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IstItuto NazIoNale dI studI RomaNI Augusto e il fascismo Studi intorno al bimillenario del 1937-1938 a cura di Massimiliano Ghilardi e Laura Mecella Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli Studi di Milano. L’opera è parte del progetto PRIN 2017 2017H9REZM: Studiosi italiani di fronte alle leggi razziali (1938-1945): storici dell’antichità e giuristi. In versione digitale, l’opera è disponibile gratuitamente in open access (https://www.studiromani.it/; https://sites.unimi.it/antichisti_1938/outcomes/). Non si è ritenuta necessaria, alla luce di questa possibilità, la redazione di un indice dei nomi. Impaginazione e stampa: LuoghInteriori Proprietà letteraria riservata Copyright 2023: LuoghInteriori srl / Istituto Nazionale di Studi Romani onlus ISBN 978-88-6864-426-0 www.luoghinteriori.it - Città di Castello (PG) sommaRIo VII massImIlIaNo GhIlaRdI e lauRa mecella Premessa PaRte I coNtestI cultuRalI e stoRIoGRafIcI 3 75 107 119 emIlIo GeNtIle Onde Cristo è fascista? La romanità del cesarismo totalitario maRIo mazza Ideologia e storiografia in interventi del bimillenario augusteo heINz sPRoll Die Zweitausendjahrsfeierlichkeiten zu Ehren des Kaisers Augustus in Italien 1937/1938 in der Perspektive der «Civiltà Cattolica» alessaNdRo GalImbeRtI Roberto Paribeni storico dell’età di Cesare e di Augusto PaRte II l’IstItuto dI studI RomaNI e Il bImIlleNaRIo auGusteo 137 doNatello aRamINI Il mito di Augusto e l’Istituto di Studi Romani tra fascismo e cattolicesimo 185 luIGI caPoGRossI coloGNesI I romanisti e l’Istituto di Studi Romani nel quadro delle celebrazioni augustee sommaRIo leaNdRo PolveRINI 201 L’Istituto di Studi Romani fra Mostra Augustea e Storia di Roma eNRIco sIlveRIo 215 Roma, aprile 1938: l’Italia nuova del bimillenario augusteo dall’antico al nuovo impero massImIlIaNo GhIlaRdI 345 Arnaldo Momigliano, l’Istituto di Studi Romani e una mancata celebrazione di Mussolini~Augusto JaN NelIs 391 Imperialismo romano e fascismo, tra aderenza ideologica e opposizione alla costruzione di un mito. L’Istituto di Studi Romani e la critica augustea maRIa teResa GalassI PaluzzI tamassIa 405 Un giudizio di Pio XI in occasione della Mostra Augustea della Romanità dalle “udienze” inedite di Carlo Galassi Paluzzi PaRte III la mostRa auGustea della RomaNItà aNNa maRIa lIbeRatI 413 La Mostra Augustea della Romanità. Come il Museo dell’Impero Romano espose se stesso seRGIo RINaldI tufI 451 Augusto e le province dell’impero nelle mostre del 1937-38 e del 2013-14 claudIa mülleR 477 Narrativa di superiorità nazionale nel culto della romanità. Sulla presunta convergenza dei meccanismi di autoaffermazione politica e religiosa chRIstoPheR smIth 503 The British Reaction to the Mostra of 1937 La Mostra Augustea della Romanità. Come il Museo dell’Impero Romano espose se stesso Anna Maria Liberati Perché la Mostra Augustea della Romanità fu un atto di fede e di amore dedicato a questa nostra madre immortale, Roma eterna, che con l’Aquila e con la Croce di Cristo fu, è e sarà sempre, faro luminoso al mondo di luce tra le tenebre della barbarie […]1. Introduzione Il titolo di questo contributo, volutamente provocatorio, ha lo scopo di evidenziare fin da subito come la Mostra Augustea della Romanità non fu un episodio sporadico e fine a se stesso, ma una tappa del lungo percorso iniziato convenzionalmente nel 1911, le cui tracce però si rinvengono a partire dai primissimi anni del Novecento, finalizzato alla compiuta realizzazione del Museo dell’Impero Romano2. La Mostra, ideata per celebrare il bimillenario della nascita dell’imperatore Augusto, ebbe luogo a 1 G.Q. Giglioli, Origine, scopi e vicende della Mostra Augustea della Romanità, in Id., Mostra Augustea della Romanità. Relazione Morale e Finanziaria (1932-1938), Roma 1942 (ma 1943), pp. 1-15 (in particolare 15). 2 Il sottotitolo di questo contributo trova un puntuale riscontro in G.Q. Giglioli, Introduzione, in Museo dell’Impero Romano. Catalogo. Supplemento al Catalogo della Mostra Augustea della Romanità, Roma 1943, pp. III-XVI (in particolare XV). Scopo del presente testo è infatti quello di illustrare come la Mostra Augustea della Romanità in effetti non sia stata altro se non un episodio della più lunga esistenza del Museo dell’Impero Romano. A questo fine desidero qui concentrami soprattutto sulle fonti d’archivio e pertanto piuttosto che appesantire il testo con un apparato di note sulla Mostra Augustea della Romanità che sarebbe necessariamente molto lungo, scelgo di rinviare, ove possibile, a scritti recenti comprendenti rassegne bibliografiche estese su vari aspetti della Mostra o sull’esposizione in sé. 413 aNNa maRIa lIbeRatI Roma, presso il Palazzo delle Esposizioni, fu inaugurata il 23 settembre 1937 ed ebbe la durata di poco più di un anno3 (fig. 1). Fig. 1 – Biglietto di invito all’inaugurazione della Mostra Augustea della Romanità (ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 4, sub sott. 2, b. 2493). Essa rappresentò un avvenimento di portata straordinaria ed ancora oggi costituisce un vasto campo di indagine sotto diversi profili. Tuttavia, l’aspetto che nelle analisi generalmente supera ogni altro è quasi unicamente quello della sua connotazione politica ed in questo senso prevale la tendenza a considerare la Mostra come un fenomeno monolitico a sé stante, concepita nei palazzi del potere, priva di un retroterra e senza una missione significativa se non quella dell’esaltazione del regime. La bibliografia sulla Mostra Augustea della Romanità è molto vasta. Rimane fondamentale F. Scriba, Augustus im Schwarzhemd? Die Mostra Augustea della Romanità in Rom 1937/38, Frankfurt a.M. 1995, mentre per una rassegna bibliografica sino ad anni recenti vd. A.M. Liberati, La Mostra Augustea della Romanità, in «Civiltà Romana», VI (2019), pp. 53-95. 3 414 la mostRa auGustea della RomaNItà Questo contributo, alla luce di fonti d’archivio anche inedite4, intende dimostrare come la Mostra Augustea della Romanità ebbe una lunga gestazione e, soprattutto all’inizio, l’unico scopo di arricchire le collezioni del Museo dell’Impero Romano, costituito, come meglio si dirà in seguito, nel 19275. L’occasione infatti di avvalersi della formidabile ricorrenza del bimillenario della nascita del primo imperatore costituì per Giulio Quirino Giglioli, direttore del Museo6, un’opportunità da non sottovalutare, ma da cui trarre il massimo vantaggio, non potendo egli però immaginare che in seguito la fatidica data del 9 maggio 1936, creazione dell’Impero, avrebbe dato una svolta imprevista e del tutto particolare al suo progetto iniziale. D’altro lato, Carlo Galassi Paluzzi, all’epoca segretario generale dell’Istituto di Studi Romani, andava maturando l’idea di una grande mostra su Roma attraverso la celebrazione di un bimillenario che, all’epoca, dopo quello di Virgilio avrebbe contribuito a dare ancora più lustro all’Istituto ed alle sue politiche culturali7. 4 Il contributo si avvale di documenti conservati presso l’Archivio Centrale dello Stato (ACS), Presidenza del Consiglio dei Ministri (PCM) nonché Segreteria Particolare del Duce (SPD), Carteggio Ordinario (CO), e presso l’Archivio dell’Istituto di Studi Romani (AINSR), serie Congressi, Convegni e Mostre (s. CCM). Nella citazione dei documenti mi sono attenuta alle abbreviazioni d’uso. 5 Sul Museo dell’Impero Romano vd., con relativa bibliografia, i recenti contributi di A.M. Liberati, Il Museo dell’Impero Romano. La genesi, l’istituzione, lo sviluppo, la sorte; F. Scriba, La romanizzazione dell’antichità nel Museo dell’Impero (1927-1939). Una tappa tra l’interpretazione nazionalista di materiali archeologici e la messa in scena olistica in senso fascista; L. Lanzetta, Momenti di vita del Museo dell’Impero Romano nelle carte d’archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani; ed E. Silverio, 21 aprile 1927: l’inaugurazione del Museo dell’Impero Romano nella stampa quotidiana, tutti in «Civiltà Romana», III (2016), pp. 203-360, pubblicati in occasione del 90° anniversario dell’istituzione del Museo. 6 Su Giulio Quirino Giglioli vd. M. Barbanera, Giglioli, Giulio Quirino, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 54, Roma 2000, pp. 707-711 e F. Scriba, La romanizzazione dell’antichità nel Museo dell’Impero, nonché A. Pasqualini, L’antiquaria di gesso: passato e futuro del Museo della Civiltà Romana all’EUR, in «Mediterraneo Antico», 9 (2006), pp. 631-646 anche per quanto attiene ad una valutazione di Giglioli, come uomo e come studioso, in rapporto al fascismo. 7 Su Carlo Galassi Paluzzi e l’Istituto di Studi Romani da lui fondato vd. B. Coccia, Carlo Galassi Paluzzi. Bibliografia e appunti biografici, Roma 2000; A. Vittoria, L’Istituto di Studi Romani e il suo fondatore Carlo Galassi Paluzzi dal 1925 al 1944, in Il classico nella Roma contemporanea. Mito, modelli, memoria, Atti del Convegno di Roma, Istituto Nazionale di Studi Romani, 18-20 ottobre 2000, a cura di F. Roscetti con la collaborazione di L. Lanzetta e L. Cantatore, vol. II, Roma 2002, pp. 507-537, e D. Aramini, Nel segno di Roma. Politica e cultura nell’Istituto di studi romani, in Il primato della politica nell’Italia del Novecento. Studi in onore di Emilio Gentile, a cura di A. Tarquini, Roma-Bari 2016, pp. 35-64. 415 aNNa maRIa lIbeRatI Appunto intorno alle vicende di questi due personaggi ed alla loro reciproca frequentazione nacque l’idea della Mostra, che ognuno di essi cercò di rivendicare come propria, finché con abile intuizione Giglioli propose al capo del governo l’idea di una grande esposizione su Roma e la “romanità”, in tal modo però condannando definitivamente il suo progetto, di portata unicamente culturale, a sottostare ai vincoli ed alle esigenze del regime. Attraverso i documenti dell’Archivio di Stato si vedrà come Giglioli cercò, nei pur scarsi limiti concessi, di mantenere un profilo di autonomia scientifica e gestionale e quanto d’altro lato fosse inviso al PNF che regolarmente sottraeva alla Mostra importanti risorse economiche8. Allo stesso modo si vedrà come per un certo periodo di tempo egli riuscì a contenere i tratti encomiastici e propagandistici ma come, alla fine, dovette cedere al trionfalismo del regime. La Mostra Augustea della Romanità rappresentò dunque, nell’ambito delle celebrazioni del bimillenario augusteo, l’avvenimento catalizzatore per eccellenza rispetto ad altre pur importanti iniziative culturali ad essa più o meno collegate. La sua importanza scientifica, la sua portata mediatica, la sua durata ed unicità, l’eccezionalità delle opere esposte, hanno contribuito a definirla un unicum ed a connotarla come un vero e proprio avvenimento a sé stante, senza un retroterra ed un futuro. Il sopraggiungere poi della Seconda Guerra Mondiale arrestò bruscamente il processo di acquisizione-valorizzazione delle opere esposte in Mostra, interrompendo di conseguenza l’accrescimento delle collezioni del Museo dell’Impero, bloccando quindi un processo durato diversi anni e che aveva costituito lo scopo primario della creazione della Mostra. Un processo in definitiva troppo lungo ed ambizioso, lineare nelle intenzioni di Giglioli, ma che nella realtà dei fatti si dovette scontrare con inevitabili quanto tragici avvenimenti. Tale contingenza costituì la fine di un progetto di estesa portata al quale bene o male sopravvissero la maggior parte delle opere create in occasione della Mostra Augustea della Romanità, gelosamente difese nella loro unitarietà da Giglioli in quanto destinate al grande e definitivo Museo dell’Impero Romano che però non vide mai la luce secondo quelle 8 416 Vd. infra nel testo. la mostRa auGustea della RomaNItà che erano le intenzioni del suo artefice e che di conseguenza non riuscì quindi a sviluppare compiutamente se stesso usufruendo di tutto l’enorme potenziale offerto dalla Mostra. L’esame dei documenti d’archivio quindi ed anche l’esperienza di chi scrive, che ha avuto il privilegio di essere stata a contatto per lunghissimo tempo con le opere sia della Mostra Augustea della Romanità che del Museo dell’Impero, anche – per così dire – nella sua fase embrionale del 1908 e del 1911, costituiscono i tratti distintivi di questo contributo nonché i fattori determinanti per concepire una visione d’insieme non banale né scontata né tantomeno generalizzata del “fenomeno” Mostra Augustea della Romanità e per comprendere di quest’ultima le caratteristiche ed il lungo processo di formazione con esiti fino ai nostri giorni, in una sintesi concettuale oggettivante. L’Aquila e la Croce La Mostra Augustea della Romanità, nell’ambito dell’allora Istituto di Studi Romani, appare ufficialmente per la prima volta nel verbale della Giunta Direttiva dell’Istituto del 12 febbraio 1932 la cui riunione aveva come scopo la formulazione di programmi per la partecipazione dello stesso Istituto alle iniziative in occasione del bimillenario della nascita di Augusto9. Galassi Paluzzi, fondatore ed all’epoca – come già accennato – segretario generale dell’Istituto di Studi Romani portava avanti l’idea che si sarebbe potuto «organizzare una grande Mostra della Roma Imperiale in cui rivivesse nei suoi più vari aspetti la vita della Città nel periodo dell’Impero» e, secondo quanto risulta dal verbale appena sopra citato: […] d’accordo con il Prof. Giglioli, prospetta l’opportunità dell’organizzazione di una “Mostra della Romanità”, della quale delinea sommariamente il carattere concludendo che dovrebbe essere tale da dare un quadro ampio e fedele della vita romana in tutte le sue manifestazioni pubbliche e private 9 AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Lettere di convocazione, ove se ne conserva copia. 417 aNNa maRIa lIbeRatI durante il periodo imperiale. Il Prof. Giglioli mette in rilievo l’importanza ed il vivissimo interesse che questa mostra potrebbe suscitare. Le varie sezioni della Mostra potrebbero essere dedicate all’Imperatore, alla Corte, ai Sacerdoti, alle costruzioni, alla vita famigliare, alla vita militare, ai commerci, ai giuochi, ecc. Tutta la vita di Roma imperiale potrebbe riapparire in uno specchio fedele dato dai monumenti, cimeli, figurazioni varie, che potrebbero essere utilmente inquadrate in ricostruzioni di ambienti. La Mostra in realtà era ben presente da tempo nel pensiero di Galassi Paluzzi che vedeva nel bimillenario augusteo l’occasione per realizzare il suo progetto. Viceversa Giglioli, che in seno all’Istituto oltre a ricoprire la carica di componente della Giunta Direttiva presiedeva la Sezione Antichità dei Congressi Nazionali di Studi Romani, in una lettera al Governatore di Roma del luglio 1931 – di cui si rinvengono le premesse già nella deliberazione del 21 agosto 1926 istitutiva del Museo dell’Impero Romano – aveva posto le basi per un indispensabile, futuro accrescimento del Museo10. Nel gennaio dello stesso 1932 inoltre Antonio Maria Colini, ispettore archeologo del Governatorato e componente della Commissione Direttiva del Museo dell’Impero Romano, aveva ribadito, rivendicandola al Museo, l’idea di «una mostra della vita romana»11. L’allestimento del Museo del 1927 infatti, dopo alcuni ambienti introduttivi ed una serie di sale organizzate secondo le antiche province dell’impero, presentava una piccola porzione di sezione dedicata alla Vita popolare romana, primo 10 Deliberazione del Governatore di Roma n. 6073 del 21 agosto 1926, Relazione per un Museo dell’Impero Romano ed in particolare il passaggio: «è soltanto da noi che tutto ciò va veramente e devotamente studiato ed esaltato, sia per non disperdere, ma mettere in sempre maggior valore così insigni resti archeologici, sia ancor più per rafforzare la conoscenza di ciò che fummo e trovarne norme e eccitamento a rinnovare i fasti dell’antica grandezza. Solo a Roma e in nome di Roma ciò può farsi. Ora per farlo non bastano i libri e le fotografie: ma bisogna integrare questo materiale con calchi di monumenti, piante, plastici, ricostruzioni, grandi carte geografiche e topografiche ecc.». La lettera al Governatore del luglio 1931 è citata nella lettera da G.Q. Giglioli a C. Galassi Paluzzi dell’8 luglio 1932: vd. in AINSR, s. CCM, b. 213, f. 34, sott. Bimillenario Augusteo. Mostra Romanità. Giglioli. 11 AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Carteggio con i membri della Commissione, sub sott. Colini, copia fotografica della lettera da A.M. Colini a C. Galassi Paluzzi del 15 gennaio 1932 e copie – dattiloscritta e fotografica – della velina della lettera da C. Galassi Paluzzi ad A.M. Colini del 16 gennaio 1932. 418 la mostRa auGustea della RomaNItà nucleo di quella scelta tematica che sarebbe stata molto evidente negli anni a venire e fino ai nostri giorni12. A maggio del 1932 infine, allo scopo di imprimere una svolta decisiva alla questione, Giglioli, sempre intendendo la Mostra quale naturale sviluppo per le collezioni del Museo, riuscì ad ottenere dal capo del governo l’incarico di direttore generale di un grande evento, da predisporre in occasione del bimillenario della nascita di Augusto: la Mostra Augustea della Romanità13. Ancora a luglio dello stesso anno Galassi Paluzzi reclamava la paternità delle manifestazioni per il bimillenario, Mostra compresa, a partire dal 1930 in occasione del II Congresso Nazionale di Studi Romani in quanto «elaborate in seno all’Istituto» e affermava con forza che esse dovessero essere affidate per la realizzazione all’Istituto stesso: «[…] io debbo farti presente […] che pur essendo naturalmente tu il Direttore Generale della Mostra, l’opera deve risultare organizzata dall’Istituto di Studi Romani, sia pure con gestione autonoma per quanto riguarda la parte finanziaria». A questo punto la replica di Giglioli consacrò definitivamente la questione nel modo e nei termini passati alla storia14: dunque è facile precisare chiaramente la cosa. Il Duce ha fatto sua l’idea della Mostra e l’ha lanciata come una iniziativa del Governo, il Duce ha messo me Direttore Generale, e un piccolo Comitato per coadiuvarmi. L’Istituto di Studi romani è rappresentato nel Comitato stesso dal suo Segretario Generale (che poi riassume in sé tutta la sua attività) ed è incaricato esso della gestione autonoma dei fondi. È chiaro quindi che Direzione Generale della Mostra e Istituto di Studi Romani sono due organi perfettamente autonomi e se, come è nostra comune intenzione, l’Istituto di Studi Romani sarà pregato di assumersi, specialmente nel periodo risolutivo, compiti non solo finanziari; [sic] ma organizzativi ciò avverrà per accordi che prenderemo volta per volta tra la Direzione della Mostra e l’Istituto stesso. 12 Si veda a tale proposito Catalogo del Museo dell’Impero Romano, a cura di G.Q. Giglioli, Roma 1927, pp. 135-136. Sulla sezione della Vita popolare romana nel 1927 e successivamente nel 1929 vd. Liberati, La Mostra Augustea della Romanità, p. 61 nota 16. 13 Questa prima udienza ebbe luogo venerdì 13 maggio 1932 alle ore 18.30. Vd. ACS, SPD, CO, 1922-43, b. 2285, f. 546.254. Vd. anche infra nel testo. 14 AINSR, s. CCM, b. 213, f. 34, sott. Bimillenario Augusteo. Mostra Romanità. Giglioli, scambio di corrispondenza del 7-8 luglio 1932 (sottolineato nell’originale citato). 419 aNNa maRIa lIbeRatI Giglioli, sempre in questa stessa replica faceva anche notare come non avendo avuto alcun esito – per mancanza di fondi – la richiesta avanzata al Governatore nel 1931, fosse stato interessato al progetto Galassi Paluzzi e solo allora «si pensò tra me e te […] di trasportare la Mostra al Bimillenario Augusteo». Sempre durante il mese di luglio 1932 la questione veniva ancora dibattuta tra i due ma il richiamo all’interessamento diretto di Mussolini si rivelò dirimente, al punto da indurre infine a concordare il testo da verbalizzare in sede di Giunta Direttiva circa i rapporti tra la Mostra, il Museo e l’Istituto. Ancora nello stesso mese di luglio, il verbale della riunione del Comitato Ordinatore così riportava: «il prof. GIGLIOLI riferisce anzitutto sullo stato della pratica in corso presso la Presidenza del Consiglio relativa alla Mostra e propone che nel titolo di essa venga indicato come ente promotore, accanto al Museo dello [sic] Impero, anche l’Istituto di Studi Romani. Il prof. GALASSI-PALUZZI si dichiara soddisfatto»15. La questione della “paternità” della Mostra venne da ultimo definitivamente appianata e resa ufficiale nel III Congresso Nazionale di Studi Romani dell’aprile 1933, che tra i temi fondamentali presentava proprio La celebrazione del Bimillenario Augusteo. 13 maggio 1932 Venerdì 13 maggio 1932 alle ore 18.30 Giglioli, nel corso di una delle udienze periodiche concessegli dal capo del governo per esporre i progressi del Museo dell’Impero Romano, presentava il progetto di una grande esposizione su Roma e la sua civiltà, la Mostra Augustea della Romanità16. La notizia, pubblicata nella prima pagina de «Il Giornale d’Italia» del 15 maggio, rappresentò l’atto pubblico di nascita della Mostra17 (fig. 2): 15 AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del luglio 1932, privo dell’indicazione del giorno. 16 Cfr. nota 13. 17 ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 2, b. 2493. 420 la mostRa auGustea della RomaNItà Fig. 2 – Particolare dalla prima pagina de «Il Giornale d’Italia» del 15 maggio 1932 (ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 2, b. 2493). uNa GRaNde mostRa auGustea della RomaNItà Il Capo del Governo ha ricevuto il prof. Giulio Quirino Giglioli, che gli ha riferito sullo sviluppo del Museo dell’Impero, nel quale sono state sistemate le sale, aumentate le collezioni ed ordinati i cataloghi. Il prof. Giglioli ha proposto, e il Capo del Governo ha approvato, la preparazione per il bimillenario di Augusto (1937-1938) di una grande Mostra Augustea della Romanità, che accoglierà la documentazione più interessante della civiltà di Roma da tutte le Nazioni che fecero parte dell’Impero Romano. 421 aNNa maRIa lIbeRatI Il 23 giugno 1932 alle ore 19.15 Giglioli ricevuto di nuovo da Mussolini consegnava il Piano della Mostra Augustea della Romanità per il II millenario della nascita d’Augusto, articolato in 28 sezioni18. In questa prima versione del progetto Giglioli, pur discostandosi dalla concezione espositiva che aveva caratterizzato la Mostra Archeologica del 1911, ne rimaneva in un certo senso ancora vincolato, come appare evidente soprattutto nelle prime 3 sezioni: Le sacre leggende di Roma, La conquista dell’Impero ed Augusto, quasi sovrapponibili alle rispettive del 1911, Roma Aeterna, Imperium Romanum e Divus Augustus Pater. Per le altre parti, elaborando un concetto in via di sperimentazione nel Museo dell’Impero Romano, Giglioli iniziò ad adottare la suddivisione della materia per temi, avvicinandosi in questa scelta al criterio distintivo dell’esposizione definitiva. Ad un esame più approfondito si notano inoltre diverse altre caratteristiche, consistenti soprattutto nel raggruppamento di più sezioni che invece nel 1937 saranno meglio sviluppate, anche in ragione dell’aumento delle materie trattate. Le Artes ad esempio comprendevano la pittura, la scultura, l’architettura, la musica, le lettere, l’oratoria e la stenografia. È facile comprendere come quasi tutti i temi elencati a loro volta ne sottintendessero altri ugualmente importanti. L’inserimento della stenografia che compare alla lettera «g», ultima nell’elenco, trova un riscontro d’archivio in una specifica richiesta presentata il 27 giugno del 1932 dal presidente dell’Associazione Razionalistica di Stenografia che, scrivendo al capo del governo, definiva la stenografia «degna compagna della scrittura e fedele ancella dell’oratoria […]». La richiesta era stata avanzata in quanto tale materia per errore non era stata indicata nell’articolo de «Il Giornale d’Italia» del 25 giugno che riportava il programma dell’esposizione. In Mostra la stenografia risultò poi in effetti presente all’interno della sala LXVIII Le biblioteche nella parte dedicata alle notae tironianae19. 18 Ibidem. Circa la data della seconda udienza con Mussolini vd. ACS, SPD, CO, 1922-43, b. 2285, f. 546.254. 19 Per la lettera del presidente dell’Associazione Razionalistica di Stenografia al capo del governo, di cui supra nel testo è citato uno stralcio, vd. ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 2, b. 2493. Nella stessa posizione d’archivio si rinviene una copia de «Il Giornale d’Italia» del 25 giugno 1932. Circa la sala LXVIII della Mostra Augustea della Romanità vd. Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, vol. I, a cura di R. Vighi, C. Caprino, Roma 19384 (definitiva), pp. 813-820 ed in particolare 816 per le notae tironianae e la stenografia. 422 la mostRa auGustea della RomaNItà Inoltre, altre sezioni di questo primitivo programma avrebbero avuto un esito magniloquente come quella dedicata inizialmente a Fascismo e romanità, divenuta successivamente Immortalità dell’idea di Roma. La rinascita dell’Impero nell’Italia Fascista. Altre ancora si sarebbero evolute a seguito di avvenimenti tali da imporre l’obbligo della convivenza tra la necessità scientifica e l’attualità della politica. È questo il caso dell’idea di Roma, tema svolto inizialmente nelle sezioni La Chiesa cristiana e Il sopravvivere dell’idea imperiale nel medioevo che, nella versione del 1937, sarebbe stato invece circoscritto solamente alla Chiesa in quanto unica depositaria dell’eredità dell’impero e della sua universalità. Questo lungo processo di elaborazione dei criteri espositivi della Mostra Augustea della Romanità, caratterizzato da un affrancamento dai principi della Mostra Archeologica del 1911 e dal recepimento di quelle innovazioni già presenti nel Museo dell’Impero Romano, è chiaramente spiegato da Giglioli stesso nella Presentazione al Catalogo della Mostra20. In data 16 luglio1932 Giglioli inviava al capo di Gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri Guido Beer un piano dettagliato circa l’organizzazione ed il finanziamento della Mostra, necessario per poter valutare l’entità dei fondi21. Tale piano, sottoposto al capo del governo il 24 agosto, incontrò inizialmente alcune perplessità in quanto vi erano specificate solo le spese e non gli eventuali introiti, tanto che in un angolo del documento lo stesso Mussolini scrisse «ci sono le spese / quante le entrate? / M.» (fig. 3). Il 24 settembre Giglioli presentava quindi un nuovo piano finanziario «in cui sono state preventivate in L. 4.930.000 le entrate e in L. 4.846.000 le spese». Il relativo appunto, da cui peraltro è stata tratta la citazione, presentato dal Gabinetto a Mussolini mostrava questa volta il “visto” del capo del governo22. Il 2 giugno 1933 veniva emanato il Decreto relativo alla nomina del Comitato Ordinatore della Mostra che riportava i nomi di Giulio Quiri20 G.Q. Giglioli, Presentazione, in Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, vol. I, pp. XI-XXII (in particolare XVI-XVII). Circa l’impostazione delle prime sale del Museo dell’Impero Romano a confronto con le prime sezioni della Mostra Archeologica vd. E. Silverio, Divus Augustus pater. Augusto, Roma, l’Italia e l’Impero nel Cinquantenario del Regno d’Italia, in «Civiltà Romana», III (2016), pp. 75-150. 21 ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 2, b. 2493. Cfr. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale di luglio 1932. 22 ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 2, b. 2493. 423 aNNa maRIa lIbeRatI Fig. 3 – Prima pagina dell’appunto del Gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il capo del governo datato 24 agosto 1932 con rescritto autografo di Mussolini (ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 2, b. 2493). 424 la mostRa auGustea della RomaNItà no Giglioli quale direttore generale, di Attilio Selva, Carlo Galassi Paluzzi e Pietro Romanelli come membri, di Antonio Maria Colini come segretario e di Arrigo Facchini quale amministratore con funzioni di tesoriere-cassiere. Del giorno successivo è il Decreto autorizzativo della Mostra, registrato alla Corte dei Conti e pubblicato in estratto sulla «Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia», anno 74°, numero 147 del 26 giugno 1933, parte prima23. L’inserimento di Attilio Selva nel Comitato era stato in un certo modo imposto dalla Confederazione Nazionale Sindacati Fascisti Professionisti ed Artisti, arrecando un fastidioso ritardo nell’emanazione del Decreto già pronto nel mese di marzo. L’accoglimento di Selva tuttavia si rivelò per Giglioli funzionale a tenere a bada le mire dell’Istituto Fascista di Cultura, presieduto da Giovanni Gentile, tese ad imporre un proprio rappresentante all’interno del Comitato24 (fig. 4). Dall’esame dei documenti che attestano questa prima fase della genesi della Mostra emerge come Giglioli, avendo ben presente il clima politico-culturale dell’epoca e forte della sua stessa esperienza prima nel nazionalismo e poi nel fascismo, tendesse ad ottimizzare la possibile convergenza tra i progressi in fieri del Museo dell’Impero Romano e gli indirizzi del regime per cercare di ottenere il massimo risultato secondo quello che era il suo scopo primario e cioè l’ampliamento delle collezioni del Museo, di cui la Mostra costituiva in realtà solo un importante tassello. In definitiva si trattò di una grande rappresentazione in cui nuovi indirizzi scientifici, politica ed ideologia si mescolarono, declinandosi tra loro con innumerevoli sfumature, in modo tale che difficilmente se ne possono isolare le diverse componenti evidenziandone alcune a discapito di altre, pena un sostanziale depauperamento nella comprensione del quadro d’insieme ed una generalizzata banalizzazione. 23 Copia-minuta del Decreto di nomina del Comitato Ordinatore e del Decreto autorizzativo della Mostra Augustea della Romanità sono in ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 2, b. 2493. 24 AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35 sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione dell’8 maggio 1933: «il prof. GIGLIOLI comunica una lettera del Sen. Gentile in cui prega di mettere nella Commissione il dr. De Mattei come rappresentante dell’Istituto Fascista di Cultura, ed informa di aver risposto in senso negativo facendo noto come non si tratti di una vera Commissione, ma solo di una giunta esecutiva». 425 aNNa maRIa lIbeRatI Fig. 4 – Una delle minute, recante da ultimo la data di maggio 1933, del Decreto del capo del governo relativo alla nomina del Comitato Ordinatore della Mostra Augustea della Romanità. Si noti l’inserimento manoscritto del nominativo di Selva tra quelli di Giglioli e di Galassi Paluzzi (ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 1, b. 2493). 426 la mostRa auGustea della RomaNItà L’esposizione La Mostra Augustea della Romanità ebbe la sua sede nel Palazzo delle Esposizioni in via Nazionale, opportunamente ristrutturato dal Governatorato soprattutto nei locali del piano inferiore precedentemente adibiti a magazzini dell’economato. L’esposizione si componeva quindi di un primo piano comprendente le sale dalla I Atrio della Vittoria alla XXVI Immortalità dell’idea di Roma. La rinascita dell’Impero nell’Italia Fascista; di un piano inferiore che iniziando dalla scala A, Scala della Colonna dei Decennali, racchiudeva le sale dalla XXVII, dedicata in parte agli Impianti igienici ed in parte all’Arco di Tripoli, alla L Monumenti sepolcrali II e terminava con la scala B, Scala della Colonna di Magonza; la sala LI, divisa in due ambienti, costituiva l’accesso ad un piano secondo che presentava le sale dalla LII L’Industria e l’Artigianato I alla LXXXII I Tesori di argenterie (fig. 5). La superficie della Mostra venne inoltre ampliata con l’aggiunta di grandi padiglioni e spazi espositivi appositamente allestiti per ospitare al primo piano le sale XIII La casa augustea e XVII L’Esercito, situate rispettivamente in un cortile del lato destro del Palazzo e lungo il lato corto prospiciente via Piacenza e, nella terrazza del secondo piano, la sala LX Ricostruzione della Roma Imperiale. Tali aree svilupparono 1.300 mq e, partendo da una somma inizialmente preventivata di L. 850.000, a gennaio 1936 avevano prodotto già una maggiorazione stimata in L. 450.00025. Le spese relative alla preparazione, allestimento ed esercizio della Mostra sono riassunte in una lunga relazione presentata da Giglioli alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 5 dicembre 1937. Tale relazione, che fa il punto della situazione a poco più di due mesi dall’apertura, è una delle fonti più importanti per conoscere il funzionamento e le diffi- 25 AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 14 gennaio 1936, pp. 13 e 15. Per le spese di allestimento calcolate a fine Mostra vd. I. Gismondi, Relazione sui lavori di sistemazione della Mostra nel Palazzo delle Esposizioni, in Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione, pp. 116-119. Per le spese generali della Mostra rispetto a quanto preventivato nel 1936 vd. la relazione di Giglioli alla Presidenza del Consiglio dei Ministri del 5 dicembre 1937, con particolare riguardo all’allegato di cui infra nel testo, in ACS, PCM 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 5, sub sott. 2, b. 2494, in cui si nota la correzione a penna della data da “5 dicembre” a “10 dicembre”. La relazione è riprodotta in Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione, pp. 79-87. 427 aNNa maRIa lIbeRatI Fig. 5 – Planimetria della Mostra Augustea della Romanità (da G.Q. Giglioli, La Mostra Augustea della Romanità, in «Architettura», XVII [1938], 11, pp. 655-666 [656]). 428 la mostRa auGustea della RomaNItà coltà di un meccanismo così complesso. Giglioli, che aveva ottenuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri lo stanziamento di L. 4.000.000 concessi a piccole rate a partire dal dicembre del 1932 in cui ricevette L. 50.00026, si trovò a fronteggiare sin dall’inizio innumerevoli problemi, dal costo relativo all’esecuzione di calchi27, plastici e riproduzioni, al materiale di studio, fotografico e documentario, alle spese dei trasporti e di immagazzinamento delle opere, alle missioni in Asia, Africa ed Europa, agli stipendi e compensi per i collaboratori, al catalogo ed al «materiale di propaganda»28, per non parlare in seguito delle spese di allestimento degli spazi del Palazzo delle Esposizioni, del personale in servizio – custodi, cassieri, personale per le pulizie e vigili del fuoco –, fino a quelle dell’energia elettrica e del riscaldamento, manutenzione ordinaria e straordinaria, vestiario, posta, telefono, pubblicità e molto altro ancora29. Giglioli, che peraltro prestò sempre la propria opera gratuitamente, per anni e con frequenza regolare presentò relazioni su quanto man mano andava realizzando al capo del governo per ottenere l’approvazione del suo operato. Questa cospicua documentazione, oltre a far puntualmente conoscere ogni particolare della complessa macchina organizzativa, rivela anche con chiarezza la posizione di Giglioli nei confronti del regime30. Si 26 Ibidem, p. 24, riproduzione della lettera di Giglioli a Edmondo Rossoni, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri del 9 febbraio 1934. 27 Proprio in merito all’esecuzione di calchi Giglioli, in un promemoria a Medici del Vascello del 21 gennaio 1937, lamenta «un sensibile aumento nei costi, sia per l’alterazione dei cambi, sia per l’aumento delle mercedi. / Basti, ad esempio, ricordare per uno dei molti lavori eseguiti all’estero, che la somma preventivata di lire 15.000 necessarie per pagare le 150.000 dracme occorrenti all’acquisto di alcuni calchi di monumenti dei Musei della Grecia, è diventata, quando il Sottosegretariato per gli Scambi e per le Valute ha dato la necessaria autorizzazione, lire 27.000 essendo la dracma aumentata quasi del doppio». Vd. Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione, p. 43. 28 Ibidem, p. 127. 29 L’organico definitivo del personale di custodia e pulizia fu il seguente: «1 ispettore, 4 capisquadra, 102 addetti alla custodia e sorveglianza dei locali e degli ingressi, 9 inservienti per le pulizie, 6 addette ai gabinetti e al guardaroba. Tale numero fu gradualmente ridotto non appena le circostanze lo permisero». Ognuno fu fornito di abito di servizio appositamente confezionato: vd., anche per la citazione, Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione, p. 121. 30 La posizione di Giglioli, tesa alla realizzazione di un proprio ideale di Museo dell’Impero Romano che rimonta almeno alla Mostra Archeologica del 1911 ed in grado di “usare” a questo scopo la stessa politica culturale del regime – rendendosene al contempo protagonista 429 aNNa maRIa lIbeRatI apprende quindi come diversi aspetti, relativi soprattutto all’allestimento ed in seguito divenuti distintivi della Mostra, non furono affatto pianificati da Giglioli, né tantomeno esito di una sua precisa volontà. Il caso più rappresentativo riguarda la facciata del Palazzo delle Esposizioni. Nella riunione del Comitato Ordinatore del 14 gennaio 1936 Giglioli auspicava che il capo del governo prendesse una decisione in merito, ma già nel promemoria presentato il 30 dicembre 1935 scriveva31: occorre poi che S.E. il Capo del Governo si compiaccia decidere quello che dovrà essere la facciata della Mostra, la quale potrà consistere sia in un semplice adattamento dell’attuale, sia nella costruzione di una nuova facciata provvisoria come fu fatto per la Mostra del Fascismo. In ogni modo tale lavoro, più o meno costoso, dovrà essere finanziato a parte non essendo stato compreso nel preventivo a suo tempo presentato. Così pure occorre che il Capo del Governo decida se le sale dovranno essere lasciate disadorne con semplice estetica ed efficace esposizione del materiale, oppure dovranno essere invitati artisti a creare opere d’arte moderna che riassumano concetti, simboli e fatti e diano un aspetto di creazione artistica ad ogni sezione. E’ naturale che in questo caso la somma preventivata di lire 850.000 per il montaggio, dovrà essere integrata del costo prevedibile di queste opere d’arte. Tra i documenti a corredo del promemoria spiccano i preventivi per la facciata e per i padiglioni provvisori32. Per la facciata venivano presentati due progetti, il primo ne prevedeva il rifacimento con «pareti intonacate su rete metallica e sostenute da armature in traliccio di ferro e legno; fasci e non senza giungere a compromessi – emerge principalmente dai documenti sulla Mostra Augustea conservati presso l’Archivio Centrale dello Stato, in corso di pubblicazione da parte della scrivente e di Enrico Silverio, nonché da quelli stessi conservati presso l’Istituto Nazionale di Studi Romani. Non appena sarà di nuovo possibile consultare i documenti dell’Archivio storico della Mostra – conservati presso il Museo della Civiltà Romana, chiuso al pubblico ed ai ricercatori dal 2014 – si avranno ulteriori e più approfondite conferme. Per l’Archivio Centrale dello Stato vd. per ora A.M. Liberati, E. Silverio, Le fonti sulla Mostra Augustea della Romanità nelle carte dell’Archivio Centrale dello Stato, I: «dovrà riuscire un’importante opera di cultura» e II: «Permanente / M», entrambi in «Civiltà Romana», VI (2019), pp. 131-235 e VII (2020), pp. 177-284. 31 AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 14 gennaio 1936, p. 14 e cfr. Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione, p. 27. 32 Ibidem, p. 28. 430 la mostRa auGustea della RomaNItà in lamiera di rame», il cui costo, comprensivo del lavoro del progettista, ammontava a L. 475.000. Il secondo contemplava l’«adattamento della facciata attuale» per un costo di L. 75.000. Circa i padiglioni provvisori, che inizialmente contavano anche un termopolium, i preventivi prevedevano un costo di L. 425.000, ma nel tempo questa cifra subì diverse modifiche dovute alle condizioni dei contratti d’appalto, a nuove voci nei capitolati e ad esigenze sopravvenute, quali ad esempio la creazione di un ambiente chiamato Serra sulla terrazza a fianco del padiglione del Plastico di Roma per permettere un migliore scorrimento del flusso dei visitatori, nonché spogliatoi per il personale di custodia33. La facciata infine venne realizzata secondo il progetto dell’architetto Alfredo Scalpelli che occultò l’intera parte centrale del prospetto piacentiniano con una costruzione provvisoria in legno, rete metallica ed intonaco ispirata all’arco di Diocleziano di Philae, espresso secondo la visione modernista del tempo. I quattro pilastri del corpo centrale apparivano sormontati da calchi di statue colossali di barbari prigionieri e la chiave di volta del fornice centrale decorata da un «calco restaurato» della Vittoria di Metz, mentre nei due corpi laterali del Palazzo erano riportati, in traduzione italiana, passi di autori classici «esaltanti l’amor di patria dei Romani e la loro opera di civiltà nel mondo»34. La facciata fu eseguita appena due mesi prima dell’apertura della Mostra ed ebbe un costo di L. 189.242,79, comprensivo anche della costruzione della biglietteria, ricavata nello spazio esistente tra il Palazzo e la Chiesa di San Vitale35. Nel complesso, secondo le stime più aggiornate, il lavoro subì un aumento di L.140.000 rispetto a quanto preventivato36. 33 Vd. a questo proposito Gismondi, Relazione, p. 117. Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, vol. I, pp. 3-5 (in particolare 3). 35 Gismondi, Relazione, p. 117. 36 Lettera da Giglioli a Medici del Vascello del 25 agosto 1937 in ACS, PCM,1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 5. sub sott. 2, b. 2494. A questo proposito vd. anche A.M. Liberati Silverio, La Mostra Augustea della Romanità. L’allestimento della facciata, il progetto e l’organizzazione delle sale, il consuntivo della manifestazione, l’eredità, in Il Palazzo delle Esposizioni. Urbanistica e Architettura. L’esposizione inaugurale del 1883. Le acquisizioni pubbliche. Le attività espositive, a cura di R. Siligato, M.E. Tittoni, Catalogo della Mostra di Roma, Palazzo delle Esposizioni, 12 dicembre 1990 - 14 gennaio 1991, Roma 1990, pp. 223-227. 34 431 aNNa maRIa lIbeRatI Alla fine anche alcune sale dovettero subire modifiche e vennero connotate con «creazione artistica» allo scopo di offrire una visione di grandezza e di esaltazione del regime, in un rimando concettuale di valori tra la Roma antica e quella contemporanea. Tra le sale che Giglioli dovette uniformare a questo criterio l’Atrio della Vittoria, al cui centro fu collocato il calco della bellissima statua della Vittoria dal Capitolium di Brescia, di recente riportata alla luce; la Sala dell’Impero, con la ricostruzione al vero del pronao del tempio di Roma ed Augusto ad Ancyra, palcoscenico d’eccellenza per i discorsi ufficiali; la sala di Augusto, «cuore della Mostra»; la sala de Il Cristianesimo, «la quale rivestiva in Roma una così eccezionale importanza»; la sala dedicata a l’Immortalità dell’idea di Roma. La rinascita dell’Impero nell’Italia Fascista, «che fa rivivere l’Impero di Roma, essendo stata creata con importante adattamento architettonico e adornata di molte epigrafi e dalla statua della Vittoria fiancheggiata dai busti del Re e del Duce (opera dell’Accademico S.E. Selva)»37. Come già accennato, i rapporti del PNF con Giglioli non furono affatto collaborativi e quest’ultimo ebbe spesso a lamentarsi con la Presidenza del Consiglio dei Ministri della “disobbedienza” del partito alle disposizioni di Mussolini. Il disaccordo verteva su una non trascurabile fonte di finanziamento della Mostra, derivante dalla timbratura dei biglietti ferroviari. La timbratura era infatti abbinata all’acquisto del biglietto d’ingresso a mostre e manifestazioni, favorendo quindi i viaggi in treno collegati a tali visite, con evidenti vantaggi sia degli utenti che degli organizzatori degli eventi di volta in volta beneficiari. In un appunto del Gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri a Mussolini del 27 dicembre 1937, si riportava che Giglioli aveva espresso voti affinché38: […] alla chiusura della Mostra del tessile nazionale [sic] la timbratura dei biglietti ferroviari sia riportata nell’interno della Mostra Augustea e vi sia man37 Relazione di G.Q. Giglioli alla Presidenza del Consiglio dei Ministri del 5 dicembre 1937: vd. ACS, PCM 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 5, sub sott. 2, b. 2494, pp. 6-7 del documento e Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione, pp. 82-83. Cfr. nota 25. 38 ACS, PCM,1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 4, sub sott. 1, b. 2493 e cfr. Liberati, Silverio, Le fonti sulla Mostra Augustea della Romanità nelle carte dell’Archivio Centrale dello Stato, II, pp. 186 e 221. 432 la mostRa auGustea della RomaNItà tenuta fino alla chiusura, anche nella eventualità che dovessero nel frattempo aver luogo in Roma altre manifestazioni. Ciò per la necessità di aumentare l’afflusso dei visitatori, che da una media giornaliera di 2500 nei primi due mesi di apertura, sono discesi a circa 950 dopo il trasferimento della timbratura dei biglietti dalla Mostra Augustea a quella del Tessile […]. Mussolini autorizzava il voto di Giglioli con l’apposizione di un «Si» vergato a mano in rosso sull’appunto (fig. 6). La richiesta non era peregrina in quanto, pur terminando la Mostra del Tessile Nazionale il 31 gennaio 1938 – era stata inaugurata il 18 novembre 1937 –, ad essa ne sarebbero seguite altre, ad esempio quella del Dopolavoro tra il 24 maggio ed il 1 settembre193839. Giovanni Marinelli, segretario amministrativo del partito, con lettera del 12 gennaio 1938 indirizzata al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri rispondeva alla comunicazione della stessa Presidenza che lo aveva messo a conoscenza della decisione di Mussolini in favore della Mostra Augustea, ricordando altre prossime mostre – quella del Sindacato Romano di Belle Arti e quella dell’OND – per nulla deciso a cedere sul punto della timbratura dei biglietti ferroviari che costituivano un importante cespite. Portato a conoscenza di Giglioli il contenuto della lettera, quest’ultimo scriveva al sottosegretario di Stato Medici del Vascello40: […] ti accludo la risposta alla lettera per la timbratura. Se credi che debba modificarla, dimmelo. Io confido anche questa volta nel tuo intervento: occorre specialmente assicurare la timbratura nel periodo di Pasqua e della venuta di Hitler, non essendo possibile che una modestissima Mostra di Sindacato sia preferita a una della importanza dell’Augustea, specialmente dopo i precisi ordini del Duce […]. 39 Circa il ruolo del Circo Massimo nella propaganda del regime vd. V. Vidotto, I luoghi del fascismo a Roma, in «Dimensioni e Problemi della Ricerca Storica», n. 2/2005, pp. 39-51. Per le mostre del PNF al Circo Massimo vd. F. Matitti, Note sulla presenza degli artisti alle mostre del Circo Massimo (1937-1938), in La capitale a Roma. Città e arredo urbano (1870-1945), Catalogo della Mostra di Roma, Palazzo delle Esposizioni, 2 ottobre - 28 novembre 1991, Roma 1991, pp. 132-139. 40 Lettera informale, vergata a mano, di Giglioli a Medici del Vascello del 27 gennaio 1938 in ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 4, sub sott. 2, b. 2493. 433 aNNa maRIa lIbeRatI Fig. 6 – Prima pagina dell’appunto del Gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il duce datato 27 dicembre 1937 con rescritti autografi di Mussolini (ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 4, sub sott. 1, b. 2493). 434 la mostRa auGustea della RomaNItà Giglioli cercò comunque di evitare uno scontro frontale con il PNF poiché intuiva che si sarebbe rivelato improduttivo, tentando invece di ricondurre la questione sul piano del ragionamento, facendo osservare come fosse importante per la Mostra Augustea poter usufruire delle entrate rappresentate dalla timbratura dei biglietti ferroviari dal momento che, a differenza delle altre mostre, non aveva «la possibilità, anche per precisi ordini superiori, di avere “attrattive” di sorta, non può avere neppure quel piccolo utile che viene da percentuali di vendita del materiale esposto […]». Ricordava quindi come la concessione relativa ai biglietti ferroviari, in vigore dal 1932 ma progressivamente limitata a favore delle iniziative del partito, imponesse all’organizzazione della Mostra la necessità di ulteriori economie oltre quelle già in atto, causate dall’aumento del costo della manodopera e dalle spese per l’allestimento della facciata e di alcune sale da rendere più rappresentative. Dopo aver svolto una serie di considerazioni, Giglioli suggeriva una soluzione che prevedeva nei riguardi delle mostre del partito lo stesso trattamento riservato all’«Augustea» e cioè che ogni mostra dovesse usufruire della concessione della timbratura per la metà del periodo di apertura. La questione venne rimessa a Mussolini con un appunto del Gabinetto della Presidenza del 1 febbraio 1938 che riportava in sintesi i passaggi della lunga lettera di Giglioli41: […] A conferma di ciò egli fa rilevare che, mentre nel mese di ottobre e nei primi 18 giorni del mese di novembre, in cui si poté fruire della timbratura, l’entrate [sic] della Mostra sono state rispettivamente di L. 270.000 e di L. 156.000, nei mesi di dicembre e di gennaio esse si sono ridotte a circa L. 80.000 mensili, somma del tutto insufficiente a fronteggiare le spese di gestione, quantunque queste, con l’adozione dei più rigorosi criteri di economia, siano state ridotte da L. 180.000 a L. 130.000 mensili, cui devonsi aggiungere però oltre 20.000 lire mensili per il riscaldamento durante i mesi invernali. Oltre a ciò, bisogna tener presente che la Mostra dovrà rimborsare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la somma di L. 450.000 anticipatale sulle sue entrate, perché potesse far fronte alle maggiori spese incontrate per l’allestimento […]. 41 Ibidem, appunto del Gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il duce del 1 febbraio 1938 con rescritti autografi di Mussolini. 435 aNNa maRIa lIbeRatI Fig. 7 – Prima pagina dell’appunto del Gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il duce datato 1 febbraio 1938 con rescritti autografi di Mussolini (ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 4, sub sott. 2, b. 2493). 436 la mostRa auGustea della RomaNItà Mussolini anche in questo caso diede ragione a Giglioli in modo inequivocabile, vergando di proprio pugno sulla prima pagina dell’appunto le parole «Si» e «Giglioli ha ragione», sottolineando diverse volte quest’ultima parola (fig. 7). Marinelli reagì a queste disposizioni in maniera alquanto stizzosa lasciando intendere che considerava l’intera questione ben lungi dall’essere definita42. Alla Mostra Augustea rimase il contributo «a forfait di lire 300.000 circa» versate in tre rate, concesse dal PNF quale compenso per il mancato introito derivato dalla timbratura dei biglietti ferroviari43. Altro motivo di frizione con il PNF fu l’inserimento della data di inaugurazione della Mostra nel Calendario del regime dell’anno XV E.F.44 (fig. 8). Infine la Mostra Augustea della Romanità fu compresa nel Calendario ma con una significativa trascuratezza venne definita «Mostra del bimillenario di Augusto» figurando accanto alla più correttamente indicata «Mostra permanente della Rivoluzione fascista»45. Le opere Nel 1911, inaugurata da poco la Mostra Archeologica, realizzata da Rodolfo Lanciani presso le Terme di Diocleziano appositamente restaurate, il giovane Giulio Quirino Giglioli, suo segretario generale, già scriveva dell’intenzione di voler costituire un «Museo dell’Impero Romano in Roma, che è desiderato da ogni studioso»46. Il sopraggiungere della 42 Ibidem, lettera di Marinelli a Medici del Vascello del 28 febbraio 1938. Per la citazione vd. Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione, p. 58. Vd. inoltre ibidem, p. 92 in cui Giglioli afferma che il contributo, da versarsi in tre rate, alla data del 31 dicembre 1937 ancora non era stato saldato con il versamento della terza rata. Cfr. anche ibidem, in modo particolare pp. 94 e 102. 44 Vd. il carteggio tra Giglioli e Medici del Vascello, e tra quest’ultimo ed il Direttorio Nazionale del PNF nella persona del segretario del partito Achille Starace tra luglio e ottobre 1936 in ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 4, sub sott. 2, b. 2493. Cfr. Liberati, Silverio, Le fonti sulla Mostra Augustea della Romanità nelle carte dell’Archivio Centrale dello Stato, II, pp. 198 e 256-261. 45 «Ministero dell’Educazione Nazionale. Annuario», 1937-Anno XV, p. VII. 46 G.Q. Giglioli, La Mostra Archeologica alle Terme di Diocleziano, estratto da «Nuova Antologia», 16 aprile 1911, p. 4. Terminata la Mostra, la maggior parte del materiale passò allo Stato e 43 437 aNNa maRIa lIbeRatI Fig. 8 – Lettera del 24 ottobre 1936 da Starace alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 4, sub sott. 2, b. 2493). 438 la mostRa auGustea della RomaNItà guerra di Libia prima ed in seguito del conflitto mondiale arrestarono temporaneamente la realizzazione del progetto di Giglioli che, più tardi divenuto Rettore del Governatorato, riuscì a riprendere l’iniziativa concretizzandone una prima fase nel 1926 presso la sede provvisoria dell’ex convento di S. Ambrogio e, successivamente, in maniera organica nel 1929 nel Palazzo dei Musei di Roma a piazza Bocca della Verità47. Nelle collezioni del Museo che nel frattempo andavano ampliandosi in maniera cospicua, confluirono la maggior parte dei materiali della Mostra Archeologica ed alcuni importanti calchi provenienti dall’Antiquarium Forense, quali quelli della Colonna Antonina e dell’Arco di Traiano a Benevento48. Il materiale esposto era ancora ordinato per province come nell’esposizione del 1911, arricchito però da recenti acquisizioni relative all’Albania, alla Tripolitania ed alla Cirenaica ed accresciuto considerevolmente in alcune parti scarsamente rappresentate nel 1911, quali quelle relative alle Galliae. Nel nuovo Museo venne anche dato rinnovato impulso al tema della vita quotidiana configurando un settore parallelo al resto delle opere, in alcuni casi in realtà coincidente con quello provinciale: tale settore avrebbe rivestito una importanza notevole nei futuri allestimenti a partire proprio dalla Mostra Augustea della Romanità. Il materiale esposto si presentava unico nel suo genere ed il Museo andava sempre di più connotandosi come «un alto centro di studi sull’Impero Romano»49. Questa venne depositata presso le Terme di Diocleziano. Il materiale della «Mostra greca», a partire dal 1913 andò ad incrementare le collezioni del Museo dei Gessi fondato da Emanuel Löwy nel 1892. Sul Museo dei Gessi vd. M.G. Picozzi, Il «Museo di Gessi» di Emanuel Löwy, in Ripensare Emanuel Löwy. Professore di Archeologia e Storia dell’arte nella R. Università e Direttore del Museo di Gessi, a cura di M.G. Picozzi, Roma 2013, pp. 57-100 con precedente bibliografia. Sulla Mostra Archeologica vd. [G.Q. Giglioli], Catalogo della Mostra Archeologica nelle Terme di Diocleziano, Bergamo 1911. Per una rassegna bibliografica sulla Mostra Archeologica del 1911 sino ad anni recenti vd. Liberati, La Mostra Augustea della Romanità, p. 58 nota 11, cui ora, con specifico riguardo alle Hispaniae, è da aggiungere Patrimonio Arqueológico Español en Roma. ‘Le Mostre Internazionali di Archeologia’ de 1911 y 1937 como Instrumentos de Memoria Histórica, a cura di T. Tortosa, Roma 2019. 47 Vd. Catalogo del Museo dell’Impero Romano, a cura di G.Q. Giglioli, Roma 1927 e Museo dell’Impero Romano. Catalogo, a cura di G.Q. Giglioli, Roma 1929. Cfr. Liberati, Il Museo dell’Impero Romano, pp. 222-251. 48 Sui calchi provenienti dall’Antiquarium Forense ed esposti nel Museo dell’Impero del 1929 vd. Liberati, Il museo dell’Impero Romano, passim e in particolare p. 242. 49 Giglioli, Introduzione, in Museo dell’Impero Romano. Catalogo (1929), p. XV. 439 aNNa maRIa lIbeRatI crescita costante delle collezioni, l’unitarietà e la continuità del percorso progettuale di Giglioli sono ben espresse in un testo datato 31 dicembre 1942 che riassume la genesi della Mostra50: […] Del Museo dell’Impero da allora [dall’inaugurazione il 21 aprile 1927, n.d.a.] ho, per deliberazione del Governatore, la direzione con l’unico ma immenso compenso di saperlo destinato a diventare, per l’apporto del materiale della Mostra Augustea, il primo del mondo senza possibilità di confronti tra gli istituti del genere, mentre è già centro vitale di studi scientifici sulla romanità. L’obiettivo di Giglioli si rivelò davvero «di una vastità che spaura»51, proponendosi egli di creare un vero e proprio censimento delle vestigia di Roma antica, comprese quelle al di fuori dei musei, come le testimonianze epigrafiche che «[…] spesso di importanza capitale, restano nel luogo di ritrovamento, talvolta ignorate dagli stessi abitanti»52. Fin dal 193253: […] Tutti i grandi Musei non solo d’Italia, ma dell’Estero, anche di città moderne sorte in territori fuori dell’Impero […], furono esplorati a questo scopo; poi si passò alle principali collezioni private, come le insigni dei Torlonia a Roma; infine a tutte le piccole raccolte e alla ricerca dei pezzi isolati, mentre naturalmente uguale ricerca si compiva per i grandi centri di scavo, per i monumenti architettonici ancora esistenti in questo o quel paese, e infine per l’immensa serie delle monete. La Mostra fu interamente costituita da calchi, plastici e riproduzioni, dalle copie di pitture e mosaici alle esecuzioni in lega metallica e galvanoplastica54: […] fu subito scartata l’idea di esporre, anche parzialmente, pezzi originali. Sarebbe infatti stato assurdo avere, se non in plastici a scala assai ridotta, i 50 Giglioli, Origine, scopi e vicende, p. 1. G.Q. Giglioli, Organizzazione della raccolta dei documenti archeologici della romanità, in Atti del I Congresso Nazionale di Studi Romani, vol. I, Roma 1929, pp. 63-74 (in particolare 74). 52 Giglioli, Presentazione, p. XIII. 53 Ibidem. 54 Ibidem, pp. XIV-XV. 51 440 la mostRa auGustea della RomaNItà monumenti architettonici che sono così ampia parte del patrimonio artistico e archeologico del mondo romano; e per le statue e le epigrafi, […] si sarebbe verificata spesso l’impossibilità di rimuoverle dai luoghi di conservazione, mentre, quando ciò fosse stato possibile, avrebbe presentato difficoltà insormontabili di spesa e di trasporto far giungere a Roma centinaia di tonnellate di pietra. […] Il materiale, tranne sporadiche eccezioni è stato tutto acquistato per conto della Mostra, avendo il Duce deciso che così si facesse, affinchè anche a Mostra finita tale insigne raccolta restasse a Roma nel Museo dell’Impero, che così raggiungerà compiutezza e sontuosità veramente grandissime e diverrà un centro unico al mondo di studi scientifici sulla Romanità. Il materiale esposto, a differenza della usuale divisione geografica per province, venne ordinato per temi privilegiando un criterio che permetteva di mostrare l’omogeneità della cultura romana dalle più remote regioni dell’Occidente al lontano Oriente, evidenziando così la comune matrice di Roma. Tremila furono i calchi e centinaia le ricostruzioni in scala di monumenti o complessi architettonici, ai quali spesso era affiancata la relativa ricostruzione al vero di intere sezioni55. Furono eseguite mediante calchi ricomposizioni di contesti o di opere smembrate nel corso dei secoli ed il testo delle epigrafi, ove possibile, venne esposto con la sua integrazione. Un numero impressionante di materiale fu così raccolto e presentato anche con l’ausilio di innumerevoli apparati didattici, a formare una sintesi della civiltà romana, grandiosa ed al tempo stesso comprensibile a tutti i visitatori poiché idonea a fornire diversi gradi di lettura a seconda della preparazione di ognuno. Dai rendiconti finanziari presentati da Giglioli alla Presidenza del Consiglio dei Ministri è possibile seguire, a partire dall’esercizio 1932-33 fino a quello del 1937-3856, l’evolversi della preparazione della Mostra, 55 Giglioli, Origine, scopi e vicende, p. 11. Un calco eseguito a Mostra già aperta fu quello «del famoso rilievo medioevale esistente nella Chiesa dell’Ara Coeli raffigurante Augusto che adora il Bambino Gesù nelle braccia della Vergine», di notevole importanza anche per comprendere i rapporti tra la Mostra ed il Museo dell’Impero Romano. Infatti il calco venne realizzato dal Museo dell’Impero Romano giusta deliberazione del Governatore n. 6460 del 27 dicembre 1937, da cui proviene la citazione precedente, autorizzativa della relativa spesa di L. 550, anche se poi esso venne immediatamente esposto nella Mostra. Sulla presenza dell’altare dell’Ara Coeli nella Mostra Augustea della Ro56 441 aNNa maRIa lIbeRatI i progressi nel lavoro della predisposizione dei plastici e l’avanzamento degli ordinativi di calchi relativi ad opere conservate in Italia e all’estero. Il Comitato Ordinatore, con Decreto del capo del governo del 3 giugno 1933, registrato alla Corte dei Conti il 13, era stato autorizzato ad usufruire delle agevolazioni doganali e ferroviarie, anche se non sempre risultò semplice ottenere de plano tali agevolazioni57. Una volta terminata la Mostra il materiale venne in parte depositato nei magazzini del Governatorato in attesa di poter essere nuovamente collocato, in parte esposto nel Museo dell’Impero Romano, sempre ubicato nel Palazzo dei Musei, che dopo la Liberazione mutò denominazione in “Sezione antica del Museo di Roma”. Le originarie collezioni risultarono in tal modo arricchite, tanto che si ritenne di dover sostituire il Catalogo del 1929 con una nuova edizione, completa ed aggiornata. Queste le parole dello stesso Giglioli nell’Introduzione a quest’ultimo Catalogo recante come data di stampa il 20 dicembre 1943 e significativamente come sottotitolo Supplemento al Catalogo della Mostra Augustea della Romanità58: […] E poichè una parte del materiale del Museo dell’Impero non era stata esposta nella Mostra Augustea della Romanità, il nuovo catalogo viene a costituire anche un completamento del catalogo di quella e assieme ad esso offre un repertorio completo di tutte le riproduzioni possedute dai due enti, che è quanto dire il più ricco repertorio finora pubblicato di documenti relativi alla storia e alla civiltà di Roma antica. […] Le circostanze belliche hanno fatto abbandonare l’idea che la Mostra Augustea riapparisse, dopo breve intervallo, nella nuova ampia sede come Mostra della Romanità, ma è augurabile che, nel periodo di ricostruzione nazionale che seguirà la fine della guerra, anche la Mostra della Romanità, ritornata definitivamente Museo dell’Impero, torni a rivivere con tutto il materiale già esposto e con quello che è stato continuato a raccogliersi in questi ultimi anni. manità sia, come calco, nella sala dedicata ad Augusto che, come fotografia, in quella dedicata al perpetuarsi dell’idea di Roma sino all’Italia fascista, e circa la sua lettura in chiave ideologica vd. Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, vol. I, p. 129, n. 25a e p. 435. 57 Circa il Decreto 3 giugno 1933 cfr. nota 23. Sulle agevolazione doganali vd. inoltre la lettera del 28 marzo 1934 da Giglioli a G.B. Bianchetti, capo di Gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 4, sub sott. 3, b. 2493. 58 G.Q. Giglioli, Introduzione, in Museo dell’Impero Romano. Catalogo. Supplemento al Catalogo della Mostra Augustea della Romanità, Roma 1943, pp. III-XVI (in particolare XV-XVI). 442 la mostRa auGustea della RomaNItà Giglioli continuava a tessere il suo progetto non perdendo mai di vista l’obiettivo primario che era quello di ampliare il già vasto patrimonio del Museo dell’Impero Romano. Molti furono gli studiosi che si occuparono della preparazione scientifica dei vari settori della Mostra e numerosi gli architetti, gli artisti, i formatori che contribuirono a renderla unica. I loro nomi sono tutti ricordati all’inizio del primo volume del Catalogo in un lungo Elenco dei Collaboratori. Tra le persone più vicine a Giglioli va senz’altro menzionato l’architetto Italo Gismondi, già collaboratore del Museo dell’Impero e nell’ambito della Mostra consulente generale per le ricostruzioni architettoniche59. Alla sua opera si dovette l’allestimento di tutto il piano inferiore del Palazzo e di alcune altre sale tra cui il suggestivo Atrio della Vittoria, la ricostruzione al vero di un ambiente di biblioteca nella sala LXVIII e La casa augustea60. Questa domus, completa di arredi, suppellettili e decorazioni, era collocata all’incrocio di due vie, il cui basolato riprendeva quello di una strada romana recentemente venuta alla luce. Presentava su un lato la ricostruzione di una caupona e su un altro il fronte di una seconda casa con il rifacimento di un ballatoio coperto fortemente aggettante. L’insieme, in ogni suo particolare, si ispirava ad abitazioni d’epoca augustea di Pompei, Ercolano e Roma. La casa augustea è forse una delle pochissime opere della Mostra rimaste finora inutilizzate, se non per qualche arredo peraltro decontestualizzato. Benché Gismondi avesse lavorato ad un suo riallestimento almeno fino al 1965, non venne più rimontata anche se all’interno del Museo della Civiltà Romana ne era stato predisposto lo spazio in una vasta area nella stessa ala del Plastico di Roma e nei pressi 59 Su Italo Gismondi vd. i recenti G. Pisani Sartorio, La partecipazione di Antonio Maria Colini e Italo Gismondi all’organizzazione del Bimillenario Augusteo (1932-1938), in «Civiltà Romana», VII (2020), pp. 71-105 e Ricostruire l’Antico prima del virtuale. Italo Gismondi. Un architetto per l’archeologia (1887-1974), a cura di F. Filippi, Catalogo della Mostra di Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps-Archivio Storico, aprile - giugno 2007, Roma 2007. 60 È di Gismondi l’allestimento delle seguenti sale: XII Monumenti augustei in Italia, XV Monumenti augustei nelle province dell’Impero, XXI Magistrature e vita pubblica durante l’Impero, LXXII Le arti figurative, LXXV Caccia, pesca e alimentazione, LXXIX I giochi, LXXXII I Tesori di argenterie, nonché di quelle di tutto il piano inferiore del Palazzo delle Esposizioni, dalla sala XXVII alla L. Vd. anche Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, vol. I, p. XXVII. 443 aNNa maRIa lIbeRatI dell’ampia sala de L’abitazione. Il degrado nel frattempo si è impadronito delle strutture e delle decorazioni, ciò che ne rimane si trova attualmente smontato in un magazzino del Museo della Civiltà Romana61. Altra sorte ebbe invece la Ricostruzione della Roma imperiale, un grande plastico in scala 1:250, di circa 80 mq, che mostrava l’urbe all’età di Costantino, epoca della sua massima espansione, e che ebbe come base la Forma Urbis Severiana e gli studi di Lanciani, aggiornati alla luce delle ultime scoperte topografiche. Con questa opera Giglioli intese fornire al pubblico l’immagine della città antica, memore della Mostra Archeologica del 1911 in cui era stata esposta nell’aula ottagona delle Terme di Diocleziano la ricostruzione di Roma del francese Paul Bigot62. L’opera certamente si distingueva per le sue caratteristiche di scientificità rispetto all’altra più o meno coeva di Giuseppe Marcelliani, di uguale soggetto ma dai tratti ancora ottocenteschi, che forniva una visione romantica e poco attendibile della città63. Giglioli, unendo il valore scientifico dell’opera al clima storico del momento, così presentava il nuovo plastico opera di Gismondi64: inoltre d’eccezionale importanza sarà la ricostruzione plastica a grande scala della Roma Imperiale, che verrà donata dal Governatorato di Roma e di cui è stato pure intrapreso il lavoro preparatorio d’accordo con la Direzione generale e con l’Ufficio Antichità e Belle Arti del Governatorato; essa costituirà la perfetta immagine dell’Urbe che, dopo le grandi scoperte dovute alla volontà del Duce, è possibile rievocare. 61 Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, vol. I, pp. 152-158. Vd. anche Pisani Sartorio, La partecipazione di Antonio Maria Colini e Italo Gismondi, pp. 85-90 e P.A. Verduchi, La casa, in Ricostruire l’Antico prima del virtuale, pp. 253-257. 62 Il plastico di Paul Bigot era in scala 1:400 e rappresentava «la parte centrale e più ricca della città», vd. [G.Q. Giglioli], Catalogo della Mostra Archeologica, p. 181 ed il recente Ph. Fleury, Le Plan de Rome de Paul Bigot. De la maquette en plâtre de Paul Bigot à la maquette virtuelle de l’Université de Caen, in «Civiltà Romana», I (2014), pp. 109-123. 63 Sul plastico di Giuseppe Marcelliani vd. P. Ciancio Rossetto, Il plastico di Roma antica di Giuseppe Marcelliani, in La capitale a Roma, pp. 154-155 ed ivi ulteriore bibliografia. 64 Trascrizione di un passo della relazione di Giglioli al capo del governo in AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 15 ottobre 1934, p. 2. Vd. C.F. Giuliani, Piano di lavoro per il Plastico di Roma, in Ricostruire l’Antico prima del virtuale, pp. 261-265. 444 la mostRa auGustea della RomaNItà Tra tutte le grandi opere della Mostra Augustea, il Plastico di Roma continuò ad essere esposto ed aggiornato dallo stesso Gismondi nella sede provvisoria della chiesa di S. Rita, demolita nella sua posizione originaria alle pendici del Campidoglio e ricostruita di fronte al Teatro di Marcello. Dal 1941 al 1945 fu oggetto di diverse deliberazioni governatoriali e comunali riguardanti sempre aggiornamenti e restauri65. Evidentemente allora come ora si avvertiva il grande potenziale evocativo dell’opera che venne quindi privilegiata rispetto ad altre, forse più importanti ma di minore richiamo. Dopo la Liberazione di Roma, il Museo ne curò ancora il restauro in vista di un programma di visite da effettuarsi nell’estate del 1944, anche in considerazione dell’afflusso a Roma dei soldati alleati66. L’opera rimase a S. Rita fino al 1952, quando venne trasferita al Museo della Civiltà Romana in uno spazio studiato appositamente per esporla nel modo migliore e dove Gismondi vi lavorò fino al 1973. Ancora una volta si ribadiva il concetto di unitarietà delle collezioni e di continuità delle opere attraverso le varie “vite” del Museo dell’Impero Romano. Conclusioni Da quanto fin qui esaminato si evince come Giglioli rimase sempre fedele ad un suo personale ideale di “romanità”, già espresso del resto in alcuni scritti del 191167, per realizzare il quale non esitò a “servirsi” del 65 Deliberazione del Governatore di Roma n. 1694 del 29 maggio 1941, Ritocchi e completamenti del grande plastico di Roma del Museo dell’Impero; deliberazione del sindaco di Roma n. 690 del 6 ottobre 1944, Restauro e sistemazione del Plastico di Roma, e deliberazione della Giunta municipale di Roma n. 3155 del 28 settembre 1945, Lavori di restauro e sistemazione del plastico di Roma. 66 Sulla vicenda vd. Liberati, Il Museo dell’Impero Romano, p. 268 ed ivi per i riferimenti alle fonti archivistiche. 67 Giglioli, La Mostra Archeologica, pp. 3-4: «la grandezza di Roma fu altamente civile: strade e acquedotti furono innalzati in ogni luogo; dappertutto si fondavano città nuove con fori, templi e terme; colossali opere di fortificazione furono erette contro le popolazioni ancora barbare. L’Impero in breve divenne non solo un perfetto organismo politico, ma prese tutto, fin nelle parti sue più remote, un carattere veramente romano, che sempre più si andò accentuando. A Roma convenivano personaggi non solo ormai da ogni parte d’Italia; ma da tutto quanto l’Impero, i quali, Spagnoli o Orientali, Arabi o Germani, potevano aspirare alla suprema dignità 445 aNNa maRIa lIbeRatI fascismo. D’altro canto proprio all’interno del contesto culturale dell’epoca egli era un elemento di rilievo a tal punto da potersi permettere, per portare avanti i propri progetti con argomentazioni alle quali non ci si poteva opporre, di imputare al capo del governo idee e concetti suggeriti in realtà da lui stesso e solo avallati da Mussolini. La sua fu una personalità coerente che, attraverso diverse guerre e diversi regimi cercò sempre di diffondere e documentare un ideale di civiltà superiore ad ogni forma ed espressione politica contingente, «[…] ma anche a prescindere dal Fascismo, c’è soprattutto una salda fede nazionale che lo studioso – nominato direttore onorario del Museo della Civiltà Romana – non esiterà a mostrare anche dopo la fine del secondo conflitto mondiale illustrando, nella Guida del Museo nell’allestimento del 1955, il calco della Vittoria di Brescia»68, ed ancora «[…] rappresentò un tipo di archeologo con coscienza politica che, grazie alle sue conoscenze personali, riuscì a strumentalizzare in maniera nuova il “mostrismo” fascista»69. Giglioli si trovò a vivere al centro di grandi cambiamenti scientifici e culturali che impressero un nuovo corso alle discipline antichistiche in Italia, affrancandole dall’erudizione antiquaria e dalla dipendenza estera, soprattutto tedesca. Gli scavi di Lanciani, mentre portavano alla luce il passato glorioso di Roma, indirizzavano gli studi in maniera univoca verso i temi romani che si rivelavano soprattutto attraverso i resti grandiosi della sua architettura. Di qui inevitabilmente le scelte di Giglioli verso l’esaltazione nazionale e, non da ultimo, anche la sua predilezione per le ricostruzioni architettoniche che si armonizzavano con la propria visione di “romanità”, come del resto la predilezione per i calchi gli derivava dal suo maestro Emanuel Löwy. Egli difese sempre le proprie convinzioni scientifiche e con avvedutezza si oppose allo smembramento delle collezioni che componevano il Museo dell’Impero Romano o la Mostra Augustea della Romanità, la cui grande forza risiedeva proprio nella loro unitarietà, così come si oppose – non sempre con successo – anche alla realizzazione di iniziative che potesse- dello Stato e che tutti, parlando latino, contribuivano alla grandezza della loro patria comune, ne esaltavano la gloria». 68 Così Silverio, Divus Augustus Pater, p. 108. 69 Così Scriba, La romanizzazione dell’antichità nel Museo dell’Impero, p. 292. 446 la mostRa auGustea della RomaNItà ro nuocere al progetto della Mostra. Ciò spiega il fermo atteggiamento riservato allo stesso Gugliemo Marconi con riguardo ad un’iniziativa da questi ipotizzata nell’ambito della Esposizione Mondiale di Chicago del 1933 contro la quale così Giglioli scriveva alla Presidenza del Consiglio «[…] l’altro, di cui già ti accennai, riguarda una recente iniziativa del Comitato delle Ricerche in seguito all’Esposizione di Chicago, che mi pare tale da danneggiare la Mostra e da ingenerare all’estero confusione dopo il comunicato del Duce sulla Mostra stessa […]»70. Altro esempio fu quello dell’opposizione alla richiesta di partecipazione alla Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare prevista per il 1939 – in realtà tenutasi poi nel 194071 – che, illustrando lo sviluppo storico dell’Impero nato il 9 maggio 1936, con la sua sezione dedicata a Roma antica avrebbe costituito «un duplicato tanto costoso quanto inutile della Mostra Augustea della Romanità»72. Giglioli fu contrario anche al trasferimento della Mostra presso l’Esposizione Universale prevista inizialmente per il 1941 in quanto «verrebbe a diminuire di molto l’importanza e l’interesse della Mostra»73. La sua concezione di “romanità” derivava infatti dalla summa delle proprie esperienze personali, familiari e scientifiche, a differenza di Mussolini per il quale tale concezione era unicamente politica, ideologica e rappre- 70 Lettera da Giglioli a Beer, capo di Gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del 12 gennaio 1933 in ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 2, b. 2493, esemplificativa dell’atteggiamento di Giglioli sulla vicenda. Circa la lettera del 12 gennaio 1933 vd. Liberati, Silverio, Le fonti sulla Mostra Augustea della Romanità nelle carte dell’Archivio Centrale dello Stato, I, pp. 142-144 e 196-198. 71 Sulla vicenda vd. Liberati, Silverio, Le fonti sulla Mostra Augustea della Romanità nelle carte dell’Archivio Centrale dello Stato, II, pp. 191-192 ed ivi per le relative fonti archivistiche. Sulla Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare vd. G. Arena, Visioni d’Oltremare. Allestimenti e politica dell’immagine nelle esposizioni coloniali del XX secolo, Napoli 2011, passim e Id., Napoli 19401952. Dalla prima mostra triennale delle terre italiane d’oltremare alla prima mostra triennale del lavoro italiano nel mondo, Napoli 2012. Un’utile scheda sulla Mostra Triennale è ora in G. Tomasella, Esporre l’Italia coloniale. Interpretazioni dell’alterità, Padova 2017, pp. 223-228. 72 Stralcio da una comunicazione di Giglioli in un appunto al duce del 27 dicembre 1937 in ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 4, sub sott. 1, b. 2493. 73 Ibidem. Sul significato e sul valore di tale opposizione dal punto di vista dell’impossibilità di individuare una versione “canonica” del “culto della Romanità” durante il fascismo vd. Liberati, Silverio, Le fonti sulla Mostra Augustea della Romanità nelle carte dell’Archivio Centrale dello Stato, II, pp. 188-190. 447 aNNa maRIa lIbeRatI sentativa di un’idea di forza74. Proprio in base a tale ultima concezione si imponeva dunque il trasferimento della Mostra – che si sarebbe chiamata Mostra della Romanità –, in quanto proprio nel nuovo quartiere dell’Esposizione Universale in occasione delle celebrazioni del ventennale avrebbe dovuto materializzarsi la Terza Roma fascista. Giglioli non poté che adeguarsi alle decisioni politiche ed accettare il trasferimento, preparandosi ad una nuova serie di problemi quali, ad esempio, il progettato smembramento delle collezioni a favore della Mostra della Civiltà Italiana75. Come testimoniato da un appunto sul tema presentato a Mussolini il 27 dicembre 1937 comprendente più questioni, a proposito dei rapporti tra Mostra Augustea della Romanità ed Esposizione Universale del 1941 Giglioli ribadiva con convinzione che il trasferimento della Mostra presso l’Esposizione avrebbe comportato un duplice rischio: annullare la visione universale sottesa alla Mostra nella sua unitarietà e, cosa ancor più grave, presentare in chiave esclusivamente nazionale il fenomeno imperiale romano. Ciò avrebbe potuto provocare76: […] 1° l’accentuarsi di glorificazioni locali degli elementi indigeni quali Arminio, Vercingetorice [sic], Decebalo ecc., che invece, figurando nella Mostra 74 Per Giglioli vd. Scriba, Augustus im Schwarzhemd?, pp. 60-73 e da Barbanera, Giglioli, Giulio Quirino, p. 711: «i suoi tratti si possono meglio comprendere all’interno della tradizione familiare in cui agivano la componente patriottico-militare del padre ufficiale e quella liberal-nazionalistica di stampo mazziniano della madre che lo portò, fin dal 1910, ad aderire al nazionalismo e quindi al fascismo con una forte accentuazione nel senso della romanità». Per Mussolini, invece, sono significative le sue parole espresse in B. Mussolini, A. Marpicati, G. Volpe, Fascismo, in Enciclopedia Italiana, vol. XIV, Roma 1932, pp. 847-884 (in particolare 851): «lo stato fascista è una volontà di potenza e d’imperio. La tradizione romana è qui un’idea di forza. Nella dottrina del fascismo l’impero non è soltanto un’espressione territoriale o militare o mercantile, ma spirituale o morale. Si può pensare a un impero, cioè a una nazione che direttamente o indirettamente guida altre nazioni, senza bisogno di conquistare un solo chilometro quadrato di territorio». 75 Vd. ad esempio G. Fioravanti, Mostra della Romanità, in E 42. Utopia e scenario del regime, Catalogo della Mostra di Roma, Archivio Centrale dello Stato, aprile-maggio 1987, vol. I, Ideologia e programma dell’Olimpiade delle Civiltà, a cura di T. Gregory, A. Tartaro, Venezia 1987, pp. 120-121. 76 Stralcio da una comunicazione di Giglioli in un appunto al duce del 27 dicembre 1937 in ACS, PCM, 1937-39, f. 14/1 n. 918, sott. 4, sub sott.1, b. 2493. 448 la mostRa auGustea della RomaNItà Augustea, restano nella posizione subordinata degli antichi abitanti vinti da Roma e aggregati all’Impero, -2° che alcuni imperatori o uomini illustri non nativi d’Italia vengano rivendicati dalla Spagna, dall’Ungheria, dall’Oriente ecc., -3° che si riprenda da potenze straniere il tentativo già progettato su larga scala di accentuare l’elemento ellenico presentando la civiltà romana come un corollario della greca. Il limpido pensiero di Giglioli si sarebbe dovuto confrontare con la realtà dei fatti: il sopraggiungere della guerra segnò un brusco arresto nella realizzazione dei progetti sia del regime che dello studioso. L’Esposizione Universale, compreso l’edificio che avrebbe dovuto ospitare la Mostra della Romanità per lungo tempo rimase un enorme cantiere, preda di saccheggi e oggetto d’utilizzo improprio, infine portato a termine ma stravolto rispetto alla sua originaria e geniale concezione urbanistica ed architettonica77. La Mostra della Romanità non venne più realizzata e nel palazzo trovarono posto, a partire dal 1952 e sotto il nome di Museo della Civiltà Romana, le vaste collezioni del Museo dell’Impero Romano comprendenti i materiali provenienti dall’Antiquarium del Foro Romano, dalla Mostra Archeologica del 1911, dalle varie fasi del Museo dell’Impero stesso e dalla Mostra Augustea della Romanità. Il progetto di Giglioli in merito alla creazione di un grande, completo e dinamico Museo dell’Impero Romano non andò perso ma continuò ad essere perseguito anche attraverso l’opera dei suoi più fedeli collaboratori. Le opere ed i fondi della Mostra Augustea della Romanità nel 1946 vennero acquisiti dal Comune di Roma ed andarono ad implementare le collezioni già in suo possesso78. La Mostra Augustea della Romanità concepita per celebrare il bimillenario della nascita del primo imperatore e che di tutte le varie fasi del Museo dell’Impero Romano costituisce quella più nota ed indagata, col tempo – e nelle menti degli osservatori esterni – ha finito per sovrapporsi 77 Sull’Esposizione Universale, E42, in rapporto al palazzo che avrebbe dovuto ospitare la Mostra della Romanità vd. per tutti, con precedente bibliografia, E. Silverio, La Romanità incontra il Razionalismo: la Mostra della Romanità ed il Piano regolatore della città italiana dell’economia corporativa progettato da Giuseppe Pagano per l’E42, in «Civiltà Romana», I (2014), pp. 321-346. 78 Deliberazione della Giunta Municipale Provvisoria del Comune di Roma n. 1698 del 23 maggio 1946, Trasferimento al Comune delle attività della Mostra della Romanità. 449 aNNa maRIa lIbeRatI concettualmente allo stesso Museo della Civiltà Romana, evidenziandone il presunto aspetto negativo legato al ventennio fascista e influenzandone la sorte che ironicamente lo ha destinato a scomparire proprio nell’anno del bimillenario della morte di Augusto. Il Museo, divenuto “invisibile” ha subito una sorta di silenziosa damnatio memoriae. La sua menzione da vari anni è scomparsa dal materiale illustrativo che riporta gli altri musei di Roma Capitale, nondimeno le sue opere vengono periodicamente prelevate dalle sale, dai depositi e dai magazzini per mostre ed esposizioni di vario spessore culturale. Ciò nonostante il Museo dell’Impero Romano continua ad esistere, anche se cristallizzato in una dimensione atemporale, mentre nel frattempo si fanno grandi progetti e, tornando indietro – o regredendo? – di quasi un secolo si “scoprono” le attrattive del Plastico di Roma antica, che si vorrebbe allestito negli improbabili spazi un tempo del Palazzo dei Musei di Roma a piazza Bocca della Verità79. Per una storia di quest’ultimo periodo del Museo dell’Impero Romano fino agli anni che portarono alle due inaugurazioni del Museo della Civiltà Romana, vd. Liberati, Il Museo dell’Impero Romano, pp. 272-278. 79 450