ISSN 0484-8942
REVUE -------------------------------------------------- NUMISMATIQUE
Dirigée par
Secrétaires de la rédaction
Fr. Duyrat, C. Grandjean, C. Morrisson,
M. Bompaire, A. Suspène
V. Drost, J. Jambu, J. Olivier
2015
(172e volume)
Revue soutenue par l’Institut National des Sciences Humaines et Sociales
du Centre national de la recherche scientifique
---------------------------------------------------SOCIÉTÉ FRANÇAISE DE NUMISMATIQUE
Diffusion : Société d’édition « Les Belles Lettres »
2015
Lucia Travaini*, Marco Bazzini**
Signa Ugutionis:
monete come prova di identità tra Parma e Reggio Emilia nel 1409
Riassunto – Viene pubblicato un documento del 1409 nel quale sono elencate trenta monete
utilizzate come lasciapassare o contrassegni segreti (signa) da presentare alle porte delle città di
Parma e Reggio Emilia e in alcune fortezze del territorio circostante per farsi identiicare e potervi
accedere. Le monete, sia di zecche italiane che straniere, sono spesso descritte con grande dettaglio.
Si riporta la trascrizione integrale del documento e la traduzione delle parti di testo relative alle
monete, delle quali si propone una identiicazione insieme ad alcune considerazioni numismatiche.
Parole chiave – Emilia, monete d’argento e mistura, xiv-xv secolo, Visconti, tessere, iconograia,
identità.
Summary – This paper presents the edition of a document of 1409 listing thirty coins used as
‘passport’ or secret token of identity to have access at the gates of the cities of Parma and Reggio
Emilia and fortresses of the surrounding territory. The coins are described in detail and can be
identiied; they are billon or silver coins of various Italian and foreign mints. This is the irst
evidence of such a use of coins.
Keywords – Emilia (Italy), silver and billon coins, 14th-15th centuries, Visconti, tokens, iconography,
identity.
Il testo qui esaminato mostra un uso del tutto particolare delle monete
medievali e inora del tutto inedito. Il documento ad esso relativo, in una copia
cinquecentesca, ci fu segnalato dai curatori dell’edizione Debora Dameri e
Achille Lodovisi, tramite l’amica Federica Missere Fontana: a tutti loro siamo
grati1. Ne abbiamo potuto dar conto solo brevemente nella stessa edizione
ed ora in questo articolo esaminiamo con maggiori dettagli il commento e
l’interpretazione, aggiungendo, da parte di Marco Bazzini, l’edizione del testo
quattrocentesco verosimilmente originale reperito a Modena.
Il documento testimonia la scelta di usare monete come prove di identità alle
porte delle città di Parma e Reggio Emilia e fortezze del territorio circostante.
Questa scelta esalta manifestamente la potenzialità delle monete come manufatto sostanzialmente indistruttibile, vario, non alterabile e di cui due esemplari
* Università degli studi di Milano, Dipartimento di studi storici, via Festa del Perdono 7,
20 122 Milano. Email: travaini.lucia@gmail.com.
** Società Numismatica Italiana; Salsomaggiore Terme (PR), Italia.
Email: bazzinimarco@gmail.com.
1. Quattrocento 2013, p. 195-199.
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uguali potevano facilmente essere reperiti. Per tutti questi motivi nell’estate
del 1409 Uguccione Contrari, comandante in capo delle truppe del marchese di
Ferrara Niccolò III d’Este (1383-1441), decise di far utilizzare dai suoi uomini
come lasciapassare o contrassegni segreti da esibire alle porte e alle fortezze
delle citta di Parma, Reggio Emilia e del loro contado, appena riconquistate ma
ancora insicure ed esposte ad attacchi e imboscate, denari grossi e minuti di
differenti tipologie e di varie zecche: un esemplare doveva essere nelle mani
di chi doveva essere ammesso e identiicato mentre un altro esemplare uguale,
oppure la sua descrizione dettagliata o una riproduzione a secco, doveva verosimilmente essere in possesso di chi doveva identiicare (i castellani custodi dei
castelli o delle rocche, i responsabili delle varie porte urbiche). Chi veniva alle
porte per essere identiicato probabilmente doveva prendere in consegna le
stesse rocche e fortilizi oppure materiale ‘bellico’ ad essi pertinenti mentre
per il comune transito giornaliero, specie nelle città, è impossibile che si usasse
un sistema simile di controllo.
1. Monete e identità nel medioevo (LT)
Gli usi delle monete nel medioevo furono molto vari e da alcuni anni la
ricerca ha portato luce su un gran numero di usi “non economici” collocabili
sia nell’ambito rituale e votivo, sia nell’ambito della funzione di identità.
Anche come identità si possono riconoscere aspetti diversi: l’identità di molte
città italiane nel medioevo era affermata con forza dall’iconograia delle sue
monete che ne erano ‘segni’ (e molto spesso il tipo monetale cittadino era simile a
quello usato per il sigillo, ‘signum’). L’identità locale era affermata nell’immagine
del santo patrono: in alcune serie monetali è stato recentemente dimostrato che
il dritto della moneta, coniato con il conio di incudine e gerarchicamente più
importante del rovescio, era appunto quello che rafigurava il santo (così per i
grossi agontani come per i iorini d’oro di Firenze) la cui igura era gerarchicamente più importante dei ‘signa’ cittadini’2.
L’orgoglio delle città italiane per le proprie monete può trovare un esempio
nella storia narrata da Giovanni Villani a proposito del confronto tra Pisa e Firenze
agli occhi del “re di Tunisi” 3, o ancora da un passo del libro della zecca di Firenze
2. Per il dritto e rovescio degli agontani cfr. Travaini 2007, p. 169; Ead. 2012, p. 384-385.
Per i legamenti di conio dei iorini di Firenze del II semestre 1342 cfr. Travaini, Broggini 2013;
per santi con modello della città nelle mani cfr. Travaini, LocaTELLi c.s. Per l’introduzione
dell’araldica sulle monete signorili cfr. Travaini 2013b con bibliograia precedente.
3. viLLani, Nuova Cronica, libro VII, cap. LIII: “Cominciati i detti nuovi iorini a spargersi per
lo mondo, ne furono portati a Tunisi in Barberia; e recati dinanzi al re di Tunisi, ch’era valente e
savio signore, sì gli piacque molto, e fecene fare saggio, e trovata di ine oro, molto la commendò,
e fatta interpetrare a’ suoi interpetri la ‘mpronta e scritta del iorino, trovò dicea: “Santo Giovanni
Batista”; e dal lato del giglio: “Fiorenzia”. Veggendo era moneta di Cristiani, mandò per gli mercatanti
pisani che allora erano franchi e molto innanzi al re (e eziandio i Fiorentini si spacciavano in
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
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dal quale si apprende che nel 1332, invece dei due previsti, l’incisore dei conii,
ormai vecchio e quasi cieco, produceva conii brutti e pieni di errori “come quelli
di Genova” 4.
Le monete della propria città erano segno di identità per chi le usava, ed i
pellegrini viaggiavano spesso con monete ‘di loro paese’ da cambiare se necessario durante il viaggio, ma spesso, nel caso di monete minute, da lasciare come
segno di sé presso gli altari meta del loro pellegrinaggio5. Molti altri sono i casi
in Italia, mentre questa forte identità tra moneta, luogo e persone che le usavano,
è più raramente documentata in Francia, con l’eccezione di Clermont per la
quale un documento del 1282 fa riferimento speciico a moneta patrie propria
e a moneta propria et usualis6.
Il documento del 1409 qui pubblicato e commentato testimonia per la prima
volta un ulteriore uso di monete “per identità”; si tratta di denari diversi utilizzati
come signa di sicurezza per l’accesso alle porte delle città e fortezze di Uguccione Contrari: contrassegni di identità, lasciapassare, prove non falsiicabili. Si
erano scelti denari non delle zecche di Parma o Reggio, ma emessi da zecche
diverse, alcune decisamente ‘straniere’ all’area, altre non troppo ‘lontane’,
come denari di Bologna o Cremona: forse bastava in questi casi la segretezza
assoluta sul tipo di moneta per assicurare l’identità.
La varietà delle monete reperibili nel 1409 per lo scopo qui documentato
era enorme, con iconograie diverse e tanti dettagli da speciicare per l’identiicazione; non doveva essere dificile procurarsi presso cambiavalute anche
esemplari poco usuali localmente.
Tunisi per Pisani), e domandogli che città era tra’ Cristiani quella Florenza che faceva i detti
iorini. Rispuosono i Pisani dispettosamente e per invidia, dicendo: “Sono nostri Arabi fra terra”,
che tanto viene a dire come nostri montanari. Rispuose saviamente il re: “Non mi pare moneta
d’Arabi; o voi Pisani, quale moneta d’oro è la vostra?”. Allora furono confusi e non seppono
rispondere. Domandò se tra·lloro era alcuno di Florenza; trovovisi uno mercatante d’Oltrarno
ch’avea nome Pera Balducci, discreto e savio. Lo re lo domandò dello stato e essere di Firenze, cui
i Pisani faceano loro Arabi; lo quale saviamente rispuose, mostrando la potenzia e la magniicenzia
di Fiorenza, e come Pisa a comparazione non era di podere né di gente la metà di Firenze, e che
non aveano moneta d’oro, e che il iorino era guadagnato per gli Fiorentini sopra loro per molte
vittorie. Per la qual cagione i detti Pisani furono vergognati, e lo re per cagione del iorino, e per
le parole del nostro savio cittadino, fece franchi i Fiorentini, e che avessono per loro fondaco
d’abitazione e chiesa in Tunisi, e privilegiogli come i Pisani. E questo sapemo di vero dal detto
Pera, uomo degno di fede, che·cci trovammo co·llui in compagnia all’uicio del priorato.”
4. BErnocchi 1974, p. 53.
5. Questo è documentato nel ‘Libro del pellegrino’: Travaini 2003a, p. 90-94; Travaini 2007,
cap. 12. Anche nel busto reliquiario di San Giacomo Minore a Santiago di Compostela sono
stati ritrovati denari stranieri offerti da pellegrini devoti e determinati nell’inilarli in modo che
restassero a contatto con il santo: cfr. Travaini 2009a, p. 35. Per il concetto di moneta locale e
straniera nel medioevo si vedano Spufford 2000, passim e Travaini 1999, passim.
6. BompairE 2012.
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Oltre ai dettagli iconograici, il testo descrive anche l’aspetto metallico delle
monete (denarius de argento o argenteus, denarius heneus, denarius de ramo)
e in alcuni casi viene speciicato che la moneta in oggetto, pur essendo di bassa
lega, aveva comunque un aspetto argenteo (denarius heneus deargenteatus),
probabilmente a causa di un arricchimento supericiale effettuato in zecca7.
2. I signa Ugutionis: la fonte e l’interpretazione (MB)
La fonte originale e la copia cinquecentesca
La prima copia reperita di questo importante documento si trova presso
l’Archivio di Stato di Bologna ed è una trascrizione cinquecentesca8. Presso
l’Archivio della Biblioteca Estense Universitaria di Modena ne è stata rinvenuta
da chi scrive una seconda copia. Si tratta probabilmente della minuta originale
del documento quattrocentesco. Essa consente di deinire meglio e integrare in
alcuni punti la copia cinquecentesca che, proprio alla luce del secondo e più
antico documento, è risultata errata per quanto concerne la descrizione dei
dettagli di alcune monete. In alcuni casi ciò può essere stato causato da una
cattiva interpretazione del copista cinquecentesco al quale alcune delle monete
descritte dovevano forse risultare completamente sconosciute. In altri punti ci
si trova invece in presenza di mutamenti del testo originale, come nel caso del
termine heneus che nel testo quattrocentesco indica forse, unica espressione
usata a tale scopo, la bassa mistura d’argento, mentre la copia cinquecentesca
utilizza oltre ad esso anche le locuzioni hereus e hencus.
Il documento è diviso in due parti: la prima è datata 31 luglio 1409, mentre
la seconda reca la data del 10 agosto 14099.
7. La cosiddetta ‘imbianchitura’ o ‘imbianchimento’. Per il metodo dell’imbianchimento si
veda finETTi 1987; per il lavoro nelle zecche medievali, Travaini 2011, cap. 7.
8. Archivio di Stato di Bologna (d’ora in poi ASBo), Archivio Pepoli, serie IX, reg. 639,
cc. 82v.-83r. Trascrizione in Quattrocento 2013, p. 195-199.
9. Si ringrazia la Direzione della Biblioteca Estense Universitaria di Modena per aver
concesso l’autorizzazione alla riproduzione del documento (e-mail del 31.07.2013, con allegato
il pdf del documento siglato Cl. 28.13.07 / 11, Prot. 2718 del 31.7.2013). La copia cinquecentesca
riporta per primi, sul verso della carta 82, i signa delle rocche di Reggio seguiti, sul recto della
carta 83, da quelli delle porte della stessa città e per ultimi i signa per Parma. Secondo la numerazione – aggiunta in età moderna – della copia quattrocentesca di Modena la successione è invece
la seguente: il foglio 252 contiene la lista dei signa di Parma datata 31 luglio 1409, il n. 253 i
signa relativi alle porte della città di Reggio (a differenza degli altri due, che recano la data dopo
l’intestazione, questo foglio non è datato) ed inine il foglio 254, datato 10 agosto 1409, recante
i signa assegnati alle rocche di Reggio Emilia e del suo territorio. È probabile che nessuna delle
due sia la sequenza corretta. Una successione più coerente, e che qui si propone, è quella che vede
i signa del foglio 253 seguire quelli del foglio 254.
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Trascrizione del documento quattrocentesco10
Si trascrive l’elenco dei signa attribuiti da Uguccione Contrari alle porte e
fortezze delle città di Reggio e Parma e del loro contado. Il documento è custodito presso la Biblioteca Estense di Modena, Fondo Documenti Campori, Busta
54 (2), Camp. Ap. 2851, Parma-documenti: Famiglie (continua), 3 fogli sciolti
con numerazione moderna a matita sul margine inferiore sinistro (igure 1-3)11.
[Foglio 252, r.]
Signa deputata per magniicum Ugutionem12 de Contrariis pro civitate et
fortilitiis Parme eiusque comitatus tempore dominii illustris et magniici
domini et domini nostri domini Nicolai, Dei gratia marchionis Estensis.
Die ultimo mensis iulii .mccccviiii.
[1]
Signum Ugutionis civitatis
Parme est
unus denarius heneus13 deargenteatus habens
ab uno latere unum .t., ab allio vero latere unam
crucem.
[2]
Signum Ugutionis civitatele
Parme est
unus denarius heneus14 deargenteatus habens ab
uno latere una crucem cum capitibus revoluctis,
ab allio vero latere duas literas15 scilicet .c. et .a.
[3]
Signum Ugutionis roche civitatelle
Parme est
unus denarius argenteus habens ab uno latere
unum leonem rampantem cum una spata in uno
ex peditibus anterioribus, ab allio vero latere
unam crucem.
[4]
Signum Ugutionis porte Nove
Parme est
unus denarius de argento habens ab uno latere
unam crucem cum capitibus revoluctis, ab allio
vero latere unum bisonem in quodam compasu.
10. Delle numerose differenze tra questo testo e la copia cinquecentesca pubblicata in
Quattrocento 2013, p. 195-199, si è deciso di riportare in nota solamente quelle ritenute particolarmente signiicative.
11. Nota alla trascrizione: le abbreviazioni sono state sciolte integralmente; nomi e toponini
sono trascritti nello stesso modo in cui si trovano nel manoscritto; l’uso delle maiuscole e delle
minuscole è stato adattato secondo l’uso moderno, per i nomi propri di persona, toponimi e delle
porte urbiche; le parti che nel testo originale sono cassate con dei tratti di penna sono state
trascritte. Un punto interrogativo tra parentesi indica un’incertezza nella trascrizione. Il numero
in neretto entro parentesi quadra è stato aggiunto da chi scrive per facilitare i richiami delle varie
monete nel testo e nelle tabelle poste a corredo di questo articolo; lo stesso numero è usato per
numerare le igure.
12. Ugucionem in Quattrocento 2013.
13. Hencus in Quattrocento 2013.
14. Hencus in Quattrocento 2013.
15. ‘.s.c. et’ depennato. Manca in Quattrocento 2013.
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Figure 1-3 - Biblioteca Estense di Modena, Fondo Documenti Campori, Busta 54 (2),
Camp. Ap. 2851, Parma-documenti: Famiglie (continua), 3 fogli sciolti numerati 252, 253, 254
(numerazione moderna a matita sul margine inferiore sinistro). Si ringrazia la Direzione della
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Biblioteca Estense Universitaria di Modena per aver concesso l’autorizzazione alla riproduzione
del documento (e-mail del 31.07.2013, con allegato il pdf del documento siglato Cl. 28.13.07 / 11,
Prot. 2718 del 31.7.2013).
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[5]
Signum Ugutionis rochete ultra
Parmam in capite pontis donne
Zilie est
unus denarius heneus16 deargenteatus habens ab
uno latere unum bisonem, ab allio vero latere
unum .d. et unum .B. taliatos.
[6]
Signum Ugutionis roche
Sancte Crucis Parme est
unus denarius argenteus habens ab uno latere
unam crucem cum cantonibus revoluctis, ab allio
vero latere unum scutum cum uno bisone et tres
acquilas.
[7]
Signum Ugutionis porte
Sancte Crucis Parme est
unus denarius heneus17 deargenteatus habens ab
uno latere unam crucem cum quatuor liliis ad
dictam crucem, ab allio vero latere unum bisonem
cum uno .ç.18 et uno .G. a lateribus dicti bisoni.
[8]
Signum Ugutionis porte
de Bononia Parme est
unus denarius heneus19 deargenteatus habens ab
uno latere crucem cum capitibus revoluctis, ab
allio vero latere unum cimerium cum una roseta
de subtus.
[9]
Signum Ugutionis porte
Sancti Michaelis Parme est
unus denarius magnus heneus20 deargenteatus
habens ab latere imaginem unius sancti cum
quadam rocha in una manu et quodam setro in
allia manu, et ab allio latere dicti sancti unum
.N. cum tribus puntis de super et tribus alliis puntis
de subtus, ab allio vero latere unum curum.
[10] Signum Ugutionis roche
Castri novi parmensis est
unus denarius heneus21 deargenteatus habens ab
uno latere crucem cum quatuor rosetis, ab allio
vero latere imaginem unius sancti apparati cum
pastorali in manu.
[11] Signum Ugutionis roche
Monticli parmensis est
unus denarius heneus22 habens ab uno latere crucem
cum quatuor tondis circa, ab allio vero latere
unum bisonem cum duabus literis ad latus.
[12] Signum Ugutionis roche
Pariani parmensis est
unus denarius heneus23 habens ab uno latere imaginem unius sancti cum una rocha in una manu,
ab allio vero latere duas claves.
16. Hencus in Quattrocento 2013.
17. Hencus in Quattrocento 2013.
18. ‘C ’ in Quattrocento 2013.
19. Hencus in Quattrocento 2013.
20. Hencus in Quattrocento 2013.
21. Hencus in Quattrocento 2013.
22. Hencus in Quattrocento 2013.
23. Hencus in Quattrocento 2013.
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[Foglio 254, r.]
Signa deputata per magniicum Ugutionem24 de Contrariis pro civitate et
fortilitiis Regii eiusque comitatus, tempore dominii illustris et magniici
domini et domini nostri domini Nicolai Dei gratia marchionis Estensis. Die
decimo mensis augusti .mccccviiii.
[13] Signum Ugutionis25 civitatis
Regii est
unus denarius magnus de argento habens ab uno
latere unum pontiicem cum uno fuste in manu
habente crucem in capite superiori, ab allio vero
latere duas claves de subtus colligatas.
[14] Signum Ugutionis26 civitatelle
Regii est
unus denarius magnus de argento habens ab uno
latere unum capud coronatum cum barba lunga et
una cruceta in medio dicte corone de super omnia
in quodam compasu, ab allio vero latere in quodam
compasu unam crocetam cum uno .l., uno .u.,
uno .c., uno .a. circa dictam crucetam et quatuor
lilia circa dictum compasum.
[15] Signum Ugutionis roche superioris
civitatelle Regii est
unus denarius heneus27 deargentatus habens ab uno
latere unum scutum cum duabus undis, ab alio
vero latere unam crucem cum quatuor rosetis circa
dictam crucem.
[16] Signum Ugutionis rochete inferioris
civitatelle Regii est
unus denarius heneus28 deargenteatus habens ab
uno latere unum scutum cum tribus strichis per
transversum usque ad medium et quinque lilias in
allia parte dicti scuti et duo lilia a latere dicti
scuti, ab allio vero latere imaginem unius sancti.
[17] Signum Ugutionis roche Dinaçani
Regiensis est
unus denarius heneus29 habens ab uno latere duo .i.
cum quatuor puntis, ab allio vero latere unum lilium.
[18] Signum Ugutionis roche Casalgrande
Regiensis est
unus denarius heneus30 parvus habens ab uno
latere unum .c. magnum, ab allio vero latere
unam crucem cum capitibus revoluctis.
[19] Signum Ugutionis roche Arceii
Regiensis est
unus denarius parvus heneus31 habens ab uno
latere unum .f., ab allio vero latere unum capud.
[20] Signum Ugutionis roche Salvaterre
Regiensis est
unus denarius heneus32 habens ab uno latere
quatuor literas cum uno puncto in medio, ab allio
vero latere unum tondum crosatum.
24. Ugucionem in Quattrocento 2013.
25. Ugucionis in Quattrocento 2013.
26. Ugucionis in Quattrocento 2013.
27. Hereus in Quattrocento 2013.
28. Hereus in Quattrocento 2013.
29. Hereus in Quattrocento 2013.
30. Hereus in Quattrocento 2013.
31. Hereus in Quattrocento 2013.
32. Hereus in Quattrocento 2013.
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
401
[Foglio 253, r.]
Signa magniici Ugutionis33 de Contrariis portarum civitatis Regii sunt
hec, videlicet
[21] Signum Ugutionis porte Sancti
Stephani Regii de subtus est
unus denarius de argento habens ab uno latere
unam crucem in uno tondo, ab allio vero latere
unum scutum in quo est una crux triplicata insimul cum uno scuto parvo in medio dicte crucis.
[22] Signum Ugutionis porte Sancti
Stephani Regii de super est
unus denarius de argento parvus habens ab uno
latere duas cruces insimul iunctas, unam magnam
et unam parvam, cum duobus punctis in capite
cuiuslibet brachii dictarum crucem, ab allio vero
latere unam coronam.
[23] Signum Ugutionis porte castelli
Regii de subter est34
unus denarius de argento habens ab uno latere
unum cimerium cum uno penerio, duabus rosetis
a lateribus deti cimerii et uno scudeto sub decto
cimerio, cum unam acquila intus, ab allio vero
latere <unum> vultum unius sancti35.
Respice infra pro signis
istius porte Castelli36
[24] Signum Ugutionis porte castelli
Regii de super est37
unus denarius de argento magnus habens ab uno
latere unam crucem in uno tondo, ab allio vero
latere <unam> imaginem unium sancti in habitu
pontiicali cum uno pastorali in manum38.
[25] Signum Ugutionis porte Sancti Petri
Regii a latere de subter est
unus denarius heneus39 magnus habens ab uno
latere imaginem unius episcopi in habitu pontiichali cum uno pastorali in manu una et in allia
manu unum habens bronzinum, ab allio vero
latere unam crucem magnam cum duabus crucibus
ad duo latera per oppositum cum duobus curribus
ad allia duo latera per oppositum.
[26] Signum Ugutionis porte Sancti Petri
Regii a latere de super est
unus denarius de ramo parvus habens ab uno
latere in uno tondo unum scutum cum una virga
per lunga et uno bissono in dimidia parte dicti
scuti et tribus acquilis in allia dimidia, ab allio vero
latere unam crucem in uno tondo cum capitibus
revoluctis.
33. Ugucionis in Quattrocento 2013.
34. Questa parte di testo è depennata. Manca in Quattrocento 2013.
35. Questa parte di testo è depennata. Manca in Quattrocento 2013.
36. Manca in Quattrocento 2013.
37. Questa parte di testo è depennata. Manca in Quattrocento 2013.
38. Questa parte di testo è depennata. Manca in Quattrocento 2013.
39. Hereus in Quattrocento 2013.
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402
LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
[27] Signum Ugutionis porte Sancte Crucis unus denarius de ramo parvus habens ab uno latere
Regii a latere de subter est
unum caput hominis in uno tondo, ab alio vero
latere unam crucem cum capitibus revoluctis.
[28] Signum Ugutionis porte Sancte Crucis unus denarius de ramo parvus habens ab uno latere
Regii a latere de super est
unam acquilam, ab allio vero latere unam crucem
cum quatuor rosetis circha dictam crucem.
[29] Signum Ugutionis porte Castelli Regii
a latere de super est
unus denarius heneus parvus habens ab uno latere
unam crucem que se extendit usque ad circumferrentiam dicti denarii, ab allio vero latere unum
.p. cum uno ponto in corpore dicti .p.
[30] Signum Ugutionis porte Castelli Regii
a latere de subter est
unus denarius de ramo parvus habens ab uno
latere unam crucem, ab allio vero latere unum .I.
ramutum cum quibusdam literis ad latus.
Uguccione Contrari
Uguccione Contrari (o Contrario, o De Contrariis) nacque a Ferrara, forse
nel 1379, da una delle famiglie più importanti della città40.
Alla morte del marchese Alberto (V) d’Este, avvenuta nel luglio del luglio
1393, Mainardo, padre di Uguccione, fece parte del Consiglio di reggenza al
quale fu afidato il governo dello Stato negli anni della minore età del marchese
Niccolò III d’Este, iglio e successore di Alberto41.
Nel 1402 Niccolò mutò il Consiglio di reggenza in Consiglio privato e Uguccione fu chiamato a farne parte con un ruolo di rilevanza primaria. La vicinanza
tra i due personaggi non fu comunque circoscritta alla fedeltà politica da parte
di Uguccione al suo signore, ma assunse i contorni di una profonda amicizia42.
Uguccione divenne il più idato e ascoltato consigliere del marchese di Ferrara,
il quale pose nelle sue mani la cura degli affari di stato43. Nel 1413 Niccolò III
lo nominò suo luogotenente generale e vicemarchese, con diritto di governare
lo Stato in sua assenza.
40. Si veda aScari 1983; Quattrocento 2013, p. 167-186.
41. Il Consiglio di reggenza esercitò la sua funzione dal 1393 al 1398.
42. Uguccione e Niccolò crebbero insieme e furono compagni di studi. Questo fatto contribuì
alla creazione tra i due di un forte legame che non venne mai meno, fondato su una profonda
comunanza di intenti e ideali.
43. Egli contribuì “in modo decisivo con un assiduo operare diplomatico, politico e strategico militare – che trascendeva il ruolo e i compiti comunemente assegnati ad un uomo di corte
– a tessere quella itta trama di relazioni, amicizie e segrete intese che avrebbero consentito al
signore di Ferrara di superare gravi crisi interne, sciogliere l’azione di governo dai condizionamenti
esercitati dal suocero Francesco Novello da Carrara e dai Veneziani, conservando e consolidando
i propri domini, nel bel mezzo della lotta per l’egemonia sull’Italia ingaggiata dai principali stati
della penisola. L’inluenza esercitata dal feudatario di Vignola sulle decisioni politiche del marchese
fu tale da indurre i veneziani a pensare che il signore di Ferrara nulla facesse, se non quello che
Uguccione voleva” (Quattrocento 2013, p. 170).
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
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Uguccione fu anche un importante condottiero e in questa veste ebbe modo
di scontrarsi o di conoscere i più famosi capitani di ventura del suo tempo44.
Dall’inizio del Quattrocento ino a circa il 1426 egli agì come un odierno “capo
di Stato Maggiore”, in posizioni di grande responsabilità, all’interno di vicende
belliche fondamentali per lo Stato estense. Il doge di Venezia Tommaso Mocenigo gli riconobbe grandi capacità organizzative, unitamente ad abilità tattiche
e strategiche e nel 1420 il duca Filippo Maria Visconti lo nominò governatore
generale dello Stato di Milano riconoscendogli una grandissima autonomia
decisionale. Il legame di profonda iducia e stima che aveva contraddistinto
il rapporto tra Uguccione e il marchese di Ferrara, fu mantenuto anche da Leonello d’Este, succeduto al padre Niccolò III nel dicembre del 1441. Uguccione
Contrari morì a Ferrara il 15 maggio 144845.
Il contesto storico
Quando il 3 settembre 1402 morì il duca di Milano Gian Galeazzo Visconti,
lo Stato visconteo comprendeva gran parte dell’Italia Settentrionale e diverse
località di quella Centrale46. Per testamento il Ducato venne diviso tra i due igli
legittimi Giovanni Maria e Filippo Maria, minorenni e sottoposti a tutela,
e l’illegittimo Gabriele Maria. Al primogenito Giovanni Maria toccò il titolo
ducale e la parte più consistente dell’eredità paterna, mentre a Filippo il titolo
di conte di Pavia. Gabriele Maria ebbe invece la signoria di Pisa.
Negli anni immediatamente successivi i territori viscontei, eterogenei e
sostanzialmente tenuti insieme unicamente dalla forte personalità di Gian
Galeazzo, subirono un drastico ridimensionamento: molte città si ribellarono,
altre tornarono sotto le antiche autorità, altre ancora furono conquistate da
condottieri viscontei che si spartirono le spoglie del Ducato. Uno di questi era
il parmigiano Ottobuono Terzi, comandante ducale durante il periodo di Gian
Galeazzo47. Quando il duca di Milano morì, Ottobuono guidava un contingente
44. Nella primavera del 1403 Niccolò III venne scelto come capitano generale della lega
antiviscontea stipulata tra il Papato, Firenze e gli Estensi; in quel frangente il Contrari ebbe la
nomina a maresciallo generale dell’esercito pontiicio e negli anni successivi ebbe ai suoi ordini
alcuni dei più abili condottieri dell’epoca.
45. Uguccione fu anche un mecenate delle lettere e delle arti; frequentò gli ambienti artistici
e intellettuali di molte delle più importanti città italiane dell’epoca e si prodigò per far giungere
presso l’ateneo ferrarese alcuni tra i più importanti letterati e scienziati del tempo.
46. Esso si estendeva da Bormio a Perugia, dal Monferrato a Belluno. In Emilia erano
possedimento visconteo le città di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Bologna. In Toscana erano
state assoggettate la Lunigiana, Lucca, Pisa, Massa in Maremma, Grosseto, Siena e gran parte dei
territori già di loro pertinenza.
47. Ottobuono (o Ottobono) Terzi era a capo di una famiglia di piccoli signori rurali i cui
possedimenti, alla ine del XIV secolo, erano sparsi tra i territori dei comuni di Reggio Emilia,
Parma e Piacenza. Sulla sua igura è fondamentale lo studio di gamBErini 2007, con ampia
bibliograia precedente.
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LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
di truppe viscontee che assediava Firenze, dopo aver partecipato alla presa di
Bologna. Mentre altri celebri capitani in quel frangente cambiavano prontamente schieramento, egli rimase fedele ai Visconti, per i quali accettò il rango
di capitano generale.
In maniera progressiva il Terzi assunse il potere nelle città di Reggio Emilia
e Parma, tenendo per un certo periodo anche Piacenza: prima come commissario
ducale (luglio 1403), poi come signore uficialmente investitone dal duca di
Milano (maggio 1404 e ancora nel 1406) inine a titolo personale, acclamato
dominus direttamente dal popolo o dalle assemblee che lo rappresentavano.
L’egemonia su quasi tutta l’Emilia occidentale portò Ottobuono a scontrarsi
con le ambizioni di Niccolò III d’Este sulle città di Reggio Emilia e di Parma,
già sottoposte in passato, per diversi periodi, al dominio estense. Nel maggio
del 1408 il Terzi saccheggiò Vignola e Spilamberto, giungendo in sotto le porte
di Modena. Il 27 maggio del 1409 egli fu ucciso a tradimento mentre si recava
a sottoscrivere la pace con il marchese di Ferrara.
Niccolò d’Este si impossessò di Reggio Emilia il 29 dello stesso mese, ma
la cittadella della città si arrese solamente il 22 di luglio.
Parma restò invece in mano a Jacopo Terzi, iglio di Ottobuono, ino al 22
(o 26) giugno. Le fonti attestano che dopo la vittoria estense il primo ad entrare
in città da Porta San Michele fu Uguccione Contrari.
Alcune porte e rocchette, evidentemente afidate a uomini di iducia dei Terzi,
non si arresero subito agli estensi: la torre posta a ovest del Ponte di Donna Egidia
resistette ino al primo di luglio, la rocca di Porta Santa Croce si arrese il 9 luglio,
mentre quella di Porta Nuova lo fece il 17 luglio. Lo stesso accadde a diverse
fortezze del territorio parmigiano, sul quale i igli di Ottobuono Terzi, Jacopo e
Giovanni, continuarono incursioni e scorrerie ino all’inizio del mese di ottobre48.
Era dunque un clima di grande pericolo e incertezza quello in cui Uguccione
Contrari, posto a capo delle truppe estensi inviate alla conquista di Reggio Emilia
e Parma, nell’estate del 1409 si trovò a dover sovrintendere il territorio appena
sottomesso. L’organizzazione della sicurezza dei castelli appena conquistati e
quella delle rocche a guardia delle porte cittadine risultava pertanto fondamentale.
Perché i signa ?
Nel periodo compreso tra la seconda metà del Trecento e la prima del secolo
successivo, castelli, rocche e torri fortiicate costituivano la principale difesa
del territorio. Le stesse porte urbiche erano a volte munite di rocche che, come
48. Nonostante la perdita di Parma e della formidabile rocca di Guardasone, ai Terzi restavano
per il momento altre importanti località del parmigiano, come Borgo San Donnino (odierna
Fidenza) e Colorno. Partendo da queste ‘basi’ ancora verso al ine d’agosto essi riuscirono ad
arrivare in sotto le mura di Parma. Anche negli anni successivi i Terzi rimasero una delle famiglie più
importanti del parmigiano, con possedimenti sparsi su di un vasto territorio (cfr. gEnTiLE 2001).
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
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si è visto nel caso di Parma e Reggio Emilia, per un certo periodo potevano
resistere nonostante il resto della città fosse già stato conquistato. All’interno
del perimetro urbano poteva poi essere presente un vero e proprio castello, la
cosiddetta cittadella, una sorta di enclave signorile dentro la città. Essa si ergeva
con proprie mura e torri, a volte completamente separata dal resto della città altre
volte collegata alle mura cittadine e ad eventuali altre rocche interne mediante
strade coperte e ponti49.
Il castellano e la sua guarnigione non erano sottoposti alla giurisdizione
‘civile’, del comune, ma rispondevano direttamente al signore. La cittadella
diveniva residenza del signore durante i sui soggiorni in città ed era l’ultimo
baluardo di difesa in caso di assalto e sfondamento delle mura civiche. Al suo
interno erano ammassate munizioni militari e derrate alimentari. I castellani,
delle cittadelle come di tutte le altre fortezze presenti sul territorio, costituivano
una categoria del tutto particolare di ‘oficiali’ governativi; essi dipendevano
direttamente dal signore verso il quale professavano giuramento ed erano sottoposti alla più severa disciplina50. Il castellano era responsabile della conservazione della fortiicazione, delle sue difese ed equipaggiamento, assicurando una
sorveglianza costante e diligente. Per tale motivo la sua presenza in situ doveva
essere sempre assicurata ed egli si poteva assentare dal fortilizio solo su espressa
deroga concessa dal signore, pena la morte. Anche la sostituzione degli uomini,
sottoposti anch’essi a giuramento, era stabilita rigorosamente e meticolosamente
dal signore, così come la consegna e la riconsegna della fortezza, che doveva
avvenire unicamente su espresso ordine del signore, mediante lettera recante
contrassegni, segni o sigilli particolari, conosciuti solamente dal signore e dal
castellano stesso. Tante precauzioni erano necessarie afinché i castelli non
venissero consegnati in mano al nemico, in seguito alla presentazione di un
falso documento o di una falsa missiva. Ad ogni castellano venivano pertanto
fatti conoscere con grande riserbo irma, sigillo e contrassegno che il signore
avrebbe adoperato nella corrispondenza a lui indirizzata51.
Lo stato di pericolo incombente, subito dopo la conquista di Parma e Reggio,
richiedeva di rimanere in allerta e questo chiarisce il perché Uguccione Contrari
fece utilizzare i signa alle porte e alle fortezze delle due città. La quantità di
contrassegni necessari e diversiicati, nonché la fase di emergenza nella quale
49. Per un inquadramento generale sullo sviluppo delle fortiicazioni urbane nel XIV secolo
tra Lombardia e Veneto, covini 2003.
50. Per il periodo sforzesco, ma valido anche per quello precedente, covini 1987; Ead. 1988.
51. SanToro 1955, p. 269. A volte si trattava di sigilli particolari, ricavati da corniole custodite
gelosamente, come nel caso di quelle utilizzate da Francesco Sforza e illustrate in Bazzi 1977,
p. 405, tav. II, n. 7-8. Altre volte si trattava di cartoncini sagomati che trovavano riscontro in
un secondo pezzo custodito presso il signore (cfr. covini 1987, p. 538, n. 26). L’utilizzo dei
contrassegni segreti è documentato anche per lo Stato estense (cfr. BaLLETTi 1917 / 1971, p. 65)
e quello carrarese (vErci 1872, p. 425 ss, dove, tra l’altro, l’autore ipotizza che come signa
potessero essere usate anche delle monete).
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LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
Uguccione si trovò ad operare dovette forse far decidere il comandante estense
ad impiegare come signa le monete piuttosto che gli usuali sigilli, dificili da
reperire in così gran numero ed essendo piuttosto lontano dalla corte di Ferrara.
Fu pertanto assegnata una speciica moneta a ciascuna porta, alla rocca di sua
pertinenza, alla cittadella e ad alcuni castelli nei territori di Reggio e Parma,
evidentemente ritenuti altamente strategici. La presentazione delle monete
veniva richiesta – insieme ad una lettera munita di sigillo e irmata dallo stesso
Uguccione – a eventuali soldati o condottieri che si fossero presentati ad una
delle porte di ingresso delle due città chiedendo di potervi entrare ed era necessaria anche per poter accedere nelle rocche o in particolari e speciici ambienti
di queste. È però probabile che non ne fosse necessaria l’esibizione per l’accesso
quotidiano attraverso le porte stesse dal momento che appare inverosimile che
tutte le persone necessitate ad entrare o ad uscire dalla città potessero possederne
un esemplare.
Porte, rocche e monete: elenco dei signa
Si riporta qui di seguito una traduzione delle parti di testo relative ai signa,
con una proposta di identiicazione delle monete citate.
Si è deciso di tradurre il termine heneus con l’espressione moderna ‘bassa
mistura’ pur consapevoli della sua parziale inadeguatezza. Essa infatti non
rende in modo corretto il preciso signiicato che il termine doveva avere per gli
uomini dell’inizio del Quattrocento52: signiicato che oggi peraltro ci sfugge.
Con ‘denaro di mistura argentata’ si traduce denarius heneus deargenteatus53.
Tra parentesi quadre si sono inserite alcune integrazioni che rendono più
leggibile il testo.
52. L’uso dell’aggettivo heneus alla ine del Trecento non è consueto, venendo preferite
per le monete espressioni quali denario de ramo (cfr. p. es. infra, nota. n. 157). Esso deriva
verosimilmente dall’aggettivo latino aheneus, il cui signiicato era innanzitutto quello di ‘di
rame’, ma l’espressione non compare nelle più importanti raccolte di termini medievali, come
il glossarium di du cangE 1883-1887 o il lexicon del niEmEyEr 1976. Per il vocabolo hereus si
veda invece du cangE 1883-1887, alla voce Denarii Aerei vel Aeris.
53. In Travaini, Bazzini 2013, si è proposto di leggere i termini heneus, hereus, hencus e de
ramo, sostanzialmente come sinonimi, attribuendo loro il signiicato generico di ‘di rame’ e
dando all’espressione denarius heneus deargentatus il signiicato di ‘denaro di rame argentato’.
Alla luce del testo quattrocentesco e dopo aver individuato il titolo di ino di gran parte delle
monete ivi citate, l’idea che i vocaboli heneus e de ramo potessero essere interscambiabili ed
utilizzati all’incirca con lo stesso senso appare confermata. Crediamo però che l’espressione
denarius heneus deargentatus non sia più traducibile nel modo sopra indicato. Essa sembra piuttosto
avere la stessa accezione di denarius de argento o indicare qualcosa di simile a ciò che noi oggi
deiniremmo con l’espressione ‘mistura d’argento’. Il tema merita comunque maggiore studio.
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
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Sebbene la minuziosa descrizione di gran parte dei signa abbia consentito di
identiicare con buona approssimazione molti di essi, in alcuni casi ciò non è
stato possibile. In altri casi la descrizione è risultata comune a più monete, a
volte di zecche differenti, apparentemente senza elementi che per il momento
possano aiutare ad indirizzarne la scelta. In qualche caso, inine, la descrizione
è risultata troppo vaga per poter tentare una identiicazione che non fosse più
che sommaria o generale.
[1]
Contrassegno di Uguccione per la città di Parma: un denaro di mistura argentata avente
su di un lato una .t. e sull’altro lato una croce.
Figura 4 - [1] signum per la città di Parma, zecca di Chivasso (per gentile concessione
di Artemide Aste s.r.l., Dogana, asta 21E, 23-24 marzo 2009, lotto 651).
Si tratta verosimilmente della moneta coniata nella zecca di Chivasso a
nome di Teodoro II Paleologo (1381-1418) recante una grande ‘T’ in gotico
minuscolo su di un lato e una grossa croce cardata o fogliata sull’altro (igura 4)54.
Sebbene estraneo al sistema di conto milanese, questo nominale circolava nel
territorio visconteo come attesta una grida milanese del 1 agosto 1420 nella
quale il corso di un Decimus Montisferrati cum littera t, da identiicare proprio
con la moneta in questione, viene pariicato a quello degli octini mediolanenses55.
54. CNI, II, p. 210, n. 3-4, mezzo grosso. Il termine ‘mezzo grosso’ utilizzato in letteratura per
questa moneta è troppo generico; tuttavia, in attesa di ulteriori e auspicabili approfondimenti se
ne ripropone anche in questa sede l’utilizzo. La stessa descrizione – lettera ‘T’ e croce” –
corrisponde anche a quella dei denari scodellati e dei grossi emessi dalla zecca di Trento a partire
dall’ultimo quarto del xii secolo ino a circa la metà del xiii secolo (cfr. CNI, VI, p. 211-215,
n. 8-33; rizzoLLi 1991, p. 395, ss.). È però improbabile che all’inizio del Quattrocento tali
monete, in buona lega d’argento, fossero ancora in circolazione.
55. moTTa 1893, p. 231, doc. 112: Decimus Montisferrati cum littera t expenditur utusupra
[in Mediolano] ad computum denariorum den. viiij. Nella stessa grida, subito dopo al decimus
viene citato un Undicimus Montiferrati cum scuto et radia supra, expenditur utsupra, ad computum
den. viiij. In questo caso si tratta della moneta tipo CNI, II, p. 210, n. 6, anch’essa indicata
in letterature con il nome generico di mezzo grosso. gianazza 2011a e id. 2001b ha proposto di
allineare parte della monetazione del Monferrato di questo periodo a quella milanese piuttosto
che a quella sabauda come inora è stato ritenuto, trovando confronti tipologici convincenti con
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LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
Se, come credo (v. infra, quanto rilevato per [4]) le monete di Giovanni Maria
Visconti del tipo biscia / croce sono sesini da sei denari e non soldi, come generalmente indicato in letteratura, allora la moneta dello stesso duca recante lo
scudo inquartato / busto di Sant’Ambrogio, per peso (g 1,4 c.) e titolo (435 ‰ c.)
è da riconoscere in un ottino da otto denari56. Si spiega così la tariffazione ad
un valore analogo del decimus di Chivasso, dal momento che ha all’incirca lo
stesso peso degli ottini milanesi e, verosimilmente, anche lo stesso intrinseco57.
[2]
Contrassegno di Uguccione per la cittadella di Parma: un denaro di mistura argentata
avente su di un lato una croce con le estremità rivoltate e sull’altro lato due lettere e cioè
.c. e .a.
Figura 5 - [2] signum per la cittadella di Parma, zecca di Cremona (per gentile concessione di
Numismatica Varesi s.a.s., Pavia, asta 54, 18 novembre 2013, lotto 560).
Si tratta del cosiddetto ‘mezzo grosso’ fatto coniare da Cabrino Fondulo,
signore di Cremona, tra il 1406 ed il febbraio 1420. Reca su di un lato le lettere
‘CA’ a tutto campo e dall’altro lato una croce cardata cum capitibus revoluctis
le coeve monete viscontee. Tuttavia, se per alcuni dei nominali monferrini oggi noti tali confronti
risultano calzanti, per altre monete, come il mezzo grosso / decimus qui in esame, non sembra
esserci, almeno apparentemente, un legame diretto. Il tema merita maggiore approfondimento.
Gli ottini milanesi inora non sono stati identiicati ma è indubbio che siano stati effettivamente
coniati dal momento che sono citati in un capitolato di zecca del 15 marzo 1408 (moTTa 1893,
p. 213, doc. 71) e in varie grida successive. Alcuni documenti contabili sembrano attestarne
l’esistenza già dal 1403, ma in questo caso non è chiaro se si tratti effettivamente di monete da
8 denari imperiali oppure di quattrini computati in terzoli, o di sesini aumentati di valore (cfr.
zErBi 1955, p. 35-36, nota 5).
56. Si tratta del tipo CNI, V, p. 109, n. 54-60 e p. 462, n. 55a, Crippa 1986, p. 102, n. 4. Nel
1408 il titolo degli ottini sarà portato a 375 ‰ (moTTa 1893, p. 213-216, doc. 71; cipoLLa 1990,
p. 106, tab. 2).
57. Il peso medio dei tre esemplari monferrini censiti nel CNI è di circa 1,45 g, non molto
diverso da quello della moneta milanese identiicata come ottino (la media degli esemplari elencati nel CNI è di g 1,35 c., ma la maggior parte dei pezzi supera g 1,4); è quindi probabile che le
due monete avessero un’analoga percentuale di ino, forse leggermente più alta nel nominale
piemontese. L’autorità politica di uno Stato tendeva a sopravvalutare la propria moneta rispetto a
quella ‘forestiera’, applicando per esempio un disaggio nei confronti di quest’ultima, di modo
che essa risultasse poco o affatto conveniente da spendere all’interno di quel territorio.
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(igura 5)58. Il termine ‘mezzo grosso’ utilizzato in gran parte della letteratura
numismatica per questa moneta è troppo generico e insoddisfacente e sarebbe
auspicabile un approfondimento del suo rapporto con altre monete di tipologia
simile di area lombarda (Milano, Brescia, Como, ecc.)59. Dal CNI e dagli autori
successivi è stata datata a partire dal 1413, ma il presente documento prova che
nel 1409 questa moneta era già stata emessa e si trovava in circolazione. Il suo
tenore argenteo resta per il momento sconosciuto (si veda anche [3]).
[3]
Contrassegno di Uguccione per la rocca della cittadella di Parma: un denaro d’argento
avente su di un lato un leone rampante con una spada in una delle zampe anteriori e
sull’altro lato una croce.
Figura 6 - [3] signum per la rocca della cittadella di Parma, zecca di Cremona (per gentile
concessione di Inasta s.p.a., Serravalle, asta 54, 17 maggio 2014, lotto 701).
La descrizione del dritto di questo signum è molto minuziosa, mentre quella
del rovescio risulta poco dettagliata. Anche in questo caso si tratta di una
moneta di Cremona di Cabrino Fondulo. Reca su di un lato l’immagine di un
leone rampante, con una spada nella zampa anteriore destra e una croce cardata
sull’altro lato (igura 6)60.
58. CNI, IV, p. 196-97, n. 11-18.
59. Per fEnTi 2001, p. 144-145, che pone dubitativamente l’inizio delle emissioni al 1413 si
tratterebbe di un mezzo grosso. Chi scrive ha ritenuto che si trattasse di un quattrino o forse di
una terlina (Bazzini 2002), mentre secondo BELLESia 2011, p. 130-132, che data anch’esso
l’emissione tra il 1413 ed il 1420, il suo valore era senz’altro quello di una terlina da tre denari.
Credo ora che il termine ‘terlina’ utilizzato ino ad oggi per identiicare varie tipologie di monete
milanesi emesse a partire da Giovanni Maria Visconti (1402-1412) e alcune altre di zecche
coninanti con il Ducato di Milano (Cremona, Crema, Brescia, Monza, ecc.) sia scorretto e non
si debba usare. Fino al circa la metà del Quattrocento esso risulta infatti del tutto assente sia nelle
grida che nei bandi, nei quali si notano citazioni di ottini, sesini e quattrini ma non di terline.
Anche BiondELLi 1869, p. 76 (ripreso in BiondELLi 1888, p. LVIII) nota come tale espressione
a Milano non compaia prima del 1452.
60. CNI, IV, p. 196, n. 8-9. Alcune monete della zecca di Recanati (CNI, XIII, p. 484-489)
recano su di un lato l’immagine di un leone rampante con una spada nella zampa anteriore destra,
ma la loro emissione non dovrebbe essere anteriore al 1450 (cfr. LEopardi 1822, p. 1, ripreso da
tutta la critica successiva; roSSi 2011).
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Una lista di monete contenuta in un codice della Biblioteca Trivulziana di
Milano e databile a circa il 1415 cita i quattrini da Cremona da leone61 il cui
titolo era pari a circa 302 ‰; la questione andrebbe approfondita ulteriormente, ma
sembra ragionevole identiicare questo signum con la moneta descritta nella lista.
Come la moneta con le lettere ‘CA’ nel campo ([2]), anche questa con il leone
è indicata in letteratura con il termine di ‘mezzo grosso’. In realtà potrebbe
trattarsi in entrambi i casi di quattrini, o di un quattrino ([2]) e di un sesino
([3])62. Si noti come esse siano qui citate in modi differenti: la prima è deinita
denarius heneus deargenteatus, mentre quella con il leone è indicata come
denarius argenteus.
[4]
Contrassegno di Uguccione per la Porta Nuova di Parma: un denaro d’argento avente da
un lato una croce con le estremità rivoltate e sull’altro lato una biscia in un cerchio.
Figura 7 - [4] signum per la porta Nuova di Parma, zecca di Milano
(ex Leu Numismatics Ldt., Zürich, asta 68, 22 ottobre 1996, lotto 327).
Il tipo croce / biscia è comune a più nominali sia in lega d’argento (soldi e
sesini) che in bassa mistura (bissoli) della zecca di Milano, ma la precisazione
che in questo caso si tratta di un denarius de argento, esclude che possa trattarsi
61. La lista si trova presso la Biblioteca Trivulziana di Milano, all’interno del manoscritto
n. 90. Si tratta di una copia posteriore del trattato di algorismo di Jacopo da Firenze, all’interno
della quale si trova aggiunto un lungo elenco di monete. Alle p. 44s., 44d., 45s. è presente una
tenuta di monete lombarde databile a circa il secondo decennio del Quattrocento. Essa è stata
pubblicata parzialmente da amBroSoLi 1904, con qualche errore di trascrizione. La citazione del
quattrino da Cremona da leone si trova a p. 44s. nel manoscritto della Trivulziana e a p. 476 di
amBroSoLi 1904. Altre indicazioni in Bazzini 2006.
62. fEnTi 2001, p. 143, deinisce la moneta con il leone mezzo grosso, mentre Bazzini 2002,
p. 58 ritiene più appropriato il termine di sesino. La citazione nella lista del 1415 getta nuova luce
su questo nominale. Tuttavia non si può escludere che Cabrino Fondulo, nel territorio a lui
soggetto, abbia fatto circolare la propria moneta forzosamente sopravvalutata (come sesino da sei
denari), mentre fuori dai conini cremonesi essa sia invece stata tariffata in maniera differente,
con un disaggio appropriato al suo reale tenore di ino. Si potrebbe infatti spiegare – anche –
in tal senso l’abbassamento del corso legale di alcune monete milanesi quali l’ottino, il sesino
e l’imperiale, imposto dal dominus di Cremona mediante grida ed editti tra il 1408 ed il 1409
(cfr. fEnTi 2001, p. 89). V. anche supra, n. 57.
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di un bissolo (v. anche più oltre). La croce dalle estremità rivoltate consente di
identiicare il signum in una ben speciica moneta di Giovanni Maria Visconti
(1402-1412), alla quale è generalmente attribuito il valore di un soldo e in cui
la biscia viscontea entro contorno del dritto è associata al rovescio ad una croce
cardata (igura 7)63. Il titolo è sconosciuto ma sembra lecito pensare che sia
analogo a quello di un’altra tipologia di soldo dal quale la prima si differenzia
solo per alcuni particolari64. In questo caso il titolo riscontrato dagli Gnecchi è
di 506 ‰65. Esso risulta troppo basso per monete dal valore di un soldo, ma è
appropriato per dei sesini da sei imperiali: nella lista della Trivulziana già citata
(supra), la lega dei dodexini di Milano (soldi) è indicata in 618 ‰, quella dei
sexini novi di Milano e Pavia in circa 489 ‰ e il titolo dei sexini vegi di Milano
è indicato in circa 493 ‰66. Un capitolato di appalto per la zecca di Pavia datato
20 novembre 1400, il cui contenuto si può ragionevolmente estendere anche
a quella di Milano, prevedeva la battitura di soldi del peso di circa g 1,75 e al
titolo di 625 ‰ e di sesini di g 1,07 / 1,01 con una lega di 500 ‰, ma è dubbio
se esso abbia avuto o meno attuazione67.
Secondo tutta la letteratura numismatica, Giovanni Maria non avrebbe
emesso sesini, ma ciò contrasta con il fatto che questo nominale appare essere
una delle monete effettive maggiormente usate nelle transazioni economiche
63. CNI, V, p. 110, n. 64-65; crippa 1986, p. 104, n. 6. La biscia, in genere associata sull’altro
lato ad una croce patente o potenziata, si trova sui sesini di Bernabò e Galeazzo II (1355-1378),
su alcune tipologie di soldi e di sesini di Gian Galeazzo (1378-1402), e sopra alcune emissioni di
soldi di Giovanni Maria Visconti (1402-1412). A partire dal periodo di Bernabò e Galeazzo II
(1355-78) questo abbinamento di immagini divenne caratteristico e tipico dei sesini, i quali rimasero
sostanzialmente immutati come tipologia ino al tardo periodo sforzesco. Per i sesini attribuiti a
Bernabò e Galeazzo II, CNI, V, p. 79, n. 41-47; crippa 1986, p. 54-56, n. 5-6. Gli ultimi sesini di
questa tipologia furono emessi da Galeazzo Maria Sforza (1466-1476) (CNI, V, p. 179, n. 144;
crippa 1986, p. 209, n. 15). Per Gian Galeazzo, CNI, V, p. 88-89, n. 6-19, p. 94-96, n. 64-83
(sesini), p. 93-94, n. 51-55 (soldi); crippa 1986, p. 78-79, n. 2-3 (sesini), p. 86-87, n. 10-12
(sesini), p. 85, n. 8 (soldo). Per Giovanni Maria (1402-1412), CNI, V, p. 109-110, n. 61-71
(soldi); crippa 1986, p. 103-104, n. 5-7 (soldi).
64. Si tratta del tipo CNI V, p. 109, n. 61-63; crippa 1986, p. 103, n . 5. Le differenze consistono
nelle iniziali del duca ai lati della biscia e nella forma della croce, patente in un caso e cardata
cum capitis revolutis nell’altro. Pesi e diametro sono analoghi.
65. gnEcchi 1884, p. 50, n. 4.
66. amBroSoLi 1904, p. 476, ma con alcune imprecisioni, rispetto al manoscritto, proprio
nella trascrizione dei titoli dei sexini vegi e dei dodexini di Milano.
67. BramBiLLa 1883, p. 388 ss.; cipoLLa 1990, p. 106, tab. 2. Nessuno studioso ha inora
posto in dubbio che i capitoli siano stati posti in essere e che le monete ivi citate siano state battute.
Si dimentica però che le uniche monete pavesi oggi attribuite a Gian Galeazzo Visconti sono dei
grossi dal titolo (910 ‰) e dalla tipologia talmente simili a quelli di Galeazzo II Visconti che – se
furono effettivamente emessi da Gian Galeazzo – si devono attribuire ai primissimi anni di
governo di questo principe e non certo agli ultimi. Sembra dunque che in questo periodo la zecca
di Pavia sia effettivamente rimasta inoperante; a meno che non vi siano state coniate monete oggi
attribuite indistintamente alla zecca di Milano, come già proposto da BramBiLLa 1883, p. 394.
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LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
del tempo68. Credo pertanto che alcune monete con i tipi croce / biscia di
Giovanni Maria Visconti, oggi ritenute essere soldi da dodici denari, in realtà
siano sesini da sei denari.
[5]
Contrassegno di Uguccione per la rocchetta al di là del [iume] Parma all’estremità del
ponte di Donna Egidia: un denaro di mistura argentata avente da un lato una biscia e
sull’altro lato una .d. e una .B. tagliate.
Figura 8 - [5] signum per la rocchetta del ponte di Donna Egidia di Parma, zecca di Milano (per
gentile concessione di NAC Numismatica s.p.a., Milano, asta 68, 4 dicembre 2012, lotto 81).
Si tratta della moneta di Milano di Bernabò Visconti (1355-1385) recante su
un lato la biscia e sull’altro, entro una cornice lobata, le iniziali ‘DB’ (Dominus
Bernabos) con il segno di abbreviazione paleograica che le attraversa (igura 8)69.
Saggi effettuati nell’Ottocento su alcuni esemplari hanno ottenuto valori del
titolo oscillanti tra i 340 e i 300 ‰70, dunque sostanzialmente coincidenti con
quello dei quatrini vegi di Milano della lista ‘Trivulziana’ (326 ‰) e con quanto
riportato nella ‘Pratica di mercatura’ di Giovanni di Antonio da Uzzano (quattrini
di Milano con circa 323 ‰ di ino)71. Sebbene l’intrinseco sembri essere quello
di un quattrino, in realtà, come attesta un bando del giugno 1388 che ne vieta
la circolazione, la moneta fu effettivamente emessa con il valore di 6 denari,
sopravvalutata di circa il 33 % rispetto al suo reale contenuto argenteo. Poco
prima o subito dopo la sua emissione, con grida del 1 ottobre 1383, Bernabò
Visconti portò il cambio dei sesini battuti congiuntamente a nome suo e di
Galeazzo II e quelli a nome di Gian Galeazzo a 4 denari72. Tale manovra doveva
verosimilmente servire per fare rientrare in zecca i vecchi sesini, di migliore
68. Cfr. zErBi 1955, p. 33-37.
69. CNI, V, p. 86, n. 26-34; crippa 1986, p. 68, n. 5.
70. gnEcchi 1884, p 43, n. 14-17.
71. Travaini 2003b, p. 180-181. I quattrini di Milano nuovi avevano invece un titolo di
302 ‰ (Ibidem). La lista contenuta nella ‘Pratica di mercatura’ dell’Uzzano dovrebbe datarsi
attorno al 1425 circa (Bazzini 2006, p. 378-379, n. 23.).
72. roSSi 1892, p. 488-489. Per una lettura differente della grida del 1 ottobre 1383, Bazzini
c.d.p., testo corrispondente alle note 143-145.
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
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intrinseco73. Non sappiamo se la manovra ebbe successo ma è senza dubbio
signiicativo che in data 5 giugno 1388 Gian Galeazzo Visconti, nel frattempo
restato unico signore di Milano, abbia vietato il corso dei sesini di Bernabò con
la ‘DB’ in tutto lo stato visconteo74.
[6]
Contrassegno di Uguccione per la rocca di Santa Croce di Parma: un denaro d’argento
avente su di un lato una croce con le estremità rivoltate e sull’altro lato uno scudo con
una biscia e tre aquile.
Figura 9 - [6] signum per la rocca di porta Santa Croce di Parma, zecca di Pavia (per gentile
concessione di Numismatica Varesi s.a.s., Pavia, asta 62, 30 aprile 2013, lotto 487).
Lo stemma è quello della contea di Pavia e la moneta deve riconoscersi in
un sesino di Filippo Maria Visconti (conte di Pavia dal 1402) fatto battere nella
zecca pavese prima di divenire duca di Milano (1412-1447) (igura 9)75. Due
saggi effettuati nell’Ottocento su queste monete hanno ottenuto titoli di 368 e
314 ‰76. Si tratta in entrambi i casi di titoli molto bassi per dei sesini (si vedano
anche [4] e [5]). Il secondo è molto vicino a quello di 302 ‰ indicato nella lista
della Trivulziana per i quatrini di Milano e Pavia77. Se si tratta effettivamente di
sesini, allora si dovrebbero riconoscere in quei sesini novi fabricati in Papia il cui
73. Gli gnEcchi 1884, p. 38, n. 5, riportano per i sesini emessi congiuntamente da Bernabò e
Galeazzo II due valori: 540 e 459 ‰. Il secondo di questi è particolarmente basso e apparentemente anomalo. Tuttavia, un range di valori all’incirca analogo trova riscontro anche per i sesini
di Giovanni Visconti (1349-1354) (cfr. ivi, p. 36, n. 4).
74. roSSi 1892, p. 490-491. La grida è nota nella copia indirizzata al vicepodestà e al referendario
della città di Reggio Emilia ma, come indicato nelle ultime righe del proclama, doveva valere per
tutto lo Stato. Oltre che dei sesini, si vietava l’utilizzo anche dei grossi di Bernabò con le lettere
‘DB’. In questo caso si trattava verosimilmente delle monete tipo CNI, V, p. 85, n. 18-19, che
nella tipologia e nel peso erano simili ai precedenti grossi di più alto valore, ma svaluti
nell’intrinseco. Questi ‘grossi’ svalutati di Bernabò potrebbero essere stati i primi pejonis
(pegioni) emessi dalla zecca di Milano.
75. CNI, IV, p. 502-503, n. 7-10. Per un’altra moneta di Pavia, [26].
76. BramBiLLa 1883, p. 399, che cita saggi effettuati da Mulazzani.
77. amBroSoLi 1904, p. 476.
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corso, con grida del 31 agosto 1409, fu abbassato a imperialibus quattuor78 forse
proprio per la bassa e non conforme percentuale d’argento che contenevano. Si noti
come la moneta è deinita denarius argenteus, mentre quella di Bernabò ([5]),
all’incirca dello stesso titolo, è indicata come denarius heneus deargenteatus79.
[7]
Contrassegno di Uguccione per Porta Santa Croce di Parma: un denaro di mistura
argentata avente su di un lato una croce con quattro gigli [attorno (?)] e sull’altro lato
una biscia con ai lati una .z. e una .G.
Figura 10 - [7] signum per la porta Santa Croce di Parma, zecca di Milano (per gentile concessione
di CNG Classical Numismatic Group Inc. – http://www.cngcoins.com / Default.aspx –, Lancaster,
Eletronic Auction 340, 3 dicembre 2014, lotto 491).
Si tratta di un sesino della zecca di Milano di Gian Galeazzo Visconti (13851402), recante su di un lato la croce patente e sull’altro la biscia tra le due lettere
‘Z’ e ‘G’ (igura 10)80; probabilmente un esemplare con la croce accantonata
da piccoli cardi, facilmente scambiabili per gigli81. Il titolo di questa moneta è
di 500 ‰82.
78. moTTa 1893, p. 217-218, doc. 76.
79. Come si è visto lo stesso problema si pone per le due monete di Cremona a nome di
Cabrino Fondulo, deinite anche in questo caso una ([2]) denarius heneus deargenteatus e l’altra
([3]) denarius argenteus. Credo pertanto che le due espressioni fossero in un certo qual modo
sinonimiche ed interscambiabili.
80. Nelle monete di Gian Galeazzo, quando compaiono le due lettere, la ‘G’ si trova, rispetto
a chi guarda, a sinistra della biscia e la ’Z’ alla sua destra. Sembra invece che qui esse siano state
lette e riportate in senso antiorario, da destra verso sinistra. Di questi sesini si conoscono alcune
varianti che si distinguono per recare nei cantoni della croce piccoli iori di cardo, rosette esaille,
trifogli o globetti: CNI, V, p. 88-89, n. 6-17 e p. 94-96, n. 64-83; crippa 1986, p. 78-79, n. 2-3 e
p. 86-87, n. 10-12.
81. Cfr. gnEcchi 1884, p. 47, n. 13 e CNI, V, p. 88-89, n. 6-16 (croce ornata da quattro raggi
terminanti in giglio), crippa 1986, p. 78, n. 2 (croce perlata ed accantonata da quattro gigli).
82. GnEcchi 1884, p. 47, n. 13.
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
[8]
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Contrassegno di Uguccione per Porta Bologna di Parma: un denaro di mistura argentata
avente su di una lato [una] croce con le estremità rivoltate e sull’altro lato un elmo con
sotto una rosetta.
Figura 11 - [8] signum per la porta Bologna di Parma, zecca di Milano (per gentile
concessione di Numismatica Varesi s.a.s., Pavia, asta 64, 29 aprile 2014, lotto 700).
Si tratta della moneta della zecca di Milano a nome di Gian Galeazzo Visconti
(1378-1402) recante su di un lato un elmo coronato e dall’altro lato una croce
con le estremità rivoltate; sotto l’elmo è posta una rosetta (igura 11)83. In letteratura le è attribuito il valore di sesino ed è generalmente assegnata al periodo
successivo il conseguimento del titolo ducale (1395) per la presenza della lettera
‘D’ nella legenda, interpretata come iniziale del titolo di dux piuttosto che di
dominus.84. Il suo titolo dovrebbe essere di 578 ‰85 ma, se attendibile, esso
appare troppo alto per un sesino degli ultimi anni del Trecento o di inizio
Quattrocento. Il capitolato per la zecca di Pavia del 1400 già citato prevedeva
per i sesini una percentuale di argento in lega pari a 500 ‰ (si veda [4]), mentre
il titolo di questa moneta appare essere addirittura più alto di quello dei sesini
di Bernabò e Galeazzo II Visconti (540 - 459 ‰) emessi alcuni decenni prima86.
83. CNI, V, p. 96-98, n. 84-98; crippa 1986, p. 87-88, n. 13. La descrizione in questo caso manca
di dettagli dal momento che l’elmo reca alla sommità un cimiero rafigurante un drago alato.
84. Tale affermazione andrebbe tuttavia veriicata ulteriormente e con essa la datazione della
moneta: il fatto che Gian Galeazzo sulle monete milanesi non utilizzi mai esplicitamente il titolo di
duca, a mio parere non consente di stabilire in modo univoco quali di esse appartengano al periodo
precedente il 1395 e quali al periodo successivo. Cfr. quanto videnziato da maTzkE 2011, p. 247.
85. gnEcchi 1884, p. 47, n. 19.
86. gnEcchi 1884, p. 38, n. 5. Nella lista di monete di Antonio da Pescia datata a circa il
1418, di seguito ai picchioni di Lombarda (pegioni di Lombardia), sono citati dei sexini del
ducha con un titolo di circa 531 ‰ (Travaini 2003b, p. 163). Se, come pare, si tratta di sesini
milanesi, per l’elevato tenore di ino il riferimento è probabilmente a monete emesse tra il 1395
(acquisizione del titolo ducale da parte di Gian Galeazzo Visconti) ed il 1398, quando le monete
subirono una drastica diminuzione di ino per aumentare le entrate della tesoreria ducale (zErBi
1955, p. 77.ss). Il capitolato della zecca di Pavia del novembre 1400 già citato (supra), sembra
attestare un momentaneo aumento dei titoli delle monete (ma si veda quanto osservato alla nota
n. 67), causato dalla resistenza del mercato alla politica monetaria del duca: resistenza che
all’inizio dell’anno 1400 portò a riconoscere il completo insuccesso della manovra e al ripristino
dei giusti corsi delle monete (zErBi 1984) (si veda anche [4] e [7]).
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LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
Potrebbe pertanto trattarsi di un altro nominale (ottino?) oppure, se effettivamente si tratta di un sesino, la sua battitura va senz’altro anticipata agli anni
1378-138587.
[9]
Contrassegno di Uguccione per Porta San Michele di Parma: una grande moneta di
mistura argentata avente su di un alto l’immagine di un santo con una rocca in mano e
uno scettro (?) (setro) nell’altra mano e a lato del detto santo [vi è] una N con tre punti
disopra e tre punti di sotto e sull’altro lato un carro.
Figura 12 - [9] signum per la porta San Michele di Parma, zecca di Padova (per gentile
concessione di Nomisma s.p.a., Serravalle, asta 49, 13 maggio 2014, lotto 1098).
Le rafigurazioni sono comuni a carraresi da 4 soldi e a carrarini da 2 soldi
della zecca di Padova emessi da Francesco I da Carrara (1355-1388) (per Padova
si vedano anche [19] e [25]), ma la ‘N’ nel campo a destra è presente solo sui
carraresi88. Si tratta dunque di un carrarese da 4 soldi recante su di un lato
il carro dei da Carrara, mentre al rovescio è rafigurato San Daniele stante,
con il modello della città (qui deinito ‘una rocca’) nella destra e una bandiera
con lo stemma civico nella sinistra (igura 12)89. La bandiera tenuta dal santo
non è stata riconosciuta come tale ed è descritta come uno scettro o un’asta o
un bastone (setro)90.
87. Nel qual caso sarebbe da rivedere la cronologia di alcune monete di Gian Galeazzo, come
il grosso tipo elmo con cimiero entro cornice lobata / Sant’Ambogio (crippa 1986, p. 83, n. 6)
e il soldo (?) tipo biscia in cornice lobata / croce cardata (crippa 1986, p. 85, n. 8), anch’esse
generalmente datate post 1395. Un’altra ipotesi è che si tratti di monete emesse nel 1395 in
occasione del conferimento del titolo ducale, per un brevissimo periodo. Tutte queste monete
posseggono caratteristiche comuni, che ne attestano l’emissione in uno stesso periodo (p. es.
hanno tutte la “N” onciale).
88. La ‘N’ è il segno di riconoscimento dello zecchiere, a tutt’oggi non ancora identiicato
con precisione; forse si tratta di Nicolò e Nerio Compagni di Firenze (cfr. rizzoLi, pErini 1903, p. 58).
89. CNI, VI, p. 192-194, n. 2-18. gorini 1998, p. 44-45, propone di vedere nell’ediicio
tenuto in mano dal santo, non la rappresentazione della città, come generalmente indicato in
letteratura, ma il castello di Ezzelino da Romano, restaurato da Francesco I da Carrara nel 1374.
90. Il termine setro non trova riscontro in alcun glossario di termini medievali consultato.
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
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Il carrarese da 4 soldi con San Daniele fu probabilmente coniato per la prima
volta nel 1386 e il suo titolo iniziale era di 749 ‰91; subì progressive diminuzioni di peso e intrinseco, arrivando a toccare i 365 ‰92.
[10]
Contrassegno di Uguccione per la rocca di Castelnuovo [nel] parmense: un denaro di
mistura argentata avente su di un lato una croce con quattro rosette e sull’altro lato
l’immagine di un santo con un pastorale in mano.
Figura 13 - Zecca di Trento (per gentile concessione di Numismatica Ranieri s.r.l.,
Bologna, asta 3, 11 novembre 2011, lotto 270).
Figura 14 - [10] signum per la rocca di Castelnuovo nel parmense, zecca di Losanna
(da morEL-faTio 1879).
La descrizione di questo signum è molto sommaria e ciò ne rende dificile
l’identiicazione.
Queste immagini compaiono sui grossi vigentenari della zecca di Trento
emessi tra il 1270 ed il 1272 ma sembra improbabile che quasi un secolo e mezzo
dopo queste monete fossero ancora in circolazione (igura 13) (si veda anche
quanto rilevato per [1]) 93.
91. Saccocci 2011, p. 83 e p. 96, n. 10 e id. 2013, p. 147, ritiene che i primi carraresi recassero
l’immagine di San Prosdocimo e siano stati battuti nel 1378. Solo nel 1386 sarebbe avvenuto
un cambiamento tipologico, con l’introduzione dell’immagine di San Daniele; così anche in
paSSEra 2013, p. 7-9. Contra, pigozzo 2005, secondo il quale il carrarese da 4 soldi sarebbe
stato emesso per la prima volta nel 1386, direttamente con l’immagine di San Daniele. Secondo
Pigozzo (ivi, p. 521), il carrarese con San Prosdocimo sarebbe da attribuire a Francesco II da
Carrara (1390-1405). Per il titolo dei carraresi del 1386, ivi, p. 504.
92. Ivi, p. 508.
93. CNI, VI, p. 219, n. 1-2; rizzoLLi 1991, p. 398, n. 69-74. Questi grossi vigentenari recavano
su di un lato l’immagine di proilo, stilizzata, del vescovo benedicente, con mitria e pastorale e
sull’altra faccia una croce intersecante la legenda e accantonata da quattro rosette pentaille.
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Più vicino al momento di stesura del documento è il grosso di Como con una
croce accantonata da ioroni su di una faccia e l’immagine di sant’Abbondio
sull’altra 94. Nel Corpus è attribuito alla cd. ‘Repubblica Abbondiana’ (14471448), ma è oramai accertato che la sua emissione si debba retrodatare all’incirca
al 133595. Il titolo elevato e l’ampio modulo, rendono però dubbia la sua identiicazione con questo signum96.
La zecca di Losanna emise demi gros e trésel per i vescovi Guy de Prangins
(1375-1394), Guillaume de Menthonay (1394-1406) e Guillaume de Challant
(1406-1431) recanti su di un lato il vescovo stesso e sull’altra faccia una croce
patente (entro cornice lobata nei demi gros) accantonata da ioroni, trifogli o,
nelle monete del de Menthonay, da conchiglie. I demi gros sono monete di
buona lega e di ampio modulo (circa 23 / 24 mm), mentre i trésel hanno un modulo
più piccolo (circa 19 / 20 mm) e titolo più scadente. L’immagine del vescovo,
benedicente e con il pastorale può essere stata scambiata per quella di un santo
e le conchiglie che nei trésel del vescovo Guillaume de Menthonay accantonano
la croce possono essere state percepite come rosette. Se ne propone pertanto
l’identiicazione con il signum per la rocca di Castelnuovo (igura 14) (si veda
anche [18]). Il suo titolo era forse poco più basso di quello del quarto di grosso
di Savoia coniato nel 1405 (circa 320 ‰), alla cui monetazione quella di Losanna
era legata almeno per quanto riguarda gran parte dei nominali ivi battuti97.
[11]
Contrassegno di Uguccione per la rocca di Montecchio [nel] parmense: un denaro di
bassa mistura avente su di un lato [una] croce con attorno quattro cerchietti e sull’altro
lato una biscia con due lettere di lato.
Figura 15 - [11] signum per la rocca di Montecchio nel parmense (signum incerto), zecca di
Verona (da Toffanin s.d., p. 136. Per gentile concessione di Varesi Editore, Pavia).
Anche in questo caso il riconoscimento del signum è incerto. Si tratta
senz’altro di una moneta viscontea ma la descrizione non corrisponde in modo
puntuale ad alcun esemplare oggi conosciuto.
94. CNI IV, p. 187, n. 1-3.
95. Cfr. giroLa, Bazzini 2011, con bibliograia precedente.
96. Si confrontino invece i signa [9], [13], [14], [24], [25], dove questa caratteristica è posta
in risalto.
97. morEL-faTio 1879, passim.
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
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Sono noti sesini a nome di Bernabò e Galeazzo II Visconti recanti nei cantoni
della croce delle piccole borchie circolari ma ai lati della biscia non vi sono
lettere, mentre dei sesini di Gian Galeazzo sono conosciute diverse varianti (si
veda anche [7]), ma nessun esemplare reca una croce accantonata da cerchietti.
Inoltre, il fatto che la moneta sia deinita denarius heneus mi spinge a credere
che si tratti di un nominale dal modesto tenore di ino. Se ne propone dubitativamente l’identiicazione con il sesino di Gian Galeazzo Visconti del tipo
recante ai lati della croce trifogli con al centro un cerchietto incuso (igura 15)98.
Di questa tipologia di sesini si conoscono esemplari dal titolo particolarmente
svilito (490 ‰ e 360 ‰)99.
[12]
Contrassegno di Uguccione per la rocca di Pariano [nel] parmense: un denaro di bassa
mistura avente su di un alto un santo con una rocca (rocha) nella mano e sull’altro lato
due chiavi.
Figura 16 - [12] signum per la rocca di Pariano nel parmense, zecca di Bologna (per gentile
concessione di Münzen & Medaillen GmbH, Weil am Rhein, asta 26, 27 maggio 2008, lotto 102).
Si tratta di un quattrino da 2 denari della zecca di Bologna rafigurante su di
un lato l’immagine di San Petronio stante, con la rappresentazione della città di
Bologna nella mano sinistra e sull’altro lato due chiavi decussate (igura 16)100.
98. Per il tipo, CNI, V, p. 94-96, n. 64-75; crippa 1986, p. 87, n. 12. La maggioranza degli
studiosi hanno attribuito tutte le emissioni di sesini di Gian Galeazzo alla zecca di Milano (cfr. da
ultimo Bazzini 2011b, con bibliograia; contra pErini 1902; Saccocci 1995). Un documento del
19 febbraio 1398 sembra però indicare chiaramente che nella zecca di Verona furono coniati,
oltre a grossi e soldi, anche sesini (SanToro 1979, p. 329-330, doc 404; per altri documenti che
attestano l’attività della zecca veronese o ne citano la moneta, cfr. ivi, docc. n. 123, 124, 418,
447, 451 457, 458, 475, ecc.). Non è chiaro quali fossero questi sesini, ma non sembra illogico
riconoscerli in quelli, tutti o in parte, recanti l’esplicito riferimento alla signoria di Verona (comes
virtutum, domini mediolani, verone, etc.). Sono molto grato all’amico Federico Pigozzo per
le proicue discussioni in proposito e per avermi anticipato parte dei risultati di una sua ricerca in
corso sulla zecca di Verona.
99. gnEcchi 1884, p. 47, n. 16 (490 ‰) e 17 (360 ‰). Si tratta di titoli molto bassi, che si
spiegano solo con la forte svalutazione delle monete milanesi che, cominciata già nel 1395,
culminò nel 1398 con l’emissione di nominali molto sviliti (cfr. zErBi 1955, p. 77 ss., Id. 1984)
(si veda anche [8]).
100. CNI, X, p. 25-28, n. 28-53 (anonime pontiicie); munToni 1972, IV, p. 162-163, n. 7-14
(monete anonime). chimiEnTi 2009, p. 132-138, n. 103-115 (monete anonime pontiicie).
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420
LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
La moneta, emessa durante il governo pontiicio, non reca il nome del ponteice
ma solo un generico richiamo alla città e per questo motivo in passato la sua
datazione è stata indicata in modo molto sommario (xv secolo)101. La proposta
di Chimienti, secondo cui la prima emissione di quattrini sarebbe avvenuta
il 10 dicembre 1406102, viene ora confermata dalla loro citazione nel presente
documento.
Il titolo dei quattrini del 1406 non è conosciuto ma lo è quello di un’emissione
del 1422: il peso teorico era di g 0,86 e il titolo di 154 ‰103. È però probabile
che il ino delle prime emissioni fosse leggermente più alto di quello del 1422.
[13]
Contrassegno di Uguccione per la città di Reggio: una grande moneta d’argento avente
su di un lato un ponteice con in mano un’asta (fuste104) recante in cima una croce;
dall’altro lato due chiavi legate inferiormente.
Figura 17 - [13] signum per la città di Reggio Emilia (signum incerto), zecca di Roma (per
gentile concessione di NAC Numismatica s.p.a., Milano, asta 57, 18 dicembre 2010, lotto 938).
La tipologia descritta corrisponde esattamente a quella dei grossi papali
coniati nella zecca di Avignone105 a partire da papa Clemente VI (1342-1352)
e successivamente, con papa Urbano V (1362-1370), anche nella zecca di
Roma106. Su di essi è incisa l’immagine del ponteice seduto in trono, con la
101. Il dritto di questa moneta è generalmente riconosciuto nel lato con le chiavi decussate e
la scritta de bononia ma sarebbe invece da riconoscere in quello con il nome (s petronius) e
l’immagine di San Petronio In tal caso la legenda del dritto continuerebbe al rovescio speciicando
ulteriormente l’identità del personaggio rafigurato: sanctus Petronius de Bononia. Cfr. Travaini
2003c, p. 11, n. 1; day 2008, in particolare p. 120; Travaini, Broggini 2013, in particolare p. 169 ss.
102. chimiEnTi 1989, p. 206 ss.; id. 2009, p. 132.
103. Ivi, p. 69.
104. Cfr. du cangE, t. 3, col. 641b, ad vocem Fustum.
105. munToni 1972, I, p. 27, n. 1 Grosso Clementino da 24 denari. Oltre a Clemente VI,
la zecca di Avignone coniò grossi di questa tipologia per i papi e Innocenzo VI (1352-1362), Urbano V
(1362-1370) e Gregorio XI (1370-1378), riprendendone la coniazione solo durante il pontiicato di
Martino V (1417-1431).
106. Cfr. munToni i, p. 30, n. 1, grosso, zecca di Roma.
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
421
ferula papale, mentre dall’altra parte vi sono due chiavi legate inferiormente
(igura 17). I grossi di papa Innocenzo VI (1352-1362) portano al rovescio,
sopra le due chiavi decussate, una piccola tiara papale, mentre quelli emessi dagli altri ponteici non mostrano sostanzialmente alcuna differenza tra loro.
La mancanza di altri particolari nella descrizione del signum non consente di
precisare meglio a quale di queste emissioni si faccia qui riferimento.
Il tenore argenteo di questi grossi era molto elevato. Nella cosiddetta ‘lista
Camaiani’ al grosso de Papa di Provenza viene attribuito un titolo pari a circa
937 ‰107.
[14]
Contrassegno di Uguccione per la cittadella di Reggio: una grande moneta d’argento
avente su di un lato una testa coronata con una lunga barba e una crocetta posta nel
mezzo della sommità della corona, [il tutto] entro un cerchio; sull’altro lato entro un
cerchio [vi è] una crocetta con una .l. una .u. una .c. una .a. attorno alla detta crocetta e
quattro gigli attorno al detto cerchio.
Figura 18 - [14] signum per la cittadella di Reggio Emilia, zecca di Lucca (per gentile concessione
di NAC Numismatica s.p.a., Milano, asta 50, 15 novembre 2008, lotto 282).
Si tratta di un grosso da 8 soldi della zecca di Lucca con l’immagine del
Volto Santo coronato e con una lunga barba al dritto, mentre al rovescio le lettere
che compongono la scritta ‘LVCA’ sono disposte attorno ad una piccola crocetta108.
Le rappresentazioni sono descritte con grande dettaglio, speciicando che alla
sommità della corona vi è una piccola croce, che attorno alle lettere del rovescio
vi sono quattro gigli e che il tutto è contenuto entro cornici (igura 18).
Non è chiaro quando Lucca abbia cominciato ad emettere i grossi da 8 soldi,
se nel 1371 oppure nel 1388109. L’esemplare utilizzato qui come signum recava
al centro delle lettere una croce, ma oggi non si conosce alcun esemplare con
107. Travaini 2003, p. 182-193, in particolare la citazione è a p. 188. Per la datazione della
‘lista Camaiani’, Bazzini 2006.
108. Cfr. CNI, XI, p. 84, n. 4-7.
109. BELLESia 2007, p. 129 nella quale l’autore ipotizza una sequenza cronologica delle emissioni quattrocentesche di questo nominale.
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422
LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
questa caratteristica, che è invece tipica dei grossi da tre bolognini di alcuni
decenni più tardi 110. Il titolo dei grossi lucchesi da 8 soldi era molto alto, pari a
circa 958 ‰111.
[15]
Contrassegno di Uguccione per la rocca superiore della cittadella di Reggio: un denaro
di mistura argentata avente su di un lato uno scudo con due onde [e] sull’altro lato una
croce con quattro rosette attorno.
Figura 19 - [15] signum per la rocca superiore della cittadella di Reggio Emilia, zecca di
Aquileia (ex asta Dix Nooan Webb Ltd., London, asta del 22 ottobre 2009, lotto 297).
Si tratta di una moneta della zecca di Aquileia. L’accurata descrizione del
signum consente di identiicarla con esattezza nel denaro del patriarca Antonio
I Caetani (1395-1402) recante sul dritto lo stemma Caetani e sul rovescio una croce
ancorata accantonata da quattro rosette pentaille (igura 19)112. Il suo titolo
legale era di 542 ‰113.
[16]
Contrassegno di Uguccione per la rocca inferiore della cittadella di Reggio: un denaro
di mistura argentata avente su di un lato uno scudo con tre strisce poste in orizzontale
(per traversum) che arrivano ino alla metà [dello scudo] e cinque gigli nell’altra parte
dello scudo, con due gigli ai lati dello scudo; sull’altro lato l’immagine di un santo.
110. Ivi, p. 123. Secondo Bellesia le prime emissioni di grossi da 8 soldi sarebbero state
caratterizzate dalla presenza al centro, tra le lettere ‘LVCA’, di una rosetta esailla, mentre la
crocetta avrebbe caratterizzato i grossi da tre bolognini attribuiti ad uno zecchiere della famiglia
Balbani attivo forse attorno gli anni Trenta / Quaranta del Quattrocento (ivi, p. 136-138, n. 4).
Non è chiaro se la zecca continuò a produrre grossi ‘da 8’ anche nei decenni successivi il 1388
ino al 1433, quando, sempre secondo la ricostruzione di Bellesia, si iniziò ad incidere sulle
monete le armette o le sigle dei maestri di zecca (ivi, p. 125). La ricostruzione del Bellesia a mio
parere resta da veriicare ulteriormente.
111. carLi ruBBi 1754-1760, II, p. 52-53. Lo stesso titolo è riportato anche nel ‘Manuale di
mercatura’ di Saminiato dei Ricci (1396) (Travaini 3003b, p. 157).
112. CNI, VI, p. 36, n. 8-12; BErnardi 1975, p. 153, n. 64. Lo scutum cum duabus undis è lo
stemma araldico della famiglia Caetani ; la sua blasonatura è la seguente: d’oro alla gemella ondata
d’azzurro in banda. Sulla igura del patriarca Caetani, girgEnSohn 1973.
113. BErnardi 1975, p. 153. Per il titolo delle monete patriarcali si veda anche ivi, p. 19 ss.
Per un’altra moneta di Aquileia si veda anche [23].
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
423
Figura 20 - [16] signum per la rocca inferiore della cittadella di Reggio Emilia, zecca ungherese
(per gentile concessione di Fritz Rudolf Künker GmbH & Co. KG, Osnabrück, asta 130, 9 ottobre
2007, lotto 2895).
Questo stemma si trova inciso sulle monete ungheresi di Carlo Roberto d’Angiò
(1301 / 08-1342), Lodovico I (1342-1382), Maria (1382 / 85-1387 / 95) e su alcune
emissioni di denari polacchi e di follari della zecca di Cattaro di Lodovico I. La
sua associazione con il santo sull’altro lato della moneta si trova però solo su
alcuni denari ungheresi di Lodovico I e di Maria (igura 20). Non è possibile
speciicare ulteriormente a quale di questi due sovrani si faccia qui riferimento114.
Le monete ungheresi circolarono abbondantemente nell’Italia Settentrionale
e Centrale durante la seconda metà del Trecento e nei primi anni del Quattrocento,
anche a causa dei contingenti di truppe ungheresi impegnate nelle operazioni
della guerra di Chioggia (1378-81)115. Il loro titolo era superiore a 950 ‰, quasi
analogo a quello dei soldini di Venezia116. All’inizio del 1384 la regina Maria
attuò una pesante svalutazione del denaro d’argento diminuendone drasticamente
l’intrinseco di quasi il 30 %117. Tuttavia, anche dopo questo calo il tenore argenteo
del denaro ungherese restava piuttosto elevato (circa 665 ‰). La moneta qui
utilizzata è deinita denarius heneus deargenteatus, mentre una seconda moneta
ungherese citata oltre ([22]), di altra tipologia ma coeva a questa, è deinita
denarius de argento. Ciò a mio parere conferma ulteriormente la sostanziale
sinonimia delle due espressioni.
114. Cfr. huSzàr 1979, p. 89, n. 542-44 (per Lodovico I d’Angiò); p. 92, n. 565 (per Maria
d’Angiò). Il santo rappresentato è Ladislao. Gli stessi tipi stemma / santo si trovano anche sui follari di
Cattaro di Lodovico I (in questo caso il santo è Trifone), ma il fatto che si tratti di un denarius hereus
deargenteatus esclude il follaro, che è moneta di puro rame.
115. Cfr. quanto evidenziato da pigozzo 2012, p. 747-478; molte le citazioni di monete
ungheresi riportate anche in piccinni, Travaini 2003. Un obolo ungherese di Wladislao II (14901516) o di Lodovico II (1516-1526) è stato rinvenuto nel Castello di Borzano (RE) (forghiEri
2007, p. 110, n. 304).
116. Cfr. quanto riportato nella lista di monete saggiate da Petrozzo di Massolo, in Travaini
2003b, p. 169. La Travaini (ivi, p. 165) data la lista di Petrozzo di Massolo al 1380 circa, mentre
secondo finETTi 1997, p. 86 risalirebbe al 1384-88. Secondo Bazzini 2006, p. 389, n. 86, almeno
il capitolo 199 del Libro di Mercatantie dello Pseudo-Chairini (Travaini 2003b, p. 172-173),
nel quale è inserita la lista di Petrozzo di Massolo, capitolo che vErmigLioLi 1916, p. 68-69
attribuisce anch’esso a Petrozzo (Leghe di Monete d’argento probabilmente saggiate da Petrozzo
di Massolo in Perugia), non può essere precedente al primo o secondo decennio del ‘400.
117. pigozzo 2005, p. 495, n. 60, id. 2012, p. 748. Anche in questo caso sono grato a Federico
Pigozzo per l’aiuto bibliograico.
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424
[17]
LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
Contrassegno di Uguccione per la rocca di Dinazzano118: un denaro di bassa mistura
avente su di un lato due .i. con quattro punti [e] sull’altro lato un giglio.
Figura 21 - [17] signum per la rocca di Dinazzano nel reggiano (signum incerto),
zecca di Reggio Emilia (Collezione privata).
Non è stato possibile stabilire a quale tipo di moneta si faccia qui riferimento.
Un giglio è presente su moltissime emissioni, non solo di zecche italiane, della
seconda metà del xiii e degli inizi xiv secolo ma apparentemente mai in associazione con duo .i. cum quatuor puntis sull’altro lato.
Potrebbe forse trattarsi di un esemplare delle ultime emissioni di denari parvi
o medaglie della zecca di Reggio Emilia che in letteratura sono attribuite al
periodo 1325-1327 e sulle quali la grande ‘N’ presente nel campo delle prime
emissioni è resa come una ‘H’ o come due ‘I’ legate tra loro da un corto e sottile
tratto orizzontale (igura 21)119. L’ipotesi resta da approfondire ulteriormente.
[18]
Contrassegno di Uguccione per la rocca di Casalgrande120: un denaro piccolo di bassa
mistura avente su di un lato una grande .c. [e] sull’altro lato una croce con le estremità
rivoltate.
Figura 22 - Zecca di Cremona (per gentile
concessione di Numismatica Varesi s.a.s., Pavia,
asta 54, 18 novembre 2013, lotto 556).
Figura 23 - Zecca di Cremona (per gentile
concessione di Numismatica Varesi s.a.s., Pavia,
asta 54, 18 novembre 2013, lotto 561).
118. Località di Casalgrande (RE).
119. CNI, IX, p. 660, n. 15-16; BELLESia 1998, p. 55; id. 2010, p. 37. A partire dal XIII la
zecca di Reggio Emilia emise denari parvi recanti su di un lato una grande ‘N’, iniziale del nome
del vescovo Niccolò Maltraversi, accostata da quattro globetti e al rovescio un giglio. La tipologia
in seguito si immobilizzò, restando invariata anche dopo la morte del Maltraversi.
120. Località situata nel territorio reggiano.
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
Figura 24 - [18] signum per la rocca di
Casalgrande nel reggiano (signum incerto),
zecca di Crema (Collezione privata).
425
Figura 25 - [18] signum per la rocca di Casalgrande
nel reggiano (signum incerto), zecca di Losanna
(per gentile concessione di Hess-Divo AG, Zürich,
asta 298, 22 ottobre 2003, lotto 1176).
Dal momento che la moneta è deinita denarius hereus parvus, dovrebbe
trattarsi di un nominale di piccole dimensioni e con bassissimo contenuto di
ino. Della zecca di Cremona sono note due emissioni di denari imperiali recanti
su di un lato una grande ‘C’ a tutto campo: una di Azzo Visconti tra il 1334 ed
il 1339 ed una seconda, molto più vicina alla data di stesura di questo documento,
di Cabrino Fondulo121. Sui denari imperiali di Azzo, di titolo ancora elevato
(infra), all’interno della ‘C’ è posto il biscione visconteo che qui però non è
segnalato (igura 22), mentre nei denari del Fondulo la croce è di cosiddetto
‘tipo pisano’, con le estremità terminanti a punta e accostate da tre globetti
(igura 23). Pertanto, l’identiicazione di entrambe le monete con questo signum
è dubbia.
Una croce cardata con le estremità rivoltate, associata però sull’altro lato
non ad una ‘C’ ma da un grande ‘G’ gotica, si trova incisa sugli imperiali emessi
da Giorgio Benzoni nella zecca di Crema tra il 1405 ed il 1414 (igura 24) e sui
Demi Fort del vescovo di Losanna Guillaume de Menthonay (1394-1406)
(igura 25) (per un’altra moneta del de Menthonay, si veda [10])122.
121. Per l’imperiale di Azzo Visconti, CNI, IV, p. 195, n. 7; fEnTi 2001, p. 139, n. 21; per
quello di Cabrino Fondulo, CNI, IV, p. 197, n. 19-20; fEnTi 2001, p. 146, n. 28 (deinito ‘cremonese’).
Per altre monete di Cremona si vedano [2] e [3].
122. Per Giorgio Benzoni, cfr. CNI, IV, p. 188, n. 6; per la moneta di Guillaume de Menthonay,
HMZ 2006, 1-494. Può essere signiicativo il fatto che tra 1396 ed il 1397 lo zecchiere milanese
Giovanni da Cantù abbia lavorato per il vescovo di Losanna (morEL-faTio 1879, p. 373 ss.;
moTTa 1893, p. 207, doc. 49). Questo potrebbe spiegare la forte somiglianza tra i denari imperiali
milanesi di Gian Galeazzo e i demi fort del vescovo Guillaume.
Una grande ‘G’ gotica è presente anche su alcune monete emesse dal conte di Namur
Guglielmo I (1337-1391) ma è associata sull’altro lato ad una croce intersecante le legende
(chaLon 1860, n. 144-147 e n. 169; un aggiornamento in cardon 2012).
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426
LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
La lega del denaro cremonese di Azzone Visconti non è nota ma non dovrebbe
discostarsi troppo dai coevi denari imperiali milanesi, il cui tenore di ino era di
circa 150 ‰123. Secondo quanto riportato nella lista della Trivulziana gli inperiali
di Cremona di Cabrino Fondulo avevano un titolo di circa 83 ‰, mentre quello
degli inperiali di Crema era di circa 76 ‰124. Il ino della moneta del vescovo
Guillaume de Menthonay non mi è noto.
[19]
Contrassegno di Uguccione per la rocca di Arceto125: un denaro piccolo di bassa mistura
avente su di un lato una .f. [e] dall’altro lato una testa.
Figura 26 - [19] signum per la rocca di Arceto nel reggiano, zecca di Padova
(Collezione privata).
La descrizione corrisponde a quella del cosiddetto ‘sestino nero’ di Francesco II da Carrara (1390-1405) della zecca di Padova (per Padova si vedano
anche [9] e [25]), recante da una parte una testa di moro volta a sinistra e sull’altro
lato una grande ‘F’ gotica (igura 26)126.
Studi recenti hanno portato a vedere in questa moneta non il sestino nero da
6 denari emesso tra il 1396 ed il 1398 come inora ritenuto127, ma il quattrino
emesso tra il 1386 ed il 1388 da Francesco I da Carrara (1355-1388) 128, con un
titolo inizialmente di circa 35 ‰ ma in poco tempo diminuito ino a circa 31 ‰129.
Il suo valore iniziale di 4 denari fu ridotto a 2 denari nel luglio del 1387.
123. Cfr. gnEcchi 1884, p. 32, n. 7 (167 ‰, 140 ‰ e 135 ‰); crippa 1986, p. 31, n. 7.
124. amBroSoLi 1904, p. 476. Si tratta di tenori estrematamene bassi: il titolo della moneta
cremonese si avvicinava a quello degli inperiali da Brescia (circa 87 ‰), mentre quello di Crema
è analogo a quello dei bisuoli da Milano e Pavia (circa 78 ‰) e dei bisuoli da Monza e da Cantù
(circa 76 ‰). Per queste monete si pone pertanto il problema del loro reale valore liberatorio e
della loro tariffazione fuori dai conini dello Stato o della città che le aveva emesse.
125. Località situata nel territorio reggiano.
126. CNI, VI, p. 205, n. 37-41.
127. rizzoLi, pErini 1903, p. 45 e p. 84, n. 22 e tutta la bibliograia successiva compreso
Bazzini, pigozzo 2011.
128. Saccocci 2011, p. 84 e p. 96, n. 14.
129. rizzoLi, pErini 1903, p. 39-40 e doc. XIII; pigozzo 2005, p. 507 ss.
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
[20]
427
Contrassegno di Uguccione per la rocca di Salvaterra130: un denaro di bassa mistura
avente su di un lato quattro lettere con un punto in mezzo [e] sull’altro lato un cerchio
con una croce.
Figura 27 - [20] signum per la rocca di Salvaterra nel reggiano (signum incerto), zecca di
Ascoli (per gentile concessione di Numismatica
Picena s.r.l., Benedetto del Tronto, listino 5, 2014,
lotto 181).
Figura 28 - [20] signum per la rocca di Salvaterra nel reggiano (signum incerto), zecca di
Ancona (Collezione privata).
La moneta qui utilizzata come signum è incerta. Il termine denarius heneus
indica un esemplare di mistura molto bassa131. Ad inizio ‘400 le zecche di Ancona
e Ascoli coniarono monete in mistura estremamente povera recanti su di un lato
quattro lettere disposte a croce attorno ad un punto centrale e una croce (gigliata
in quelle di Ancona, patente nelle ascolane) sull’altro lato132. Nei denari piccoli
di Ascoli, emessi durante la signoria di Ladislao di Durazzo (1404-1414), la croce
è accantonata nel secondo e terzo quadrante da due rosette (igura 27). Si tratta
di un particolare che non compare nella descrizione del signum e che mi persuade
ad identiicarlo nella moneta anconetana, solitamente indicata come quattrino e
datata piuttosto genericamente al xv secolo (igura 28). I denari piccoli ascolani di
130. Località situata nel territorio reggiano.
131. Tra il xii e l’inizio del xiv secolo, monete con quattro lettere su di un lato e nell’altro
una croce a tutto campo furono emesse da diverse zecche italiane (p. es. Alba, Alessandria,
Ferrara, Ivrea), francesi e spagnole (per le zecche italiane citate si veda Travaini 2011, ad voces;
per quelle francesi, dupLESSy 2010, n. 2086; per le spagnole, cruSafonT 1992, n. 180-81).
A partire dal dogato di Enrico Dandolo (1192-1205) e per oltre un secolo, Venezia coniò il
quartarolo, una moneta contenente una bassissima percentuale di ino. Sul dritto vi erano le
lettere ‘VNCE’ (Venecias) poste attorno ad un punto, mentre sul rovescio vi era una croce accantonata da quattro gigli (cfr. CNI, VII, p. 29, n. 24-25). Il titolo del quartarolo era di soli 3 ‰
(papadopoLi aLdoBrandini 1893-1919, I, p. 87 ss.). A partire dagli ultimi anni del Trecento nelle
zecche di Nyon e Chambéry furono battuti denari viennesi a nome del conte Amedeo VIII di
Savoia, recanti al centro del campo su di un lato le lettere ‘FERT’ e sull’altro lato una croce piana
entro contorno circolare ma, almeno apparentemente, nessuna emissione di questo periodo reca
un punto tra le lettere del dritto (Cfr. CNI, I, p. 43-44, n. 83-90, viennesi neri) e l’esemplare illustrato in Biaggi 1993, p. 201, n. 112 C, erroneamente attribuito al periodo comitale, si deve invece
attribuire a quello ducale, successivo al 1416.
132. Per Ancona, CNI XIII, p. 39, n. 121-124; per Ascoli, ivi, p. 183-184, n. 1-6; mazza 1987,
p. 56, n. 38.
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428
LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
Ladislao di Durazzo rappresentano però un terminus ante quem per le monete
di Ancona, che imitano, suggerendo che nel primo decennio del Quattrocento
queste dovessero già essere state emesse e trovarsi in circolazione. La loro
citazione in questo documento lo confermerebbe. Inoltre, come le monete di
Ascoli, anche quelle di Ancona sarebbero dei denari piccoli e non dei quattrini
come erroneamente riportato nel CNI133.
Non possediamo notizie precise sul titolo di questi piccoli; nel 1428 esso
era di circa 21 ‰, ma ad inizio ‘400 era forse più vicino a quello dei piccoli
maceratesi emessi nel 1392 (circa 52 ‰)134.
[21]
Contrassegno di Uguccione per Porta Santo Stefano di sotto di Reggio: un denaro d’argento
avente su di un alto una croce entro un cerchio [e] sull’altro lato uno scudo nel quale vi
è una triplice croce recante nel mezzo un piccolo scudetto.
Figura 29 - [21] signum per la porta Santo Stefano di sotto di Reggio Emilia, zecca prussiana
(per gentile concessione di Emporium Hamburg Münzhandelsgesellschaft mbH, Hamburg, asta
71, 8 maggio 2014, lotto 1042).
Il denaro qui utilizzato dovrebbe essere un vierchen emesso dal gran Maestro
dell’Ordine Teutonico, Winrich von Kniprode (1351-1382). Sul dritto è presente
lo stemma del gran maestro, costituito da uno scudo nel quale vi è una croce
caricata da un’altra croce, più piccola e potenziata135; il tutto caricato al centro
da un secondo scudo, più piccolo, con l’aquila imperiale. Sul rovescio è incisa
una croce potenziata a tutto campo, entro contorno circolare (igura 29)136.
133. Cfr. quanto rilevato in Ibidem; roSSi 2011.
134. Per il titolo dei denari piccoli di Ancona del 1428, caSTELLani 1935, p. 12; per quelli di
Macerata del 1392, compagnoni 1786, p. 499; munToni 1972, I, p. xxxv.
135. Della croce esterna più grande l’incisore ha reso solamente i contorni esterni. Questi,
insieme alla croce più piccola ivi contenuta, possono dare l’idea che sulla moneta siano presenti
non una ma tre croci (la crux triplicata del signum).
136. davEnporT 1996, p. 87, n. 265; nEumann 2003, p. 20, n. 5.
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
429
Le monete della Prussia (indicata nei documenti italiani di xiv e xv secolo
come Perusia o Prusia) non dovevano essere molto comuni in Italia. A causa dei
lussi di pellegrini provenienti dal Nord Europa, tuttavia, non erano del tutto
sconosciute: oltre che la presente citazione lo conferma il fatto che tra il 1382
ed il 1446 diverse somme in moneta prussiana (grosaregli di Perusia, soldi di
Perusia), furono depositate presso l’Ospedale di Santa Maria della Scala
di Siena137. Non mi è noto il titolo di queste monete.
[22]
Contrassegno di Uguccione per Porta Santo Stefano di sopra di Reggio: un denaro piccolo d’argento avente su di un lato due croci unite insieme, una grande e una piccola,
con due punti alla ine di ciascun braccio della croce e sull’altro lato una corona.
Figura 30 - [22] signum per la porta Santo Stefano di sopra di Reggio Emilia, zecca ungherese
(per gentile concessione di Dr. Busso Peus Nachf., Frankfurt am Main, asta 385, 2 novembre 2005,
lotto 4060).
La moneta qui descritta in modo molto dettagliato è da riconoscere in una
corona (denaro) o in un obolo di Maria d’Angiò regina d’Ungheria (1382 / 851387 / 95) al dritto del quale vi era rappresentata una corona regale (da cui il
nome di corona dato alla moneta138), mentre sul rovescio era incisa la doppia
croce patriarcale (duas cruces insimul iunctas, unam magnam et unam parvam)
(igura 30). Non di rado, come in questo caso, la croce recava due piccoli globetti
alla ine di ciascun braccio (cum duobus punctis in capite cuiuslibet brachii)139.
Nei denari emessi prima dell’inizio del 1384 il titolo era superiore a 950 ‰,
mentre quello delle monete coniate dopo questa data era sceso a circa 665 ‰
(si veda anche [16]).
137. piccinni, Travaini 2003, p. 83 ss.
138. SchönwiESnEr 1810, p. 166-168, doc. XLII, in particolare p. 166 (<...> denarios de nova
nostra moneta Coronas dicta).
139. huSzàr 1979, p. 92, n. 569 (denaro) e n. 571 (obolo). Anche Sigismondo di Lussemburgo,
re d’Ungheria (dal 1387) e imperatore (1433-1437) emise dei quarting in mistura recanti la doppia
croce / corona, ma non prima del 1430 (cfr. ivi, p. 95, n. 586).
RN 2015, p. 391-449
430
[23]
LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
Contrassegno di Uguccione per porta Castello di sotto di Reggio: un denaro d’argento
avente da un lato un elmo con delle piume (penerio), con due rosette ai lati e un piccolo
scudo sul quale vi è un aquila, posto sotto di esso. Dall’altro lato [vi è ] il volto di un santo.
Figura 31 - [23] signum per la porta Castello di sotto di Reggio Emilia, zecca di Aquileia (per
gentile concessione di Numismatik Lanz, München, asta 157, 9 dicembre 2013, lotto 751).
Si tratta di un denaro emesso dal patriarca di Aquileia Giovanni di Moravia
(1387-1394). Sul dritto è rafigurato un elmo con un cimiero di piume, posto tra
due rosette pentaille e poggiante su di uno scudo sul quale campeggia l’aquila,
stemma di Aquileia . Sul rovescio è efigiato il busto nimbato di sant’Ermagora
(igura 31)140. Il suo titolo legale era di circa 559 ‰141.
[24]
Contrassegno di Uguccione per Porta Castello di sopra di Reggio: un grande denaro
d’argento avente da un lato una croce in un cerchio, mentre sull’altro lato vi è l’immagine
di un santo in abito pontiicale, con il pastorale in mano.
Figura 32 - [24] signum per la porta Castello di sopra di Reggio Emilia (signum incerto), zecca di
Bologna (per gentile concessione di NAC Numismatica s.p.a., Milano, asta 68, 4 dicembre 2012,
lotto 6).
140. CNI, VI, p. 34-35, n. 14-18; BErnardi 1975, p. 151, n. 63.
141. BErnardi 1975, p. 24. Si tratta del titolo rilevato da un saggio di zecca coevo, mentre quello
un effettuato in epoca moderna ha dato come risultato circa 584 % (ivi, p. 151). Per un’altra moneta
di Aquileia, si veda [15].
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
431
L’esemplare qui descritto come denarius de argento magnus dovrebbe essere
uno dei tanti grossi agontani circolanti ad inizio Quattrocento. L’immagine del
santo protettore della città in paramenti liturgici e con il pastorale su di un lato
e una grande croce patente o potenziata entro un circolo sull’altro, erano le
rappresentazioni comuni a tutte le monete di questa tipologia142.
Ad inizio del xv secolo era in circolazione una grande varietà di agontani,
come dimostrano gli esemplari presenti nel tesoro ‘Ceccarani’143, e di epoche
differenti, come indicano le numerose citazioni presenti in svariate pratiche di
mercatura e trattati di algorismo di ine xiv-inizio xv secolo144. In assenza di
particolari, che consentano di riconoscere l’emissione di una speciica zecca
piuttosto che di un’altra, non è possibile precisare a quale moneta si faccia qui
riferimento. Il titolo dei primi grossi angontani era superiore ai 900 ‰ ma anche
negli esemplari più tardi esso restava molto elevato; quello di Bologna, emesso tra
la ine del xiv sec. e l’inizio del xv, possedeva un titolo di circa 736 ‰ (igura 32)145.
[25]
Contrassegno di Uguccione per porta San Pietro a latere di sotto di Reggio: un grande
denaro di bassa mistura avente su di un lato l’immagine di un vescovo in abito pontiicale con
un pastorale nella mano e nell’altra mano una brocca, e sull’altro lato una grande croce
con due croci e due carri ai lati [della croce grande], disposti tra loro in modo opposto
le une agli altri.
Figura 33 - [25] signum per la porta San Pietro a latere di sotto di Reggio Emilia,
zecca di Padova (Collezione privata).
I dettagli molto circostanziati permettono il riconoscimento della moneta
qui descritta. Si tratta di un carrarese da 4 soldi della zecca di Padova recante su
un lato l’immagine di San Prosdocimo stante, con il pastorale nella mano destra
142. Per un quadro generale dei tipi e delle zecche, monETa 2010. Per le emissioni dei grossi
agontani, Travaini 2003c.
143. manconi, caTaLLi 2008.
144. Cfr. per esempio la lista delle monete di Petrozzo di Massolo (c. 1410), quella di Uzzano
(c. 1425), o le citazioni di vari tipi di agontani presenti nella ‘lista Camaiani’ (c. 1415). Da queste
liste si possono anche ricavare i titoli delle differenti emissioni di agontani (Travaini 2003b, passim).
145. Per il tipo, CNI, X, p. 13, n. 28-28; chimiEnTi 2009, p. 119, n. 70. Per il titolo, si veda
‘lista Camaiani, in Travaini 2003b, p. 189.
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432
LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
e una brocca nella sinistra, e sull’altro una grande croce (crucem magnam)
accantonata nel 1o e nel 4o angolo da un carro e nel 2o e nel 3o da una croce
(igura 33)146. Questa tipologia di carrarese è oggi attribuita a Francesco I da
Carrara (1355-1388); la sua emissione sarebbe iniziata nel 1378 e continuata ino
alla ine del 1385, quando ne sarebbero stati cambiati i tipi: al posto dell’immagine
di San Prosdocimo sarebbe stata introdotta quella di San Daniele (per Padova si
vedano anche [9] e [19])147. Recentemente è stato però proposto di assegnare i
carraresi con San Prosdocimo al periodo di Francesco II (1390-1405)148. La citazione nel presente documento non consente di risolvere la questione ma è forse
signiicativo il fatto che mentre il carrarese con San Daniele è indicato come
denarius heneus deargenteatus, quello con San Prosdocimo è invece deinito
denarius hereus: una descrizione, questa, più adeguata ad una moneta particolarmente svilita, dal bassissimo contenuto argenteo, piuttosto che ad un nominale
che, se effettivamente emesso tra il 1378 e la ine del 1385, avrebbe dovuto
avere un titolo superiore o uguale a 749 ‰ (cfr. anche [9]).
[26]
Contrassegno di Uguccione per Porta San Pietro a latere di sopra di Reggio: un denaro
piccolo di rame avente su di un lato, entro un cerchio, uno scudo con una striscia149 posta
per il lungo e [con] una biscia in una metà dello scudo e tre aquile nell’altra metà e
sull’altro lato un croce con le estremità rivoltate, in un cerchio.
È senz’altro una moneta pavese di Filippo Maria Visconti (conte di Pavia dal
1402 e duca di Milano dal 1412 al 1447)150. La descrizione è in sostanza identica
a quella del signum utilizzato presso Porta Santa Croce di Parma ([6]) e sembra
apparentemente che si tratti anche in questo caso di un sesino. Tuttavia, il fatto
che qui venga precisato trattarsi di un denarius de ramo parvus, fa supporre di
essere in presenza di un nominale differente, dalle dimensioni e dal valore più
modesti. Credo pertanto che in questo caso non si tratti di un sesino pavese ma di
un altro nominale oggi sconosciuto: forse un bissolo oppure un denaro imperiale
146. CNI, VI, p. 194-195, n. 19-27, per Francesco I da Carrara (1355-88). Il termine qui
utilizzato per deinire la brocca battesimale è bronzinum (cfr. du cangE 1883-1887, t. 1, col. 757a, ad
vocem). Esso è attestato ancora oggi nella zona di Parma e Reggio Emilia come voce dialettale
(bronzèn, bronzino) per indicare un piccolo recipiente in metallo, in particolare per uso domestico.
Anche in questo caso come per altre locuzioni contenute nel documento si tratta di un’attestazione
dell’evoluzione linguistica in atto. Per la igura di San Prosdocimo sulle monete, Saccocci 2013.
147. Saccocci 2011, p. 83 e p. 96, n. 10 e id. 2013, p. 147.
148. pigozzo 2005, con bibliograia precedente; Bazzini, pigozzo 2011.
149. Il termine utilizzato e virga.
150. CNI, IV, p. 502-503, n. 7-12. In realtà si dovrebbe trattare di quattrini. Si veda quanto evidenziato
per [6].
RN 2015, p. 391-449
MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
433
di tipo ignoto151. Il codice della Biblioteca Trivulziana cita i bisuli da Milano e
Pavia e ne indica il ino in circa 78 ‰, in linea con quello segnalato dal Brambilla
(circa 80 ‰)152.
[27]
Contrassegno di Uguccione per Porta Santa Croce a latere di sotto di Reggio: un denaro
piccolo di rame avente su di un lato la testa di un uomo posta entro un cerchio e sull’altro
lato una croce con le estremità rivoltate.
Figura 34 - [27] signum per la porta Santa Croce a latere di sotto di Reggio Emilia, zecca di Brescia
(per gentile concessione di Numismatica Ranieri s.r.l., Bologna, asta 7, 16 novembre 2014, lotto 371).
Nel 1406, Pandolfo Malatesta fece coniare a Brescia un denaro imperiale di
bassa mistura recante da un lato una croce cardata e sul rovescio una testa di
moro volta a sinistra (igura 34)153. La vicinanza geograica tra Brescia e il
territorio emiliano e quella cronologica tra la stesura del documento e l’emissione della moneta malatestiana rende verosimile l’ipotesi che si tratti proprio
di questa moneta. La lista della Trivulziana riporta per gli inperiali da Brescia
una lega di circa l’87 ‰154.
151. Oggi sono noti bissoli pavesi di un’unica tipologia, con croce cardata / biscia (cfr. CNI, IV,
p. 503, n. 13-14).
152. amBroSoLi 1904, p. 476, BramBiLLa 1883, p. 401-402.
153. CNI, IV, p. 86-87, n. 32-39; mainETTi gamBEra 1991, p. 157-159, n. 102-114. Pandolfo
Malatesta occupò Brescia nell’estate del 1404, ma la sua signoria fu uficialmente riconosciuta
dai Visconti solamente nel 1407. La zecca iniziò ad operare verso la metà di agosto del 1406. Non
è chiaro su quale concessione il Malatesta basasse il proprio diritto di monetazione. Forse si trattò
di un vero e proprio abuso (cfr. mainETTi gamBEra 1991, p. 88) oppure, più verosimilmente,
sfruttò a proprio personale proitto lo ius cudendi detenuto dalla città stessa (cfr. maTzkE 2011,
p. 247). Dal 1408 non si hanno più notizie di emissioni bresciane e si tende a ritenere che la zecca
abbia quindi cessato l’attività. Tuttavia, di alcune tipologie di monete malatestiane sono note
numerose varietà e ciò fa pensare ad un periodo di battitura protrattosi forse per alcuni anni (cfr.
Bazzini 2011a, con bibliograia).
154. amBroSoLi 1904, p. 476. Tra il xii ed il xiv secolo, in molte zecche d’Oltralpe e nel Regno
di Sicilia furono coniate monete recanti da un lato una testa variamente adornata e sull’altro lato
una croce. Si tratta dunque di una tipologia monetaria relativamente comune nel medioevo.
RN 2015, p. 391-449
434
[28]
LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
Contrassegno di Uguccione per porta San Pietro a latere di sopra di Reggio: un denaro
piccolo di rame avente su di un lato un’aquila e sull’altro lato una croce con quattro
rosette attorno.
Figura 35 - [28] signum per la porta San Pietro a latere di sopra di Reggio Emilia (signum incerto),
zecca di Mantova (per gentile concessione di Nomisma s.p.a., Serravalle, asta 47, 13 aprile 2013,
lotto 961).
Figura 36 - [28] signum per la porta San Pietro a latere di sopra di Reggio Emilia (signum incerto),
zecca di Merano (per gentile concessione di Numismatica Ranieri s.r.l., Bologna, asta 3, 11 novembre
2011, lotto 132).
La descrizione corrisponde a quella del quattrino di Mantova che Murari e
Saccocci attribuiscono al solo Luigi Gonzaga (1328-1360), mentre nel CNI viene
assegnato alla signoria di Luigi oppure a quella di Guido Gonzaga (1328-1369)
(igura 35)155. Gli stessi tipi appartengono però anche al vierer della zecca di
Merano emesso a partire dagli anni Trenta del Trecento da Enrico conte del
Tirolo (1295-1335) (igura 36)156. A differenza dei primi vierer tirolesi, di buona
mistura, il quattrino mantovano ebbe da subito un contenuto di ino molto basso,
tanto da apparire oggi sostanzialmente di rame157. Le due monete avevano
diametri differenti, con il quattrino mantovano leggermente più grande rispetto
155. CNI, IV, p. 222-23, n. 8; murari 1988, p. 309 e p. 315, n. 20; Saccocci 1996, p. 154,
n. 13. È ancora attribuita ad entrambi i signori di Mantova da groSSi 1997, p. 64-65.
156. CNI, VI, p. 118, n. 3-7 e passim; rizzoLLi 1991, p. 516 ss.
157. Una grida emessa da Francesco Gonzaga l’11 dicembre 1400 obbliga i cittadini di Mantova
e del suo territorio a non ricevere né spendere monete de ramo de qualunque conditione, excepto
li nostri quatrini e bagatini et excepto li imperiali (porTioLi 1880, p. 69-70, n. 3). I quattrini citati
sono però del tipo arma Gonzaga / busto di Virgilio (CNI, IV, p. 226, n. 16).
RN 2015, p. 391-449
MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
435
al vierer di Merano158. I rinvenimenti monetali attestano una discreta circolazione
di nominali mantovani nei territori di Parma e Reggio Emilia, soprattutto a
partire da circa la metà del Trecento, mentre le monete di Merano sono molto
più infrequenti159. Nel 1401 Il titolo del vierer tirolese era di circa 188 ‰160,
forse sceso leggermente negli anni successivi; quello del quattrino di Mantova
non mi è noto.
[29]
Contrassegno di Uguccione per Porta Castello a latere di sotto di Reggio: un denaro
piccolo di bassa mistura avente su di un lato una croce che si estende ino alla circonferenza
della moneta e sull’altro lato una .p. con un punto in corpore161.
Figura 37 - [29] signum per la porta Castello a latere di sotto di Reggio Emilia,
zecca di Perugia (da finETTi 1997, p. 108, 12).
Si tratta verosimilmente di una moneta della zecca di Perugia. La descrizione
corrisponde sia al quattrino emesso a partire da circa il 1374, sia al denaro picciolo
coniato dal 1395 (igura 37). Entrambi questi nominali erano caratterizzati da
158. Circa 18 / 22 mm il quattrino di Mantova; 15 / 16 mm il vierer di Merano. Nel testo si fa
riferimento ad unus denarius de ramo parvus; pertanto potrebbe trattarsi di un vierer emesso nei
primi anni del XV secolo, dal titolo particolarmente svilito (cfr. rizzoLLi 2006, p. 458 ss.).
159. Per Parma, cfr. Bazzini 2006, passim, con bibliograia. Sono a conoscenza di almeno un
esemplare di vierer tirolese di buona lega transitato sul circuito antiquario di Parma circa 25 anni
fa e proveniente verosimilmente dalla provincia parmense. Per il territorio reggiano, presso la sede
del Gruppo Archeologico Albinetano “Paolo Magnani” a Borzano di Albinea sono depositate le
monete rinvenute durante le ricerche effettuate nell’area archeologica del castello di Borzano
(RE) (sito web: http://www.castellodiborzano.it / #&panel1-4) e durante ricerche di supericie in
altre località della provincia di Reggio Emilia: per il periodo compreso tra il xii ed il xiv secolo
le monete di Mantova sono circa una trentina. Ringrazio la Presidente del gruppo archeologico,
Dott.ssa Gabriella Gandoli, per avermi fornito le indicazioni al riguardo (cfr. anche forghiEri
2007). Quattro esemplari del quattrino di Mantova sono stati recuperati in una sepoltura rinvenuta
in località Monte Lucio (RE), insieme a due aquilini di Merano del tipo rizzoLLi 1991, M 9-11
(1259-75) e M70 / 72 (1274 / 75), entrambi molto consunti e tosati (marchESi 2012, p. 45, 58-59,
che ringrazio per avermi permesso di leggere la propria tesi di laurea).
160. rizzoLLi 2006, p. 92. Rispetto alle emissioni del 1361, nel 1401 il ino contenuto nel
vierer era diminuito del 21 % (ibidem).
161. Risulta dificile tradurre questo punto del documento perché in corpore potrebbe voler
indicare che il punto si trovava ‘sull’asta della lettera P’ oppure ‘entro la P’, cioè posto all’interno
dell’occhiello.
RN 2015, p. 391-449
436
LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
una grande ‘P’ nel campo del dritto, mentre al rovescio vi era una croce dai lunghi
bracci che uscivano dal contorno e arrivavano ad intersecare la legenda162.
Si tratta in entrambi i casi di monete di bassa mistura: i quattrini perugini degli
ultimi decenni del Trecento possedevano un titolo pari a circa 155 ‰, mentre
quello dei piccoli degli ultimi anni dello stesso secolo era di circa 41 ‰163.
[30]
Contrassegno di Uguccione per la porta Castello a latere di sopra di Reggio Emilia: un
denaro piccolo di rame avente su di un lato una croce e sull’altro lato unum J ramutum
con alcune lettere a lato.
Non è chiaro come debba essere interpretata la lettera qui trascritta come
una “J” e il signiicato del termine ‘ramutum’ (dal lat. Ramus, ‘ramiicato’?).
La mancanza di ulteriori e più precise indicazioni per il momento non
consentono di identiicare la moneta qui descritta.
3. Appendice (MB)
A. Le porte, le rocchette e le cittadelle di Parma
e Reggio Emilia all’inizio del XIV secolo
Il documento qui analizzato, oltre a suscitare problemi di tipo numismatico
per l’identiicazione delle monete utilizzate da Uguccione Contrari, è importante
anche per le indicazioni che offre su porte, rocche e rocchette dislocate in
vari punti delle cinte murarie e del tessuto urbano di Parma e di Reggio Emilia
all’inizio del xv secolo. Esso pone alcune questioni di tipo urbanistico, storico,
di tattica militare, ecc., alle quali, pur esulando dal presente studio, è necessario
accennare. Un primo interrogativo riguarda il numero delle porte urbiche effettivamente aperte e in uso a Parma e a Reggio Emilia al momento della conquista
estense, poiché per entrambe le città la lista delle porte alle quali vengono
prescritti i signa sembra incompleta. Non sono infatti menzionate tutte le porte
che secondo storici e studiosi di architettura urbana sarebbero invece state presenti
all’inizio del XV secolo lungo le cerchie murarie delle due città. Inoltre, per
quanto riguarda Parma, nella lista non compaiono alcune fortiicazioni poste a
guardia dei ponti sul iume cittadino (le due rocche ai capi del Ponte di Galeria)
e il cosiddetto ‘castello di Co’ di Ponte’, che secondo recenti studi ad inizio
Quattrocento doveva già essere stato eretto. Perché Uguccione ritenne necessario
assegnare un contrassegno solamente ad alcune porte e fortiicazioni? Una
162. Per l’attribuzione dei primi quattrini agli ultimi decenni del Trecento, finETTi 1997,
p. 98-99 e p. 184, n. 49; per i denari piccioli del 1395, ivi, p. 107-08 e p. 189-90, n. 79-81.
163. Per il ino dei quattrini, ivi, p. 98; per quello dei denari piccioli, ivi, p. 89, con bibliograia
precedente.
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
437
risposta potrebbe essere che in quel momento le porte non indicate erano state
murate e le fortiicazioni alle estremità dei ponti abbattute, ma la questione
andrebbe approfondita ulteriormente. Un altro problema riguarda invece
l’assegnazione ‘generica’ alle città di Parma e Reggio, di due differenti signa
(Signum Ugutionis civitatis Parme e Signum Ugutionis civitatis Regii). Non se
ne comprende infatti la necessità dal momento che il documento speciica già
accuratamente quale fosse il contrassegno proprio di ciascuna porta, rocchetta,
ecc164. Inine, non è chiaro il motivo per cui a ciascuna delle porte di Reggio
Emilia si dovessero esibire due distinti contrassegni, a seconda che si accedesse
ad esse dalla parte desuper oppure da quella desubter. Ciò non avviene per
Parma e questo fatto induce a pensare che tra gli ingressi urbici delle due città ci
fossero differenze strutturali tali da rendere superluo per quest’ultima prescrivere
due diversi signa. È probabile che già ad inizio Quattrocento gli ingressi delle
mura di Reggio fossero muniti di barbacani, rivellini o di avancorpi, invece assenti
o comunque non particolarmente signiicativi a Parma. Secondo la ricostruzione
basata su dati di scavo, proposta da Gaetano Chierici nel 1863 per Porta San
Pietro di Reggio Emilia, essa già nel XIII secolo era munita di un avancorpo in
muratura che oltrepassava il fossato colmo d’acqua che circondava la cinta
reggiana ed era munita di due ingressi (uno verso l’esterno e uno interno, oltre
la fossa) e un ponte levatoio165. Se così fosse, i termini desuper e desubter
utilizzati nel documento dei signa potrebbero indicare i passaggi ‘al di qua’ e
‘al di là’ del fossato.
164. Può darsi che Uguccione abbia giudicato insicuro l’impiego di un unico signum e ritenuto
necessario doverne utilizzarne due: uno generico, per la città nella quale si accedeva, ed uno
speciico per la porta attraverso la quale si passava o per la rocca che si doveva prendere in carico.
La prescrizione di un signum per entrare nella cittadella e di un altro, differente dal primo, per
avere accesso alla sua rocca dimostra come il Contrari ritenne effettivamente necessario agire in
questa situazione con estrema cautela e circospezione.
165. Cfr. macELLari 2007, p. 107. In questa sede non è possibile riportare la bibliograia
riguardante le porte cittadine di Parma e Regio Emilia in età medievale. A questo proposito chi scrive
ha in corso uno studio che, proprio partendo da quanto riportato nel documento qui esposto, cerca
di ricostruire le vicende delle porte stesse. Ad esso pertanto si rimanda per ogni approfondimento.
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438
LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
B. Pianta della città di Parma alla ine del Trecento166
Città di Parma
1
Ponte di Galeria
2
Ponte di Pietra
3
Ponte di Donna Egidia
A
Rocca di Porta San Michele e relativa porta
B
Porta Stradella
C
Porta Nuova
D
Rocca di Porta Nuova (Cittadella)
E, F
Torri del Ponte di Donna Egidia
G
Porta San Francesco
H
Porta Santa Croce
I
Rocca di Porta Santa Croce
L, M
Rocchetta e rocca del Ponte di Galeria
N, O
Torrette del Ponte di Pietra
P
Porta San Barnaba
Q
Porta Bologna
R
‘Sta in Pace’
[1]
[9]
[4]
[2] e [3]
[5]
[7]
[6]
[8]
-
Nel territorio di Parma furono assegnati signa alle seguenti rocche:
- Di Castelnuovo
[10]
- Di Montecchio
[11]
- Di Pariano
[12]
166. Nelle cartine qui proposte sono segnalate quelle porte e fortiicazioni che, secondo gli
studiosi che si sono occupati dell’aspetto urbanistico delle due città, sarebbero state in funzione alla
ine del Trecento / inizo Quattrocento. Di ianco al nome di ciascuna di esse è riportata l’indicazione
del relativo signum. Si noti come alcune non siano menzionate nel documento qui analizzato.
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
439
C. Pianta della città di Reggio Emilia alla ine del Trecento
Città di Reggio Emilia
A
Porta santo Stefano
B
Porta San Cosma
C
Cittadella
D
Porta interna della Cittadella
E
Porta esterna della Cittadella (ex Porta San Nazario)
F
Porta Santa Croce
G
Ex pusterla di San Marco
H
Porta San Pietro
I
Porta di Ponte Levone
L
Porta Castello
M
Porta Bernone
N
Ex pusterla di San Zenone
[13]
[21] e [22]
[14], [15] e [16]
(?)
(?)
[27] e [28]
[25] e [26]
[30] (ex [23]), [29] (ex [24])
-
Nel territorio di Reggio Emilia furono assegnati signa alle seguenti rocche:
- Di Dinazzano
[17]
- Di Casalgrande
[18]
- Di Arceto
[19]
- Di Salvaterra
[20]
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440
LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
4. Tabelle (MB)
A. Riepilogo generale delle monete utilizzate come signa
Porta / rocca
NomiNale
Parma e suo territorio
[1]
Città di Parma
‘Mezzo grosso’
[2]
Cittadella di Parma
Quattrino
[3]
Rocca della cittadella di Parma
Sesino
[4]
Porta Nuova di Parma
Sesino
[5]
Rocchetta del ponte di Donna Egidia
Sesino
[6]
Rocca di Santa Croce di Parma
Sesino
[7]
Porta Santa Croce di Parma
Sesino
[8]
Porta Bologna di Parma
Sesino
[9]
Porta San Michele di Parma
Carrarese con San Daniele
[10]
Rocca di Castelnuovo
Trésel (?)
[11]
Rocca di Montecchio
Sesino
[12]
Rocca di Pariano
Quattrino
[13]
Città di Reggio
Grosso papale
[14]
Cittadella di Reggio Emilia
Grosso da 8 soldi
[15]
Rocca superiore della cittadella di Reggio Emilia
Denaro
reggio emilia e suo teritorio
[16]
Rocca inferiore della cittadella di Reggio Emilia
Denaro
[17]
Rocca di Dinazzano
Denaro piccolo (?)
[18]
Rocca di Casalgrande
Denaro imperiale
[19]
Rocca di Arceto
Quattrino
[20]
Rocca di Salvaterra
Denaro piccolo
[21]
Porta Santo Stefano di sotto di Reggio Emilia
Vierchen
[22]
Porta Santo Stefano di sopra di Reggio Emilia
Corona o obolo
[23]
Porta Castello di sotto di Reggio Emilia
Denaro
[24]
Porta Castello di sopra di Reggio Emilia
Grosso agontano
[25]
Porta San Pietro a latere di sotto di Reggio Emilia
Carrarese con San Prosdocimo
[26]
Porta San Pietro a latere di sopra di Reggio Emilia
Denaro imperiale o bissolo
[27]
Porta Santa Croce a latere di sotto di Reggio
Denaro imperiale
[28]
Porta Santa Croce a latere di sopra di Reggio
Vierer o quattrino
[29]
Porta Castello a latere di sotto di Reggio Emilia
Quattrino o denaro piccolo
[30]
Porta Castello a latere di sopra di Reggio Emilia
Non id.
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
Zecca
441
autorità emitteNte
Parma e suo territorio
Chivasso
Teodoro II Paleologo (1381-1418)
Cremona
Cabrino Fondulo (1406-febbraio del 1420)
Cremona
Cabrino Fondulo (1406-febbraio del 1420)
Milano
Giovanni Maria Visconti (1402-1412)
Milano
Bernabò Visconti (1355-1385)
Pavia
Filippo Maria Visconti (1402-1412)
Milano
Gian Galeazzo Visconti (1378-1402)
Milano
Gian Galeazzo Visconti (1378-1402)
Padova
Francesco I da Carrara (1355-1388)
Losanna (CH) (?)
Guillaume de Menthonay (?)
Verona
Gian Galeazzo Visconti (1378-1402)
Bologna
Autorità pontiicia (inizio xv secolo)
Avignone o Roma
Autorità pontiicia (a partire dal 1342)
Lucca
Comune (dal 1371 o 1388)
Aquileia
Antonio I Caetani (1395-1402)
reggio emilia e suo teritorio
Ungheria
Lodovico I d’Angiò (1342-82) o Maria d’Angiò (1382 / 85-1387 / 95)
Reggio Emilia (?)
Comune (?) (circa metà del XIV secolo ?)
Crema o Losanna
Giorgio Benzoni (1405-1414) (crema) o Guillaume de Menthonay (1394-1406) (Losanna)
Padova
Francesco I da Carrara (1355-1388)
Ancona
Comune (primi anni xv sec.)
Prussia
Winrich von Kniprode (1351-1382)
Ungheria
Maria d’Angiò (1382 / 85-1387 / 95)
Aquileia
Giovanni di Moravia (1387-1394)
Non id.
Non id. (xiv sec.)
Padova
Francesco II (1390-1405) (?)
Pavia
Filippo Maria Visconti (1402-1412)
Brescia
Pandolfo Malatesta (1404-1421)
Merano o Mantova
Leopoldo IV d’Asburgo (1396-1406) o Federico IV d’Asburgo (1406-1439) (se Merano);
Luigi Gonzaga (1328-1360) (se Mantova)
Perugia
Comune (ine xiv secolo)
Non id.
Non id.
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442
LUCIA TRAVAINI / MARCO BAZZINI
B. Contenuto di ino delle monete e descrizione
del loro aspetto esteriore nel documento del 1409
[14]
958 ‰ c.
denarius magnus de argento
[16]
950 ‰ - 665 ‰ c.
denarius heneus deargenteatus
[22]
950 ‰ - 665 ‰ c.
denarius de argento parvus
[13]
937 ‰ c.
denarius magnus de argento
[9]
749 ‰ - 365 ‰ c.
denarius magnus heneus deargenteatus
[24]
≥ 736 ‰ (?)
denarius de argento magnus
[8]
578 ‰ c.
denarius heneus deargenteatus
[23]
559 ‰ c.
denarius de argento
[15]
542 ‰ c.
denarius heneus deargenteatus
[4]
500 ‰ c.
denarius de argento
[7]
500 ‰ c.
denarius heneus deargenteatus
[1]
435 ‰ c.
denarius heneus deargenteatus
[6]
368 ‰ - 314 ‰ c.
denarius argenteus
[11]
< 360 ‰ (?)
denarius heneus
[5]
340 ‰ - 300 ‰ c.
denarius heneus deargenteatus
[10]
320 ‰ c. (?)
denarius heneus deargenteatus
[3]
302 ‰ c.
denarius argenteus
[2]
302 ‰ c. (?)
denarius heneus deargenteatus
[28]
≤ 188 ‰ (?)
denarius de ramo parvus
[29]
155 ‰ o 41 ‰ c.
denarius hereus parvus
[12]
≥ 154 ‰ c.
denarius heneus
[27]
87 ‰ c.
denarius de ramo parvus
[26]
80 ‰ - 78 ‰ c.
denarius de ramo parvus
[18]
76 ‰ c. (?)
denarius heneus parvus
[20]
52 ‰ - 21 ‰ c.
denarius heneus
[19]
35 ‰ - 31 ‰ c.
denarius parvus heneus
[21]
Titolo non conosciuto
denarius de argento
[25]
Titolo non conosciuto
denarius heneus magnus
[17]
Titolo non conosciuto
denarius heneus
[30]
Moneta non identiicata
denarius de ramo parvus
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MONETE COME PROVA DI IDENTITÀ TRA PARMA E REGGIO EMILIA NEL 1409
443
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