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GUGLIELMO SCOGLIO IL BORGO ARABO DI MONFORTE SAN GIORGIO © Copyright – Ottobre 2015 In memoria di Santo Coiro intellettuale ed amico PREMESSA Ho già presentato con dovizia di particolari in un mio recente libro1 un’opera d’arte che merita di essere conosciuta per le caratteristiche uniche, culturali e artistiche, che presenta. Si tratta della Cappella del Santissimo Sacramento nella Chiesa Madre di Monforte San Giorgio. Ma non è questa, a mio avviso, l’unica opera singolare che Monforte può offrire, c’è anche quella che mi appresto a presentare e che rappresenta una rarità non solo in Sicilia: un borgo arabo rimasto quasi intatto nel tempo. LA VETERA Con questo nome è conosciuta a Monforte una cittadella che nel suo tessuto urbanistico conserva tracce consistenti di abitato medievale con forti caratteristiche di matrice musulmana. Costruita nel periodo in cui i musulmani occuparono definitivamente la zona (965 - 1061), è incredibilmente giunta fino a noi quasi intatta. Riuscì a scampare alle distruzioni che nella prima metà del 1600 vennero operate a Monforte per la sistemazione della piazza del Paese con la costruzione della scalinata della Chiesa Madre, l'edificazione del Palazzo del Principe e la costruzione della Chiesa dell'Oratorio. La tutela di questo bel quartiere, cosa inusuale per Monforte, si deve al fatto che vi abitavano le più importanti famiglie del paese2. Per questo primo nucleo urbano era stata scelta una sede quasi pianeggiante, poco discosta da quello che costituiva l’elemento di tutela del territorio e il suo punto di forza: il castello posto sulla cima del colle. Ad esso si accedeva da una strada poco discosta dal borgo, mentre questo con le sue porte chiudibili rappresentava un primo punto di sicurezza e riposo per chi, provenendo da Rometta, aveva affrontato la dura salita di Sottorosario o per chi, provenendo da occidente, si apprestava ad andare verso Messina. Non abbiamo documenti che supportino questa nostra identificazione, ma lo stesso nome e la struttura qualificano con sicurezza il borgo come prenormanno. Il borgo, come si è detto, è chiamato Vetera (dal latino vetus –veteris, la zona più antica). Questo nome non può che essere stato dato dai Normanni che con tale termine volevano indicare che tale nucleo abitativo era quello vecchio, preesistente alla loro venuta in Sicilia. Analogamente troviamo a Palermo un parcus vetus e un vetus palatium di epoca musulmana. Non è dato conoscere il nome del borgo al tempo della dominazione araba; i documenti relativi al paese infatti partono dall’epoca normanna. Sappiamo che il castello del paese, che resistette eroicamente agli assalti delle schiere musulmane che stavano per sottomettere l’intera Sicilia, è chiamato nella cronache arabe Dmns3. Esso resistette eroicamente agli assalti dei musulmani guidati prima da Abū Abbās ʿAbd Allāh, figlio dell’emiro Ibrahim II (900-902), e poi nel 902 dall’emiro in persona. Contro Dmns le schiere musulmane si scagliarono anche negli anni 910911. Poi la cronache non citano più tale nome. La Sicilia fu definitivamente sottomessa con la sanguinosa conquista di Rometta nel 965. Al nostro primitivo borgo sono stati apportate nel tempo notevoli modifiche, ma le strutture essenziali, le caratteristiche architettoniche e quattro delle porte che ne consentivano l’accesso sono rimaste pressoché inalterate. Purtroppo manca una delle principali porte di accesso, da cui facevano il loro ingresso al borgo coloro che provenivano da Rometta. Questa fu probabilmente demolita durante la risistemazione della zona nella prima metà del ‘600 e la costruzione della Chiesa dell’Oratorio. Accanto all’antico borgo della Vetera, ci dice lo storico Giuseppe Ardizzone Gullo, esisteva fino a non molto tempo fa un'alta torre di avvistamento che aveva 1 G. Scoglio, Enigmi siciliani, Firenze, 2013, pp. 93-148 G. Ardizzone Gullo, Guida ragionata al patrimonio storico-artistico di Monforte San Giorgio, Messina, 2014, p. 103 3 Il nome Dmns, con cui gli arabi avevano identificato il castello che sorgeva dove oggi è posta la chiesa dell’Immacolata, deriva dal fatto che parte degli abitanti di Demenna, popolosa città dei Nebrodi, in fuga verso la Calabria sotto l’incalzare degli arabi decise di fermarsi sui Peloritani, collaborando con i castelli di Taormina, Rometta e Miqus, nella difesa della zona nord orientale dell’Isola. Altri cittadini di Demenna raggiunsero direttamente la Calabria tanto cha ancora oggi vi si trovano insediamenti che hanno nome Demenniti (vedi G. Scoglio, Enigmi siciliani, Firenze, 2013, p. 80-91). 2 il compito di ospitare sentinelle attente a controllare le strade e a comunicare agli abitanti un eventuale pericolo imminente invitandoli a serrare le porte e ad apprestarsi alla difesa. Questa torre (in arabo Burg4) diede luogo a Monforte al rione Borgo5. La costruzione della cittadella è certamente da collocare tra il 965, anno della caduta di Rometta, e il 1061, anno della liberazione della zona da parte dei Normanni. CARATTERISTICHE ARCHITETTONICHE Il borgo ormai molto rimaneggiato conserva tuttavia la struttura planimetrica originaria con un impianto regolare e con la presenza di una larga strada principale (shari), l’attuale via Mazzini. Sappiamo che nei centri islamici la strada principale, aperta a tutti, era caratterizzata dall’essere senza curve e priva di forti dislivelli e di scale; in essa si svolgevano i commerci, vi si trovavano il suq (mercato), magazzini e la moschea. L’urbanistica islamica prescriveva che questa via pubblica avesse altezza e larghezza sufficienti a far passare due cammelli carichi6. L’ingresso al borgo dalla piazza IV novembre e il primo tratto di via Mazzini rispondono a questi criteri. La porta principale del borgo rispondeva alle prescrizioni islamiche Nella parte centrale della strada principale del nostro borgo sono presenti elementi che fanno pensare che un tempo vi sorgesse un edificio utilizzato per il culto: una moschea. A supporto di ciò rileviamo che in un blocco di pietra si vedono i segni di un’antica meridiana verticale con incise nella pietra tufacea le ore. Questo è un elemento presente in molte moschee per indicare il tempo delle preghiere del mezzogiorno (Zuhr), del pomeriggio (Asr) e del tramonto (Maghrib)7. E’ possibile che la costruzione delle meridiana possa essere successiva all’XI secolo in quanto la moschea può avere svolto la sua funzione anche nei secoli seguenti. Possiamo infatti ritenere che la comunità 4 5 A. Vanoli, La Sicilia musulmana, Bologna 2012, p.130. G. Ardizzone Gullo, Guida ragionata al patrimonio storico-artistico di Monforte San Giorgio, Messina, 2014, p. 102-103. Secondo B. S. Hakim ogni cammello a pieno carico aveva approssimativamente altezza di 3,2 m. e larghezza di 1,6 m. (vedi B. S. Hakim, Islamic architecture and urbanism , in “Encyclopedia of Architecture: Design, Engineering and construction”, vol. 3, New York, 1989, p. 90). Gli arabi utilizzarono i cammelli anche in Sicilia. Il bottino ottenuto da Ruggero nella battaglia di Cerami (1063) fu costituito anche da cammelli (vedi A. Vanoli, La Sicilia musulmana, Bologna 2012, p.193). 7 Le altre due preghiere sono quella dell’alba (Fajr) e della notte (Isha). 6 musulmana abbia occupato il borgo per tutto il periodo normanno e svevo fino ai primi decenni del XIII secolo. I burgenses o abitatori dei borghi (in arabo ahl al-mahallat) anche sotto i normanni erano di condizione libera, anche se assoggettati a vincoli e servizi feudali8. La data in cui fu costruita la meridiana potrà essere accertata da esperti nel settore . Quello che ci sentiamo di dire è che costruire una meridiana non era e non è cosa banale. Sappiamo però che decine di matematici islamici avevano scritto trattati sull’argomento. Quello più antico fu elaborato da al-Ḫwārizmī ai primi del IX sec. e contiene delle tavole per disegnare curve su meridiane orizzontali, per dodici diverse latitudini. Sempre nel IX sec. Ibn al-Ādamī elaborò un insieme di tavole per tracciare curve su meridiane verticali a qualunque latitudine. L’antica meridiana Abbiamo detto delle ore della preghiera. Ma anche la posizione del fedele è importante: tutti i musulmani nella preghiera devono rivolgersi verso la Mecca (Qibla) e precisamente verso il santuario della Kaaba, la moschea sacra. Ebbene la via principale del borgo, oggi via Mazzini, era stata tracciata in modo che essa puntasse in quella direzione. Per quanto riguarda le due strade secondarie, del tutto private, si dipartivano ad angolo retto dalla fine della parte pubblica del borgo. Una di queste strade, la seconda, più ampia, oggi via degli Archi, isolabile mediante porte, presenta all’inizio una sorta di cortile su cui si aprivano le abitazioni di nuclei familiari legati da parentela (famiglia estesa), capaci di organizzare una vita di collaborazione e scambio di aiuto, come succedeva in tutto il mondo islamico; l’altra via, più stretta e nascosta, oggi via Cavour, consentiva una maggiore riservatezza nella vita privata, cosa fortemente desiderata nel mondo musulmano. Queste due vie erano nascoste a chi accedeva dalle porte principali. Come in tutti i centri islamici anche nel nostro borgo c’erano deviazioni brusche del campo visivo, funzionali a sottrarre agli sguardi degli ospiti la vita familiare e in particolare l’attività delle donne nell’espletamento dei loro compiti. Ciò risponde alle prescrizioni che troviamo documentate nella legislazione musulmana come quella di “rispettare la sfera privata degli altri, in particolare evitare la creazione di corridoi visivi diretti”. Anche questa stretta via all’epoca della costruzione del borgo era probabilmente isolabile. Circa la forma, il nostro borgo ha una struttura triangolare, cosa rara : in Sicilia infatti abbiamo solo un altro esempio, quello di Erice. Enrico Guidoni dice che “per quanto riguarda l’insieme urbano si può indicare un criterio di controllo geometrico, oltre che nel cerchio, anche nel triangolo”9. Il triangolo aveva un forte significato religioso: l’islam è infatti un sistema religioso caratterizzato da un triangolo ai cui vertici ci sono Dio, Maometto e il Corano. 8 F. Gabrieli - U. Scerrato , Gli arabi in Italia, Milano, 1985, p.94-95 9 E.Guidoni, Le città islamiche, in “La città europea: formazione e significato dal IV all’XI secolo”, Milano, 1978, p. 57 Sutta ‘u dammusu Brusco cambiamento di prospettiva Una delle porte del borgo I gradini Le porte principali erano quella che si apre sulla piazza del paese ancor oggi esistente e quella demolita che portava a Rometta. Esse permettevano il collegamento ai grandi percorsi esterni, verso Messina e verso Palermo. Solo queste porte erano abbastanza alte da permettere l’accesso a cavallo e l’ingresso nel borgo di truppe, cortei e carovane mercantili. Le altre porte (le tre che rimangono) molto più basse erano riservate esclusivamente agli abitanti del borgo, prevalentemente contadini e artigiani, che transitavano a piedi e al massimo conducevano per mano un asino che portava la mercanzia. I dislivelli all’interno della struttura erano superati con l’uso di gradini, come avviene nei vecchi quartieri delle città musulmane (medine). Come tali quartieri, anche il nostro borgo, grazie ai gradini e alla limitata larghezza delle strade, è ancora oggi un’oasi di pace perché libero dal traffico automobilistico. All'interno del borgo sono presenti ampi spazi coperti con volte a botta e a crociera (in corrispondenza di via degli Archi), terrazzini, stanze. Si tratta di un’architettura gradevole che conserva il gusto e il sapore dell’antico medioevo. E’ noto che in Sicilia la testimonianza della dominazione islamica si riscontra soprattutto nei toponimi e che tracce di questa dominazione e della relativa organizzazione dei centri abitati sono presenti anche nella terminologia in ambito urbanistico. E’ quanto riscontriamo anche nel nostro borgo. La zona coperta con volta a crociera è identificata ancora oggi col termine “sutta ‘u dammusu” 10. In arabo damus significa appunto copertura a volta: chi staziona in quella zona è effettivamente sotto una copertura a volta. Questo è una sicura conferma che la costruzione del borgo è avvenuta nel periodo della dominazione araba. Graziose architetture arricchiscono il borgo Gli spazi coperti ricordano quelli voluti da Maometto nel 622 per la sua abitazione alla Medina. Il Profeta aveva previsto per la sua casa tali spazi protetti in modo da poter ospitare provvisoriamente persone di passaggio o momentaneamente prive di abitazione. Il modello impresso da Maometto alla Medina nel decennio 622-632 riguarda tutti gli aspetti della vita della comunità islamica inclusi gli aspetti urbanistici. I versi del Corano, le parole, gli atti e lo stile di vita del Profeta furono sempre considerati criteri fondanti anche nell’attività edilizia. 10 G. Ardizzone Gullo, Guida ragionata al patrimonio storico-artistico di Monforte San Giorgio, Messina, 2014, p. 103 La stanza che scavalca la strada è perfettamente congruente con le caratteristiche urbanistiche islamiche11. I sabat cioè le stanze che sovrastano le strade erano costruite per creare uno spazio in più per i proprietari di una delle abitazioni adiacenti alla strada e nello stesso tempo per creare una protezione dal sole e dalle intemperie per la gente che stava in strada. Per appoggiare la sua struttura alla casa di fronte il proprietario doveva avere il permesso dal suo dirimpettaio. Ma la concessione non era totalmente irrevocabile, perciò la convenienza a costruire un sabat dipendeva dalla percezione dei futuri rapporti che si sarebbero avuti con il proprietario della casa di fronte.12 Nel vecchio quartiere o medina di Tunisi l’8% delle strade sono coperte da sabat. Non abbiamo trovato in Sicilia esempi di insediamenti fortificati simili al nostro. Nel continente uno con le stesse caratteristiche si trovava a Procida; era stato costruito proprio tra il IX e l’XI secolo ed è ancora chiamato la “Casata”; al suo interno nel 1026 fu costruito il monastero di San Michele Arcangelo. Come da noi, la cittadella non possedeva muri perimetrali esterni, ma le abitazioni addossate le une alle altre formavano un fronte edilizio compatto che costituiva un efficace sistema difensivo. Le porte d’ingresso delle abitazioni erano all’interno del borgo mentre davano verso l’esterno solo le porte di accesso al borgo insieme con poche e piccole finestre e feritoie utili per la difesa. La via termina in uno slargo, una sorta di cortile 11 B. S. Hakim, Islamic architecture and urbanism , in “Encyclopedia of Architecture : Design, Engineering and costruction, vol. 3, New York, 1989, p. 90 12 Ibidem p. 93 La nostra e quella di Procida costituiscono due originali strutture costruite nello stesso periodo storico dai cittadini per difendere se stessi e le loro famiglie. La presenza di un’ architettura così simile in due centri lontani tra loro non deve stupire. In tutti i centri costieri e nelle isole dell’arcipelago campano sono evidenti i caratteri urbanistici e architettonici islamici fortemente assimilati tra il IX e il X secolo ma anche in seguito13. VALORE STORICO Notevole è il valore storico del nostro borgo. E’ infatti l’abitato in cui nel 1061 furono festeggiati i liberatori normanni capeggiati dai fratelli Ruggero e Roberto d'Altavilla, come ci racconta l’antica tradizione della Katabba, il concerto di campane e tamburo che ricorda il loro ingresso in paese nella loro marcia da Rometta verso occidente. Il cronista Malaterra ci dice che gli abitanti di Rometta terrorizzati dall’arrivo dei Normanni inviarono loro incontro una delegazione con doni e chiesero pace giurando fedeltà sul Corano; quindi afferma che i cavalieri proseguirono nel loro cammino verso Tripi. Essi certamente dovettero passare per Monforte perché a quei tempi, come ci dice il geografo arabo Edrisi, la strada che portava a Tripi passava appunto per il nostro paese. Monforte, come altri centri non è nominato perché i Normanni nel loro cammino non vi incontrarono resistenza, anzi a Monforte ebbero calda accoglienza come ci viene tramandato dalla tradizione della Katabba. Questa tradizione molto significativa e storicamente credibile ci fa supporre che i cittadini di guardia sulla torre che sorgeva accanto al borgo seguissero l’arrivo dei conquistatori, provenienti da Rometta, che vestiti delle loro armature scintillanti al sole di maggio risalivano verso Monforte percorrendo la strada di Sottorosario . Dalla torre del borgo si controllavano le strade ed in particolare quella che portava a Rometta Intanto i musulmani, conosciuta la notizia non lieta per loro pensarono bene di aprire tutte le porte del borgo e di fuggire. L’abitato venne invaso dai molti che erano rimasti cristiani anche durante il periodo musulmano, dimoranti nelle campagne circostanti e dai monaci che erano ospitati nelle grotte del colle. Questi prepararono ai liberatori una calda accoglienza, secondo quanto ci tramanda la Katabba che ci descrive l’incedere del messaggero a cavallo che annuncia l’arrivo dei liberatori, il galoppo dei cavalli normanni che, veloci, giungono in paese, la fuga dei musulmani dal borgo, il radunarsi dei cristiani e l’esplodere della loro 13 E. Guidoni, La componente urbanistica islamica nella formazione delle città italiane, in F. Gabrieli - U. Scerrato , Gli arabi in Italia, Milano, 1985, p. 592 gioia per l’avvenuta liberazione. Con questi ritmi gioiosi si conclude il concerto. Quindi i Normanni dopo una breve sosta si diressero verso Tripi dove si fermarono al termine della prima giornata. Questo avveniva nel maggio del 1061, come ci riferisce il cronista Malaterra14. CONCLUSIONI Con questo mio scritto ho presentato una struttura urbanistica quasi sconosciuta ma di altissimo valore. Mi auguro il tema sia approfondito da studiosi di storia e di architettura, ma soprattutto richiami a Monforte tanta gente capace di ammirarla e apprezzarla. Esprimo nello stesso tempo l’auspicio che in sede di revisione della toponomastica le vie del borgo siano intitolate al Gran Conte Ruggero, alla moglie Judith d’Evreux e a Roberto il Guiscardo. Mi auguro che il borgo della Vetera, così come la Cappella del SS. Sacramento, possa godere della stessa notorietà che oggi gode la Katabba la cui tradizione avevo spiegato nel 1987 nel il mio libro "Monforte San Giorgio e il suo territorio nel Medioevo". In quell’occasione avevo riscontrato che il significato di questo concerto di campane e tamburo, che mi era stato spiegato della mia indimenticabile zia suor Maria Gullo, era quasi sconosciuto ai nostri compaesani. La Katabba è stata poi valorizzata a partire dal 2009 quando per iniziativa del dott. Michele Recupero si è avuta la prima edizione delle giornate medievali di Monforte e del gran corteo storico. Sommario A Monforte San Giorgio esiste un borgo di matrice islamica chiamato la Vetera, costruito tre il 965 e il 1061 periodo durante il quale la zona fu sottomessa ai musulmani. Il termine latino Vetera indica che si tratta della parte più antica del paese. Il borgo è rimasto miracolosamente intatto nella sua struttura fondamentale grazie al fatto che era abitato dalle famiglie più potenti del paese. La sua struttura è molto rara ma abbiamo riscontrato che un borgo con le stesse caratteristiche, costruito tra il IX e l’XI secolo si trovava a Procida. Il borgo di Monforte conserva ancora la struttura caratteristica islamica delle antiche medine e quattro delle cinque porte di accesso. Proprio esso fu il protagonista degli avvenimenti che ci vengono narrati dalla Katabba, il concerto di campane e tamburo che viene suonato tutti gli anni dal 17 gennaio al 5 febbraio e che racconta l’ingresso trionfale a Monforte nel maggio 1061 dei liberatori normanni . Summary Monforte San Giorgio (Messina) offers a pretty village called Vetera, which dates prior to the advent of the Normans in Sicily. This latin term indicates that this is the oldest part of the town. It was built between 965 and 1061 during which time the area was subjected to the Muslims and remained miraculously intact in its basic structure thanks to the fact that it was inhabited by the most powerful families. It still retains the typical structure of the ancient islamic medinas and preserves four of the five access doors. We found that a village with the same characteristics, was built between the ninth and eleventh centuries at Procida. This village was the protagonist of the events that are narrated by Katabba, the concert of bells and drum that is played every year from January 17 to February 5, which narrates the triumphant entry of Normans in Monforte in May 1061. 14 10 XIII. — Rebus itaque suis per octo dies sapienter dispositis et urbe prò velie suo firmata, custodibus dimissis, equestri exercitu et navibus apud Messanam relictis, versus Ramectam utrique fratres intendunt. Ramectentes autem, jamdudum cognito in parva manu hostium eorumdem maximam multitudinem Messanensium bellatorum occubuisse, ne quid simile sibi accidat, advenientibus hostibus obviam territi, legatos, qui pacem postulent, mittunt, urbemque et seipsos ditioni dedentes, libris superstitionis legis suae coram positis, jura- mento fidelitatem firmant. XIV. — Inde de prospero eventu cum maxima laetitia recedentes et, debilitate gentis cognita, audaciores sub Scabatripoli hospitium sumunt.