- Philosophy, Medieval Studies, Medieval Philosophy, Franciscan Studies, Duns Scotus, John Duns Scotus, and 22 moreThomas Aquinas, Medieval Theology, Peter Aureoli, Gnoseology, Peter Auriol, Theological Methodology, Metatheology, Theology, Religious Studies, Bonaventure, St Thomas Aquinas, Epistemology, Philosophy of Science, Metaphysics, Medieval History, Latin Paleography, History of Medieval Philosophy, Medieval Universities, History of Philosophy, Sentences Commentaries, Intellectual and cultural history, and Late Antiquityedit
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Nelle costruzioni dottrinali degli autori della prima metà del secolo XIV, a livello espressamente lessicale, sembra difficile rilevare una presenza significativa della triade essentia / substantia – virtus / potentia – operatio / actus,... more
Nelle costruzioni dottrinali degli autori della prima metà del secolo XIV, a livello espressamente lessicale, sembra difficile rilevare una presenza significativa della triade essentia / substantia – virtus / potentia – operatio / actus, costitutiva di ogni realtà, tale da supportare l’ipotesi di un suo esercizio in chiave neoplatonica più che di una semplice declinazione in senso aristotelico dei termini che la compongono. Nel pieno rispetto della sua sintassi, di là dalle differenze relative alle voces – ma ogni cautela è qui assolutamente d’obbligo –, ritengo nondimeno possibile individuarne un vestigio nella terminologia e nella struttura che si è andata elaborando a partire dall’impiego in ambito metafisico (e teologico) della nozione di origine avicenniana dell’esse essentiae, uno dei punti più noti e insieme più controversi del pensiero di Enrico di Gand. In questo senso mi sembra discretamente plausibile una rilettura della triade neoplatonica essentia – virtus – operatio in quest’altra, anch’essa ontologicamente connotata, di res, esse essentiae ed esse existentiae. Il mio intento si limiterà pertanto a un affondo in questa prospettiva, contestualizzando però l’ipotesi euristica all’interno di un segmento storico-dottrinale preciso: la dottrina delle idee – luogo già in sé eminentemente neoplatonico – sviluppata in opposizione al maestro fiammingo da Duns Scoto, e nelle obiezioni che a quest’ultimo ha rivolto Guglielmo di Alnwick. In tale contesto, intendo concentrarmi, stante l’ipotesi, sul secondo membro della triade, l’esse essentiae – quello relativo alla potenza (virtus) –, dal duplice punto di vista della sua riconduzione a mero esse intelligibile: nella forma cioè di una riduzione a esse deminutum (Duns Scoto) e nella sua identificazione con l’essere dell’essenza divina (Guglielmo di Alnwick).
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The question about the secondary object of the beatific vision, variously reproposed during the 13th century, was expressed by the Franciscan William Alnwick in these terms: “Does the created intellect, seeing the essence of God, see... more
The question about the secondary object of the beatific vision, variously reproposed during
the 13th century, was expressed by the Franciscan William Alnwick in these terms: “Does the
created intellect, seeing the essence of God, see everything that God sees?” (Utrum intellectus
creatus videns Deum per essentiam possit videre omnia quae Deus videt). His position is
especially interesting because of the consequent circumscription of the scope and limits of the
human intellect in relation to divine ideas as objects of vision.
the 13th century, was expressed by the Franciscan William Alnwick in these terms: “Does the
created intellect, seeing the essence of God, see everything that God sees?” (Utrum intellectus
creatus videns Deum per essentiam possit videre omnia quae Deus videt). His position is
especially interesting because of the consequent circumscription of the scope and limits of the
human intellect in relation to divine ideas as objects of vision.
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This paper aims to provide a critical edition of the questions 7 and 8 of the Prologue of the redactio posterior of the Commentary on the Sentences By Alessandro Bonini of Alessandria
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This paper provides a critical edition of the third and fourth questions, on the subject of theology, of the Prologue to the First Book of the Commentary on the Sentences (redactio posterior) by the Franciscan Master Alessandro Bonini of... more
This paper provides a critical edition of the third and fourth questions, on the subject of theology, of the Prologue to the First Book of the Commentary on the Sentences (redactio posterior) by the Franciscan Master Alessandro Bonini of Alexandria († 1314). The seven manuscripts till now known have been used. The introduction tries to put these two questions into the contex of the Prologue, highlighting their main theoretical points.
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This paper aims to provide a critical edition of the first two questions of the Prologue of the redactio posterior of the Commentary on the Sentences by alessandro bonini of Alessandria, Franciscan master, successor of Duns Scotus at the... more
This paper aims to provide a critical edition of the first two questions of the Prologue of the redactio posterior of the Commentary on the Sentences by alessandro bonini of Alessandria, Franciscan master, successor of Duns Scotus at the chair of Theology at the University of Paris (1307-1308). In the context of his metatheological reflections, Alessandro presents his thoughts on the possibilities and limits of the human intellect in comparison with Henry of Ghent and duns Scotus. The critical edition is preceded by a brief historical-theoretical introduction that is meant to identify key aspects of both questions.
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A conclusione di un contributo dedicato a Bonaventura e il fondamento della conoscenza certa, rilevavo l’esigenza di chiarire quale rapporto noetico intercorra tra le nozioni naturalmente impresse nella mente umana (omne verum mentibus... more
A conclusione di un contributo dedicato a Bonaventura e il fondamento della conoscenza certa, rilevavo l’esigenza di chiarire quale rapporto noetico intercorra tra le nozioni naturalmente impresse nella mente umana (omne verum mentibus impressum/naturaliter insertum) e le idee o forme ideali (rationes aeternae), cause esemplari del mondo e similitudini delle cose conosciute –, senza le quali non possiamo conoscere certitudinaliter, relazione che non sembra sia stata ancora approfondita dagli studi critici. Tale esigenza nasceva in particolare a partire dall’accostamento di due testi bonaventuriani, raccordati sulla base del loro comune riferimento, in ambito gnoseologico, al tema particolare della certitudo. Alla luce di queste considerazioni, mi sembra di qualche interesse tentare di soddisfare all’esigenza di chiarimento circa il raccordo e il concorso tra una verità innata – o conoscenza innata di un verum –, fondamento di ogni conoscenza certa, e le ragioni eterne a loro volta condizioni conoscitive di ogni conoscenza certa.
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Nelle sei questioni disputate de esse intelligibili, lo scopo ultimo della riflessione di Guglielmo di Alnwick consiste nel determinare lo statuto ontologico delle idee divine, dimostrando la tesi secondo cui l’essere intelligibile eterno... more
Nelle sei questioni disputate de esse intelligibili, lo scopo ultimo della riflessione di Guglielmo di Alnwick consiste nel determinare lo statuto ontologico delle idee divine, dimostrando la tesi secondo cui l’essere intelligibile eterno che compete alla creatura in virtù dell’essenza divina (esse intelligibile ab aeterno), non sia causato o prodotto. L’obiettivo del mio contributo consiste nel definire la nozione di esse intelligibile secondo il pensiero di Guglielmo, limitandomi all’analisi delle prime due questioni (e in particolare della seconda), che rappresentano il fondamento teoretico dell’intera successiva argomentazione.
La prima quaestio solleva l’interrogativo se l’essere rappresentato dell’oggetto rappresentato coincida realmente con la forma rappresentante; e – che è lo stesso – se l’essere conosciuto dell’oggetto conosciuto coincida realmente con l’atto di conoscere, la quale costituisce una premessa indispensabile per lo sviluppo delle questioni successive. In essa sono presentati, almeno in forma embrionale, quasi tutti i principali elementi della discussione.
Punto di avvio dell’intero percorso è cioè l’esame dell’identità tra forma rappresentante o rappresentativa (forma repraesentans) e l’essere rappresentato (esse repraesentatum) dell’oggetto rappresentato e, parallelamente, l’identità tra conoscenza (cognitio) e l’essere conosciuto (esse cognitum) dell’oggetto conosciuto. Ci troviamo dunque in un contesto ontologico altro da quello dell’essere proprio di una realtà esistente in effectu (esse subiectivum), nel regno cioè dell’essere oggettivo (esse obiectivum).
Alnwick obietta all’opinione secondo cui alla creatura rappresentata eternamente dall’essenza divina, che ne è la forma rappresentante, andrebbe attribuito un essere rappresentato riduttivamente inteso come essere intenzionale proprio di una rappresentazione formale che precede qualunque atto di conoscenza. Ridotto a mero essere intenzionale e privato di consistenza reale, nonostante questa competa invece all’oggetto reale di cui si ha appunto rappresentazione formale, un oggetto rappresentato – poniamo – dalla forma rappresentativa che è la stessa essenza di Dio, altro non sarebbe che l’idea divina, considerata come un’entità né reale né di ragione. Guglielmo ritiene invece impossibile affermare che l’essere rappresentato e l’essere conosciuto di un oggetto implichino un’entità distinta rispettivamente dalla specie (o forma) rappresentante e dalla conoscenza. Una volta stabilito che l’essere rappresentato non sia distinto dalla forma rappresentante, si sarà anche implicitamente determinato il presupposto teoretico su cui fondare la risposta al secondo interrogativo: se cioè l’essere intelligibile eterno della creatura sia o non sia distinto dall’essenza di Dio, dal momento che l’essere intelligibile è un essere rappresentato e nella misura in cui la forma rappresentativa è la forma intelligibile con la quale esso coincide.
Nella seconda quaestio, Guglielmo obietta che, se l’essere intelligibile eterno della creatura fosse fondato nella creatura e non coincidesse invece con l’essenza divina, la creatura esisterebbe dall’eternità non solo secondo la propria essenza («secundum quidditatem») ma anche secondo la propria esistenza negli effetti («sed etiam secundum existentiam»), il che evidentemente non può darsi. In questa linea Alnwick risponde alla questione sostenendo che l’essere intelligibile eterno della creatura coincide realmente con Dio. In virtù dei risultati conseguiti nella prima questione egli non può infatti che risolversi per l’affermazione di tale identità: se cioè l’essere rappresentato di un oggetto coincide realmente con la forma che lo rappresenta, e le creature sono rappresentate mediante l’essenza divina in quanto essa riveste la nozione di idea («ut induit rationem ideae»), tale essere rappresentato coinciderà con l’essenza di Dio.
Attraverso un percorso lineare nelle intenzioni, ma forse un po’ meno nella sostanza, le nozioni messe in campo da Guglielmo, nel loro sovrapporsi e precisarsi, per progressive approssimazioni, sono tutte mirate al conseguimento dell’intento che Guglielmo di Alnwick si era prefisso: difendere la consistenza reale dell’essere delle idee divine e fondarla precisamente sull’identità con l’essenza divina.
La prima quaestio solleva l’interrogativo se l’essere rappresentato dell’oggetto rappresentato coincida realmente con la forma rappresentante; e – che è lo stesso – se l’essere conosciuto dell’oggetto conosciuto coincida realmente con l’atto di conoscere, la quale costituisce una premessa indispensabile per lo sviluppo delle questioni successive. In essa sono presentati, almeno in forma embrionale, quasi tutti i principali elementi della discussione.
Punto di avvio dell’intero percorso è cioè l’esame dell’identità tra forma rappresentante o rappresentativa (forma repraesentans) e l’essere rappresentato (esse repraesentatum) dell’oggetto rappresentato e, parallelamente, l’identità tra conoscenza (cognitio) e l’essere conosciuto (esse cognitum) dell’oggetto conosciuto. Ci troviamo dunque in un contesto ontologico altro da quello dell’essere proprio di una realtà esistente in effectu (esse subiectivum), nel regno cioè dell’essere oggettivo (esse obiectivum).
Alnwick obietta all’opinione secondo cui alla creatura rappresentata eternamente dall’essenza divina, che ne è la forma rappresentante, andrebbe attribuito un essere rappresentato riduttivamente inteso come essere intenzionale proprio di una rappresentazione formale che precede qualunque atto di conoscenza. Ridotto a mero essere intenzionale e privato di consistenza reale, nonostante questa competa invece all’oggetto reale di cui si ha appunto rappresentazione formale, un oggetto rappresentato – poniamo – dalla forma rappresentativa che è la stessa essenza di Dio, altro non sarebbe che l’idea divina, considerata come un’entità né reale né di ragione. Guglielmo ritiene invece impossibile affermare che l’essere rappresentato e l’essere conosciuto di un oggetto implichino un’entità distinta rispettivamente dalla specie (o forma) rappresentante e dalla conoscenza. Una volta stabilito che l’essere rappresentato non sia distinto dalla forma rappresentante, si sarà anche implicitamente determinato il presupposto teoretico su cui fondare la risposta al secondo interrogativo: se cioè l’essere intelligibile eterno della creatura sia o non sia distinto dall’essenza di Dio, dal momento che l’essere intelligibile è un essere rappresentato e nella misura in cui la forma rappresentativa è la forma intelligibile con la quale esso coincide.
Nella seconda quaestio, Guglielmo obietta che, se l’essere intelligibile eterno della creatura fosse fondato nella creatura e non coincidesse invece con l’essenza divina, la creatura esisterebbe dall’eternità non solo secondo la propria essenza («secundum quidditatem») ma anche secondo la propria esistenza negli effetti («sed etiam secundum existentiam»), il che evidentemente non può darsi. In questa linea Alnwick risponde alla questione sostenendo che l’essere intelligibile eterno della creatura coincide realmente con Dio. In virtù dei risultati conseguiti nella prima questione egli non può infatti che risolversi per l’affermazione di tale identità: se cioè l’essere rappresentato di un oggetto coincide realmente con la forma che lo rappresenta, e le creature sono rappresentate mediante l’essenza divina in quanto essa riveste la nozione di idea («ut induit rationem ideae»), tale essere rappresentato coinciderà con l’essenza di Dio.
Attraverso un percorso lineare nelle intenzioni, ma forse un po’ meno nella sostanza, le nozioni messe in campo da Guglielmo, nel loro sovrapporsi e precisarsi, per progressive approssimazioni, sono tutte mirate al conseguimento dell’intento che Guglielmo di Alnwick si era prefisso: difendere la consistenza reale dell’essere delle idee divine e fondarla precisamente sull’identità con l’essenza divina.
Research Interests:
During the 13th and 14th centuries, the question of scientificity of theology launched a wide debate on the nature of science and its object. In particular, William Ockham’s proposal concerning the object of a scientific knowledge was at... more
During the 13th and 14th centuries, the question of scientificity of theology launched a wide debate on the nature of science and its object. In particular, William Ockham’s proposal concerning the object of a scientific knowledge was at the origin of a lively debate that, began in Oxford from the second decade of 1300, concerned the meaning of
a proposition (complexum). In this context tension-filled and intellectually challenging, Hugolin of Orvieto, an Hermit friar of St. Augustin, in 1348-49 defended his personal interpretation of significabile complexe. The purpose of this paper is to analyze the first two articles of the first question of the Prologue of his Commentary on the Sentences,
devoted to knowledge of verum theologicum, in which the Hermit Master exposes the basis of his theory of knowledge placed into a perspective inspired by St. Augustin.
a proposition (complexum). In this context tension-filled and intellectually challenging, Hugolin of Orvieto, an Hermit friar of St. Augustin, in 1348-49 defended his personal interpretation of significabile complexe. The purpose of this paper is to analyze the first two articles of the first question of the Prologue of his Commentary on the Sentences,
devoted to knowledge of verum theologicum, in which the Hermit Master exposes the basis of his theory of knowledge placed into a perspective inspired by St. Augustin.
Research Interests:
Nel contesto della discussione medievale sulla scientificità della teologia, uno dei temi particolarmente studiati dall’epistemologia teologica (o metateologia) è quello della qualità speculativa o pratica della teologia. Su questo... more
Nel contesto della discussione medievale sulla scientificità della teologia, uno dei temi particolarmente studiati dall’epistemologia teologica (o metateologia) è quello della qualità speculativa o pratica della teologia. Su questo aspetto, la tradizione francescana ha sviluppato la tendenza ad assegnare alla teologia un carattere, se non assolutamente pratico, quantomeno intermedio tra speculativo e pratico, ma certamente caratterizzato da un’indole affettiva. L’iniziatore di questa specificazione pratica dell’abito teologico quale «scientia movens affectionem ad bonitatem» può essere certamente identificato in Alessandro di Hales. Il mio intento consiste qui nel documentare tale attribuzione in una delle sue forme, accostando i testi di uno tra i più autorevoli maestri francescani del xiv secolo: Pietro Aureolo († 1322). Ne sarà esaminata la proposta studiando i passaggi relativi al tema rintracciabili nello Scriptum e nella Reportatio.
In the Medieval debate on the scientificity of Theology, one of the themes particularly studied by theological Epistemology (or Metatheology) is its speculative or practical quality. On this issue the Franciscan Tradition has developed an aptitude to give Theology a character, if not absolutely practical, at least intermediate between speculative and practical, but certainly marked by an affective peculiarity. Of course the author who started this practical specification of the theological habit as «scientia movens affectionem ad bonitatem» can be identified as Alexander of Hales. My purpose here is to document a model of this attribution approaching some texts of one of the most influential Franciscan Masters of the Fourteenth Century: Pietro Aureolo († 1322). I am going to examine his proposal by studying excerpts related to the theme in the Scriptum and Reportatio.
In the Medieval debate on the scientificity of Theology, one of the themes particularly studied by theological Epistemology (or Metatheology) is its speculative or practical quality. On this issue the Franciscan Tradition has developed an aptitude to give Theology a character, if not absolutely practical, at least intermediate between speculative and practical, but certainly marked by an affective peculiarity. Of course the author who started this practical specification of the theological habit as «scientia movens affectionem ad bonitatem» can be identified as Alexander of Hales. My purpose here is to document a model of this attribution approaching some texts of one of the most influential Franciscan Masters of the Fourteenth Century: Pietro Aureolo († 1322). I am going to examine his proposal by studying excerpts related to the theme in the Scriptum and Reportatio.
Research Interests:
Il contributo prende in esame le implicazioni gnoseologiche racchiuse nella prospettiva sviluppata in De mysterio Trinitatis, q. 1, a. 1. Secondo Bonaventura, l’indubitabilitas di una proposizione (verum) dipende dal grado di certezza... more
Il contributo prende in esame le implicazioni gnoseologiche racchiuse nella prospettiva sviluppata in De mysterio Trinitatis, q. 1, a. 1. Secondo Bonaventura, l’indubitabilitas di una proposizione (verum) dipende dal grado di certezza proprio della conoscenza della realtà predicata (veritas). In particolare, tale fondamento noetico indubitabile sarà individuato dal Maestro francescano prendendo in considerazione la questione relativa all’esistenza di Dio («utrum Deum esse sit verum indubitabile»). L’esistenza di Dio infatti sembra assurgere a paradigma delle condizioni trascendentali di conoscenza e certezza, poiché coincide con la prima veritas che è dotata di evidenza immediata. È possibile individuare un’interessante applicazione di questo paradigma nell’approccio bonaventuriano all’unum argumentum di Anselmo di Canterbury, esaminato però da un punto di vista non immediatamente ontologico.
This paper focuses on the gnoseological implications involved in suggestive perspectives developed in De mysterio Trinitatis, q. 1, a. 1. According to Bonaventure, indubitabilitas of a proposition (verum) depends on knowledge certitude of the predicated reality (veritas). In particular, this cognitive foundation will be identified by the Franciscan Master answering the question concerning the existence of God («utrum Deum esse sit verum indubitabile»). For existence of God seems to rise to a paradigm of knowledge transcendental conditions and certitude. A very interesting treatment of this paradigm is the Bonaventurian approach to unum argumentum of Anselm of Canterbury, examined from a not immediately ontological point of view.
This paper focuses on the gnoseological implications involved in suggestive perspectives developed in De mysterio Trinitatis, q. 1, a. 1. According to Bonaventure, indubitabilitas of a proposition (verum) depends on knowledge certitude of the predicated reality (veritas). In particular, this cognitive foundation will be identified by the Franciscan Master answering the question concerning the existence of God («utrum Deum esse sit verum indubitabile»). For existence of God seems to rise to a paradigm of knowledge transcendental conditions and certitude. A very interesting treatment of this paradigm is the Bonaventurian approach to unum argumentum of Anselm of Canterbury, examined from a not immediately ontological point of view.
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La potenza icastica della scala e dello specchio, simboleggianti l’ascesa e la speculazione, ben si presta a decifrare il senso del percorso tracciato da Bonaventura nel suo itinerario. In questo contributo, scala e specchio raggiungono... more
La potenza icastica della scala e dello specchio, simboleggianti l’ascesa e la speculazione, ben si presta a decifrare il senso del percorso tracciato da Bonaventura nel suo itinerario. In questo contributo, scala e specchio raggiungono la loro massima compenetrazione unitiva nella consacrazione della vita per la ricerca e la conoscenza della Verità propria della figura di Marco Arosio.
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According to a decree of April 1st 1272, the Faculty of Arts of the University of Paris imposed to its own members not to debate or determine any theological issues and it pointed out that if they had found texts or argumentations... more
According to a decree of April 1st 1272, the Faculty of Arts of the University of Paris imposed to its own members not to debate or determine any theological issues and it pointed out that if they had found texts or argumentations contrasting the truths of faith, they would have considered them completely false. The analysis on the relationship between substance and accident – a philosophical issue – would not concern faith directly, nevertheless when in 1215 the Fourth Lateran Council stated its support for the doctrine of transubstantiation in order to explain the eucharistic conversion, philosophers and theologians had to face a new question: inherence to a subject is part of the essence of an accident? This paper aims to show the relationship between metaphysics and theology in the context of Duns Scotus’s considerations on the accident’s separability from its own substance in the Eucharist.
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By decree of April 1 st , 1272, the Faculty of Arts of the University of Paris ordered to its own members not to debate or decide any theological issues, and pointed out that if they found texts or argumentations in contrast with the... more
By decree of April 1 st , 1272, the Faculty of Arts of the University of Paris ordered to its own members not to debate or decide any theological issues, and pointed out that if they found texts or argumentations in contrast with the truths of faith, they should consider them completely false. The analysis of the relationship between substance and accident – a philosophical issue – would not concern faith directly, yet since the Fourth Lateran Council, in 1215, pronouned in favour of the doctrine of transubstantiation to explain the Eucharistic conversion, philosophers and theologians had to face a new question: " is inherence in a substance part of the essence of an accident? " This paper aims to show the relationship between metaphysics and theology in the context of Duns Scotus's considerations on the separability of an accident from its own substance, in the particular case of the Eucharist. Sumario: Con un decreto del 1 de abril de 1272, la Facultad de Artes de la Universidad de París imponía a sus propios miembros no debatir o fijar cuestiones de naturaleza teológica e indicaba que, en caso de encontrar textos o argumentos que contrastasen con las verdades de la fe, deberían considerarlos completamente falsos. El análisis de la relación entre su-stancia y accidente, argumento de naturaleza filosófica, no tendría que ver directamente con la fe; sin embargo, cuando en 1215 el Cuarto Concilio Lateranense se pronunció en favor de la doctrina de la transustanciación para explicar la conversión eucarística, la pre-gunta que debieron afrontar filósofos y teólogos fue la siguiente: Lo que es inherente a una sustancia, " ¿es parte constitutiva de la esencia de un accidente? " El presente estudio tiene como objetivo ilustrar las relaciones entre metafísica y teología en el contexto de las conside-raciones de Duns Escoto sobre la separabilidad del accidente respecto a su propia sustancia en el caso específico de la Eucaristía.
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Il presente volume si inserisce nel contesto della riflessione filosofica recente intorno al dibattito medievale sui futuri contingenti. Esso presenta la prima traduzione italiana di Lectura, I, d. 39, testo di Duns Scoto assunto dalla... more
Il presente volume si inserisce nel contesto della riflessione filosofica recente intorno al dibattito medievale sui futuri contingenti. Esso presenta la prima traduzione italiana di Lectura, I, d. 39, testo di Duns Scoto assunto dalla storiografia filosofica come “una pietra angolare” della filosofia di tutti i tempi. La traduzione, corredata di un commento (Ernesto Dezza) e due saggi di approfondimento (Andrea Nannini, Davide Riserbato) colma una lacuna, vistosa per quanto riguarda lo studio di Scoto in Italia, rendendo fruibile un testo che, pur nella sua essenzialità, ridefinisce il modo di intendere la modalità del possibile/contingente, aprendo la via alla considerazione logica della possibilità e alla sincronicità della contingenza.
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La proposta di Duns Scoto in merito alle idee divine si muove sul filo del rasoio di due istanze contrapposte: (a) subordinare le idee all'essenza divina, in modo tale che le idee non siano giustapposte a essa; (b) garantirne comunque la... more
La proposta di Duns Scoto in merito alle idee divine si muove sul filo del rasoio di due istanze contrapposte: (a) subordinare le idee all'essenza divina, in modo tale che le idee non siano giustapposte a essa; (b) garantirne comunque la co-etermità all'essenza divina, in modo tale che non si possa ipotizzare un solo istante in cui Dio non sia pienamente sapiente e onniscente. L'essere intelligibile, essere ridotto, ma vero e reale , salvaguarda a sua volta la consistenza delle idee, che non sono un puro nulla, ma neanche un ente già dotato di una sua essenza, indipendente dalla mente di Dio. Il presente volume contiene la prima traduzione italiana di quattro questioni tratte dai due commenti di Scoto alle Sentenze, LecuraeOrdinatio, impreziosito dai rimandi alle più recenti edizioni critiche disponibili, ed è arricchito da un dettagliato studio introduttivo che offre una prospettiva globale sulla dottrina del Sottile.
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Gli studi qui raccolti testimoniano una parte dell’attività di ricerca dell’Autore nell’ambito della filosofia e teologia medievali nell’arco di quasi un decennio. Dal trouvère, poi monaco cisterciense, Elinando di Froidmont, alla mistica... more
Gli studi qui raccolti testimoniano una parte dell’attività di ricerca dell’Autore nell’ambito della filosofia e teologia medievali nell’arco di quasi un decennio. Dal trouvère, poi monaco cisterciense, Elinando di Froidmont, alla mistica e beghina Hadewijch di Anversa, fino ai maestri della Scolastica dei secoli XIII e XIV: Bonaventura da Bagnoregio, Ulrico di Strasburgo Giovanni Duns Scoto, Gerardo da Bologna, Alessandro di Alessandria, Gerardo da Siena, Pietro Aureolo, Ugolino da Orvieto. I temi più ricorrenti sono quelli connessi alla teoria della conoscenza e alla metateologia. Si potranno, però, trovare anche delle divertite scorribande nell'ambito della mistica, dell'estetica e della teologia sacramentaria, alle quali si aggiunge l'edizione critica di due questioni del Prologo del Commento alle Sentenze del francescano Alessandro di Alessandria dedicate al problema della scientificità della teologia.
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Al centro del trattato sul sacramento dell’Eucaristia del francescano Giovanni Duns Scoto, nel quarto libro del suo Commento alle Sentenze, si trovano incastonate due questioni dedicate all’essere degli accidenti. Esse vantano un notevole... more
Al centro del trattato sul sacramento dell’Eucaristia del francescano Giovanni Duns Scoto, nel quarto libro del suo Commento alle Sentenze, si trovano incastonate due questioni dedicate all’essere degli accidenti. Esse vantano un notevole interesse teoretico, non soltanto per un’adeguata comprensione della teologia eucaristica del maestro scozzese, ma soprattutto per definire la relazione da lui istituita tra metafisica e teologia, che rappresenta uno dei temi cardine del suo pensiero. Il volume offre la traduzione di tali questioni in cui il Dottor Sottile si interroga sullo statuto ontologico degli accidenti.
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Nella sua duplice natura di florilegio di ricordi e di sontuosa teoria di studi sul pensiero e il magistero di Giacomo Biffi, questa raccolta di scritti in suo onore, a un anno dalla scomparsa, si attesta quale evento editoriale... more
Nella sua duplice natura di florilegio di ricordi e di sontuosa teoria di studi sul pensiero e il magistero di Giacomo Biffi, questa raccolta di scritti in suo onore, a un anno dalla scomparsa, si attesta quale evento editoriale assolutamente unico nel suo genere.
Doveroso omaggio a una delle figure in assoluto più autorevoli e vivaci del pensiero cristiano e della cultura di ogni tempo, la presente opera costituisce il portale d’accesso per chiunque desideri introdursi nella cattedrale della sua originalissima riflessione.
Dall’interno del volume: «Ricordo con gratitudine l’intensa opera pastorale profusa dapprima quale zelante presbitero e vescovo ausiliare di Milano, poi come guida sollecita e saggia» (Papa Francesco). «Pastore esemplare della Chiesa di Dio, (...) Biffi era una personalità, tutto d’un pezzo, uomo di un coraggio straordinario, senza paura di popolarità o impopolarità, orientato solo dalla luce della verità, che in Gesù Cristo ci appare in persona» (Benedetto XVI).
Doveroso omaggio a una delle figure in assoluto più autorevoli e vivaci del pensiero cristiano e della cultura di ogni tempo, la presente opera costituisce il portale d’accesso per chiunque desideri introdursi nella cattedrale della sua originalissima riflessione.
Dall’interno del volume: «Ricordo con gratitudine l’intensa opera pastorale profusa dapprima quale zelante presbitero e vescovo ausiliare di Milano, poi come guida sollecita e saggia» (Papa Francesco). «Pastore esemplare della Chiesa di Dio, (...) Biffi era una personalità, tutto d’un pezzo, uomo di un coraggio straordinario, senza paura di popolarità o impopolarità, orientato solo dalla luce della verità, che in Gesù Cristo ci appare in persona» (Benedetto XVI).
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«È curioso a vedere che quasi tutti gli uomini che vagliono molto, hanno le maniere semplici, e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore» (G. LEOPARDI, Pensieri, CXI). A celebrare il valore umano e... more
«È curioso a vedere che quasi tutti gli uomini che vagliono molto, hanno le maniere semplici, e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore» (G. LEOPARDI, Pensieri, CXI). A celebrare il valore umano e intellettuale di Antonio Margaritti è stato convocato da Samuele Pinna e Davide Riserbato, un “nugolo di testimoni” qualificati (se vogliamo adottare la bella immagine di Ebrei 12,1): cardinali e vescovi, teologi e filosofi noti e apprezzati, ex-alunni riconoscenti si sono impegnati a dimostrare, attraverso i loro saggi, che «le maniere semplici» di «un uomo che valeva molto», non sono state «prese per indizio di poco valore». E l’hanno fatto attraverso un arcobaleno di generi letterari. Infatti, dai ricordi personali (…), si procede all’interno dell’orizzonte delle analisi filosofiche e fenomenologiche, si percorre l’ambito teologico fondamentale e sistematico, si compiono incursioni suggestive anche nell’esegesi salmica, si offrono indagini storico-critiche nel pensiero medievale, ma non si ignora neppure la teologia pastorale. (dalla Presentazione di Gianfranco Ravasi)
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5-6 ottobre 2017, Trento (Italia): Promosso dal Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trento. In collaborazione con la “Cattedra Marco Arosio di Alti Studi Medievali” dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum... more
5-6 ottobre 2017, Trento (Italia): Promosso dal Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trento. In collaborazione con la “Cattedra Marco Arosio di Alti Studi Medievali” dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e con il patrocinio della Società Italiana per lo Studio del Pensiero Medievale. Organizzato da Irene ZAVATTERO (Trento).
“L’uomo nel pensiero di Bonaventura da Bagnoregio. Ad 800 anni dalla nascita del Doctor Seraphicus”
In occasione dell’ottavo centenario dalla nascita di Bonaventura da Bagnoregio (1217-1274), il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trento ha ospitato un convegno, organizzato da Irene Zavattero, dedicato al tema dell’antropologia di Bonaventura e articolato in due giornate di lavoro. Sono intervenuti quali relatori: Letterio Mauro, Alessandro Ghisalberti, Andrea Di Maio, Rafael Pascual, Davide Riserbato, Massimiliano Lenzi, Paola Muller, Elisa Cuttini e Irene Zavattero.
“L’uomo nel pensiero di Bonaventura da Bagnoregio. Ad 800 anni dalla nascita del Doctor Seraphicus”
In occasione dell’ottavo centenario dalla nascita di Bonaventura da Bagnoregio (1217-1274), il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trento ha ospitato un convegno, organizzato da Irene Zavattero, dedicato al tema dell’antropologia di Bonaventura e articolato in due giornate di lavoro. Sono intervenuti quali relatori: Letterio Mauro, Alessandro Ghisalberti, Andrea Di Maio, Rafael Pascual, Davide Riserbato, Massimiliano Lenzi, Paola Muller, Elisa Cuttini e Irene Zavattero.