PONTIFICIA UNIVERSITAS ANTONIANUM
Facultas Theologiae
Specializatio in Spiritualitate
Miguel Pinto Grilo
IL FRATE QUESTUANTE: IMMAGINE DELLA FRATERNITÀ
Una lettura teologico-spirituale della vita del beato Leopoldo da Alpandeire
Dissertatio ad Licentiam
Moderator:
prof. Wiesław Block
Correlatores: prof. Vittorina Marini
prof. Fabrizio Congiu
Romae 2017
2
INDICE
SIGLE E ABBREVIAZIONI
5
INTRODUZIONE
8
CAPITOLO I – AMBIENTE SOCIALE E RELIGIOSO IN
ANDALUSIA (secc. XIX-XX)
14
1.1 Situazione politica ed economica di Andalusia
1.1.1 Un secolo di storia turbolenta
1.1.2 L’ambiente economico di Spagna
1.1.3 Lo scontro tra politica e religione
14
15
19
23
1.2 Il contesto religioso
1.2.1 Religiosità vissuta: tra devozione e secolarizzazione
1.2.2 In cammino verso un cambiamento
31
31
37
1.3 I Frati Cappuccini in Andalusia
1.3.1 La storia dei Frati Cappuccini in Andalusia
1.3.2 L’attività dei Frati Cappuccini della Provincia di Andalusia
40
41
45
CAPITOLO II – FRA LEOPOLDO DA ALPANDEIRE, UN
CAPPUCCINO QUESTUANTE
50
2.1 L’ingresso nell’Ordine Cappuccino
2.1.1 La vita di Francisco Tomás de San Juan Bautista
2.1.2 L’ingresso nei Cappuccini
50
51
54
2.2 L’attività di un frate questuante a Granada
2.2.1 ‘Mendicante per Dio’
2.2.2 Uomo di preghiera
2.2.3 Fedele al carisma primitivo
58
59
64
71
2.3 Le virtù principali
2.3.1 L’osservanza dei consigli evangelici
2.3.2 Silenzioso e umile verso tutti
2.3.3 Cuore immenso
75
76
78
83
3
CAPITOLO III – IMMAGINE DELLA FRATERNITÀ
86
3.1 Il cuore della vocazione cappuccina
3.1.1 ‘Tutto per amore di Dio’
3.1.2 Donare la vita per i fratelli
86
87
90
3.2 La fedeltà alla vocazione cappuccina
3.2.1 Seguire le orme di Cristo come san Francesco
3.2.2 Fedele fino alla fine
3.2.3 ‘Quello che Dio vuole’
93
94
97
102
3.3 Legame fra la fraternità e il popolo
3.3.1 Essere nel mondo senza essere del mondo
3.3.2 Il legame fra la fraternità e il popolo
3.3.3 Intercessore
104
104
108
111
CONCLUSIONE
115
APPENDICE
121
BIBLIOGRAFIA
A. Fonti
B. Fonti di carattere francescano
C. Documenti della Chiesa
D. Studi
E. Articoli
F. Sito web
124
124
125
127
127
132
133
4
SIGLE E ABREVIAZIONI
1LF
FRANCESCO D’ASSISI, 1 Lettera ai Fedeli, in FRANCISCI
ASSISIENSIS, Scripta, criticae editit C. Paolazzi, Spicilegium
Bonaventurianum, XXXVI, Grottaferrata (Roma), 2009, p.174-179.
Ammonizione
FRANCESCO D’ASSISI, Ammonizione, in FRANCISCI ASSISIENSIS,
Scripta, criticae editit C. Paolazzi, Spicilegium Bonaventurianum,
XXXVI, Grottaferrata (Roma), 2009, p.352-377.
Biographia
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et
Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi
O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Biographia Documentata,
P.N. 1280, Granada, 1993.
Cost. 1536
Le prime Costituzioni dei frati minori cappuccini. Roma – S.
Eufemia 1536. In lingua moderna con note storiche ed edizione
critica, Conferenza Italiana dei Superiori provinciali Cappuccini
per l’VIII Centenario della nascita di san Francesco, a cura di F.
A. Catalano, C. Cargnoni, G. Santarelli, Roma, 1982.
Informatio
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et
Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi
O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Informatio, Super Dubio,
P.N. 1280, Granada, 1993.
Lmin
FRANCESCO D’ASSISI, Lettera a un ministro, in FRANCISCI
ASSISIENSIS, Scripta, criticae editit C. Paolazzi, Spicilegium
Bonaventurianum, XXXVI, Grottaferrata (Roma), 2009, p.164-167.
Mem
THOMAS DE CELANO, Memoriale, Editio critico-synoptica
duarum redactionum ad fidem codicum manuscriptorum, a cura di
F. Accrocca, A. Horowski, Roma, 2011.
5
PPN
FRANCESCO D’ASSISI, Parafrasi del «Padre Nostro», in
FRANCISCI ASSISIENSIS, Scripta, criticae editit C. Paolazzi,
Spicilegium Bonaventurianum, XXXVI, Grottaferrata (Roma),
2009, p.56-59.
Rb
FRANCESCO D’ASSISI, Regola bollata, in FRANCISCI ASSISIENSIS,
Scripta, criticae editit C. Paolazzi, Spicilegium Bonaventurianum,
XXXVI, Grottaferrata (Roma), 2009, p.323-339.
Relacion
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et
Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi
O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Relacion del relator de la
causa, P.N. 1280, Granada, 1993.
Relatio et Vota
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et
Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire (in saec.:
Francisci Thomae Sánchez Márquez). Laici Professi O.F.M.
CAP. (1864-1956), Relatio et vota Congressus peculiaris super
virtutibus die 20 martii an. 2007 habiti, P.N. 1280, Roma, 2007.
Rnb
FRANCESCO D’ASSISI, Regola non bollata, in FRANCISCI
ASSISIENSIS, Scripta, criticae editit C. Paolazzi, Spicilegium
Bonaventurianum, XXXVI, Grottaferrata (Roma), 2009, p.242-289.
SpecP
Anonimo della Porziuncola. Speculum perfectionis status fratris
Minoris. Edizione critica e studio storico-letterario, a cura di D.
Solvi, Firenze, 2006.
Summarium
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et
Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi
O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Summarium, Super Dubio,
P.N. 1280, Granada, 1993.
6
Testamento
FRANCESCO D’ASSISI, Testamento, in FRANCISCI ASSISIENSIS,
Scripta, criticae editit C. Paolazzi, Spicilegium Bonaventurianum,
XXXVI, Grottaferrata (Roma), 2009, p. 394-405.
VbF
TOMMASO DA CELANO, Vita Prima Sancti Francisci, in Analecta
Franciscana, Tomus X, Quaracchi, Firenze, 1941, p.1-117.
7
INTRODUZIONE
Prima di addentrarci nell’argomento di questa ricerca occorre chiarire i termini
questua ed elemosina, in modo da evitare interpretazioni fuorvianti. Ogni volta che
in questo studio si parlerà di fare la questua s’intende riferirsi all’attività del frate che
va per le vie e per le case non soltanto per chiedere l’elemosina, ma anche per prestare
un servizio spirituale. Con il termine elemosina ci si vuole riferire a quanto ottenuto
dalla questua, normalmente denaro oppure prodotti alimentari, che venivano
caritatevolmente consegnati al frate questuante per il sostegno della fraternità e per
aiutare i poveri.
Il frate questuante sempre è stato un personaggio di fede profonda e di una
personalità matura, che attirava l’attenzione di tutti, specialmente dei bambini. Lungo
i secoli ha avuto un peso grandissimo nella storia dell’Ordine Cappuccino, poiché il
lavoro pastorale non sempre era sufficiente a coprire le necessità della fraternità, era
necessario ricorrere all’elemosina.
All’inizio il fatto di questuare era per i frati un lavoro molto umiliante, però
con il tempo, quando i frati furono universalmente conosciuti e venerati, la questua
non rappresentò più un motivo d’umiliazione e finì per essere un comune mezzo per
procurarsi i mezzi di sussistenza. In Francesco d’Assisi l’elemosina era tenuta in
grande considerazione:
I frati che si affaticano per procurarla avranno una grande ricompensa e la fanno
guadagnare e acquistare a quelli che fanno elemosina: poiché tutte le cose che gli
uomini lasceranno nel mondo, periranno, ma della carità e delle elemosine che hanno
fatto, riceveranno il premio dal Signore1.
1
Rnb 9,12.
8
Tuttavia secondo Francesco, l’elemosina doveva essere soltanto un’alternativa
da adottare solo quando il lavoro non fosse stato sufficiente2, visione che nei secoli è
cambiata.
La questua divenne, con il tempo, un mezzo di apostolato e il primario mezzo
di sostentamento dei frati, così che l’Ordine invece di essere chiamato ‘ordine dei
lavoratori’ fu chiamato ‘ordine mendicante’3.
Attraverso la questua, l’apostolato si fece non soltanto più prossimo alla gente
ma trovò anche l’ambiente propizio per la diffusione del carisma francescano
cappuccino. Questi frati che percorrevano le vie, visitavano le case e soccorrevano i
più bisognosi costituivano di fatto il primo contatto che molti hanno avuto con
l’Ordine. Attraverso la questua, i frati diventarono l’immagine dell’Ordine.
In tal modo, il presente lavoro elaborato per la conclusione della Licenza in
Teologia Spirituale nella facoltà dell’Antonianum, cui tema è ‘Il frate questuante:
immagine della fraternità’, intende, per quanto è possibile, mettere in evidenza
l’essenza e l’importanza di questi frati, sia per l’Ordine, sia per la Chiesa, che per il
bene della società. L’argomento analizzato è assai vasto, pertanto è necessario
limitarlo e dare la dovuta concretezza, in modo da non eccedere rispetto a ciò che è
essenziale nella missione specifica del frate questuante. In questo modo si cercherà
di fare una lettura teologico-spirituale della vita del beato Leopoldo da Alpandeire.
Abbordare la questua dal punto di vista della vita di un frate cappuccino
spagnolo del XX secolo può aiutare a capire non soltanto il ruolo che ebbe questo
impegno fraterno all’inizio del francescanesimo, ma anche lo sviluppo e il suo
simbolismo fino ad oggi. Infatti, la scelta del beato Leopoldo da Alpandeire non fu
2
Francesco d’Assisi insisteva sul fatto che la questua doveva rappresentare un mezzo secondario, e
che bisognava chiedere l’elemosina solo in caso di necessità, altrimenti sarebbe stato un defraudare gli altri
poveri di un loro diritto. Cfr. Rnb 8,8.
3
Per approfondire l’argomento consultare: K. ESSER, Origini e inizi del movimento e dell’ordine
francescano, Milano, 1975.
9
casuale, ma si è voluto scegliere un frate del secolo XX4 che rappresentasse tutti i
questuanti dell’Ordine.
Nonostante sia impossibile non fare riferimento alla santità del beato Leopoldo
da Alpandeire, l’obiettivo di questo lavoro non è quello di contrapporre la sua santità
a quelle degli altri5. Allo stesso tempo, non si ha la pretesa di esporre la problematica
economica6 e legislativa7 del chiedere l’elemosina, ma si vuole soltanto centrare
l’aspetto spirituale inerente ad essa. In realtà, lo scopo principale di questo studio,
alla luce della spiritualità francescana8, ed in modo speciale di quella del beato
Leopoldo, sarà quello di mettere in evidenza la figura del frate questuante come
immagine della fraternità, capire in quale senso lui prende con sé e in sé tutta la
fraternità, diventando immagine di essa.
Il metodo utilizzato sarà quello induttivo, partendo dall’esempio della vita del
beato Leopoldo da Alpandeire, in modo da far emergere l’immagine di quello che
deve essere l’ideale del frate questuante. Prendendo questo frate come modello ed
inquadrandolo nel suo contesto sociale e religioso, sarà più facile riconoscere gli
aspetti costitutivi che fanno di lui un’immagine della fraternità.
Le fonti utilizzate in questo lavoro sono le pubblicazioni edite in occasione
della beatificazione di fra Leopoldo, in modo particolare i documenti del processo di
4
La scelta del secolo XX si deve anche al fatto che è in questo periodo che l’ufficio della questua
comincia a sparire.
5
Per approfondire l’argomento consultare: A. AMATO, I Santi si specchiano in Cristo, Città del
Vaticano, 2011. A. AMATO, I Santi: Ministri della carità, Città del Vaticano, 2017.
6
Per approfondire l’argomento consultare: M. BARTOLI, Pater pauperum, Francesco, Assisi e
l’elemosina, Padova, 2009.
7
Per approfondire l’argomento consultare: ANASTASIO DA MONTECASTELLI, Il diritto di questua negli
ordini mendicanti dal suo sorgere fino al codice di diritto canonico. Studio storico-giuridico, Roma, 1951.
8
La spiritualità francescana è l’esperienza cristiana vissuta e testimoniata ieri ed oggi dai francescani
nel loro relativo contesto storico, culturale ed ecclesiale ispirata all’esperienza cristiana ed evangelica di san
Francesco di Assisi e illuminata dai valori vissuti ed elaborati intellettualmente dalla grande tradizione storica
e spirituale dell’Ordine francescano. Cfr. G. IAMMARRONE, La spiritualità francescana: anima e contenuti
fondamentali, Padova, 1993, p.21.
10
beatificazione9, il libro ‘Beato Leopoldo de Alpandeire’10 di Alfonso Ramirez
Peralbo, le Fonti Francescane11 ed alcuni testi fulcri della storia di Andalusia. Inoltre,
si ricorrerà a diversi studi sulla vita di fra Leopoldo, sul carisma francescano e altri
che, presentando un’analisi al di fuori della vita del beato, potranno essere altrettanto
utili nell’elaborare una visione critica più solida dei fatti e della stessa spiritualità. A
motivo dell’importanza delle testimonianze riportate circa il beato Leopoldo, e per
restare fedeli al testo, queste sono state mantenute nella lingua originale.
Per capire il contesto in cui è vissuto fra Leopoldo, nel primo capitolo si
cercherà di presentare, senza voler esaurire l’argomento, in modo sintetico e limitato
all’area di interesse della vita di fra Leopoldo, l’ambiente sociale e religioso nella
Spagna dei secoli XIX e XX. Qui si darà una breve descrizione della situazione
politica ed economica, in modo speciale nella regione dell’Andalusia, sottolineando
la sua storia turbolenta durante quel periodo, l’ambiente economico e lo scontro tra
politica e religione. Con questo primo punto si intende trovare la chiave di lettura
delle forti tensioni vissute in quel periodo.
Nel secondo punto si terrà presente il contesto religioso di quel tempo, sia la
religiosità vissuta, tra devozione e secolarizzazione, sia la necessità di adattarsi e di
fare un cammino verso un cambiamento, tenendo presente le esigenze del tempo.
9
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab
Alpandeire. Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Positio super virtutibus, P.N. 1280, Granada,
1993. CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab
Alpandeire (in saec.: Francisci Thomae Sánchez Márquez). Laici Professi O.F.M. CAP. (1864-1956), Relatio
et vota Congressus peculiaris super virtutibus die 20 martii an. 2007 habiti, P.N. 1280, Roma, 2007.
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire.
Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Summarium, Super Dubio, P.N. 1280, Granada, 1993.
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire.
Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Informatio, Super Dubio, P.N. 1280, Granada, 1993.
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire.
Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Biographia Documentata, P.N. 1280, Granada, 1993.
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire.
Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Relacion del relator de la causa, P.N. 1280, Granada, 1993.
10
A. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire. El gemido de un pobre evangélico, Madrid,
2011.
11
Fonti Francescane. Nuova edizione. Scritti e biografie di san Francesco d’Assisi. Cronache e
testimonianze del primo secolo francescano. Scritti e biografie di santa Chiara d’Assisi. Testi normativi
dell’Ordine Francescano Secolare, a cura di E. Caroli, Padova, 2004.
11
Come conclusione del primo capitolo si metterà a fuoco la realtà storica della
presenza dei Frati Cappuccini in Andalusia e la loro attività come provincia.
Nel secondo capitolo si prenderà brevemente in considerazione la vita di fra
Leopoldo da Alpandeire, sottolineando i suoi aspetti più importanti, per cercare di
cogliere il suo profilo spirituale. In un primo momento sarà importante tenere
presente la vita di Francisco Tomás de San Juan Bautista12 fino all’ingresso tra i
Cappuccini della provincia di Andalusia, dove gli fu dato il nome di fra Leopoldo da
Alpandeire. Sarà importante vedere come la sua vita iniziale si inquadrerà nella vita
di frate minore cappuccino.
In un secondo momento ci si concentrerà sulla sua attività come frate
questuante nella città di Granada, cercando di mettere in evidenza il cammino di vita
intrapreso da fra Leopoldo nel portare avanti la missione a lui affidata come frate
questuante. Questa missione lo ha portato ad essere mendicante per amore di Dio, a
non trascurare la preghiera ma facendo di essa il suo sostegno, rimanendo sempre
fedele al carisma francescano, osservando la Regola e le Costituzioni dell’Ordine.
Infine, saranno messe in luce le virtù principali di fra Leopoldo da Alpandeire,
in modo da capire come ha vissuto la sua vocazione cappuccina, sia attraverso
l’osservanza dei consigli evangelici, sia con il suo silenzio ed umiltà, e specialmente
attraverso l’amore verso tutti che scaturiva del suo cuore.
Dopo aver trattato nei due primi capitoli della vita e della spiritualità di fra
Leopoldo come frate questuante nella città di Granada, inquadrate nel rispettivo
contesto storico, sociale e religioso, il terzo ed ultimo capitolo, cuore di questo lavoro,
cercherà di tenere presente tutti questi elementi e si orienterà verso una lettura
teologico-spirituale dell’ideale dei frati questuanti, in modo da capire in che senso
possono diventare immagine della fraternità.
12
Nome di battesimo di fra Leopoldo da Alpandeire.
12
Infatti, si vedrà che il cuore della vocazione cappuccina risiede nell’amore
verso Dio e verso i fratelli. Se da una parte tutto deve essere fatto e sopportato ‘per
amore di Dio’, questo amore esigerà una totale donazione di sé ai fratelli.
Non basta iniziare il cammino ma bisogna essere sempre fedeli alla vocazione.
Così in un secondo momento si approfondirà l’argomento della fedeltà dei questuanti
non soltanto al carisma iniziale ma anche alla costanza della loro vita fino alla fine,
accettando la volontà di Dio
L’ultimo segmento di questo studio, quello conclusivo, tenendo presente
quanto sarà detto prima, permetterà di capire qual è il ruolo del frate questuante nel
presentarsi come immagine della fraternità, ponendosi come legame fra la fraternità
ed il popolo, essendo nel mondo ma senza essere del mondo. Conseguentemente, il
frate questuante sarà chiamato a diventare non soltanto intercessore presso la
fraternità, ma specialmente presso Dio.
Questo è in breve il lavoro che si intende affrontare nelle pagine che seguono,
allo scopo di mettere in luce l’importanza di questi frati per l’Ordine e per la Chiesa,
volendo più sollevare nuove questioni, che cercare delle risposte.
13
CAPITOLO I
AMBIENTE SOCIALE E RELIGIOSO
NELLA SPAGNA DEI SECOLI XIX E XX
L’ambiente sociale e religioso della Spagna nel periodo in cui è vissuto fra
Leopoldo da Alpandeire può dare informazioni preziose che riguardano il contesto
vissuto e le sfide trovate da lui e dalla sua fraternità.
In questo periodo di circa un secolo di storia si trovarono dei momenti di
dialogo e di accordi, ma anche di scontri, a volte veramente atroci tra politica e
Chiesa, che hanno dato origine a persecuzioni e perfino al martirio di tante persone,
di ambo le parti.
E se da una parte la Chiesa spagnola – ed in modo particolare i Cappuccini –
si trova di fronte ad un periodo molto convulso della storia, d’altra parte essa è
chiamata a dare una risposta alle esigenze di questo stesso periodo. Così, questo
capitolo sarà fondamentale per comprendere, a posteriori, il modo di agire e di
interagire di fra Leopoldo in questa società instabile.
1.1.
Situazione politica ed economica dell’Andalusia
La situazione politica ed economica in Spagna, e in modo particolare nella
regione dell’Andalusia13, nel periodo in cui visse fra Leopoldo (1864-1956) era
veramente molto particolare. Il periodo di cui si parla va dagli ultimi anni del regno
di Isabella II (1833-1868) fino alla metà degli anni di Franco (1939-1975), ossia circa
un secolo di storia. È presente in quest’epoca una grande instabilità politica, che ha
come conseguenza diverse guerre civili, una profonda crisi economica, la fine
dell’impero coloniale e una profonda crisi di identità in tutta la nazione14.
13
Situata nel sud della Spagna. Vedere mappa nell’Appendice I, p.121.
Cfr. J. C. GAY ARMENTEROS, España en tiempos de fray Leopoldo de Alpandeire. La política.
Evolución socio-económica, Granada, 1993, p.10-11.
14
14
Non si può trascurare il fatto che l’Andalusia fu un luogo di grande importanza
per lo sviluppo storico, politico e sociale della Spagna. Il potere su questo territorio
fu la chiave che ha permesso l’accesso a nuove forme di Stato, che supportavano le
monarchie assolute centralizzanti. Infatti, se fino all’inizio del secolo XIX
l’Andalusia si era mantenuta più o meno uguale alla quella della fine del secolo XV,
e poiché non si era realizzata una crescita sostanziale, da allora in poi questa soffrirà
un fortissimo influsso delle idee liberali, che si radicheranno nell’anima del popolo.
La situazione politico-sociale dalla metà del secolo XIX era diventata molto
tesa e insicura, da una parte a causa delle innumerevoli ingiustizie che avvenivano, e
dall’altra a causa della progressiva presa di coscienza del movimento operaio. Con
queste problematiche sullo sfondo, Granada visse in un periodo di circa un secolo i
seguenti avvenimenti: la rivoluzione chiamata ‘gloriosa’15 (1868); la I Repubblica
(1873-1874); la Restaurazione (1874-1931), che incorpora il regno di Alfonso XIII
(1886-1931) con la dittatura di Miguel Primo di Rivera (1923-1931); la II Repubblica
(1931-1939); la Guerra Civile16 (1936-1939) e l’era di Franco (1939-1975). Davanti
a momenti così turbolenti, la Chiesa Cattolica cercò di assumere l’ala più
conservatrice, mentre i socialisti erano posizionati dalla parte opposta. Uno dei motivi
più evidenti che portò a questa presa di posizione è che c’erano grandi fortune, a volta
di origine dubbia, e la maggior parte dei possidenti si dichiarava cattolica17.
1.1.1 Un secolo di storia turbolenta
Verso la metà del XIX secolo in Spagna c’era la monarchia, con la regina
Isabella II al potere. Chiamando il generale O’Donnell come Presidente del Consiglio
di Ministri, la regina cercò di riportare stabilità nel paese attraverso l’Unione
15
Per approfondire l’argomento consultare: K. MARX, F. ENGELS, La Revolución española. Artículos
y crónicas 1854-1873, Barcelona, 2017, p.84-90.
16
Per approfondire l’argomento consultare: G. RUSSOTTO, La Guerra Civile di Spagna (1936-1939)
nell’archivio generale dei Fatebenefratelli, Roma, 1987.
17
Cfr. SUMMARIUM, 321.
15
Liberale18. Questa Unione, esclusivamente composta dalla classe dirigente, ottenne
il controllo assoluto del potere legislativo. Furono anni molto turbolenti nei quali,
nonostante gli innumerevoli sforzi, il governo non riuscì ad arginare la corruzione e
di conseguenza la contestazione19.
Dal 1861 in poi si moltiplicarono quindi le contestazioni contro il governo e la
monarchia. Conseguentemente, nel 1868 iniziò la rivoluzione chiamata ‘la gloriosa’,
con epicentro in Andalusia, coordinata dai generali Prim, Topete e Serrano, e
assecondata dalla popolazione civile. La regina Isabella II fu costretta all’esilio20 in
Francia nel 1868.
Gli ideali di libertà e prosperità proposti dalla rivoluzione subito vennero
traditi. La crescita del malessere sociale diventò ancor più acuita a causa del problema
cantonale nel sud e nell’est che minacciavano di dividere la Spagna, così come dalla
diffusione delle nuove idee internazionaliste e da due nuove guerre: la guerra civile
carlista21 e la guerra ispano-americana22.
Il popolo aveva riposto la sua speranza nella I Repubblica, fondata nel 1873,
che però non durò neanche due anni. Fallita la Repubblica, arrivò la Restaurazione,
portata avanti da Canovas come una stabilizzazione del Liberalismo e accettando
Alfonso XII, figlio di Isabella II, come re, beneficando inoltre dell’appoggio dei
vescovi e della maggior parte del popolo cattolico. Con la morte di Alfonso XII nel
1885, la regina vedova salì al trono in quanto l’erede Alfonso XIII non aveva l’età
minima necessaria, e soltanto le succedette nel 190223.
18
Per approfondire l’argomento consultare: N. DURAN DE LA RUA, La Unión Liberal y la
modernización de la España isabelina. Una convivencia frustrada (1854-1868), Madrid, 1979.
19
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 23-24.
20
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 24-25.
21
Per approfondire l’argomento consultare: V. GARMENDIA, La segunda guerra carlista (1872-1876),
Madrid, 1976.
22
Per approfondire l’argomento consultare: F. MARTINEZ ARANGO, Cronologia crítica de la guerra
hispano-cubano-americana, Habana, 1973.
23
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 27-29.
16
La guerra contro gli Stati Uniti nel 1898 fece perdere alla Spagna le colonie di
Cuba, Porto Rico e Filippine24. Questa perdita provocò un trauma generale così
grande da mettere in discredito le strutture politiche e sociali, favorendo la crescita
della rivolta, del radicalismo e della violenza. In questo periodo nacque il movimento
dell’Unione Nazionale25, guidato da Joaquín Costa, con l’intenzione di rigenerare la
Spagna, specialmente per quanto riguarda gli ambiti dell’economia, politica e
cultura26.
I due partiti politici esistenti in quel periodo – quello conservatore e quello
liberale –, si erano trasformati in una specie di mafia oligarchica. Negli anni 19071909 ci fu un tentativo di democratizzare le istituzioni locali in modo da porre fine a
questa sorta di mafia e incentivare lo sviluppo industriale. Ma questo provocò la
‘Settimana Tragica di Barcellona’ (1909), un’autentica rivoluzione, nella quale la
popolazione affrontò la polizia e l’esercito, bruciando diverse chiese e perseguitando
il clero27.
Fallito il progetto democratico e di fronte ad una crisi sociale e a una
corruzione generalizzata, cominciarono ad emergere dei governi concentrati, che
posero fine al bipartitismo. Così, il 1 settembre del 1923 ci fu un colpo di Stato con
l’intento di far cadere non la monarchia, ma il sistema politico della Restaurazione –
si diede così inizio alla Dittatura, guidata dal generale Primo, che perdurerà fino al
193028.
La dittatura del generale Primo de Rivera era stata accolta con soddisfazione dalla
maggioranza della gente d’ordine, la quale si aspettava di trovare in essa la fine d’un
lungo periodo di disordini sociali, di sgoverno e debolezza dei governi liberali. Ma
la Dittatura fu troppo lunga e non seppe riorganizzare la vita civile, anzi paralizzò la
sua normalità organica. Interrotto il ritmo delle organizzazioni politiche legali, si
24
Per approfondire l’argomento consultare: J. VICENS VIVES, Historia de España y America, social y
económica. Los siglos XIX y XX. America independiente, vol. V, Barcelona, 1972.
25
In questo movimento confluivano gli interessi dei piccoli agricoltori, commercianti ed industriali,
danneggiati dalla politica tariffaria del Governo.
26
Cfr. R. PÉREZ DE LA DEHESA, El pensamiento de Costa y su influencia en el 98, Madrid, 1966,
p.121-122.
27
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 31.
28
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 32-33.
17
formò una generazione non educata ai problemi politici e sociali, e neppure alla
disciplina civile, la quale si gettò in folla per vie clandestine ad organizzarsi in senso
sovversivo e di protesta, non in senso costruttivo, come una reazione contro un
regime di eccezione, nel quale l’arbitrarietà dei subalterni e dei consueti sfruttatori
fece il resto. Indirettamente si fece un ingente proselitismo repubblicano29.
Il generale Primo aveva sradicato tutti i partiti politici, anche i simpatizzanti.
In questo modo, essendo la monarchia totalmente dipendente della Dittatura, una
volta che quest’ultima cadde, la Monarchia, mancante di sostegno, crollò. Infatti,
nonostante gli sforzi, nel 1931 il re Alfonso XIII dovette fuggire dalla Spagna per
evitare una guerra civile.
Nacque così la II Repubblica nel biennio 1931-1933, che vide l’instaurazione
di uno stato laico, aconfessionale e chiaramente anticlericale. In quel periodo si
ricostituì l’esercito e iniziò la riforma agraria. Nel 1933 aveva vinto le elezioni il
partito radicale dell’unione di gruppi cattolici del Lerroux e la C.E.D.A.30. Subito la
Sinistra rispose con una rivoluzione, particolarmente cruenta nella Catalunya e nelle
Asturie. Nelle elezioni del 1936 il paese si presentò diviso a metà: il partito di destra
presentò un blocco nazionale, mentre quello della sinistra formò un fronte popolare31.
Alla vittoria della destra, la sinistra si rivoltò bruciando i conventi, prendendo delle
terre e facendo scioperi selvaggi. Con la morte del capo dell’opposizione, José Sotelo,
da parte delle forze dell’ordine, la guerra diventò inevitabile32.
L’insurrezione cominciò nella parte spagnola del Marocco il 17 luglio 1936,
con il generale Franco come capo. Subito molte provincie si unirono a lui e man mano
la Repubblica cominciò a perdere consistenza. Anche se aiutata dall’Unione Sovietica
e dalle Brigate Internazionali33, la Repubblica non riuscì a far fronte a Franco, che
29
ANTONIO M. DA BARCELLONA, La tragedia della Spagna, Roma, 1937, p.15-16.
Confederazione Spagnola delle Destre Autonome (Confederación Española de Derechas
Autónomas). Per approfondire l’argomento consultare: J. R. MONTERO, La CEDA. El catolicismo social y
político de la II República, Madrid, 1977.
31
Per approfondire l’argomento consultare: S. JULIÁ, Orígenes del Frente popular en España: 19341936, Madrid, 1979, p.93-108.
32
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 36-37.
33
Per approfondire l’argomento consultare: L. LONGO, Le brigate internazionali in Spagna, Roma,
1956.
30
18
contava sull’appoggio della Germania e dell’Italia. Ci fu una crudelissima repressione
in ambedue le parti, e il clero fu il più colpito per mano dei repubblicani34.
Con la vittoria di Franco nella guerra civile, la Spagna visse dal 1939 fino al
1975 in un regime personalista assoluto con alla base gli ideali ultraconservatori tipici
degli anni ‘30, servendosi dei diversi gruppi che lo avevano appoggiato nella guerra.
Così, il governo fu occupato dai falangisti35 nell’area sociale, dai militari nella difesa,
dai tradizionalisti nella giustizia e dai cattolici nell’ educazione36.
Fino al 1945 lo scopo di Franco fu quello di «reprimere gli sconfitti, come
anche la creazione di un sistema di diritti e libertà molto ristretto, la protezione delle
chiese, abolendo la legislazione repubblicana anticlericale, ottenendo in questo modo
la legittimazione da parte della Chiesa e il diritto di presentare i vescovi»37.
Dal 1945 fino all’inizio della guerra fredda38 il regime si isolò, nonostante
fosse entrato nell’ONU. Questo isolamento generò una reazione nazionalista che
rinforzò Franco39. La politica degli anni 50 fu di equilibrio tra cattolici e falangisti,
anche se i cristiani cercavano invano di aprire il regime allo spirito della democrazia
cristiana.
1.1.2 Il contesto economico della Spagna
Come in quasi tutto il mondo, alla fine del sec. XIX la Spagna si trovava in
una grande crisi finanziaria, a causa delle guerre coloniali e civili. Insieme alla
dimensione economica, la crisi ha avuto una dimensione sociale, che si è manifestata
34
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 37-38.
Per approfondire l’argomento consultare: J. A. PRIMO DE RIVERA, Le basi del falangismo spagnolo,
Roma, 1986.
36
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 40.
37
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 40.
38
Per approfondire l’argomento consultare: F. ROMERO, Storia della guerra fredda. L'ultimo conflitto
per l'Europa, Torino, 2009.
39
Per approfondire l’argomento consultare: F. PORTERO, Franco, aislado: la cuestion española (19451950), Madrid, 1989.
35
19
con l’aumento della disoccupazione, l’insufficienza dei salari, le difficili condizioni
di vita e l’inizio della migrazione rurale.
Ma a medio e lungo termine la crisi generata dalla perdita di Cuba, Porto Rico
e Filippine portò delle conseguenze benefiche per l’economia spagnola. Infatti,
questa crisi iniziale si placò con il ritorno alle città di molto capitale, che fino ad allora
era investito nelle colonie, creandosi molte banche che favorivano lo scambio
straniero e lo sviluppo dell’industria, specialmente quella dell’interno e del nord,
orientandola verso il mercato europeo40.
Nel settore agricolo furono introdotti i macchinari e i fertilizzanti chimici e fu
ampliata l’irrigazione tanto che nel 1920 c’era in Spagna circa un milione e mezzo di
ettari irrigabili. Questi cambiamenti ebbero come conseguenza l’incremento della
produzione del grano, della vite e dell’olivo e del loro valore economico.
L’incremento delle nuove colture, come il caso dell’arancia e della barbabietola fu
veramente notevole, dando luogo ad una industrializzazione veramente interessante
nelle aree tradizionalmente agrarie, come è il caso di Granada, particolarmente
sviluppata nell’area dell’industria dello zucchero41 (estratto dalla barbabietola).
Invece negli altri luoghi circostanti, come è il caso di Ronda42, le colture
tradizionali di cereali e olivo si mantennero come nei secoli precedenti, assistendo
per giunta anche ad un processo di ‘deindustrializzazione’, poiché si svilupparono
soltanto quelle aree dove si crearono nuove produzioni43. A causa della
deindustrializzazione di queste regione e della forte crisi agraria, un gran numero di
persone si vedranno costrette ad emigrare.
Nella prima guerra mondiale le esportazioni agricole e vinicole della Spagna
hanno avuto una grandissima contrazione, inoltre in quel periodo, per il fatto di non
40
Cfr. GAY ARMENTEROS, España en tiempos de fray Leopoldo de Alpandeire, 42.
Cfr. GAY ARMENTEROS, España en tiempos de fray Leopoldo de Alpandeire, 42-43.
42
Ronda è una piccola città dell’Andalusia dove Francisco Tomás abitava e lavorava quando entrò in
contatto con i Cappuccini, e dalla quale si parlerà nella prima parte del secondo capitolo.
43
Per approfondire l’argomento consultare: J. GARCIA FERNANDEZ, Organización y evolución de
cultivos en la España del sur, Valladolid, 1967.
41
20
aver partecipato alla I Guerra Mondiale, si dovette convertire l’industria in fornitura
di altri prodotti che i paesi bellici non potevano produrre: prodotti siderurgici,
elettricità, industrie marittime. Questi dunque ebbero una crescita straordinaria delle
loro produzioni ed esportazioni44.
Nonostante questo sviluppo industriale, l’incidenza sociale non riuscì ad
accompagnare la crescita. I prodotti alimentari diventarono tropo costosi e
l’inflazione salì. I salari purtroppo non riuscirono ad accompagnare il ritmo dei
prezzi, portando come conseguenza un crescente impoverimento della classe dei
lavoratori. Allo stesso tempo, la maggior parte della ricchezza generata dalle regioni
come l’Andalusia attraverso l’estrazione minerale45, fu trasferita all’ esterno nella sua
quasi totalità, e si ridusse di molto il suo impatto nell’economia regionale.
Presto cominciarono ad emergere delle tensioni sociali, che divennero più forti
con la fine della crescita economica della I guerra mondiale.
Con la pace tra i paesi belligeranti, la situazione economica nella Spagna
cominciò ad assumere dimensioni tragiche. Diverse industrie furono chiuse, la
maggioranza non per mancanza di produttività, ma a causa del fatto di non aver
applicato gli incentivi ricevuti per aggiornare la produzione alle necessità del
dopoguerra46. Infatti, i soldi rimasero nelle mani dei proprietari, accentuando ancora
di più la polarizzazione della ricchezza.
Negli anni ’20 e ’30 non soltanto la Spagna, ma tutta l’Europa viveva una
insoddisfazione generale nei confronti di un modello politico esaurito, aspettando
impazientemente il cambiamento. La crisi economica mondiale del 1929 peggiorò
ulteriormente il già diffuso malessere. In questo contesto i regimi fascisti di
44
45
Cfr. GAY ARMENTEROS, España en tiempos de fray Leopoldo de Alpandeire, 43.
L’Andalusia produsse in questo periodo l’ottava parte di piombo e la decima di rame di tutto il
mondo.
46
Cfr. GAY ARMENTEROS, España en tiempos de fray Leopoldo de Alpandeire, 43-44.
21
Germania, Ungheria e Italia rappresentarono alcune delle risposte dei Paesi
occidentali dinanzi ad un modello politico considerato decadente47.
La II Repubblica spagnola sorse quindi in un pessimo periodo, inoltre se da
una parte la crisi mondiale di 1929 stava creando in Spagna una grandissima
instabilità sociale, dall’altra, l’esito della rivoluzione sovietica diede un potere molto
significativo al comunismo in Spagna, che si trasformò ben presto in un gruppo
belligerante estremista, che avrà la sua massima evidenza durante la guerra civile.
Alla fine della guerra civile, l’Andalusia appariva come un’area
economicamente sottosviluppata, ovvero era la periferia della Spagna, che a sua volta
occupava una posizione periferica rispetto all’Europa.
Negli anni quaranta, Franco ha dovuto portare avanti la controriforma agraria,
generando una drastica contrazione dei salari, e provocando di conseguenza una
nuova ondata di emigrazione, che si acuì negli anni Sessanta. Sarà soltanto nella
seconda metà del secolo XX che l’Andalusia comincerà il passaggio dal capitalismo
agrario arcaico ad uno più moderno.
Se negli ultimi decenni del secolo XIX la Spagna aveva assistito ad uno
sviluppo dell’industria, nella prima metà del secolo seguente questa venne a stagnare
quasi del tutto, sperimentando un forte ritardo in tutto il settore industriale.
Soltanto nel 1957, con l’entrata nel regime di Franco dei cosiddetti tecnocrati,
appartenenti all’Opus Dei, la Spagna vivrà una straordinaria crescita economica, al
punto di arrivare ad essere uno dei dieci paesi più industrializzati del mondo.
47
Cfr. L. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra (1931-1939), in
Risveglio. Cattolici e guerra di Spagna: la Battaglia democratica su «Popolo e Libertà» di don Luigi Sturzo e
don Francesco Alberti. Atti del convegno «I Cattolici ticinesi e la guerra di Spagna», Lugano 28-29 novembre
1986, Lugano, 1987, p.170.
22
1.1.3 Lo scontro tra politica e religione
La storia politica e sociale della Spagna nei secoli XIX e XX non sempre ha
trovato l’appoggio della Chiesa, anzi, diverse volte si sono tenuti dei confronti tra il
cattolicesimo integralista e il laicismo liberale. Questa disputa ha avuto il suo inizio
nel 1808 a quando della invasione francese. Infatti, «il laicismo liberale, preso dalla
massoneria, alla quale appartenevano la maggiore parte dei politici, creò tantissime
difficoltà alla chiesa durante tutto il sec XIX e prima metà del XX»48.
Nel 1835-36 il parlamento spagnolo aveva decretato l’esclaustrazione di tutti
gli ordini religiosi e la confisca delle loro proprietà, assicurando una pensione a tutti
gli esclaustrati49. Questa esclaustrazione, che coinvolse anche i Cappuccini, durerà
circa quarant’anni50.
Diverse volte ci fu una vera e propria rottura con la Santa Sede. La situazione
durante la rivoluzione del 1868 e la I Repubblica fu molto difficile per la Chiesa in
Spagna a causa degli anticlericali. Soltanto nel regime della Restaurazione ci fu di
fatto un clima favorevole51.
Infatti nel 1874 la Spagna si era configurata politicamente come uno stato
liberale costituzionale e monarchico, che si dichiarava confessionalmente cattolico, e
accettava la tolleranza di culto. In questo periodo le relazioni tra Chiesa e Stato si
dimostrarono stabili e pacifiche, tanto da permettere la restaurazione della vita
ecclesiastica in generale, al punto che il tasso di crescita degli ecclesiastici effettivi
fu in questo periodo superiore a quello della crescita generale della popolazione52.
48
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 44.
Cfr. J. M. CUENCA TORIBIO, La Iglesia española ante la revolución liberal, Madrid, 1971, p.32.
50
Nel 1877 i cappuccini ottennero dal governo il permesso di stabilirsi nel convento di Antequera,
provincia di Malaga. Da allora in poi, pian piano anche gli altri ordini religiosi cominciarono a ritornare. Cfr.
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 46.
51
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 45.
52
Cfr. J. ANDRÉS-GALLEGO, A. PAZOZ, La Iglesia en la España contemporánea, 1800-1936, Tomo I,
vol. 2, Madrid, 1999, p.162.
49
23
Di fronte a una Spagna turbata, la Chiesa cercò di dare risposta ai bisogni dei
poveri attraverso la creazione di fondazioni da parte di diverse congregazioni
religiose con scopi sociali, educativi e caritatevoli di ogni tipo. Lo stato nel 1887
promulgò una legge sulle associazioni, riconoscendo gli istituti religiosi al pari delle
altre associazioni legali53. Anche se in un primo momento poteva sembrare una legge
positiva, più tardi diventò un’arma pericolosa nelle mani dell’anticlericalismo
liberale, quando un decreto del 1901, che fu però messo in pratica soltanto nel 1910,
sottomise gli istituti religiosi alla legge civile. In base a questa legge fu vietata la
creazione di nuove comunità, così come le manifestazioni cattoliche in tutta la Spagna
e le proteste dei vescovi54.
Ci furono così degli scontri, a volte violentissimi, tra le correnti liberali e la
Chiesa durante gran parte del periodo della Restaurazione (1875-1931), che non
diminuirono, anzi, vennero ad aumentare con la proclamazione della II Repubblica e
allo scoppio della guerra civile55. Infatti, soltanto durante il periodo della Dittatura di
Franco la Chiesa troverà una breve tregua, a causa dello spirito religioso di Alfonso
XIII, ma che tuttavia non la libererà dalla minaccia costante della massoneria e del
pungente problema sociale56.
La legge di associazione57 del 1901 (1910) e la Settimana tragica di Barcellona
del 1907, sono alcuni dei numerosi episodi di intolleranza commessi contro il mondo
cattolico58.
53
Per approfondire l’argomento consultare: J. M. CASTELLS, Las asociaciones religiosas en la España
contemporánea: 1767-1965. Un estudio jurídico administrativo, Madrid, 1973.
54
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 46.
55
Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 169.
56
Cfr. A. MONTERO MORENO, Historia de la Persecución Religiosa en España 1936-1939, Madrid,
1961, p.7.
57
Conosciuta anche come Legge del lucchetto, che nel 1910 vietò l‘ingresso nel paese di nuovi ordini
religiosi.
58
Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 168-169.
24
In generale il processo di scristianizzazione si intensificò dal 1920 in poi, in
gran parte a causa della diffusione del pensiero liberale di quel periodo, che professò
la netta scissione tra scienza e fede59.
L’anticlericalismo non era un fenomeno nuovo nella storia spagnola, ma
all’inizio del secolo XX si configurò come opzione ben definita e cominciò a
cristallizzare la divisione tra clericali e anticlericali nel panorama politico, sociale,
culturale e intellettuale della Spagna di quel periodo60. Nel giornale El Correo
Español di 1910 si può leggere:
La parte del pueblo que nos es hostil no decrece, sino que aumenta. No sirve para él
ni el púlpito, ni nuestras revistas y periódicos, ni nuestras congregaciones piadosas,
ni nuestras asociaciones benéficas, porque no suelen ir al templo; hace la cruz a
nuestras publicaciones, en cuanto conoce su procedencia; desprecia las
congregaciones y odia la limosna, como degradante, y a los limosneros. La
mentalidad del pueblo ha evolucionado. ¿Cómo llegar a ese pueblo que siente por el
catolicismo y por la Iglesia odios tan insensatos, prevenciones tan grotescas y tan fría
indiferencia?61
In seguito alla proclamazione della II Repubblica nel 1931, molti conventi
furono bruciati e tantissimi religiosi e fedeli furono martirizzati e uccisi in diverse
città spagnole62. Queste azioni sanguinarie erano in realtà già state auspicate, infatti
nel l906 Alessandro Lerroux, capo del partito radicale, aveva esortato i propri
simpatizzanti:
Mettete a sacco la civilizzazione decadente e miserabile di questo paese sventurato:
distruggete i suoi templi, eliminate i suoi dei, alzate il velo delle novizie ed elevatele
alla categoria di madri al fine di rendere forte la specie. Non vi fermate dinanzi ai
59
Bisogna tenere presente che ci sono delle forti differenze regionali, e così questo processo non è
uniforme in tutta la Spagna. Cfr. V. CABEZAS DE HERRERA, El cumplimiento de los preceptos religiosos en
Madrid (1885-1932): una aportación a la historia de las mentalidades, in Hispania, 45 (1985) 101-130.
60
Cfr. F. M. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España de principios del siglo XX, in Anuario
de Historia de la Iglesia, 11 (2002) 43.
61
ANDRÉS-GALLEGO, La Iglesia en la España contemporánea, 356.
62
Soltanto nei primi cinque mesi della guerra civile furono uccise 6845 ecclesiastici: 13 vescovi, 4184
preti diocesani, 2365 religiosi e 283 religiose. Cfr. MONTERO MORENO, Historia de la Persecución Religiosa
en España 1936-1939, 207.
25
sepolcri né dinanzi agli altari. Non c‘è nulla di sacro sulla terra. Il popolo è schiavo
della Chiesa. Bisogna distruggere la Chiesa63.
Questa esplosione di rabbia contro tutte le manifestazioni del mondo cattolico
non erano altro che il frutto dell‘accumulo per generazioni e generazioni di un odio
latente. La Chiesa venne a pagare un tributo di sangue fra ministri e fedeli come
nessun altro. Ma anche la gerarchia cattolica dimostrò la propria belligeranza
appoggiando sfacciatamente nella grande maggioranza i ribelli, e molti i cattolici
imbracciarono anche le armi contro la Repubblica64.
Per molti la proclamazione della II Repubblica non rappresentò una alternativa
collettiva al regime caduto, ma l’istituzionalizzazione politica e più tardi legislativa
della laicizzazione e della secolarizzazione della vita, della cultura e della società.
La sinistra monarchica era profondamente anticlericale e pretendeva di
rappresentare l’alternativa ideologica al cattolicesimo, nella vita, nella cultura e nella
politica spagnola. Con l’ascesa al potere, sia la borghesia laica ed anticlericale, come
il socialismo rivoluzionario e classista, tutti confluivano nella visione di una Chiesa
nemica, considerata come ostacolo rigido ed intransigente del processo ideologico
evoluzionista dei borghesi repubblicani e come sostenitrice ed alleata di tutte le forme
conservatrici del potere65.
La reciproca sfiducia democratica del regime marxista del P.S.O.E.66 e quello
cattolico della C.E.D.A. «preparò il terreno propizio per un clima politico
perennemente minacciato dal colpo di stato militare o dalla rivoluzione dei partiti di
sinistra»67.
63
V. CÁRCEL ORTI, E il nunzio smentì il «corriere della Sera», in L‘Osservatore Romano, CL, 176
(2010) 4.
64
«Tuttavia e nonostante gli errori commessi dalla Chiesa, non possono collocare sullo stesso piano
morale e soprattutto di violenza fisica, il suo operato e quello dei suoi nemici. Senza volere e senza potere
salvare nessuno dei partecipanti al massacro più disumano e scabroso che la Storia della Spagna contemporanea
abbia conosciuto, senza volere ammirare la complicità fra cattolici, gerarchia cattolica e il nuovo regime nato
il 1 ottobre 1936, non è giusto nel nome di una pseudo oggettività paragonare responsabilità ed atrocità». LLERA
ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 169.
65
Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 170.
66
Partito Socialista Operaio Spagnolo (Partido Socialista Obrero Español), fondato nel 1879.
67
LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 170.
26
Subito dopo la proclamazione della II Repubblica diverse chiese furono
incendiate e saccheggiate68, mentre le forze dell'ordine pubblico rimanevano
indifferenti69.
La II Repubblica si presentò come alternativa non solo alla monarchia ma
anche alla religione, dando impulso a due tipi di anticlericalismo: quello elitario e
borghese dei partiti liberal-progressisti, e quello populista dei partiti socialisti e
anarchici. Questi ultimi perpetrarono una violenza pubblica ferocissima contro
persone e beni della Chiesa, mentre i primi elaborarono abilmente una legislazione
sfacciatamente anticattolica. Il loro obiettivo principale fu quello di eliminare i
membri del clero poiché, secondo la mentalità dei persecutori, il clero era
intimamente unito a chi voleva distruggere la rivoluzione, e, per di più, era inerme70.
Infatti, nel 1932 fu sciolta la Compagnia di Gesù ed i beni furono incamerati
dallo Stato, vi fu l’approvazione della legge sul divorzio e la secolarizzazione dei
cimiteri. E poiché la scuola doveva essere laica, il crocefisso fu tolto da tutte le aule.
Nell’anno successivo la cosiddetta «Ley de Confesiones y Asociaciones religiosas»
limitava il culto cattolico, che passava a dipendere nella pratica dalle autorità della
Repubblica71.
In un periodo così breve la Spagna aveva smesso di essere cattolica72. In due
anni di governo, soprattutto con l’elaborazione della nuova Costituzione dello Stato,
il presidente M. Azaña «divise il paese in due caste, quella privilegiata dei settari e
quella degli oppressi; per gli uni tutti i diritti, senza nessun dovere, per gli altri tutti i
doveri senza nessun diritto»73.
68
Nella rivoluzione di ’34 vennero distrutte 58 chiese e furono assassinati 34 sacerdoti. Per
approfondire l’argomento consultare: MONTERO MORENO, Historia de la Persecución Religiosa en España
1936-1939, 629-630; FRAY ANGEL DE LEON, Mendigo por Dios. Vida de fray Leopoldo de Alpandeire, Cuarta
edicion, Granada, 1986, p.203.
69
Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 171.
70
Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 175.
71
Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 171.
72
Cfr. M. AZAÑA, España ha dejado de ser católica, in El Sol, XV, 4421 (Madrid, 14/10/1931) 1.
73
ANTONIO, La tragedia della Spagna, 17-18.
27
Questa politica persecutoria fu fortemente denunciata dal papa Pio XI nella
sua enciclica Dilectissima Nobis:
Non possiamo non levare nuovamente la voce contro la legge, testé approvata,
‘intorno alle confessioni e Congregazioni religiose’, costituendo essa una nuova e
più grave offesa non solo alla religione e alla Chiesa, ma anche a quegli asseriti
princìpi di libertà civile sui quali dichiara basarsi il nuovo Regime Spagnolo […]
abbiamo constatato con vivo rammarico che in essa fin dal principio viene
apertamente dichiarato che lo Stato non ha religione ufficiale, riaffermando così
quella separazione dello Stato dalla Chiesa che fu purtroppo sancita nella nuova
Costituzione Spagnola. […] La separazione, chi bene addentro la consideri, non è
che una funesta conseguenza del laicismo, ossia dell’apostasia dell’odierna società
che pretende estraniarsi da Dio e quindi dalla Chiesa. […] In forza della
‘Costituzione’ e delle successive leggi emanate, […] la sola religione cattolica, che è
quella della quasi totalità dei cittadini, vede odiosamente vigilato l’insegnamento,
inceppate le scuole e le altre sue istituzioni tanto benemerite della scienza e della
cultura spagnola. Lo stesso esercizio del culto cattolico, anche nelle sue più essenziali
e più tradizionali manifestazioni, non va esente da limitazioni, come l’assistenza
religiosa negli istituti dipendenti dallo Stato; le stesse processioni religiose, le quali
vengono sottoposte a speciali facoltà da concedersi dal Governo e a clausole e
restrizioni, e perfino l’amministrazione dei sacramenti ai moribondi e le esequie ai
defunti. […] La ‘Costituzione’ riconosce a tutti i cittadini la legittima facoltà di
possedere, e, come è proprio di tutte le legislazioni nei paesi civili, garantisce e tutela
l’esercizio di così importante diritto derivante dalla stessa natura. Eppure anche su
questo punto si è voluta creare una eccezione ai danni della Chiesa Cattolica,
spogliandola con palese ingiustizia di tutti i suoi beni [… costringendola…] a pagare
tributi su ciò che violentemente le è stato tolto. […] Di fronte a una legge tanto lesiva
dei diritti e delle libertà ecclesiastiche, diritti che dobbiamo difendere e conservare
integri, crediamo preciso dovere del Nostro Apostolico ministero di riprovarla e
condannarla. Noi quindi protestiamo solennemente e con tutte le nostre forze contro
la legge stessa, dichiarando che essa non potrà essere mai invocata contro i diritti
imprescrittibili della Chiesa. E vogliamo qui riaffermare la Nostra viva fiducia che i
Nostri diletti figli della Spagna, compresi della ingiustizia e del danno di tali
provvedimenti, si varranno di tutti i mezzi legittimi che per diritto di natura e per
disposizione di legge restano in loro potere, in modo da indurre gli stessi legislatori
a riformare disposizioni così contrarie ai diritti di ogni cittadino e così ostili alla
Chiesa, sostituendole con altre conciliabili con la coscienza cattolica74.
74
PIUS XI, PP., Lettera Enciclica Dilectissima nobis, 3/6/1933, in AAS 25 [1933], 261-274.
Presentiamo qui soltanto alcuni frammenti della lettera, ma è consigliabile leggerla integralmente.
28
Pio XI cercò di attenuare la tensione in Spagna. Infatti, appena proclamata la
Repubblica, la Santa Sede comunicava il desiderio che ogni prelato raccomandasse
ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli della diocesi di rispettare i poteri costituiti e di
obbedire loro al fine di mantenere l‘ordine ed il bene comune75. Questo non
significava che il Papa fosse contento del nuovo regime spagnolo, ma che cercava di
manifestare il rispetto dalla Santa Sede e lo spirito di conciliazione nei confronti della
Repubblica76.
Tra 1935 e gli inizi del ’36 si moltiplicò il numero dei periodici comunisti anticattolici e pornografici77, sovvenzionati da fondi imponderabili e misteriosi. La stessa
azione si svolgeva anche nelle scuole e nelle strade. Infatti, la lunga campagna
comunista aveva la finalità di portare a compimento la rivoluzione mondiale. Così le
pubblicazioni comuniste non solo esaltavano il comunismo come l’unico che potesse
recare al popolo liberazione, pace e felicità, ma bestemmiavano contro Dio, Gesù
Cristo, la Vergine ed i Santi, e pubblicavano spudorate menzogne contro la Chiesa, il
Papa, il clero e i religiosi, falsificando la storia con immoralità e oscenità, facendo
credere che erano sostenitori del capitalismo e di tutti gli oppressori e sfruttatori del
popolo. E tutto questo veniva tollerato e anche promosso dai governi, con la scusa di
dovere rispettare la libertà di stampa78.
La politica anticlericale esistente in molti dei partiti rivoluzionari e soprattutto
di quelli radical-borghesi obbligò l’elettorato cattolico ad escludere alcuni partiti dal
centro destra al centro sinistra. Questo distacco sortì come effetto quello di
confondere in modo eccessivo i campi politico e religioso. Così, non poche volte le
violenze e le vendette compiute da elementi di destra furono imputati in modo
generico ai preti e ai fascisti, così come abusi, vandalismo e crimini dell’altra parte
75
Cfr. M. BATLLORI, La Iglesia, in Historia General de España y América, La segunda república y
la guerra, Tomo XVII, 2ªEd., Madrid, 1990, p.175.
76
Cfr. H. RAGUER, El Vaticano y la guerra civil española (1936-1939), in Cristianesimo nella Storia,
III, 1 (1982) 137-209.
77
In questo tempo si pubblicavano più di 146 periodici pornografici.
78
Cfr. ANTONIO, La tragedia della Spagna, 33-37.
29
furono interpretati quasi sempre in chiave antireligiosa79. Questa tensione deflagrò in
una durissima guerra che ha fatto correre un fiume di sangue per tre anni.
Il tributo di sangue pagato dalla Chiesa fu immenso: 4184 appartenenti al clero
secolare (compresi i seminaristi), 2365 religiosi, 283 religiose e 13 vescovi. Il numero
di credenti assassinati e comunque perseguitati è incalcolabile, le torture fisiche e
mentali furono atroci; le persecuzioni e le punizioni non risparmiarono vecchi e
bambini. In tanti mesi è doveroso riconoscere che il clero diede esempio di coerenza
cristiana fino al martirio80.
Nonostante Granada sia stata salvaguardata degli eccessi rivoluzionari, non ha
potuto evitare la distruzione totale di 12 chiese, mentre altre 157, dopo essere state
profanate e saccheggiate, presero la funzione di magazzini, garage o sale da ballo.
Alcune delle città vicine a Granada, quando le forze della rivoluzione si stabilirono lì
per diversi mesi durante la rivoluzione, hanno vissuto episodi veramente cruenti. A
Trevélez l’immagine del Sacro Cuore di Gesù fu fucilata nella piazza pubblica81,
mentre il piccolo paese di Motril ha vissuto un’autentica persecuzione clericale82.
Davanti alla sfrenata persecuzione, la Chiesa ed il mondo cattolico spagnolo
non poterono restare indifferenti al conflitto, ma cercarono di aderire come male
minore alla fazione che offriva loro sicurezza fisica e libertà di culto83. Infatti,
l’anticlericalismo originò una reazione cattolica ed un cristianesimo più combattente
e, in certe occasioni, anche più spiritualizzato e purificato84.
Così, con la rivolta del 18 luglio iniziò per molti cattolici una nuova crociata:
da una parte si lottava contro il liberalismo e la massoneria che aveva attaccato la
religione e la legislazione filo-cattolica durante gli ultimi secoli; dall'altra si attaccava
il nuovo nemico, il marxismo, incarnato nel socialismo, comunismo e anarchismo85.
79
Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 174.
LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 174.
81
Cfr. MONTERO MORENO, Historia de la Persecución Religiosa en España 1936-1939, 649.
82
Cfr. MONTERO MORENO, Historia de la Persecución Religiosa en España 1936-1939, 278.
83
Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 174.
84
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 43.
85
Stupisce il fatto che se prima i cristiani hanno saputo sopportare con coraggio e dignità le
persecuzioni e sofferenze dei repubblicani, con la ripresa del potere dalla destra, non hanno avuto il coraggio
80
30
1.2 Il contesto religioso
Il contesto religioso spagnolo degli inizi del secolo XX portava in sé una forte
eredità dell’Ottocento, specialmente del romanticismo e del misticismo,
profondamente radicati nel devozionismo popolare.
All’opposto di quanto succedeva nel resto dell’Europa, la Spagna non entrò
nel Novecento con l’intento di sviluppare la sua spiritualità, ma con la
preoccupazione di salvaguardarla delle costanti minacce subite. Così si affronterà con
un certo retrocesso, ma allo stesso tempo, con l’approfondimento di quello che era
alla base della religiosità spagnola – la devozione e la tradizione.
1.2.1 Religiosità vissuta: tra devozione e secolarizzazione
Il devozionismo fu una delle correnti più importanti della spiritualità del secolo
XIX e degli inizi del secolo XX in Spagna. Nonostante il secolo XIX sia stato un
periodo prezioso per lo sviluppo della spiritualità diffusamente assorbita fra
devozione e pratiche religiose di pietà, questo ha anche dovuto affrontare espressioni
religiose molto ambigue.
La popolazione vive la propria religiosità al modo di un clientelismo verso le potenze
divine, necessario per sopravvivere. Il popolo nell’effondersi in questa sua pietà vi
esprime la sua autonomia spirituale. Pietà priva di riferimenti ecclesiologici;
alimentata da apporti assai variati (come feste, tradizioni, statue, immagini, ex voto,
ma anche abusi, superstizioni, sopravvivenze pagane). […] La pietà popolare cerca
di sminuzzare l’azione liturgica prescritta dalla chiesa in pratiche devote accessibili
ai fedeli comuni86.
Raccolta entro l’ascesi di mortificazione e di sacrificio, la spiritualità popolare
era ridotta ad una presenza di grazie spettacolari preternaturali, le quali mostravano
sufficiente per denunciare ed opporsi alle innumerevoli vendette, nominate ‘cruzada santa’, che i vincitori
stavano perpetrando in tutto il territorio spagnolo. Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la
Repubblica e la guerra, 174-175.
86
T. GOFFI, La spiritualità dell’Ottocento, Storia della Spiritualità, 7, Bologna, 1989, p.220-221.
31
l’azione dell’onnipotenza divina. Non esisteva una meta di comune ordinaria
santificazione, ma la pietà popolare era assai dipendente dalla situazione esistenziale
in cui la gente giaceva.
La forma devozionale popolare nell’Ottocento esprimeva, più che vita spirituale
orante, l’interiore disperazione del proprio stato di miseria e cercava nel divino una
comprensione e aiuto non riscontrabili sulla terra. La stessa concezione del santo, che
veniva supplicato, era alquanto estranea dal contesto spirituale87.
Soltanto alla fine dell’Ottocento lentamente si cominciò ad avere coscienza
del fatto che l’azione sulle cause seconde nascevano dalla sua competenza,
richiedendo una partecipazione attiva e cosciente. E così, con l’avvicinamento del
secolo XX, la religiosità popolare precedente cominciò ad essere ritenuta come inutile
superstizione88 e si cominciò a notare una evoluzione da una pietà esageratamente
sentimentale e romantica a forme più solide, anche se persisteva una forte tendenza
alla pietà individualista89.
La spiritualità spagnola, come quella di tutta la cristianità europea di quel
tempo, si era conformata al raccoglimento devozionale, specialmente attorno al
mistero della passione di Gesù, dove si sottolineano la Via Crucis, la devozione al
Sacro Cuore, al Preziosissimo Sangue e alle Cinque Piaghe, così come
all’Adorazione al Santissimo. Queste devozioni erano nutrite della compassione per
le sofferenze subite da Gesù per riparare alle offese recategli dai peccatori e per
suffragare le anime del purgatorio non più capaci di meritare. Così, mediante la
pratica ascetica, si cercava di uniformarsi a Gesù sofferente90.
Infatti, la devozione al Sacro Cuore di Gesù fu una delle devozioni più diffuse
in questo periodo, specialmente quello tra le guerre. Spinta e promossa dalla
canonizzazione di Margarita Maria Alacoque91, questa devozione invitava alla
riparazione e alla penitenza espiatoria, esaltando il carattere umano della pietà verso
87
GOFFI, La spiritualità dell’Ottocento, 223.
Cfr. GOFFI, La spiritualità dell’Ottocento, 225.
89
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 63.
90
Cfr. GOFFI, La spiritualità dell’Ottocento, 128.
91
Canonizzata dal Papa Benedetto XV nel 1920.
88
32
l’uomo-Dio. La Chiesa la usò come antidoto per combattere la forte empietà
spagnola92.
Allo stesso tempo, il popolo cristiano cominciò ad accogliere in modo speciale
la fede in Gesù Cristo presente in corpo-anima-divinità nell’Eucaristia. Da questa
crescente fede verso Gesù eucaristico germinò una diffusa prassi devozionale
ecclesiale eucaristica: adorazione e comunione come sorgenti di grazie particolari93.
Anche la devozione alla Vergine Maria stava molto a cuore al popolo
spagnolo94. Il rosario, i santuari e le processioni mariane, così come la devozione allo
scapolare e alla medaglia miracolosa, sono alcuni chiari esempi di questa pratica. La
devozione verso la Sacra Famiglia e san Giuseppe era ancora poco significativa,
anche se presente95.
Anche se la società spagnola tradizionale era per la maggior parte ancora
cattolica, con una forte continuità e trasmissione dei valori, tuttavia nei primi decenni
del secolo XX questa maggioranza cattolica si trovò in recessione. Si manifestò infatti
una visibile crescita della secolarizzazione, non soltanto in quello che concerne
l’abbandono dei tradizionali segni cristiani nella vita pubblica, ma specialmente per
quanto riguarda la proliferazione di spazi di rappresentazioni oscene, diffusione della
pornografia, ed altre iniziative distruttive della morale cristiana96.
I primi due decenni del secolo XX furono teatro di una secolarizzazione
progressiva della vita sociale, che coesisteva in ogni caso con una rivitalizzazione
della vita religiosa e spirituale. Quest’ultima era, generalmente, portata avanti da
92
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 63.
Cfr. GOFFI, La spiritualità dell’Ottocento, 123.
94
Non solo i fedeli, ma anche i teologi e lo stesso magistero si lasciano coinvolgere in questo
entusiasmo mariano. Pio X con l’enciclica Ad diem illum (1904) indica come la devozione alla Vergine,
attuabile solo nell’amore, unisce il mistero di Maria a quello di Cristo. Pio XI invita i giovani a fare ‘con
l’assiduità della preghiera, di Maria la quotidiana mediatrice’, ‘la nostra avvocata presso la divina bontà e
misericordia’. Pio XII, indicando tale devozione come ‘elemento fondamentale di vita cristiana’ consacra
l’umanità al Cuore immacolato di Maria (1942). Egli definisce il domma dell’Assunzione di Maria (1
novembre 1950); nel centenario della definizione dell’Immacolata Concezione proclama la regalità di Maria
(1954). Cfr. T. GOFFI, La spiritualità contemporanea (XX secolo), Storia della Spiritualità, 8, Bologna, 2004,
p.348.
95
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 65.
96
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 42.
93
33
quella maggioranza che manteneva in vita credenze e pratiche religiose. A causa delle
tensioni prodotte tra attività confessionali e non confessionali si rese necessario
superare un certo clericalismo. Infatti, si era stabilita una frattura in alcuni cattolici,
tra la vita spirituale e l’azione temporale, tra la fede e l’attuazione pubblica97. Spesso
succedeva che molti di quelli che prendevano una posizione anti-clericale,
continuavano a battezzare i propri figli ed a sposarsi nelle chiese.
Davanti al continuo sconvolgimento vissuto in tutta la Spagna, la Chiesa cercò
di soccorrere i più poveri attraverso la creazione di fondazioni da parte di diverse
congregazione religiose con scopi sociali, educativi e caritatevoli di ogni tipo.
Le congregazioni religiose, sorte nella prima metà del secolo XX, riflettono le
preoccupazioni di vita attiva spirituale presenti nella pastorale del tempo: assistenza
catechistica e ricreativa a fanciulli e adolescenti, assistenza a poveri e infermi,
promozione di pietà liturgica e popolare, asili e scuole di vario grado98.
Infatti, urgeva una pastorale chiaramente spirituale in favore degli ammalati e
dei sofferenti, non soltanto con lo scopo di aiutarli a sopportare pazientemente il
proprio male, ma specialmente di amarlo con spirito di fede e come donazione
apostolica99.
Ma nonostante che innumerevoli sacerdoti e religiosi abbiano esercitato
incondizionatamente la carità, la Chiesa spagnola come organizzazione fu inefficace
nel suo operato sociale. Difficilmente i circoli ed i sindacati cattolici riuscivano ad
essere una vera e propria alternativa a quelli socialisti e anarchici. Esisteva un
sentimento generale di insoddisfazione verso la Chiesa, specialmente perché questa
non sempre teneva in conto i poveri, ma spesso si univa ai più ricchi. Era frequente
pure che il parroco, specialmente nelle zone agricole, privilegiasse l’amicizia dei
possidenti. Allo stesso tempo, non soltanto i beni della chiesa erano eccessivi, ma
97
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 67.
GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 244.
99
Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 428.
98
34
neppure c’era una forte prossimità tra il clero e il popolo. Non poche volte il parroco
si limitava a svolgere una ‘pastorale di manutenzione’100.
Anche se validi, questi fatti non possono essere sufficienti per spiegare la
tensione anti-clericale vissuta in Spagna in questo periodo. Infatti, nei paesi in cui i
preti e i religiosi diedero un efficace esempio di moralità e di carità, subirono
ugualmente la persecuzione101.
Un altro elemento da tenere in considerazione è la questione dell’ignoranza
generale della Chiesa spagnola. Sicuramente c’erano alcuni membri di buon livello
culturale, e alcuni molto preparati ed intellettualmente aggiornati nel campo della
teologia e della morale. Ma nell’insieme il livello dei parroci e persino dei vescovi
lasciava a desiderare. La Chiesa spagnola era ancora ancorata al Syllabus e
all’antirazionalismo ottocentesco. E questo fu il grande motivo per il quale non fu
capace di attirare nelle proprie file l’élite intellettuale spagnola. Questi ultimi infatti
erano per la maggior parte collegati alla fazione antireligiosa o indifferente al fatto
religioso. Spesso «la rigidezza ideologica dei cattolici impedì loro di recuperare molti
personaggi che, in altre circostanze e con altri metodi, avrebbero potuto ingrossare le
file dell’intellettualità cattolica»102.
L’anticlericalismo originò una sorprendente reazione cattolica ed un
cristianesimo più combattente e, in certe occasioni, anche più spiritualizzato e
purificato. Così, nei primi decenni del secolo XX la vita spirituale in Spagna si troverà
inserita in un processo di rivitalizzazione. In realtà, se da una parte si verificò una
tendenza all’aumento della secolarizzazione, rappresentata non soltanto dalla
scristianizzazione ma purtroppo anche da un forte anticlericalismo, da un’altra si
verificò una rivitalizzazione della vita religiosa, in parte come risposta a quella prima
100
Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 176.
Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 176.
102
LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 176.
101
35
degli anni precedenti103. Davanti a questa realtà il vescovo di Madrid, Don Prudencio
Melo y Alcalde, affermerà che
Los buenos se hacen cada día mejores, como lo demuestra el aumento de la
frecuencia de sacramentos y de las organizaciones parroquiales; los malos: una parte
se vuelve peor, debido a la presencia del socialismo, del liberalismo y de la prensa
impía e indiferente, y otra parte se hace mejor, a causa de las actividades
apostólicas104.
Già dalla seconda metà del secolo XIX gli ordini religiosi avevano cominciato
a sperimentare un processo di restaurazione e crescita molto significativo105, segno
della loro rinascita spirituale. Per quanto concerne la spiritualità mendicante, questa
era molto espressiva, specialmente quella dei osservanti e dei cappuccini. Nel 1900 i
Cappuccini avevano 5 province, 39 fraternità e 806 religiosi e dal 1911 in poi
cominciarono ad avere delle missioni nell’America e nell’Oriente106.
Ma la rinascita della vita religiosa non si ebbe tanto nella restaurazione degli
ordini tradizionali, ma soprattutto attraverso le nuove fondazioni, specialmente quelle
femminili107. Queste non solo si assunsero la responsabilità delle istituzioni di
formazione e apostolato108 ma furono soprattutto loro a sostenere in gran parte le
attività missionarie dentro e fuori Spagna109. Infatti, erano maggiormente orientate
alla vita attiva, con un forte contatto con il mondo, lavorando nell’educazione,
nell’assistenza e nell’attività di formazione spirituale, cercando di dare una risposta
ai bisogni sociali, pastorali e formativi di una Spagna in seria difficoltà110.
103
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 40-43.
CABEZAS DE HERRERA Y FERNANDEZ, El cumplimiento de los preceptos religiosos, 103.
105
Nel 1904 c’erano in Spagna 597 comunità religiose maschili, per un totale di 10630 religiosi e
2656 comunità religiose, con 40030 religiose. Cfr. M. REVUELTA GONZÁLEZ, La recuperación eclesiástica y
el rechazo anticlerical en el cambio de signo, in Miscelánea Comillas, 49 (1991) 179.
106
Cfr. L. ASPURZ, Capuchinos, in Diccionario de Historia Eclesiastica de España, tomo 1, Madrid,
1972, p.341.
107
Alcune delle nuove congregazioni maschili: Figli della Sacra Famiglia, Terziari Cappuccini
dell’Addolorata e Missionari dei Sacri Cuori. Alcune delle nuove congregazioni femminili: Carmelitane di san
Giuseppe, Zelatrici del culto eucaristico, Francescane Missionarie della Natività di Nostra Signora, Figlie della
Vergine dei Dolori, Operai Catechisti di Nostra Signora dei Dolori, tra tante altre.
108
All’inizio del secolo XX la Chiesa gestiva il 25% delle scuole primarie e circa l’80% delle scuole
secondarie. Cfr. T. GARCIA REGIDOR, La polémica sobre la secularización de la enseñanza en España (19021914), Madrid, 1985, p.80.
109
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 45.
110
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 48-49.
104
36
1.2.2 In cammino verso un cambiamento
Negli ultimi anni del secolo XIX si è manifestato – inizialmente in Francia,
ma che subito ha contagiato Roma, tutta l’Europa e anche un po’ la Spagna –, un
rinnovato interesse verso la vita spirituale, nato nel contesto di un incipiente
rinnovamento della teologia, del ritorno alle fonti bibliche e patristiche e alla liturgia.
Questo sviluppo della vita spirituale dei cattolici spagnoli fu in gran parte
promosso dagli insegnamenti di Papa Pio X e Benedetto XV: da una parte a causa
della progressiva spiritualizzazione degli esercizi della missione papale e dall’altra
dalla tendenza uniformatrice nella pietà.
Questi richiami venuti da Roma arrivavano come risposta all’insoddisfazione
verso la spiritualità basata sul sentimento, eredità del romanticismo, e verso la
ripetizione di gesti e parole, avulsi dal quotidiano. Così, i papi di quel tempo hanno
proposto una spiritualità più dottrinale111.
Infatti, Pio X (1903-1914) si era reso conto della necessità di rivitalizzare la
vita religiosa e spirituale per riuscire ad instaurare omnia in Christo. Così, al fine di
raggiungere i suoi obiettivi, intraprese alcune iniziative molto significative: migliorò
la catechesi, sottolineò la centralità dell’Eucaristia, rinforzò la formazione del clero,
rinvigorì la pietà popolare e riformò il diritto canonico112.
Anche Benedetto XV (1914-1922), sulla scia del suo predecessore, continuò
con un pensiero riformatore, specialmente della predicazione. È anche da sottolineare
l’impulso dato alla devozione al Sacro Cuore come fonte di rigenerazione mondiale,
già che egli aveva molto a cuore il tema della espiazione delle colpe e della spiritualità
vittimale113.
111
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 43-44.
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 44.
113
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 44.
112
37
Di fronte ad un rinnovato interesse verso la mistica, iniziò a prendere forma
un movimento, più tardi denominato ‘movimento mistico’114. Uno degli effetti più
significativi di questo movimento fu il rinnovato interesse nel conoscere le opere e
gli autori classici della spiritualità. Allo stesso modo, innumerevoli opere mistiche
tradotte di autori stranieri contemporanei cominciarono ad arrivare in Spagna. Di
questi si sottolineano gli scritti di Teresa di Lisieux, che si diffusero in tutta la Spagna
nei primi decenni del secolo.
Nonostante la gran diffusione letteraria in tutta la Spagna, la maggioranza
degli spagnoli non era in grado di accedere a questo tipo di letteratura. Fu necessario,
attraverso una grandissima propaganda spirituale, ricorrere alla letteratura di
divulgazione e ai numerosi scritti devozionali che venero diffusi in tutta la nazione.
Infatti, agli inizi del secolo XX si assiste ad una vera e propria esplosione della
pubblicazione di bollettini, sermoni, preghiere e riviste al fine di divulgare queste
devozioni in modo accessibile a quante più persone possibili115.
Questo tipo di apostolato aveva l’obbiettivo di fare conoscere a tutti la vita dei
santi, le letture devozionali, gli scritti sulla morale o sul dogma, le narrazioni
edificanti, i testi di chiarimenti liturgici, di devozioni e i classici dei Padri della Chiesa
o degli altri scrittori cattolici, così come i commentari biblici e i testi della Sacra
Scrittura116.
Uno degli strumenti più specifici di istruzione e formazione spirituale, con lo
scopo di dare un vero impulso alla vita spirituale dei cristiani, erano le missioni dentro
e fuori Spagna, che ebbero gli ordini religiosi e le nuove congregazione come grandi
promotori117. Pian piano la consapevolezza dell’obbligo missionario trovò
accoglienza non soltanto tra i religiosi ma anche tra i fedeli, favorendo in tutti la
maturazione della vita spirituale. Le missioni interne, chiamate missioni popolari,
114
Per approfondire l’argomento consultare: MANUEL BELDA, JAVIER SESÉ, La ‘cuestión mística’.
Estudio historico-teológico de una controversia, Pamplona, 1998.
115
Cfr. CASTELLS, Las asociaciones religiosas en la España contemporánea, 247.
116
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 53.
117
Cfr. L. LOPETEGUI, El movimento misional en España de 1914 a 1953, in Studia Missionalia, 8
(1953-1954) 228-229.
38
divennero così un modo straordinario e abbondante di ricristianizzazione della
popolazione, specialmente attraverso la predicazione118.
Coscienti della necessità di rivitalizzare la vita religiosa nel paese, i vescovi
spagnoli videro nella riorganizzazione delle forze cattoliche un modo efficace di fare
fronte alla crisi religiosa. Infatti, le grandi masse della società cominciavano ad avere
un protagonismo sempre più crescente, e i cattolici cominciavano a prendere
coscienza che non si poteva fare nulla di proficuo senza associarsi.
Fortemente incentivato dai papi, il fenomeno dell’associazionismo diventò
uno dei punti più significativi del cattolicesimo dei primi decenni del secolo XX.
Addirittura, il fervore di tantissimi gruppi di laici impegnati nelle opere di carità e di
apostolato portò tanti di loro a riunirsi in autentiche Congregazioni religiose. Così,
nei primi anni del secolo XX I Terz’ordini divennero uno dei canali privilegiati di
comunicazione tra gli ordini mendicanti e i laici119.
Un altro aspetto che richiedeva attenzione era la spiritualità liturgica che, fino
al secolo XX, era ad un livello veramente basso, quasi inesistente. Infatti essa si
limitava soltanto alla preoccupazione pastorale di educare i partecipanti alla pratica
della preghiera personale in vista esclusivamente dell’adempimento di un dovere
religioso e a pregare durante la funzione liturgica. Soltanto da questo periodo in poi
si cominciò finalmente a vedere una profonda correlazione tra la vita liturgica e la
vita ecclesiale in modo da rendere possibile un innovatore orientamento liturgico120.
Infine, sono da menzionare le apparizioni della Madonna a Fatima, in
Portogallo, che hanno avuto un forte impatto sulla Spagna. Le diverse guerre della
prima metà del secolo XX, l’instabilità politica – soprattutto a causa del forte
comunismo vissuto in tutta la Spagna – e i problemi economici sono stati fattori
importanti per l’apertura all’accoglienza del messaggio di Fatima. Ma il fattore più
importante è stato senza dubbio la speranza, la salvezza ed il conforto materno
promesso dalla Madonna di Fatima, non soltanto ai tre pastorelli veggenti, ma a tutti
118
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 55-56.
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 45-60.
120
Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 75.
119
39
quelli che si avvicinavano a lei, al suo Cuore Immacolato. Infatti, la Madonna
nell’apparizione del 13 giugno aveva detto a Lucia:
Non ti scoraggiare! Io non ti abbandonerò mai! Il mio Cuore Immacolato sarà il tuo
rifugio e la via che ti condurrà a Dio. […] Gesù vuole servirsi di te per farmi
conoscere e amare. Egli vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore
Immacolato. A chi l’abbraccerà, prometto la salvezza, e saranno amate da Dio queste
anime, come fiori messi da me a ornare il Suo trono121.
Così, per tutta la Spagna, ma in modo speciale nell’Andalusia, si diffuse ben
presto la devozione alla Madonna di Fatima e al suo Cuore Immacolato. Infatti, pochi
decenni dopo le apparizioni, l’immagine pellegrina del Santuario della Madonna di
Fatima aveva già percorso tutta la Spagna, venendo accolta con grande fervore e
devozione.
1.3 I Frati Cappuccini in Andalusia
L’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, nato in Italia nel 1525 e approvato
ufficialmente da Papa Clemente VII tre anni dopo, visse una crescita immediata e in
poco tempo si diffuse per tutta l’Italia. I Francescani Osservanti fecero
immediatamente pressioni verso l’imperatore e il Papa Paolo III scrivendogli delle
lettere, chiedendo loro di impedire la propagazione dei Cappuccini oltre le Alpi,
specialmente in la Spagna. In una di queste lettere si può leggere: «No permita ni dé
lugar se proceda adelante en esto y especialmente no consienta que en ninguna
manera se introduzca en España, por el escándalo que en la religión podría traer»122.
Papa Paolo III aveva così circoscritto la presenza dei Cappuccini al territorio
italiano, ma una volta tolta la restrizione dal Papa Gregorio XIII nel 1574, fu
permesso loro di andare in qualsiasi parte del mondo, fondare dei conventi e stabilire
delle provincie.
121
MARIA LUCIA DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA, Memorie di Suor Lucia, compilazione di P.
LUIGI CONDOR, vol. I, 8º Edizione, Fatima, 2007, p.83,188.
122
A. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica. 400 años de historia (15781978), Sevilla, 1985, p.16.
40
Su questo sfondo storico sorse la presenza cappuccina in Spagna, in particolare
nella Provincia di Andalusia, alla quale apparterrà fra Leopoldo da Alpandeire
durante la prima metà del secolo XX.
1.3.1 La storia dei Frati Cappuccini in Andalusia
Nel 1575 i Cappuccini si erano spinti verso la penisola iberica con l’intento di
fondare lì il primo convento cappuccino, ma a causa delle obiezioni e degli ostacoli
trovati, soltanto tra 1576-1578 riuscirono a fondare il primo convento a Barcellona,
capitale catalana123.
Subito dopo la sua fondazione, nella regione cominciarono a sorgere
innumerevoli vocazioni, attratte «por el edificante ejemplo de vida que llevaban»124.
Allo stesso modo, furono anche tantissimi quelli che, già appartenendo ai Francescani
Osservanti, chiedevano l’ingresso nell’Ordine Cappuccino. Quest’affluenza di
vocazioni rese possibile la rapida proliferazione dei conventi e la creazione di diverse
Province. In meno di un secolo si formarono in Spagna sei Provincie. La prima fu
quella di Catalunya e poco tempo dopo si formarono quelle di Valenza, Aragona,
Castiglia, Andalusia e Navarra-Cantabria125.
Antequera fu la prima città andalusa ad accogliere i cappuccini nell’ottobre del
1613. Nell’anno successivo (il 24 giugno 1614) fu aperta la fraternità di Granada e in
seguito quelle di Malaga, Jaén e Andújar. Insieme alle fraternità di Castiglia, esse
costituirono un commissariato, nel 1618 diventarono una sola provincia, e nel 1625
diventarono due provincie indipendenti126.
Sarà interessante analizzare le statistiche dell’evoluzione dell’Ordine in
Andalusia127:
123
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 16.
GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 23.
125
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 23-64.
126
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 53.
127
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 54-58.
124
41
Nº di
Anno
Conventi
Sacerdoti
‘semplici’
Nº
%
Nº
%
Nº
%
Nº
%
Nº
Totale di
Frati
Predicatori
Chierici
Fratelli laici
1633
1636
1650
1662
1685
1702
1747
1754
1782
12
14
16
20
20
20
21
21
20
48
108
54
82
145
92
104
93
28
29%
39%
19%
21%
31%
19%
18%
15%
5%
30
40
71
129
115
157
245
270
320
18%
14%
25%
33%
24%
32%
42%
45%
58%
45
64
76
62
70
88
64
61
33
27%
23%
26%
16%
15%
18%
11%
10%
6%
42
68
86
118
143
159
173
178
167
25%
24%
30%
30%
30%
32%
30%
30%
30%
165
280
287
391
473
496
586
602
548
1830
20
24
6%
225
53%
43
10%
133
31%
425
Attraverso questa tabella si può verificare che con il passare del tempo una
parte sempre più grande dei frati sacerdoti si è dedicata alla predicazione, mentre i
cosiddetti sacerdoti ‘semplici’ sono diventati con il tempo un numero inferiore.
Invece il numero di fratelli laici si è mantenuto considerevolmente stabile.
Dalla statistica riportata si capisce che la crisi vocazionale comincerà proprio
nel 1782, e non soltanto in Andalusia, ma in tutta la Spagna. Questa riduzione delle
vocazioni si acutizzerà durante la guerra dell’indipendenza128, nella quale molti frati
morirono, altri lasciarono l’Ordine in quel periodo o successivamente.
Nel 1835 il governo spagnolo promulgò un decreto che ordinava la chiusura
delle fraternità con meno di dodici frati. Poco tempo dopo, ma nello stesso anno, fu
promulgato un nuovo decreto che ordinava che in ogni città poteva permanere
soltanto un convento dello stesso ordine religioso129. L’8 marzo 1836 entrò in vigore
il decreto di soppressione, che ordinava che «quedan suprimidos todos los
monasterios, conventos, colegios, congregaciones y demás casas de comunidades o
128
La guerra d’indipendenza spagnola ebbe inizio nel 1808, fu caratterizzata dalla lotta contro
l’impero di Napoleone. Soltanto nel 1814 la Spagna, con l’aiuto di Portogallo e Regno Unito riuscì a
sconfiggere e a scacciare dal territorio spagnolo l’esercito napoleonico.
129
Non ci sono dati statistici riguardanti gli anni 1831-1835 dei Cappuccini della Provincia di
Andalusia: sarebbe interessante verificare quale impatto hanno avuto questi decreti.
42
de instituciones religiosas de varones […] existentes en la Península, islas adyacentes
y posesiones de España en Africa»130.
Così, come quasi tutte le congregazioni religiose, anche i Cappuccini
dovettero lasciare i loro conventi dell’Andalusia, Catalogna e Valenza, e ne rimasero
soltanto dieci o dodici in tutta la Spagna. I conventi e le chiese dei cappuccini in
Andalusia, in modo generale, furono conservati quasi del tutto intatti. Da sottolineare
è soltanto il fatto che quello di Sevilla fu destinato ad accogliere un Ospedale di malati
di colera e quello di Granada diventò casa di affitto per sessanta anni, fino al 1897,
quando i Cappuccini poterono ritornare in Andalusia131.
Con l’esclaustrazione, la maggior parte dei religiosi si rifugiò in Francia, Italia
e Belgio. Altri, si incardinarono nelle diverse diocesi spagnole o, mossi da zelo
apostolico, si dedicarono alla predicazione, altri decisero di partire per le missioni
nelle regioni della Mesopotamia, Venezuela o Guatemala132.
Con la proclamazione di Alfonso XII re di Spagna nel 1875, apparve la
speranza dell’abolizione della legge anti-religiosa ed il ritorno dei religiosi nel paese.
Nel gennaio del 1877 si autorizzò il reinserimento dei Cappuccini nel territorio
spagnolo. Pian piano, sotto la giurisdizione di un commissariato, i frati cominciarono
a riprendere possesso di alcuni dei loro antichi conventi che si erano mantenuti in un
considerevole stato di conservazione133.
Nel 1885, contandosi già 14 conventi e 227 religiosi, formarono la provincia
di Spagna, e pochi anni saranno ancora necessari per ritornare alla ristrutturazione
delle diverse province, esistenti prima dell’esclaustrazione. Infatti, nel 1900 erano già
state ristrutturate 5 delle 6 antiche province del territorio spagnolo134 e si contavano
39 fraternità e 806 frati cappuccini135.
130
M. REVUELTA GONZÁLEZ, La exclaustración (1833-1840), 2ª ed., Madrid, 2010, p.418-419.
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 69-70.
132
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 71-72.
133
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 79-84.
134
La Provincia di Andalusia fu restaurata nel 1898. Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en
la Peninsula Iberica, 84.
135
Cfr. ASPURZ, Capuchinos, 341.
131
43
Con la restaurazione della Provincia di Andalusia nel 1898, questa non si
limitò ad avere i quattro conventi stabiliti prima della divisione: Antequera (1877),
Sanlúcar de Barrameda (1877), Sevilla (1894) e Granada (1897). Ma con la crescita
delle vocazioni si dovettero creare delle nuove fraternità, cercando di ricuperare i
conventi che erano stati abbandonati a causa dell’esclaustrazione. Nel 1899 fu ceduto
ai frati il convento di Ubrique e nel 1903 quello di Cordoba136.
La statistica può dare informazioni preziose, per fare capire l’andamento della
crescita della Provincia di Andalusia.
1898 1909 1916 1926 1936 1939 1950 1960 1978
Conventi
Frati nella
Provincia di
Andalusia
Andalusia
4
6
7
8
8+1* 8+1*
8
17
12
Missioni
0
1
4
7
4
4
4
6
6
sacerdoti
17
52
65
60
71
65
65
93
71
Chierici
27
29
16
20
16
5
40
23
8
laici
26
38
38
34
32
21
25
31
23
Totale
70
119
119
114
119
91
130
147
102
* Fraternità di Beja, situata a sud del Portogallo.
Il numero dei conventi fu sempre in crescita, il che mette in luce l’espansione
dei frati in tutta la regione. E anche il numero dei frati è veramente considerevole,
specialmente se si tiene conto che i primi quarant’anni del secolo XX furono
veramente turbolenti, specialmente in ambito religioso.
Le persecuzioni religiose hanno avuto un impatto molto forte nell’Ordine, sia
a causa del gran numero di frati perseguitati e morti, sia a causa delle chiese e conventi
parzialmente distrutti. Anche se, in modo generale, in Andalusia le persecuzioni
contro i Cappuccini non furono così feroci come in alcune altre province, si possono
contare dei saccheggi a chiese e conventi e dei morti tra frati e fedeli.
136
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 93.
44
Dopo le persecuzioni fu necessario intraprendere il ricupero di quello che era
possibile, sia i conventi, sia le chiese, sia gli oggetti sacri vandalizzati. Allo stesso
tempo si approfittò dell’occasione per migliorare diverse infrastrutture che erano
andate in rovina.
La fraternità di Granada, per esempio, fu sottoposta ad una ristrutturazione, ed
anche alla costruzione di una infermeria. Ugualmente, subito dopo la morte di fra
Leopoldo da Alpandeire, cominciò ad essere costruita una nuova chiesa a Granada, i
cui lavori iniziarono il 27 novembre 1967 e si conclusero nel settembre 1969. In essa
fu costruito un artistico sepolcro con i resti mortali del frate. Furono anche eseguiti
diversi lavori nel convento di Granada, iniziati nel 1970 e inaugurati nel 1973, con
l’intento di creare migliori condizioni per la formazione degli studenti137.
1.3.2 L’attività dei Frati Cappuccini della Provincia di Andalusia
L’attività dei Cappuccini spagnoli, e in modo speciale di quelli della Provincia
di Andalusia nel XIX e XX secolo, era rivolta da una parte verso l’impegno nei servizi
quotidiani all’interno dei conventi e nella parrocchia, con tutti i servizi inerenti, e
dall’altra verso una attività pastorale molto vivace fuori dai conventi138.
Tra questi servizi pastorali spiccavano le celebri predicazioni popolari, per cui
i frati predicatori andavano per villaggi e città al punto da radunare davanti alle chiese
migliaia di fedeli, che non riuscivano ad entrare nelle chiese o nelle cattedrali139. Uno
degli esempi più evidenti è quello del beato Diego José da Cádiz (1743-1801),
predicatore instancabile che attraverso le sue prediche portava tutti alla conversione.
Verso di lui il giovane Francisco Tomás de San Juan Bautista avrà una grandissima
venerazione.
137
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 96-97.
In contrasto con i parroci diocesani, che spesso si limitavano a praticare una pastorale di
mantenimento, senza uscire molto fuori dalla parrocchia.
139
A. FREGONA, I frati cappuccini nel primo secolo di vita (1525-1619). Approccio critico alle fonti
storiche, giuridiche e letterarie più importanti, Padova, p.58-60.
138
45
Insieme alle predicazioni popolari c’era spesso l’apostolato della confessione.
I predicatori esortavano i fedeli a convertirsi ed a rinnegare i loro peccati,
avvicinandosi al sacramento della confessione. Questo invito alla conversione e alla
confessione dei peccati accadeva già nei conventi e nelle chiese affidate ai
Cappuccini. Infatti, tantissimi venivano dalle parrocchie vicine per confessarsi dai
frati, che li accoglievano con misericordia, pazienza e umiltà. Ma allo stesso tempo
era anche frequente la sollecitazione dei frati da parte dei parroci, in modo da poter
dar loro un aiuto con le confessioni.
Non poche volte i penitenti avevano difficoltà a recarsi alla chiesa più vicina
o ai conventi dei cappuccini, specialmente se afflitti da qualche malattia o di età già
avanzata. Così, i frati prestavano anche assistenza agli infermi e ai moribondi,
portando loro i sacramenti, il conforto spirituale e a volte anche qualche aiuto
economico.
Della stessa rilevanza era l’apostolato nelle carceri, al quale i Cappuccini
furono sempre molto legati. Sia in tempo di guerra, sia di persecuzione, i frati mai si
sono allontanati da quelli che erano in carcere, cercando di portare loro speranza e
sollievo spirituale. E quando qualcuno era già condannato a morte, i frati cercavano
non soltanto di salvare la sua anima, ma si preoccupavano che avesse una morte
degna. Infatti, in moltissimi luoghi i frati cappuccini erano ricercati in modo
particolare dalle autorità militari per assistere i condannati a morte. In alcune città
spagnole non c’è stato nessun condannato che non sia stato accompagnato dai
cappuccini140.
Anche gli anziani erano destinatari di un’attenzione speciale, tanto che
vennero creati luoghi e fondazioni specializzate nell’accogliere le persone della terza
età, più o meno abbandonate o emarginate. Per esempio a Granada fu creato un luogo
chiamato Hogar fray Leopoldo, costruito nei terreni ceduti da quella fraternità e
sostenuto dalle elemosine ricevute dei devoti di fra Leopoldo da Alpandeire141.
140
141
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 300.
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 306.
46
Per sostentare la fraternità, a volte non bastavano questi lavori pastorali ma era
necessario ricorrere alla questua. C’erano dei frati che percorrevano la città e i villaggi
circostanti chiedendo l’elemosina per i frati. Allo stesso modo, questa raccolta non
serviva soltanto per sostenere i frati, ma anche per i più bisognosi.
La questua rappresentava anche un modo di fare apostolato sociale tra il
popolo, invitando i più benestanti a sopperire alle numerose necessità materiali degli
strati più bassi, specialmente nei momenti di gran carestia142. Infatti c’era una grande
accettazione e ammirazione nei confronti dei cappuccini da parte delle classi nobili e
potenti, che permetteva ai cappuccini di realizzare una mediazione tra ricchi e poveri,
con il risultato di alleviare tantissime angosce del popolo e risolvere tanti casi
particolari di persone bisognose143.
Ma allo stesso tempo la presenza dei frati questuanti tra le persone più
benestanti era anche un segno di speranza per loro, poiché permetteva loro di fare del
bene agli altri e quindi di sentirsi più vicini a Dio e ai suoi comandamenti.
In cambio i cappuccini questuanti pregavano per loro, li benedicevano e li
confortavano nelle avversità e amarezze del quotidiano. Le semplici parole di questi
umili frati erano spesso un vero balsamo per i cuori angosciati e tante volte disperati,
sia dei ricchi che dei più poveri.
I frati questuanti rappresentavano concretamente un punto di unione tra il
mondo e la rappresentazione della austera, umile e felice vita dei frati cappuccini.
Senza pretese scientifiche o culturali i questuanti erano più che raccoglitori di
elemosine, ma veri e propri propagatori di devozioni cristiane, distributori di umili
consigli, pieni di sapienza divina e umana, che portavano la pace a tanti luoghi e a
142
Le prime costituzioni dell’Ordine ordinavano ai frati di andare a chiedere l’elemosina per i poveri
nei periodi di carestia. Cfr. Constitutiones Albacinenses, in Constitutiones Ordinis Fratrum Minorum
Capuccinorum Saeculorum Decursu Promulgatae, vol. I: Constitutiones Antiquae (1529-1643), ed. anastatica,
Romae, 1980, p.22-23. Pochi anni dopo questo precetto fu soppresso per evitare che i frati potessero usare i
soldi o approfittare delle collette per i poveri. Tuttavia, si è mantenuta l’ordinazione che le elemosine
abbondanti o superflue dei conventi fossero distribuite tra i conventi più bisognosi e tra i poveri. Cfr. GONZÁLEZ
CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 304.
143
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 305.
47
tante persone. Il loro esempio, la loro mansuetudine, la loro austerità, furono un
preziosissimo mezzo per suscitare vocazioni, portando con sé la benedizione di Dio
ed il fervore del popolo sul convento e sull’Ordine Cappuccino144.
La figura dei questuanti non fu sicuramente meno efficace che quella dei
predicatori e dei missionari. Essi erano una figura popolare nei villaggi e nelle città
di Spagna, e non soltanto annunciavano ma specialmente esercitavano l’apostolato
del buon esempio.
Poiché l’azione pastorale non riusciva ad arrivare a tutti, i cappuccini presto si
dedicarono anche all’apostolato della stampa, nella speranza di fare arrivare il
Vangelo ed il carisma cappuccino ad un numero il più grande possibile di persone.
Furono innumerevoli i libri religiosi e le riviste che si dedicavano alla riflessione
teologica, alla propagazione e ‘purificazione’ delle devozioni popolari, alla pastorale,
alla morale e al dialogo per la pace145.
Fin dall’inizio la provincia di Andalusia volle dare il suo contributo
all’apostolato missionario, dedicandosi alle missioni nella Repubblica Dominicana,
nel Guatemala ed in El Salvador, anche se il numero di frati nella Provincia non era
così abbondante come nel caso delle altre province spagnole, che pure avevano le
loro missioni.
Allo stesso modo, è da sottolineare il ruolo indispensabile dei Cappuccini di
Andalusia e di quelli di Navarra negli inizi dell’Ordine in Portogallo. Allo scopo di
evitare le persecuzioni che si attendevano in Spagna, le provincie, con l’approvazione
del Ministro Generale, cercarono infatti di aprire delle fraternità in Portogallo. Anche
se i progetti erano inizialmente quelli di andare verso Lisbona e Barcelos, il 29
febbraio 1934 alcuni frati di Andalusia si spostarono per un breve periodo di tempo
in Serpa, ma dovettero presto partire verso Beja, arrivando lì il 4 marzo 1934 –
essendo ambedue le città situate nel sud del Portogallo. Da parte loro i frati della
144
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 290.
È interessante vedere che durante i periodi più turbolenti nei rapporti tra Chiesa e Stato (prima
metà del secolo XX), il tema su cui si è più pubblicato nella rivista Estudios Franciscanos sia stato quello di
Raimondo Lullo ed il suo rapporto con gli infedeli.
145
48
Provincia di Navarra si spostarono nello stesso anno verso Barcelos, città situata a
nord del Portogallo.
È da sottolineare che inizialmente il loro obbiettivo non era quello di fondare
l’Ordine nel paese vicino, ma soltanto di assicurare un posto sicuro per i frati delle
loro Provincie nel caso in cui si acuisse la persecuzione in Spagna. Infatti ambedue
le Provincie avevano avuto lo stesso pensiero.
In questo modo, l’iniziativa di queste due Provincie divenne il punto di
partenza per il futuro sorgere e svilupparsi dei Cappuccini in Portogallo. Subito dopo
il loro arrivo, infatti, cominciarono ad accogliere delle vocazioni locali e pochissimo
tempo dopo vi erano già le condizioni per diventare Commissariato (1939) e poi
Provincia (1969).
49
CAPITOLO II
FRA LEOPOLDO DA ALPANDEIRE, UN CAPPUCCINO QUESTUANTE
Per rendere visibile e comprensibile l’ufficio dei frati questuanti, è stato preso
l’esempio di vita di fra Leopoldo da Alpandeire146, vissuto tra gli ultimi anni del
secolo XIX e la prima metà del secolo XX beatificato a Granada nel 2010.
La sua vita ed attività147 aiutano a mettere in evidenza il ruolo importantissimo
ed insostituibile dei frati questuanti cappuccini in questo periodo. Così, leggendo la
vita di questo semplice frate pieno di virtù, si potrà capire meglio come i frati
questuanti fossero chiamati ad assumere la sfida di essere l’immagine della fraternità
per le vie delle città e dei villaggi. Come fra Leopoldo, tanti altri frati questuanti
spesso sono diventati non soltanto motivo di edificazione, ma anche di devozione.
2.1. L’ingresso nell’Ordine Cappuccino
La vita di Francisco Tomás de San Juan Bautista, così chiamato prima di
diventare frate cappuccini con il nome di fra Leopoldo da Alpandeire, presenta alcuni
momenti che possono essere letti come chiave di lettura per capire meglio le sue
radici, l’aria che ha respirato e le sfide che ha dovuto affrontare, fino ad essere poi
accolto nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini.
Qui è stato trovato l’ambiente propizio per rispondere alla chiamata di Dio alla
santità. Lasciando la sua famiglia di sangue, ha trovato nella fraternità una nuova
famiglia, quella spirituale.
146
147
Vedere retratto del beato Leopoldo di Alpandeire nell’Appendice II, p.122.
Vedere la cronologia della vita di fra Leopoldo di Alpandeire nell’Appendice III, p.123.
50
2.1.1. La vita di Francisco Tomás de San Juan Bautista
Francisco Tomás era figlio di una famiglia umile e povera di Alpandeire148,
provincia di Malaga, la quale da sempre si era dedicata alla coltivazione dei campi.
Figlio di Diego Márquez e Gerónima Sánchez, nacque ad Alpandeire il 24 giugno
1864149, solennità di san Giovanni Battista, e ricevette il nome di battesimo Francisco
Tomás de San Juan Bautista150; fu il primogenito tra quattro fratelli151.
Durante la sua infanzia e giovinezza lavorò nei campi e pascolò capre e pecore
della famiglia. Doveva lavorare molto e duramente, poiché era figlio di contadini che
non disponevano di molti mezzi di sostentamento.
La famiglia di Francisco cercò di trasmettergli i valori cristiani e le pratiche
religiose. Infatti sappiamo che pregava l’Angelus al mattino, a mezzogiorno e al
pomeriggio, pregava anche il rosario in famiglia o nella chiesa, così come partecipava
alle feste parrocchiali. I suoi concittadini lo descrivono come un giovane pieno di
bontà e di carattere nobile, giudizioso nel suo procedere, gioioso e di buona
compagnia. Così lo ha descritto un suo vicino di Alpandeire, Don Diego García
Sánchez:
Era muy bueno desde niño, muy obediente y trabajador. Era muy piadoso; asistía a
las funciones de la iglesia con frecuencia, y rezaba mucho. También rezaban en su
casa, sus padres y él. A todo esto, ayudaba también el ambiente muy cristiano del
pueblo152.
Ha ricevuto l’istruzione elementare nella scuola del popolo, anche se non
brillava per cultura e intelletto. In realtà, risplendeva molto di più per la sua nobiltà e
bontà che per la sua intelligenza153.
148
Cfr. Summarium, 15.
Cfr. Summarium, 499.
150
D’ora in poi lo chiameremo soltanto Francisco.
151
Diego, Juan Miguel e Maria Teresa. Ha avuto altri fratelli, che morirono nella prima infanzia, ma
non abbiamo dati su di loro.
152
Summarium, 450.
153
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 59.
149
51
Aveva un cuore d’oro, e già da piccolo soccorreva i poveri. Per diverse volte
condivise la sua merenda con gli altri pastorelli più poveri di lui, donò le sue scarpe
a qualche bisognoso e consegnò persino i soldi guadagnati nella vendemmia a Jerez
ai poveri che trovò per la strada di ritorno a casa. Francisco sudava lavorando, ma
sudava ancora di più per l’amore al prossimo.
Era muy bueno; nunca reñía. Era serio y formal. […] Era honrado, sencillo, humilde,
íntegro en todas sus cosas. Pronto se dedicó a las labores del campo y del pastoreo.
Fue alguna vez a la siega a Jerez de la Frontera. Casi todo lo que tenía se lo repartía
a los pobres. Cuando algún familiar le reprendía por eso, él solía decir: ‘No les
faltarán a los padres las dos pesetas’, y, en efecto, nunca les faltaron. Era muy
trabajador, y lo hacía muy gustosamente. No era aficionado a fiestas y diversiones
mundanas. En su juventud siguió la misma línea que de niño: apegado a la iglesia.
Asistía a la misa aunque tuviera que madrugar mucho. Rezaba el Rosario con sus
padres en la casa por la noche o en la iglesia. Tenía mucha devoción a la Santísima
Virgen de los Dolores. Era serio, delicado y correcto con las muchachas y con sus
compañeros154.
Era così generoso che i suoi genitori cominciarono a preoccuparsi per
l’eccessiva liberalità con cui trattava i poveri, senza tenere conto dell’esiguo capitale
familiare. Infatti, quasi tutto quello che aveva lo distribuiva ai poveri155.
Presto la gente de Alpandeire si rese conto che Francisco Tomás non era
uguale agli altri, anche se non sapevano bene in che cosa consistesse quella
straordinarietà. Infatti, sotto l’insignificante e semplice apparenza si occultava il
segreto dell’attrazione della sua persona.
Era enormemente realista. Su bondad fue adquirida a base de esfuerzo, de violencia
evangélica. Antes de hacerse religioso, Francisco vive su vida diaria en analogía a
como Jesús vivía cada día en Nazaret. A través de lo que sucede diariamente en
Alpandeire, él va regulando su respuesta a su propia vocación. En el tejido de los
acontecimientos diarios entrelaza y desarrolla el diseño de su vida buscando vivir la
voluntad de Dios156.
Dopo i venti anni ha dovuto svolgere il servizio militare. In quel tempo c’era
la possibilità di essere esonerati in cambio di un contributo economico. Anche se suo
154
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 91-92.
Cfr. Summarium, 455.
156
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 89.
155
52
padre avrebbe voluto liberarlo, Francisco non acconsentì; diceva che non voleva che
un altro dovesse soffrire quello che era stato riservato a lui157.
La sua giovinezza è marcata da due avvenimenti molto importanti: la morte
del fratello più giovane nella guerra di Cuba158 e la gioia di ricevere il Sacramento
della Cresima159.
Negli anni ’90 Francisco dovette andare ad abitare con la sua famiglia a Ronda,
a circa 30 chilometri da Alpandeire. Lì ha avuto il primo contatto con la vita religiosa,
più in concreto con i Cappuccini. Infatti, il 24 marzo 1801 era morto il frate
cappuccino Diego José de Cádiz, la cui devozione era stata mantenuta viva in quella
regione.
A motivo della sua beatificazione160 si celebrò il 15 novembre 1894 un solenne
triduo in suo onore e Francisco fu molto toccato da questa esperienza. Questo nuovo
beato era morto in quel posto e lì fu anche sepolto.
Francisco partecipò con fervore a tutti questi avvenimenti, ascoltando con
piacere le diverse prediche sul nuovo beato. Avendo assorbito il valore dello spirito
francescano, decise di farsi frate minore cappuccino. Già anziano dirà: «Los frailes
me llamaron la atención por lo recogidos que iban y lo bien que hablaban del
Señor»161. Quelle celebrazioni e prediche hanno avuto in lui un impatto fortissimo,
mettendo in luce il suo desiderio di vivere la vita religiosa.
157
Cfr. Summarium, 27.
Cfr. FRAY ANGEL DE LEON, Mendigo por Dios, 31.
159
Ha ricevuto il sacramento della cresima nel settembre 1891, quando aveva 27 anni, dalle mani del
vescovo D. Marcelo Spínola y Maestre.
160
Fra Diego José de Cádiz fu beatificato il 22 aprile 1894 dal Papa Leone XIII.
161
Summarium, 522.
158
53
2.1.2. L’ingresso nei Cappuccini
Dopo aver sentito una predica sul beato Diego José da Cádiz si sentì acceso
degli stessi desideri di perfezione, formulando in modo semplice la sua
determinazione: «Yo quiero ser como ese fraile»162.
Infatti, Francisco aveva conosciuto i Cappuccini a Ronda e lì era rimasto
stupito dalla loro austerità e dal loro raccoglimento. Aveva chiesto nella preghiera al
beato Diego di aiutarlo a far diventare realtà questo desiderio della sua anima. E più
tardi gli riconoscerà il merito di essere stato ammesso nell’Ordine: «Quedó prendado
de esta austeridad y recogimiento de aquellos religiosos […] decía que el beato Diego
lo admitió en la Orden»163.
Chiese così al parroco di parlare con i cappuccini, di facilitare cioè un
colloquio con loro. Dopo avergli fatto un breve esame, gli dissero che a causa della
sua già avanzata età poteva soltanto diventare fratello laico. Lui, che non aspettava
altro, accettò volentieri Doveva solamente attendere che i frati gli mandassero un
questionario per ufficializzare il suo ingresso nell’Ordine, ma questo questionario non
arrivò mai.
Chiese una seconda volta di entrare nell’Ordine attraverso fra Cándido de
Monreal, che era andato a Ronda per una predicazione. Questi gli promise di parlare
personalmente con il Provinciale e di risolvere subito la situazione, ma passarono
diversi mesi senza alcuna risposta. Così passarono ben quattro anni dal suo primo
incontro.
Soltanto quando un sacerdote di Ronda, Don Rafael, suo amico e familiare, a
cui Francisco aveva chiesto aiuto, scrisse una lettera direttamente al Provinciale dei
Cappuccini, ottenne una risposta.
Y al bajar del púlpito el P. Cándido, se le acercó y le dijo que quería ser capuchino.
Tomó el nombre el Padre, quedó en escribir al S. de D. con la decisión del Provincial;
se le perdió la dirección al P. Cándido y no le contestó. El S. de D. habló al cabo de
162
163
Summarium, 429.
Summarium, 522.
54
unos meses con un sacerdote de Ronda. No sé el nombre. Y por su mediación se
comunicó con los Capuchinos de Sevilla, donde está la casa Provincial y escribieron
al S. de D. admitiéndole en el Noviciado. Creo que tenía el S. de D. entonces 33 años.
Emprendió el S. de D. el viaje, fue a Sevilla e ingresó en la O. de PP. Capuchinos
como deseaba164.
Nonostante il suo determinato desiderio di diventare cappuccino, il tempo che
dovette aspettare per entrare nell’Ordine costituì una vera prova della sua
determinazione e vocazione. Francisco cominciò a dubitare della volontà di Dio sulla
sua vocazione cappuccina, e così decise di continuare la sua vita, cercando di trovare
una donna e sposarsi. Trovatala continuò sempre a sentire un profondo desiderio di
essere chiamato alla vita religiosa. Infatti, l’aveva avvertita che se fosse stato
chiamato dai frati, il fidanzamento si sarebbe sciolto, come difatti avvenne.
Yo conocí a la novia del S. de D.: Antonia Medinilla. El S. de D. hizo lo que era
normal en aquel ambiente: echarse novia para formar una familia. Pero, en cuanto él
descubrió que Dios lo llamaba por otro camino, la dejó. Sé que una vez fue a hablar
con la novia y le dijo: “Que me voy esta mañana, que el Señor me llama”. Ella lloró,
pero se conformó. A la gente no le extrañó esta decisión del S. de D. fray Leopoldo
de Alpandeire. La familia lo aceptó. Muchos decían: “Tenia que terminar así”,
refiriéndose a que la vida de piedad y santidad que llevaba era más propia de un
religioso que de un seglar. Yo creo que se hubiera ido antes al convento si entonces
hubiera habido los conocimientos que hoy hay: entonces no sabíamos qué era un
convento165.
Guidato da una fede immensa, lasciò tutto per abbracciare la volontà di Dio,
cercando nell’Ordine Cappuccino il cammino della salvezza.
Aveva già 35 anni quando nel 1899 entrò nel convento dei Cappuccini di
Sevilla. Questo tempo di attesa fu davvero un serio momento di prova, da cui si
percepisce che il desiderio di Francisco non era frutto dell’impulso giovanile, ma di
una lenta e progressiva maturazione cristiana, collegata al contato con il lavoro e alla
vita di pietà166.
164
Summarium, 16.
Summarium, 451.
166
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 88.
165
55
Ai suoi genitori, così come alla gente, non sembrò strano il suo ingresso in
convento, giacché il suo comportamento lo faceva prevedere. Sembrava essere la cosa
più naturale del mondo, quasi come una conseguenza logica del suo comportamento
e stile di vita167.
Nel convento cappuccino di Sevilla, dove fu accolto nell’ agosto del 1899, fu
affidato alla custodia di un fratello anziano che lo orientava nei diversi lavori da fare,
specialmente nell’orto. Poiché dimostrava di essere veramente abile, fu nominato
ausiliare dell’orto, insieme ad altri impegni della comunità.
Dopo alcuni mesi di postulato168, il 16 novembre dello stesso anno, Francisco
ricevette l’abito della prova nel convento di Sevilla e assunse il nome religioso di fra
Leopoldo169 da Alpandeire. La celebrazione si tenne nella piccola cappella dove circa
cento anni prima era vissuto il beato Diego José da Cádiz.
Già da postulante cominciò a dare prova di grande santità e di profonda
spiritualità.
Fue postulante en Sevilla […] En aquel convento había varios Padres de altura
espiritual grande: era un ambiente muy adecuado […] No oí decir que aquello le
resultara duro. Después, al conocerlo, quizás debiera pensar que el Siervo de Dios
deseaba más dureza. Fr. Modesto de Ongoz, compañero del Siervo de Dios, me decía
que esa aureola de santidad que el Siervo de Dios tuvo al final de su vida, ya la tenía
desde los primeros tiempos170.
Il cammino spirituale di fra Leopoldo fu progressiva, anche se sempre
all’interno di una vita esemplare. Infatti, non è che all’inizio del suo cammino di frate
cappuccino Leopoldo fosse molto diverso rispetto a come lo si conosce oggi, ma
chiaramente già si vedeva in lui un uomo virtuoso con una grandissima fede e la
volontà di vivere santamente171.
167
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 79.
Il tempo del postulato è stato ridotto a causa del suo lungo periodo di attesa.
169
Fra Diego di Valencina, suo maestro, gli diede il nome di Leopoldo, pensando a san Leopoldo III,
il pio, margravio d’Austria (1073-1136), la cui memoria era stata celebrata il giorno precedente.
170
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 116-117.
171
Cfr. Summarium, 16.
168
56
Fin dal suo noviziato, fra Leopoldo aveva soltanto un obbiettivo: essere frate
cappuccino alla maniera di quelli di cui aveva sentito parlare, in modo speciale del
beato Diego José da Cádiz172. La santità di quel frate cappuccino, più di tanti altri, lo
aveva colpito al punto che anche lui voleva essere suo vero imitatore.
Por haberlo oído a los Reverendos Padres que estuvieron con él en el Noviciado, Fr.
Leopoldo practicó mucho las virtudes, dio muy buenos ejemplos y fue un modelo de
obediencia para con los Superiores. Y se portó con los Hermanos con mucha
caridad173.
Leggendo le testimonianze dei frati si percepisce che fra Leopoldo non fu mai
colto in qualche errore, e tutti hanno testimoniato la preoccupazione di fra Leopoldo
di fare la volontà di Dio e compierla nell’obbedienza174.
Desde el noviciado fray Leopoldo no tuvo otra meta que santificarse, siguiendo a
Cristo por el camino de la cruz como Francisco de Asís. Su amor a Dios, la oración,
el trabajo, el silencio, la devoción a la Virgen y la penitencia marcarían ya su vida.
La cruz y la pasión de Cristo serían para él, a partir de ahora, objeto de meditación y
de imitación175.
Nel 1900, nel medesimo giorno e luogo dove aveva cominciato il noviziato,
emise la professione temporanea. Lì continuò a vivere, anche se già come professo,
con austerità e preghiera intensa.
Qualche tempo dopo la professione, fu mandato ad Antequera come ortolano.
Nell’ autunno del 1903 fu destinato al convento di Granada, sempre come ortolano e
qui il 23 novembre dello stesso anno emise la professione perpetua, nelle mani di fra
Francisco de Mendieta, guardiano della fraternità.
Fra Leopoldo si impegnò molto nel lavoro, poiché era convinto che quella era
la virtù redentrice dello sforzo umano. Infatti, il lavoro e la solitudine del convento
lo avevano fatto crescere nell’ascesi e nella mistica176. Nonostante fosse un vero
esperto come ortolano e la provincia riconoscesse i suoi talenti, la sua preoccupazione
172
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 119.
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 117.
174
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 118.
175
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 119.
176
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 129.
173
57
era che la cucina dei frati non fosse priva dei migliori legumi, cercando di essere
come una buona madre verso i suoi figli.
Questi primi anni furono anche gli ultimi vissuti nell’assoluto ritiro del
convento. Il 18 novembre 1913 fu mandato di nuovo a Sevilla177, ma questa volta
come portinaio. Lui che aveva un corazón de oro, riuscì con facilità a conquistare i
cuori di tutti coloro che bussavano, specialmente i poveri, a cui i frati davano una
minestra calda. Verso tutti il suo saluto era sempre Paz y Bien, accompagnato da un
sorriso accogliente.
[Fra Leopoldo] los instruye recordándoles las verdades principales de la fe, y junto
con ellos recita sus ‘Tres Ave Marías’. Mientras llena los cuencos y los pone en las
manos de los pobres, florecen en sus labios palabras de exhortación, consejos y,
siempre, consuelo. Siempre benigno, alegre, en actitud de siervo y de hermano,
porque guiado por la fe, en aquellos dolientes veía a Cristo sufriente178.
Nonostante il suo prezioso servizio come portinaio, la sua permanenza a
Sevilla non si prolungò oltre tre mesi, e a febbraio dovette tornare a Granada, dove
rimase fino alla fine della sua vita.
2.2. L’attività di un frate questuante a Granada
Il 21 febbraio 1914 fra Leopoldo fu trasferito a Granada, dove rimase fino alla
fine della sua vita. Presto cominciò a circolare la sua fama di santità, specialmente a
causa della sua vita di orazione, lavoro, austerità e povertà.
Nei suoi primi anni a Granada cominciò a lavorare come assistente cuoco e
poi come cuoco. Esercitò anche l’ufficio di sacrestano, quindi quello che sarà l’ufficio
di tutta la vita: questuante per le vie di Granada e di Alhambra.
All’inizio non fu il questuante titolare, ma aiutante di un altro frate. Dalle case
o dal campo portava al convento quello che i benefattori offrivano, per la maggior
parte frutta e verdura, poiché erano quasi tutti contadini. Poco tempo dopo tutto il
peso della questua passò a fra Leopoldo. Nel suo umile servizio, per tantissimi anni
177
Il provinciale, rendendosi conto della santità di fra Leopoldo, cercò di tenerlo vicino a sé, ma per
l’opposizione degli altri frati non vi riuscì a tenerlo a Sevilla per molto tempo. Cfr. Biographia, 45.
178
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 140.
58
percorse la provincia di Granada e Almería, così come grande parte della provincia
di Málaga e Jaén. Infatti,
Lo nombraron limosnero porque era muy bueno. Este oficio era muy duro, y siempre
he oído decir que lo desempeñó con mucha dedicación y según la voluntad de Dios.
Creo que se adaptaría a este oficio, dado el carácter humilde, sencillo, delicado de
trato y sacrificado179.
2.2.1. Mendicante per Dio
Come recita la Regola di san Francesco d’Assisi, l’elemosina era ritenuta la
«mensa del Signore»180, aggiungendo nel Testamento, quando la ricompensa del
lavoro non fosse sufficiente. Per fra Leopoldo invece l’elemosina fu una situazione
esistenziale, nella quale ha potuto vivere la sua esperienza di fede, in contatto con il
popolo, specialmente i più poveri, vivendo in modo ascetico e mistico il suo
quotidiano181.
Lui non andava a questuare perché gli piaceva, ma soltanto per obbedienza.
Nonostante ciò, la faceva con gioia, perché stava obbedendo ai superiori. Sicuramente
avrebbe preferito il silenzio e la riservatezza dell’orto del convento, e tuttavia fra
Leopoldo, a cui piaceva lavorare con le sue proprie mani, è dovuto uscire per la città
chiedendo l’elemosina. Questa sicuramente è stata una delle sfide più grandi della sua
vita: voler lavorare ma dover elemosinare.
Dovendo trascorrere fuori dal convento la maggior parte del tempo, fra
Leopoldo ha dovuto trovare il modo per vivere la sua interiorità e intimità con Dio,
anche lungo le strade. Così, raccolto nel silenzio ed in un intimo dialogo permanente
con Dio, faceva delle vie il suo convento. E in realtà, si astraeva così tanto che a volte
per attirare la sua attenzione, bisognava proprio chiamarlo. Fra Leopoldo non andava
179
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 92.
Testamento 22.
181
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 146.
180
59
incontro alle persone, lui passava tra le persone. La via era il suo spazio di preghiera,
mantenendo sempre un raccoglimento profondo davanti a tutto e a tutti.
Fra Leopoldo assunse un doppio volto, caratterizzato dalla dimensione
contemplativa, di preghiera e di intimità con Dio, e da quella attiva, andando per le
vie della città, a contatto con il popolo, chiedendo l’elemosina. Curiosamente, lui che
era entrato nel convento per allontanarsi dal rumore del mondo e vivere in
contemplazione solo per Cristo, ha trascorso tutta la sua vita in mezzo alla gente,
inserito nelle preoccupazioni degli uomini e assumendole come sue. Le vie di
Granada furono il suo chiostro.
Il suo modo di essere e di agire era proprio di chi viveva pienamente assorto
in Dio, in cui riponeva tutta la sua speranza. La straordinaria fiducia e speranza di
quel frate erano per tutti una testimonianza fortissima dei valori umani e di fede. È
quanto emerge dalla testimonianza di fra Manuel da Pedrera182:
En su comportamiento exterior, en todas sus actividades se veía el hombre que
esperaba el Cielo y tenía gran confianza en el Señor, por amor al mismo Dios. Y se
veía que esperaba ganar el Cielo con el cumplimiento de sus deberes y con su modo
de hacer todas las cosas. En su vida no tenía otro norte y otro blanco que el Señor.
En su vida nunca se le vio hablar de cosas indiferentes. Aparte de las palabras
precisas para su ministerio o para la caridad, eran para hablar de Dios y de las cosas
de Dios183.
Infatti, con la testimonianza della sua vita e nella questua ha cercato sempre di
insegnare a tutti l’amore verso Dio e il prossimo. Tutto il suo dialogo e le sue parole
portavano sempre verso Dio184.
Procuró el bien espiritual del prójimo en su oficio de limosnero, siempre diciendo
alguna palabra edificante, o refiriendo algún ejemplo espiritual. Siempre se veía que
hacía todo por amor de Dios, y procuraba, conforme él podía, despertar el amor de
Dios en los demás185.
182
Fra Manuel de Pedrera visse nella fraternità di Granada negli ultimi 4 anni di vita di fra Leopoldo
da Alpandeire e gli amministrò il sacramento dell’Unzione degli infermi. Cfr. Summarium, 129.
183
Summarium, 135-136.
184
Cfr. Summarium, 23, 192.
185
Summarium, 170.
60
Diventò santo santificando gli altri. Si faceva tutto per gli altri e donava molto
più di quello che chiedeva, proprio come aveva fatto fra Francesco d’Assisi attraverso
la testimonianza della sua vita, il suo esempio, le sue parole, le grazie e i carismi
ricevuti da Dio186.
Fu questuante in Granada per 50 anni, ma era molto più quello che donava di
quello che chiedeva. Infatti, insieme all’elemosina materiale che riceveva, donava
l’elemosina del suo amore, della sua gioia, della sua bontà, così come il suo saggio
consiglio, che sempre portavano verso Dio. Dal suo amore per Dio scaturiva uno
straordinario amore verso il prossimo, in modo che la carità imbeveva tutta la sua vita
ed era messa in pratica attraverso le opere di misericordia corporali e spirituali187.
Sorprendentemente, il contatto con il popolo invece di distrarlo o
mondanizzarlo, lo spingeva a uscire da se stesso, a portare su di sé il peso degli altri,
i problemi e le preoccupazioni, in modo da capire, aiutare, servire e amare
veramente188.
Molte volte le persone che lo vedevano attraversare la via, si fermavano
soltanto per vederlo passare, ottenendone una grande edificazione. Altre volte lo
avvicinavano per raccontargli i propri problemi, pregare con lui, baciare il suo
cordone. Spesso attraversavano la via per consegnargli l’elemosina.
Nella sua umiltà attraeva la gente, esercitando su di esse un’attrazione tale che
tutti si avvicinavano a lui con rispetto per chiedere una preghiera o una benedizione.
Il cronista Tico Medica, ammiratore di fra Leopoldo affermò: «Era distinto pero no
distante»189.
Il fatto che fra Leopoldo sia stato per circa 50 anni questuante, anche se era
esperto nella cura dell’orto, come aveva già dimostrato nei primi anni, significava
che i frati avevano totale fiducia in lui, specialmente perché vedevano le sue
186
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 145.
Cfr. Informatio, 27.
188
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 145-146.
189
TICO MEDINA, Pregón en la apertura del 50º aniversario de la muerte de fr. Leopoldo, internet
(10/01/2017): http://www.fray-leopoldo.org/50-aniversario/docagosto.htm.
187
61
straordinarie virtù non soltanto nell’atteggiamento umile verso il popolo, ma
specialmente perché il mondo non riusciva a mondanizzarlo, come è già stato riferito,
ma era lui che con il suo esempio, semplicità, carità e devozione, riusciva ad
evangelizzarlo. Se da una parte questo impegno lo fece uscire da se stesso, dall’altra,
portando i problemi e le preoccupazioni a lui affidati, lo fece entrare più
profondamente nell’altro e vedere in questo il proprio Cristo sofferente190.
Para el S. de D. el Señor y el prójimo eran una misma cosa: amaba a Dios en el
prójimo; amaba al prójimo por Dios. No sé cuál será la mejor manera de expresarlo:
el hecho es que amaba a todos pero no con amor sensiblero, sino sobrenatural, lleno
de un equilibrio extraordinario191.
Furono innumerevoli le volte in cui le persone acorsero a lui per chiedere
consigli, anche se non aveva compiuto alcuno studio teologico, come ha testimoniato
di Don Pedro Manjón: «No era hombre de letras, no tenía estudios teológicos; pero
nos aventajaba a todos, porque poseía el gran secreto del conocimiento y del amor de
Dios. Era todo un hombre de Dios»192.
Ma se negli ultimi anni fra Leopoldo era ricevuto nelle case con gioia e
devozione, poiché lo vedevano già come un frate santo, nei primi anni di questua non
era stato così facile. Quelli furono tempi di prova e di vero martirio, se non addirittura
di disprezzo; le ingiurie e anche le aggressioni erano frequenti. Non erano infatti
pochi quelli che disprezzavano le congregazioni e detestavano la questua,
considerandola degradante, così come i questuanti193.
Dopo aver bussato tanti anni alle stesse porte, molte di quelle si aprivano
amichevolmente a fra Leopoldo. Ma agli inizi – e anche negli ultimi anni, in quelle
case meno familiari – non era stato così semplice. Soltanto dopo tanti anni la sua
presenza fu veramente accettata, ma nel frattempo quante prove ha dovuto affrontare!
Eppure tutte le umiliazioni, persecuzioni, aggressioni e oltraggi furono sofferti
per amore di Dio, perché per lui tutto era per amore di Dio, non soltanto le cose buone,
190
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 146-147.
Summarium, 477.
192
FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 135.
193
Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 43.
191
62
ma anche quelle cattive. Infatti, era proprio così che si presentava quando andava a
fare la questua: ‘como un mendigo por Dios’.
Recuerdo que siempre, lo mismo en lo próspero que en lo adverso, si le injuriaban, o
le contradecían, o si terminaba algún trabajo, o asumía alguna cosa buena, repetía
con frecuencia ‘Sea todo por el amor de Dios’. Esta era una frase corriente suya. Creo
que su caridad fue extraordinaria. Sé y me consta que para todos, propios y extraños,
era el S. de D. un hombre de Dios194.
Questo suo modo di fare tutto per amore di Dio si può cogliere chiaramente da
questo episodio, quando nel chiedere ‘¡Una limosna por el amor de Dios!’, un uomo
gli rispose: ‘Yo le doy limosna porque quiero, nada de amor de Dios’. Al che risponde
fra Leopoldo: ‘La limosna, así, no la recibo’195.
Da questo esempio si può anche capire che per fra Leopoldo l’essenziale non
consisteva nell’atto di dare l’elemosina, ma nella motivazione con cui si faceva, ossia
per amore verso Dio. Pertanto, se fra Leopoldo si rendeva conto che a motivo del suo
chiedere l’elemosina potesse danneggiare qualcuno, evitava di farlo.
Siguiendo el consejo de san Francisco, no fue nunca ladrón de limosnas y si veía
acercarse algún pobre a la casa en que él iba a pedir, o algunos trabajadores parados
que buscaban socorro, pasaba de largo y no llegaba él por no perjudicarles196.
Non stupirà dunque il fatto che, a causa di questi esempi, molti vedevano in
fra Leopoldo una caratteristica che lo distingueva da altri frati questuanti che nel
chiedere, cercavano soltanto l’elemosina, senza valutare il gesto.
Anche se la questua esigeva tantissimo tempo e sforzo, fra Leopoldo rispettò
sempre l’orario della fraternità, in modo che tale attività non costituì mai una scusa o
un ostacolo per non essere presente agli atti della fraternità. L’orario quotidiano
stabilito per gli atti comunitari nel convento dei cappuccini era il seguente:
A MEDIA NOCHE: Maitines y Laudes. POR LA MANANA: El Ángelus, Letanías
de los Santos y Oración, todo ello durante una hora. Después, Prima. Tercia y Misa
194
Summarium, 136.
Cfr. Summarium, 137.
196
Summarium, 23.
195
63
Conventual. Desayuno. Antes de comer, Sexta y nona. El Ángelus. Comida, visita al
Santísimo. POR LA TARDE: Recreo, retiro o descanso en la celda. Vísperas y
Rosario. Completas. Oración, a la que precederán las Letanías de la Stma. Virgen.
Cena y recreo. Indulgencia o preces de la noche. Examen de conciencia197.
Anche se conciliare la questua con la vita fraterna poteva sembrare molto
difficile, fra Leopoldo faceva di tutto per salvaguardarla. Nei momenti in cui non
c’era qualche attività fraterna, metteva la bisaccia sulle spalle e usciva per le vie di
Granada, bussando alle diverse porte e chiedendo l’elemosina per amore di Dio. Allo
stesso tempo, visitava gli ammalati e gli anziani, come anche non tralasciava di
visitare qualche famiglia povera per aiutarla, sia materialmente sia con qualche parola
di conforto spirituale. Al suo ritorno dalla questua, il suo primo gesto era quello di
visitare il Santissimo e in seguito chiedere la benedizione al superiore. E se aveva
ancora tempo, quantunque fosse stanco, passava dalla cucina domandando al fratello
cuoco se aveva bisogno di qualche aiuto. E questo lo faceva ogni giorno.
Sebbene sia stato per un lunghissimo periodo questuante, mai comparve sul
volto di fra Leopoldo un qualche segno di stanchezza o di noia. Infatti, cercava di fare
tutto con una tale gioia, vitalità e novità, che sembrava lo avesse cominciato a fare da
poco tempo. C’era una freschezza tale in quello che faceva che era avvertita da tutti
quelli con cui si trovava. Non sentiva il bisogno del riposo, anzi rispondeva «Ya
llegará el tiempo de descansar, ya llegará el tiempo de descansar»198.
2.2.2. Uomo di preghiera
Tutta la sua vita e attività si sono fondate in una fede profondissima in Dio e
in una devozione fervida verso la Vergine Maria. Così, cercava di alimentare la sua
fede attraverso una insistente e costante preghiera quotidiana. Le parole che uscivano
dalla sua bocca erano piene di lode verso Dio e la Madonna. In tutti i suoi dialoghi il
197
198
Biographia, 63.
Summarium, 195.
64
tema ruotava sempre intorno a loro. Parlava delle cose divine con una fede e pietà
così sorprendenti che edificava tutti199. Infatti, il suo modo di essere, così come i suoi
dialoghi, erano già una autentica preghiera verso Dio.
Questo era possibile soltanto grazie alla sua intensa vita nascosta di preghiera,
specialmente davanti al Santissimo Sacramento. Ogni volta che ne aveva
l’opportunità, giorno e notte, si metteva di fronte al Santissimo e lì passava tantissime
ore in adorazione profonda. Si alzava ogni notte per non lasciare spegnere la lampada
del tabernacolo, ma era più un pretesto per rimanere tutta la notte vegliando accanto
al Signore, pregando per la fraternità e per i benefattori200. Innumerevoli volte alcune
frati lo videro in estasi nella chiesa durante la notte.
Yo le vi muchas horas haciendo oración ante el Sagrario. Muchas noches en que iba
yo a arreglar las cosas de la iglesia por no haber tenido tiempo durante el día, lo
encontraba en el coro haciendo oración. El se retiraba con toda la Comunidad, y
luego, así que estaban todos retirados, él volvía y se quedaba largas horas arrodillado
en el coro, haciendo oración. Mientras pudo, hacía su oración de rodillas. Cuando
después de su caída no pudo arrodillarse hacía la oración de pie, apoyado sobre un
bastón inclinado, con la cara apoyada sobre la mano que sujetaba el bastón201.
Fra Leopoldo aveva una straordinaria devozione verso Gesù eucaristico. Ogni
giorno, uscendo o entrando nel convento, visitava sempre il Santissimo. Durante il
Giubileo delle Quarantore202 ogni giorno cercava di sapere dai periodici locali quali
erano le chiese aperte per andare a visitare il Santissimo, anche se queste si trovavano
nella direzione opposta a quella che doveva prendere per la questua203.
Durante il dopoguerra, quando l’olio era diventato introvabile, fra Leopoldo lo
chiedeva in elemosina per la lampada della sua chiesa, condividendolo anche con
altre chiese bisognose. Non sopportava di vedere un tabernacolo con la lampada
eucaristica spento204.
199
Cfr. Summarium, 56.
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 178.
201
Summarium, 104.
202
Per approfondire l’argomento consultare: BERNARDO DE AGUAVIVA, Las Cuarenta Horas, Oración
Eucarística de la Paz, in Estudios Franciscanos, 54 (1953) 61-86.
203
Cfr. Summarium, 523.
204
Cfr. FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 140.
200
65
Infatti, quando fra Leopoldo aveva l’incarico di occuparsi della sacrestia,
aveva una cura premurosa per gli oggetti di culto, dell’altare e del tabernacolo. Se a
volte le celebrazioni non riuscivano bene, si poteva percepire che ne soffriva
veramente. Durante le processioni eucaristiche era devotissimo. Fra Alfonso Ramirez
Peralbo racconta:
Asistía con profunda devoción a la procesión del Corpus de la ciudad y en las
procesiones eucarísticas conventuales gustaba llevar el incensario y procuraba no dar
nunca la espalda al Santísimo. Durante este tiempo, existía en los conventos
capuchinos la costumbre de tener cada domingo exposición menor y el consiguió que
el P. Provincial la cambiara a exposición mayor. Al salir a la calle para pedir la
limosna y al volver lo primero que hacía era la visita al Señor. Y antes de salir
buscaba en qué iglesia tocaba ese día el Jubileo de las Cuarenta Horas para escoger
ese itinerario y hacer la visita acostumbrada205.
Anche la sua devozione verso la santa messa è degna di essere menzionata,
giacchè non soltanto assisteva a quante più poteva, ma provava una grande gioia nel
servirle. Le persone rimanevano molto edificate soltanto al vederlo servire la messa,
tanto era il fervore con cui riceveva la comunione206.
Insieme alla devozione per il Santissimo Sacramento, c’era anche in lui
rispetto e venerazione verso i sacerdoti. Molte volte, già anziano, lo hanno visto per
la strada accelerare il passo per raggiungere qualche sacerdote che lui aveva visto e
poter così baciargli le mani.
Fra Leopoldo manifestò sempre una grande devozione verso la passione e
morte di Gesù Cristo, fino a creare l’Associazione Via Crucis Perpetua nella chiesa
dei Cappuccini. Infatti, la via crucis in tutta la Spagna era molto accettata, motivando
così la nascita di una forma speciale di praticarla207. Fra Leopoldo coltivò una
205
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 176.
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 176-177.
207
A causa della folla, che era così numerosa al punto di non riuscire ad entrare nella chiesa, la
celebravano fuori. Così, la prima stazione cominciava nella chiesa e le seguenti continuavano per le vie,
segnalate con croci di pietra o di legno. Si sono anche pubblicati innumerevoli libri per la meditazione della
via crucis. Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 311.
206
66
devozione molto grande verso l’immagine del Cristo Crocifisso, chiamato Cristo del
Perdono208.
Todos los días recorría, abismado, las estaciones de la pasión de Cristo en el santo
viacrucis. A él se debe la erección canónica en nuestra iglesia de la asociación del
Viacrucis Perpetuo. Comprometió a las personas dirigentes, procuró un estandarte y
personalmente suplicó al señor arzobispo que indulgenciara la imagen titular: Santo
Cristo del Perdón. ¡Cuántas horas lo vimos extático, de rodillas, ante esta imagen!209.
Nel fare la questua portava nel cuore i dolori e gli affanni di tutti quelli che
incontrava, ma allo stesso tempo presentava tutti alla Vergine Madre, pregando per
loro e invitandoli a pregare la Madonna. Pregava con un amore e una devozione così
intensi che tutti coloro che lo sentivano rimanevano ammirati e commossi210.
Propagó y enseñó cuanto pudo la devoción de la Stma. Virgen. Primero con su
ejemplo, rezándole ante toda clase de personas con la mayor devoción y en segundo
lugar con sus consejos, recomendando tener esta devoción siempre que encontraba
oportunidad211.
In mezzo secolo di questua ha diffuso il suo speciale saluto presso le case che
visitava: ‘Ave María purísima’, insieme a questo saluto seminava nei loro cuori la
devozione e la fiducia nella Vergine Madre di Dio.
El ‘Ave María purísima’ florecía en sus labios como una eterna primavera: al llamar
a una puerta en su constante pordiosear, al penetrar en cualquier local o al dirigirse a
todo grupo de personas. En mil ocasiones cada día encontrará motivos para
pronunciar, lleno de unción, esta frase de alabanza: ‘Ave María purísima’212.
Nell’incontrare i bambini, cercava sempre di educarli nella fede, inculcando in
loro la devozione alla Madonna e il gusto per la preghiera.
Cuando iba por las calles pidiendo ‘la santa limosna’ (así decía siempre), los
chiquillos le seguían y se acercaban a él. Siempre, en estos momentos, aprovechó el
Siervo de Dios para hacer su catequesis, preguntándoles si sabían el rezo del Padre
Nuestro y el Ave-María. Me gustaba verlo oír misa y rezar: parecía como que se
transformaba. Él no rezaba como los demás, sino que cuando decía ‘Dios te salve,
208
Cfr. Summarium, 105.
Cfr. FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 142.
210
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 180.
211
Summarium, 80.
212
FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 181.
209
67
María, llena eres de Gracia’, parecía que estuviese viendo a nuestra Señora; que,
después de saludarla, le decía que estaba llena de gracia, pero no a la manera que
nosotros rezamos, sino que hablaba con la Virgen y se incendiaba en su amor213.
E se a volte c’era in città qualche predicazione o qualche celebrazione dedicata
alla Madonna, cercava di essere sempre presente214.
Cuando la Virgen peregrina, Nuestra Señora de Fátima, procedente de Cova de Iría,
cándida mensajera de paz y gracia de Dios, recorría por primera vez muchas ciudades
y pueblos de España prodigando portentos sobre cuerpos y almas, parece que la
Virgen quiso dar un testimonio de benevolencia hacia su fiel Siervo. Llegó a
Granada, precedida por un halo de milagros y fervores populares. Fray Leopoldo no
podía quedar al margen de tal acontecimiento mariano. En actitud absorta y con el
corazón palpitante de dicha, esperaba en la calle de Reyes Católicos, entre la multitud
anhelante, apretados los cuerpos por la aglomeración y palpitantes los corazones por
el respeto que infunde todo lo sobrenatural. Aquella imagen había sido testigo de
repetidos prodigios. Al fin apareció a lo lejos la visión celestial. La cándida efigie de
María caminaba en desigual balanceo por los inciertos y difíciles pasos de los que la
portaban. Avanza sobre un mar de cabezas y de pañuelos en constante agitación y
entre una tempestad de palmas y vítores, que arreciaban más a medida que se
aproximaba la imagen. Entonces sucedió algo inusitado. Una de aquellas palomas,
objeto de todos los comentarios, porque se acurrucaban rumorosas a los pies de la
Virgen sin separarse de allí, levantó el vuelo y, revoloteando sobre la multitud, vino
a posarse sobre la encanecida cabeza de nuestro Hermano. Este la tomó con mimo y,
después de acariciarla, la lanzó al aire, dándole un beso que ella fue a depositar a los
pies de la Virgen. El hecho es auténtico. Se diría que fray Leopoldo, evangélicamente
sencillo según la frase de Cristo, “sencillos como palomas”, recibió esta
consideración de sus hermanas las palomas. Y la voz del pueblo - voz de Dios interpretó aquello, unánimemente, como una manifestación de la benevolencia de
María para con su fidelísimo siervo215.
Tra le sue devozioni mariane spicca quella delle ‘Tres Ave-Marías’216, con la
quale ha coltivato un apostolato di carità, di amore e di fiducia nella Madonna. Questa
devozione è rimasta così impressa nei cuori delle persone che non soltanto
confortava, sanava e consolava, ma li edificava e invitava ad affidarsi alla
213
Summarium, 522-523.
Cfr. FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 182.
215
FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 185-186.
216
La preghiera delle Tres Ave-Marías fu propagata in modo speciale dai cappuccini della provincia
di Valenza, che fondò nel 1902 una pubblicazione mensile, El Propagador de las Tres AveMarias.
214
68
Madonna217. Racconta Don Emilio Gonzalez Jimenez che «al llegar a cualquier casa
saludaba siempre con el Ave-María. Y las rezaba con tanta piedad, que yo siempre
he pensado que valían más sus tres Ave-Marías, más que los 365 rosarios que yo rezo
al año»218.
Muy frecuentemente se acercaban al S. de D. en las calles y plazas personas afligidas
y le pedían oraciones. El les animaba a tener mucha confianza en la Stma. Virgen y
muchas veces rezaba con los afligidos las tres Ave-Marías. Sé y me consta también
que muchas personas iban al convento a rogar al S. de D. que pidiera por sus
problemas o sus penas. No era solamente los que tenían enferma alguna persona de
la familia, sino que acudían a él en muchos problemas de su vida. Cuestiones y
problemas familiares, apuros económicos, asuntos de juzgado, etc. El S. de D. rogaba
con los visitantes y los consolaba y les animaba a tener confianza en el Señor y en la
Stma. Virgen219.
Molte persone accorrevano a fra Leopoldo nei momenti di sofferenza e di
necessità, non soltanto nelle case o per la strada, ma spesso andavano al convento per
sentire una parola di conforto e per pregare insieme ‘las tres Ave-Marías’. E spesso
questo bastava per consolare il loro cuore.
Llevarán los enfermos a la portería del convento para rezar con él sus avemarías. Por
el mismo motivo lo invitarán a sus propios domicilios. Le rogarán otros, dondequiera
tengan la fortuna de hallarlo, que las rece por sus intenciones: ¡cuántas veces se las
oímos por teléfono! Eran contestadas al otro extremo del hilo, a veces desde Granada
mismo; pero, en un sinfín de ocasiones, atravesaban o rebasaban la geografía patria:
desde Jaén, Barcelona, Tánger... Y es que aquellas avemarías tenían fama de
milagrosas. Y sin duda lo fueron en muchas ocasiones, rezadas por toda la familia,
de rodillas, junto al lecho del ser querido, cuando había naufragado toda esperanza.
¡Sobre cuántas aflicciones del cuerpo y del espíritu cayeron como milagroso
bálsamo! Pero no se han extinguido con él. Esta sementera de Avemarías, de tres en
tres, al modo como él las rezaba, sigue floreciendo y ensanchándose por el mundo en
alabanza de la Reina del cielo220.
Con fra Leopoldo Granada è diventata più mariana, poiché non era soltanto lui
che pregava la Madonna e la proponeva a tutti, ma erano le persone stesse che
pregavano e venivano a lui chiedendo di pregare insieme con loro. Infatti, testimonia
217
Cfr. FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 183.
Summarium, 55.
219
Summarium, 50.
220
FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 184-185.
218
69
Don Zacarias Martinez che «toda su vida, sobre todo, practicó y enseñó a practicar
con grande piedad y fervorosa devoción las tres Ave-Marías a la Stma. Virgen, las
cuales rezaba por iniciativa propia, y a ruegos de las innumerables personas que se lo
pedían»221.
Insieme alle ‘tres Ave-Marías’ aveva sempre il rosario tra le mani, facendone
la sua preghiera preferita. Allo stesso tempo non ha mai trascurato la preghiera
dell’Angelus. Al suono della campana cominciava a recitarlo ovunque si trovasse,
anzi spesso invitava i presenti a pregare con lui222.
He oído referir que entró en un establecimiento a pedir su limosna; sonó el Ángelus
y comenzó a rezarlo devotamente. Le respondían algunos, pero vio a un señor que
no contestaba y tenía el sombrero puesto. Interrumpió el rezo, y dijo a aquel señor:
“Oiga Vd., señor que también es su Madre”. Sé y me consta que el S. de D. parecía
tener siempre conciencia de la presencia de Dios. Siempre tenía el nombre de Dios
en su boca. Frecuentes eran en el cargo de limosnero como hombre que vive de la fe.
Y así se manifestó ya también anciano y enfermo223.
Nelle sue preghiere aveva sempre presenti i benefattori. Ogni volta che andava
in qualche casa offriva qualche immaginetta ai bambini e recitava la benedizione di
san Francesco d’Assisi.
Una volta in cui fra Leopoldo cadde ammalato, senza forze e senza poter fare
alcun lavoro, si consegnò ancora più intensamente alla preghiera, in modo speciale
per i suoi frati e per tutti i benefattori.
Ya muy anciano y enfermo, imposibilitado para el trabajo, pasaba largas horas del
día y de la noche en el coro, según decía: ‘Ya que no puedo hacer otra cosa, pido por
nuestros bienhechores y por nuestros hermanos’. Esto lo sé por haberlo observado en
el tiempo que he convivido con él; y de oídas sé que antes de que yo lo conociese era
un carácter igual y un religioso siempre constante224.
Allo stesso tempo, accettava la malattia e l’impossibilità di riprendere il suo
servizio, dicendo spesso «estando como Dios quiere, estamos bien»225.
221
Summarium, 106.
Cfr. FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 182.
223
Summarium, 56.
224
Summarium, 18.
225
Summarium, 90.
222
70
2.2.3. Fedele al carisma primitivo
La spiritualità francescana ha favorito nei secoli lo sviluppo di innumerevoli
devozioni legate a san Francesco d’Assisi e all’Ordine, ma soprattutto lo sviluppo del
carisma francescano, in modo speciale attraverso i numerosi santi che hanno saputo
adattare il carisma alle esigenze del loro tempo.
Infatti, come è stato già riferito, quando era ancora giovane, Francisco si è
lasciato affascinare dalla spiritualità francescana, in modo speciale da quella del beato
Diego Josè da Cádiz, sepolto a Ronda. Infiammato dal desiderio di perfezione disse
al predicatore che voleva essere frate come fra Diego226. Queste parole manifestavano
non soltanto la sua volontà, ma anche l’ardore e la fermezza interiore con cui volle
cambiare vita. Infatti, non fu semplicemente il desiderio di indossare l’abito, ma di
plasmare la sua vita su quella del beato Diego Josè da Cádiz, che con i suoi virtuosi
esempi e la sua vita di santità riempì di ardore il cuore del giovane Francisco. Tutta
la sua vita fu un costante sforzarsi per diventare un vero frate minore, sull’esempio
del beato Diego, che tanto lo ha colpito.
Sebbene questo beato abbia indirizzato la sua vocazione verso la spiritualità
francescana cappuccina, pian piano fra Leopoldo ha cominciato ad approfondire lui
stesso le radici di questa spiritualità, specialmente nei suoi primi anni di formazione.
Allora si è posto davanti a san Francesco d’Assisi, non soltanto attraverso la
formazione ricevuta dai suoi maestri o la lettura delle diverse agiografie e scritti, ma
soprattutto assimilando la sua spiritualità attraverso le diverse devozioni francescane
del tempo.
Il culto e la devozione eucaristica delle Quarantore è stata una devozione nata
dal Giubileo delle Quarantore, in cui l’Eucaristia rimaneva esposta in adorazione per
quaranta ore continue, ed è stata promossa dai cappuccini in Italia, specialmente da
fra Giuseppe da Ferno nella prima metà del secolo XVI227. Questa devozione fu
226
227
Cfr. Summarium, 331.
Cfr. FREGONA, I frati cappuccini nel primo secolo di vita (1525-1619), 59-60.
71
posteriormente propagata nella Spagna negli inizi del secolo successivo228. Da questo
si capisce che anche fra Leopoldo fece sua questa pietà eucaristica e la diffuse tra i
fedeli con abbondanti frutti spirituali.
Fra Leopoldo si ispirava alle devozioni francescane prendendo come modello
speciale san Francesco d’Assisi, che chiamava «nuestro Padre»229. Da lui trae il
rispetto e la venerazione verso i sacerdoti, i vescovi e il Papa:
Era muy respetuoso con los Sacerdotes y Obispos y con el Papa […] Tenía muy
presentes aquellas palabras de san Francisco: ‘Si alguno de vosotros, mis hijos,
encuentra alguna vez juntamente a algún Ángel y a un sacerdote, saluden primero al
sacerdote que al Ángel’. Al Papa lo veneraba y lo respetaba como buen Capuchino,
cumpliendo lo que para ello ordena la Regla. Y me consta que cuando tenía noticias
de que estaba enfermo el Papa, ya estaba pidiendo y orando porper su salud230.
Bisogna anche fare riferimento al tipico gesto e alla preghiera di san Francesco
ogni volta che passava davanti ad una chiesa231, che anche fra Leopoldo ripeteva
volgendo sempre il suo sguardo verso la porta e facendo una riverenza232.
La sua devozione alla Madonna, alla quale abbiamo già fatto riferimento,
assomigliava tantissimo non soltanto a quella di san Francesco d’Assisi, ma anche a
quella di tanti altri santi francescani e cappuccini, come sant’Antonio da Lisbona, san
Bonaventura, san Felice da Cantalice, san Leonardo da Porto Maurizio, il beato Diego
Josè da Cádiz, tra tanti altri…
Con relación al rezo de las Tres Avemarías, esa breve práctica de devoción mariana,
conocía de manera exhaustiva todo lo concerniente a ella: desde san Buenaventura,
que compuso y recomendó el rezo del Ángelus, hasta los más modernos apologistas
de la devoción. Sabía que san Antonio [de Lisboa] fue el primero en recomendar la
devoción de las tres Ave-Marías; y que san Leonardo de Puerto-Mauricio prometía,
228
Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 311-312.
Summarium, 58.
230
Summarium, 21.
231
Preghiera di san Francesco d’Assisi davanti alle chiese: «Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche
in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il
mondo». Testamento 5.
232
Cfr. Summarium, 57.
229
72
en cierto modo, la salvación a los que observaran esta saludable práctica, tanto por la
mañana como por la noche233.
Fra Leopoldo aveva, in modo speciale, assunto la devozione mariana di beato
Diego Josè da Cádiz234 e di san Felice da Cantalice235. Il primo, perché fu colui che
lo ha aiutato a diventare cappuccino, e la cui devozione Mariana lo colpì tantissimo.
Il secondo, per il fatto di identificarsi totalmente in lui, non soltanto come questuante,
ma per la semplicità di vita, che così profondamente ha ispirato fra Leopoldo.
Fra Felice da Cantalice, nella sua semplicità, aveva lasciato un ‘libro
spirituale’ come testimonianza della sua vita spirituale, ossia, un ‘libro di sei lettere’:
cinque lettere rosse, le piaghe di Cristo, e una lettera bianca, la Vergine Maria
Immacolata236. Questo libro ha certamente colpito in profondità fra Leopoldo da
Alpandeire che, sebbene sapesse leggere, non si era dedicato allo studio.
La devozione alla Madonna è l’esempio più chiaro dell’essenza dell’ideale
francescano vissuto da fra Leopoldo, giacchè tutti i santi e beati francescani e
cappuccini, senza eccezione, hanno cercato sempre di esserle profondamente devoti,
come lo fu san Francesco d’Assisi. Fra Alfonso Ramirez Peralbo scrive:
Y es que la devoción a la Virgen es algo consustancial a la esencia del ideal
capuchino, basta con ver cómo la han vivido los santos y beatos capuchinos siguiendo
siempre el ejemplo del Fundador, san Francisco de Asís. Todos los santos capuchinos
han cultivado una tierna devoción a la Virgen María, insertándose así en el más puro
filón de la luminosa tradición franciscana. De modo particular han mantenido
siempre vivo el culto a su Inmaculada Concepción. Ya las primeras Constituciones
capuchinas de 1536 prohibían añadir al rezo coral ningún otro oficio divino, con
excepción del Oficio de la Santísima Virgen (n. 42). En este mismo documento se
llama a la Virgen ‘dulcísima Madre’ de Jesús y ‘nuestra intercesora y abogada’ (n.
57) y se habla de Ella siempre unida a Cristo, o, después de Jesucristo, como
‘ejemplo’ a imitar en la pobreza franciscana (n. 58). El amor a la pobreza es la razón
por la que las iglesias capuchinas, en sus primeros tiempos, según cuenta el cronista
de la Orden Bernardino de Colpetrazzo, ‘eran pequeñas y se construían a la medida
de la Santa Casa de Loreto’. Desde el comienzo de la Reforma Capuchina, los santos
233
FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 183.
Per approfondire l’argomento consultare: C. MARTINEZ VALVERDE, El B. Diego: su figura y su
obra, Madrid, 1943-1945.
235
Per approfondire l’argomento consultare: R. BRANCA, L’asino dei frati. Fra Felice da Cantalice,
Roma, 1987. R. CORDOVANI, San felice da Cantalice. L’uomo del pane, Gorle, 2012.
236
Cfr. FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 183-184.
234
73
capuchinos destacaron por su amor y devoción a la Virgen; de alguna manera, todos
ellos evocan escenas conmovedoras, como aquella en la que la Virgen entrega el niño
a san Félix de Cantalicio, momento que ha quedado inmortalizado en el célebre
cuadro de Murillo. De san Félix también se cuenta que solía repetir: ‘Yo también soy
un estudiante: conozco perfectamente seis letras: cinco rojas, que son las santas llagas
y una blanca, la sexta, que es la Virgen Inmaculada’. Y a los hermanos más jóvenes
les recomendaba: ‘Cuando se va a la calle, hay que llevar la mente en el cielo, los
ojos en el suelo, y el rosario entre las manos’. Otro día sería san Crispin de Viterbo
el que nos recordaría su profundo amor a la Virgen cuando, en su oficio de cocinero,
levantaría un altarcito a la Virgen María en su cocina porque no podía apartar los
ojos ni el corazón de su madre celestial. En la cocina, Fr. Crispin: si echaba sal a la
olla, se la ofrecía antes a la Virgen, si limpiaba las verduras, también. El mismo fuego
le hablaba del amor inmenso de María. Ante el altar de la Virgen en la cocina, nunca
faltaban flores y Fr. Crispin se sentía allí músico, poeta y serafín. Y, ¡qué decir de
san Conrado de Parzham, san Ignacio de Láconi y tantos otros!237
Infine è anche da sottolineare la profondissima devozione di fra Leopoldo
verso gli angeli, in modo speciale san Michele Arcangelo e l’Angelo custode,
devozioni molto francescane. E così, anche queste devozioni possono aiutare a capire
con più chiarezza l’influenza che la spiritualità francescana ha avuto su di lui.
La speranza della sua personale santificazione e salvezza lui la pose nel
compimento della legge di Dio e della Regola di san Francesco d’Assisi, approvata
da Papa Onorio III nel 1223.
Tenía gran amor y reverencia a la Santa Regla. Siempre la llevaba consigo, como
antes estaba ordenado. Cuando tenía algún momento libre la leía detenidamente. Y
en todo momento procuraba cumplirla escrupulosamente, y la observó de esta manera
hasta la muerte. […] Su vida de mortificación, de sacrificio y de penitencia y su
estricto cumplimiento de las Reglas le defendían de caer en pecado. Era muy
mortificado del sentido de la vista y siempre hablaba a las señoras con los ojos bajos,
sin intentar siquiera mirarlas238.
Infatti, fra Leopoldo cercava di compiere in tutto la Regola. Nei rigidi inverni
di Granada fra Leopoldo camminava per via con i piedi scalzi, e se il superiore gli
237
238
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 180-181.
Summarium, 21-22.
74
chiedeva di usare le scarpe rispondeva: «Padre, es muy molesto llevar calcetines.
Luego se rompen por el talón y por la punta y no tiene uno quien se los cosa»239.
Fra Leopoldo, incarnando il Vangelo e osservando fedelmente la Regola di san
Francesco d’Assisi e le Costituzioni cappuccine, divenne un chiaro esempio per tutti
i frati del convento, i quali lo guardavano con grande devozione e lo ritenevano un
frate da imitare.
Los de dentro del convento, todos sin excepción, que podían haberse dado cuenta de
algún defecto que hubiera en él, por el contrario, todos, viejos y jóvenes, han hablado
siempre bien de él, y para todos es un santo. Por eso mismo, cada día era mayor la
veneración que todos sentían por él240.
La sua sapienza non era quella degli studiosi, ma si traduceva in una sapienza
di vita, quella che lui aveva vissuto nel proprio corpo e nella propria anima. Così,
sorprendeva tutti con sagge riflessioni e consigli.
Los Hnos. Coristas que estaban estudiando, llamaban al S. de D. para que se sentara
con ellos. Le preguntaban, le consultaban, le oían con mucho gusto. Muchas veces
me referían: “Fr. Leopoldo no ha estudiado como nosotros, pero dice cosas tan
hondas que nos dejan asombrados”. También las RR. Capuchinas, estando ya el S.
de D. muy anciano y achacoso, pedían a veces que lo enviaran a su convento para
verlo, hablarle y tomar consejos suyos241.
2.3. Le virtù principali
Fra Leopoldo ha coltivato le virtù cristiane in tutta la sua vita, nonostante le
difficoltà e le prove inerenti il servizio della questua e le persecuzioni religiose.
Se da una parte, come frate cappuccino, aveva promesso di osservare i consigli
evangelici, allo stesso tempo fu chiamato a viverli in modo silenzioso, essendo umile
verso tutti, anche verso quelli che lo perseguitavano.
239
Summarium, 31.
Summarium, 136.
241
Summarium, 62.
240
75
Queste virtù splendevano in lui non soltanto attraverso il suo modo di essere e
di agire, ma specialmente attraverso l’amore verso tutti che sgorgava del suo cuore.
2.3.1. L’osservanza dei consigli evangelici
Il consiglio evangelico della povertà significava espropriarsi in senso globale,
senza conservare per sé qualche bene, espropriandosi di tutto, donandosi e affidandosi
totalmente all’obbedienza nelle mani del superiore, era il primo passo per arrivare
alla perfezione evangelica.
Fra Leopoldo cercava di essere obbediente in tutto, e aveva coscienza che
questa era la base della vita religiosa. Praticava l’obbedienza devotamente, al punto
che mai ritenne inopportuno qualche incarico o fece qualche protesta. Uno degli
esempi più significativi è dato da fra Benito da Illora, quando testimonia che: «en
tiempo de persecución los Superiores querían que saliese con traje de paisano […].
El S. de D. sentía gran repugnancia a dejar el hábito, pero obedecía siempre al
Superior»242.
Voleva compiere sempre e con esattezza tutti i comandamenti di Dio e i
precetti della Chiesa, anche se a volte sembrava agli altri frati un’obbedienza un po’
esagerata. Infatti,
[…] con el mismo espíritu cumplía las reglas y Constituciones de la Orden y los
mandatos de los Superiores, a los que obedecía al momento, con toda puntualidad y
exactitud. Sé y me consta que de palabra y de ejemplo enseñó a otros la virtud de la
obediencia. Cuando alguno creía exagerada su obediencia a la Regla o a los
Superiores, y hacia algún comentario su respuesta era “esto es lo que está
mandado”243.
Fra Leopoldo da Alpandeire ha seguito le orme di san Francesco d’Assisi,
praticando la virtù soprannaturale della povertà nell’uso del necessario per il
242
243
Summarium, 34.
Summarium, 93.
76
quotidiano. Come san Francesco d’Assisi, amava non soltanto i poveri ma anche la
povertà, non disincarnata, ma secondo Cristo che si è fatto povero244. Cercò di vivere
lo spirito francescano in sommo grado, non volendo nulla per se stesso, ma tutto
quello che gli apparteneva lo donava agli altri245.
Alguna vez pedía a los Superiores las cosas más imprescindibles, como un pañuelo,
o cosa así. Nunca se oyó decir que en su oficio de limosnero se quedara con algo que
le dieran aunque fuese como obsequio para él. Todo lo entregaba igualmente a la
Comunidad, aún las cosas más pequeñas246.
Mai ha trattenuto qualcosa per sé stesso dalla questua. Tutto quello che gli
donavano, lo consegnava al superiore o a qualche povero che spesso assisteva. In
realtà, quando si ammalava, consegnava subito al superiore tutte le elemosine raccolte
nel giorno precedente, affinché non rimanessero in suo potere indebitamente247.
Riguardo all’abito, cercava di mantenerlo pulito e decoroso, ma non voleva
usare un abito nuovo, diceva sempre che stava bene così. Invero, non soltanto l’abito,
ma anche il cordone e i sandali248 li portava fino all’estremo249.
Anche con il cibo fra Leopoldo praticava una straordinaria temperanza. Se a
volte il cibo era gustoso, cercava di non mangiarlo, dissimulando come poteva. Nel
caso gli altri frati lo notassero, lui si scusava dicendo: “Tengo alguna cosilla… estoy
algo delicado y creo que puede hacerme mal”250. Ogni volta che si asteneva dal
mangiare qualcosa lo faceva per mortificazione o perché aveva qualche malattia che
nascondeva che glielo impediva251.
Per tutta la vita fu uno straordinario custode della castità, cercando di evitare
sempre tutto quello che potesse comprometterla. Nonostante la sua lotta costante per
244
Cfr. Summarium, 334.
Cfr. Summarium, 466.
246
Summarium, 202.
247
Cfr. Summarium, 21.
248
A un certo punto, specialmente quando era già anziano, il suo superiore lo obbligò ad usare i sandali
diverse volte, specialmente quando il freddo si faceva sentire con più intensità.
249
Cfr. Summarium, 202.
250
Summarium, 30.
251
Cfr. Summarium, 30.
245
77
preservare la castità dalle diverse tentazioni, agiva sempre con straordinaria
semplicità e naturalezza in modo che non faceva capire a nessuno le sue lotte interiori.
Procuraba aumentar su castidad con el recogimiento, con la persistencia y la continua
oración. Incluso por las calles, además de llevar la vista muy recogida, iba
frecuentemente rezando el Sto. Rosario. Con las mujeres, en casos precisos trataba
con mucha modestia y con los ojos bajos, haciendo la entrevista lo más breve posible.
Sé y me consta que el S. de D. siempre que tenía ocasión, aconsejaba a las mujeres
sobre la modestia en el vestir; pero siempre lo hacía sin herir a nadie; con la mayor
prudencia y caridad252.
Non è stato sicuramente facile per fra Leopoldo mantenersi fedele ai consigli
evangelici, giacché ogni giorno, non soltanto nel convento, ma specialmente per la
strada, si trovava davanti alle più diverse tentazioni. Queste battaglie pian piano
diventarono straordinarie prove di fede e di perseveranza, mettendo in evidenza la
sua santità. Lo testimonierà fra Benito da Illora, che visse con fra Leopoldo più di 30
anni:
Era de un carácter entero, siempre igual, celoso de su deber, lleno de virtudes que
practicaba de una manera sencilla, y de un modo heroico. Creo que sus virtudes
fueron heroicas como lo prueba que enfermo, debilitado, sin fuerzas para nada, no
flaqueaba en el cumplimiento de sus deberes y de su oficio. Tenía genio, tenía el
carácter fuerte, pero sabía frenarse y hacerse fuerza con perfecto dominio de sí
mismo. Creo y me consta por su vida y sus ejemplos, que practicó el S. de D. en
grado heroico las virtudes teologales de la fe, esperanza y caridad y las cardinales de
prudencia, justicia, fortaleza y templanza253.
2.3.2. Silenzioso e umile verso tutti
Tutta la vita di fra Leopoldo fu marcata da un profondo silenzio e da una umiltà
impressionante. Sia prima di entrare in convento, che come frate cappuccino, il
silenzio e l’umiltà verso tutti caratterizzano la sua personalità.
252
253
Summarium, 119.
Summarium, 18.
78
Sia nel convento che per la strada, fra Leopoldo parlava pochissimo, e quando
parlava si limitava a rispondere con frasi fatte, come faceva san Felice da Cantalice.
La sua vita fu vissuta in silenzio, come aveva raccomandato san Francesco
d’Assisi254. Quando andava per le vie di Granada a fare la questua, camminava
sempre con gli occhi per terra e il cuore nel cielo255, e se per necessità doveva dire
qualcosa, era sempre per parlare con Dio e di Dio256. Nei suoi consigli, dati sia ai laici
che ai frati, presentava sempre il silenzio come arma di combattimento verso le
mormorazioni, dicendo che «para ser santo hay que tragar mucha saliva»257. E fra
Leopoldo era il primo a dare l’esempio.
Davanti all’instabilità politica ed ai conflitti, a volta violenti, vissuti in Spagna,
fra Leopoldo rimaneva in silenzio, non interveniva in questioni politiche o sociali,
neanche leggeva i periodici258. Si rattristava per tutto quello che sentiva accadere in
Spagna – specialmente con l’arresto e la morte dei sacerdoti e dei frati, come anche
per la profanazione e la distruzione di tantissime chiese e conventi –, ma non
commentava nulla.
No se metió en problemas de política. Disculpaba incluso a los que atentaron contra
la Religión, tratándolos de ‘pobrecitos’, y nunca los calificó con términos duros. […]
En la Guerra Civil, jamás se le oyó una palabra de odio al enemigo […] los
consideraba más equivocados que malos259.
Mai si è sentita qualche critica o rimprovero dalla bocca di fra Leopoldo sulla
situazione politica o sociale di Spagna. L’unico suo gesto di fronte a tutto ciò era di
pregare per loro, per la loro conversione. Allo stesso modo, le persone che si
avvicinavano a lui per chiedere dei consigli, non lo cercavano per risolvere i loro
problemi politici, ma quelli quotidiani.
Poiché in lui non c’era alcuna traccia di vanagloria o orgoglio, si poteva
ammirare una umiltà straordinaria. Questo è confermato non soltanto dal suo lavoro,
254
Cfr. Rnb 11.
Cfr. Summarium, 56. Questo episodio rimanda alla predica del buon esempio, attribuita a san
Francesco d’Assisi, citato nella p.106 di questo lavoro.
256
Cfr. Cost. 1536, 314-315.
257
Summarium, 66.
258
Cfr. Summarium, 332, 416.
259
Summarium, 315-316.
255
79
giacché mai commentava la quantità delle elemosine ricevute, ma anche dal suo modo
di essere e di stare con le persone, specialmente davanti agli elogi.
Siempre pensó el S. de D. de sí mismo que era un pecador, y un religioso peor que
los demás. Nunca hablaba de sus trabajos ni de sus fatigas. Muchas veces andaba
mucho, ya anciano, enfermo, pero nunca comentaba ni se quejaba, ni menos jamás
se gloriaba ni se jactaba de su modo de cumplir los mandatos de los Superiores ni de
su modo de obedecer a la Regla. Nunca hablaba de sí propio. Era enemigo de que le
hicieran fotografías260.
Fra Leopoldo aveva non soltanto un’umiltà straordinaria rispetto agli elogi
ricevuti, ma ancor più grande verso le ingiurie e le umiliazioni sofferte. Infatti, se da
una parte c’era chi lo lodava e lo chiamava santo, dall’altra c’era chi lo perseguitava
e ingiuriava.
Di fronte agli elogi ricevuti, si lamentava e si scherniva, dicendo al fratello che
lo accompagnava: ‘Esto va mal, hermano; esto va mal’. Quando invece lo insultavano
e lo ingiuriavano, si rallegrava e diceva con giubilo: ‘Hermano, esto va bien; esto es
lo que merezco’. Così metteva in pratica la perfetta letizia di cui parla san Francesco
d’Assisi. Tra le testimonianze c’è quella di Don Francisco Vacchiano García, che
afferma:
Entre la gente había de todo: la mayoría lo aceptaba, lo acogía benévolamente; los
que no lo miraban bien, eran los que habitualmente rechazaban todo lo que
significaba religión, hábito religioso. Cuando el S. de D. tenía más dificultades
(alguna vez le tiraron piedras; o el frío o el calor, etc.), él, como hablando consigo
mismo, se decía: ‘Leopoldico, esto va bien’. Por el contrario, cuando las
circunstancias le eran favorables, se decía ‘Leopoldico, esto va mal’261.
Durante la persecuzione contro i religiosi, nonostante il pericolo, fra Leopoldo
continuò a fare la questua e mantenne la sua vita di pietà. Lo facevano soffrire
tantissimo le profanazioni delle chiese, dei monasteri e delle case religiose. Mai
trascurò la devozione delle Tres Ave-Marias e la visita al Santissimo262.
260
Summarium, 120.
Summarium, 303.
262
Cfr. Summarium, 107.
261
80
A causa delle persecuzioni sofferte, a un certo punto fu obbligato a fare la
questua senza l’abito religioso, anche se contro la sua volontà. Fu necessario che il
superiore glielo ordinasse, poiché a fra Leopoldo dava molto fastidio uscire dal
convento senza abito. E quando la persecuzione divenne più feroce, con il rischio
dell’invasione del convento, i frati furono mandati a dormire nelle case di familiari e
benefattori. Per fra Leopoldo fu molto pesante dormire fuori convento263.
Ugualmente si rattristava sempre quando veniva a sapere che qualche vescovo,
sacerdote o laico era stato martirizzato o carcerato. Pregava per tutti e non poche volte
si recò al carcere per visitarli264.
I suoi sentimenti verso i persecutori furono sempre di misericordia e di
compassione, non conservando alcun odio o rancore verso i persecutori della Chiesa.
Infatti, «siempre les compadecía y pedía por ellos. Nunca tuvo para los perseguidores
una palabra de odio ni de rencor. Siempre decía: ‘Pobrecitos, pobrecitos. Hay que
pedir mucho por ellos’»265. E tantissime volte diceva: «No saben lo que hacen»266.
In mezzo a questi avvenimenti tragici e dolorosi non ha mai abbandonato la
sua vita di unione con Dio. Continuò a fare pazientemente e con carità la questua per
le vie di Granada, nonostante gli insulti e le molestie sofferti267. Innumerevoli volte
fu picchiato e maltrattato dai bambini268, che si divertivano con il paziente frate,
gettandogli pietre e immondizie.
En una ocasión, al entrar en una fábrica, creo que en Pinos Puente, en tiempos muy
revueltos, los obreros comenzaron a gritar: ‘¡Que le afeiten! ¡Que le corten el
pescuezo!’ y a la vez otros blasfemaban. El S. de D. les dijo: ‘Si queréis mi cuello
aquí lo tenéis; pero el nombre de Dios respetadlo, y cuando lo toméis en vuestros
labios sea para bendecirlo’. Alguien salió en defensa del S. de D. y le dijo: ‘Hermano,
no haga Vd. caso; éstos son unos brutos, animales, que no saben lo que dicen’. Se
263
Cfr. Summarium, 21.
Cfr. Summarium, 107.
265
Summarium, 108.
266
Summarium, 21.
267
Cfr. Summarium, 309.
268
Molto probabilmente nella maggior parte delle volte i bambini lo facevano su mando degli adulti
o perché lo vedevano fare da loro.
264
81
calmaron y el S. de D. iría en busca del Director o Administrador, supongo para
recoger su limosna269.
Una testimonianza evidente dello spirito umile verso le persecuzioni è quella
di Don Emilio Gonzalez Jiménez, che racconta un episodio narrato dai frati Jesús e
Isidro:
Cuando ya quedó enfermo y anciano, y no pudo salir a pedir limosna designó el
Superior a Fr. Jesús y a Fr. Isidro, jóvenes, para que fueran a pedirla, sustituyendo al
S. de D. Fueron a Maracena. Allí les insultaron y se burlaron de ellos. Ellos cogieron
el primer tranvía y regresaron al convento. Encontraron al S. de D. en la portería, que
extrañado les preguntó: ‘¿Cómo vuelven tan pronto?’. Refirieron ellos lo que les
había acontecido, y el S. de D. les dijo: ‘Eso no es nada. A mí me apedreaban’. ¿Y
que hacía Vd. entonces? -dijeron ellos- ‘Comenzaba a pasar las cuentas del Rosario.
Y si ya llegaban las piedras muy cerca, me ponía de rodillas, en cruz, en medio de la
calle’270.
Il 9 febbraio 1956, alla morte di fra Leopoldo, un mare di gente accorse al
convento per vedere un’ultima volta il santo. Era morto un anziano novantenne, già
infermo, che non aveva il merito di aver realizzato opere clamorose a vantaggio della
città, non aveva neanche lasciato la sua terra per diventare missionario in terre
lontane, e neppure aveva creato qualche opera sociale, che mai aveva parlato da
cattedre e pulpiti, che non brillava per la sua scienza, che non era neanche sacerdote.
Fra Leopoldo fu soltanto un umile frate cappuccino che aveva percorso le vie
di Granada tutti i giorni per circa cinquant’anni, chiedendo l’elemosina di porta in
porta. Ed è stato attraverso il suo annichilamento quotidiano che Dio ha realizzato la
sua opera271. Con la sua semplicità di vita faceva capire, in maniera viva e chiara,
come lo Spirito opera grandi cose nei piccoli e negli umili, che si aprono senza riserve
alla sua azione272. Infatti, vivendo ogni giorno nella semplicità e nell’umiltà, con lo
sguardo sempre fisso in Dio, mettendosi tra gli ultimi, fra Leopoldo era arrivato al
cuore di tutti.
269
Summarium, 29.
Summarium, 55.
271
Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 189-190.
272
Cfr. Lc 1,48-49.
270
82
2.3.3. Cuore immenso
Fra Leopoldo aveva un cuore immenso verso tutti. Sempre si presentava
amabile, pieno di carità e dolcezza verso tutti273, senza fare distinzione tra ricchi e
poveri, credenti e non credenti. Amava tutti allo stesso modo con una carità
immensa274.
Tuvo una caridad extremada para con el prójimo. Era delicado, fino, educado.
Visitaba a los enfermos. En el convento se esmeraba con todos. Caridad sobrenatural:
servicial sin alarde, sencillo en todo. Era una caridad muy por encima del común de
la gente. Era especialmente sensible a los problemas ajenos; sin levantar la vista del
suelo, captaba perfectamente las necesidades del prójimo275.
La sua preoccupazione e attenzione verso gli ammalati del convento era come
quella di una madre. Fra Leopoldo cercava sempre di portare sollievo ai suoi fratelli,
sia attraverso la preghiera, o qualche parola di conforto, sia tramite qualche cibo o
medicina che potesse attenuare il loro dolore. Se gli regalavano qualche dolce o
liquore, amabilmente lo accettava, non per se stesso, ma per donarlo a qualche frate
infermo della fraternità.
Una vez en casa de los Sres. Zayas, le ofrecieron cognac. Dijo: “No, yo no lo tomo;
no puedo; pero lo llevaré si me lo dan para un hermano que padece de las muelas; y
puede enjugarse con un poquito de cognac y se le alivia”. Quisieron darle la botella
pero sólo admitió un poco en un frasco276.
Un altro esempio della sua carità e dedizione verso i frati ammalati del
convento è quello di frate Leandro di Écija, che soffriva di peritonite277:
Le estaba asistiendo Fr. Leopoldo en el Hospital de san Juan de Dios. El enfermo
pedía el Viático; pero tenía continuos vómitos y el Capellán D. Jesús Castro no
juzgaba prudente dar al enfermo el Viático. Insistía el enfermo, intercedía el S. de
D., en vano. Al fin, el S. de D. dijo al Capellán: ‘D. Jesús Vd. dé el Viático al
hermano. Si arroja después, aquí estoy para tomar lo que arroje’. El Capellán al fin
273
Cfr. Summarium, 28.
Cfr. Summarium, 61.
275
Summarium, 310.
276
Summarium, 31.
277
La Peritonite è l’infiammazione del peritoneo provocando, tra altre sintomi, il vomito.
274
83
llevó el Viático al enfermo bajo responsabilidad del S. de D.. Después de comulgar,
el enfermo cruzó los brazos sobre el pecho y dio gracias al Señor… y dándole gracias,
pasando unos diez minutos, falleció santamente sin haber vomitado después el
Viático278.
Ma la sua preoccupazione e attenzione non si rivolgeva soltanto ai frati
ammalati, ma anche verso quelli della città, che spesso visitava. Infatti, sia nel
convento sia nella città, fra Leopoldo era sempre molto attento ai bisogni e alle
sofferenze di tutti.
Nel suo ufficio di questuante, fra Leopoldo non solo cercava il bene della
fraternità, ma anche del prossimo. Svolgeva il suo apostolato verso quanti si
avvicinavano a lui, attraverso i suoi consigli, diffondendo la devozione alla Madonna
e l’amore e la fiducia in Dio, distribuendo medaglie e immagini, sempre
accompagnate da parole edificanti e da consigli spirituali279. Cercava di convertire i
peccatori, invitandoli ad abbandonare la via del peccato per abbracciare l’amore di
Dio e la consolazione della Vergine Maria.
En la calle de la Cruz, el S. de D. recogió limosna en una casa. Iba a llamar a la casa
siguiente, que era una casa sola. Le dijeron los vecinos de al lado que no entrara allí.
Resultó que allí vivía una mujer casada que no tenía la vida muy ordenada. El S. de
D. o no lo oyó o no hizo caso. Llamó. Le abrieron. Él siempre al entrar en una casa
decía: ‘Alabado sea Dio’ y al llegar al piso decía: ‘Ave María purísima’. Y
preguntaba con amable caridad por todos los de la casa. Así lo hizo esta vez. El S. de
D. que no sabía quién era esa mujer, le aconsejó y le animó a servir y a amar mucho
al Señor. Cuando se despidió el S. de D. la señora le acompañó hasta la puerta y le
dijo que siempre llegara por su casa. Desde entonces aquella mujer se aconsejó
mucho con el S. de D. y cuando éste murió se estuvo toda la noche acompañando el
cadáver sin alimentarse ni descansar, y le acompañó hasta el cementerio. Yo le he
oído decir a esta mujer varias veces: ‘Desde que entró el S. de D. en mi casa, entró
en ella la paz y la tranquilidad’. Desde aquel primer encuentro con el S. de D. esta
mujer ha llevado una vida verdaderamente cristiana280.
Fra Leopoldo aveva una grande simpatia verso i bambini, i quali accorrevano
gioiosi, senza paura, come se vedessero in lui un bambino come loro. Infatti, i santi
278
Summarium, 24.
Cfr. Summarium, 83-84.
280
Summarium, 110.
279
84
sempre hanno avuto un rapporto particolare con i bambini e loro sempre sono riusciti
a riconoscere i santi da lontano.
Tenía la sencillez, el candor, el corazón y hasta los ojos de niño, y los niños miraban,
en la calle, su figura venerable sin miedo y con respetuoso afecto, mientras las madres
eran felices cuando podían acercarle a sus hijos para que les diera una estampa, una
medalla, mientras invocaba sobre ellos las bendiciones celestes. […] Los chiquillos
se le acercaban para besarle el cordón franciscano y él los recibía bondadosamente,
se entretenía con ellos, les hablaba de Dios, les daba a veces alguna nuez […], u otra
cosa que llevaba en el bolsillo. La gente que va por la calle con tanta prisa, se paraba
para observar, edificados, estos gestos de cariño, de afecto y de caridad281.
Fra Leopoldo amava i bambini e aveva un modo straordinariamente semplice
e dolce di stare in mezzo a loro. Così, loro si lasciavano affascinare da quest’ uomo,
non soltanto perché si presentava in modo diverso, ma soprattutto perché i suoi occhi
brillavano come quelli dei bambini, riuscendo a conquistare i loro cuori, come quelli
delle loro madri, che gioivano sempre quando fra Leopoldo posava su di loro le sue
mani, li benediceva e donava loro qualche medaglia, immagine, noci o caramelle.
Essi si avvicinavano a lui per baciargli il cordone dell’abito e lui con bontà li
accoglieva, si intratteneva con loro e parlava di Dio. Le persone che passavano, anche
se andavano di fretta, si fermavano per contemplare i suoi gesti di affetto e di carità
verso i bambini.
In fondo, fra Leopoldo era non solo disponibile per la gente, ma l’amava di
cuore. La sua relazione con tutti era molto fluida e piena di affetto. Si può dire che
fra Leopoldo sempre è stato, più che un frate per il popolo, un frate del popolo.
281
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 169-173.
85
CAPITOLO III
IMMAGINE DELLA FRATERNITÀ
Nella Regola non Bollata si legge che la vita dei frati questuanti282 doveva
essere modello ed esempio, metodo efficace per l’evangelizzazione e l’edificazione
della gente. Nel loro quotidiano i frati erano chiamati ad essere annunciatori del
Vangelo di Cristo, prima di tutto con l'esempio, con la testimonianza e, se necessario
con l’uso delle parole283, cercando di trasformare in linguaggio evangelico eloquente
la loro presenza e azione nel mondo284. Avere uno spirito forte, una fede salda e una
carità premurosa verso gli altri doveva essere, congiuntamente all’umiltà e
all’osservanza dei consigli evangelici285, uno dei criteri imprescindibili per diventare
frate questuante. Trovare un frate che riuscisse a corrispondere lodevolmente a tutte
queste esigenze, per un lungo periodo di tempo, non era un compito facile.
Confrontando l’ideale dei frati questuanti cappuccini con l’ideale del carisma
francescano e con la vita di fra Leopoldo da Alpandeire, si può capire meglio
l’apporto che i frati questuanti hanno dato non soltanto alla società, ma anche alla
fraternità locale e a tutto l’Ordine.
3.1 Il cuore della vocazione Cappuccina
Il legame tra Dio Padre e l’umanità in Gesù Cristo viene a orientare l’uomo
verso la fratellanza universale286. La spiritualità francescano-cappuccina ha preso a
cuore quest’ideale di fraternità, infatti, lo stesso Francesco d’Assisi affermò: «Il
282
In questo capitolo si prenderà in considerazione soltanto l’ideale del frate questuante cappuccino,
non facendo riferimento a quelli che con i loro cattivi esempi e la non osservanza della Regola hanno
danneggiato la loro immagine.
283
Cfr. Rnb 17,3; VbF 151; Mem 163.
284
Cfr. VbF 97.
285
Cfr. J. RATZINGER, Guardare Cristo, esercizi di fede, speranza e carità, Vaticano, 2009, p.20.
286
Cfr. R. SPIAZZI, Fonti bibliche: i dati etico-sociali nella antropologia della Bibbia, in Enciclopedia
del pensiero sociale cristiano, a cura di R. Spiazzi, Bologna, 1992, p.15.
86
Signore mi dette dei fratelli»287. Non fu Francesco che cercò dei fratelli, ma il Signore
glieli portò, pertanto la fraternità non fu un’invenzione e desiderio di Francesco288,
ma di Dio stesso, così che da lui e da quanti venero ad aderire ad essa fu accolta con
tutto il cuore. Similmente, l’incontro con il lebbroso289, dove l’iniziativa non fu di
Francesco, ma del Signore che lo condusse tra loro e usò con essi misericordia290,
viene a sottolineare l’apertura agli altri, vedendoli come fratelli da amare.
Ogni frate questuante cappuccino è chiamato ad avere ben presente nella sua
vita e vocazione questi due pilastri, che sorreggono la sua vita religiosa, cioè il
rapporto d’amore verso Dio Padre e verso i fratelli. Sarebbe impossibile pensare di
essere fedeli alla vocazione cappuccina senza vivere il rapporto filiale con Dio e la
relazione fraterna con tutti gli uomini291.
3.1.1 ‘Tutto per amore di Dio’
Poiché il cuore di ogni vocazione deve ruotare primariamente intorno al
«Signore Dio onnipotente nella Trinità e nell’Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo,
Creatore di tutte le cose292, tutto deve essere fatto per amore di e verso Dio. Lui deve
essere sempre il centro, non soltanto dell’agire, ma di tutta l’esistenza umana293. Così,
tutta l’attività svolta dai frati ha come scopo finale quello di amare ed essere amato
da Dio.
Francesco d’Assisi si poneva nelle mani di Dio e riteneva la questua segno
della fiducia nella divina provvidenza. Diceva che «il pane dell’elemosina è pane
287
Testamento 14.
Cfr. ESSER, Origini e inizi del movimento e dell’ordine francescano, 42-43.
289
Cfr. Testamento 1-3.
290
Cfr. Testamento 2.
291
«L’affermazione della fede dell’incarnazione di Dio non attesta, infatti, soltanto l’esistenza di un
qualche legame tra Dio e l’uomo […] ma la più alta e reale unità di entrambi in un’unica persona, secondo una
forma connettiva che trova il suo limite solo nel fatto che Dio e l’uomo non devono essere confusi l’uno con
l’altro». L. SCHEFFCZYK, Il mondo della fede cattolica. Verità e Forma. Con un'intervista a Benedetto XVI,
Milano, 2007, p.159.
292
Rnb 21,2.
293
Cfr. Rnb 23,8-11.
288
87
santo, santificato dall’amore e dalla lode di Dio, poiché quando un fratello va per
l’elemosina dice innanzitutto: “Sia lodato e benedetto il Signore Dio!”. Poi deve dire:
“Fateci l’elemosina per l’amore del Signore Dio”»294.
Questo si rispecchiava non soltanto nella questua quotidiana ma in tutti i
momenti della vita di fra Leopoldo, giacchè lui non soltanto credeva e sperava in Dio,
ma fin dalla giovinezza ha amato Dio sopra ogni cosa. Parlava di Dio con amore,
cercava con amore di fare la sua volontà, in modo che tutta la sua vita fosse un puro
atto d’amore e tutto faceva con questa intenzione in ogni momento della sua vita295.
L’espressione che ripeteva spesso – ‘Sea todo por amor a Dios’ – lo accompagnò
sempre, soprattutto negli ultimi anni di malattia che lo portò alla morte.
Poiché la fede deve essere vissuta come limpida adesione al Dio che si è
rivelato in Gesù Cristo crocifisso e donato ad ogni uomo e ogni donna, il frate, ad
immagine di san Francesco d’Assisi, è chiamato ad avere un amore appassionato
verso Cristo Crocifisso, completando in sé i patimenti di Cristo sulla croce in modo
da conformarsi totalmente a Lui296.
Così, il frate questuante, dinanzi al Crocifisso, è chiamato a percepire l’amore
sconfinato del Padre per l’umanità, toccando con mano il peccato dell’uomo e la sua
piccolezza nel corrispondere a tale amore. Avendo in sé il desiderio di stare dinanzi
a Dio, tutto ciò che fanno e dicono riporta all’amore misericordioso del Padre297.
Anche se ad un primo sguardo la vita dei frati può sembrare linearmente
statica, circoscritta ad una Regola298 e ad una struttura istituzionale, la tensione di
294
SpecP 23.
Cfr. Summarium, 317.
296
Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 136.
297
Cfr. Summarium, 333, 523.
298
«La Regola si impone come una necessità. Il gruppo, accresciuto di numero, accetta un livello
medio di qualificazione spirituale. Impegnato in obiettivi concreti di responsabilità collettiva al servizio di una
Chiesa visibile e istituzionalizzata, esso vede la necessità di fissare il movimento iniziale in quadri organici e
in norme di vita; inoltre comprende l’urgenza di una formazione accurata dei membri e di un indirizzo ascetico
unitario.» L. IRIARTE, Vocazione francescana, Sintesi degli ideali di san Francesco e santa Chiara, quarta
edizione italiana a cura di T. Jansen e W. Block, Bologna, 2008, p.19.
295
88
offrirsi sempre di più in dono a Dio nello Spirito di Cristo contribuisce a vivere una
spiritualità tesa ad un rinnovamento perenne299.
Ebbene, l’amore a Dio di fra Leopoldo fu in continua crescita. Il fidanzamento
prima, la disponibilità a svolgere umili lavori nei conventi dove dimorò, così come la
sua serena accoglienza per amor di Dio di ogni difficoltà e delle sofferenze, sono
alcuni degli esempi di questo crescente affidamento, come si legge nella Relatio et
Vota:
Il suo rapporto con Dio si è andato maturando nel corso della sua vita,
impreziosendosi di un’ulteriore maturità spirituale acquista nella fraternità religiosa.
Il suo dialogo con Dio è sincero e profondo in ogni circostanza della vita, anzi il suo
annuncio di fede avviene anche in situazioni contrarie come durante il periodo della
II Repubblica. Non si preoccupa della sua vita quanto piuttosto annunciare il Vangelo
di Cristo anche in tempo di persecuzione. Le sue conversazioni con tutti dai più
piccoli ai più grandi, dai poveri ai facoltosi sono una continua catechesi sull’amore
di Dio che richiama la fedeltà dell’uomo con una risposta generosa e sincera300.
Dalla continua comunione con Dio, accogliendo nella loro vita la sua amicizia
e consigli, i questuanti trovavano la forza per portare avanti e fare bene il loro
ufficio301. Attraverso una sincera, viva e vivificante adesione di fede, erano chiamati
a rendersi conto del loro essere dinanzi a Dio, testimoniando nell’amore alla passione
di Cristo questo sentimento di comunione fra Dio e loro. Così, il loro progressivo
vissuto di fede li trasformerà in un vero specchio della presenza di Dio nel mondo.
In Leopoldo, la fede informa la carità tanto da avvertire un amore appassionato al
Cristo sofferente: “Tutto per amore di Dio” è l’espressione più ricorrente sulle labbra
di Leopoldo ed indica come l’amore per Dio è il fondamento per amare il prossimo,
in quanto riscopri in esso la presenza salvifica di Cristo302.
Da ciò si capisce percchè spesso i questuanti, e tra essi anche fra Leopoldo,
con parole semplici e profonde, parlassero appassionatamente di Dio, non da teologi,
ma con l’esperienza e con la profondità derivanti da una scienza infusa da Dio e dal
loro trattare con Lui.
299
Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 236.
Relatio et Vota, 22.
301
Cfr. Summarium, 423.
302
Relatio et Vota, 23.
300
89
3.1.2 Donare la vita per i fratelli
La limpidezza della fede si testimonia nell’amore inteso non solo
verticalmente, ma anche orizzontalmente303, giacché la fede senza la carità è un vuoto
ragionamento umano e la carità senza la fede è semplice assistenza umana304. Allo
stesso modo, la carità non può essere un vano discorso, bensì la fede testimoniata
nell’azione. L’affetto deve essere orientato verso un amore sublime che ripaga
offrendogli un grande slancio verso tutti coloro che lo incontrano. Infatti, l’amore al
prossimo non si può limitare alla singola generosità umana, ma quest’atto di donare
il proprio amore agli altri si radica nella presenza costante del gesto di Gesù che si
piegava sulle sofferenze di ogni uomo305.
Così, la carità verso Dio deve tradursi nella carità verso il prossimo. Questo
legame tra Dio e il prossimo si richiama continuamente nell’itinerario spirituale, al
punto da doversi fare visibile nel rapporto quotidiano sia con i confratelli, sia con i
poveri del paese.
Da qui si intende che l’amore dei frati questuanti per il prossimo, radicato
nell’amore verso Dio, non poteva essere fatto soltanto di parole, ma esigeva
soprattutto le opere306. Infatti, il criterio per verificare l’autenticità dell’amore verso
Dio è il grado di apertura e di carità verso il prossimo: «chi non ama il proprio fratello
che vede, non può amare Dio che non vede»307.
Per fra Leopoldo «il Signore e il prossimo erano la medesima cosa: amava Dio
nel prossimo e amava il prossimo in Dio»308. Per lui non c’era né ricco né povero, ma
amava tutti con carità ed un grande equilibrio interiore, rispettando le differenze di
ognuno, come aveva fatto Francesco d’Assisi309.
303
Cfr. SPIAZZI, Fonti bibliche, 15.
Cfr. Relatio et Vota, 22-23.
305
Cfr. RATZINGER, Guardare Cristo, 73-77.
306
Cfr. Ammonizione 18.
307
1Gv 4,20.
308
Relatio et Vota, 115.
309
Cfr. Mem 5; Ammonizione 15; Rb 3,11-12; 7.
304
90
[Francesco d’Assisi] amava tutti i buoni e virtuosi, e compativa grandemente a’
cattivi e perversi uomini, onorando tutti e tenendosi più vile di qual si voglia, per
scelerato che ei fosse; e questo perché non sapeva se il bene che faceva fosse accetto
a Dio, o se persevererebbe molto in esso; né meno sapeva il fine d’alcuno, per
peccatore che fosse; e perciò non giudicava altri nel suo cuore, né diceva male
d’alcuno con la bocca; e quando udiva dir male del prossimo, o lo scusava o vero
prudentemente voltava il ragionamento in altra materia310.
Attraverso il lavoro, i frati dovevano guadagnare il necessario per la loro
sussistenza, solo nel caso in cui mancassero del necessario, Francesco d’Assisi aveva
indicato di ricorrere alla questua, fiduciosi nella provvidenza di Dio Padre, chiedendo
l’elemosina di porta in porta, non soltanto per se stessi, ma anche per i bisognosi311.
Dall’altra parte Francesco d’Assisi diceva anche che mendicare quando non è
necessario è furto, perché significa rubare ai poveri312. Così, non soltanto lui teneva
sempre in considerazione la realtà dei più poveri e bisognosi, ma voleva che tutti i
frati lo facessero.
I frati questuanti non si limitavano soltanto ad assicurare il pane per gli
affamati, ma cercavano di consolare ed ascoltare quanti chiedevano il loro aiuto, o
una parola di conforto. Le motivazioni spirituali erano sempre presenti, in modo che
non potevano mancare le esortazioni edificanti quando passavano di casa in casa per
l’elemosina. Tutto era per amore di Dio, e questo era noto a coloro che li
incontravano, come nel caso di fra Leopoldo:
Leopoldo sperimenta il dolore dell’umanità, sia spirituale che fisico, ascoltando e
avvicinandosi alle persone che incontrava. Il suo essere questuante lo pone in un
atteggiamento recettivo tanto forte da cambiare il ruolo nel rapporto che si creava, in
quanto le persone aspettavano Leopoldo per essere ascoltate, per essere incoraggiate
e sorrette nei momenti di difficoltà. Il suo ufficio di questuante diventa il vero segno
della sua missione evangelizzatrice: egli è un mendicante di Dio, in quanto nel
cercare dona la pace del cuore e l’amore incondizionato ai fratelli. Il suo ufficio lo
portava a toccare con mano le miserie dell’umanità, per cui non solo provvedeva alle
necessità del convento, ma si faceva questuante anche per coloro che lui stesso
soccorreva nell’indigenza materiale. L’amore per il prossimo si manifesta in maniera
310
Consuetudine Ascetiche e devozionali negli antichi libretti della Regola, in I Frati Cappuccini, a
cura di C. Cargnoni, Perugia,1988, p.1578.
311
Cfr. Testamento, 22.
312
Cfr. SpecP 12,2.
91
sublime fino all’eroicità, in quanto il suo amore per Dio era tanto forte da essere
vissuto in tutti coloro che tendevano una mano per essere salvati313.
Attraverso i secoli furono tantissime le persone che si sono avvicinati ai frati
questuanti, sia per strada, sia raggiungendolo nei loro conventi, per chiedere consigli
sulle questioni più disparate. Il fatto più straordinario è che non li cercavano per la
loro scienza, ma per la semplicità, l’umiltà e la carità con cui i frati questuanti
accoglievano, consolavano e consigliavano costoro. Infatti,
Eran muchísimas las personas que buscaban el consejo de fray Leopoldo. Y si él
podía formar juicio, lo daba con toda prudencia v caridad, y siempre muy acertado.
[…] Aborrecía la mentira y enseñaba a los más jóvenes a aborrecerla, con sus virtudes
y con su ejemplo314.
Il donarsi dei questuanti ai poveri era segno evidente di un continuo
trasformarsi interiormente ad immagine di Gesù innalzato sulla croce. E così, nel loro
ascoltare e consigliare, incoraggiavano i presenti ad affrontare fiduciosi le avversità
uniti a Gesù crocifisso fino al dono totale di se stessi.
L’amore dei questuanti per Dio veniva tradotto in un amore per il prossimo
senza distinzioni, distinguendosi per il modo tenerissimo di dedicarsi ai piccoli, ai
malati ed agli afflitti315. La loro carità non poteva permettergli di resistere davanti ad
un povero che chiedeva aiuto. Infatti, nei confronti degli infermi, fra Leopoldo si
distinse proprio per la premurosa sollecitudine e le parole di consolazione, invitandoli
a conformarsi alla volontà di Dio, come ancora testimonia fra Leopoldo:
En cuanto se enteraba que había algún enfermo, [fray Leopoldo] rogaba al Señor con
la familia, le visitaba y consolaba a todos y les animaba a conformarse con la
voluntad de Dios. Decía: ‘Que vamos a hacer? Dios lo manda, hay que conformarse.
Bendito sea Dios’316.
313
Relatio et Vota, 23-24.
Summarium, 26.
315
Cfr. Cost. 1536, 362.
316
Summarium, 61.
314
92
Questa attenzione non era soltanto verso gli ammalati della comunità317, ma
verso tutti coloro che i questuanti visitavano quotidianamente318.
Essendo la questua basata sull’aiuto ai poveri, è chiaro che ci fosse una
particolare considerazione verso di loro. L’amore e la dedizione dei questuanti verso
i più bisognosi fu sempre veramente esemplare319.
Fra Leopoldo è stato un esempio chiaro di questa sensibilità: «Su amor a los
necesitados fue grande. Me dijo, estando yo de portero de aquel convento: ‘No deje
nunca ir a los pobres sin socorrerlos’»320. E se suonavano alla portineria mentre fra
Leopoldo era in refettorio, si alzava subito e portava con se un pezzo di pane, nel caso
fosse qualche povero321. Infatti, la sua dedicazione ai più poveri si accentuava nei
periodi più scarsi. Diceva: «me resiste a ver un pobre y no ayudarle con lo que
tengo»322. E se capitava di non avere beni materiali per aiutare i poveri, era usuale
ricorrere al denaro che avevano questuato, sempre con il permesso del guardiano.
3.2 La fedeltà alla vocazione cappuccina
Nel vivere la loro vocazione cappuccina i frati non dovevano ‘inventare’ la
spiritualità a modo loro, ma attingendo alla spiritualità dell’Ordine, cercavano di
viverla secondo le esigenze del tempo. Così, se da una parte erano chiamati a seguire
le orme di Cristo come san Francesco d’Assisi, dall’altra bisognava avere presenti i
secoli di storia dell’Ordine e della Chiesa.
Il vissuto della vocazione cappuccina per quei frati che assumevano l’impegno
della questua non era impresa facile ma molto esigente, sia fisicamente
spiritualmente. Se da una parte bisognava camminare per le vie della città,
sopportando la stanchezza fisica, il caldo e il freddo, dall’altra l’impegno spirituale
317
Cfr. Summarium, 110.
Cfr. Summarium, 195.
319
Cfr. FREGONA, I frati cappuccini nel primo secolo di vita (1525-1619), 198-199.
320
Summarium, 554.
321
Cfr. Summarium, 526.
322
Summarium, 327.
318
93
era ancora più esigente: bisognava sopportare le ingiurie, le persecuzioni e le
tentazioni che sicuramente si facevano sentire in modo più forte fuori del convento.
Tutto questo veniva sopportato con gioia e in modo evangelico, mettendosi
nelle mani di Dio, cercando di compiere sempre la sua volontà323. E così con la loro
testimonianza evangelica diventavano portatori di conforto e di sollievo a quanti ne
avevano bisogno.
3.2.1 Seguire le orme di Cristo come san Francesco
Dal cammino spirituale di ogni frate si evidenziano le tracce di tutta una
spiritualità radicata nel carisma e nella tradizione francescani. Non meno esigente era
quello dei questuanti, la cui spiritualità attingeva all’esempio di san Francesco
d’Assisi, e dei santi della famiglia francescana, specialmente quella cappuccina.
Per fra Leopoldo fu fondamentale la sua esperienza a Ronda, non solo a causa
della sua decisione vocazionale, ma soprattutto perché lì sperimentò il carisma
dell’Ordine cappuccino incarnato nella vita del beato Diego José da Cádiz.
Ha ascoltato dai vari predicatori la vita del Beato [Diego] e ha conosciuto il carisma
dell’Ordine dei cappuccini incarnato nella viva esperienza di un uomo che ha
sperimentato l’amore di Dio nella fraternità francescana. Il giovane è, quindi,
affascinato dalla povertà di S. Francesco. La figura di Leopoldo e quella di Diego
sono speculari, in quanto il giovane attraverso la vita di questo frate ha considerato
possibile la santità sperimentabile proprio in un contesto fraterno. La santità è
effettivamente contagiosa e spinge all’emulazione. […] I giorni di Ronda servono,
quindi, per delineare ciò che interiormente il giovane percepiva fino a farlo diventare
coscienza chiara e decisione da attuare per raggiungere la realizzazione324.
La scelta di entrare nell’Ordine cappuccino spesso si radicava – e succede
ancora oggi – nella testimonianza dei santi cappuccini che hanno vissuto la loro
vocazione con una radicalità centrata sull’osservanza del Vangelo e della Regola325.
323
Cfr. Rnb 22,9; Rb 10,2; Ammonizione 3.
Relatio et Vota, 19.
325
Rb 1,2; 2,11.
324
94
Così, il cammino da seguire veniva determinato dalla fedeltà alla sequela di Cristo
nella continua interiorizzazione del messaggio francescano.
Soltanto servendo Dio nei fratelli si può capire se la vocazione del frate è una
manifestazione sincera e fondata della sequela di Cristo in castità, povertà ed
obbedienza, in modo da diventare nella semplicità esempio di virtù evangeliche326.
Nella vita di fra Leopoldo ciò non è stato solo un pio desiderio, ma
[…] si è realizzato in quanto la sua volontà, sorretta dall’azione dello Spirito, ha
perseguito gli ideali evangelici nelle decisioni concrete della sua vita. La sua
piccolezza si manifesta nell’essere povero, obbediente e casto. La via degli ultimi è
l’opzione fondamentale per essere più vicino al Cristo Crocifisso senza compromessi
e in piena obbedienza alla regola francescana. Infatti vive intensamente il rapporto
con i propri confratelli rispettandoli ciascuno come superiore a se stesso. L’amore
alla comunità e segno forte di un’intensa esperienza di condivisione, in quanto ci si
spoglia del proprio per essere tutto dell’altro327.
Così la sua scelta di vivere i consigli evangelici nell’Ordine dei Cappuccini
rivela il suo desiderio di servire Dio e i fratelli seguendo l’esempio di san Francesco
d’Assisi.
L’amore verso Dio ed i fratelli, la preghiera, il lavoro, il silenzio, la devozione
alla Vergine Maria e la penitenza costituiscono il fulcro della spiritualità francescana.
Come fra Leopoldo, tutti i frati sono chiamati a mettersi alla sequela di Cristo
attraverso il cammino della croce, come aveva fatto Francesco d’Assisi e tanti altri
santi che lo seguirono. Così la devozione alla croce e alla passione di Cristo non poche
volte era nel loro cuore, non soltanto come oggetto di meditazione ma anche di
imitazione328.
Ogni generazione deve aggiungere la propria fatica e i propri frutti a quelli delle
generazioni precedenti […] il nostro serafico Padre vuole ‘evolvere’ il suo spirito nei
suoi figli e non stabilire la sua santità come termine e limite della nostra perfezione.
Il germe che egli ha posto nell’ordine deve evolversi senza alcun limite329.
326
Cfr. Relatio et Vota, 20.
Relatio et Vota, 26-27.
328
GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 128.
329
GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 56.
327
95
Francesco d’Assisi si era trovato dinanzi al necessario adattamento della sua
missione e dei suoi frati ai segni dei tempi330. Ma invece di cominciare tutto da cappo,
ha imparato dagli insegnamenti patristici e dalla tradizione della Chiesa, mettendosi
sulle loro spalle331. Anche fra Leopoldo e tanti altri frati, assimilando il cammino
francescano compiuto nei secoli, e gli insegnamenti della Chiesa, hanno cercato di
vivere in sintonia con le necessità del loro tempo332.
Se ci avviciniamo alla spiritualità di fra Leopoldo, vediamo che lui non ha
inventato nulla, ma ha saputo approfittare di tutto quello che gli era stato presentato,
rispondendo fedelmente alle necessità del suo tempo. Infatti «la sua spiritualità è
limpidamente francescana, perché Leopoldo è vissuto sempre come piccolo figlio di
S. Francesco di cui ha voluto attualizzare tutte le virtù»333.
Non poche volte i frati questuanti, a causa del loro continuo contatto con la
gente, si trovarono davanti all’esigenza di tradurre la spiritualità francescana in
messaggio evangelico accessibile e attualizzato ai loro giorni334. Fra Alfonso Ramirez
Peralbo scrive che la radice e il fondamento della devozione di ogni francescano verso
Gesù Cristo si trovano già nella spiritualità vissuta da Francesco d’Assisi:
La raíz y fundamento de este florecimiento hay que buscarla, precisamente, en la
devoción a la humanidad santísima de Jesucristo que profesó san Francisco, sobre
todo a estos dos grandes misterios: la Encarnación del Hijo de Dios en el seno
purísimo de María, el misterio del anonadamiento del Hijo de Dios, hecho Verbo
humanado en la carne santísima de María, misterio del que deriva su fe y devoción a
la Eucaristía pues cada día el Verbo Santísimo de Dios desciende hasta el altar por
medio de las palabras y de las manos de los sacerdotes; el otro gran misterio es la
Pasión de Nuestro Señor Jesucristo con la que se identificó totalmente el Pobrecillo
de Asís hasta llegar a convertirse en otro Cristo, llevando impresas en su cuerpo las
330
Sentivano la necessità di una testimonianza più aperta dell'ideale cristiano e un attività apostolica
sintonizzata con il nuovo ritmo di vita del popolo e con un linguaggio comprensibile da tutti. Cfr. Rnb 14,1;
Rb 3,11.
331
Per approfondire l’argomento consultare: P. MESSA, Le fonti patristiche negli scritti di Francesco
di Assisi, Assisi, 2006.
332
Questo risulta più evidente davanti al modo come fra Leopoldo riprende e propaga le devozione
francescane cappuccine.
333
Relatio et Vota, 32.
334
GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 56.
96
llagas de Jesucristo. Por eso el franciscano busca, rumiándolos en su corazón, todos
los momentos de la vida del Amado, todas las manifestaciones de su amor335.
I frati questuanti erano chiamati a vivere la loro vocazione e missione senza
grandi segni straordinari e prodigi, ma compiendo lo ‘straordinario nell’ordinario’,
ossia, vivere la quotidianità con una ordinarietà straordinaria. Erano spesso uomini
austeri, costantemente uniti a Dio, poco istruiti e scrupolosi nel rendiconto delle
offerte. La loro testimonianza fatta di fede, zelo e gioia336, con semplicità d’animo,
fedeli alla povertà francescana e alla carità generosa verso i poveri, fu una sfida
veramente esigente, ma permise loro di camminare progressivamente verso la
perfezione cristiana.
3.2.2 Fedele fino alla fine
La sequela di Cristo, di san Francesco e di tanti altri santi, concretizzata nel
compimento del dovere quotidiano e nell’esemplarità della vita, si basa sulla
vocazione proposta da Dio e accolta nel cuore. La chiamata universale alla santità
della vita si manifesta pienamente soltanto quando viene comprovata nella
perseveranza fino alla fine.
Così i frati questuanti non poche volte hanno manifestato la loro santità
attraverso il compimento del loro dovere, non per forza, ma accogliendo tutto come
progetto loro affidato da Dio e dalla fraternità337. Spesso si distinguevano dagli altri,
non a causa delle cose straordinarie che facevano, ma per la loro straordinaria
costanza. Si può dire che anche fra Leopoldo non aveva nulla di straordinario338.
335
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 174.
Cfr. Rnb 7,15.
337
«La santità e la missione passano per la comunità, poiché il Signore risorto si fa presente in essa e
attraverso di essa, rendendola santa e santificando le relazioni. […] Il cammino di santità diventa percorso che
tutta la comunità compie insieme». CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI
VITA APOSTOLICA, Istruzione: Il servizio dell’autorità e l’obbedienza. Faciem tuam, Domine, requiram, in
Sequela Christi, 34 (2008) 305.
338
Cfr. Relatio et Vota, 53.
336
97
Lui, come tutti i questuanti, erano chiamati a mettersi davanti a Dio in modo
che, da Lui illuminati, potessero corrispondere fedelmente al desiderio di seguire le
orme di Cristo e di fare soltanto la sua volontà339. Su questo pilastro si dovevano
sorreggere i consigli evangelici e tutto il loro agire340.
Ad immagine della povertà abbracciata da Francesco d’Assisi341, anche quella
di fra Leopoldo aveva come sfondo l'unione con Cristo povero.
Se inizialmente fra Leopoldo aveva visto la povertà del Signore soprattutto dal
punto di vista esteriore342, presto si trasformò soprattutto in una povertà interiore343.
Infatti, lo spirito di povertà e di mortificazione era vissuto avendo come sola ricchezza
il Signore344, amando gli ultimi posti e il servizio silenzioso e discreto, apparendo
totalmente espropriato dall’amor proprio e dal desiderio di primeggiare.
Poiché la povertà e l’obbedienza camminano insieme, anche l’obbedienza era
un’offerta sacrificale a Cristo per il fatto stesso di sacrificare la propria visione,
assumendo quella del superiore345. Infatti, l’obbedienza a Dio si concretizzava «negli
atti quotidiani, nell’essere sempre a disposizione dei fratelli»346. Non rinuncia a
decidere, ma fare di ogni servizio richiesto un segno della gloria e della volontà di
Dio347. Così, l’obbedienza si traduceva nel saper dire: ‘sia per amore di Dio’.
339
Cfr. Cost. 1536, 336.
Cfr. P. MARANESI, L’eredità di frate Francesco: lettura storico-critica del Testamento, Assisi,
2009, p.217.
341
Cfr. Rb 6,2-6; Rnb 9,1-3.
342
Alcune dell’espressioni della povertà esteriore: la rinuncia dei beni; la povertà materiale;
l’elemosina; il rifiuto del denaro; il vivere come “pellegrini e forestieri” e la rinuncia ai benefici. Cfr. R.
CANTALAMESSA, Povertà, Milano, 2014, p.37-50.
343
Alcune dell’espressioni della povertà interiore: l’accettazione delle ingiurie e delle offese; il non
appropriarsi delle cariche; la rinuncia a sé stessi ed alla propria volontà ed il cambiamento della propria
mentalità. Cfr. CANTALAMESSA, Povertà, 109-124.
344
Cfr. Cost. 1536, 333.
345
Cfr. Ammonizione 3,3.
346
Relatio et Vota, 33.
347
Entrando nell’Ordine, fra Leopoldo era stato destinato al lavoro dei campi, sembrando un suo
ritorno al passato, a ciò che aveva fatto per tutta la sua vita. Lui avrebbe potuto pensare che tale ufficio fosse
un segno di poca stima da parte dei superiori per le sue capacità umane. Eppure accettò e visse questo ufficio
con una umiltà e una generosità tali che divenne esempio per tutti gli altri giovani in discernimento vocazionale.
Ugualmente il compimento dei doveri religiosi e dell’ufficio di questuante affidatogli dall’obbedienza
dimostrano la sua costanza e prontezza nel compimento dei propri doveri.
340
98
Per chi attraversava ogni giorno le vie delle città ed entrava nelle case delle
persone, la fedeltà al voto di castità non poche volte diventava una vera sfida. La
vigilanza ed il combattimento quotidiano dovevano avere come sfondo la fedeltà del
suo cuore a Dio.
Fra Leopoldo cercava di evitare tutte le occasioni di peccato, mantenendosi
vigilante in ogni momento348. Francesco d’Assisi, avendo ben presente il pericolo349,
aveva comandato fermamente ai frati di non avere rapporti o conversazioni sospette
con le donne350, esortando così i suoi frati:
Ovunque siano o vadano, evitino gli sguardi impuri e la compagnia delle donne. E
nessuno si trattenga in consigli né cammini solo per la strada né mangi alla mensa in
unico piatto con esse. I sacerdoti parlino con loro onestamente quando amministrano
la penitenza o per qualche consiglio spirituale351.
Così, tenendo lo sguardo basso, ma gli occhi profondamente rivolti al cielo per
incontrare il loro Signore, i frati conservavano viva la scelta di appartenere solo al
Signore e di fare del Signore il cuore del loro esistere. Tale atteggiamento serviva
loro di aiuto per vivere un’esperienza trasparente dell’amore ai fratelli nel servizio
verso tutti, appartenendo soltanto a Dio.
Per riuscire a mantenere il cuore puro352 e casto353 la fraternità doveva avere
un ruolo veramente importante. Se da una parte i questuanti erano chiamati a donarsi
a tutti come frutto del loro amore verso Dio, dall'altra, trovavano nella comunione di
vita e di ideali con i fratelli il clima più adatto per la crescita dell'affettività, nonché
l'appoggio nei momenti di lotta e di superamento. Allo stesso tempo, la vita fraterna
diventava la misura della loro unione con Dio. Infatti, la relazione di amore verso Dio
348
Cfr Summarium, 36.
Cfr. Rnb 12,1-6.
350
Cfr. Rb 11,1.
351
Rnb 12,1-3.
352
La purezza del cuore consiste nel puntare sulla totale interiorità, fissando in modo esclusivo gli
occhi su Dio per abbandonarsi interamente in Lui.
353
La castità non concerne soltanto la rinunzia ed il sacrificio, ma deve diventare una via che prepara
la pienezza dell'amore divino, in modo che il vuoto nel cuore e nella vita del consacrato sia riempito fino all'orlo
da Dio e diventi fecondo.
349
99
deve sempre rispecchiarsi nella vita fraterna354. Se c'è vera vita fraterna, questo
significa che c’è il dialogo e la comunione con Dio; mentre non si può pensare di
essere in comunione con Dio se non c’è un vero amore fraterno. Quanto più il frate
vive nella fraternità come frate minore cappuccino, tanto più spontaneamente agisce
da tale. E fra Leopoldo lo era veramente.
I questuanti erano anche chiamati a rivestirsi di una grandissima umiltà. Nella
loro vita non mancavano le tentazioni di farli cadere nell’orgoglio e nella vanagloria,
dal momento che erano lodati e ammirati da tutti, per questo dovevano resistere
usando lo scudo dell’umiltà. Fra Leopoldo «si considerava una nullità e non si
riteneva meritevole di nulla, anzi era profondamente convinto che era tutto giusto
ogni rimprovero che gli veniva rivolto»355. Si impegnava a coltivare con estrema cura
l’umiltà tenendosi in disparte, inosservato, nel nascondimento, per non essere visto.
E se qualcuno lo chiamava santo, lui cercava di schernirsi dicendo che lui non era
santo, ma lo era soltanto 1’abito. Non lo diceva soltanto per evitare i complimenti,
ma perché si riteneva un vero peccatore.
La vocazione dei questuanti era spesso messa alla prova davanti alle sfide di
ogni giorno. L’umiltà, la costanza, la tenacia e la gioia dovevano essere alcune delle
virtù salienti per sopportare le piccole e grandi sofferenze della vita, come anche le
aggressioni di ogni tipo, le ingiurie e i disprezzi356. Tutto questo era sopportato ed
affrontato senza lasciar trasparire i loro combattimenti interiori.
Il loro martirio consisteva essenzialmente nel fare bene ed accettare tutte le
cose. Fra Leopoldo ha sublimato la monotonia della vita: se quello che viene fatto
ogni giorno per un lungo periodo ad altri può dare noia, fra Leopoldo lo faceva come
se fosse sempre la prima volta, con giovialità ed entusiasmo. Allo stesso tempo,
354
«La comunità religiosa, per il fatto di essere una ‘Schola Amoris’ che aiuta a crescere nell'amore
verso Dio e i fratelli, diventa anche luogo di crescita umana». CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Istruzione: La vita fraterna in comunità. Congregavit nos
in unum Christi amor, in Sequela Christi, 20 (1994) 293.
355
Relatio et Vota, 119.
356
Cfr. T. KEMPIS, De imitatione Christi. L’imitazione di Cristo, a cura di U. Nicolini, Milano, 1988,
48-51.
100
davanti ad ogni difficoltà si abbandonava fiducioso al Signore357 e nell’ubbidienza ai
superiori.
Il servizio di questuante era spesso un’attività eroica, e non poche volte lo
esponeva al quotidiano rischio della vita. Per fra Leopoldo la questua fu spesso
un’attività rischiosa, in particolare durante gli anni della guerra civile, quando ha
dovuto rinunciare all’abito religioso358, ma non venne mai meno alla fedeltà alla sua
missione.
Non sono mancati a fra Leopoldo insulti e disprezzo, ai quali rispondeva con
grande umiltà, senza difendersi o reagendo con parole o gesti contro coloro che
l’insultavano, ma ascoltando le parole di Francesco d’Assisi359, accettava le offese
senza scandalizzarsi o giudicare i suoi persecutori.
La propria volontà veniva intimamente legata a Dio da cui ricevevano il
mandato di comunicare la sua volontà in ogni circostanza della vita. Così anche in
tempo di guerra i questuanti trovavano la forza per annunciare con la loro
testimonianza la presenza dell’Altissimo. Spesso, denigrati per le strade, diventavano
segno di contraddizione per confondere le menti dei forti e per riportare il cuore dei
figli al Padre360.
Così si metteva in evidenza la loro capacità di perdonare361. Davanti ai loro
persecutori restavano gli annunciatori dell’amore di Cristo, non con discorsi ma nei
fatti. Fra Leopoldo fu un vero esempio nel perdonare. Davanti a quelli che
perseguitavano la Chiesa e operavano azioni atroci contro i suoi membri spesso
affermava: «No saben lo que hacen»362, e pregava insistentemente per loro.
357
Cfr. Mt 16,24.
La cura ordinaria con cui fra Leopoldo aveva sempre tenuto l’abito ci dice l’attenzione per la dignità
della sua vocazione e l’attaccamento all’identità cappuccina.
359
Cfr. Ammonizione 11;14.
360
Cfr. 1Cor 1,27-28.
361
Cfr. Rnb 22,1-4.
362
Summarium, 22.
358
101
3.2.3 ‘Quello che Dio vuole’
Per diversi anni fra Leopoldo ha dovuto affrontare parecchie malattie, finché
nel 1953, mentre faceva la questua ruzzolò per le scale e si ruppe il femore.
L’incidente l’obbligò a mettere fine al suo impegno di questuante, rimanendo per tre
anni fermo in convento. Questa sosta forzata fu accolta con piena adesione alla
volontà di Dio, intravedendo l’occasione per dedicarsi più assiduamente alla vita
spirituale e alla preghiera. Fra Leopoldo stesso affermò: «Il Signore mi lascia libero
dalle occupazioni perché preghi per tutti»363. E a chi gli chiedeva come stesse
rispondeva: «Dato che per i miei acciacchi non posso far niente, non faccio altro che
intercedere, intercedere presso il Signore per i benefattori»364.
Alla rottura del femore si accompagnarono altri inconvenienti, dovuti anche
all’età avanzata, che gli procuravano grande sofferenza. Ma fra Leopoldo tutto
interpretava come opera purificatrice accordatagli dal Signore: aveva capito che «solo
l’amore di Dio e l’anelito di compiere la sua volontà danno vero significato alla nostra
vita»365.
La malattia tante volte sofferta in silenzio e con coraggio divenne motivo di
ispirazione per tutti quelli che pativano qualche male. L’esempio dei questuanti si
trasformava in una edificante testimonianza, trasmettendo una totale fiducia e
speranza in Dio, da dove veniva la forza per continuare la loro missione. Diceva fra
Leopoldo che «los propios sufrimientos no hay que manifestarlos, porque pueden
molestar a los demás; más bien ofrecérselos a Dios»366. Infatti, mai qualcuno ha
sentito qualche parola «que revelaran alguna queja por el cansancio de largas
caminatas y prolongados trabajos. Toda su fortaleza la sacaba de su fe y de su amor
al Señor»367.
363
Relatio et Vota, 45.
Relatio et Vota, 46.
365
Relatio et Vota, 46.
366
Summarium, 256.
367
Summarium, 89.
364
102
Le sofferenze e l’infermità furono l’occasione per manifestare la volontà di
donarsi al Signore e di essere in profonda comunione con Lui. In esse i frati
manifestavano di essere autenticamente in amicizia con Dio368, ed essere amici di Dio
significa volere ciò che Dio vuole e non volere ciò che Dio non vuole, anche se
davanti alla rinuncia e alla sofferenza il volere ciò che Dio vuole diventa molto più
arduo.
Quando gli domandavano sulla sua salute, fra Leopoldo rispondeva: «Estoy
como Dios quiere; estando como Dios quiere es como se está mejor»369, ed anche
«Hermano, estoy que no valgo dos reales, pero contento, porque estoy como Dios
quiere»370. ‘Quello che Dio vuole’ era sempre sulla sua bocca371.
I questuanti erano chiamati a portare conforto e sollievo agli altri, anche se
spesso loro stessi dovessero sopportare pazientemente con la forza della fede e la
letizia francescana la croce della propria malattia, a volta ancora più pesante.
La loro fede era intrinsecamente unita all’amore per l’altro, in quanto Dio
manifesta il suo amore donandosi se stesso come fondamento sul quale l’uomo può
costruire la propria esistenza. Infatti, Dio si affida all’uomo perché questi possa
rispondere con l’affidamento di se stesso a Lui. Credere quindi è affidarsi,
consegnarsi a chi si è affidato e consegnato per primo. È un atto di puro amore372.
Così, avendo la coscienza ed il desiderio di dipendere da Dio, a Lui si deve
chiedere il vero sostegno per la vita eterna373. Cosciente che il vero datore di ogni
bene è solo Cristo, mediatore presso il Padre di ciò che serve per l’uomo, fra Leopoldo
ricorreva spesso al tabernacolo, davanti al quale passava innumerevoli ore in
adorazione, a volte anche tutta la notte374.
368
Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 128-129.
Summarium, 195.
370
Summarium, 524.
371
Cfr. Summarium, 407.
372
Cfr. PPN 5; Rnb 23,8-11; Lmin 8-10.
373
Cfr. Mt 6,25-34.
374
Cfr. Cost. 1536, 308-309.
369
103
3.3 Legame fra la fraternità e il popolo
I frati cappuccini, camminando nel mondo senza essere del mondo, davano
una sana testimonianza della chiamata d’amore di Dio alla conversione e alla santità.
In questo modo, tutta loro vita e azione pastorale aveva come sfondo costante il far
conoscere agli uomini l’amore di Dio e condurli a lodarLo gioiosamente375.
I frati che facevano la questua, a causa del loro contato diretto ed incisivo con
la gente, dovevano assumere questo impegno con una maggiore fermezza.
Svolgendolo in nome della fraternità, diventavano immagine della fraternità stessa.
Per la popolazione vedere i questuanti era come vedere qualsiasi frate. E così, il loro
servizio e la loro vita esprimevano non soltanto il legame tra il popolo e la fraternità,
ma specialmente quello di intercessione tra il popolo e Dio.
3.3.1 Essere nel mondo senza essere del mondo
Uscendo fuori dai conventi e andando incontro alle persone, i questuanti erano
chiamati a condividere in qualche modo le loro situazioni, anche difficili, a stare a
gomito con loro376. Erano sempre più sollecitati a scendere nelle strade e dimostrarsi
compagni di chi si trovava in difficoltà. La preoccupazione per le situazioni
quotidiane era condivisa dal laico e dal religioso377.
Questo diventava una vera sfida, in quanto fino agli inizi del secolo XX la
spiritualità concepiva il cammino spirituale verso l’intimità trinitaria come um
375
Cfr. Consuetudine Ascetiche e devozionali, 1587-1588.
Per aiutare veramente i poveri bisogna diventare uno di loro. Cfr. VbF 76.
377
GOFFI, La spiritualità dell’Ottocento, 149-150.
376
104
doversi distaccare da tutto e da tutti, in modo da vivere uno stato di estasi in Dio378,
si doveva ‘exire de saeculo’379.
In fondo, i questuanti avevano la difficilissima missione di essere nel mondo
senza essere del mondo380, ossia, essere presenti tra il popolo senza lasciare di stare
davanti a Dio. Dalle testimonianze della vita quotidiana di fra Leopoldo si può
percepire quest’ideale da lui vissuto, in quanto teneva gli occhi e i piedi per terra, ma
riusciva con il rosario sempre in mano a mantenere il suo cuore in cielo:
Su ir y venir por las calles y cuestas de Granada, con los ojos y los pies en el suelo –
como san Félix de Cantalicio –, el corazón en el cielo y el rosario entre las manos, lo
convirtieron en figura adorada y entrañable del escenario y de la vida de la ciudad, a
través de la cual, Dios derramaba sus gracias381.
Un'altra testimonianza sottolinea non soltanto il suo modo di camminare per
le vie di Granada, ma il essere segno di pace, amore, conforto e bontà di Dio, in una
società invischiata dal male e dal peccato:
Su vida fue un constante reclamo a la perfección evangélica, repitiendo una y otra
vez, ‘los ojos en el suelo y el corazón en el cielo’, Fray Leopoldo, eterna y viva
presencia de Dio en la tierra, lleno de Dios hasta rebosar, fue, en una sociedad
sacudida por el odio, el resentimiento y la venganza, el testigo de la paz, del amor,
del consuelo y de la bondad de Dios, cuya mano sabía posarse humildemente sobre
los problemas y las necesidades ajenas para dulcificarlas y transformarlas382.
I questuanti percorrevano ogni giorno a piedi le vie delle città, per cui dopo un
po’ di tempo tutti li conoscevano benissimo. Il loro modo peculiare di camminare per
378
Soltanto durante il secolo XX si chiederà all’anima di andare a Dio assieme a tutte le realtà terrestri
purificate e rinnovate. Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 117.
379
‘Exire de saeculo’ è un’espressione classica che indica l’abbandonare lo stato di vita in cui ci si
trovava prima. Già nel periodo di san Francesco d’Assisi questa espressione aveva un doppio senso: spirituale
e canonico. In senso spirituale significava abbandonare il peccato, la logica del potere e del piacere. Esigeva
l’uscita totale da sè stesso per lasciarsi invadere dalla misericordia divina. In senso canonico significava lasciare
la giurisdizione civile per entrare in quella ecclesiale. Così, questa uscita del mondo supponeva un intervento
di Dio, un cambiamento di visione e una esperienza sensibile della misericordia. Era un cambiamento radicale
di valori, di senso della vita e delle relazioni. Cfr. FREI MAX DE WASSEIGE, O coração do Pobrezinho.
Comentário ao Testamento de São Francisco, Braga, 2012, p.36-37.
380
I frati non si sono mai allontanati dal mondo, però lo hanno lasciato, rigettando tutto ciò che in esso
è anti-evangelico. Chi entra nell’Ordine francescano deve continuare a trattare con gli uomini, lavorare con
loro e vivere nel contesto sociale comune, ma vivendo secondo il Vangelo e non più secondo i valori del
mondo. Cfr. W. BLOCK, Dispensa di Spiritualità Francescana Sistematica (1861 SP), Roma, 2016, p.66. Cfr.
Rnb 22,9; Rb 10,8.
381
RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 182.
382
Relacion, XV.
105
le vie e di stare in mezzo alla gente dimostrava il loro animo che edificava tutti, anche
se non dicevano nessuna parola.
Passando una volta il beato Francesco per una città, disse al suo compagno:
“figliuolo, noi andiamo a predicare in questa città”. E passando per mezzo della città
con molta modestia, con gli occhi basi, scalzo, e mal vestito, con il cappuccio negli
occhi, passò via senza pur dir una parola. E usciti della città, gli domandò il
compagno, perché non aveva predicato. Rispose il buon padre: “Figliuolo,
ottimamente abbiamo predicato, e presto presto tu vedrai il frutto della nostra
predicazione”. Ed essendo un poco lontani dalla detta città, un giovane gli correva
dietro, gridando che l’aspettasse; il quale, giunto che fu, s’inginocchiò in terra e con
molte lacrime disse: “Padre, io sono tanto edificato della vostra modestia e vita
esemplare vedendovi passare per la città così modestamente, ch’al tutto ho deliberato
d’abbandonar il mondo e seguire voi”. Il qual dal serafico padre ricevuto, menò nella
religione vita molto esemplare e santissimamente finì. Allora disse il beato Francesco
al suo compagno: “Non te l’ho detto, carissimo fratello, che abbiamo predicato?
Sappi, figliuolo, che per questo principalmente il Figliuolo di Dio ha eletto la
religione de’ frati minori, acciocché con l’esempio della vita di Gesù Cristo
predichino al mondo; e questo modo di predicare lui vuole e ricerca da ogni frate
minore e beati saranno quelli ch’eserciteranno bene questo nobilissimo esercizio di
predicare con l’esempio e con fatti più che con parole”383.
Volendo che la predica dei frati fosse fatta più con l’esempio che con le parole,
Francesco d’Assisi esortava i suoi frati che quando fossero per la via, non litigassero
ed evitassero le dispute di parole e i giudizi verso gli altri. Anzi, li invitava ad essere
miti, pacifici, modesti, mansueti e umili, parlando onestamente verso tutti384. Infatti,
come lui stesso scrisse, «vana sarebbe la predicazione delle parole senza il buon
esempio di purità e santità di vita»385.
Il camminare tra la gente come mendicanti per Dio richiedeva un
atteggiamento di grande umiltà e di attenzione verso l’altro. Francesco d’Assisi aveva
ben presente che i frati non dovevano stare molto tempo senza andare per la questua,
non soltanto per il merito personale, nonché quello di far conseguire il merito a chi
dà l’elemosina, ma anche perché che con il tempo si poteva correre il rischio di
383
Comenti alla Regola: Umile esposizione sopra la Regola evangelica da Dio rivelata al beato suo
confessore Francesco, in I frati cappuccini, a cura di C. Cargnoni, Perugia,1988, p.793.
384
Cfr. Rb 3,10-12.
385
Rb 3,12.
106
accomodarsi e poi vergognarsi ad andarci 386. Così il fare la questua li aiutava ancora
di più nel loro cammino verso la santità, in quanto non si chiudevano in se stessi, ma
si aprivano alle più disparate necessità delle persone. Uno dei casi più evidenti in fra
Leopoldo è stato testimoniato nel processo:
Iba por el campo en tiempo de sementera. Unos labradores estaban arando. Alguno
lo llamó: ‘¡Venga, Hermano! ¡Venga!’. Se acercó a ver qué querían: ‘¡Que nos ayude
un rato en el trabajo!’. El Hermano, con prontitud, dejó la capa y las alforjas, y
amablemente tomó la mancera del arado, arreó las bestias y estuvo arando largo rato.
Lo dejó y dijo con agrado a los labriegos: ‘Ya les he complacido en lo que querían’.
Los exhortó a ser buenos cristianos, y se despidió, ya amigo de los labradores. Al
marchar, le dijeron: ‘¡Cómo se ve que no es la primera vez que trabaja con el
arado!’387
Il carattere mite e disponibile dei questuanti li rendeva amabili e di esempio a
tutti, sia nel vestire, come nel mangiare o nel parlare, la loro sobrietà era evidente ed
edificante388. Il beato Leopoldo, ad immagine di san Francesco389, fu un vero esempio
di sobrietà, specialmente nella prudenza del parlare, disprezzando ogni tipo di
mormorazione:
Prudentísimo siempre, en sus salidas a la calle, a pesar de su vida de limosnero,
ajetreada y dura, siempre tuvo buenas palabras para hablar de los demás religiosos y
jamás se le escapó una imprudencia. La buena opinión de todos estaba bien guardada
por él. Ya jamás sus labios se abrieron para cometer una imprudente revelación. Se
le veía un día y otro ir a la calle y tornar al convento con la misma calma y paz390.
I questuanti con la loro prudenza e umiltà391, segno inconfondibile del processo
di interiorizzazione, cercavano di vivere intimamente ogni avvenimento della loro
vita come presenza costante di Dio. Così le persone percepivano che quando loro
parlavano si avvertiva che portavano Dio dentro di sé392. Pertanto, non sorprende che
la maggior parte della gente che conobbe fra Leopoldo, dentro e fuori il convento, lo
386
Cfr. SpecP 23.
Summarium, 32-33.
388
Cfr. Summarium, 25.
389
Cfr. Rnb 7,16; 11,6; Rb 10,7; Mem 182.
390
Summarium, 349.
391
Cfr. Rb 3,12.
392
Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 236.
387
107
ritenessero un uomo di Dio, e lo guardasse con ammirazione per le sue virtù e il suo
esempio.
Questo non soltanto affascinava il popolo, ma lo predisponeva anche ad aprirsi
ad ogni loro aspetto della vita393. Infatti, nei suoi dialoghi i questuanti manifestavano
una speciale attenzione al pensiero dell’altro, non imponendo le loro idee, ma
correggendoli con gentilezza, facendo riflettere l’interlocutore sul proprio sbaglio.
Fra Leopoldo nei suoi dialoghi riconosceva sempre con umiltà il proprio stato
interiore, considerandosi un nulla dinanzi agli altri e bisognoso di tutto per essere
vicino a Dio394.
Attraverso la preghiera costante i questuanti mantenevano il cuore libero dai
legami terreni, per essere aperti all’amore di Dio395. La piena adesione a Dio
permetteva di apprezzare la loro castità per il regno dei cieli. Così, invece
dell’attaccamento umano alle persone, emergeva la vera dimensione allocentrica,
altruista, in cui tutto il loro affetto si rivolgeva al bene sincero dei singoli. Nonostante
l’ufficio di questuante portasse loro in mezzo alla gente, cercavano di avere con tutti
un comportamento riservato, dimostrando ugualmente una grandissima prudenza nel
trattare con le donne396.
3.3.2 Il legame fra la fraternità e il popolo
Essere questuante era un lavoro molto esigente, non tanto a causa della
stanchezza fisica, che pur era presente, ma specialmente perché esigeva la
responsabilità di dare buon esempio al popolo. Il loro ufficio di questuanti
comportava anche la dimensione dell’apostolato, sia con la testimonianza della vita
che con le semplici parole ed esortazioni. Infatti, lungo i secoli «el cargo de limosnero
393
Cfr. Summarium, 401.
Cfr. Relatio et Vota, 29.
395
Cfr. Cost. 1536, 311.
396
Cfr. Relatio et Vota, 28.
394
108
era estimado en la Orden, por la proyección de espiritualidad que podía llevar hacia
la gente»397.
Fin dagli inizi della sua presenza nella fraternità di Granada, essa esprime
grande fiducia verso fra Leopoldo, dal momento che i superiori assegnavano questo
ufficio soltanto a frati provati nella virtù398. E come alcune testimonianze hanno
riferito, fra Leopoldo fu nominato questuante perché vedevano in lui un frate modello,
un frate che sarebbe riuscito ad essere immagine di tutta la fraternità.
In verità, ogni attività pastorale doveva compiersi sempre nel seno della
fraternità e secondo lo spirito di fraternità399, e la questua non faceva eccezione, anzi,
era ancora più legata ad essa. Così, destinando un determinato frate tra il popolo,
significava che egli andava in rappresentazione della stessa fraternità, e non per conto
proprio400. Fra Leopoldo era cosciente di questa responsabilità, per questo, sia prima
di uscire per la questua che quando rientrava nel convento, chiedeva sempre il
benedicite al superiore della fraternità.
Siempre era su costumbre pedir la licencia y la bendición al Superior para salir a
pedir la limosna. Si no estaba por allí el superior lo buscaba por la casa hasta
encontrarlo para pedirle licencia y bendición. Al volver de la calle, su primera
atención era para el Superior, para pedirle la bendición y darle cuenta de su trabajo.
Y después iba a la iglesia para hacer su oración al regreso401.
E a causa di questo gesto di obbedienza e di venerazione tutti i frati lo
guardavano con ammirazione, rispetto e venerazione.
Era extraordinario el respeto y la devoción del S. de D. para con sus Superiores. Nada
ni lo más pequeño hacía sin su permiso. Antes de comenzar sus trabajos les pedía su
397
Summarium, 390. Cfr. Mem 76.
Cfr. Summarium, 332.
399
«La cura pastorale e l’apostolato dei frati minori non devono mai essere una questione individuale.
L’impegno pastorale di un singolo frate deve essere condiviso da tutta la fraternità attraverso la sua preghiera,
il suo sacrificio, attraverso l’interessamento e la partecipazione e infine attraverso dei piani e riflessioni
elaborati nelle fraternità. Nell’apostolato il frate minore non deve essere un ‘magnifico solitario’, che
trasgredisce la vita fraterna. Nella fraternità di […] ogni azione apostolica deve essere sostenuta da tutta la
fraternità». BLOCK, Dispensa di Spiritualità Francescana Sistematica, 154.
400
«Camminare in fraternità è condividere la fatica della questua… ma a tutti portare l’annuncio della
Fraternità». B. PIREDDU, Fra Nicola da Gesturi. Una santità costruita sui passi della ferialità, Cagliari, 1999,
p.42.
401
Summarium, 203.
398
109
bendición. Muchas veces llegaba tarde al refectorio por su cargo de limosnero. Se
arrodillaba en medio del comedor, frente al superior y con mucha veneración, pedía
su bendición: ‘Iube Domne Benedicere’402.
Questo gesto, oltre che esprimere obbedienza e devozione verso il superiore,
era segno della comunione e del legame tra la fraternità e fra Leopoldo, e tra la
Fraternità e il popolo. In realtà, salutare le persone per strada, visitare i malati,
esercitare la carità verso qualche bisognoso, non doveva essere un gesto isolato del
singolo frate questuante, ma doveva essere espressione di tutta la fraternità, dal
guardiano fino a quel semplice frate che curava l’orto. In realtà, il frate non andava
mai a fare la questua per conto proprio, ma rappresentava tutta la fraternità.
Così, le offerte ricevute, le preghiere richieste come anche i ringraziamenti,
non erano unicamente ed esclusivamente indirizzati al frate questuante, ma a tutta la
fraternità. Come anche, non poche volte si poteva dire il contrario quando il popolo
criticava i frati a causa del loro comportamento403 a volte non coerente con la loro
vocazione e missione.
Anche in questo caso il frate questuante era colui che accoglieva le critiche e
i rimproveri in nome di tutta la fraternità, così, prendeva tutto con carità e umiltà sulle
sue spalle e lo portava al superiore. Dovevano avere la consapevolezza che tutto era
loro affidato, non per prenderne possesso, ma per consegnarlo subito alla fraternità.
Soltanto così si potevano comprendere le parole di san Paolo quando afferma che tutti
fanno parte dallo stesso corpo404.
Poichè i frati questuanti riuscivano, in genere, a portare avanti questo loro
compito, era normale che tutti li guardassero con una certa ammirazione e
venerazione. Nella loro questua, come succedeva con fra Leopoldo, era usuale che
con il tempo non fosse più necessario neanche chiedere l’elemosina, giacchè la loro
presenza era abbastanza per commuovere i cuori405. Questa ammirazione veniva non
402
Summarium, 58.
Cfr. Summarium, 556, 568.
404
Cfr. Rom 12,5.
405
Cfr. Summarium, 324.
403
110
soltanto dai frati ed dal popolo, ma anche da alcuni anticlericali che lo trattavano con
riverenza406.
Questa ammirazione permetteva che spesse volte i frati questuanti riuscissero
a fare da legame non soltanto tra il popolo e la fraternità, ma anche tra il popolo steso,
specialmente nei casi di riconciliazione tra vicini e parenti e nell’esercitare alla carità
reciproca. In verità, i frati erano dei veri mediatori di pace e di carità vicendevole.
Con la loro morte, era sempre grande la folla che veniva a prestare un ultimo
omaggio, e non poche volte era attribuita loro la fama di santità. Questo fu il caso
della morte di fra Leopoldo, giudicata da tutti come la morte di un santo, per cui poco
dopo si accumularono gli attestati spontanei e innumerevoli di questa convinzione,
sia nell’ambito dell’Ordine, sia della Chiesa locale, sia del mondo laico407.
Quasi sempre i questuanti diventavano i frati di riferimento quando si parlava
dei Cappuccini, poiché erano loro che spesso comunicavano con il popolo, che li
conoscevano, che camminavano con loro, condividendo le loro sofferenze. Sono stati
così vicini alla gente che quando questi pensavano ai cappuccini, ricorrevano subito
all’immagine lasciata dai questuanti, come il beato Leopoldo, e soltanto dopo
arrivavano ai singoli frati. Infatti, i questuanti hanno sempre avuto una fortissima
influenza nel suscitare vocazioni nell’Ordine cappuccino, specialmente a causa della
loro testimonianza, sia fisica che spirituale.
3.3.3 Intercessore
Nel loro ufficio di questuanti, i frati dovevano mettersi di fronte alla loro
piccolezza spirituale, lasciandosi trasformare dall’umiltà e dalla semplicità. Soltanto
riconoscendosi peccatori in mezzo ad un popolo peccatore permetteva loro di
avvicinarsi al credente che soffre interiormente. Quest’esperienza di essere partecipi
delle miserie del popolo li aiutava a comprenderlo in profondità fino a farsi
406
407
Cfr. Summarium, 496.
Cfr. Informatio, 90-91.
111
mendicanti dinanzi a Dio, chiedendo grazie per i loro figli. Aprendo le porte del loro
cuore al popolo come presenza consolante di Dio, sperimentavano non soltanto la
vicinanza dei credenti ma anche l’ammirazione dei loro persecutori.
Fra Leopoldo portò nel suo cuore di consacrato le ansie e i dolori di tante
persone che incontrava per via o visitava nelle case. Ed il suo amore e compassione
verso di loro fu così grande che non ha mai ha smesso di chiedere a Dio il loro
pentimento e conversione, pregando ancora più intensamente per tutti quelli che
perseguitavano la Chiesa.
Manifestando profonda gratitudine verso i benefattori, gli amici e gli infermi,
i questuanti assicuravano la certezza non soltanto della loro personale preghiera ma
anche di tutta la fraternità408.
L’agire e lo stare con Gesù trovava un armonico ed esemplare connubio, in tal
modo tutto diventava frutto della loro prolungata preghiera. Spesso trascorrevano
diverse ore in adorazione davanti al Santissimo409, nutrendo anche una tenerissima
devozione alla Madonna.
Nel loro apostolato i questuanti si impegnavano ad inculcare a tutti una grande
fiducia nel Signore, parlando di Dio con passione, non ricorrendo ad alte
elucubrazioni, ma con semplici parole cercavano di dare voce a ciò che risuonava nel
loro cuore, e questo contribuiva ad inculcare l’amore di Dio nel cuore di quanti li
sentivano.
Fra Leopoldo da Alpandeire, come vero ‘mendicante per Dio’, con la sua
questua ha cercato di orientare tutti verso Dio.
Ciò che chiedeva non era semplicemente l’elemosina, ma la conversione dei cuori,
evangelizzava con la sua parola e il suo esempio, perché il peccatore potesse ritornare
al suo Signore. Mendicava a Dio le grazie per ogni persona incontrata. Il suo
408
Cfr. Cost. 1536, 313.
Fra Leopoldo visitava spesso le chiese della città di Granada, e prima di compiere qualsiasi ufficio
fraterno si recava davanti al Santissimo e soltanto dopo si recava al lavoro. Cfr. Summarium, 192.
409
112
consiglio e la sua sapienza non erano oppure umane, ma il respiro di Dio nella sua
vita. Parlava con le parole di Dio perciò era ascoltato410.
E quando qualcuno chiedeva a fra Leopoldo di recitare le ‘tre Ave-Maria’ egli
rispondeva volentieri alla richiesta, ma poi aggiungeva: ‘Abbia molta fiducia in Dio,
abbia molta fiducia nella Vergine Maria’. Infatti, non soltanto cercava di inculcare
l’amore di Dio, ma tutti raccomandava alla Vergine Madre moltiplicando per loro le
sue ‘tre Ave-Maria’.
[Fray Leopoldo] tuvo una devoción extraordinaria a la Stma. Virgen María. Después
de la Eucaristía su principal amor era la Stma. Virgen. Y manifestaba esta devoción
sobre todo con la práctica de las tres Ave-Marías. Muchas veces le pedían oraciones
en la calle, e inmediatamente rezaba con los mismos que se las pedía las tres AveMarías, siempre recogido, y de tal manera, que inspiraba devoción. Las personas le
pedían las oraciones porque tenían confianza en su intercesión. Después de rezar las
tres Ave Marías solía decir: ‘Tenga mucha confianza en la Stma. Virgen’411.
Con le loro devozioni i frati questuanti riuscivano a dare una testimonianza più
eloquente di molte dotte prediche. Fra Leopoldo era un libro vivo ed aperto, attraverso
il suo esempio riusciva a edificare quanti ammiravano il modo in cui viveva in
particolare la liturgia e le devozioni. E tutti rimanevano veramente edificati!
Cuando ayudaba la Misa parecía que se transfiguraba por su devoción y su actitud,
su veneración y recogimiento. De su compostura, de su manera de responder siempre,
encaminado a Dios y a las cosas espirituales, sin hablar nunca de cosas mundanas, se
veía que el S. de D. estaba continuamente en la presencia de Dios. Por sus acciones
y toda su vida se podía decir que vivía de su fe412.
Nella vita dei questuanti l’esperienza doveva sempre precedere la dottrina413,
poiché ciò che convince è la vita e non le parole. In fra Leopoldo il ministero della
questua diventava occasione di apostolato, oltre che di testimonianza. Le persone lo
consideravano un uomo di Dio, un vero santo414. Sia le persone facoltose che gli
indigenti avevano un grande rispetto per lui, in quanto la sua vita era una limpida
testimonianza dell’amore di Dio per ogni uomo affaticato ed oppresso. Ricevendo la
410
Relatio et Vota, 33.
Summarium, 193.
412
Summarium, 192.
413
Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 62-63.
414
Cfr. Summarium, 72-73.
411
113
sua visita, le famiglie esultavano convinte di essere raggiunte dalla benedizione del
Signore. Il suo apostolato si identificava con il suo comportamento. Appunto,
l’attività apostolica dei questuanti doveva essere un tutt’uno con la loro vita, in modo
che la loro forma di vita fosse tutta apostolica.
Se durante la vita di fra Leopoldo erano tantissimi quelli che chiedevano la sua
intercessione per i diversi motivi, con la sua morte il Signore stesso ha lavorato per
essere ancora una volta vicino al suo popolo. Infatti, si sono moltiplicate le richieste
di sue foto o reliquie, e da diverse parti del mondo sono pervenute richieste di notizie
sulla sua vita, cui sono seguite numerose pubblicazioni di libri ed articoli che
divulgano le sue virtù. Fino ad oggi sono innumerevoli le grazie ottenute per
l’intercessione di questo semplice frate questuante.
In realtà, l’impatto sul popolo fu sempre molto grande alla morte della maggior
parte dei frati questuanti. La loro vicinanza durante la vita ha suscitato una vicinanza
ancora più grande al momento della loro morte, quando i bisogni ed i problemi
condivisi dal popolo venivano portati personalmente da essi davanti a Dio. Il frate
che ha sempre accompagnato il popolo non se ne dimenticherà presentandosi davanti
a Dio, anzi, lo porterà con sé.
Esempio chiaro di questo legame è che ancor’ oggi la tomba del beato
Leopoldo da Alpandeire è piena di fiori, e sono migliaia le persone che da tutte le
parti del mondo si rivolgono a lui. La gente continua ad avere la stessa fiducia,
specialmente a causa dell’efficacia della sua preghiera. Le persone continuano ad
affidare i loro problemi e la loro vita nelle mani del beato Leopoldo, trovando anche
oggi in lui un legame non soltanto con la fraternità, ma specialmente con Dio.
In realtà, la vita dei frati questuanti si traduceva in un invito alla relazione con
la fraternità e con Dio415. Sono stati chiamati a diventare non soltanto immagine della
fraternità ma anche immagine dello stesso Gesù Cristo, nella misura in cui lo hanno
accolto nella loro vita e hanno fatto la sua volontà416.
415
416
Cfr. PIREDDU, Fra Nicola da Gesturi, 43.
Cfr. Jo 13,20;15,4-8; Rom 8,29; Gl 4,19.
114
CONCLUSIONE
Arrivando alla fine di questo lavoro accademico, emerge ancor più
l’importanza che ha la figura del frate questuante, non soltanto per l’Ordine ma anche
per il mondo. Infatti, se da una parte questo lavoro mette in evidenza il forte richiamo
che i frati questuanti hanno sempre rappresentato per la vita religiosa, dall’altra
sottolinea la buona immagine che hanno trasmesso della loro fraternità. E questo non
soltanto nel loro tempo, ma anche oggi continuano ad esserlo per tutti coloro che si
lasciano irradiare dal loro esempio417.
La scelta di presentare il beato Leopoldo da Alpandeire come modello per
comprendere la figura del frate questuante, si può ribadire che è stata una scelta
giusta, poiché in lui si può leggere in modo eccezionale l’ideale di vita dei frati
questuanti che, premurosi verso tutti, portano con loro tutta la fraternità, trasmettendo
il buon odore del carisma francescano cappuccino. Anzi, tenendo presente il contesto
storico da lui vissuto e qui presentato, forse è proprio lui il frate questuante che nella
storia dell’Ordine è più conveniente studiare, insieme a san Felice da Cantalice, primo
frate cappuccino ad essere canonizzato. Si può addirittura affermare che forse non è
possibile immaginare oggi una fraternità ideale418 senza il modello di vita evangelica
del beato Leopoldo da Alpandeire.
Infatti, come è stato osservato nel primo capitolo, l’ambiente sociale e
religioso nel periodo vissuto del beato Leopoldo non fu propriamente facile. Anzi, le
forti tensioni tra la politica e la religione vissute in quel periodo hanno reso molto
pericolosa qualsiasi manifestazione pubblica di fede. Allo stesso tempo, si è visto
essere stato un periodo di cambiamenti, che esigeva dalla Chiesa e dall’Ordine di
incarnare nuove esigenze, senza però deviare dal giusto cammino. Analogamente,
davanti alla crescita e allo sviluppo dell’Ordine, fu sempre più necessario prendere
417
«El nombre de estos hermanos, apóstoles del silencio, de la humildad y de la caridad, tal vez haya
durado más en los pueblos que el de muchos predicadores de renombre». GONZÁLEZ CABALLERO, Los
Capuchinos en la Peninsula Iberica, 290-291.
418
Cfr. SpecP 85.
115
coscienza di procedere in spirito fraterno, in quanto tutti membri dello stesso progetto
di fraternità, invece di presentare ogni attività come un progetto personale.
La presentazione dell’ambiente sociale e religioso nella Spagna dei secoli XIX
e XX ci è servito per rendere più comprensibile la vita e l’attività di fra Leopoldo. La
sua entrata nell’Ordine Cappuccino da adulto dimostra che ha avuto molto tempo per
conoscere la realtà e le esigenze del mondo. Il suo modo di essere rifletteva la sua
esperienza di vita. Allo stesso tempo, dal momento che prima di diventare frate
lavorava nel campo con le sue proprie mani, fu affidato a fra Leopoldo l’ufficio di
questuante, chiedendo l’elemosina per le vie di Granada. Pertanto ha dovuto non
soltanto approfondire il significato della questua, mettendola in relazione con la
volontà dei superiori e di Dio, ma anche di fare il cammino verso la santità proprio
attraverso di essa.
La sua fede ha trovato nella preghiera quotidiana e costante il viatico
necessario, non soltanto per il suo cammino personale, ma essendo anche esempio
per tanti altri. Infatti, per mezzo delle sue devozioni oltre a dare testimonianza di fede,
ha spinto gli altri a pregare e a praticare le stesse devozioni, come aveva fatto
Francesco d’Assisi e tanti altri, dei quali fra Leopoldo si dimostrò un esimio seguace.
Percorrendo lo stesso cammino, cercò di essere fedele al carisma primitivo, non
solamente nell’praticare le loro devozioni, ma specialmente nell’incarnare la
spiritualità francescana e nell’osservare la Regola e le Costituzioni dell’Ordine.
Dalla vita del beato Leopoldo emergono tantissime virtù, tipiche dai santi
cappuccini. Tra queste sono state messe in evidenza in questo lavoro quelle che più
si collegano al servizio della questua.
Per quanto riguarda l’osservanza dei consigli evangelici, la sua obbedienza ai
superiori e alla volontà di Dio fu una costante prova della sua totale consacrazione,
lo stesso si può dire della sua castità degli occhi e dei pensieri quando camminava per
le vie della città, così come della povertà vissuta in modo radicale, senza nulla di
proprio, seguendo povero il Cristo povero.
116
Parimenti la sua umiltà e semplicità furono ammirevoli. Di fronte alle
persecuzioni e all’instabilità politica, il suo silenzio trasformato in preghiera fu la
reazione più adeguata ed efficace. Nel portare avanti il suo lavoro quotidiano con
semplicità ed umiltà riuscì ad arrivare al cuore di tutti, anche dei persecutori. E tutto
questo perché dal suo cuore scaturiva un amore immenso verso Dio e verso tutti
coloro che lo incontravano nel suo cammino. E questo non soltanto si vedeva
attraverso le opere che faceva verso i frati, i poveri, gli ammalati ed i suoi persecutori,
ma si sentiva anche con la sua presenza in mezzo a loro.
L’ultimo capitolo ha voluto essere il cuore di questa ricerca, ritenendo i due
primi capitoli come introduzione e preparazione ad esso. Infatti, poiché nello sviluppo
di tutta la ricerca è stato utilizzato il metodo induttivo, ciò ha permesso di fare un
cammino accanto al beato Leopoldo da Alpandeire, sia nel suo contesto sociale,
economico, politico e religioso, sia per capire la sua vita e il lavoro di questuante.
Infine ci ha permesso di identificare l’immagine di ciò che deve essere l’ideale del
frate questuante, e conseguentemente della fraternità.
Il primo punto da sottolineare è che nella continua comunione con Dio, cuore
della vocazione cappuccina, i questuanti non soltanto trovano la forza per portare
avanti e svolgere bene la loro missione, ma pure trovano sostegno per mantenere la
loro unione d’amore con Dio, che si esprime nella carità verso il prossimo. Infatti, il
legame tra Dio e il prossimo si rende visibile nel rapporto quotidiano sia con i suoi
confratelli, sia con i poveri del paese. Il loro amore per Dio viene tradotto in amore
al prossimo.
Il compito dei frati questuanti è in primo luogo quello di diventare madri di
Cristo, portandolo nel loro cuore e nel loro corpo per virtù d'amore, di pura e sincera
coscienza, partorendolo per mezzo delle buone opere, le quali devono illuminare gli
altri con la forza dell'esempio419. Conseguentemente diventano anche madri della
fraternità e del popolo poiché questi sono ugualmente portati nel loro cuore e partoriti
nelle costanti preghiere davanti a Dio.
419
Cfr. 1LF 10,49.
117
Infatti, soltanto attraverso il fatto di servire Dio nei fratelli si può capire che la
vocazione cappuccina è una manifestazione sincera e fondata del seguire le orme di
Cristo in castità, povertà e obbedienza, in modo da diventare con semplicità esempio
di virtù evangeliche, come prima di tutti l’ha vissuta Francesco d’Assisi.
Vivendo la loro vocazione e missione senza segni straordinari e grandi prodigi,
non poche volte i frati questuanti manifestano la santità di vita attraverso il semplice
compimento fedele del loro dovere, accogliendo tutto, anche il martirio, come
progetto affidatogli da Dio e dalla fraternità. E se da una parte devono sopportare con
pazienza e fede una pesante croce, dall’altra sono autentici portatori di conforto e
sollievo agli altri.
Per ultimo – ma ancora più importante, perché ha fatto sì che il lavoro
raggiungesse lo scopo finale –, è stato possibile dimostrare come i frati questuanti
riescono a fare da legame tra la fraternità e il popolo. Se da una parte, attraverso la
difficilissima missione di essere nel mondo senza essere del mondo, riescono a
mantenere un cuore libero dai legami terreni, e tutto aperto all’amore di Dio, dall’altra
parte sono attenti alle più disparate necessità del popolo. Così, la loro presenza si
traduce in segno di pace, amore, conforto e bontà di Dio davanti ad una società spesso
invischiata nel male e nel peccato.
A causa del contatto diretto ed incisivo con la gente, i questuanti diventano
immagine della fraternità, portandola con loro e in loro. Essendo inviati tra il popolo,
i questuanti rappresentano la stessa fraternità. Non vanno per conto proprio ma
portano con sé tutta la fraternità, la rappresentano, il che esige una grande
responsabilità.
Presentandosi in nome ella fraternità, accolgono in nome di tutta la fraternità
tanto gli elogi, come le critiche420; i questuanti tutto prendono sulle loro spalle con
carità e umiltà e lo portano alla fraternità nella persona del superiore.
420
Cfr. Mt 5,38-42.
118
Spesso quando si parla dei Cappuccini, i frati di riferimento sono loro, guardati
con ammirazione e riverenza, riescono a fare da legame non soltanto tra il popolo e
la fraternità, ma anche tra il popolo stesso, nell’esercitare la carità gli uni verso gli
altri. Diventano come dei mediatori della pace e della carità vicendevole.
Riconoscendosi peccatori e partecipi delle miserie del popolo, riescono a
comprendere in profondità le fragilità umane fino a farsi mendicanti dinanzi a Dio,
chiedendo grazie per i loro figli. E rivolgendo una profonda gratitudine verso i
benefattori, gli amici e gli infermi, i questuanti assicurano la certezza non soltanto
della singola preghiera ma anche quella di tutta la fraternità.
La loro spiritualità è veramente coinvolgente, in quanto riescono a stabilire un
nuovo e non comune tipo di rapporto con sé, con gli altri e con Dio, offrendo un
esempio di vita semplice, umile e attenta alle esigenze degli ultimi e di tutti coloro
che vogliono ancora vivere gli alti ideali evangelici421. La testimonianza di santità
semplice, umile e quotidiana – senza manifestazioni clamorose, grazie mistiche o
carismi straordinari422 –, appare particolarmente preziosa oggi per tutta la Chiesa.
La disponibilità incondizionata dei questuanti alla grazia di Dio permette che
tutti quelli che li incontrano possano intravedere in loro la presenza di Dio. Questo
esempio di quotidiana fedeltà al Vangelo diviene anche ispirazione per quanti,
chierici, consacrati e laici, vivono la loro vocazione nel cuore del mondo, cercando il
Regno di Dio.
Infatti, davanti alla sfida di una cultura troppo preoccupata dell’apparenza e,
perciò, pronta a sacrificare i valori anche più fondamentali, dimenticando i diritti e le
esigenze dei più deboli, l’esempio dei frati questuanti, come è il caso del beato
Leopoldo423, diviene un incoraggiamento e un aiuto a sviluppare il discernimento.
Esso, radicato nell’amore di Dio, permette di proporre con coraggio i valori
421
Cfr. Relatio et Vota, 32-33.
Cfr. Relacion, XII.
423
Cfr. Summarium, 441.
422
119
evangelici, a cominciare dalla condivisione e dalla solidarietà con i poveri, come
contributo prezioso per costruire un mondo più fraterno424.
Con queste conclusioni sono sorte alcune domande che, nonostante non sia
stato possibile affrontare qui, hanno sicuramente aperto una nuova porta in modo ad
approfondire in futuro queste tematiche.
È il caso dell’uso dell’abito religioso oggi, ed il suo significato come elemento
di identità di consacrazione e di evangelizzazione. La presenza dei questuanti per le
vie suscitava la curiosità ed il fascino delle persone, provocando in loro il domandarsi
non soltanto su Dio, ma anche sulla propria fede e vocazione425. È preoccupante che
oggi siano sempre meno i frati che usano il saio fuori del convento, e molti meno
quelli che continuano a fare la questua.
Un’altra tematica più drammatica è la crescente scomparsa dei frati questuanti.
Se davanti alle necessità economiche si è lodevolmente cominciato a privilegiare il
lavoro invece dell’elemosina, dall’altra parte si corre il rischio di perdere la
prossimità con il popolo. Davanti a questa realtà, ci si può domandare: come
ricuperare questa prossimità che si otteneva attraverso la questua?
A queste e ad altre domande si potrà forse rispondere in un futuro lavoro, ma
non si può lasciar perdere un tesoro così prezioso come la questua, che per secoli ha
dato non soltanto tanti santi all’Ordine ma ne è stata anche l’immagine.
424
Cfr. Relatio et Vota, 76.
Innumerevoli vocazioni sono natte dopo aver visto un frate per strada. Il primo impatto è
importantissimo, al punto da marcare tutta la vita.
425
120
APPENDICE
Appendice I: Mappa di Spagna.
121
Appendice II: Retratto del beato Leopoldo da Alpandeire, dipinto dall’autore Juan
Valdés per la celebrazione del cinquantenario della sua morte (2006).
122
Appendice III: Cronologia della vita di fra Leopoldo di Alpandeire.
123
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