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BOLLETTINO DI ARCHEOLOGIA ON LINE DIREZIONE GENERALE ARCHEOLOGIA, BELLE ARTI E PAESAGGIO XIV, 2023/2 VALENTINA ORSI*, NICOLETTA VOLANTE**, ANACLETO D’AGOSTINO*** IL PIATTO È SERVITO. IL PANE NEL MONDO ITTITA E IL CASO DEI GRANDI PIATTI DA COTTURA Food is essential to human existence, and food supply, processing and consumption shape the lives of present as well as of past societies. The growing interest in these topics has fostered the development and specialization of food archaeology, which provides an exceptional insight into ancient civilizations and cultures. At Uşaklı Höyük, probably the holy city of Zippalanda in central Anatolia, the excavations of large official buildings dating back to the Hittite period revealed hundreds of ceramic potsherds belonging to large plates with fire-resistant fabrics characterised by curved walls and, frequently, by a wide, banded rim. The use of this cooking device, which appears to be exclusive to Hittite contexts, is quite remarkable since it constitutes the only handmade type among the massified, wheelmade production of the period. Preliminary analysis of incidence, distribution, context, ethnohistorical and iconographic evidence, technological and archaeometric evidence and technological and ethnographic experimentation, suggests that large plates were crucial for the production of flat breads. Quella di pani e focacce cotte su piatti, teglie e “testi” è una tradizione tipica di varie regioni italiane e comune a larga parte del bacino del Mediterraneo. Si tratta in genere di pani, piatti o focacce dall’impasto semiliquido. Volgendo lo sguardo a ritroso nel tempo e più a oriente, parrebbe che simili prodotti fossero apprezzati anche da altre genti che con i nostri antenati condividevano una lontana e comune origine indoeuropea. Infatti, nel centro della Turchia, tra i resti riemersi delle antiche città degli Ittiti, la ricorrenza di un manufatto in terracotta di particolare forma e fattura, ci porta a riflettere sulla produzione di pani senza l’uso di forni e forse a un antenato di panigacci, farinate e piadine. www.bollettinodiarcheologiaonline.beniculturali.it Reg. Tribunale Roma 05.08.2010 n.30 ISSN 2039 - 0076 75 V. ORSI et al., Il piatto è servito. Il pane nel mondo ittita Con questo articolo presentiamo in via preliminare un progetto di ricerca attualmente in corso nell’ambito delle attività della missione archeologica Italo-Turca a Uşaklı Höyük (Yozgat), in Anatolia centro-settentrionale1. La ricerca ha per oggetto l’analisi di un dispositivo impiegato per la cottura del pane il cui uso appare limitato e caratteristico dell’ambito ittita, nella seconda metà del II millennio a.C., in Anatolia centrale. Si tratta di grandi piatti in ceramica grossolana con vasca curva, e impasto refrattario, spesso caratterizzati da un’ampia tesa. Nel contesto della contemporanea produzione massificata e standardizzata di ambito imperiale, i grandi piatti rappresentano uno dei pochissimi tipi quasi interamente fatti a mano, ma la loro frequenza suggerisce che il loro impiego avesse un ruolo centrale nei processi di trasformazione dei cereali. L’ARCHEOLOGIA DELL’ALIMENTAZIONE Il cibo è una componente essenziale della vita e aspetti quali approvvigionamento, trasformazione e consumo del cibo plasmano e pervadono le società moderne come quelle del passato, scandendo i ritmi del vivere quotidiano e della ritualità. Se nel 1825 Jean Anthelme Brillat-Savarin scriveva «Dis-moi ce que tu manges, je te dirai qui tu es»2, nel 1950, nel contesto dei tumulti della rivoluzione tedesca del 1848, il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach metteva in relazione essenza umana e nutrizione con la frase, diventata poi celebre, «Der Mensch ist was er isst»3. In riferimento al potente valore identitario del cibo e dell’alimentazione, in tempi molto più vicini a noi Katheryn C. Twiss sintetizza efficacemente «Siamo ciò che mangiamo, siamo dove mangiamo, come mangiamo e con chi mangiamo»4. Proprio perché così profondamente intessute in molteplici aspetti del vivere umano, lo studio delle consuetudini alimentari, dei comportamenti legati al cibo, lo studio della dieta e delle pratiche culinarie si caratterizza per una eccezionale capacità di penetrazione, conoscenza e descrizione delle società antiche e moderne. Le nostre consuetudini alimentari lasciano tracce abbondanti nei depositi archeologici sotto molteplici forme. Resti di pasto, di prodotti o “possibili” prodotti alimentari, come resti archeozoologici o archeobotanici, rappresentano sicuramente alcune delle evidenze più immediatamente riconducibili alle pratiche alimentari del passato, ma altrettanto importanti evidenze si possono leggere nella composizione di un repertorio ceramico, nei resti dei dispositivi di cottura, in tutti gli strumenti usati per la trasformazione del cibo e nelle tracce di uso che presentano, nelle stoviglie da cucina e nei residui di grassi, amidi e proteine che si conservano nelle loro pareti, nelle caratteristiche fisiche e chimiche dei resti umani, plasmati dalla dieta e dagli schemi di comportamento, solo per citarne alcune. In anni recenti, l’archeologia dell’alimentazione sta andando codificandosi sempre più puntualmente come un settore specifico della ricerca archeologica, con propri temi, approcci 1 La missione archeologica italo-turca in Anatolia centrale è diretta da Anacleto D’Agostino (Università di Pisa) con la codirezione di Valentina Orsi (Università di Siena; Centro di Ricerca sulle Civiltà Anatoliche ANAMED, Università Koç, Istanbul) e Giulia Torri (Università di Firenze). Le ricerche sul campo, iniziate nel 2008, sono state dirette fino al 2020 da Stefania Mazzoni, responsabile del progetto scientifico. La missione opera con una concessione del Ministero della Cultura e del Turismo della Repubblica di Turchia e vede coinvolte le università di Pisa, Siena, Firenze, Yozgat Bozok, Ankara Hacettepe e l’University College di Londra. Si ringraziano per il sostegno finanziario l’Università di Pisa (Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, Progetto Dipartimento d’Eccellenza e Progetto di Ricerca di Ateneo Città Perdute), la Fondazione Oriente Mediterraneo, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e l’Università degli Studi di Firenze. Si ringraziano Jasemin Özarslan per la figura 1, Emanuele Taccola per la figura 2, e Sergio Martelli per i disegni della ceramica. 2 BRILLAT-SAVARIN 1825. 3 FEUERBACH 1850. 4 TWISS 2007, p. 1. www.bollettinodiarcheologiaonline.beniculturali.it 76 Free download at: https:// bollettinodiarcheologiaonline.beniculturali.it/wpcontent/uploads/2023/06/2023_2_ORSI_et_al.pdf