Della cd. Formula di Radbruch si è tanto parlato in letteratura e fatto uso in giurisprudenza. In entrambi gli ambiti, essa è stata considerata in genere, da un lato, come unitaria; dall'altro, come espressione della svolta che il... more
Della cd. Formula di Radbruch si è tanto parlato in letteratura e fatto uso in giurisprudenza. In entrambi gli ambiti, essa è stata considerata in genere, da un lato, come unitaria; dall'altro, come espressione della svolta che il giusfilosofo e penalista di Lubecca avrebbe compiuto, nel 1946, da una concezione giuspositivistica a una giusnaturalistica. Questo saggio intende mettere in discussione entrambe le letture, mostrando, che tale formula, da un lato, ha un duplice contenuto, dall'altro e soprattutto, porta addirittura a compimento il sistema di pensiero radbruchiano.
Il saggio analizza il contributo offerto dai giuristi, in particolare di ispirazione cattolica, allo sviluppo del metodo giuridico nella seconda metà del Novecento, in funzione del riavvicinamento tra ordinamento giuridico e realtà... more
Il saggio analizza il contributo offerto dai giuristi, in particolare di ispirazione cattolica, allo sviluppo del metodo giuridico nella seconda metà del Novecento, in funzione del riavvicinamento tra ordinamento giuridico e realtà sociale. Dopo un esame dello stato della dottrina tradizionale degli anni ’50 (e delle sue posizioni veteropositivistiche, improntate ad un metodo rigidamente formalista), gli autori approfondiscono le istanze di rinnovamento promosse da figure di giuristi particolarmente emblematiche. Tali proposte si sono collocate dapprima sul piano filosofico (da parte degli autori che reinterpretano in chiave contemporanea i temi del giusnaturalismo) e dell’attività politica (specie nell’Assemblea Costituente) e solo in seguito, dagli anni ’60, sono state tradotte in vere e proprie riflessioni metodologiche. In particolare, si analizzano le prospettive che cercano di riavvicinare il diritto alla realtà sociale senza tradire i postulati del giuspositivismo (seppur «temperato»), quale presidio della certezza del diritto.
In questo articolo s’intende riflettere sull’idea di “diritto implicito” per come è stata interpretata da Lon L. Fuller e Robert Alexy. Per entrambi gli autori, il diritto deve essere definito facendo necessariamente riferimento ad... more
In questo articolo s’intende riflettere sull’idea di “diritto implicito” per come è stata interpretata da Lon L. Fuller e Robert Alexy. Per entrambi gli autori, il diritto deve essere definito facendo necessariamente riferimento ad elementi impliciti inerenti alla sua stessa natura. Ma se Fuller interpreta gli elementi morali impliciti del diritto come criteri “neutrali” e “procedurali”, Alexy, invece, li interpreta come delle condizioni materiali di giustizia che impongono al diritto un determinato contenuto. Nelle pagine che seguono si vogliono manifestare le ragioni per cui se è abbastanza agevole accettare l’idea di diritto implicito proposta da Fuller, risulta certamente più difficile condividere la ben più ingombrante ed impegnativa interpretazione offerta da Alexy.
This article is meant to reflect on the idea of “implicit law” as it was interpreted by Lon L. Fuller and Robert Alexy. For both authors law should be defined through an essential reference to implicit elements inherent in its very nature. Whereas Fuller retrieves in the implicit moral elements of the law some “neutral” and “procedural” criteria, Alexy, differently, interprets them as material conditions of justice which impose on law a specific content. In the following pages I want to show the reasons for which it is quite easy to accept the idea of implicit law proposed by Fuller, but it is certainly more difficult to accept the much more lumbering and demanding interpretation offered by Alexy.
Sommario 1. “Linee della critica” – 2. Dalla struttura ai soggetti: la critica al positivismo giuridico e al formalismo – 3. L’attenzione alla vita concreta e il principio di rilevanza: dalla teoria ai fori pubblici – 4. Identità plurime,... more
Sommario 1. “Linee della critica” – 2. Dalla struttura ai soggetti: la critica al positivismo giuridico e al formalismo – 3. L’attenzione alla vita concreta e il principio di rilevanza: dalla teoria ai fori pubblici – 4. Identità plurime, trasformazioni del linguaggio giuridico, pratica politica: l’“orizzonte della critica” tra questioni controverse, nuovi dilemmi, percorsi possibili
La critica di Max Stirner, al pari di quella giuspositivistica, mirando alla dissoluzione di ogni valore assoluto, riconduce la costruzione dell'esperienza umana a un atto di volontà dell'individuo, il quale, irriducibile a ogni... more
La critica di Max Stirner, al pari di quella giuspositivistica, mirando alla dissoluzione di ogni valore assoluto, riconduce la costruzione dell'esperienza umana a un atto di volontà dell'individuo, il quale, irriducibile a ogni metafisica tradizionale e a ogni tipo di autorità ereditaria, crea e ricrea la propria esistenza e il mondo in maniera autonoma e incondizionata. In questo senso, la matrice non-cognitivistica comune sia al pensiero stirneriano che a quello giuspositivistico - oltre a denunciare il fondamento tipicamente universalistico e oggettivistico del giusnaturalismo, sempre volto ad annullare il punto di vista del soggetto e a determinare aprioristicamente quali valori e quali regole di vita egli è tenuto a seguire - fornisce l'occasione per una sorprendente quanto affascinante svolta vitalistica e materialistica, "all'insegna di una ontologia costruttivista, la quale, propugnando una concezione affermativa dell'essere, mira alla distruzione dei valori esistenti e alla continua creazione autonoma di nuovi valori".