1 Teatrofollia
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1 Teatrofollia
Dispense 2007-2008
Parte I
Teatro e follia
Nellantica Grecia
La maggior parte delle malattie si cura con ci che le causa.
Ippocrate
Il rapporto tra teatro e follia attraversato da una lunga storia mitizzata in cui le
rispettive identit sembrano sovrapporsi. Dalla follia raccontata da personaggi
della drammaturgia (Oreste, Aiace, Re Lear, Amleto, Enrico IV) alla follia vissuta
da attori coinvolti in un destino di alienazione e di vera e propria condizione
psichiatrica (Artaud per tutti), si andato alimentando quasi un luogo comune
che vede il teatro come la patria della follia e l'attore come il genio un po folle!
Cerchiamo di tracciare un percorso in grado di offrire spunti di riflessione e di
chiarificazione in merito a tale rapporto. Un percorso che attraversando vari
contesti culturali, varie epoche e vari testi sia in grado di restituire al teatro la
sua identit e la sua funzione. Lidentit del teatro pur incontrando spesso la
follia in vari modi non pu essere ad essa ricondotta. Nella sua funzione critica,
conoscitiva, trasformativa il teatro incontra necessariamente la follia in quanto
limite sul quale misurare il senso e il destino dellesistenza individuale e del
legame sociale: la follia stata da sempre, gi a partire dalla tragedia greca, il
campo privilegiato per interrogare lumano. Per interrogarlo sugli enigmi che non
riescono a trovare risposte nel pensiero razionale o nel dialogo quotidiano.
Nella tragedia ritroviamo i grandi temi che riguardano le sofferenze estreme,
lalterit, lindicibile, temi che si condensano nellesperienza della follia.
Miti fondativi
Una delle qualit essenziali del teatro la sua capacit di misurarsi con lindicibile
e con lalterit. Attraverso il linguaggio teatrale possibile la dislocazione spaziale
e temporale;. possibile dar corpo a infiniti mondi, tanti quanti limmaginazione
e le invenzioni tecniche delluomo possono continuamente edificare; possibile
immergersi nelle oscurit che la ragione da sola non pu esplorare. Tali
possibilit hanno da sempre costituito la grande fascinazione del teatro.
Ad affascinare e a sorprendere ogni volta lo spettatore lalterit delle identit,
dei ruoli, delle forme in cui lattore pu immergersi. E il gioco dei personaggi, dei
travestimenti, delle metamorfosi sembra fondare il teatro stesso.
La capacit dellattore di misurarsi con lalterit, la sua identit multipla, le sue
metamorfosi, richiamano i miti fondativi del teatro stesso, i suoi numi tutelari che
sono di fatto anche i riferimenti mitici della follia: Proteo e Dioniso.
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futuro, non la fuga, ma lesporsi alla vista e insieme il rendersi invisibile per
eludere la presa di chi lo minaccia o di chi minaccia il suo potere (Mariti, in
press). Lungi dallessere unallegra operazione di travestimento festivo, la
metamorfosi appare come tentativo di sfuggire alla presa, alla sofferenza, al
dolore. Ulisse stesso deve travestirsi per catturare Proteo e costringerlo a dire
quanto sa, impedendo le sue metamorfosi riuscir ad ottenere le risposte in grado
di rimetterlo sulla rotta del ritorno.1 Troviamo in questo mito una apparente
sovrapposizione del processo metamorfico, cos evidente nel teatro come nella
follia. Come se lo sdoppiamento dell'attore richiamasse la divisione del soggetto
schizofrenico e, anzi, ne ricalcasse le modalit, le trasformazioni.
Ma la metamorfosi nel caso dellattore pu essere una scelta, una strategia per
interrogare e conoscere s stesso e laltro; nel caso del folle uno smarrimento,
un patimento, anche se pu condurre alla fine a una reintegrazione.
Unaltra divinit condivisa dal teatro e dalla follia: Dioniso. Il profondo legame
tra Dioniso e il teatro (o meglio la tragedia greca), ormai attestato, sia se lo
riconduciamo alla derivazione della tragedia dal satyrikn e dal dramma
satiresco, sia se lo facciamo derivare dal ditirambo.2 In ogni caso, la tragedia
sembra aver avuto origine da canti e danze in onore del dio. Le stesse gare dei
tragediografi si svolgevano in occasione delle Grandi Dionisie, allinizio della
primavera.
Ma al di l del rapporto storico, tra culti dionisiaci e nascita della tragedia, ci
sembra interessante rilevare come il mito stesso del dio abbia contribuito a creare
una immagine del teatro e dellattore che risente fortemente della doppia natura
di questo dio. Dioniso si mostra gravido di materia teatrale: dio dellambiguit,
della maschera e del travestimento.
Nato da Zeus e da Smele, il piccolo dio ha la facolt di trasformarsi a suo
piacimento; per sfuggire alla furia di Era, gelosa del nuovo figlio di Zeus. La sua
abilit di cambiare forma sar preziosa: prender le forme di una fanciulla, di un
capretto; da grande utilizzer questa facolt per vendicarsi dei suoi nemici
provocando metamorfosi. Esemplare, da questo punto di vista, lepisodio narrato
nelle Baccanti di Euripide, in cui si trasforma in toro per sfuggire alla cattura di
Penteo, re di Tebe, che si opponeva al suo culto, e per vendicarsi induce Agave,
madre di Penteo, al divino furore, la quale scambier suo figlio per un cinghiale
(o un leone) e lo far a pezzi. Cos come, per vendicarsi di Licurgo lo induce a
scambiare suo figlio per un tralcio di vite, recidendolo. O ancora, per punire i
pirati che lo avevano rapito nelle sembianze di un giovanetto, trasforma i remi
della nave in serpenti e lalbero in tralci di vite e i pirati che si gettano a mare
spaventati sono trasformati in delfini.
Come per Proteo, troviamo il dio che si traveste, che ricorre alle metamorfosi per
ingannare i mortali.
1 Cos come nellagnizione, in cui alla fine dei giochi di travestimento, camuffamento e scambi di
identit, si arriva al momento di riconoscimento, il padre riconosce il figlio e viceversa, il
giovane riconosce lamata. Questo momento di svelamento della vera identit fondamentale
in tutto il teatro dalla tragedia (vedi Edipo) alla commedia plautina a Shakespeare a Pirandello.
2 Canti di culto in onore di Dioniso. Aristotele stesso era convinto di una filiazione della tragedia
dal ditirambo (Poetica, 4, 1449 a 9 ss.).
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Ma Dioniso anche dio della follia, della frammentazione3, del sacro entusiasmo,
della possessione. I culti dionisiaci non sono riducibili allebbrezza da vino,
laspetto centrale la trance, la possessione, in cui lindividuo perde
temporaneamente la sua identit per divenire altro. Il termine greco mania pu
essere considerato come lequivalente esatto della trance o, a seconda del
contesto, della follia, del delirio. Platone stesso come vedremo pi
dettagliatamente dopo parlando di mania la riferisce sia alla pazzia - la mania
prodotta dalle umane debolezze, una forma di malattia; sia a un divino estraniarsi
- in questo caso abbiamo le manie religiose ispirate dagli dei: la mantica ispirata da
Apollo, la telestica ispirata da Dioniso, la poetica dalle muse, lerotica da Eros e
Afrodite. La mania telestica, ossia rituale, appunto legata a Dioniso e si esprime
come delirio o trance di possessione o entusiasmo, in cui il dio prende posto
nellindividuo. Il delirio mistico non equivale alla pazzia come stato di malattia o
debolezza, bens ad uno stato in cui si trascende temporaneamente la razionalit
e, attraverso la musica e la danza, si conduce il processo entro la cornice rituale:
colui che accetta in sorte la mania telestica ritrova la salute, essendo messo in
trance in modo corretto, in altri termini, osservando correttamente i riti della
trance.4
Vediamo come, seppure il richiamo del teatro a Dioniso sembra giustificare una
prossimit con la follia, questa stessa va assunta non tanto nella accezione di
patologia o pura irrazionalit quanto invece nella sua natura di mania telestica, stato
altro di coscienza indotto e condotto allinterno di una cornice rituale,
codificata. La danza e i canti delle baccanti non sono sfogo sfrenato e
incontrollato ma esecuzione di figure simboliche e imitazione del
comportamento di divinit (daimones), di animali, di ninfe, di satiri.
3 La sua stessa nascita segnata dalla lacerazione del corpo, da uno smembramento. Dopo la sua
nascita Dioniso fu rapito dai Titani che, su ordine di Era, lo dilaniarono, fecero a pezzi il suo
corpo e bolliti in una grande pentola. Per questo anche chiamato il lacerato o il nato due
volte. Ed per questa sua natura che Nietzsche aveva considerato Dioniso il dio della tragedia:
egli rappresenta il caos, la frammentazione, la sofferenza della ferita originaria, la sola capace di
suscitare estreme emozioni (terrore e piet), langoscia primordiale. Taglio sofferto, dolorosa
mancanza, smembramento. Dio dellorgia, della danza, della gioia, dellebrezza, dellentusiasmo,
trasforma quella ferita, quel taglio, quella sofferenza in canto, danza, estasi, rinasce dai brandelli
del suo corpo, mette insieme i pezzi, si trasforma in unit, il dio capace di entrare in contatto col
caos e di edificare un nuovo cosmos.
4 Rouget G., Musica e trance, Einaudi, Torino, 1986, p. 268.
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Ma le malattie inviate dagli dei per punire le offese procurate dagli uomini agli dei
stessi, erano le pi terribili. Anche le azioni malevoli di un solo uomo si
ripercuotevano su tutta la popolazione con peste e carestie. LIliade si apre
proprio con la descrizione della peste che colpisce lesercito greco che assedia
Troia. La causa lira di Apollo offeso dal comportamento di Agamennone nei
riguardi del suo sacerdote Crise. Quelle dovute alla volont degli dei erano quindi
le malattie pi funeste: vi erano sacrifici e pratiche da rispettare per esorcizzarle
(tradizione magico-religiosa). Gli dei non sono solo causa di bene ma anche di
malattie, sia del corpo che dellanima.
A partire da questo punto si dipanano diverse concezioni della malattia nel
mondo greco. In particolare riguardo alla malattia dellanima, la follia: sar
considerata a volte causata dagli dei, a volte umana, a volte sar considerata
malattia, a volte dono divino.
Secondo Platone esistono due follie che appartengono a due mondi differenti.
Una considerata da lui cattiva follia, ed la malattia vera e propria, quella
Iliade, XI 828 ss
Pitica, III, 1-58
7 Odissea, IV, 219-232.
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Della follia propriamente umana Platone non dice molto ma categorico. Nelle
Leggi infatti scrive:
Qualora uno sia pazzo (mainmenos, ), non si faccia vedere per la citt; i
parenti di ciascuno badino a loro in casa [...]. In molti sono pazzi e in molti modi;
quelli che ora abbiamo detto, lo divengono per malattie, ma ve ne sono alcuni che
lo diventano per cattiva tendenza naturale allira, a cui si aggiunta una cattiva
educazione.9
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Il secondo tipo, la mania mistica, o telestica era attribuibile al dio Dioniso che si
impossessava delliniziato: attraverso una forma rituale, il partecipante, portato ad
uno stato di incoscienza al suono della musica, si lanciava in una danza sfrenata
con il risultato di una purificazione, proprio attraverso questa follia. Aristotele
avrebbe parlato di catarsi, come vedremo.
Il terzo tipo di esaltazione e di delirio quello che deriva dalle muse: esse
ispirano i canti e la poesia negli animi teneri e puri, e chi creder che la sola sua
abilit possa renderlo poeta, verr offuscato dalla poesia di quanti saranno
ispirati. I poeti non hanno conoscenza di quello che compongono ma agiscono
grazie alla loro natura; avviene come per gli indovini. Cos Omero doveva
invocare: Cantami o musa. nellaccingersi a narrare le vicende dellIliade e
dellOdissea.
La quarta mania quella erotica che deriva da Eros e Afrodite che infondendo
lamore permettono di varcare la soglia dellisolamento e di accedere allarmonia e
alla comunione mistica degli esseri viventi. La follia damore rimarr un topos
della letteratura occidentale.
Ma in particolare, la mania profetica continu ad appartenere al pensiero greco
anche quando si svilupparono le tendenze filosofiche che attribuivano alluomo
sempre maggiore responsabilit e sempre pi libert di agire nella vita pubblica e
privata.
Lappello alle divinit, agli incantesimi e ai rituali catartici continuarono ad essere
praticati anche quando cominciarono ad emergere ed affermarsi le nuove teorie e
pratiche mediche della scuola di Cos.
Ad Ippocrate, nato nel 460 a.C. nellisola di Cos e discendente di Asclepio, viene
attribuito il Corpus Ippocraticum (che comunque quasi certamente frutto di pi
mani). Il Corpus una raccolta di testi differenti, di diverso argomento ma anche
di diverso approccio teorico e metodologico; comprende testi di carattere
monografico, prognostico, terapeutico, anatomico, clinico, e anche deontologico.
Esso composto da una sessantina di opere tra cui: Antica medicina, La natura
delluomo, Larte, Il regime, Arie acque e luoghi, La malattia sacra. Questultimo uno
dei testi di primo piano del Corpus. La malattia sacra infatti tratta nello specifico
lepilessia e la mania.
Il nuovo approccio critica la concezione magica tradizionale e orienta lattenzione
del medico ad un metodo scientifico. La medicina si configura sempre pi
12
Fedro, 244a-245c.
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la lingua dice ci che di volta in volta vedono e sentono; finch il cervello resta
fermo, invece, luomo in possesso delle sue facolt mentali.15
Dal cervello allora dipendono sia i sentimenti che la conoscenza, tutto dipende
dalla sua stabilit:
La corruzione del cervello avviene per effetto del flegma e della bile. Riconoscerai
luno e laltro in questo modo: quelli che sono folli per effetto del flegma sono
tranquilli, non gridano e non strepitano, quelli che lo sono per effetto della bile
gridano, si comportano male e non riescono a stare fermi, ma compiono sempre
qualcosa che non dovrebbero; se dunque sono continuamente in preda alla follia
ci avviene per queste cause.
Se invece sovrastano timori e paure, ci avviene per effetto di un cambiamento
del cervello; esso cambia per effetto del calore; si riscalda per effetto della bile
quando essa muove verso il cervello dal corpo attraverso le vene sanguigne; la
paura resta fino a che la bile non torni di nuovo nelle vene e nel corpo, quindi
cessa.
Soffre e ha nausea senza motivo se il cervello si raffredda e si condensa pi del
solito. Questo gli succede per effetto del flegma; quando gli accade ci perde
anche la memoria. Di notte grida e urla, quando il cervello si surriscalda
improvvisamente (questo succede ai biliosi ma ai flemmatici no); si surriscalda
quando il sangue arriva al cervello in grande quantit e bolle; arriva in grande
quantit attraverso le vene che abbiamo detto quando luomo vede un sogno
spaventoso ed colto dalla paura e pensa a compiere qualche azione malvagia,
cos succede anche nel sonno; quando poi si sveglia e torna in s ed il sangue si
disperde di nuovo nelle vene, smette.16
Nel testo La malattia sacra, con lo spostamento della causa dal divino al corpo,
lautore si sforza di decolpevolizzare il malato dal punto di vista religioso, magico
e morale. Lindividuo parte integrante delluniverso naturale ed da questo
influenzato. Il medico, prendendo le distanze da qualsiasi forma di spiegazione
religiosa, colui che contrariamente al guaritore tradizionale confida nella
conoscenza e nel dominio della natura. La malattia sempre un accidente e il
medico deve darne spiegazioni scientifiche e non religiose o filosofiche. La
filosofia un altro tipo di sapere.
Per questo motivo nello scientifico Ippocrate, a differenza di Platone, il termine
mania usato per indicare non uno stato di ispirazione ma la follia in quanto
malattia, qualunque siano le sue manifestazioni; ed solo alle manifestazioni
patologiche che il medico dedica la sua attenzione. Molto spesso nei testi del
Corpus si parla di mania come della follia in generale, anche se dai medici posteriori
la mania sar definita come una patologia ben precisa: una malattia cronica con
alienazione mentale senza febbre; sar opposta alla phrentis (),
accompagnata invece da febbre, e distinta anche dalla melancolia ().
Mania, phrenitis e melancolia saranno le tre patologie che successivamente Galeno
(medico del II sec. d. C.) raggrupper allinterno di ununica categoria definita
con il termine insania. Ma per Ippocrate esse non hanno ancora una
15
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Io aveva gi prima raccontato delle sue visioni notturne (v. 645) che la
esortavano allunione con Zeus, del suo aspetto e della sua mente stravolti (v.
673) quando fu costretta a lasciare la sua casa, dei suoi balzi folli (v. 675). In
questi versi il suo racconto cos realistico parla del suo errare, tipico del
comportamento negli stati maniacali che saranno poi descritti nel Corpus, e
dell, lo stimolo furioso che scatena la follia - che anche il tafano che la
punzecchiava nelle Supplici. Le agitazioni notturne e i balzi (come quelli degli
animali giovani), la perdita della voce, gli occhi che roteano vorticosamente, sono
tipici sintomi degli attacchi di epilessia che saranno descritti ne La malattia sacra.
Il termine (v. 673) che si riferisce alla roteazione degli occhi sar
ripreso anche da Sofocle e da Euripide nelle scene di follia. Io si vergogna (v.
642) proprio come chi conosce il suo stato e quando sente che sta per avere un
attacco si nasconde e fugge, cos come Ippocrate descriver le reazioni di chi,
affetto dal male sacro, fugge
lontano dalle presenze umane, a casa, chi labbia vicina, altrimenti nel luogo pi
deserto, dove pochissime persone potranno vederlo cadere, e subito si copre il
capo: tiene questo comportamento per la vergogna della malattia e non - come i
pi pensano - per la paura della divinit.25
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Lui l dentro, finch era in preda allattacco, solitario rideva del suo stato malato;
infinita tristezza a noi menti lucide era stargli vicino. Ora riemerso quieto dal
male, respira; ma una fitta maligna lo strema, lo annienta. Noi ugualmente, nulla
cambia da prima. Lo vedi: da singolo, il male raddoppia.30
Il segno esteriore pi concreto della follia di Aiace quello del riso (solitario
rideva del suo stato malato), che contrasta con la drammaticit dellatto
compiuto ed evidenzia la miseria delleroe. Ancora, nei versi successivi:
intercalava schianti di risa (v. 303). Ma riso amaro e consapevole quello dello
stesso eroe quando si accorge dellaccaduto e pensa allo scherno dei suoi
avversari (v. 367: ohim ridicolo, oggetto di derisione) e soprattutto di Odisseo
(v. 382: quali grandi risate ti farai per il tuo piacere). Adesso Aiace prova,
vergogna (), la stessa vergogna che segue alle crisi di cui parla Ippocrate. Ma
non pi la vergogna intima dellingenua Io, invece una vergogna pubblica,
atima (), disonore, disprezzo: ora sono nessuno! dice al v. 427. Questa
la punizione umana che si aggiunge a quella divina inflitta dalla dea Atena perch
leroe aveva peccato di hybris (), insolenza, tracotanza. La causa dellatto
insensato stata la sua stessa ira, la sua malattia primaria.
La follia di Aiace descritta anche con il termine mania, intesa come
(thia mana), follia inviata dalla dea. Altro termine con cui indicato il nosos
(), la malattia della mente, lyssdes (, v. 452), che vuol dire
furioso, e indica la frenesia. E cheimn (v. 207), letteralmente gelo, tempesta,
definisce metaforicamente lo stato di insania, ed usato anche da Eschilo e da
Ippocrate. Un altro termine metaforico di uso medico oxs (v. 258), cio
pungente, acuto, violento, impetuoso, aggettivo che in campo medico appunto,
indica lincalzare repentino dellattacco.
In realt in questa tragedia non vi un grande utilizzo di termini tecnici, anche se
Sofocle dimostra di conoscerli tramite citazioni dai testi medici e da Eschilo.
Lautore cerca di creare espressioni originali, magari metaforiche, ed estende i
termini tecnici al campo pi vasto delle passioni, degli squilibri, dei turbamenti
psichici e fisici. In tal modo rende il suo lessico unico: indipendente sia dal sapere
tecnico medico, sia dal riferimento al contesto mitico-religioso (che invece
informa letteralmente il lessico eschileo).
In tal modo, desacralizzando la follia e mortificandone anche la componente pi
strettamente patologica, ridimensiona e riduce lintero problema dellirrazionale. E
forse proprio per questo contempla e descrive il fenomeno della follia con lucidit
e distacco, senza langoscia partecipe e la paura incalzante che fanno arrestare
Eschilo sulla soglia della crisi, per timore del dopo.31
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Nellelenco dei sintomi che enumera la Ciani non scritto specificatamente il non essere pi
in s, che invece per esempio Ippocrate specifica tra i sintomi dellaccesso, anche se certamente
non possiamo attribuirgli un senso ben preciso. Forse la Ciani non lo ha specificato ritenendolo la
condizione generale in cui si inseriscono i vari sintomi.
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[] per causa sua siamo in preda alla follia e al delirio, ci sovrastano timori e
paure, a volte di notte, altre anche di giorno, insonnie, vaneggiamenti immotivati,
preoccupazioni non fondate, incapacit di riconoscere la situazione presente e
perdita della memoria.35
Con Euripide, il campo della follia si amplia rispetto ai suoi predecessori e i casi
da lui narrati diventano molto pi realistici, con i sintomi della sofferenza
evidenti nel corpo e nel viso. Fra i tre tragici Euripide senzaltro il pi vicino a
noi. La terminologia utilizzata da Euripide risulta precisa, non bisogna per fare
lerrore di considerare questa terminologia patologica in senso moderno.
Per quanto riguarda la sua modernit rispetto al rapporto col divino, possiamo
mettere a confronto il caso di Io (nel Prometeo eschileo) e il caso di Eracle
appunto, per notare come entrambi i personaggi sono portati alla follia dalla
divinit, senza che ci sia una colpa umana. Ma nellEracle si apre una questione
nuova che in Eschilo non era presente. Se allorigine della follia di Io e di Eracle
non c una colpa ma il capriccio, la volont gratuita della divinit, in Euripide
tale constatazione porta a un giudizio sulla divinit. Gi attraverso il discorso di
Lyssa, Euripide manifesta la sua condanna verso questa ingiustizia.
In Eschilo e in Sofocle lattenzione sempre orientata alla responsabilit umana
o al massimo sul caso. In Sofocle la hybris () di Aiace era la causa della sua
punizione con la follia. Cos come in Eschilo la follia di Oreste lesito finale di
una serie di colpe e di errori determinati dalla sua hybris.
Nel caso di Eracle sembrano gli dei a peccare di tracotanza, che risulta una vera e
propria ingiustizia nei confronti di un innocente tormentato dallinizio della sua
vita. Sar questa consapevolezza che salver Eracle dalla morte liberandolo dalla
ignominia. vero che in questo caso il dibattito tra uomo e divino si fa pi
acceso, ma anche vero che Euripide, colpevolizzando la divinit anzich
luomo, cosa che non sarebbe stata possibile in Eschilo, non riesce a liberarsi fino
in fondo di quella forma di superstizione che alimenta il credo dellorigine divina
della follia. E anche se la tragedia euripidea cerca di formarsi con il linguaggio di
un credo moderno legato a quello scientifico, seppur poetico, si serve ancora
dellintervento di dei e di potenze ultraterrene per testimoniare la condizione
delluomo greco.
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Queste sono le parole della poetica che hanno creato secoli di controversie per la
loro interpretazione.
Nella Politica Aristotele parlando del potere della musica scrive:
[...] non si deve usare la musica in vista di un unico vantaggio, ma di molti (perch
va coltivata al fine delleducazione e della catarsi che cosa intendiamo per catarsi
ora accenniamo in modo generale, appresso lo diremo con pi chiarezza nei
trattati della Poetica in terzo luogo per la ricreazione, per il rilassamento e per il
riposo dopo la tensione).37
In realt non abbiamo saputo con pi chiarezza cosa intendesse dire Aristotele
con catarsi. Quello che ci resta nella Poetica troppo esiguo per pensare che sia
la spiegazione di quanto annunciato qui. Con molta probabilit la parte
contenente il discorso andata perduta con il secondo libro della Poetica che non
ci pervenuto.
La parola ktarsis () composta dallavverbio kat ( o ,) cio
come (oppure attraverso, o del tutto o verso il basso) e la radice del
verbo reo () cio scorrere, fluire. Per questo la prima intenzione che
stata data alla parola si riferiva alla purificazione, intesa proprio come il fluire
attraverso il corpo e il liberarsi, in questo caso dalle passioni. Ma che cosa vuol
dire liberarsi dalle passioni? Aristotele attribuiva un effetto terapeutico alla
purgazione, alla evacuazione delle passioni? Assistere a vicende umane terribili e
degne di piet sarebbe di per s catartico?
Nella lunghissima storia di commenti alla Poetica e al concetto di catarsi, molti
studiosi hanno cercato di venire a capo di tali questioni. Lo studioso Pigeaud38 ha
recentemente tentato una sintetisi delle diverse interpretazioni della catarsi
riconducendole a cinque tesi:
1. la tesi morale;
2. la tesi estetica;
3. la tesi aleatoria;
4. la tesi intellettualistica;
5. la tesi medica.
Aristotele, Poetica, Editori Laterza, Roma-Bari, 1973, 1449 b 24.
Aristotele, Politica, Editori Laterza, Roma-Bari, 1341 b 38-40.
38 Cfr. Pigeaud J., 1995.
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Tutte partono dalla constatazione che leffetto della catarsi si manifesta sugli
spettatori della tragedia, non sugli attori. Quindi sarebbe una terapeutica della
fruizione.
1. La tesi morale viene esposta da Lessing nella Drammaturgia DAmburgo in cui
scrive che la purificazione della catarsi una trasmutazione delle passioni in virt.
Essa porterebbe ad eliminare il carattere eccessivo di passioni quali la piet e la
paura, a cui bisognerebbe aggiungere anche le altre passioni filantropiche e altri
stati emotivi come la tristezza e la malinconia.
2. La tesi estetica quella di Goethe, secondo il quale Aristotele intende per catarsi
la realizzazione della tranquillit, che sempre ricercata nelle rappresentazioni
drammatiche e nelle opere poetiche. Interpretazioni successive hanno tradotto
questo significato di realizzazione della tranquillit come una soddisfazione
estetica pi che come una cura: lemozione purificata dunque si trasforma in
piacere. In tal modo, il teatro sarebbe un addomesticamento delle forze pulsionali
(altro che teatro della crudelt!).
3. La tesi aleatoria sostiene che Aristotele ha scelto arbitrariamente i termini paura
e piet, ai quali non tocca dare un valore speciale: non sono importanti i tipi di
passioni ma sono importanti le reazioni psico-fisiche che sono in grado di
attivare; la poesia agisce sulle emozioni allo stesso modo che le droghe agiscono
sui corpi, per cui anche altre forti emozioni, oltre a piet e terrore, possono avere
una funzione catartica.
4. Linterpretazione intellettualistica della catarsi riprende il significato di catarsi nel
Sofista di Platone (226d-230f) in cui la catarsi sarebbe il processo
delleliminazione dellignoranza mediante la dimostrazione che le false opinioni
sulle quali si fonda sono contraddittorie. Nel Fedone (67c.d.) la catarsi definita
come la separazione tra anima e corpo. Pi recentemente alcuni studiosi hanno
posto il senso della catarsi in relazione alla mimesis () che un processo
cognitivo che procura piacere in quanto porta a comprendere la natura degli
avvenimenti che implicano paura e piet. Dunque la catarsi non purificazione
n purgazione ma chiarificazione intellettuale.
5. La quinta tesi quella medica e in qualche modo si potrebbe inserire nel
discorso del rapporto tra teatro e medicina in maniera pi tecnica. la tesi di
Jacob Bernays, che uno storico della medicina antica. Lo studioso parte dalla
Politica VIII per mettere in evidenza il punto di vista patologico. La catarsi
diventa in questa accezione un tipo speciale di medicina, iatria (, termine
usato nella Politica), un modo per ritornare in salute.
Cos come il trattamento medico ippocratico opera sulla sfera fisica, la catarsi
opera sulla sfera emotiva; cos come il malato viene riportato in salute, lestatico
viene riportato alla calma.
Castarsi un termine trasposto dalla sfera fisica alla sfera delle emozioni,
utilizzato a proposito di una persona angosciata e indica non lalterazione o
linibizione dellelemento che produce angoscia, ma leccitazione o il risveglio di
questultimo per, infine, eliminarlo e cos realizzare una sorta di sollievo per
loppresso.39
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Aristotele suggerisce anche quali possono essere gli strumenti utilizzati, a seconda
dello scopo della musica: quelli usati al fine delleducazione non saranno gli stessi
per la ricreazione e il rilassamento n tanto meno saranno come quelli utili per la
catarsi:
Non bisogna introdurre nelleducazione gli auli n altro strumento professionale,
come la cetra o un altro di tal sorta, bens quelli che ne faranno ascoltatori
intelligenti o nel campo dellistruzione musicale o in altro. Inoltre laulo non serve
a esprimere le qualit morali delluomo ma piuttosto orgiastico sicch bisogna
usarlo in quelle determinate occasioni in cui lo spettacolo mira pi alla catarsi che
allistruzione.41
Laulo era uno strumento utilizzato nei riti in onore di Bacco e della dea Cibele,
per questo veniva definito orgiastico, e in quelle feste lauleta di professione
doveva non solo suonare ma anche accompagnare la musica col movimento del
corpo. Dunque uno strumento come laulo poteva essere utilizzato anche per
spettacoli di catarsi. Ancora una volta la musica la protagonista della
purificazione e della guarigione.
Ma Aristotele parla della funzione catartica soprattutto della tragedia. Che cosa
pu voler intendere Aristotele per catarsi attraverso il teatro? Si pu ritrovare lo
stesso potere curativo della musica anche nel teatro? sulla vista che si basa lo
spettacolo; e la vista passiva di uno spettatore che seduto a guardare una
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storia avr lo stesso effetto della musica e del movimento del corpo che lo
accompagna? Se il teatro e la musica sono diversi, dovr essere diverso anche il
processo attraverso il quale indurranno la catarsi. Inoltre, non bisogna
dimenticare limportanza del significato religioso e morale che Aristotele d alla
catarsi, soprattutto nella Poetica e nella Retorica, a differenza della Politica dove
messo in risalto il significato medico-umorale.
Aristotele ci parla di paura e di piet. Probabilmente queste passioni umane sono
legate proprio ai due temi legati alla tragedia, di cui abbiamo parlato poco fa e
cio: la morte e la follia. Siamo daccordo con Pigeaud infatti, quando scrive che
la paura paura della morte. Nella Retorica (II, 1382a, 23) troviamo: il timore
un dolore o un turbamento proveniente dallimmaginazione di un male che pu
giungere, che arreca distruzione e dolore e troviamo anche:
Definiamo dunque la piet un dolore causato da un male distruttivo o doloroso
che colpisce chi non lo merita e che ci si pu attendere porti a far soffrire noi
stessi o uno dei nostri e questo accade quando il male sembra vicino; infatti per
provare piet bisogna evidentemente credere di essere esposti, nella propria
persona e in quella dei propri cari, a ricevere un tale male.42
Questa piet, la stessa che provava Tecmessa, e quindi anche il pubblico che
assisteva, nel vedere Aiace ridotto in quello stato pietoso a tal punto da
diventare ridicolo. E piet abbiamo anche provato guardando la povera Io, cos
ingenua e disperata, da farci sentire la tenerezza e la pena. E piet per Eracle,
nato gi costretto a lottare non per sua volont. Leroe, per volont divina, arriva
a lottare anche contro se stesso, contro sua moglie e contro i suoi figli, in preda
alla follia. Come si pu non provare piet per queste parole:
Poi punta una freccia sul secondo, che si nasconde in un cantuccio / sui gradini
dellaltare pensando di non essere scorto. / Lo sventurato si precipita ad
abbracciare le ginocchia del padre / e, sfiorandogli con la mano il mento e il collo,
grida: pap caro, non farmi morire! sono io! Non stai uccidendo il figlio di
Euristeo, ma il tuo.43
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Lepodo diviene efficace quando ben detto e quando il paziente lo riceve dopo
aver offerto e presentato il suo animo. Dunque per Platone lagente catartico che
la malattia dellanima richiede la parola adatta ed efficace, il bel discorso e il
mito. E allora che funzione avrebbe la rappresentazione di unazione se lo stesso
Aristotele aveva detto, come abbiamo prima ricordato, che la tragedia dovrebbe
riuscire a suscitare paura e piet anche ad occhi chiusi? Attraverso cosa? Le belle
parole? La musica? E allora limmagine? Forse con i bei discorsi ottenere un
effetto e con le immagini un altro? Gli uni agirebbero sullanima, come lepodo per
Platone, e le altre sul corpo? Ma Aristotele nel De anima scrive:
Pongono un problema anche le affezioni dellanima, se cio sono tutte comuni al
soggetto che la possiede, oppure se ce n qualcuna che sia propria della stessa
anima: comprendere ci necessario, ma non facile. Per ci che riguarda la
maggior parte di queste affezioni, risulta che lanima non subisce e non opera nulla
indipendentemente dal corpo, com il caso della collera, del coraggio, del desiderio, e
in generale della sensazione, mentre il pensiero assomiglia molto ad unaffezione
propria dellanima. Se per il pensiero una specie di immaginazione o non opera
senza limmaginazione, neppure esso potr essere indipendente dal corpo.45
[...] Sembra che anche le affezioni dellanima abbiano tutte un legame con il corpo:
lira, la tenerezza, la paura, la piet, il coraggio, e inoltre la gioia, lamore e lodio.
Infatti non appena esse si riproducono, il corpo subisce una modificazione.46
La catarsi coinvolge luomo nella sua totalit nella misura in cui la piet e la paura
sono date, come tutte le affezioni dellanima, assieme al corpo. Ma c di pi in
questa parte del De anima. Ed qualcosa che ci riporta direttamente nellambito
dello spettacolo. Ma un fatto ancor pi evidente questo: pur non accadendo
nulla che provochi timore, si hanno le stesse emozioni di chi impaurito.47
Per concludere, sono state esposte numerose teorie sul processo della catarsi:
psicologi, medici, letterati, filosofi si sono impegnati a cercare di capire cosa
fosse. Abbiamo voluto richiamare tali teorie non per fare una sintesi o gettare
nuova luce sulla questione, ma per sottolineare come la catarsi avesse a che fare
con la follia, per considerare il perch fosse stata creata una vera e propria
istituzione, la tragedia appunto, unistituzione legata al culto di Dioniso, con una
funzione ben precisa, che avesse come materia la fragilit umana e che pensasse
di poterla socialmente controllare, in qualche modo. E probabilmente doveva
cfr. J. Pigeaud, La follia nellantichit classica, Marsilio editori, Venezia 1995, p. 199.
De anima, 403a, 5-10.
46 Ivi, 403a, 15-20.
47 Ibidem.
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essere anche molto forte il suo effetto, se pensiamo che durante o dopo aver
assistito ad una tragedia, non sono stati rari i casi di suicidio.
Ci sono stati anche dei casi in cui, nellet classica, il teatro stato proposto come
cura della follia, luogo della terapeutica, pharmakon prescritto ai malati di mente
dal medico. A titolo di esempio, riportiamo alcune note sulla mania, di Celio
Aureliano, raccolte da Pigeaud. Celio Aureliano, medico vissuto nel V sec. d.C.,
traduttore latino del medico greco Sorano di Efeso (vissuto nel II sec. d.C.), ci ha
lasciato importanti osservazioni sulla mania. Non dimentichiamo che la mania
uno dei generi in cui era articolata la follia, gli altri erano la phrenitis e la melancolia.
Scrive Celio Aureliano in Malattie acute I, V, 163:
Cos, dopo la lettura, se i folli soffrono la tristezza, bisogna sottoporre loro un
lavoro teatrale, o un mimo; o, al contrario, se sono affetti da una gaiezza infantile,
una rappresentazione che comporta tristezza e timore tragico (tristitiam vel tragicum
timorem). Infatti conviene correggere la qualit dellalienazione attraverso il suo
contrario, affinch lo status dellanima, in tal modo, recuperi la condizione di
equilibrio (mediocritas) della salute.48
BIBLIOGRAFIA
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