Il commissario Richard. Un grido nella nebbia
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Il commissario Richard. Un grido nella nebbia - Ezio D'Errico
I. Au casse-croûte des bateliers
Dopo una settimana di pioggia continua, di quella pioggia sghemba mista a nevischio che i venti del nord rendono più pungente, la temperatura, come avviene spesso in febbraio, si era addolcita (per modo di dire beninteso) e alla pioggia si era sostituita una nebbia pesante ma non opaca, una specie di umidità cotonosa che sfioccava i contorni del paesaggio, mettendo verso sera un alone giallastro attorno alle lampade.
Sul canale, le chiatte immobili come grossi insetti acquatici sembravano addormentate, e sulla riva bassa segnata dai pali del telegrafo, due sole luci.
Una sul casotto del guardiano della chiusa, metteva in valore alcune lettere stampigliate in nero sul muro calcinoso, ma per il modo come la lanterna era situata si leggeva solo «claration» che era poi l'ultima parte della dicitura «Bureau de déclaration», l'altra segnava l'ingresso di una «guinguette»¹ che inalberava un insegna confidenziale: «Au Casse-Croûte des Bateliers»².
Tutto intorno, una oscurità fitta, dalla quale emergevano ogni tanto delle figure catafratte in certi pastrani duri come il cartone, e quando questi fantasmi passavano sotto l'alone di luce della bettola, dal luccichio si capiva che quelle specie di armature rigide erano degli impermeabili.
Poi l'ingresso a vetri li ingoiava con un «clen» di campanello arrugginito, e il paesaggio ritornava deserto e silenzioso, con qualche bagliore lontano prodotto dai fari delle automobili lanciate sulla strada di Epernay.
Nell'interno della «guinguette» si stava caldi, di un caldo che sapeva di tabacco, di grappa e di scuderia, con sfumature di pesce fritto e di carbone coke.
Una stufetta di quelle che i soldati della gran guerra chiamavano «porcellino»³, ruggiva in un angolo, arroventata da un tiraggio violento, e dalla cucina veniva lo sfrigolio delle padelle.
Al banco di zinco, il padrone mesceva litri su litri cogliendo al volo le monete e le ordinazioni che una serva dai capelli rossi lanciava facendo la spola fra i tavoli e la cucina.
Quella sera c'era folla, perché a causa di un guasto alla chiusa di Claye, la navigazione del pomeriggio aveva subito una sosta, poi era scesa la notte aggravata dalla nebbia, e il guardiano si era barricato dietro il regolamento:
Articolo 18 «allorché le condizioni metereologiche rendano difficile la visibilità, il guardiano della chiusa ha facoltà di sospendere il transito, avvertendo telefonicamente gli uffici collegati a monte e a valle del canale, ecc. ecc...».
L'«éclusier» Antoine Vezouiller, che da quando era vedovo consumava i suoi pasti al «Casse-Croûte», spiegava appunto al capitano del rimorchiatore «Deux frères» che l'articolo 18 è un'arma a doppio taglio.
— Se non succede niente abbiamo i reclami del personale navigante per il ritardo, se succede qualche incidente, la Compagnia se la prende con noi... Il capitano che ruminava con calma un'aringa all'olio con cipolle, scuoteva la testa approvando blandamente, ma lo interessava di più il gioco con le carte che faceva Gougoutte, il quale si esibiva al centro della sala come prestigiatore, in attesa di passare a esperimenti più clamorosi, quali l'ingoiar stoppa accesa, o il masticare le schegge di un bicchiere rotto coi denti.
Con grave disappunto di Gougoutte e dei suoi ammiratori, la seconda parte dello spettacolo quella sera non poté aver luogo, perché due marinai di un battello-scuderia entrarono annunciando di aver sentito un grido seguito da un tonfo.
Fra la gente del canale un annuncio di questo genere produce sempre un certo effetto.
Le mandibole cessarono la masticazione, il prestigiatore si immobilizzò con l'asso di picche in mano, e al frastuono delle conversazioni subentrò un silenzio rotto solo dal tiraggio della stufetta e da qualche voce che veniva dalla cucina.
— Madeleine, pronti i due fritti e la choucroûte...!⁴
— Da che parte? — chiese il guardiano che in certo qual modo si sentiva responsabile di tutto quello che poteva succedere nello specchio d'acqua antistante la chiusa.
— Dalla parte della draga — rispose uno dei marinai che avevano portato la notizia, e l'altro precisò: — Deve essere stato presso a poco alla gru del cemento... siamo andati a vedere, ma c'è una nebbia che si taglia col coltello.
I due marinai, col pastrano e il cappello di cerata in testa, sembravano abbozzi di sculture stillanti acqua.
Il capitano del rimorchiatore respinse il piatto, e dopo aver ingoiato un bicchiere di vino, si alzò e andò a staccare l'impermeabile dal suo chiodo.
Lo seguirono il guardiano della chiusa, un motorista della «Belle Cléo», e i due marinai del battello-scuderia.
Il gruppo si allontanò discutendo, mentre Gougoutte che si era smontato, rintascava le carte da gioco e si andava a rincantucciare col muso lungo vicino alla stufa.
— Non te la prendere, «testa di pignatta» — gli lanciò un mozzo che masticava una gran fetta di pane strofinata coll'aglio — ti rifarai al secondo spettacolo...
Gougoutte, che al suo testone mostruoso ci teneva, in altro momento avrebbe allargato le labbra in una smorfia che era celebre in tutto il circondario, una smorfia che gli deformava la bocca trasformandogliela appunto in qualche cosa di simile a una pignatta, ma quella sera evidentemente non era in vena, e invece di rispondere con un lazzo, ordinò un quarto di rosso e accese la pipa.
Fuori la nebbia creava intorno ai cinque uomini una specie di barriera elastica, e per quanto si trattasse di gente nata, si può dire, sul canale, erano costretti a star bene attenti dove mettevano i piedi.
— Sei poi sicuro che è stato un uomo a fare il tuffo? L'anno scorso a Châlons è successo lo stesso e poi era stato un secchio caduto da un battello e il guaito di un cane.
— Uomo o donna non lo so, ma non sarò arrivato a sessant'anni per scambiare il grido di un cristiano con quello di un cane — brontolò il marinaio che ogni tanto si passava una mano sui baffi grigi imbrillantati di ghiaccioli — vi dico io che qualcuno ha fatto un brutto tuffo.
Arrivati alla draga si fermarono.
— Espérance! — lanciò il guardiano facendo imbuto con le mani.
— Aoh! — rispose una voce dall'imbarcazione che portava quel nome.
— È Martin — borbottò il capitano del rimorchiatore, cui era bastato quell'aoh per riconoscere l'uomo, poi gridò: — Hai sentito niente?
— Sicuro che ho sentito...
Un'ombra salì dal basso, si precisò su una passerella tenue come un nastro, diventò un uomo saltando sul ponte della «Belle Eugénie» e finalmente arrampicandosi per la scaletta di ferro, il nominato Martin, si unì al gruppo confermando:
— Ho sentito anch'io... ma secondo me, è dall'altra parte...
— Che sia un cavallo della «Bienfaitrice»?
— Un cavallo non grida e poi a quest'ora batterebbe gli zoccoli a riva o contro la chiusa... non è la prima volta che vedo cascare in acqua un cavallo... si salva sempre.
Nelle pause si vedeva il fiato uscire dalle bocche semi aperte, poi si udì un clic-clac, e il guardiano che aveva acceso una lanterna da segnalazione, ne proiettò la luce verso il luogo da dove proveniva il rumore.
— È Cerisette! — disse uno dei marinai, e schioccò le dita.
— Qua Cerisette!...
Una cagna col pelo ispido ingrommato di fango, sbucò dall'ombra e si andò a strofinare contro gli stivaloni del guardiano che l'accarezzò distrattamente seguitando ad appuntare gli occhi sullo specchio d'acqua del canale.
— L'unica è andare alla chiusa — brontolò il capitano, e l'idea parve a tutti così logica che il gruppo si mosse senz'altro rifacendo il cammino all'inverso.
Gli uomini ripassarono nell'alone di luce della «guinguette», poi risalirono la rampa che portava allo sbarramento.
Cerisette precedeva saltando fra le pozzanghere con piccoli guaiti festosi.
Lungo la ringhiera delle manovelle si curvarono tutti in fila a scrutare l'acqua e il guardiano brontolò: — Se fosse vivo si sentirebbe...
In realtà l'acqua colava attraverso la griglia di ferro senza far rumore. Un'acqua cheta cui la nebbia toglieva ogni riflesso, e il silenzio era così profondo che si udiva l'ansito delle respirazioni.
Cerisette che continuava a squittire si buscò un calcio, poi si udì lontano il «clen» del campanello dell'osteria, ripetuto due o tre volte.
Evidentemente altri avventori uscivano incuriositi dalla lunga assenza del guardiano.
Qualche ombra si profilò sui copertoni delle chiatte più vicine e qualche lanterna si accese.
Oramai la notizia doveva essere passata di bocca in bocca, e tutta la popolazione flottante di quel tratto di canale si agitava nella nebbia scambiando dei commenti in «argot».
Naturalmente si finì per armare una barca, poi un'altra.
Il capitano del rimorchiatore mandò a prendere dai raffi, ma la nebbia verso mezzanotte si fece così fitta che bisognò desistere da ogni ricerca. Fu soltanto a mattino avanzato, che un marinaio della «Vedetta di Melun» scorse qualche cosa di nerastro che affiorava sotto l'argine della chiusa e dette l'allarme.
A stupefazione generale, il corpo estratto dall'acqua non era, come tutti avevano supposto, quello di un marinaio, di un vagabondo, o d'un contadino: si trattava d'un giovanotto in smoking, che a prima vista venne scambiato per un cameriere.
Fu il proprietario della «Belle Eugénie» il primo a dire:
— Macché cameriere... guardate il plastron⁵ della camicia... guardate le calze di seta... è un «aristo», ve Io dico io...
La voce che un giovanotto dell'aristocrazia in abito da sera era stato ripescato alla chiusa di Claye-Souilly, corse in un baleno lungo tutto il canale dell'Ourcq.
I gendarmi di Meaux ne furono avvertiti dalla voce pubblica prima ancora che dalla telefonata del guardiano della chiusa. Tuttavia il fonogramma della sotto-prefettura giunse al «quai des Orfèvres» soltanto alle dieci, ora in cui il commissario Émile Richard della 2a Brigata Mobile si trovava come al solito a rapporto dal Prefetto.
— Bisognerà che facciate un salto voi... prendete una macchina dei motorizzati...
E il commissario che ricevuto il modulo lo aveva letto alzando gli occhiali sulla fronte, borbottava: — Claye-Soully... deve essere dalla parte di Villeparisis... dovrò domandare a Bastingue che è pratico... — e con le mani annaspava in tutte le tasche alla ricerca delle sigarette.
Intanto il Prefetto chiamato all'apparecchio interno, flautava: — Sta bene onorevole... con molto piacere... allora appuntamento all'Odéon... i miei ossequi alla signora baronessa...
L'automobile della Polizia uscita dalla Porta di Pantin alle undici, a mezzogiorno non era ancora arrivata sul posto.
— Non avete detto che è al 29o chilometro? — chiese il dottor Georges Milton medico-perito della Sûreté che si era aggregato alla spedizione.
— Così ha detto Bastingue