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GUSTAVO GIOVANNONI RIFLESSIONI AGLI ALBORI DEL XXI SECOLO GIORNATA DI STUDIO DEDICATA A GAETANO MIARELLI MARIANI (1928-2002) a cura di Maria Piera Sette Bonsignori Editore Roma 2005 O 2005 Dipartimento di Storia del17Architettura, Restauro e Conservazione dei Beni Architettonici Università degli Studi di Roma "La Sapienza" Centro di Studi per la Storia dell'Architettura Casa dei Crescenzi - Roma Revisione e coordinamento redazionale a cura di Maurizio Caperna, Marina Docci e Maria Grazia Turco O Copyright 2005 by Bonsignori Editore s.r.1. Viale dei Quattro Venti, 47 00151 Roma ISBN 88-7597-372-5 Progetto grafico delle parti illustrate a cura di Marina Docci La direzione del Centro di Studi per la Storia dell'Architettura ha autorizzato la pubblicazione dei documenti conservati nell'archivio dell'Associazione. La riproduzione dei disegni è di Paolo Gherardi. Stampa: Grafica Artigiana - Via Luca Valerio - Roma I1 presente volume è stampato con il contributo dell'università degli Studi di Roma "La Sapienza" GUSTAVO GIOVANNONI RIFLESSIONI AGLI INIZI DEL XXI SECOLO Atti della Giornata di Studio dedicata a Gaetano Miarelli Mariani ( 1928-2002) Università degli Studi di Roma "La Sapienza" Prima Facoltà di Architettura "Ludovico Quaroni" Dipartimento di Storia dell'Architettura, Restauro e Conservazione dei Beni Architettonici Roma, 26 giugno 2003 Storicità di Gustavo Giovannoni e del suo 'diradamento edilizio' Piero Spagnesi Questo lavoro è in memoria di Gaetano Miarelli Mariani. Col pensiero, quindi, a lui, una riflessione su Gustavo Giovannoni, a rilegare le due figure attraverso l'idea di diradamento edilizio, spinge a scegliere con decisione tra i tanti possibili temi - per esempio, gli architetti romani tra Ottocento e Novecento o il quartiere Rinascimento a Roma - e a tentare un'analisi del quadro culturale di sfondo allo stesso diradamento e a persone così diverse. Al tempo loro, i rilievi dell'esistente e i progetti nel centro di Roma dei soci dell'Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura e di Giovannoni insistevano sul XV e XVI secolo come epoca quasi esclusiva di riferimento, nello studio della città antica e nei caratteri degli edifici nuovi: i progetti erano esclusivamente per piccoli brani di edificato con quasi solo edifici di allora rimessi in luce; e i rilievi erano anch'essi di fabbriche di quel periodo e per di più esclusivamente di facciate e di dettagli di ordini architettonici (fig. 1 ) . In parallelo, molto tempo dopo Giovannoni e i Cultori, Miarelli segnalava una possibilità di superamento di questa visione così esclusiva dell'architettura - e per estensione anche del diradamento - in una precisa occasione, nell'affrontare il tema dello stato degli studi proprio sul periodo tra XV e XVI secolo da parte della storiografia generale. Ciò aweniva in un noto manuale per studenti, i Lineamenti distoria dell'Architettura, degli anni Settanta del Novecento, dove egli riassumeva così l'interpretazione allora più accreditata del periodo: «Oggi [...l l'atteggiamento prevalente sul problema della caratterizzazione del Rinascimento è rimasto sostanzialmente quelio stabilito da Federico Chabod nel suo capitale saggio Il Rinascimento (prima stesura 1942). E certamente giusto - egli sostiene - mettere in luce la presenza nel Medioevo di elementi giudicati tradizionalmente tipici dei secoli successivi, quali il realismo e l'individualismo. [...l Tuttavia il Rinascimento ha pur sempre una sua tipica originalità perché originale è il suo "modo di vita"»'. Lo scopo del richiamo di Miarelli era - forse - l'avvio del ripensamento di alcune idee burchardtiane ancora in essere e, appunto, già di Gustavo Giovannoni: che l'architettura potesse essere considerata di per sé senza vederne i legami con la vita; che il Rinascimento fosse una civiltà, una cultura quasi sorta dal nulla; che una città, Roma, fosse centrale nel discorso perché luogo delle maggiori vestigia dell'Antichità e delle principali fabbriche nuove. Detto per inciso, è da notare - ed è indice dell'aggiornamento critico di Miarelli - che gli studi di Federico Chabod cui egli guardava erano degli anni Trenta e Quaranta del Novecento cioè del tempo di Giovannoni - mentre quelli dello storico di Basilea della metà del secolo precedente, cioè di almeno centodieci anni prima2. Da quando s'è avviato lo studio dell'Associazione dei Cultori, dei personaggi che l'animarono e dell'architettura a Roma tra Ottocento e Novecento è passato un tempo ristretto ma significativo. Sopratutto, è finito IISecolo Breve, già circoscritto al periodo dal 1914 al 1992, e tanti miti culturali di allora sono stati ridimensionatij. Per esaminare, quindi, il tema del diradamento edilizio forse ora può essere tentato un salto di scala, col tralasciarne la cronaca - importante ma nota - e rivederne altri fattori a partire da awenimenti molto vasti ma intimamente collegati. Detto per sommi capi, all'awio dell'attività dei Cultori e di Giovannoni, la posizione dell'Italia nel quadro internazionale era sostanzialmente di scarso rilievo, cioè tale da influire assai poco, se non forse in maniera negativa, sulla propria cultura architettonica. Tra il 1883 e il 1914, la penisola, al centro del Mediterraneo, era stretta tra l'impero Ottomano a est e varie presenze francesi a ovest; soprattutto era limitata dalla Gran Bretagna a nord e a sud, in particolare in nord Africa, dalle colonie di questa; è anche noto che esse si estendevano anche oltre Atlantico e molto oltre lo stretto di Suez, nel subcontinente indiano e nel Pacifico. Nello stesso periodo, gli Stati Uniti awiavano la propria espansione verso occidente per il controllo del golfo del Messico con la guerra per Cuba contro la Spagna e al di là del Pacifico verso l'Asia attraverso la conquista delle Filippine. Riferendosi a questo panorama, proprio Federico Chabod sottolineò bene che l'Italia, appunto, a quel tempo era una nazione piccola, una presenza politica minima nell'occidente e soprattutto era culturalmente attonita, ripiegata su sé stessa e finalmente in pace dopo il Risorgimento che l'aveva resa incapace di guardare fuori di sé4.E in questo quadro che agirono Giovannoni e i Cultori, filologi e conoscitori piuttosto che storici, partecipi del clima del loro Paese. In altri luoghi e in altre discipline si avvertì la necessità di ampliare gli orizzonti; qui, nel campo dell'architettura all'inizio del Novecento questi personaggi rimasero ancorati rigidamente al positivismo filologico-antiquario del secolo precedente e non guardarono mai altro che a componenti formali. In tutto questo, è noto che il cosiddetto diradamento edilizio, codificato da Giovannoni nel 19U5,era già praticato in altri Paesi d'Europa ed era accompagnato, a differenza che in Italia, da tutt'altra libertà di pensiero verso la novità della grande città e i suoi rapporti con le preesistenze; più in generale, nelle sue varie forme realizzate esso si accompagnava a posizioni di fondo strettamente connesse allo studio dell'idea di democrazia occidentale e del passato di ogni singola nazione6. A differenza di ciò, in Italia, monarchico Stato nuovo - appena nato - faceva da guida un Rinascimento alla maniera di Jacob Burchardt, perché era opinione comune che in questo periodo si fosse manifestata per la prima volta l'unità del Paese, anche se solo nel campo delle arti7, anche se, negli anni Ottanta e Novanta dell'ottocento, l'idea del Rinascimento come fondamento di tutto il paese, non solo dell'arte, non era originale: risaliva a Giuseppe Mazzini e alla sua idea di Terza Roma, alla sua ricerca di un passato per la nuova capitaleg. Col pensiero sempre al diradamento giovannoniano, ciò cui questo era ispirato era un Rinascimento di tipo positivistico, quasi materialistico, e gelido9, dove il riferimento era agli oggetti, gli edifici, non alle persone che vi avevano vissuto. Lo scopo era di dare un corpo fisico, materiale, all'anima artistica del171talianuova attraverso stili, fattezze esteriori di architetture passate, a relegare in secondo piano, in fondo, i nuovi modi di vita, della contemporaneità loro, che essi avevano dovuto soddisfare. In quest'ottica, il Rinascimento dei Cultori e di Giovannoni, dunque, ne era l'oggetto e insieme il fine ultimo, con gli edifici considerati spesso solo per le apparenze di quel periodo: per di più spesso quelle visibili dall'esterno, le facciate, e assai meno il resto, gli organismi interi, non sempre adatti alle esigenze moderne. Contemporaneamente - come ancora Chabod notò a proposito di quanto accadeva nella storia generale - questo stesso Rinascimento era affrontato in campo storico-architettonico dai medesimi personaggi, insieme progettisti del nuovo e cultori del passato, alla maniera di Giorgio Vasari se non, addirittura, di Leon Battista Alberti, attraverso figure di autori singoli. Ma di essi contavano le opere isolate dalle personalità umanelO:per prime quelle di Bramante e poi di Antonio da Sangallo il Giovane, Michelangelo, Palladio e altri. E sopra a tutto era l'idea - anch'essa astratta e sempre rinascimentale - di ordine architettonico. Ebbene, il diradamento edilizio di via dei Coronari, affrontato da Giovannoni già prima del 1911, aveva lo scopo di realizzare nella città entro le Mura Aureliane scorcipittoreschi, ottenuti per mezzo di piccole piazze e di strade allargate, che evidenziassero le figurazioni di questo preciso periodo - il Rinascimento, appunto, e talvolta anche l'Antichità - indicato come guida alle esigenze moderne (fig. 2). Ma ciò sottintendeva - ed è qui il nodo - che, per certi versi, tali esigenze potessero essere ridotte a sole questioni di forme, di stili dell'architettura. Né, tra l'altro, furono intese come aperture verso una comprensione più vera degli stili, dei modi reali della vita - considerati soprattutto i casi di diradamento realizzati in seguito - due celebri conferenze che invece avrebbero potuto esserlo: quelle su iniziativa degli stessi Cultori a Roma nei primi anni del Novecento di Joseph Stubben e del borgomastro di Bruxelles Charles Buls, in omaggio al pensiero forse del suo reale inventore, Camillo Sitte l l . Ricordavo che il panorama culturale italiano del momento era senza confronti col resto dell'occidente perché il Paese era ripiegato su di sé, nuovo tra le grandi nazioni, e pauroso e quasi intimidito dal confronto per esempio con l'Inghilterra, e in gran parte sordo a quanto accadeva in architettura, soprattutto - è noto - negli Stati Uniti d'America. Sempre in tale contesto e a proposito di figure romane colpisce che Gustavo Giovannoni fosse del 1873 e quindi un contemporaneo di personaggi di ben altra caratura, tutti nati tra il 1867 e 1872, Guimard, Behrens, Mackintosh, Poelzig, Wright, Hoffmann, Loos e Plefnic12, anche loro impegnati tutti nel recupero della storia per progettare il nuovo nelle città moderne, ma con esiti altri da Giovannoni. D'altra parte i loro luoghi d'origine, Parigi, Amsterdam, Vienna, Belgrado, Berlino, gli Stati Uniti, perfino la Scozia, erano diversi da Roma e soprattutto d'altra tradizione culturale. Basta considerare, di nuovo per esempio, ciò che uno di essi, l'austriaco Loos - forse il più particolare - affermava nel 1913 su questi temi, in contemporanea con le teorie giovannoniane: «Invece del genere di architettura che si insegna nella nostra università e che consiste in parte nell'adattare gli stili architettonici del passato alle esigenze della vita attuale, in parte nella ricerca di un nuovo stile, io voglio impostare il mio insegnamento sulla tradizione [...l I1 presente si costruisce sul passato così come il passato si è costruito sui tempi che lo hanno preceduto [...l. [Nella mia scuola] tre cose venivano insegnate: il costruire dall'interno verso l'esterno, la storia deli'arte e la conoscenza dei materiali. L'anno prossimo si dovrà insegnare anche la scienza delle costruzioni e la meccanica razionale in modo da poter accogliere gli studenti che hanno terminato il liceo e gli allievi delle scuole tecniche. E infine, ogni anno, si studierà in modo approfondito un edificio viennese, un edificio che risalga al tempo al quale dobbiamo ri~ollegarci»'~. Su queste basi e poco prima, nel 1909-1912,lo stesso Loos aveva progettato una nuova grande Karntnertorplatz a Vienna aperta verso monumenti tardobarocchi cui si raccordava senza soluzione di continuità, con edifici moderni e quasi diradando il tessuto preesistente14 @g. 3). E in questo stesso spirito, e ancora con termine giovannoniano, potrebbe di nuovo essere definito un diradamento anche la demolizione e la ricostruzione a Vienna nel 1909, sempre da parte di Loos, di uno spigolo di isolato sulla Michaelerplatz lungo la Herrengasse, in precedenza diverso. In questo secondo caso, uno degli esiti più significativi del lavoro, oltre che l'edificio nuovo - in sé molto noto - fu la libera visione dalla strada lungo il Burgtor insieme della facciata neoclassica del palazzo imperiale e del campanile gotico della chiesa di S. Michele sulla piazza, dopo che quest'ultima a sua volta aveva raggiunto una configurazione definitiva solo alla fine del XIX secolo15 Vig. 6). Per questo motivo la Looshaus nuova in angolo vicino alla chiesa quasi non si percepisce, nonostante contrasti con le preesistenze per lo stile, e risaltano la chiesa e il Burgtor, il palazzo reale; sono questi i nodi veri dello spazio, non il fabbricato più recente: un simbolo della modernità di per sé, ma circondato da un contesto in fondo assai più significativo. I1 paragone tra Roma e Vienna non è casuale e potrebbe continuare oltre il tema del dirddamento: disegni del 1909 ancora di Loos per la sistemazione della Karlplatz davanti all'omonima chiesa di Fischer von Erlach, sembrano quasi rimandare a schizzi più tardi, del 1936-1939, di Marce110 Piacentini per la sistemazione di via della Conciliazione davanti al S. Pietro michelangi~lesco~~ Cfigg.45 ) ,perché il modo di ragionare, di rapportarsi a preesistenze importanti è lo stesso. E uguale la maniera di isolarle, di incorniciarle tra due quinte parallele al centro di una prospettiva profonda. E in questa stessa scia, in un progetto forse ancora di Piacentini, circa del 1915, per la sistemazione a Roma della zona tra 1'Augusteo e il quartiere Flaminio, il legame tra la città esistente entro le Mura e quella nuova lungo la via consolare è un vero e proprio diradamento su vasta scala e insieme, anche un ampliamento. Ma il tutto, il vecchio diradato e il nuovo, è inteso come entità unica, non accostamento tra realtà differenti17 Vig. 7). La realizzazione di quest'ultima idea in particolare avverrà dal 1924-1928 in poi: lungo la Flaminia in un'area già individuata nel 1915 prenderà posto il Ministero della Marina di Giulio Magni; e nel 1937-1938 1'Augusteo sarà liberato e connesso a via del Corso da Vittorio Ballio Morpurgo. Ma è proprio a Piacentini, in fondo, cui si deve già nel 1916 (e anche dopo, nel Piano Regolatore del 1931) il riemergere di idee viennesi del periodo precedente nel modo di rapportarsi alla città una città grande, non più la Roma preunitaria pontificialS. Così come non vanno sottovalutati i suoi contributi in merito al sentirla come un intero gigantesco, un complesso indivisibile, maturati in viaggi in Germania nel 1913 e nel 1929-1931 e soprattutto oltre Atlantico nel 1915: negli Stati Uniti che tanto lo colpirono, che erano già stati determinanti vent'anni prima, nel 1893-1896, nella formazione di Loos e che lo sarebbero stati, per esempio, ancora dieci anni dopo per il tedesco Erich Mendelsohn tra gli architetti espressionisti19Cfig. 12). I temi ignorati dalla cultura architettonica romana tra la fine dell'ottocen- to, l'inizio del Novecento e in seguito, quasi per un rifiuto di quanto era fuori dell'Italia, sono tanti. E noto che a partire dai medesimi apporti austriaci e da quelli olandesi del periodo, sull'argomento delle costruzioni nuove nelle città esistenti si misureranno gran parte delle ricerche degli architetti europei ben oltre la Prima guerra mondiale. Ma in Europa i referenti erano altri dal Rinascimento, il Medioevo e il Barocco tardo; ed è noto che, tra gli altri, proprio i contemporanei di Giovannoni nominati sopra (cioè Guimard, Behrens, Mackintosh, Poelzig, Hoffmann e Plekic - non tutti così isolati come Loos) accantonarono l'argomento delle fattezze nuove rispetto alle antiche, la questione degli stili consolidati. Nelle architetture romane del periodo una certa eco di questo atteggiamento - di rifiuto di apparenze passate - è presente comunque ma, appunto, più nelle costruzioni nuove che nei diradamenti. Un esempio al limite è il palazzetto di Gustavo Giovannoni del 1908-1909 per il principe Torlonia a Roma, sulla via Tomacelli dietro la chiesa di S. Carlo al Corso20@g. 9). Qui le figurazioni sono ancora quelle dell'Ottocento, puriste, insieme, per un'affinità inconsapevole, a soluzioni analoghe a quelle praticate, appunto, dai cosiddetti precursori del Movimento Moderno; tra tutte, risalta l'importanza dell'angolo dell'edificio, evidenziato con una torretta: un modo tipico di Giovannoni che è anche nella fabbrica della Birra Peroni al quartiere Trieste, del 1901-1913, e che non è estraneo a quanto si realizzava, ad esempio, in Olanda. Qui, ad Amsterdam, il nuovo edificio della borsa di Hendrik Petrus Berlage (un altro ammiratore di Camillo Sitte), nel 1896-1903 era, infatti, già caratterizzato da un'alta torre campanaria di spigolo a rompere l'unità del volume di fattezze vagamente neoromaniche21 @g. 8). In parallelo, e alla luce dell'atteggiamento tutto italiano e soprattutto romano proprio verso il Rinascimento e gli ordini architettonici, nel palazzetto Torlonia va notato un impiego dominante di importanti componenti formali dell'architettura del Cinquecento: le fattezze tipo del palazzetto bramantesco-sangallesco con bugnato al piano terra e piano nobile d'altezza maggiore degli altri piani. Ma a sottolineare ancora le differenze tra l'Italia e altrove vale il confronto, sempre sul tema dell'angolo, con altre torrette cilindriche e nude a creare snodi, a separare piani, in progetti ancora di Loos per un hotel all'Avenue des Champs-Elysées e per la casa di Josephine Baker, ambedue a Parigi, del 1924 circa e del 1927**.Di questi edifici come, in fondo, anche di quelli di Otto Wagner, di Berlage e poi di Peter Behrens, risaltavano piuttosto gli spazi nuovi, funzionali ai bisogni degli abitanti - persone - non lo stile, l'aspetto dovuto all'urgenza di ripristinare un'epoca passata nei suoi ideali estetici. E per questo che le finestre della casa di Loos per Josephine Baker non ripetono un vecchio tipo come invece il palazzetto giovannoniano, ma dipendono dal raumplan interno, dove i luoghi di vita quotidiani della cantante francese erano camere da letto, saloni e soprattutto una piscina vetrata @gg. 10-11).E il confronto a distanza regge perché, al di là delle date, è noto quanto questo di Loos fosse già tutto nelle sue opere precedenti la Grande guerra. Due progetti sempre di Giovannoni e Loos, in apparenza ancora più lontani tra di loro, chiariscono il modo d'intendere l'architettura, il luogo di vita dell'uomo, - e di nuovo, per estensione, anche il diradamento edilizio - da parte degli architetti in Italia tra il 1883 e il 1914, appena prima delle grandi tragedie del Novecento. I1 primo è per la cappella Luzi a Vetralla, del 1909-1913, dell'inge- gnere romano. Ha caratteri romanico/gotico-lombardi, con cupola ottagona e facciata a lastra, finestrine ai lati del portale e due esili torri, quasi un Westbau: il defunto che doveva custodire è ricordato attraverso stili di forme, figure d'altri tempi23 fig. 13). I1 secondo è per una cappella, del 1921, per Max Dvofik, di Loos: un mausoleo che dichiarava la personalità del celebre storico dell'arte solo nell'interno con le pitture espressioniste di Oscar Kokoschka, intenzionalmente muto verso l'esterno e senza stili passati24fig. 14). Ma è risaputo - e forse non è un caso - che proprio a Dvofik, contemporaneamente all'amicizia con Loos, si deve la trasformazione sostanziale dell'approccio storiografico al Rinascimento, da lui in poi inteso non più solo per le arti visive e con scansioni temporali burchardtiane, ma per le mentalità e i modi di vivere e di pensare2? un criterio che di lì a poco in Italia fu ripreso e sviluppato tra gli anni Venti e Trenta del Novecento proprio dalla scuola storica romana e che in seguito fu rilanciato da Federico Chabod - il punto di partenza di questo lavoro grazie a Gaetano Miarelli Mariani - e da questi applicato, appunto, al Rinascimento in generale, alla figura di Niccolò Machiavelli e addirittura, sulla base del magistero di Gioacchino Volpe, alla politica estera italiana dopo il 1870. Nato nel 1901, quindi della generazione successiva a Gustavo Giovannoni, Chabod forse fu awicinato all'ingegnere romano dal proprio maestro Pietro Egidi - storico economico-politico del momento e grande amico di questi fino alla morte nel 1929 - che con lui aveva collaborato intensamente all'inizio del secolo, nel 1903-1904, in occasione di comuni studi sui monasteri benedettini di Subiaco2" Estranei al mondo dell'architettura, i rapporti tra Giovannoni e i migliori esponenti della scuola storica romana risalivano, infatti, almeno al 1903, al tempo del Secondo Congresso internazionale di Scienze Storiche, e furono mantenuti sempre anche grazie al lavoro comune in una grande impresa culturale del periodo: l'Enciclopedia Italiana voluta da Giovanni Gentile. Proprio in quella sede Chabod e Giovannoni furono affiancati e le due culture - dello storico puro e dell'ingegnere - furono accostate nella voce Rinascimento che, riletta oggi, fa apparire completa la differenza di metodo e di mete tra i due27. Perché il primo al tempo della voce - nel 1936 - era già attento ai modi dello spirito, alle mentalità, ai programmi di vita; il secondo era ancora legato all'arte per l'arte, alla centralità esclusiva del progettisca visto come eroe, alla quantificazione degli stili figurativi, al tema delle origini dell'architetto moderno alla vecchissima maniera di Ghiberti, Alberti e V a ~ a r i ~ ~ . Per la sua strada, e in un quadro più vasto, Chabod arriverà al superamento dello storicismo assoluto d'origine crociana, allora in voga, nel 1951 dopo le proprie esperienze personali di combattente e di politico nella Seconda guerra mondiale, in una celebre sintesi di pensiero nella Prefazione alla sua Storia della politica estera italiana: «[Nel fare storia bisogna] rendersi, dunque, conto di quali forze ideali e morali, di quali interessi, di quali aspirazioni si componesse la vita deU2Italiaunita [. ..l. In tutto questo, saper infine vedere gli uomini, le singole personalità con i loro pensieri e affetti. [. ..l Tanto più necessario questo cercare gli uomini quando s'abbia a trattare, come nel caso nostro, di storia politica e, soprattutto, di storia dei rapporti politici internazionali: laddove, cioè, non soltanto la personalità generale del singolo politico o diplomatico, le sue idee e il suo programma, ma il suo stile d'azione costituisce elemento mai trascurabile nelle vicende. I1 modo di impostare e condurre innanzi una certa politica, il modo di avvicinare e trattare le singole questioni, il modo di reagire - in una parola lo stile -, per uomini come i nostri che sono uomini d'azione e non teorici da tavolino valgono almeno quanto i cosiddetti programmi generali. Per meglio dire, impossibile distinguere in una determinata azione politica, queila che è la sostanza e queiio che è il modo di mettere innanzi la sostanza: come nell'artista, così nel politico - quest'altro artista, che procede per intuizioni e non per logica astratta, e, quand'è veramente tale, lo è per grazia di Dio e non per dottrina - forma e contenuto fanno tutt'uno, e a voler valutare solo il secondo, trascurando la prima, si fa uno studio di ideologie e non di azione [...l>>29. Al contrario, Gustavo Giovannoni, cresciuto a lato di tutto ciò, nel campo della storia dell'architettura, in particolare del Rinascimento, non andò mai oltre le generiche formulazioni di metodo, sempre uguali dal 1904, dai Monasteri di Subiaco in poi. Eseguì analisi di edifici, da lui intesi come organismi: questo fu il suo reale contributo. Comprese anche il bisogno di eseguire studi più vasti dei vari e complessi fattori economici, etnografici e religiosi che concorrono alla formazione delle realtà dell'architettura3O.Ma questi non li realizzò mai. Ugualmente, nel campo del cosiddetto diradamento edilizio - forse invenzione non sua non andò mai oltre la riproposizione di forme vecchie in ambienti antichi, attento all'arte per l'arte quasi senza contatti con la vita. E sfiorò appena, a confronto con quanto fecero i suoi contemporanei in Europa, e qualcuno in Italia (Behrens, Piacentini e altri, e all'estremo Loosjl), il tema delle grandi città e dell'adeguamento delle loro preesistenze alle libertà nuove del tempo suo e ai nuovi modi dell'esistere. NOTE G. MIARELLI MARIANI, IlRinascimento: caratterigenerali,in Lineamenti distoria dell'Architettura per i corsi diStoria dell'Architettura, a cura di L. Bartolini Salimbeni, C. Bozzoni, G. Carbonara, S. Cerulli, T. Scalesse, A. White, Roma 1978, rist. Roma 1995, pp. 373-378, in part. p. 375. J. BURCHARDT, Die Kultur der Renairsance in Italien, Basel 1860; ID.,Geschichteder Renaissance in Italien, Basel 1867 (2" ed. 1878). Questa seconda opera è stata tradotta in inglese solo di recente: ID., The architetture of the Italian Renaissance, J . Palmes transl., P. Murray ed., HarIl Rinascimento, in Problemistorici e orientamenmondsworth - New York 1985. Cfr. F. CHABOD, ti~torio~rafici, a cura di E. Rota, Milano 1942, pp. 445-491, ora in: ID.,Scrittisul Rinascimento, (la ed. Torino 1967) 2" ed. Torino 1974, rist. 1981, pp. 71-143, in part. pp. 82-85. 3 E. J. HOBSBAWM, IlSecolo Breve, ed. it. Milano 1995. 4 F. CHABOD, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, 3" ed. Bari 1976, 11, pp. 593-618. 5 G. GIOVANNONI, Vecchie città ed edilizia nuova, in "Nuova Antologia", 249, 1913, pp. 449472; ID.,Il diradamento edilizio dei vecchi centri Il quartiere della "Rinascenza" in Roma, ibidem, 250, 1913, pp. 53-76. Su tutto l'argomento, v,: G. SPAGNESI, Il restauro dei centri storici la teoria del diradamento e Gustavo Giovannoni, in Il quartiere e il corso del Rinascimento, a cura di G. Spagnesi, Roma 1994, pp. 11-47; C. VARAGNOLI, Dal piano al restauro: teorie e interventi sul quarProgrammi urbanistici e intertiere del Rinascimento (1870-1923), ibidem, pp. 49-93; M. CAPERNA, vento sulla città storica: la questione del «Quartiere Rinascimento» dal 1925 alla Seconda guerra mondiale, ibidem, pp. 95-131; F. PAGGETTI, Progetti e proposte per il quartiere e il corso del Rinascimento, ibidem, pp. 133-171. D. MUSTI, Demokratia. Origini di un'idea, Roma-Bari 1995, pp. 3 11-332. W. K. FERGUSON, Il Rinascimento ~zellacritica storica, (Cambridge, Mass. 19481, ed. it. Bologna 1969, rist. 1987, pp. 259 ss., 338 ss. Sulla cultura storico-artistica degli architetti italiani Il nuovo paesaggio dell'ltalia giolittiana, Roma-Bari del periodo più in particolare, V. FONTANA, 1981, pp. 3-42; ID.,Profilo diarchitettura italiana del Novecento, Venezia 1999, pp. 13-24. F. CHABOD, Storia, cit., I, pp. 220-226. 9 F. PERFETTI, Introduzione, in G. VOLPE, Storia d'ltalia moderna 1815-1878, Firenze 2002, I , pp. V-VII.Sullo stesso tema è sempre valido B. CROCE, Teoria e storia della storiografia,a cura di G. Galasso, Milano 1989, pp. 322-323 epassim. l o Cfr. F. CHABOD, IlRinascimento, cit., pp. 97-98. La conCh. BULS,Estetica delle città, trad. it. di M. Pasolini Ponti, Roma 1903; F. GALASSI, ferenza del sig. Charles Buls, in "AACAR - Annuario MCII", 1903, pp. 9-14. Cfr. C. SITTE,Der Stadtebau nach seinen kiinstlerischen Grundsatzen, Wien 1889;J. STUBBEN, Der Stadtebau, Darmstadt 1890 (2" ed. Stuttgart 1907);ID.,Sull'arte di costruire le città, in Atti del IX Congresso internazionale degli architetti, Roma, 2-20 ottobre 1911, Roma 1914, pp. 177-185. l 2 Hector Guimard (1867-1942), Peter Behrens (1868-1940),Charles Rennie Mackintosh (1868-1928), Hans Poelzig (1869-1936), Frank Lloyd Wright (1869.19591, Josef Hoffmann (1870-1956), Adolf Loos (1870-1933),JoZe PleCnic (1872-1957):v. P. PORTOGHESI, I grandiarchitettidel Novecento, a cura di C. Di Stefano e M. Pisani, Roma 1998, ad indicem. l3 A. Loos, La mia scuola diarchitettura, 1913, in ID.,Parole nelvuoto, ed. it. Milano ( l aed. 1972) 4" ed. 1984, pp. 261-265, in part. pp. 262-264. Si noti che l'affermazione è nel programma di Loos per i corsi della sua scuola di architettura, privata, di più di sette anni precedente quella romana, pubblica, fondata da Giovannoni. l 4 B. GRAVAGNUOLO, AdolfLoos, Milano 1981, p. 150; B. RUKSCITCIO - R. SCHACHEL, Adolf Loos. Leben und Werk, Salzburg und Wien 1982, pp. 498-499. '5 H . CZECH - W. MISTELBAUER, Das Looshaus, Wien (laed. 1976) 2" ed. 1984, pp. 9-17. l6 B. GRAVAGNUOLO, AdolfLoos, cit., p. 137; B. RUKSCHCIO - R. SCHACHEL, AdolfLoos, cit., Marcello Piacentini, Roma-Bari 1991, figg. 184-187 a p. 161. pp. 47 1-472; M. LUPANO, '7 G. SIMONCINI ET AL. (a cura di), Catalogo generale dei disegni di architettura 1870-1747, Roma 2002, fig. a p. 193, n. 17.1 (C.8,151. l 8 M. PIACENTINI, Sulla conservazione della bellezza di Roma e sullo sviluppo della città moderna, Roma 1916. l 9 M. LUPANO, Marcello Piacentini, cit., pp. 27, 181-182, 185. Per il viaggio di Mendelsohn negli Stati Uniti, v. E. MENDELSOHN, Amerika. Bilderbzlch eines Architekten, Berlin 1926; per la stima che lo legava a Loos, R. BANHAM, Theory and design in thefist machine age, London 1960 (ed. AdolfLoos, cit., 84 n. 83. E noto che a Roma le it. Bologna 1970, p. 101), cit. in B. GRAVAGNUOLO, influenze viennesi ebbero una certa consistenza a causa dell'Esposizione Universale del 1911: Roma 1711, Catalogo della mostra, Roma, 4 giugno-15 luglio 1980, a cura di G . Piantoni, Roma 1980; M. LUPANO, Marcello Piacentini, cit., pp. 14-17, 32-33; P. SPAGNESI, Considerazioni sulle fotografie del restauro di Castel Sant'Angelo, in Castel Sant'Angelo, la memoria fotografica 18501904, Catalogo della mostra, Roma, dicembre 1993-gennaio 1994, a cura di B. Contardi, M. Mercalli, A. Manodori, Roma 1993, pp. 79-80; V. FONTANA, Profilo, cit., pp. 48, 332 n. 101. In Germania - paese molto studiato da Piacentini con viaggi nel 1913 e nel 1929-1931 - tali influenze, al contrario, si fecero sentire solo molto dopo che in Italia e, dal 1933 in poi, per tramite di Albert Speer, ma su altre basi e in tutt'altra chiave. Per le differenze sostanziali tra Speer e l'architetto italiano, v. S. SCARROCCHIA, Albert Speer e Marcello Piacentini L'architettura del totalitarismo negli anni Trenta, Milano 1999. Per l'incidenza su Speer della cultura architettonica viennese del primo decennio del Novecento, secondo quanto dichiarato da lui stesso, per l'apporto diretto di Memorie del Terzo Reich, ed. it. Milano 1995, pp. 90-91. Sui suoi legami Adolf Hitler, v. A. SPEER, con altri architetti tedeschi contemporanei, in particolare con il suo professore Heinrich Tessenow, v. ibidem, pp. 19-24. Sullo stesso argomento, per un'analisi più imparziale, v. J. C. FEST, Speer. Una biografia,ed. it. Milano 2000, pp. 33-37,79-96. 20 M. CENTOFANTI - G. CIFANI - A. DELBUFALO, Catalogo dei disegni di Gustavo Giovannoni conservati nell'archivio del Centro distudi per la Storia dell'Architettura,Roma 1985,pp. 70-81, n. 34. 21 A. MUNTONI, Lineamenti di Storia dell'architettura contemporanea, Roma-Bari 1997, pp. 7 48 94-95; v. anche B. ZEVI,Spazi dell'architettura moderna, Torino 1973, nn. 108-110. 22 B. GRAVAGNUOLO, AdolfLoos, cit., pp. 185, 191.192; B. RUKSCHCIO - R. SCHACHEL, Adolf Loos, cit., pp. 586-587,606-607. 23 M. CENTOFANTI - G. CIFANI - A. DELBUFALO, Catalogo dei disegni, cit., pp. 91-92. 24 B. GRAVAGNUOLO, AdolfLoos, cit., p. 170; B. RUKSCHCIO - R. SCHACHEL, AdolfLoos, cit., pp. 253,556. 25 W. K. FERGUSON, Il Rinascimento, cit., pp. 353-354. 26 P. EGIDI, Notizie storiche dell'Abbazia Sublacense nel Medio Evo; G. GIOVANNONI, LarchiIn tettura dei monasteri sublacensi, in I Monasteri di Subiaco, Roma 1904,2 voll. Cfr. F. CHABOD, memoria di Pietro Egidi, in In memoria di Pietro Egidi, Torino 1931, pp. 2-28; ID., Pietro Egidi, ibidem, pp. 29-32. Dell'amicizia molto stretta tra Egidi e Giovannoni ne dà notizia quest'ultimo in ID.,Architetture di pensiero e pensieri sull'architettura, Roma 1945, pp. 69-72: v. P. SPAGNESI, Alcuni aspetti della formazione storica di Gustavo Giovannoni, in "Bollettino del Centro di Studi per la Storia dell'Architettura" 36, 1990, pp. 139-141. Ulteriore testimonianza dell'amicizia tra Egidi e Giovannoni potrebbe essere una lettera a un certo Pietro (di sicuro non Pietro Fedele) Ilcontributo delcentro dzStudiper la Stosempre di questi e del 1920, pubblicata in L. MARCUCCI, ria dell'Architettura alla scoperta dell'architettura minore del Lazio, in "Bollettino del Centro di Studi per la Storia dell'Architettura' 39,2002, pp. 11-35, in part. p. 18. 27 F. CHABOD, S. v. Rinascimento, in Enciclopedia Italidna, XXIX, Roma 1936, pp. 346-354 S. v. Rinascimento-Architettura, ivi, pp. (ora anche in ID.,Scritti, cit., pp. 25-54); G . GIOVANNONI, 355-362. I1 resto della voce, su Scultura epittura, era di Pietro Toesca (ivi,pp. 362-368). 28 G. GIOVANONI, S. v. Rinascimento, cit., pp. 357-360; ID., S. v. Architetto, in Enciclopedia Italiana, IV, Roma 1929, pp. 52-63, in part. pp. 59-60. Sui limiti di questo modo di intendere, v. S. v. Rinascimento, cit. (ID.,Scritti, cit., pp. 36,41). già nella stessa sede F. CHABOD, 29 F. CHABOD, Storia, cit., I, pp. 14-15. Più in generale, sulla sua idea della storia come storia delle libertà umane è sempre fondamentale, ID.,Croce storico, in "Rivista Storica Italiana", LXIV, S. v. Chabod, Federico, 1952, pp. 473-530. Per un profilo d'insieme del personaggio, F. VENTURI, in Dizionario biografico degli italiani, 24, Roma 1980, pp. 344-351. Per la sua attività in Valle d'Aosta durante e dopo la Seconda guerra mondiale, S. SOAVE, Federico Chabodpolitico, Bologna 1989. Sui suoi apporti fondamentali alla cultura storiografica del tempo, oltre al classico F. CHABOD,Lezioni di metodo storico, Bari 1969 (2" ed. 1983), v. tra gli altri P. ROSSI,Storia e storicismo nella filosofia contemporanea, Torino 1960, pp. 329-330; E SESTAN, Federico Chabod e la nuova storiografia: profilo di una generazione di storici, in ID., Scritti vari, 111, Storiografia dell'otto e Novecento, a cura di G. Pinto, Firenze 1991, pp. 141.162; U. M. MIOZZI,La scuola storica romana Introduzione, cit., pp. XLVII-XLVIII. 1926-1943, Roma 1984; F. PERFETTI, 30 G. GIOVANNONI, L'architettura dei monasteri, cit.; ID.,L'architettura italiana nella storia e nella vita, estr. da "Conferenze e prolusioni", 16, 1921; ID.,S. v. Architettura, in Enciclopedia Italiana, IV (Roma 1929), pp. 63-78; ID., S. v. Rinascimento-Architettura, ibidem, XXIX (Roma 1936), pp. 355-362; ID.,Mete e metodi nella storia dell'architettura, in Atti del I Congresso nazionale di Storia dell'Architettura, Firenze, 29-31 ottobre 1936, Firenze 1938, pp. 273-283; ID.,Gli studi di storia dell'architettura medioevale e moderna negli ultimi cento anni, estr. da Un secolo di progresso scientifico italiano: 1839-1939, Roma 1939; ID.,La storia dell'architettura e isuoi metodi, in ID.,Antonio da Sangallo il Giovane, a cura di G. Zander, Roma 1959, pp. VII-xv. j1 Tra gli italiani su questa scia, vale la pena ricordare anche un allievo di Loos: Giuseppe De Finetti, e le sue ville lombarde e i suoi progetti per Milano; su di lui, v. Giuseppe De Finetti Progetti 1920-1951, a cura di G. Cislaghi, M. De Benedetti, P. Marabelli, Milano 1981; Giuseppe De Finetti La poesia e la ragione, a cura di G. Cappellato e M. Macchietto, numero monografico di "Parametro", 126, maggio 1984; M. MACCHIET~O, Giuseppe De Finetti: architettura e città, numero monografico del "Bollettino del Centro di Studi per la Storia deii'Architetturan, 33,1986. Per l'amProfilo, cit., pp. 111,123, 138,201-202. biente milanese del suo tempo, v. V. FONTANA, Fig. 1-E. Schiavetti, rilievo di un prospetto della casa di Prospero Mochi in via del Governo Vecchio, Roma, ante 191 1 (M. Centofanti - G. Cifani - A. Del Bufalo, Catalogo dei disegni, cit., fig.p. 60). 5O ,onedk dm oli Fig. 2 - G. Giovannoni, proposta di sirtemazione per la via dei Coronari e le sue adiacenze, 171 1 (I1 quartiere, cit., fig.p. 145). Fig. 3 - P. Engelmann per A. Loos, planimetria per la trasformazione della Karntnertorplatz, Vienna, 1909-1912 (B. Rukschcio - R. Schachel, Adolf Loos, cit., pp. 498-479, fig. 564). - A. Loos, schizzi per la sistemazione della Karlplatz, Vienna, 1907 (B. Rukscbcio R. Schacbel, Adolf Loos, cit., fig. 51 1). Fig. 4 J h /i. Fig. 5 - M. Piacentini, schizzi per la sistemazione di via della Conciliazione davanti a S. Pietro, Roma, 1936-1937 ( M . Lupano, Marce110 Piacentini, cit., fig. 186). Fig. 6 - Vienna, Michaelerplatz, fasi di trasformazione dal 1888 al 1910 (H. Czech - W.Mistelbauer, Das Looshaus, cit., p. 15, figg. 1520). Fig. 7 -M. Piacentini?, progetto d i sistemazione del quartiere Flaminio e del rione Campo Marzio, 1915? (G. Simoncini et al. (a cura di), Catalogo generale, cit., p. 193, n. 17.1). Fig. 8 - H. ]. M . Walen- camp per H. P. Berluge, borsa di Amsterdam, prospettiva da sud, 1898 (Disegni di Hendrix Petrus Berlage, Catalogo della mostra, a cura di E. Fiorin e P. Cimarosti, Venezia 1986, p. 53). Fig. 9 - G. Giovannoni, progetto del palazzetto Torlonia in via Tomacelli, Roma, 1908-1909 ( M . Centofanti - G. Cifani -A. Del Bufalo, Catalogo dei disegni, cit., fig. p. 81). Fig. 10 - A . Loos, progetto di casa a Parigiper J. Baker, 1927-1928 (B. Rukschcio - R. Schachel, Adolf Loos, cit., fig. 302). Fig. 11-A. Loos, casa a ParigiperJ. Baker, piante deipianiinterrato, terra, primo e secondo, 19271928 (B. Rukschcio - R. Schaechel, Adolf Loos, cit., fig. 757). Fig. 12 -E. Mendelsohn, vedute di New York dal porto, 1926 (B. Gravagnuolo, Adolf Loos, ci^, fig. p. 43). Fig. 13 - G . Giovannont, tomba Luzi, Vetvalla, 1909 (M. Centofanti - G . Cifuni - A. Del Bufalo, Catalogo dei disegni, ctt., fig. p. 92). Fig. 14 -A. Loos, mausoleo pev Max DvoGk, 1921 (B. Rukschczo - R. Schachel, Adolf Loos, cit., fig. 247).