Solo per amore
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Info su questo ebook
Mariantonietta Saccoccio avvolge i lettori nel suo racconto in cui risaltano l’autenticità, la paura di imbattersi nelle trappole e nelle delusioni che il mondo tende, ma anche il coraggio di creare degli spiragli dai quali penetra la luce dell’amore.
Mariantonietta Saccoccio nasce a Fondi, in provincia di Latina, il 19 settembre 1995. Attualmente lavora in qualità di commessa in una vineria del suo paese. Ha conseguito una Laura in Scienze dell’Educazione e della Formazione; il suo obiettivo, nonché sogno nel cassetto, è quello di divenire docente di scuola primaria. Il testo è una potente miscela di fatti realmente accaduti e di episodi immaginati, a riconferma del fatto che il confine tra letteratura e vita è sempre alquanto sfumato.
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Anteprima del libro
Solo per amore - Mariantonietta Saccoccio
Mariantonietta Saccoccio
SOLO PER AMORE
DESTINI INTRECCIATI
© 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-8652-6
I edizione dicembre 2023
Finito di stampare nel mese di dicembre 2023
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
SOLO PER AMORE
DESTINI INTRECCIATI
A mia sorella Chiara,
alla sua forza e al suo grado di capacità di amare,
in realtà inquantificabile.
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una Vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
Prologo
Aveva la fronte madida di sudore e il respiro irregolare, ma non sembrava degente. La pelle era tirata allo stremo, presentandosi rugosa, e i suoi occhi si aprivano e chiudevano a stento. Tuttavia, era ugualmente bello per me. Anzi: era l’uomo più bello del mondo.
Il braccio gli cadde lungo il bordo del letto e contrasse di conseguenza la mano. Il suo sguardo era fissato sulla mia persona – non si muoveva. Questa era una delle cose che più adoravo di lui: quando posava gli occhi su di me, sapeva esattamente che ero lì vicino, accanto a lui, ma non solo fisicamente, proprio con lo spirito.
Da alcuni giorni mi ero trasferita a casa sua per stargli vicino, soprattutto durante la notte.
«Agnese, devo parlarti. Va tutto bene, non temere. Avvicinati ancora un po’.»
Così dicendo, nonno Tonino mi diede un bacio tiepido e dolce sulla fronte.
«Ciò che sto per chiederti non è semplice. Ma so che adesso sei pronta perché sei diventata una donna. Fallo per me, e non dimenticarti queste parole. Un giorno ti innamorerai... Ricorda: non accontentarti mai di un ragazzo qualsiasi. Non essere accondiscendente, accettando meno di quello che vali, e non smettere mai di combattere per ciò che vuoi, soprattutto quando la posta in gioco è alta, trattandosi dei tuoi sogni.»
Una lacrima gli rigò il viso; l’asciugò sbrigativamente, e aggiunse:
«Non dimenticarti che il nonno ti vuole tanto bene... Anche quando non potremo più vederci, sarà sempre così.»
Io non ero affatto pronta a perderlo in eterno. Mestamente, chinai il capo e proiettai, nell’immaginazione, gli scenari possibili per un futuro senza di lui. A quel punto, sopraggiunse zia Maria che mi disse: «Lascia riposare tuo nonno e magari vai a casa a stenderti... Sarai stanca dopo tutti questi giorni di veglia e preoccupazione.»
Ribattei prontamente:
«No, non vado via, zia. Resto qui.»
Pronunciate quelle parole, vidi il nonno respirare ancora più affannosamente e non ci pensai su due volte... Feci una lunga corsa fino alla farmacia di turno per prendergli una bombola di ossigeno. La farmacista accampò qualche lamentela, tanto che l’avrei malmenata se avesse continuato, ma alla fine si convinse e mi diede ciò che mi serviva. Corsi ancora e ancora sino alla mia meta; ad oggi, non capisco chi o cosa mi diede la forza per tornare a casa sua in meno di tre minuti, tant’è vero che, appena arrivai sull’uscio, quasi svenni e la nonna mi sorresse, colta del tutto alla sprovvista. I presenti mi convinsero a riposare nella cameretta a fianco, che per tanti anni era stata la stanza di zio Fabio. In men che non si dica, caddi in un sonno profondo. Al mio risveglio, c’era un silenzio cupo e teso fino a quando udii delle persone che piangevano nella stanza vicina. Non riuscivo a pensare a nulla in maniera compiuta e sensata. L’unica cosa che mi risolsi a fare fu sgusciare fuori dal letto per prendere atto di una notizia che mi precipitò in una voragine di disperata afflizione: il mio amato nonno era scomparso, morto, strappato per sempre alle mie braccia.
Quando andai nella sua camera, si trovava già nella bara funebre, vestito con un completo composto da giacca e pantaloni eleganti che aveva usato in occasione delle nozze dei miei cari zii, Fabio e Claudia. In quel momento, non ero affatto lucida: mi rifiutavo di vedere mio nonno che non poteva guardarmi di rimando o parlarmi, era fuori discussione! La nonna, con le lacrime agli occhi, avvisò tutti i vicini, i conoscenti e i parenti dell’accaduto, così poco dopo vennero a casa fiumi di persone. Fosse stato per me, avrei cacciato tutti, perché in un istinto di resistenza che negava la macabra realtà dei fatti, mi ostinavo a credere che mio nonno fosse ancora tra noi.
Il giorno dopo non volli andare nemmeno al funerale, poiché, conoscendomi, sapevo che avrei avuto un crollo emotivo, e non potevo permettermelo: ero sempre stata – e continuavo a essere – la più forte della famiglia; rimasi pertanto a casa con Lucia, la mia prozia.
Quando la tristezza sarebbe scemata, avrei sempre lottato e combattuto con tutte le mie forze per una meta lontana quanto agognata: la mia felicità, nonostante tutto.
Capitolo I
Sono Agnese, ma molti mi chiamano con il diminutivo Agnes
. Sono una ragazza diversa dalle altre, sempre nascosta in un angolo con le mie fantasie per sfuggire a una realtà talmente cruda che altrimenti mi farebbe soccombere. Ho venticinque anni e mi sono sempre sentita diversa – lo preciso – diversa, non sbagliata. Sono infatti conscia del fatto che le differenze e le caratteristiche di ciascuna persona rappresentano un patrimonio a cui gli altri possono e dovrebbero attingere per creare opportunità e valore aggiunto, in una prospettiva di dialogo e crescita.
La vita con me è stata molto dura fin dalla tenera età. A tre anni inizia il percorso scolastico di tutti e, seguendo il filo dei racconti che mi sono pervenuti, puntualmente io arrivavo ai cancelli della scuola materna e vomitavo, rimettevo anche l’anima. Volevo stare sempre con la mia mamma e l’idea di rimanere ore in quell’edificio freddo e anonimo proprio mi rabbrividiva. Non parlavo ancora tanto bene e stavo spesso per conto mio. Molto presto, le maestre si preoccuparono e suggerirono ai miei genitori di farmi eseguire un consulto da una specialista, la quale notò subito una certa sensibilità ed emotività in me. Al di là di questo, però, la dottoressa non percepì nulla che mi impedisse di essere uguale a tutti gli altri bambini.
A proposito di bambini... Nonostante io stessi quasi sempre da sola con la mia malinconia, c’era un bimbo poco più grande di me, di nome Giulio, con cui riuscivo a passare il tempo senza piangere, e non sapevo davvero come facesse, ma avevamo un bel legame che in seguito si spezzò. Ancora oggi ho dei flash che mi fanno ricordare certi frangenti nei minimi dettagli. Per esempio, un venerdì pomeriggio, mentre camminavamo mano nella mano come sempre, a un certo punto raggiungemmo gli altri bambini e lui, mentre piangevo, mi disse: «Sei proprio una fontana!»
Essendo una bambina ipersensibile, mi offesi immediatamente e il lunedì seguente non volli sapere più nulla di lui. Nei giorni successivi, provò a farmi cambiare idea e, nei suoi occhi, leggevo un sincero pentimento e tanta preoccupazione. Infine, mi disse: «Agnese, scusa per venerdì... stavo solo giocando!»
«Okay, ti perdono» mormorai con la manina davanti alla bocca. Facemmo pace intrecciando i mignoli della mano, secondo un copione tipicamente infantile. Subito dopo, corremmo a perdifiato per il giardino animato dalle