Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                
Skip to main content
enrico meloni
  • Roma - Italy

enrico meloni

  • I graduated in Modern History and then in Documentation at the "Sapienza" University in Rome, where I also obtained a Ph.D. in Italian Studies. I teach Literary Subjects as well... moreedit
The war of remorse Dialectal verses from post-unification brigandage In addition to the known causes of patriotic, political, social, economic nature that were at the origin of post-unification brigandage (1860-1870), it seems possible to... more
The war of remorse Dialectal verses from post-unification brigandage In addition to the known causes of patriotic, political, social, economic nature that were at the origin of post-unification brigandage (1860-1870), it seems possible to identify a further one, which is rather anthropological, as suggested by Ernesto De Martino, who defined Salento and more generally the whole southern Italy, included in the Kingdom of the two Sicilies, the «land of remorse», as from the title of his homonymous work, or «the land of the evil past», «that was not chosen», a land recognized only by suffering its past, which returns to plague, to persecute that people of peasants pushed away from being part of history, between holy water and salty water, between the State of the Church and the sea. Through this interpretation substantiated by a few pages by Carlo Levi, and using as sources essentially dialectal poems and songs, we support the hypothesis according to which the war fought by the so-called "brigands", is also the expression of an ancestral sense of guilt, a fatalism that dragged them into an unequal struggle, without any objective chances of success («The brigandage is nothing but a fit of heroic madness, and desperate ferocity: a desire for death and destruction, with no hope of victory.» [C. Levi, Cristo si è fermato a Eboli, cit., p. 125]). Oltre alle note cause di ordine patriottico, politico, sociale, economico all’origine del brigantaggio postunitario (1860-1870), sembra possibile individuarne un’altra di carattere antropologico, suggerita dall’etnologo Ernesto De Martino, che ne La terra del rimorso definì il Salento e più in generale tutto il Sud compreso nel Regno delle Due Sicilie, la «terra del rimorso», ovvero «la terra del cattivo passato», «che non fu scelto» e che torna per affliggere, perseguitare quel popolo di contadini tenuto fuori dalla storia, tra l’acqua salata e l’acqua santa, tra lo Stato della Chiesa e il mare. Attraverso questa chiave interpretativa, sostenuta da alcune pagine di Carlo Levi, e utilizzando come fonti essenzialmente poesie e canti dialettali, si giunge alla tesi secondo cui la guerra dei cosiddetti “briganti”, rappresenta anche l’espressione di un atavico senso di colpa, di un fatalismo che li trascinò in una lotta impari, senza alcuna oggettiva possibilità di successo («Il brigantaggio non è che un accesso di eroica follia, e di ferocia disperata: un desiderio di morte e di distruzione, senza speranza di vittoria.» [C. Levi, Cristo si è fermato a Eboli, cit., p. 125]).
Nel saggio viene presentata la parte del libro di memorie di Vincenzo Rabito "Terra matta", che concerne la Prima guerra mondiale. Il testo viene analizzato sia sul piano della memoria storica che su quello linguistico-letterario. The... more
Nel saggio viene presentata la parte del libro di memorie di Vincenzo Rabito "Terra matta", che concerne la Prima guerra mondiale. Il testo viene analizzato sia sul piano della memoria storica che su quello linguistico-letterario.

The paper presents the part of Vincenzo Rabito's memoir "Terra matta", which concerns the First World War. The text is analyzed both on the historical and on the linguistic and literary side.
Nel saggio viene presentata la parte del libro di memorie di Vincenzo Rabito "Terra matta", che concerne la Prima guerra mondiale. Il testo viene analizzato sia sul piano della memoria storica che su quello linguistico-letterario. The... more
Nel saggio viene presentata la parte del libro di memorie di Vincenzo Rabito "Terra matta", che concerne la Prima guerra mondiale. Il testo viene analizzato sia sul piano della memoria storica che su quello linguistico-letterario.

The paper presents the part of Vincenzo Rabito's memoir "Terra matta", which concerns the First World War. The text is analyzed both on the historical and on the linguistic-literary side.
Nell’ambito del complesso e caotico quadro storico che seguì l’Unità d’Italia nei territori che furono del Regno delle Due Sicilie, l’attenzione viene focalizzata sui fenomeni inerenti alla poesia di protesta sociale e civile che si... more
Nell’ambito del complesso e caotico quadro storico che seguì l’Unità d’Italia nei territori che furono del Regno delle Due Sicilie, l’attenzione viene focalizzata sui fenomeni inerenti alla poesia di protesta sociale e civile che si diffuse in Calabria; una terra che si presenta martoriata dalla piemontesizzazione, dalle tasse, dalla leva obbligatoria ecc., ma ricca di versi dialettali di denuncia, che non di rado lasciano trapelare un’antica vocazione alla rinuncia e al fatalismo.
Vengono presi in esame quattro autori di differente estrazione sociale e culturale, accomunati dall’aver avversato i Borbone perché credevano nel progresso morale e civile che sarebbe derivato dall’unificazione dell’Italia e, dopo l’unificazione, dall’aver subìto una struggente delusione.
Bruno Pelaggi detto Mastru Brunu, poeta semicolto, di professione scalpellino. E’ suo il testo poetico «Littera allu dimuonu, a cui si deve il titolo del presente intervento e che esprime al massimo grado il disincanto e la rassegnazione attraverso un disperato e paradossale appello al demonio. Questa scelta si inscrive nella tendenza (che si manifesta nel deserto della società civile) a rivolgere le istanze di giustizia molto in alto: al ministro, al re o, addirittura, al padreterno e, per contrappunto al principe del male.
L’abate Antonio Martino, a differenza di Bruno Pelaggi, è un autore colto e discende da una agiata famiglia borghese.
Vincenzo Ammirà, considerato il maggiore poeta dialettale calabrese dell’Ottocento, partecipò ai moti del 1848, e nel 1860 seguì Garibaldi a Soveria Mannelli. Dopo essere stato perseguitato dal governo borbonico, sarà emarginato anche del nuovo Stato italiano, che gli negherà una cattedra nel liceo del suo paese.
Giuseppe Monaldo, poeta colto, autore di versi in lingua e in dialetto, sacerdote liberale, per le sue idee politiche fu inviso alla curia e all’autorità borbonica.
Malauguratamente, i loro versi ancora oggi non cessano, per molti aspetti, di rivelarsi attuali nei contenuti, al di là delle qualità specificamente culturali e letterarie. Ciò spiega il successo che tali componimenti poetici riscuotono tra giovani e meno giovani meridionali dei nostri giorni, che si riappropriano con orgoglio e rinnovata consapevolezza della poesia dialettale di protesta civile elaborata dai loro antenati.
Research Interests:
The paper moves away from a re-examination of Saba’s essay Quello che resta da fare ai poeti, regarded as one of the basic landmarks of Saba’s poetics, though published posthumously. The author recalls Saba’s renowned concept of poesia... more
The paper moves away from a re-examination of Saba’s essay Quello che resta da fare ai poeti, regarded as one of the basic landmarks of Saba’s poetics, though published posthumously. The author recalls Saba’s renowned concept of poesia onesta, and highlights how it was important in providing the topic of friendship with the pre-eminence it has indeed in Saba’s poetry. Focusing on such a perspective, the author argues how it becomes easy to understand the reason why Saba’s interventionism, professed during the years of the Great War, rather turned into an anti-militarist position during the writing of his poetry. Saba’s civil commitment, extensively taking the shape of compassion on humble, is seen as a part of a moral attitude where friendship is a deep sympathy with the world, more specifically with the animal kingdom. Taking up then and paraphrasing Contini's definition (“psychoanalytical before psychoanalysis”), the author concludes that the poet may be also considered as “ethological before ethology”.

L’intervento prende l’avvio da una rilettura di Quello che resta da fare ai poeti, saggio che, sebbene pubblicato postumo, rappresenta uno dei fondamentali punti di riferimento della poetica sabiana. Nella prospettiva di una «poesia onesta» viene evidenziata la tematica dell’amicizia, come soggetto nodale dei versi sabiani. In questo senso si comprende anche come l’interventismo di Saba, in occasione della Grande Guerra, possa convertirsi, in sede di realizzazione poetica, in antimilitarismo. L’impegno civile e la compassione per gli umili, rinvenibili nella poesia sabiana, sono parte di una dimensione etica che proietta l’amicizia verso un’affettività rivolta a tutto il mondo, con peculiare coinvolgimento per quello animale. Sul modello della formula coniata da Contini («psicoanalitico prima della psicoanalisi»), sembra dunque possibile concludere che Saba fu «etologico prima dell’etologia».
Research Interests: