Meudon l'unico figlio legittimo del re: Monsignore ovvero il Gran Delfino, come lo si chiamava a corte. Nel pomeriggio le sue condizioni, secondo le notizie, erano buone, e a Versailles si credeva che il pericolo fosse scongiurato. Nella notte arrivò la notizia che era agli stremi. Tutta la corte ne fu sconvolta. Tutti a corte non dormirono e si riunirono in abiti da notte intorno ai figli del morente: i duchi di Borgogna e di Berry e le loro spose. La duchessa che s'era allontanata un istante per andare incontro alla carrozza del re che ritornava da Meudon, porta la notizia della morte. I moti dell'animo che si rispecchiano nei volti e nel contegno di tante persone, colpite dall'avvenimento nei modi più diversi, costituiscono lo spettacolo ricco r grave, reso ancora più drammatico dalla notte.
Saint-Simon cerca di reprimere per decoro e coscienza la contentezza che prova in fondo all'anima. Considera la scomparsa di Monsignore un avvenimento fortunato per la Francia, per i suoi amici e per lui stesso. Madame la cognata del re, duchessa vedova d'Orleans, Elisabetta Carlotta del Palatino, famosa per le sue lettere.
Madame non ha motivo valido per abbigliarsi a quel modo e nemmeno di urlare. Niente la induce ad urlare anche perchè Monsignore e il suo seguito erano avversari di lei e del figlio e non esisteva nessuna amicizia tra i due. La sua bontà di cuore, priva di tatto, esuberante e chiassosa, che in tal modo scorda ogni inimicizia e sente solamente l'orrore per la morte e la compassione dei dolenti. Ma pur essendo sinceramente commossa e piangente ella si è fatta rivestire d'abiti da cerimonia innanzi di la fare la sua grande entrata.
Ella era forte, coraggiosa, tedesca dalla testa ai piedi, franca, diritta, buona e benefica, nobile e grande in tutto il contegno, e piccina all'estremo su tutto quello che riguardava quanto le era di spettanza. Era selvaggia, sempre chiusa a scrivere, tranne quel poco tempo in cui si teneva corte presso di lei; per il resto sola con le sue dame; dura, rude, facile alle avversioni, e temibile per le sue uscite che faceva qualche volta e su chiunque; senza condiscendenze, senza tratti di spirito, quantunque di spirito non mancasse; senza malleabilità, gelosa, come si è già detto, fino all'estrema piccineria riguardo a tutto ciò che le era dovuto; la grinta e la rustichezza d'uno Svizzero, capace tuttavia d'un'amicizia tenera e infrangibile.
Questo brano con il suo disordinato affastellamento, le sue ripetizioni e abbreviazioni sintattiche, mostra come Saint-Simon non sempre scriveva periodi ampi e armonici come quello che rappresenta la comparsa notturna della duchessa. L'Apparizione della duchessa e il ritratto possono essere diversi, ma hanno molto in comune: la concisione e lo stipamento del contenuto. La penna dello scrittore a stento segue il ricordo degli uomini e i loro particolari.
La fretta incalzante domina nell'enumerazione delle qualità di Madame. Saint-Simon non si è concesso il tempo per ordinarle in precedenza; non ha nemmeno abbastanza tempo per evitare ripetizioni di pensieri, di parole e assonanze. Esempio ammucchia sostantivi.
Egli non si da pena di costruire armonicamente i suoi periodi, egli non mette nessun impegno nell'armonizzare il contenuto. Egli non pensa a presentare il suo materiale secondo un qualsiasi concetto d'ordine etico o estetico. Butta giù nei suoi pensieri tutto ciò che gli viene in mente intorno all'argomento, così come gli si presenta, pienamente fidandosi di raggiungere ogni volta unità e chiarezza; poiché ben ha chiara davanti a sé la figura totale dell'uomo che descrive e la visione complessiva della scena che dipinge.