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Tesina - Il frate questuante: immagine della fraternità

CAPITOLO I – AMBIENTE SOCIALE E RELIGIOSO IN ANDALUSIA (secc. XIX-XX) 1.1 Situazione politica ed economica di Andalusia 1.1.1 Un secolo di storia turbolenta 1.1.2 L’ambiente economico di Spagna 1.1.3 Lo scontro tra politica e religione 1.2 Il contesto religioso 1.2.1 Religiosità vissuta: tra devozione e secolarizzazione 1.2.2 In cammino verso un cambiamento 1.3 I Frati Cappuccini in Andalusia 1.3.1 La storia dei Frati Cappuccini in Andalusia 1.3.2 L’attività dei Frati Cappuccini della Provincia di Andalusia CAPITOLO II – FRA LEOPOLDO DA ALPANDEIRE, UN CAPPUCCINO QUESTUANTE 2.1 L’ingresso nell’Ordine Cappuccino 2.1.1 La vita di Francisco Tomás de San Juan Bautista 2.1.2 L’ingresso nei Cappuccini 2.2 L’attività di un frate questuante a Granada 2.2.1 ‘Mendicante per Dio’ 2.2.2 Uomo di preghiera 2.2.3 Fedele al carisma primitivo 2.3 Le virtù principali 2.3.1 L’osservanza dei consigli evangelici 2.3.2 Silenzioso e umile verso tutti 2.3.3 Cuore immenso CAPITOLO III – IMMAGINE DELLA FRATERNITÀ 3.1 Il cuore della vocazione cappuccina 3.1.1 ‘Tutto per amore di Dio’ 3.1.2 Donare la vita per i fratelli 3.2 La fedeltà alla vocazione cappuccina 3.2.1 Seguire le orme di Cristo come san Francesco 3.2.2 Fedele fino alla fine 3.2.3 ‘Quello che Dio vuole’ 3.3 Legame fra la fraternità e il popolo 3.3.1 Essere nel mondo senza essere del mondo 3.3.2 Il legame fra la fraternità e il popolo 3.3.3 Intercessore

PONTIFICIA UNIVERSITAS ANTONIANUM Facultas Theologiae Specializatio in Spiritualitate Miguel Pinto Grilo IL FRATE QUESTUANTE: IMMAGINE DELLA FRATERNITÀ Una lettura teologico-spirituale della vita del beato Leopoldo da Alpandeire Dissertatio ad Licentiam Moderator: prof. Wiesław Block Correlatores: prof. Vittorina Marini prof. Fabrizio Congiu Romae 2017 2 INDICE SIGLE E ABBREVIAZIONI 5 INTRODUZIONE 8 CAPITOLO I – AMBIENTE SOCIALE E RELIGIOSO IN ANDALUSIA (secc. XIX-XX) 14 1.1 Situazione politica ed economica di Andalusia 1.1.1 Un secolo di storia turbolenta 1.1.2 L’ambiente economico di Spagna 1.1.3 Lo scontro tra politica e religione 14 15 19 23 1.2 Il contesto religioso 1.2.1 Religiosità vissuta: tra devozione e secolarizzazione 1.2.2 In cammino verso un cambiamento 31 31 37 1.3 I Frati Cappuccini in Andalusia 1.3.1 La storia dei Frati Cappuccini in Andalusia 1.3.2 L’attività dei Frati Cappuccini della Provincia di Andalusia 40 41 45 CAPITOLO II – FRA LEOPOLDO DA ALPANDEIRE, UN CAPPUCCINO QUESTUANTE 50 2.1 L’ingresso nell’Ordine Cappuccino 2.1.1 La vita di Francisco Tomás de San Juan Bautista 2.1.2 L’ingresso nei Cappuccini 50 51 54 2.2 L’attività di un frate questuante a Granada 2.2.1 ‘Mendicante per Dio’ 2.2.2 Uomo di preghiera 2.2.3 Fedele al carisma primitivo 58 59 64 71 2.3 Le virtù principali 2.3.1 L’osservanza dei consigli evangelici 2.3.2 Silenzioso e umile verso tutti 2.3.3 Cuore immenso 75 76 78 83 3 CAPITOLO III – IMMAGINE DELLA FRATERNITÀ 86 3.1 Il cuore della vocazione cappuccina 3.1.1 ‘Tutto per amore di Dio’ 3.1.2 Donare la vita per i fratelli 86 87 90 3.2 La fedeltà alla vocazione cappuccina 3.2.1 Seguire le orme di Cristo come san Francesco 3.2.2 Fedele fino alla fine 3.2.3 ‘Quello che Dio vuole’ 93 94 97 102 3.3 Legame fra la fraternità e il popolo 3.3.1 Essere nel mondo senza essere del mondo 3.3.2 Il legame fra la fraternità e il popolo 3.3.3 Intercessore 104 104 108 111 CONCLUSIONE 115 APPENDICE 121 BIBLIOGRAFIA A. Fonti B. Fonti di carattere francescano C. Documenti della Chiesa D. Studi E. Articoli F. Sito web 124 124 125 127 127 132 133 4 SIGLE E ABREVIAZIONI 1LF FRANCESCO D’ASSISI, 1 Lettera ai Fedeli, in FRANCISCI ASSISIENSIS, Scripta, criticae editit C. Paolazzi, Spicilegium Bonaventurianum, XXXVI, Grottaferrata (Roma), 2009, p.174-179. Ammonizione FRANCESCO D’ASSISI, Ammonizione, in FRANCISCI ASSISIENSIS, Scripta, criticae editit C. Paolazzi, Spicilegium Bonaventurianum, XXXVI, Grottaferrata (Roma), 2009, p.352-377. Biographia CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Biographia Documentata, P.N. 1280, Granada, 1993. Cost. 1536 Le prime Costituzioni dei frati minori cappuccini. Roma – S. Eufemia 1536. In lingua moderna con note storiche ed edizione critica, Conferenza Italiana dei Superiori provinciali Cappuccini per l’VIII Centenario della nascita di san Francesco, a cura di F. A. Catalano, C. Cargnoni, G. Santarelli, Roma, 1982. Informatio CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Informatio, Super Dubio, P.N. 1280, Granada, 1993. Lmin FRANCESCO D’ASSISI, Lettera a un ministro, in FRANCISCI ASSISIENSIS, Scripta, criticae editit C. Paolazzi, Spicilegium Bonaventurianum, XXXVI, Grottaferrata (Roma), 2009, p.164-167. Mem THOMAS DE CELANO, Memoriale, Editio critico-synoptica duarum redactionum ad fidem codicum manuscriptorum, a cura di F. Accrocca, A. Horowski, Roma, 2011. 5 PPN FRANCESCO D’ASSISI, Parafrasi del «Padre Nostro», in FRANCISCI ASSISIENSIS, Scripta, criticae editit C. Paolazzi, Spicilegium Bonaventurianum, XXXVI, Grottaferrata (Roma), 2009, p.56-59. Rb FRANCESCO D’ASSISI, Regola bollata, in FRANCISCI ASSISIENSIS, Scripta, criticae editit C. Paolazzi, Spicilegium Bonaventurianum, XXXVI, Grottaferrata (Roma), 2009, p.323-339. Relacion CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Relacion del relator de la causa, P.N. 1280, Granada, 1993. Relatio et Vota CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire (in saec.: Francisci Thomae Sánchez Márquez). Laici Professi O.F.M. CAP. (1864-1956), Relatio et vota Congressus peculiaris super virtutibus die 20 martii an. 2007 habiti, P.N. 1280, Roma, 2007. Rnb FRANCESCO D’ASSISI, Regola non bollata, in FRANCISCI ASSISIENSIS, Scripta, criticae editit C. Paolazzi, Spicilegium Bonaventurianum, XXXVI, Grottaferrata (Roma), 2009, p.242-289. SpecP Anonimo della Porziuncola. Speculum perfectionis status fratris Minoris. Edizione critica e studio storico-letterario, a cura di D. Solvi, Firenze, 2006. Summarium CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Summarium, Super Dubio, P.N. 1280, Granada, 1993. 6 Testamento FRANCESCO D’ASSISI, Testamento, in FRANCISCI ASSISIENSIS, Scripta, criticae editit C. Paolazzi, Spicilegium Bonaventurianum, XXXVI, Grottaferrata (Roma), 2009, p. 394-405. VbF TOMMASO DA CELANO, Vita Prima Sancti Francisci, in Analecta Franciscana, Tomus X, Quaracchi, Firenze, 1941, p.1-117. 7 INTRODUZIONE Prima di addentrarci nell’argomento di questa ricerca occorre chiarire i termini questua ed elemosina, in modo da evitare interpretazioni fuorvianti. Ogni volta che in questo studio si parlerà di fare la questua s’intende riferirsi all’attività del frate che va per le vie e per le case non soltanto per chiedere l’elemosina, ma anche per prestare un servizio spirituale. Con il termine elemosina ci si vuole riferire a quanto ottenuto dalla questua, normalmente denaro oppure prodotti alimentari, che venivano caritatevolmente consegnati al frate questuante per il sostegno della fraternità e per aiutare i poveri. Il frate questuante sempre è stato un personaggio di fede profonda e di una personalità matura, che attirava l’attenzione di tutti, specialmente dei bambini. Lungo i secoli ha avuto un peso grandissimo nella storia dell’Ordine Cappuccino, poiché il lavoro pastorale non sempre era sufficiente a coprire le necessità della fraternità, era necessario ricorrere all’elemosina. All’inizio il fatto di questuare era per i frati un lavoro molto umiliante, però con il tempo, quando i frati furono universalmente conosciuti e venerati, la questua non rappresentò più un motivo d’umiliazione e finì per essere un comune mezzo per procurarsi i mezzi di sussistenza. In Francesco d’Assisi l’elemosina era tenuta in grande considerazione: I frati che si affaticano per procurarla avranno una grande ricompensa e la fanno guadagnare e acquistare a quelli che fanno elemosina: poiché tutte le cose che gli uomini lasceranno nel mondo, periranno, ma della carità e delle elemosine che hanno fatto, riceveranno il premio dal Signore1. 1 Rnb 9,12. 8 Tuttavia secondo Francesco, l’elemosina doveva essere soltanto un’alternativa da adottare solo quando il lavoro non fosse stato sufficiente2, visione che nei secoli è cambiata. La questua divenne, con il tempo, un mezzo di apostolato e il primario mezzo di sostentamento dei frati, così che l’Ordine invece di essere chiamato ‘ordine dei lavoratori’ fu chiamato ‘ordine mendicante’3. Attraverso la questua, l’apostolato si fece non soltanto più prossimo alla gente ma trovò anche l’ambiente propizio per la diffusione del carisma francescano cappuccino. Questi frati che percorrevano le vie, visitavano le case e soccorrevano i più bisognosi costituivano di fatto il primo contatto che molti hanno avuto con l’Ordine. Attraverso la questua, i frati diventarono l’immagine dell’Ordine. In tal modo, il presente lavoro elaborato per la conclusione della Licenza in Teologia Spirituale nella facoltà dell’Antonianum, cui tema è ‘Il frate questuante: immagine della fraternità’, intende, per quanto è possibile, mettere in evidenza l’essenza e l’importanza di questi frati, sia per l’Ordine, sia per la Chiesa, che per il bene della società. L’argomento analizzato è assai vasto, pertanto è necessario limitarlo e dare la dovuta concretezza, in modo da non eccedere rispetto a ciò che è essenziale nella missione specifica del frate questuante. In questo modo si cercherà di fare una lettura teologico-spirituale della vita del beato Leopoldo da Alpandeire. Abbordare la questua dal punto di vista della vita di un frate cappuccino spagnolo del XX secolo può aiutare a capire non soltanto il ruolo che ebbe questo impegno fraterno all’inizio del francescanesimo, ma anche lo sviluppo e il suo simbolismo fino ad oggi. Infatti, la scelta del beato Leopoldo da Alpandeire non fu 2 Francesco d’Assisi insisteva sul fatto che la questua doveva rappresentare un mezzo secondario, e che bisognava chiedere l’elemosina solo in caso di necessità, altrimenti sarebbe stato un defraudare gli altri poveri di un loro diritto. Cfr. Rnb 8,8. 3 Per approfondire l’argomento consultare: K. ESSER, Origini e inizi del movimento e dell’ordine francescano, Milano, 1975. 9 casuale, ma si è voluto scegliere un frate del secolo XX4 che rappresentasse tutti i questuanti dell’Ordine. Nonostante sia impossibile non fare riferimento alla santità del beato Leopoldo da Alpandeire, l’obiettivo di questo lavoro non è quello di contrapporre la sua santità a quelle degli altri5. Allo stesso tempo, non si ha la pretesa di esporre la problematica economica6 e legislativa7 del chiedere l’elemosina, ma si vuole soltanto centrare l’aspetto spirituale inerente ad essa. In realtà, lo scopo principale di questo studio, alla luce della spiritualità francescana8, ed in modo speciale di quella del beato Leopoldo, sarà quello di mettere in evidenza la figura del frate questuante come immagine della fraternità, capire in quale senso lui prende con sé e in sé tutta la fraternità, diventando immagine di essa. Il metodo utilizzato sarà quello induttivo, partendo dall’esempio della vita del beato Leopoldo da Alpandeire, in modo da far emergere l’immagine di quello che deve essere l’ideale del frate questuante. Prendendo questo frate come modello ed inquadrandolo nel suo contesto sociale e religioso, sarà più facile riconoscere gli aspetti costitutivi che fanno di lui un’immagine della fraternità. Le fonti utilizzate in questo lavoro sono le pubblicazioni edite in occasione della beatificazione di fra Leopoldo, in modo particolare i documenti del processo di 4 La scelta del secolo XX si deve anche al fatto che è in questo periodo che l’ufficio della questua comincia a sparire. 5 Per approfondire l’argomento consultare: A. AMATO, I Santi si specchiano in Cristo, Città del Vaticano, 2011. A. AMATO, I Santi: Ministri della carità, Città del Vaticano, 2017. 6 Per approfondire l’argomento consultare: M. BARTOLI, Pater pauperum, Francesco, Assisi e l’elemosina, Padova, 2009. 7 Per approfondire l’argomento consultare: ANASTASIO DA MONTECASTELLI, Il diritto di questua negli ordini mendicanti dal suo sorgere fino al codice di diritto canonico. Studio storico-giuridico, Roma, 1951. 8 La spiritualità francescana è l’esperienza cristiana vissuta e testimoniata ieri ed oggi dai francescani nel loro relativo contesto storico, culturale ed ecclesiale ispirata all’esperienza cristiana ed evangelica di san Francesco di Assisi e illuminata dai valori vissuti ed elaborati intellettualmente dalla grande tradizione storica e spirituale dell’Ordine francescano. Cfr. G. IAMMARRONE, La spiritualità francescana: anima e contenuti fondamentali, Padova, 1993, p.21. 10 beatificazione9, il libro ‘Beato Leopoldo de Alpandeire’10 di Alfonso Ramirez Peralbo, le Fonti Francescane11 ed alcuni testi fulcri della storia di Andalusia. Inoltre, si ricorrerà a diversi studi sulla vita di fra Leopoldo, sul carisma francescano e altri che, presentando un’analisi al di fuori della vita del beato, potranno essere altrettanto utili nell’elaborare una visione critica più solida dei fatti e della stessa spiritualità. A motivo dell’importanza delle testimonianze riportate circa il beato Leopoldo, e per restare fedeli al testo, queste sono state mantenute nella lingua originale. Per capire il contesto in cui è vissuto fra Leopoldo, nel primo capitolo si cercherà di presentare, senza voler esaurire l’argomento, in modo sintetico e limitato all’area di interesse della vita di fra Leopoldo, l’ambiente sociale e religioso nella Spagna dei secoli XIX e XX. Qui si darà una breve descrizione della situazione politica ed economica, in modo speciale nella regione dell’Andalusia, sottolineando la sua storia turbolenta durante quel periodo, l’ambiente economico e lo scontro tra politica e religione. Con questo primo punto si intende trovare la chiave di lettura delle forti tensioni vissute in quel periodo. Nel secondo punto si terrà presente il contesto religioso di quel tempo, sia la religiosità vissuta, tra devozione e secolarizzazione, sia la necessità di adattarsi e di fare un cammino verso un cambiamento, tenendo presente le esigenze del tempo. 9 CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Positio super virtutibus, P.N. 1280, Granada, 1993. CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire (in saec.: Francisci Thomae Sánchez Márquez). Laici Professi O.F.M. CAP. (1864-1956), Relatio et vota Congressus peculiaris super virtutibus die 20 martii an. 2007 habiti, P.N. 1280, Roma, 2007. CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Summarium, Super Dubio, P.N. 1280, Granada, 1993. CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Informatio, Super Dubio, P.N. 1280, Granada, 1993. CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Biographia Documentata, P.N. 1280, Granada, 1993. CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Relacion del relator de la causa, P.N. 1280, Granada, 1993. 10 A. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire. El gemido de un pobre evangélico, Madrid, 2011. 11 Fonti Francescane. Nuova edizione. Scritti e biografie di san Francesco d’Assisi. Cronache e testimonianze del primo secolo francescano. Scritti e biografie di santa Chiara d’Assisi. Testi normativi dell’Ordine Francescano Secolare, a cura di E. Caroli, Padova, 2004. 11 Come conclusione del primo capitolo si metterà a fuoco la realtà storica della presenza dei Frati Cappuccini in Andalusia e la loro attività come provincia. Nel secondo capitolo si prenderà brevemente in considerazione la vita di fra Leopoldo da Alpandeire, sottolineando i suoi aspetti più importanti, per cercare di cogliere il suo profilo spirituale. In un primo momento sarà importante tenere presente la vita di Francisco Tomás de San Juan Bautista12 fino all’ingresso tra i Cappuccini della provincia di Andalusia, dove gli fu dato il nome di fra Leopoldo da Alpandeire. Sarà importante vedere come la sua vita iniziale si inquadrerà nella vita di frate minore cappuccino. In un secondo momento ci si concentrerà sulla sua attività come frate questuante nella città di Granada, cercando di mettere in evidenza il cammino di vita intrapreso da fra Leopoldo nel portare avanti la missione a lui affidata come frate questuante. Questa missione lo ha portato ad essere mendicante per amore di Dio, a non trascurare la preghiera ma facendo di essa il suo sostegno, rimanendo sempre fedele al carisma francescano, osservando la Regola e le Costituzioni dell’Ordine. Infine, saranno messe in luce le virtù principali di fra Leopoldo da Alpandeire, in modo da capire come ha vissuto la sua vocazione cappuccina, sia attraverso l’osservanza dei consigli evangelici, sia con il suo silenzio ed umiltà, e specialmente attraverso l’amore verso tutti che scaturiva del suo cuore. Dopo aver trattato nei due primi capitoli della vita e della spiritualità di fra Leopoldo come frate questuante nella città di Granada, inquadrate nel rispettivo contesto storico, sociale e religioso, il terzo ed ultimo capitolo, cuore di questo lavoro, cercherà di tenere presente tutti questi elementi e si orienterà verso una lettura teologico-spirituale dell’ideale dei frati questuanti, in modo da capire in che senso possono diventare immagine della fraternità. 12 Nome di battesimo di fra Leopoldo da Alpandeire. 12 Infatti, si vedrà che il cuore della vocazione cappuccina risiede nell’amore verso Dio e verso i fratelli. Se da una parte tutto deve essere fatto e sopportato ‘per amore di Dio’, questo amore esigerà una totale donazione di sé ai fratelli. Non basta iniziare il cammino ma bisogna essere sempre fedeli alla vocazione. Così in un secondo momento si approfondirà l’argomento della fedeltà dei questuanti non soltanto al carisma iniziale ma anche alla costanza della loro vita fino alla fine, accettando la volontà di Dio L’ultimo segmento di questo studio, quello conclusivo, tenendo presente quanto sarà detto prima, permetterà di capire qual è il ruolo del frate questuante nel presentarsi come immagine della fraternità, ponendosi come legame fra la fraternità ed il popolo, essendo nel mondo ma senza essere del mondo. Conseguentemente, il frate questuante sarà chiamato a diventare non soltanto intercessore presso la fraternità, ma specialmente presso Dio. Questo è in breve il lavoro che si intende affrontare nelle pagine che seguono, allo scopo di mettere in luce l’importanza di questi frati per l’Ordine e per la Chiesa, volendo più sollevare nuove questioni, che cercare delle risposte. 13 CAPITOLO I AMBIENTE SOCIALE E RELIGIOSO NELLA SPAGNA DEI SECOLI XIX E XX L’ambiente sociale e religioso della Spagna nel periodo in cui è vissuto fra Leopoldo da Alpandeire può dare informazioni preziose che riguardano il contesto vissuto e le sfide trovate da lui e dalla sua fraternità. In questo periodo di circa un secolo di storia si trovarono dei momenti di dialogo e di accordi, ma anche di scontri, a volte veramente atroci tra politica e Chiesa, che hanno dato origine a persecuzioni e perfino al martirio di tante persone, di ambo le parti. E se da una parte la Chiesa spagnola – ed in modo particolare i Cappuccini – si trova di fronte ad un periodo molto convulso della storia, d’altra parte essa è chiamata a dare una risposta alle esigenze di questo stesso periodo. Così, questo capitolo sarà fondamentale per comprendere, a posteriori, il modo di agire e di interagire di fra Leopoldo in questa società instabile. 1.1. Situazione politica ed economica dell’Andalusia La situazione politica ed economica in Spagna, e in modo particolare nella regione dell’Andalusia13, nel periodo in cui visse fra Leopoldo (1864-1956) era veramente molto particolare. Il periodo di cui si parla va dagli ultimi anni del regno di Isabella II (1833-1868) fino alla metà degli anni di Franco (1939-1975), ossia circa un secolo di storia. È presente in quest’epoca una grande instabilità politica, che ha come conseguenza diverse guerre civili, una profonda crisi economica, la fine dell’impero coloniale e una profonda crisi di identità in tutta la nazione14. 13 Situata nel sud della Spagna. Vedere mappa nell’Appendice I, p.121. Cfr. J. C. GAY ARMENTEROS, España en tiempos de fray Leopoldo de Alpandeire. La política. Evolución socio-económica, Granada, 1993, p.10-11. 14 14 Non si può trascurare il fatto che l’Andalusia fu un luogo di grande importanza per lo sviluppo storico, politico e sociale della Spagna. Il potere su questo territorio fu la chiave che ha permesso l’accesso a nuove forme di Stato, che supportavano le monarchie assolute centralizzanti. Infatti, se fino all’inizio del secolo XIX l’Andalusia si era mantenuta più o meno uguale alla quella della fine del secolo XV, e poiché non si era realizzata una crescita sostanziale, da allora in poi questa soffrirà un fortissimo influsso delle idee liberali, che si radicheranno nell’anima del popolo. La situazione politico-sociale dalla metà del secolo XIX era diventata molto tesa e insicura, da una parte a causa delle innumerevoli ingiustizie che avvenivano, e dall’altra a causa della progressiva presa di coscienza del movimento operaio. Con queste problematiche sullo sfondo, Granada visse in un periodo di circa un secolo i seguenti avvenimenti: la rivoluzione chiamata ‘gloriosa’15 (1868); la I Repubblica (1873-1874); la Restaurazione (1874-1931), che incorpora il regno di Alfonso XIII (1886-1931) con la dittatura di Miguel Primo di Rivera (1923-1931); la II Repubblica (1931-1939); la Guerra Civile16 (1936-1939) e l’era di Franco (1939-1975). Davanti a momenti così turbolenti, la Chiesa Cattolica cercò di assumere l’ala più conservatrice, mentre i socialisti erano posizionati dalla parte opposta. Uno dei motivi più evidenti che portò a questa presa di posizione è che c’erano grandi fortune, a volta di origine dubbia, e la maggior parte dei possidenti si dichiarava cattolica17. 1.1.1 Un secolo di storia turbolenta Verso la metà del XIX secolo in Spagna c’era la monarchia, con la regina Isabella II al potere. Chiamando il generale O’Donnell come Presidente del Consiglio di Ministri, la regina cercò di riportare stabilità nel paese attraverso l’Unione 15 Per approfondire l’argomento consultare: K. MARX, F. ENGELS, La Revolución española. Artículos y crónicas 1854-1873, Barcelona, 2017, p.84-90. 16 Per approfondire l’argomento consultare: G. RUSSOTTO, La Guerra Civile di Spagna (1936-1939) nell’archivio generale dei Fatebenefratelli, Roma, 1987. 17 Cfr. SUMMARIUM, 321. 15 Liberale18. Questa Unione, esclusivamente composta dalla classe dirigente, ottenne il controllo assoluto del potere legislativo. Furono anni molto turbolenti nei quali, nonostante gli innumerevoli sforzi, il governo non riuscì ad arginare la corruzione e di conseguenza la contestazione19. Dal 1861 in poi si moltiplicarono quindi le contestazioni contro il governo e la monarchia. Conseguentemente, nel 1868 iniziò la rivoluzione chiamata ‘la gloriosa’, con epicentro in Andalusia, coordinata dai generali Prim, Topete e Serrano, e assecondata dalla popolazione civile. La regina Isabella II fu costretta all’esilio20 in Francia nel 1868. Gli ideali di libertà e prosperità proposti dalla rivoluzione subito vennero traditi. La crescita del malessere sociale diventò ancor più acuita a causa del problema cantonale nel sud e nell’est che minacciavano di dividere la Spagna, così come dalla diffusione delle nuove idee internazionaliste e da due nuove guerre: la guerra civile carlista21 e la guerra ispano-americana22. Il popolo aveva riposto la sua speranza nella I Repubblica, fondata nel 1873, che però non durò neanche due anni. Fallita la Repubblica, arrivò la Restaurazione, portata avanti da Canovas come una stabilizzazione del Liberalismo e accettando Alfonso XII, figlio di Isabella II, come re, beneficando inoltre dell’appoggio dei vescovi e della maggior parte del popolo cattolico. Con la morte di Alfonso XII nel 1885, la regina vedova salì al trono in quanto l’erede Alfonso XIII non aveva l’età minima necessaria, e soltanto le succedette nel 190223. 18 Per approfondire l’argomento consultare: N. DURAN DE LA RUA, La Unión Liberal y la modernización de la España isabelina. Una convivencia frustrada (1854-1868), Madrid, 1979. 19 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 23-24. 20 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 24-25. 21 Per approfondire l’argomento consultare: V. GARMENDIA, La segunda guerra carlista (1872-1876), Madrid, 1976. 22 Per approfondire l’argomento consultare: F. MARTINEZ ARANGO, Cronologia crítica de la guerra hispano-cubano-americana, Habana, 1973. 23 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 27-29. 16 La guerra contro gli Stati Uniti nel 1898 fece perdere alla Spagna le colonie di Cuba, Porto Rico e Filippine24. Questa perdita provocò un trauma generale così grande da mettere in discredito le strutture politiche e sociali, favorendo la crescita della rivolta, del radicalismo e della violenza. In questo periodo nacque il movimento dell’Unione Nazionale25, guidato da Joaquín Costa, con l’intenzione di rigenerare la Spagna, specialmente per quanto riguarda gli ambiti dell’economia, politica e cultura26. I due partiti politici esistenti in quel periodo – quello conservatore e quello liberale –, si erano trasformati in una specie di mafia oligarchica. Negli anni 19071909 ci fu un tentativo di democratizzare le istituzioni locali in modo da porre fine a questa sorta di mafia e incentivare lo sviluppo industriale. Ma questo provocò la ‘Settimana Tragica di Barcellona’ (1909), un’autentica rivoluzione, nella quale la popolazione affrontò la polizia e l’esercito, bruciando diverse chiese e perseguitando il clero27. Fallito il progetto democratico e di fronte ad una crisi sociale e a una corruzione generalizzata, cominciarono ad emergere dei governi concentrati, che posero fine al bipartitismo. Così, il 1 settembre del 1923 ci fu un colpo di Stato con l’intento di far cadere non la monarchia, ma il sistema politico della Restaurazione – si diede così inizio alla Dittatura, guidata dal generale Primo, che perdurerà fino al 193028. La dittatura del generale Primo de Rivera era stata accolta con soddisfazione dalla maggioranza della gente d’ordine, la quale si aspettava di trovare in essa la fine d’un lungo periodo di disordini sociali, di sgoverno e debolezza dei governi liberali. Ma la Dittatura fu troppo lunga e non seppe riorganizzare la vita civile, anzi paralizzò la sua normalità organica. Interrotto il ritmo delle organizzazioni politiche legali, si 24 Per approfondire l’argomento consultare: J. VICENS VIVES, Historia de España y America, social y económica. Los siglos XIX y XX. America independiente, vol. V, Barcelona, 1972. 25 In questo movimento confluivano gli interessi dei piccoli agricoltori, commercianti ed industriali, danneggiati dalla politica tariffaria del Governo. 26 Cfr. R. PÉREZ DE LA DEHESA, El pensamiento de Costa y su influencia en el 98, Madrid, 1966, p.121-122. 27 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 31. 28 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 32-33. 17 formò una generazione non educata ai problemi politici e sociali, e neppure alla disciplina civile, la quale si gettò in folla per vie clandestine ad organizzarsi in senso sovversivo e di protesta, non in senso costruttivo, come una reazione contro un regime di eccezione, nel quale l’arbitrarietà dei subalterni e dei consueti sfruttatori fece il resto. Indirettamente si fece un ingente proselitismo repubblicano29. Il generale Primo aveva sradicato tutti i partiti politici, anche i simpatizzanti. In questo modo, essendo la monarchia totalmente dipendente della Dittatura, una volta che quest’ultima cadde, la Monarchia, mancante di sostegno, crollò. Infatti, nonostante gli sforzi, nel 1931 il re Alfonso XIII dovette fuggire dalla Spagna per evitare una guerra civile. Nacque così la II Repubblica nel biennio 1931-1933, che vide l’instaurazione di uno stato laico, aconfessionale e chiaramente anticlericale. In quel periodo si ricostituì l’esercito e iniziò la riforma agraria. Nel 1933 aveva vinto le elezioni il partito radicale dell’unione di gruppi cattolici del Lerroux e la C.E.D.A.30. Subito la Sinistra rispose con una rivoluzione, particolarmente cruenta nella Catalunya e nelle Asturie. Nelle elezioni del 1936 il paese si presentò diviso a metà: il partito di destra presentò un blocco nazionale, mentre quello della sinistra formò un fronte popolare31. Alla vittoria della destra, la sinistra si rivoltò bruciando i conventi, prendendo delle terre e facendo scioperi selvaggi. Con la morte del capo dell’opposizione, José Sotelo, da parte delle forze dell’ordine, la guerra diventò inevitabile32. L’insurrezione cominciò nella parte spagnola del Marocco il 17 luglio 1936, con il generale Franco come capo. Subito molte provincie si unirono a lui e man mano la Repubblica cominciò a perdere consistenza. Anche se aiutata dall’Unione Sovietica e dalle Brigate Internazionali33, la Repubblica non riuscì a far fronte a Franco, che 29 ANTONIO M. DA BARCELLONA, La tragedia della Spagna, Roma, 1937, p.15-16. Confederazione Spagnola delle Destre Autonome (Confederación Española de Derechas Autónomas). Per approfondire l’argomento consultare: J. R. MONTERO, La CEDA. El catolicismo social y político de la II República, Madrid, 1977. 31 Per approfondire l’argomento consultare: S. JULIÁ, Orígenes del Frente popular en España: 19341936, Madrid, 1979, p.93-108. 32 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 36-37. 33 Per approfondire l’argomento consultare: L. LONGO, Le brigate internazionali in Spagna, Roma, 1956. 30 18 contava sull’appoggio della Germania e dell’Italia. Ci fu una crudelissima repressione in ambedue le parti, e il clero fu il più colpito per mano dei repubblicani34. Con la vittoria di Franco nella guerra civile, la Spagna visse dal 1939 fino al 1975 in un regime personalista assoluto con alla base gli ideali ultraconservatori tipici degli anni ‘30, servendosi dei diversi gruppi che lo avevano appoggiato nella guerra. Così, il governo fu occupato dai falangisti35 nell’area sociale, dai militari nella difesa, dai tradizionalisti nella giustizia e dai cattolici nell’ educazione36. Fino al 1945 lo scopo di Franco fu quello di «reprimere gli sconfitti, come anche la creazione di un sistema di diritti e libertà molto ristretto, la protezione delle chiese, abolendo la legislazione repubblicana anticlericale, ottenendo in questo modo la legittimazione da parte della Chiesa e il diritto di presentare i vescovi»37. Dal 1945 fino all’inizio della guerra fredda38 il regime si isolò, nonostante fosse entrato nell’ONU. Questo isolamento generò una reazione nazionalista che rinforzò Franco39. La politica degli anni 50 fu di equilibrio tra cattolici e falangisti, anche se i cristiani cercavano invano di aprire il regime allo spirito della democrazia cristiana. 1.1.2 Il contesto economico della Spagna Come in quasi tutto il mondo, alla fine del sec. XIX la Spagna si trovava in una grande crisi finanziaria, a causa delle guerre coloniali e civili. Insieme alla dimensione economica, la crisi ha avuto una dimensione sociale, che si è manifestata 34 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 37-38. Per approfondire l’argomento consultare: J. A. PRIMO DE RIVERA, Le basi del falangismo spagnolo, Roma, 1986. 36 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 40. 37 RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 40. 38 Per approfondire l’argomento consultare: F. ROMERO, Storia della guerra fredda. L'ultimo conflitto per l'Europa, Torino, 2009. 39 Per approfondire l’argomento consultare: F. PORTERO, Franco, aislado: la cuestion española (19451950), Madrid, 1989. 35 19 con l’aumento della disoccupazione, l’insufficienza dei salari, le difficili condizioni di vita e l’inizio della migrazione rurale. Ma a medio e lungo termine la crisi generata dalla perdita di Cuba, Porto Rico e Filippine portò delle conseguenze benefiche per l’economia spagnola. Infatti, questa crisi iniziale si placò con il ritorno alle città di molto capitale, che fino ad allora era investito nelle colonie, creandosi molte banche che favorivano lo scambio straniero e lo sviluppo dell’industria, specialmente quella dell’interno e del nord, orientandola verso il mercato europeo40. Nel settore agricolo furono introdotti i macchinari e i fertilizzanti chimici e fu ampliata l’irrigazione tanto che nel 1920 c’era in Spagna circa un milione e mezzo di ettari irrigabili. Questi cambiamenti ebbero come conseguenza l’incremento della produzione del grano, della vite e dell’olivo e del loro valore economico. L’incremento delle nuove colture, come il caso dell’arancia e della barbabietola fu veramente notevole, dando luogo ad una industrializzazione veramente interessante nelle aree tradizionalmente agrarie, come è il caso di Granada, particolarmente sviluppata nell’area dell’industria dello zucchero41 (estratto dalla barbabietola). Invece negli altri luoghi circostanti, come è il caso di Ronda42, le colture tradizionali di cereali e olivo si mantennero come nei secoli precedenti, assistendo per giunta anche ad un processo di ‘deindustrializzazione’, poiché si svilupparono soltanto quelle aree dove si crearono nuove produzioni43. A causa della deindustrializzazione di queste regione e della forte crisi agraria, un gran numero di persone si vedranno costrette ad emigrare. Nella prima guerra mondiale le esportazioni agricole e vinicole della Spagna hanno avuto una grandissima contrazione, inoltre in quel periodo, per il fatto di non 40 Cfr. GAY ARMENTEROS, España en tiempos de fray Leopoldo de Alpandeire, 42. Cfr. GAY ARMENTEROS, España en tiempos de fray Leopoldo de Alpandeire, 42-43. 42 Ronda è una piccola città dell’Andalusia dove Francisco Tomás abitava e lavorava quando entrò in contatto con i Cappuccini, e dalla quale si parlerà nella prima parte del secondo capitolo. 43 Per approfondire l’argomento consultare: J. GARCIA FERNANDEZ, Organización y evolución de cultivos en la España del sur, Valladolid, 1967. 41 20 aver partecipato alla I Guerra Mondiale, si dovette convertire l’industria in fornitura di altri prodotti che i paesi bellici non potevano produrre: prodotti siderurgici, elettricità, industrie marittime. Questi dunque ebbero una crescita straordinaria delle loro produzioni ed esportazioni44. Nonostante questo sviluppo industriale, l’incidenza sociale non riuscì ad accompagnare la crescita. I prodotti alimentari diventarono tropo costosi e l’inflazione salì. I salari purtroppo non riuscirono ad accompagnare il ritmo dei prezzi, portando come conseguenza un crescente impoverimento della classe dei lavoratori. Allo stesso tempo, la maggior parte della ricchezza generata dalle regioni come l’Andalusia attraverso l’estrazione minerale45, fu trasferita all’ esterno nella sua quasi totalità, e si ridusse di molto il suo impatto nell’economia regionale. Presto cominciarono ad emergere delle tensioni sociali, che divennero più forti con la fine della crescita economica della I guerra mondiale. Con la pace tra i paesi belligeranti, la situazione economica nella Spagna cominciò ad assumere dimensioni tragiche. Diverse industrie furono chiuse, la maggioranza non per mancanza di produttività, ma a causa del fatto di non aver applicato gli incentivi ricevuti per aggiornare la produzione alle necessità del dopoguerra46. Infatti, i soldi rimasero nelle mani dei proprietari, accentuando ancora di più la polarizzazione della ricchezza. Negli anni ’20 e ’30 non soltanto la Spagna, ma tutta l’Europa viveva una insoddisfazione generale nei confronti di un modello politico esaurito, aspettando impazientemente il cambiamento. La crisi economica mondiale del 1929 peggiorò ulteriormente il già diffuso malessere. In questo contesto i regimi fascisti di 44 45 Cfr. GAY ARMENTEROS, España en tiempos de fray Leopoldo de Alpandeire, 43. L’Andalusia produsse in questo periodo l’ottava parte di piombo e la decima di rame di tutto il mondo. 46 Cfr. GAY ARMENTEROS, España en tiempos de fray Leopoldo de Alpandeire, 43-44. 21 Germania, Ungheria e Italia rappresentarono alcune delle risposte dei Paesi occidentali dinanzi ad un modello politico considerato decadente47. La II Repubblica spagnola sorse quindi in un pessimo periodo, inoltre se da una parte la crisi mondiale di 1929 stava creando in Spagna una grandissima instabilità sociale, dall’altra, l’esito della rivoluzione sovietica diede un potere molto significativo al comunismo in Spagna, che si trasformò ben presto in un gruppo belligerante estremista, che avrà la sua massima evidenza durante la guerra civile. Alla fine della guerra civile, l’Andalusia appariva come un’area economicamente sottosviluppata, ovvero era la periferia della Spagna, che a sua volta occupava una posizione periferica rispetto all’Europa. Negli anni quaranta, Franco ha dovuto portare avanti la controriforma agraria, generando una drastica contrazione dei salari, e provocando di conseguenza una nuova ondata di emigrazione, che si acuì negli anni Sessanta. Sarà soltanto nella seconda metà del secolo XX che l’Andalusia comincerà il passaggio dal capitalismo agrario arcaico ad uno più moderno. Se negli ultimi decenni del secolo XIX la Spagna aveva assistito ad uno sviluppo dell’industria, nella prima metà del secolo seguente questa venne a stagnare quasi del tutto, sperimentando un forte ritardo in tutto il settore industriale. Soltanto nel 1957, con l’entrata nel regime di Franco dei cosiddetti tecnocrati, appartenenti all’Opus Dei, la Spagna vivrà una straordinaria crescita economica, al punto di arrivare ad essere uno dei dieci paesi più industrializzati del mondo. 47 Cfr. L. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra (1931-1939), in Risveglio. Cattolici e guerra di Spagna: la Battaglia democratica su «Popolo e Libertà» di don Luigi Sturzo e don Francesco Alberti. Atti del convegno «I Cattolici ticinesi e la guerra di Spagna», Lugano 28-29 novembre 1986, Lugano, 1987, p.170. 22 1.1.3 Lo scontro tra politica e religione La storia politica e sociale della Spagna nei secoli XIX e XX non sempre ha trovato l’appoggio della Chiesa, anzi, diverse volte si sono tenuti dei confronti tra il cattolicesimo integralista e il laicismo liberale. Questa disputa ha avuto il suo inizio nel 1808 a quando della invasione francese. Infatti, «il laicismo liberale, preso dalla massoneria, alla quale appartenevano la maggiore parte dei politici, creò tantissime difficoltà alla chiesa durante tutto il sec XIX e prima metà del XX»48. Nel 1835-36 il parlamento spagnolo aveva decretato l’esclaustrazione di tutti gli ordini religiosi e la confisca delle loro proprietà, assicurando una pensione a tutti gli esclaustrati49. Questa esclaustrazione, che coinvolse anche i Cappuccini, durerà circa quarant’anni50. Diverse volte ci fu una vera e propria rottura con la Santa Sede. La situazione durante la rivoluzione del 1868 e la I Repubblica fu molto difficile per la Chiesa in Spagna a causa degli anticlericali. Soltanto nel regime della Restaurazione ci fu di fatto un clima favorevole51. Infatti nel 1874 la Spagna si era configurata politicamente come uno stato liberale costituzionale e monarchico, che si dichiarava confessionalmente cattolico, e accettava la tolleranza di culto. In questo periodo le relazioni tra Chiesa e Stato si dimostrarono stabili e pacifiche, tanto da permettere la restaurazione della vita ecclesiastica in generale, al punto che il tasso di crescita degli ecclesiastici effettivi fu in questo periodo superiore a quello della crescita generale della popolazione52. 48 RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 44. Cfr. J. M. CUENCA TORIBIO, La Iglesia española ante la revolución liberal, Madrid, 1971, p.32. 50 Nel 1877 i cappuccini ottennero dal governo il permesso di stabilirsi nel convento di Antequera, provincia di Malaga. Da allora in poi, pian piano anche gli altri ordini religiosi cominciarono a ritornare. Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 46. 51 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 45. 52 Cfr. J. ANDRÉS-GALLEGO, A. PAZOZ, La Iglesia en la España contemporánea, 1800-1936, Tomo I, vol. 2, Madrid, 1999, p.162. 49 23 Di fronte a una Spagna turbata, la Chiesa cercò di dare risposta ai bisogni dei poveri attraverso la creazione di fondazioni da parte di diverse congregazioni religiose con scopi sociali, educativi e caritatevoli di ogni tipo. Lo stato nel 1887 promulgò una legge sulle associazioni, riconoscendo gli istituti religiosi al pari delle altre associazioni legali53. Anche se in un primo momento poteva sembrare una legge positiva, più tardi diventò un’arma pericolosa nelle mani dell’anticlericalismo liberale, quando un decreto del 1901, che fu però messo in pratica soltanto nel 1910, sottomise gli istituti religiosi alla legge civile. In base a questa legge fu vietata la creazione di nuove comunità, così come le manifestazioni cattoliche in tutta la Spagna e le proteste dei vescovi54. Ci furono così degli scontri, a volte violentissimi, tra le correnti liberali e la Chiesa durante gran parte del periodo della Restaurazione (1875-1931), che non diminuirono, anzi, vennero ad aumentare con la proclamazione della II Repubblica e allo scoppio della guerra civile55. Infatti, soltanto durante il periodo della Dittatura di Franco la Chiesa troverà una breve tregua, a causa dello spirito religioso di Alfonso XIII, ma che tuttavia non la libererà dalla minaccia costante della massoneria e del pungente problema sociale56. La legge di associazione57 del 1901 (1910) e la Settimana tragica di Barcellona del 1907, sono alcuni dei numerosi episodi di intolleranza commessi contro il mondo cattolico58. 53 Per approfondire l’argomento consultare: J. M. CASTELLS, Las asociaciones religiosas en la España contemporánea: 1767-1965. Un estudio jurídico administrativo, Madrid, 1973. 54 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 46. 55 Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 169. 56 Cfr. A. MONTERO MORENO, Historia de la Persecución Religiosa en España 1936-1939, Madrid, 1961, p.7. 57 Conosciuta anche come Legge del lucchetto, che nel 1910 vietò l‘ingresso nel paese di nuovi ordini religiosi. 58 Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 168-169. 24 In generale il processo di scristianizzazione si intensificò dal 1920 in poi, in gran parte a causa della diffusione del pensiero liberale di quel periodo, che professò la netta scissione tra scienza e fede59. L’anticlericalismo non era un fenomeno nuovo nella storia spagnola, ma all’inizio del secolo XX si configurò come opzione ben definita e cominciò a cristallizzare la divisione tra clericali e anticlericali nel panorama politico, sociale, culturale e intellettuale della Spagna di quel periodo60. Nel giornale El Correo Español di 1910 si può leggere: La parte del pueblo que nos es hostil no decrece, sino que aumenta. No sirve para él ni el púlpito, ni nuestras revistas y periódicos, ni nuestras congregaciones piadosas, ni nuestras asociaciones benéficas, porque no suelen ir al templo; hace la cruz a nuestras publicaciones, en cuanto conoce su procedencia; desprecia las congregaciones y odia la limosna, como degradante, y a los limosneros. La mentalidad del pueblo ha evolucionado. ¿Cómo llegar a ese pueblo que siente por el catolicismo y por la Iglesia odios tan insensatos, prevenciones tan grotescas y tan fría indiferencia?61 In seguito alla proclamazione della II Repubblica nel 1931, molti conventi furono bruciati e tantissimi religiosi e fedeli furono martirizzati e uccisi in diverse città spagnole62. Queste azioni sanguinarie erano in realtà già state auspicate, infatti nel l906 Alessandro Lerroux, capo del partito radicale, aveva esortato i propri simpatizzanti: Mettete a sacco la civilizzazione decadente e miserabile di questo paese sventurato: distruggete i suoi templi, eliminate i suoi dei, alzate il velo delle novizie ed elevatele alla categoria di madri al fine di rendere forte la specie. Non vi fermate dinanzi ai 59 Bisogna tenere presente che ci sono delle forti differenze regionali, e così questo processo non è uniforme in tutta la Spagna. Cfr. V. CABEZAS DE HERRERA, El cumplimiento de los preceptos religiosos en Madrid (1885-1932): una aportación a la historia de las mentalidades, in Hispania, 45 (1985) 101-130. 60 Cfr. F. M. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España de principios del siglo XX, in Anuario de Historia de la Iglesia, 11 (2002) 43. 61 ANDRÉS-GALLEGO, La Iglesia en la España contemporánea, 356. 62 Soltanto nei primi cinque mesi della guerra civile furono uccise 6845 ecclesiastici: 13 vescovi, 4184 preti diocesani, 2365 religiosi e 283 religiose. Cfr. MONTERO MORENO, Historia de la Persecución Religiosa en España 1936-1939, 207. 25 sepolcri né dinanzi agli altari. Non c‘è nulla di sacro sulla terra. Il popolo è schiavo della Chiesa. Bisogna distruggere la Chiesa63. Questa esplosione di rabbia contro tutte le manifestazioni del mondo cattolico non erano altro che il frutto dell‘accumulo per generazioni e generazioni di un odio latente. La Chiesa venne a pagare un tributo di sangue fra ministri e fedeli come nessun altro. Ma anche la gerarchia cattolica dimostrò la propria belligeranza appoggiando sfacciatamente nella grande maggioranza i ribelli, e molti i cattolici imbracciarono anche le armi contro la Repubblica64. Per molti la proclamazione della II Repubblica non rappresentò una alternativa collettiva al regime caduto, ma l’istituzionalizzazione politica e più tardi legislativa della laicizzazione e della secolarizzazione della vita, della cultura e della società. La sinistra monarchica era profondamente anticlericale e pretendeva di rappresentare l’alternativa ideologica al cattolicesimo, nella vita, nella cultura e nella politica spagnola. Con l’ascesa al potere, sia la borghesia laica ed anticlericale, come il socialismo rivoluzionario e classista, tutti confluivano nella visione di una Chiesa nemica, considerata come ostacolo rigido ed intransigente del processo ideologico evoluzionista dei borghesi repubblicani e come sostenitrice ed alleata di tutte le forme conservatrici del potere65. La reciproca sfiducia democratica del regime marxista del P.S.O.E.66 e quello cattolico della C.E.D.A. «preparò il terreno propizio per un clima politico perennemente minacciato dal colpo di stato militare o dalla rivoluzione dei partiti di sinistra»67. 63 V. CÁRCEL ORTI, E il nunzio smentì il «corriere della Sera», in L‘Osservatore Romano, CL, 176 (2010) 4. 64 «Tuttavia e nonostante gli errori commessi dalla Chiesa, non possono collocare sullo stesso piano morale e soprattutto di violenza fisica, il suo operato e quello dei suoi nemici. Senza volere e senza potere salvare nessuno dei partecipanti al massacro più disumano e scabroso che la Storia della Spagna contemporanea abbia conosciuto, senza volere ammirare la complicità fra cattolici, gerarchia cattolica e il nuovo regime nato il 1 ottobre 1936, non è giusto nel nome di una pseudo oggettività paragonare responsabilità ed atrocità». LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 169. 65 Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 170. 66 Partito Socialista Operaio Spagnolo (Partido Socialista Obrero Español), fondato nel 1879. 67 LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 170. 26 Subito dopo la proclamazione della II Repubblica diverse chiese furono incendiate e saccheggiate68, mentre le forze dell'ordine pubblico rimanevano indifferenti69. La II Repubblica si presentò come alternativa non solo alla monarchia ma anche alla religione, dando impulso a due tipi di anticlericalismo: quello elitario e borghese dei partiti liberal-progressisti, e quello populista dei partiti socialisti e anarchici. Questi ultimi perpetrarono una violenza pubblica ferocissima contro persone e beni della Chiesa, mentre i primi elaborarono abilmente una legislazione sfacciatamente anticattolica. Il loro obiettivo principale fu quello di eliminare i membri del clero poiché, secondo la mentalità dei persecutori, il clero era intimamente unito a chi voleva distruggere la rivoluzione, e, per di più, era inerme70. Infatti, nel 1932 fu sciolta la Compagnia di Gesù ed i beni furono incamerati dallo Stato, vi fu l’approvazione della legge sul divorzio e la secolarizzazione dei cimiteri. E poiché la scuola doveva essere laica, il crocefisso fu tolto da tutte le aule. Nell’anno successivo la cosiddetta «Ley de Confesiones y Asociaciones religiosas» limitava il culto cattolico, che passava a dipendere nella pratica dalle autorità della Repubblica71. In un periodo così breve la Spagna aveva smesso di essere cattolica72. In due anni di governo, soprattutto con l’elaborazione della nuova Costituzione dello Stato, il presidente M. Azaña «divise il paese in due caste, quella privilegiata dei settari e quella degli oppressi; per gli uni tutti i diritti, senza nessun dovere, per gli altri tutti i doveri senza nessun diritto»73. 68 Nella rivoluzione di ’34 vennero distrutte 58 chiese e furono assassinati 34 sacerdoti. Per approfondire l’argomento consultare: MONTERO MORENO, Historia de la Persecución Religiosa en España 1936-1939, 629-630; FRAY ANGEL DE LEON, Mendigo por Dios. Vida de fray Leopoldo de Alpandeire, Cuarta edicion, Granada, 1986, p.203. 69 Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 171. 70 Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 175. 71 Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 171. 72 Cfr. M. AZAÑA, España ha dejado de ser católica, in El Sol, XV, 4421 (Madrid, 14/10/1931) 1. 73 ANTONIO, La tragedia della Spagna, 17-18. 27 Questa politica persecutoria fu fortemente denunciata dal papa Pio XI nella sua enciclica Dilectissima Nobis: Non possiamo non levare nuovamente la voce contro la legge, testé approvata, ‘intorno alle confessioni e Congregazioni religiose’, costituendo essa una nuova e più grave offesa non solo alla religione e alla Chiesa, ma anche a quegli asseriti princìpi di libertà civile sui quali dichiara basarsi il nuovo Regime Spagnolo […] abbiamo constatato con vivo rammarico che in essa fin dal principio viene apertamente dichiarato che lo Stato non ha religione ufficiale, riaffermando così quella separazione dello Stato dalla Chiesa che fu purtroppo sancita nella nuova Costituzione Spagnola. […] La separazione, chi bene addentro la consideri, non è che una funesta conseguenza del laicismo, ossia dell’apostasia dell’odierna società che pretende estraniarsi da Dio e quindi dalla Chiesa. […] In forza della ‘Costituzione’ e delle successive leggi emanate, […] la sola religione cattolica, che è quella della quasi totalità dei cittadini, vede odiosamente vigilato l’insegnamento, inceppate le scuole e le altre sue istituzioni tanto benemerite della scienza e della cultura spagnola. Lo stesso esercizio del culto cattolico, anche nelle sue più essenziali e più tradizionali manifestazioni, non va esente da limitazioni, come l’assistenza religiosa negli istituti dipendenti dallo Stato; le stesse processioni religiose, le quali vengono sottoposte a speciali facoltà da concedersi dal Governo e a clausole e restrizioni, e perfino l’amministrazione dei sacramenti ai moribondi e le esequie ai defunti. […] La ‘Costituzione’ riconosce a tutti i cittadini la legittima facoltà di possedere, e, come è proprio di tutte le legislazioni nei paesi civili, garantisce e tutela l’esercizio di così importante diritto derivante dalla stessa natura. Eppure anche su questo punto si è voluta creare una eccezione ai danni della Chiesa Cattolica, spogliandola con palese ingiustizia di tutti i suoi beni [… costringendola…] a pagare tributi su ciò che violentemente le è stato tolto. […] Di fronte a una legge tanto lesiva dei diritti e delle libertà ecclesiastiche, diritti che dobbiamo difendere e conservare integri, crediamo preciso dovere del Nostro Apostolico ministero di riprovarla e condannarla. Noi quindi protestiamo solennemente e con tutte le nostre forze contro la legge stessa, dichiarando che essa non potrà essere mai invocata contro i diritti imprescrittibili della Chiesa. E vogliamo qui riaffermare la Nostra viva fiducia che i Nostri diletti figli della Spagna, compresi della ingiustizia e del danno di tali provvedimenti, si varranno di tutti i mezzi legittimi che per diritto di natura e per disposizione di legge restano in loro potere, in modo da indurre gli stessi legislatori a riformare disposizioni così contrarie ai diritti di ogni cittadino e così ostili alla Chiesa, sostituendole con altre conciliabili con la coscienza cattolica74. 74 PIUS XI, PP., Lettera Enciclica Dilectissima nobis, 3/6/1933, in AAS 25 [1933], 261-274. Presentiamo qui soltanto alcuni frammenti della lettera, ma è consigliabile leggerla integralmente. 28 Pio XI cercò di attenuare la tensione in Spagna. Infatti, appena proclamata la Repubblica, la Santa Sede comunicava il desiderio che ogni prelato raccomandasse ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli della diocesi di rispettare i poteri costituiti e di obbedire loro al fine di mantenere l‘ordine ed il bene comune75. Questo non significava che il Papa fosse contento del nuovo regime spagnolo, ma che cercava di manifestare il rispetto dalla Santa Sede e lo spirito di conciliazione nei confronti della Repubblica76. Tra 1935 e gli inizi del ’36 si moltiplicò il numero dei periodici comunisti anticattolici e pornografici77, sovvenzionati da fondi imponderabili e misteriosi. La stessa azione si svolgeva anche nelle scuole e nelle strade. Infatti, la lunga campagna comunista aveva la finalità di portare a compimento la rivoluzione mondiale. Così le pubblicazioni comuniste non solo esaltavano il comunismo come l’unico che potesse recare al popolo liberazione, pace e felicità, ma bestemmiavano contro Dio, Gesù Cristo, la Vergine ed i Santi, e pubblicavano spudorate menzogne contro la Chiesa, il Papa, il clero e i religiosi, falsificando la storia con immoralità e oscenità, facendo credere che erano sostenitori del capitalismo e di tutti gli oppressori e sfruttatori del popolo. E tutto questo veniva tollerato e anche promosso dai governi, con la scusa di dovere rispettare la libertà di stampa78. La politica anticlericale esistente in molti dei partiti rivoluzionari e soprattutto di quelli radical-borghesi obbligò l’elettorato cattolico ad escludere alcuni partiti dal centro destra al centro sinistra. Questo distacco sortì come effetto quello di confondere in modo eccessivo i campi politico e religioso. Così, non poche volte le violenze e le vendette compiute da elementi di destra furono imputati in modo generico ai preti e ai fascisti, così come abusi, vandalismo e crimini dell’altra parte 75 Cfr. M. BATLLORI, La Iglesia, in Historia General de España y América, La segunda república y la guerra, Tomo XVII, 2ªEd., Madrid, 1990, p.175. 76 Cfr. H. RAGUER, El Vaticano y la guerra civil española (1936-1939), in Cristianesimo nella Storia, III, 1 (1982) 137-209. 77 In questo tempo si pubblicavano più di 146 periodici pornografici. 78 Cfr. ANTONIO, La tragedia della Spagna, 33-37. 29 furono interpretati quasi sempre in chiave antireligiosa79. Questa tensione deflagrò in una durissima guerra che ha fatto correre un fiume di sangue per tre anni. Il tributo di sangue pagato dalla Chiesa fu immenso: 4184 appartenenti al clero secolare (compresi i seminaristi), 2365 religiosi, 283 religiose e 13 vescovi. Il numero di credenti assassinati e comunque perseguitati è incalcolabile, le torture fisiche e mentali furono atroci; le persecuzioni e le punizioni non risparmiarono vecchi e bambini. In tanti mesi è doveroso riconoscere che il clero diede esempio di coerenza cristiana fino al martirio80. Nonostante Granada sia stata salvaguardata degli eccessi rivoluzionari, non ha potuto evitare la distruzione totale di 12 chiese, mentre altre 157, dopo essere state profanate e saccheggiate, presero la funzione di magazzini, garage o sale da ballo. Alcune delle città vicine a Granada, quando le forze della rivoluzione si stabilirono lì per diversi mesi durante la rivoluzione, hanno vissuto episodi veramente cruenti. A Trevélez l’immagine del Sacro Cuore di Gesù fu fucilata nella piazza pubblica81, mentre il piccolo paese di Motril ha vissuto un’autentica persecuzione clericale82. Davanti alla sfrenata persecuzione, la Chiesa ed il mondo cattolico spagnolo non poterono restare indifferenti al conflitto, ma cercarono di aderire come male minore alla fazione che offriva loro sicurezza fisica e libertà di culto83. Infatti, l’anticlericalismo originò una reazione cattolica ed un cristianesimo più combattente e, in certe occasioni, anche più spiritualizzato e purificato84. Così, con la rivolta del 18 luglio iniziò per molti cattolici una nuova crociata: da una parte si lottava contro il liberalismo e la massoneria che aveva attaccato la religione e la legislazione filo-cattolica durante gli ultimi secoli; dall'altra si attaccava il nuovo nemico, il marxismo, incarnato nel socialismo, comunismo e anarchismo85. 79 Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 174. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 174. 81 Cfr. MONTERO MORENO, Historia de la Persecución Religiosa en España 1936-1939, 649. 82 Cfr. MONTERO MORENO, Historia de la Persecución Religiosa en España 1936-1939, 278. 83 Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 174. 84 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 43. 85 Stupisce il fatto che se prima i cristiani hanno saputo sopportare con coraggio e dignità le persecuzioni e sofferenze dei repubblicani, con la ripresa del potere dalla destra, non hanno avuto il coraggio 80 30 1.2 Il contesto religioso Il contesto religioso spagnolo degli inizi del secolo XX portava in sé una forte eredità dell’Ottocento, specialmente del romanticismo e del misticismo, profondamente radicati nel devozionismo popolare. All’opposto di quanto succedeva nel resto dell’Europa, la Spagna non entrò nel Novecento con l’intento di sviluppare la sua spiritualità, ma con la preoccupazione di salvaguardarla delle costanti minacce subite. Così si affronterà con un certo retrocesso, ma allo stesso tempo, con l’approfondimento di quello che era alla base della religiosità spagnola – la devozione e la tradizione. 1.2.1 Religiosità vissuta: tra devozione e secolarizzazione Il devozionismo fu una delle correnti più importanti della spiritualità del secolo XIX e degli inizi del secolo XX in Spagna. Nonostante il secolo XIX sia stato un periodo prezioso per lo sviluppo della spiritualità diffusamente assorbita fra devozione e pratiche religiose di pietà, questo ha anche dovuto affrontare espressioni religiose molto ambigue. La popolazione vive la propria religiosità al modo di un clientelismo verso le potenze divine, necessario per sopravvivere. Il popolo nell’effondersi in questa sua pietà vi esprime la sua autonomia spirituale. Pietà priva di riferimenti ecclesiologici; alimentata da apporti assai variati (come feste, tradizioni, statue, immagini, ex voto, ma anche abusi, superstizioni, sopravvivenze pagane). […] La pietà popolare cerca di sminuzzare l’azione liturgica prescritta dalla chiesa in pratiche devote accessibili ai fedeli comuni86. Raccolta entro l’ascesi di mortificazione e di sacrificio, la spiritualità popolare era ridotta ad una presenza di grazie spettacolari preternaturali, le quali mostravano sufficiente per denunciare ed opporsi alle innumerevoli vendette, nominate ‘cruzada santa’, che i vincitori stavano perpetrando in tutto il territorio spagnolo. Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 174-175. 86 T. GOFFI, La spiritualità dell’Ottocento, Storia della Spiritualità, 7, Bologna, 1989, p.220-221. 31 l’azione dell’onnipotenza divina. Non esisteva una meta di comune ordinaria santificazione, ma la pietà popolare era assai dipendente dalla situazione esistenziale in cui la gente giaceva. La forma devozionale popolare nell’Ottocento esprimeva, più che vita spirituale orante, l’interiore disperazione del proprio stato di miseria e cercava nel divino una comprensione e aiuto non riscontrabili sulla terra. La stessa concezione del santo, che veniva supplicato, era alquanto estranea dal contesto spirituale87. Soltanto alla fine dell’Ottocento lentamente si cominciò ad avere coscienza del fatto che l’azione sulle cause seconde nascevano dalla sua competenza, richiedendo una partecipazione attiva e cosciente. E così, con l’avvicinamento del secolo XX, la religiosità popolare precedente cominciò ad essere ritenuta come inutile superstizione88 e si cominciò a notare una evoluzione da una pietà esageratamente sentimentale e romantica a forme più solide, anche se persisteva una forte tendenza alla pietà individualista89. La spiritualità spagnola, come quella di tutta la cristianità europea di quel tempo, si era conformata al raccoglimento devozionale, specialmente attorno al mistero della passione di Gesù, dove si sottolineano la Via Crucis, la devozione al Sacro Cuore, al Preziosissimo Sangue e alle Cinque Piaghe, così come all’Adorazione al Santissimo. Queste devozioni erano nutrite della compassione per le sofferenze subite da Gesù per riparare alle offese recategli dai peccatori e per suffragare le anime del purgatorio non più capaci di meritare. Così, mediante la pratica ascetica, si cercava di uniformarsi a Gesù sofferente90. Infatti, la devozione al Sacro Cuore di Gesù fu una delle devozioni più diffuse in questo periodo, specialmente quello tra le guerre. Spinta e promossa dalla canonizzazione di Margarita Maria Alacoque91, questa devozione invitava alla riparazione e alla penitenza espiatoria, esaltando il carattere umano della pietà verso 87 GOFFI, La spiritualità dell’Ottocento, 223. Cfr. GOFFI, La spiritualità dell’Ottocento, 225. 89 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 63. 90 Cfr. GOFFI, La spiritualità dell’Ottocento, 128. 91 Canonizzata dal Papa Benedetto XV nel 1920. 88 32 l’uomo-Dio. La Chiesa la usò come antidoto per combattere la forte empietà spagnola92. Allo stesso tempo, il popolo cristiano cominciò ad accogliere in modo speciale la fede in Gesù Cristo presente in corpo-anima-divinità nell’Eucaristia. Da questa crescente fede verso Gesù eucaristico germinò una diffusa prassi devozionale ecclesiale eucaristica: adorazione e comunione come sorgenti di grazie particolari93. Anche la devozione alla Vergine Maria stava molto a cuore al popolo spagnolo94. Il rosario, i santuari e le processioni mariane, così come la devozione allo scapolare e alla medaglia miracolosa, sono alcuni chiari esempi di questa pratica. La devozione verso la Sacra Famiglia e san Giuseppe era ancora poco significativa, anche se presente95. Anche se la società spagnola tradizionale era per la maggior parte ancora cattolica, con una forte continuità e trasmissione dei valori, tuttavia nei primi decenni del secolo XX questa maggioranza cattolica si trovò in recessione. Si manifestò infatti una visibile crescita della secolarizzazione, non soltanto in quello che concerne l’abbandono dei tradizionali segni cristiani nella vita pubblica, ma specialmente per quanto riguarda la proliferazione di spazi di rappresentazioni oscene, diffusione della pornografia, ed altre iniziative distruttive della morale cristiana96. I primi due decenni del secolo XX furono teatro di una secolarizzazione progressiva della vita sociale, che coesisteva in ogni caso con una rivitalizzazione della vita religiosa e spirituale. Quest’ultima era, generalmente, portata avanti da 92 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 63. Cfr. GOFFI, La spiritualità dell’Ottocento, 123. 94 Non solo i fedeli, ma anche i teologi e lo stesso magistero si lasciano coinvolgere in questo entusiasmo mariano. Pio X con l’enciclica Ad diem illum (1904) indica come la devozione alla Vergine, attuabile solo nell’amore, unisce il mistero di Maria a quello di Cristo. Pio XI invita i giovani a fare ‘con l’assiduità della preghiera, di Maria la quotidiana mediatrice’, ‘la nostra avvocata presso la divina bontà e misericordia’. Pio XII, indicando tale devozione come ‘elemento fondamentale di vita cristiana’ consacra l’umanità al Cuore immacolato di Maria (1942). Egli definisce il domma dell’Assunzione di Maria (1 novembre 1950); nel centenario della definizione dell’Immacolata Concezione proclama la regalità di Maria (1954). Cfr. T. GOFFI, La spiritualità contemporanea (XX secolo), Storia della Spiritualità, 8, Bologna, 2004, p.348. 95 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 65. 96 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 42. 93 33 quella maggioranza che manteneva in vita credenze e pratiche religiose. A causa delle tensioni prodotte tra attività confessionali e non confessionali si rese necessario superare un certo clericalismo. Infatti, si era stabilita una frattura in alcuni cattolici, tra la vita spirituale e l’azione temporale, tra la fede e l’attuazione pubblica97. Spesso succedeva che molti di quelli che prendevano una posizione anti-clericale, continuavano a battezzare i propri figli ed a sposarsi nelle chiese. Davanti al continuo sconvolgimento vissuto in tutta la Spagna, la Chiesa cercò di soccorrere i più poveri attraverso la creazione di fondazioni da parte di diverse congregazione religiose con scopi sociali, educativi e caritatevoli di ogni tipo. Le congregazioni religiose, sorte nella prima metà del secolo XX, riflettono le preoccupazioni di vita attiva spirituale presenti nella pastorale del tempo: assistenza catechistica e ricreativa a fanciulli e adolescenti, assistenza a poveri e infermi, promozione di pietà liturgica e popolare, asili e scuole di vario grado98. Infatti, urgeva una pastorale chiaramente spirituale in favore degli ammalati e dei sofferenti, non soltanto con lo scopo di aiutarli a sopportare pazientemente il proprio male, ma specialmente di amarlo con spirito di fede e come donazione apostolica99. Ma nonostante che innumerevoli sacerdoti e religiosi abbiano esercitato incondizionatamente la carità, la Chiesa spagnola come organizzazione fu inefficace nel suo operato sociale. Difficilmente i circoli ed i sindacati cattolici riuscivano ad essere una vera e propria alternativa a quelli socialisti e anarchici. Esisteva un sentimento generale di insoddisfazione verso la Chiesa, specialmente perché questa non sempre teneva in conto i poveri, ma spesso si univa ai più ricchi. Era frequente pure che il parroco, specialmente nelle zone agricole, privilegiasse l’amicizia dei possidenti. Allo stesso tempo, non soltanto i beni della chiesa erano eccessivi, ma 97 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 67. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 244. 99 Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 428. 98 34 neppure c’era una forte prossimità tra il clero e il popolo. Non poche volte il parroco si limitava a svolgere una ‘pastorale di manutenzione’100. Anche se validi, questi fatti non possono essere sufficienti per spiegare la tensione anti-clericale vissuta in Spagna in questo periodo. Infatti, nei paesi in cui i preti e i religiosi diedero un efficace esempio di moralità e di carità, subirono ugualmente la persecuzione101. Un altro elemento da tenere in considerazione è la questione dell’ignoranza generale della Chiesa spagnola. Sicuramente c’erano alcuni membri di buon livello culturale, e alcuni molto preparati ed intellettualmente aggiornati nel campo della teologia e della morale. Ma nell’insieme il livello dei parroci e persino dei vescovi lasciava a desiderare. La Chiesa spagnola era ancora ancorata al Syllabus e all’antirazionalismo ottocentesco. E questo fu il grande motivo per il quale non fu capace di attirare nelle proprie file l’élite intellettuale spagnola. Questi ultimi infatti erano per la maggior parte collegati alla fazione antireligiosa o indifferente al fatto religioso. Spesso «la rigidezza ideologica dei cattolici impedì loro di recuperare molti personaggi che, in altre circostanze e con altri metodi, avrebbero potuto ingrossare le file dell’intellettualità cattolica»102. L’anticlericalismo originò una sorprendente reazione cattolica ed un cristianesimo più combattente e, in certe occasioni, anche più spiritualizzato e purificato. Così, nei primi decenni del secolo XX la vita spirituale in Spagna si troverà inserita in un processo di rivitalizzazione. In realtà, se da una parte si verificò una tendenza all’aumento della secolarizzazione, rappresentata non soltanto dalla scristianizzazione ma purtroppo anche da un forte anticlericalismo, da un’altra si verificò una rivitalizzazione della vita religiosa, in parte come risposta a quella prima 100 Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 176. Cfr. LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 176. 102 LLERA ESTEBAN, La Chiesa spagnola durante la Repubblica e la guerra, 176. 101 35 degli anni precedenti103. Davanti a questa realtà il vescovo di Madrid, Don Prudencio Melo y Alcalde, affermerà che Los buenos se hacen cada día mejores, como lo demuestra el aumento de la frecuencia de sacramentos y de las organizaciones parroquiales; los malos: una parte se vuelve peor, debido a la presencia del socialismo, del liberalismo y de la prensa impía e indiferente, y otra parte se hace mejor, a causa de las actividades apostólicas104. Già dalla seconda metà del secolo XIX gli ordini religiosi avevano cominciato a sperimentare un processo di restaurazione e crescita molto significativo105, segno della loro rinascita spirituale. Per quanto concerne la spiritualità mendicante, questa era molto espressiva, specialmente quella dei osservanti e dei cappuccini. Nel 1900 i Cappuccini avevano 5 province, 39 fraternità e 806 religiosi e dal 1911 in poi cominciarono ad avere delle missioni nell’America e nell’Oriente106. Ma la rinascita della vita religiosa non si ebbe tanto nella restaurazione degli ordini tradizionali, ma soprattutto attraverso le nuove fondazioni, specialmente quelle femminili107. Queste non solo si assunsero la responsabilità delle istituzioni di formazione e apostolato108 ma furono soprattutto loro a sostenere in gran parte le attività missionarie dentro e fuori Spagna109. Infatti, erano maggiormente orientate alla vita attiva, con un forte contatto con il mondo, lavorando nell’educazione, nell’assistenza e nell’attività di formazione spirituale, cercando di dare una risposta ai bisogni sociali, pastorali e formativi di una Spagna in seria difficoltà110. 103 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 40-43. CABEZAS DE HERRERA Y FERNANDEZ, El cumplimiento de los preceptos religiosos, 103. 105 Nel 1904 c’erano in Spagna 597 comunità religiose maschili, per un totale di 10630 religiosi e 2656 comunità religiose, con 40030 religiose. Cfr. M. REVUELTA GONZÁLEZ, La recuperación eclesiástica y el rechazo anticlerical en el cambio de signo, in Miscelánea Comillas, 49 (1991) 179. 106 Cfr. L. ASPURZ, Capuchinos, in Diccionario de Historia Eclesiastica de España, tomo 1, Madrid, 1972, p.341. 107 Alcune delle nuove congregazioni maschili: Figli della Sacra Famiglia, Terziari Cappuccini dell’Addolorata e Missionari dei Sacri Cuori. Alcune delle nuove congregazioni femminili: Carmelitane di san Giuseppe, Zelatrici del culto eucaristico, Francescane Missionarie della Natività di Nostra Signora, Figlie della Vergine dei Dolori, Operai Catechisti di Nostra Signora dei Dolori, tra tante altre. 108 All’inizio del secolo XX la Chiesa gestiva il 25% delle scuole primarie e circa l’80% delle scuole secondarie. Cfr. T. GARCIA REGIDOR, La polémica sobre la secularización de la enseñanza en España (19021914), Madrid, 1985, p.80. 109 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 45. 110 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 48-49. 104 36 1.2.2 In cammino verso un cambiamento Negli ultimi anni del secolo XIX si è manifestato – inizialmente in Francia, ma che subito ha contagiato Roma, tutta l’Europa e anche un po’ la Spagna –, un rinnovato interesse verso la vita spirituale, nato nel contesto di un incipiente rinnovamento della teologia, del ritorno alle fonti bibliche e patristiche e alla liturgia. Questo sviluppo della vita spirituale dei cattolici spagnoli fu in gran parte promosso dagli insegnamenti di Papa Pio X e Benedetto XV: da una parte a causa della progressiva spiritualizzazione degli esercizi della missione papale e dall’altra dalla tendenza uniformatrice nella pietà. Questi richiami venuti da Roma arrivavano come risposta all’insoddisfazione verso la spiritualità basata sul sentimento, eredità del romanticismo, e verso la ripetizione di gesti e parole, avulsi dal quotidiano. Così, i papi di quel tempo hanno proposto una spiritualità più dottrinale111. Infatti, Pio X (1903-1914) si era reso conto della necessità di rivitalizzare la vita religiosa e spirituale per riuscire ad instaurare omnia in Christo. Così, al fine di raggiungere i suoi obiettivi, intraprese alcune iniziative molto significative: migliorò la catechesi, sottolineò la centralità dell’Eucaristia, rinforzò la formazione del clero, rinvigorì la pietà popolare e riformò il diritto canonico112. Anche Benedetto XV (1914-1922), sulla scia del suo predecessore, continuò con un pensiero riformatore, specialmente della predicazione. È anche da sottolineare l’impulso dato alla devozione al Sacro Cuore come fonte di rigenerazione mondiale, già che egli aveva molto a cuore il tema della espiazione delle colpe e della spiritualità vittimale113. 111 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 43-44. Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 44. 113 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 44. 112 37 Di fronte ad un rinnovato interesse verso la mistica, iniziò a prendere forma un movimento, più tardi denominato ‘movimento mistico’114. Uno degli effetti più significativi di questo movimento fu il rinnovato interesse nel conoscere le opere e gli autori classici della spiritualità. Allo stesso modo, innumerevoli opere mistiche tradotte di autori stranieri contemporanei cominciarono ad arrivare in Spagna. Di questi si sottolineano gli scritti di Teresa di Lisieux, che si diffusero in tutta la Spagna nei primi decenni del secolo. Nonostante la gran diffusione letteraria in tutta la Spagna, la maggioranza degli spagnoli non era in grado di accedere a questo tipo di letteratura. Fu necessario, attraverso una grandissima propaganda spirituale, ricorrere alla letteratura di divulgazione e ai numerosi scritti devozionali che venero diffusi in tutta la nazione. Infatti, agli inizi del secolo XX si assiste ad una vera e propria esplosione della pubblicazione di bollettini, sermoni, preghiere e riviste al fine di divulgare queste devozioni in modo accessibile a quante più persone possibili115. Questo tipo di apostolato aveva l’obbiettivo di fare conoscere a tutti la vita dei santi, le letture devozionali, gli scritti sulla morale o sul dogma, le narrazioni edificanti, i testi di chiarimenti liturgici, di devozioni e i classici dei Padri della Chiesa o degli altri scrittori cattolici, così come i commentari biblici e i testi della Sacra Scrittura116. Uno degli strumenti più specifici di istruzione e formazione spirituale, con lo scopo di dare un vero impulso alla vita spirituale dei cristiani, erano le missioni dentro e fuori Spagna, che ebbero gli ordini religiosi e le nuove congregazione come grandi promotori117. Pian piano la consapevolezza dell’obbligo missionario trovò accoglienza non soltanto tra i religiosi ma anche tra i fedeli, favorendo in tutti la maturazione della vita spirituale. Le missioni interne, chiamate missioni popolari, 114 Per approfondire l’argomento consultare: MANUEL BELDA, JAVIER SESÉ, La ‘cuestión mística’. Estudio historico-teológico de una controversia, Pamplona, 1998. 115 Cfr. CASTELLS, Las asociaciones religiosas en la España contemporánea, 247. 116 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 53. 117 Cfr. L. LOPETEGUI, El movimento misional en España de 1914 a 1953, in Studia Missionalia, 8 (1953-1954) 228-229. 38 divennero così un modo straordinario e abbondante di ricristianizzazione della popolazione, specialmente attraverso la predicazione118. Coscienti della necessità di rivitalizzare la vita religiosa nel paese, i vescovi spagnoli videro nella riorganizzazione delle forze cattoliche un modo efficace di fare fronte alla crisi religiosa. Infatti, le grandi masse della società cominciavano ad avere un protagonismo sempre più crescente, e i cattolici cominciavano a prendere coscienza che non si poteva fare nulla di proficuo senza associarsi. Fortemente incentivato dai papi, il fenomeno dell’associazionismo diventò uno dei punti più significativi del cattolicesimo dei primi decenni del secolo XX. Addirittura, il fervore di tantissimi gruppi di laici impegnati nelle opere di carità e di apostolato portò tanti di loro a riunirsi in autentiche Congregazioni religiose. Così, nei primi anni del secolo XX I Terz’ordini divennero uno dei canali privilegiati di comunicazione tra gli ordini mendicanti e i laici119. Un altro aspetto che richiedeva attenzione era la spiritualità liturgica che, fino al secolo XX, era ad un livello veramente basso, quasi inesistente. Infatti essa si limitava soltanto alla preoccupazione pastorale di educare i partecipanti alla pratica della preghiera personale in vista esclusivamente dell’adempimento di un dovere religioso e a pregare durante la funzione liturgica. Soltanto da questo periodo in poi si cominciò finalmente a vedere una profonda correlazione tra la vita liturgica e la vita ecclesiale in modo da rendere possibile un innovatore orientamento liturgico120. Infine, sono da menzionare le apparizioni della Madonna a Fatima, in Portogallo, che hanno avuto un forte impatto sulla Spagna. Le diverse guerre della prima metà del secolo XX, l’instabilità politica – soprattutto a causa del forte comunismo vissuto in tutta la Spagna – e i problemi economici sono stati fattori importanti per l’apertura all’accoglienza del messaggio di Fatima. Ma il fattore più importante è stato senza dubbio la speranza, la salvezza ed il conforto materno promesso dalla Madonna di Fatima, non soltanto ai tre pastorelli veggenti, ma a tutti 118 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 55-56. Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 45-60. 120 Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 75. 119 39 quelli che si avvicinavano a lei, al suo Cuore Immacolato. Infatti, la Madonna nell’apparizione del 13 giugno aveva detto a Lucia: Non ti scoraggiare! Io non ti abbandonerò mai! Il mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e la via che ti condurrà a Dio. […] Gesù vuole servirsi di te per farmi conoscere e amare. Egli vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. A chi l’abbraccerà, prometto la salvezza, e saranno amate da Dio queste anime, come fiori messi da me a ornare il Suo trono121. Così, per tutta la Spagna, ma in modo speciale nell’Andalusia, si diffuse ben presto la devozione alla Madonna di Fatima e al suo Cuore Immacolato. Infatti, pochi decenni dopo le apparizioni, l’immagine pellegrina del Santuario della Madonna di Fatima aveva già percorso tutta la Spagna, venendo accolta con grande fervore e devozione. 1.3 I Frati Cappuccini in Andalusia L’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, nato in Italia nel 1525 e approvato ufficialmente da Papa Clemente VII tre anni dopo, visse una crescita immediata e in poco tempo si diffuse per tutta l’Italia. I Francescani Osservanti fecero immediatamente pressioni verso l’imperatore e il Papa Paolo III scrivendogli delle lettere, chiedendo loro di impedire la propagazione dei Cappuccini oltre le Alpi, specialmente in la Spagna. In una di queste lettere si può leggere: «No permita ni dé lugar se proceda adelante en esto y especialmente no consienta que en ninguna manera se introduzca en España, por el escándalo que en la religión podría traer»122. Papa Paolo III aveva così circoscritto la presenza dei Cappuccini al territorio italiano, ma una volta tolta la restrizione dal Papa Gregorio XIII nel 1574, fu permesso loro di andare in qualsiasi parte del mondo, fondare dei conventi e stabilire delle provincie. 121 MARIA LUCIA DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA, Memorie di Suor Lucia, compilazione di P. LUIGI CONDOR, vol. I, 8º Edizione, Fatima, 2007, p.83,188. 122 A. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica. 400 años de historia (15781978), Sevilla, 1985, p.16. 40 Su questo sfondo storico sorse la presenza cappuccina in Spagna, in particolare nella Provincia di Andalusia, alla quale apparterrà fra Leopoldo da Alpandeire durante la prima metà del secolo XX. 1.3.1 La storia dei Frati Cappuccini in Andalusia Nel 1575 i Cappuccini si erano spinti verso la penisola iberica con l’intento di fondare lì il primo convento cappuccino, ma a causa delle obiezioni e degli ostacoli trovati, soltanto tra 1576-1578 riuscirono a fondare il primo convento a Barcellona, capitale catalana123. Subito dopo la sua fondazione, nella regione cominciarono a sorgere innumerevoli vocazioni, attratte «por el edificante ejemplo de vida que llevaban»124. Allo stesso modo, furono anche tantissimi quelli che, già appartenendo ai Francescani Osservanti, chiedevano l’ingresso nell’Ordine Cappuccino. Quest’affluenza di vocazioni rese possibile la rapida proliferazione dei conventi e la creazione di diverse Province. In meno di un secolo si formarono in Spagna sei Provincie. La prima fu quella di Catalunya e poco tempo dopo si formarono quelle di Valenza, Aragona, Castiglia, Andalusia e Navarra-Cantabria125. Antequera fu la prima città andalusa ad accogliere i cappuccini nell’ottobre del 1613. Nell’anno successivo (il 24 giugno 1614) fu aperta la fraternità di Granada e in seguito quelle di Malaga, Jaén e Andújar. Insieme alle fraternità di Castiglia, esse costituirono un commissariato, nel 1618 diventarono una sola provincia, e nel 1625 diventarono due provincie indipendenti126. Sarà interessante analizzare le statistiche dell’evoluzione dell’Ordine in Andalusia127: 123 Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 16. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 23. 125 Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 23-64. 126 Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 53. 127 Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 54-58. 124 41 Nº di Anno Conventi Sacerdoti ‘semplici’ Nº % Nº % Nº % Nº % Nº Totale di Frati Predicatori Chierici Fratelli laici 1633 1636 1650 1662 1685 1702 1747 1754 1782 12 14 16 20 20 20 21 21 20 48 108 54 82 145 92 104 93 28 29% 39% 19% 21% 31% 19% 18% 15% 5% 30 40 71 129 115 157 245 270 320 18% 14% 25% 33% 24% 32% 42% 45% 58% 45 64 76 62 70 88 64 61 33 27% 23% 26% 16% 15% 18% 11% 10% 6% 42 68 86 118 143 159 173 178 167 25% 24% 30% 30% 30% 32% 30% 30% 30% 165 280 287 391 473 496 586 602 548 1830 20 24 6% 225 53% 43 10% 133 31% 425 Attraverso questa tabella si può verificare che con il passare del tempo una parte sempre più grande dei frati sacerdoti si è dedicata alla predicazione, mentre i cosiddetti sacerdoti ‘semplici’ sono diventati con il tempo un numero inferiore. Invece il numero di fratelli laici si è mantenuto considerevolmente stabile. Dalla statistica riportata si capisce che la crisi vocazionale comincerà proprio nel 1782, e non soltanto in Andalusia, ma in tutta la Spagna. Questa riduzione delle vocazioni si acutizzerà durante la guerra dell’indipendenza128, nella quale molti frati morirono, altri lasciarono l’Ordine in quel periodo o successivamente. Nel 1835 il governo spagnolo promulgò un decreto che ordinava la chiusura delle fraternità con meno di dodici frati. Poco tempo dopo, ma nello stesso anno, fu promulgato un nuovo decreto che ordinava che in ogni città poteva permanere soltanto un convento dello stesso ordine religioso129. L’8 marzo 1836 entrò in vigore il decreto di soppressione, che ordinava che «quedan suprimidos todos los monasterios, conventos, colegios, congregaciones y demás casas de comunidades o 128 La guerra d’indipendenza spagnola ebbe inizio nel 1808, fu caratterizzata dalla lotta contro l’impero di Napoleone. Soltanto nel 1814 la Spagna, con l’aiuto di Portogallo e Regno Unito riuscì a sconfiggere e a scacciare dal territorio spagnolo l’esercito napoleonico. 129 Non ci sono dati statistici riguardanti gli anni 1831-1835 dei Cappuccini della Provincia di Andalusia: sarebbe interessante verificare quale impatto hanno avuto questi decreti. 42 de instituciones religiosas de varones […] existentes en la Península, islas adyacentes y posesiones de España en Africa»130. Così, come quasi tutte le congregazioni religiose, anche i Cappuccini dovettero lasciare i loro conventi dell’Andalusia, Catalogna e Valenza, e ne rimasero soltanto dieci o dodici in tutta la Spagna. I conventi e le chiese dei cappuccini in Andalusia, in modo generale, furono conservati quasi del tutto intatti. Da sottolineare è soltanto il fatto che quello di Sevilla fu destinato ad accogliere un Ospedale di malati di colera e quello di Granada diventò casa di affitto per sessanta anni, fino al 1897, quando i Cappuccini poterono ritornare in Andalusia131. Con l’esclaustrazione, la maggior parte dei religiosi si rifugiò in Francia, Italia e Belgio. Altri, si incardinarono nelle diverse diocesi spagnole o, mossi da zelo apostolico, si dedicarono alla predicazione, altri decisero di partire per le missioni nelle regioni della Mesopotamia, Venezuela o Guatemala132. Con la proclamazione di Alfonso XII re di Spagna nel 1875, apparve la speranza dell’abolizione della legge anti-religiosa ed il ritorno dei religiosi nel paese. Nel gennaio del 1877 si autorizzò il reinserimento dei Cappuccini nel territorio spagnolo. Pian piano, sotto la giurisdizione di un commissariato, i frati cominciarono a riprendere possesso di alcuni dei loro antichi conventi che si erano mantenuti in un considerevole stato di conservazione133. Nel 1885, contandosi già 14 conventi e 227 religiosi, formarono la provincia di Spagna, e pochi anni saranno ancora necessari per ritornare alla ristrutturazione delle diverse province, esistenti prima dell’esclaustrazione. Infatti, nel 1900 erano già state ristrutturate 5 delle 6 antiche province del territorio spagnolo134 e si contavano 39 fraternità e 806 frati cappuccini135. 130 M. REVUELTA GONZÁLEZ, La exclaustración (1833-1840), 2ª ed., Madrid, 2010, p.418-419. Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 69-70. 132 Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 71-72. 133 Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 79-84. 134 La Provincia di Andalusia fu restaurata nel 1898. Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 84. 135 Cfr. ASPURZ, Capuchinos, 341. 131 43 Con la restaurazione della Provincia di Andalusia nel 1898, questa non si limitò ad avere i quattro conventi stabiliti prima della divisione: Antequera (1877), Sanlúcar de Barrameda (1877), Sevilla (1894) e Granada (1897). Ma con la crescita delle vocazioni si dovettero creare delle nuove fraternità, cercando di ricuperare i conventi che erano stati abbandonati a causa dell’esclaustrazione. Nel 1899 fu ceduto ai frati il convento di Ubrique e nel 1903 quello di Cordoba136. La statistica può dare informazioni preziose, per fare capire l’andamento della crescita della Provincia di Andalusia. 1898 1909 1916 1926 1936 1939 1950 1960 1978 Conventi Frati nella Provincia di Andalusia Andalusia 4 6 7 8 8+1* 8+1* 8 17 12 Missioni 0 1 4 7 4 4 4 6 6 sacerdoti 17 52 65 60 71 65 65 93 71 Chierici 27 29 16 20 16 5 40 23 8 laici 26 38 38 34 32 21 25 31 23 Totale 70 119 119 114 119 91 130 147 102 * Fraternità di Beja, situata a sud del Portogallo. Il numero dei conventi fu sempre in crescita, il che mette in luce l’espansione dei frati in tutta la regione. E anche il numero dei frati è veramente considerevole, specialmente se si tiene conto che i primi quarant’anni del secolo XX furono veramente turbolenti, specialmente in ambito religioso. Le persecuzioni religiose hanno avuto un impatto molto forte nell’Ordine, sia a causa del gran numero di frati perseguitati e morti, sia a causa delle chiese e conventi parzialmente distrutti. Anche se, in modo generale, in Andalusia le persecuzioni contro i Cappuccini non furono così feroci come in alcune altre province, si possono contare dei saccheggi a chiese e conventi e dei morti tra frati e fedeli. 136 Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 93. 44 Dopo le persecuzioni fu necessario intraprendere il ricupero di quello che era possibile, sia i conventi, sia le chiese, sia gli oggetti sacri vandalizzati. Allo stesso tempo si approfittò dell’occasione per migliorare diverse infrastrutture che erano andate in rovina. La fraternità di Granada, per esempio, fu sottoposta ad una ristrutturazione, ed anche alla costruzione di una infermeria. Ugualmente, subito dopo la morte di fra Leopoldo da Alpandeire, cominciò ad essere costruita una nuova chiesa a Granada, i cui lavori iniziarono il 27 novembre 1967 e si conclusero nel settembre 1969. In essa fu costruito un artistico sepolcro con i resti mortali del frate. Furono anche eseguiti diversi lavori nel convento di Granada, iniziati nel 1970 e inaugurati nel 1973, con l’intento di creare migliori condizioni per la formazione degli studenti137. 1.3.2 L’attività dei Frati Cappuccini della Provincia di Andalusia L’attività dei Cappuccini spagnoli, e in modo speciale di quelli della Provincia di Andalusia nel XIX e XX secolo, era rivolta da una parte verso l’impegno nei servizi quotidiani all’interno dei conventi e nella parrocchia, con tutti i servizi inerenti, e dall’altra verso una attività pastorale molto vivace fuori dai conventi138. Tra questi servizi pastorali spiccavano le celebri predicazioni popolari, per cui i frati predicatori andavano per villaggi e città al punto da radunare davanti alle chiese migliaia di fedeli, che non riuscivano ad entrare nelle chiese o nelle cattedrali139. Uno degli esempi più evidenti è quello del beato Diego José da Cádiz (1743-1801), predicatore instancabile che attraverso le sue prediche portava tutti alla conversione. Verso di lui il giovane Francisco Tomás de San Juan Bautista avrà una grandissima venerazione. 137 Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 96-97. In contrasto con i parroci diocesani, che spesso si limitavano a praticare una pastorale di mantenimento, senza uscire molto fuori dalla parrocchia. 139 A. FREGONA, I frati cappuccini nel primo secolo di vita (1525-1619). Approccio critico alle fonti storiche, giuridiche e letterarie più importanti, Padova, p.58-60. 138 45 Insieme alle predicazioni popolari c’era spesso l’apostolato della confessione. I predicatori esortavano i fedeli a convertirsi ed a rinnegare i loro peccati, avvicinandosi al sacramento della confessione. Questo invito alla conversione e alla confessione dei peccati accadeva già nei conventi e nelle chiese affidate ai Cappuccini. Infatti, tantissimi venivano dalle parrocchie vicine per confessarsi dai frati, che li accoglievano con misericordia, pazienza e umiltà. Ma allo stesso tempo era anche frequente la sollecitazione dei frati da parte dei parroci, in modo da poter dar loro un aiuto con le confessioni. Non poche volte i penitenti avevano difficoltà a recarsi alla chiesa più vicina o ai conventi dei cappuccini, specialmente se afflitti da qualche malattia o di età già avanzata. Così, i frati prestavano anche assistenza agli infermi e ai moribondi, portando loro i sacramenti, il conforto spirituale e a volte anche qualche aiuto economico. Della stessa rilevanza era l’apostolato nelle carceri, al quale i Cappuccini furono sempre molto legati. Sia in tempo di guerra, sia di persecuzione, i frati mai si sono allontanati da quelli che erano in carcere, cercando di portare loro speranza e sollievo spirituale. E quando qualcuno era già condannato a morte, i frati cercavano non soltanto di salvare la sua anima, ma si preoccupavano che avesse una morte degna. Infatti, in moltissimi luoghi i frati cappuccini erano ricercati in modo particolare dalle autorità militari per assistere i condannati a morte. In alcune città spagnole non c’è stato nessun condannato che non sia stato accompagnato dai cappuccini140. Anche gli anziani erano destinatari di un’attenzione speciale, tanto che vennero creati luoghi e fondazioni specializzate nell’accogliere le persone della terza età, più o meno abbandonate o emarginate. Per esempio a Granada fu creato un luogo chiamato Hogar fray Leopoldo, costruito nei terreni ceduti da quella fraternità e sostenuto dalle elemosine ricevute dei devoti di fra Leopoldo da Alpandeire141. 140 141 Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 300. Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 306. 46 Per sostentare la fraternità, a volte non bastavano questi lavori pastorali ma era necessario ricorrere alla questua. C’erano dei frati che percorrevano la città e i villaggi circostanti chiedendo l’elemosina per i frati. Allo stesso modo, questa raccolta non serviva soltanto per sostenere i frati, ma anche per i più bisognosi. La questua rappresentava anche un modo di fare apostolato sociale tra il popolo, invitando i più benestanti a sopperire alle numerose necessità materiali degli strati più bassi, specialmente nei momenti di gran carestia142. Infatti c’era una grande accettazione e ammirazione nei confronti dei cappuccini da parte delle classi nobili e potenti, che permetteva ai cappuccini di realizzare una mediazione tra ricchi e poveri, con il risultato di alleviare tantissime angosce del popolo e risolvere tanti casi particolari di persone bisognose143. Ma allo stesso tempo la presenza dei frati questuanti tra le persone più benestanti era anche un segno di speranza per loro, poiché permetteva loro di fare del bene agli altri e quindi di sentirsi più vicini a Dio e ai suoi comandamenti. In cambio i cappuccini questuanti pregavano per loro, li benedicevano e li confortavano nelle avversità e amarezze del quotidiano. Le semplici parole di questi umili frati erano spesso un vero balsamo per i cuori angosciati e tante volte disperati, sia dei ricchi che dei più poveri. I frati questuanti rappresentavano concretamente un punto di unione tra il mondo e la rappresentazione della austera, umile e felice vita dei frati cappuccini. Senza pretese scientifiche o culturali i questuanti erano più che raccoglitori di elemosine, ma veri e propri propagatori di devozioni cristiane, distributori di umili consigli, pieni di sapienza divina e umana, che portavano la pace a tanti luoghi e a 142 Le prime costituzioni dell’Ordine ordinavano ai frati di andare a chiedere l’elemosina per i poveri nei periodi di carestia. Cfr. Constitutiones Albacinenses, in Constitutiones Ordinis Fratrum Minorum Capuccinorum Saeculorum Decursu Promulgatae, vol. I: Constitutiones Antiquae (1529-1643), ed. anastatica, Romae, 1980, p.22-23. Pochi anni dopo questo precetto fu soppresso per evitare che i frati potessero usare i soldi o approfittare delle collette per i poveri. Tuttavia, si è mantenuta l’ordinazione che le elemosine abbondanti o superflue dei conventi fossero distribuite tra i conventi più bisognosi e tra i poveri. Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 304. 143 Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 305. 47 tante persone. Il loro esempio, la loro mansuetudine, la loro austerità, furono un preziosissimo mezzo per suscitare vocazioni, portando con sé la benedizione di Dio ed il fervore del popolo sul convento e sull’Ordine Cappuccino144. La figura dei questuanti non fu sicuramente meno efficace che quella dei predicatori e dei missionari. Essi erano una figura popolare nei villaggi e nelle città di Spagna, e non soltanto annunciavano ma specialmente esercitavano l’apostolato del buon esempio. Poiché l’azione pastorale non riusciva ad arrivare a tutti, i cappuccini presto si dedicarono anche all’apostolato della stampa, nella speranza di fare arrivare il Vangelo ed il carisma cappuccino ad un numero il più grande possibile di persone. Furono innumerevoli i libri religiosi e le riviste che si dedicavano alla riflessione teologica, alla propagazione e ‘purificazione’ delle devozioni popolari, alla pastorale, alla morale e al dialogo per la pace145. Fin dall’inizio la provincia di Andalusia volle dare il suo contributo all’apostolato missionario, dedicandosi alle missioni nella Repubblica Dominicana, nel Guatemala ed in El Salvador, anche se il numero di frati nella Provincia non era così abbondante come nel caso delle altre province spagnole, che pure avevano le loro missioni. Allo stesso modo, è da sottolineare il ruolo indispensabile dei Cappuccini di Andalusia e di quelli di Navarra negli inizi dell’Ordine in Portogallo. Allo scopo di evitare le persecuzioni che si attendevano in Spagna, le provincie, con l’approvazione del Ministro Generale, cercarono infatti di aprire delle fraternità in Portogallo. Anche se i progetti erano inizialmente quelli di andare verso Lisbona e Barcelos, il 29 febbraio 1934 alcuni frati di Andalusia si spostarono per un breve periodo di tempo in Serpa, ma dovettero presto partire verso Beja, arrivando lì il 4 marzo 1934 – essendo ambedue le città situate nel sud del Portogallo. Da parte loro i frati della 144 Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 290. È interessante vedere che durante i periodi più turbolenti nei rapporti tra Chiesa e Stato (prima metà del secolo XX), il tema su cui si è più pubblicato nella rivista Estudios Franciscanos sia stato quello di Raimondo Lullo ed il suo rapporto con gli infedeli. 145 48 Provincia di Navarra si spostarono nello stesso anno verso Barcelos, città situata a nord del Portogallo. È da sottolineare che inizialmente il loro obbiettivo non era quello di fondare l’Ordine nel paese vicino, ma soltanto di assicurare un posto sicuro per i frati delle loro Provincie nel caso in cui si acuisse la persecuzione in Spagna. Infatti ambedue le Provincie avevano avuto lo stesso pensiero. In questo modo, l’iniziativa di queste due Provincie divenne il punto di partenza per il futuro sorgere e svilupparsi dei Cappuccini in Portogallo. Subito dopo il loro arrivo, infatti, cominciarono ad accogliere delle vocazioni locali e pochissimo tempo dopo vi erano già le condizioni per diventare Commissariato (1939) e poi Provincia (1969). 49 CAPITOLO II FRA LEOPOLDO DA ALPANDEIRE, UN CAPPUCCINO QUESTUANTE Per rendere visibile e comprensibile l’ufficio dei frati questuanti, è stato preso l’esempio di vita di fra Leopoldo da Alpandeire146, vissuto tra gli ultimi anni del secolo XIX e la prima metà del secolo XX beatificato a Granada nel 2010. La sua vita ed attività147 aiutano a mettere in evidenza il ruolo importantissimo ed insostituibile dei frati questuanti cappuccini in questo periodo. Così, leggendo la vita di questo semplice frate pieno di virtù, si potrà capire meglio come i frati questuanti fossero chiamati ad assumere la sfida di essere l’immagine della fraternità per le vie delle città e dei villaggi. Come fra Leopoldo, tanti altri frati questuanti spesso sono diventati non soltanto motivo di edificazione, ma anche di devozione. 2.1. L’ingresso nell’Ordine Cappuccino La vita di Francisco Tomás de San Juan Bautista, così chiamato prima di diventare frate cappuccini con il nome di fra Leopoldo da Alpandeire, presenta alcuni momenti che possono essere letti come chiave di lettura per capire meglio le sue radici, l’aria che ha respirato e le sfide che ha dovuto affrontare, fino ad essere poi accolto nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Qui è stato trovato l’ambiente propizio per rispondere alla chiamata di Dio alla santità. Lasciando la sua famiglia di sangue, ha trovato nella fraternità una nuova famiglia, quella spirituale. 146 147 Vedere retratto del beato Leopoldo di Alpandeire nell’Appendice II, p.122. Vedere la cronologia della vita di fra Leopoldo di Alpandeire nell’Appendice III, p.123. 50 2.1.1. La vita di Francisco Tomás de San Juan Bautista Francisco Tomás era figlio di una famiglia umile e povera di Alpandeire148, provincia di Malaga, la quale da sempre si era dedicata alla coltivazione dei campi. Figlio di Diego Márquez e Gerónima Sánchez, nacque ad Alpandeire il 24 giugno 1864149, solennità di san Giovanni Battista, e ricevette il nome di battesimo Francisco Tomás de San Juan Bautista150; fu il primogenito tra quattro fratelli151. Durante la sua infanzia e giovinezza lavorò nei campi e pascolò capre e pecore della famiglia. Doveva lavorare molto e duramente, poiché era figlio di contadini che non disponevano di molti mezzi di sostentamento. La famiglia di Francisco cercò di trasmettergli i valori cristiani e le pratiche religiose. Infatti sappiamo che pregava l’Angelus al mattino, a mezzogiorno e al pomeriggio, pregava anche il rosario in famiglia o nella chiesa, così come partecipava alle feste parrocchiali. I suoi concittadini lo descrivono come un giovane pieno di bontà e di carattere nobile, giudizioso nel suo procedere, gioioso e di buona compagnia. Così lo ha descritto un suo vicino di Alpandeire, Don Diego García Sánchez: Era muy bueno desde niño, muy obediente y trabajador. Era muy piadoso; asistía a las funciones de la iglesia con frecuencia, y rezaba mucho. También rezaban en su casa, sus padres y él. A todo esto, ayudaba también el ambiente muy cristiano del pueblo152. Ha ricevuto l’istruzione elementare nella scuola del popolo, anche se non brillava per cultura e intelletto. In realtà, risplendeva molto di più per la sua nobiltà e bontà che per la sua intelligenza153. 148 Cfr. Summarium, 15. Cfr. Summarium, 499. 150 D’ora in poi lo chiameremo soltanto Francisco. 151 Diego, Juan Miguel e Maria Teresa. Ha avuto altri fratelli, che morirono nella prima infanzia, ma non abbiamo dati su di loro. 152 Summarium, 450. 153 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 59. 149 51 Aveva un cuore d’oro, e già da piccolo soccorreva i poveri. Per diverse volte condivise la sua merenda con gli altri pastorelli più poveri di lui, donò le sue scarpe a qualche bisognoso e consegnò persino i soldi guadagnati nella vendemmia a Jerez ai poveri che trovò per la strada di ritorno a casa. Francisco sudava lavorando, ma sudava ancora di più per l’amore al prossimo. Era muy bueno; nunca reñía. Era serio y formal. […] Era honrado, sencillo, humilde, íntegro en todas sus cosas. Pronto se dedicó a las labores del campo y del pastoreo. Fue alguna vez a la siega a Jerez de la Frontera. Casi todo lo que tenía se lo repartía a los pobres. Cuando algún familiar le reprendía por eso, él solía decir: ‘No les faltarán a los padres las dos pesetas’, y, en efecto, nunca les faltaron. Era muy trabajador, y lo hacía muy gustosamente. No era aficionado a fiestas y diversiones mundanas. En su juventud siguió la misma línea que de niño: apegado a la iglesia. Asistía a la misa aunque tuviera que madrugar mucho. Rezaba el Rosario con sus padres en la casa por la noche o en la iglesia. Tenía mucha devoción a la Santísima Virgen de los Dolores. Era serio, delicado y correcto con las muchachas y con sus compañeros154. Era così generoso che i suoi genitori cominciarono a preoccuparsi per l’eccessiva liberalità con cui trattava i poveri, senza tenere conto dell’esiguo capitale familiare. Infatti, quasi tutto quello che aveva lo distribuiva ai poveri155. Presto la gente de Alpandeire si rese conto che Francisco Tomás non era uguale agli altri, anche se non sapevano bene in che cosa consistesse quella straordinarietà. Infatti, sotto l’insignificante e semplice apparenza si occultava il segreto dell’attrazione della sua persona. Era enormemente realista. Su bondad fue adquirida a base de esfuerzo, de violencia evangélica. Antes de hacerse religioso, Francisco vive su vida diaria en analogía a como Jesús vivía cada día en Nazaret. A través de lo que sucede diariamente en Alpandeire, él va regulando su respuesta a su propia vocación. En el tejido de los acontecimientos diarios entrelaza y desarrolla el diseño de su vida buscando vivir la voluntad de Dios156. Dopo i venti anni ha dovuto svolgere il servizio militare. In quel tempo c’era la possibilità di essere esonerati in cambio di un contributo economico. Anche se suo 154 RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 91-92. Cfr. Summarium, 455. 156 RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 89. 155 52 padre avrebbe voluto liberarlo, Francisco non acconsentì; diceva che non voleva che un altro dovesse soffrire quello che era stato riservato a lui157. La sua giovinezza è marcata da due avvenimenti molto importanti: la morte del fratello più giovane nella guerra di Cuba158 e la gioia di ricevere il Sacramento della Cresima159. Negli anni ’90 Francisco dovette andare ad abitare con la sua famiglia a Ronda, a circa 30 chilometri da Alpandeire. Lì ha avuto il primo contatto con la vita religiosa, più in concreto con i Cappuccini. Infatti, il 24 marzo 1801 era morto il frate cappuccino Diego José de Cádiz, la cui devozione era stata mantenuta viva in quella regione. A motivo della sua beatificazione160 si celebrò il 15 novembre 1894 un solenne triduo in suo onore e Francisco fu molto toccato da questa esperienza. Questo nuovo beato era morto in quel posto e lì fu anche sepolto. Francisco partecipò con fervore a tutti questi avvenimenti, ascoltando con piacere le diverse prediche sul nuovo beato. Avendo assorbito il valore dello spirito francescano, decise di farsi frate minore cappuccino. Già anziano dirà: «Los frailes me llamaron la atención por lo recogidos que iban y lo bien que hablaban del Señor»161. Quelle celebrazioni e prediche hanno avuto in lui un impatto fortissimo, mettendo in luce il suo desiderio di vivere la vita religiosa. 157 Cfr. Summarium, 27. Cfr. FRAY ANGEL DE LEON, Mendigo por Dios, 31. 159 Ha ricevuto il sacramento della cresima nel settembre 1891, quando aveva 27 anni, dalle mani del vescovo D. Marcelo Spínola y Maestre. 160 Fra Diego José de Cádiz fu beatificato il 22 aprile 1894 dal Papa Leone XIII. 161 Summarium, 522. 158 53 2.1.2. L’ingresso nei Cappuccini Dopo aver sentito una predica sul beato Diego José da Cádiz si sentì acceso degli stessi desideri di perfezione, formulando in modo semplice la sua determinazione: «Yo quiero ser como ese fraile»162. Infatti, Francisco aveva conosciuto i Cappuccini a Ronda e lì era rimasto stupito dalla loro austerità e dal loro raccoglimento. Aveva chiesto nella preghiera al beato Diego di aiutarlo a far diventare realtà questo desiderio della sua anima. E più tardi gli riconoscerà il merito di essere stato ammesso nell’Ordine: «Quedó prendado de esta austeridad y recogimiento de aquellos religiosos […] decía que el beato Diego lo admitió en la Orden»163. Chiese così al parroco di parlare con i cappuccini, di facilitare cioè un colloquio con loro. Dopo avergli fatto un breve esame, gli dissero che a causa della sua già avanzata età poteva soltanto diventare fratello laico. Lui, che non aspettava altro, accettò volentieri Doveva solamente attendere che i frati gli mandassero un questionario per ufficializzare il suo ingresso nell’Ordine, ma questo questionario non arrivò mai. Chiese una seconda volta di entrare nell’Ordine attraverso fra Cándido de Monreal, che era andato a Ronda per una predicazione. Questi gli promise di parlare personalmente con il Provinciale e di risolvere subito la situazione, ma passarono diversi mesi senza alcuna risposta. Così passarono ben quattro anni dal suo primo incontro. Soltanto quando un sacerdote di Ronda, Don Rafael, suo amico e familiare, a cui Francisco aveva chiesto aiuto, scrisse una lettera direttamente al Provinciale dei Cappuccini, ottenne una risposta. Y al bajar del púlpito el P. Cándido, se le acercó y le dijo que quería ser capuchino. Tomó el nombre el Padre, quedó en escribir al S. de D. con la decisión del Provincial; se le perdió la dirección al P. Cándido y no le contestó. El S. de D. habló al cabo de 162 163 Summarium, 429. Summarium, 522. 54 unos meses con un sacerdote de Ronda. No sé el nombre. Y por su mediación se comunicó con los Capuchinos de Sevilla, donde está la casa Provincial y escribieron al S. de D. admitiéndole en el Noviciado. Creo que tenía el S. de D. entonces 33 años. Emprendió el S. de D. el viaje, fue a Sevilla e ingresó en la O. de PP. Capuchinos como deseaba164. Nonostante il suo determinato desiderio di diventare cappuccino, il tempo che dovette aspettare per entrare nell’Ordine costituì una vera prova della sua determinazione e vocazione. Francisco cominciò a dubitare della volontà di Dio sulla sua vocazione cappuccina, e così decise di continuare la sua vita, cercando di trovare una donna e sposarsi. Trovatala continuò sempre a sentire un profondo desiderio di essere chiamato alla vita religiosa. Infatti, l’aveva avvertita che se fosse stato chiamato dai frati, il fidanzamento si sarebbe sciolto, come difatti avvenne. Yo conocí a la novia del S. de D.: Antonia Medinilla. El S. de D. hizo lo que era normal en aquel ambiente: echarse novia para formar una familia. Pero, en cuanto él descubrió que Dios lo llamaba por otro camino, la dejó. Sé que una vez fue a hablar con la novia y le dijo: “Que me voy esta mañana, que el Señor me llama”. Ella lloró, pero se conformó. A la gente no le extrañó esta decisión del S. de D. fray Leopoldo de Alpandeire. La familia lo aceptó. Muchos decían: “Tenia que terminar así”, refiriéndose a que la vida de piedad y santidad que llevaba era más propia de un religioso que de un seglar. Yo creo que se hubiera ido antes al convento si entonces hubiera habido los conocimientos que hoy hay: entonces no sabíamos qué era un convento165. Guidato da una fede immensa, lasciò tutto per abbracciare la volontà di Dio, cercando nell’Ordine Cappuccino il cammino della salvezza. Aveva già 35 anni quando nel 1899 entrò nel convento dei Cappuccini di Sevilla. Questo tempo di attesa fu davvero un serio momento di prova, da cui si percepisce che il desiderio di Francisco non era frutto dell’impulso giovanile, ma di una lenta e progressiva maturazione cristiana, collegata al contato con il lavoro e alla vita di pietà166. 164 Summarium, 16. Summarium, 451. 166 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 88. 165 55 Ai suoi genitori, così come alla gente, non sembrò strano il suo ingresso in convento, giacché il suo comportamento lo faceva prevedere. Sembrava essere la cosa più naturale del mondo, quasi come una conseguenza logica del suo comportamento e stile di vita167. Nel convento cappuccino di Sevilla, dove fu accolto nell’ agosto del 1899, fu affidato alla custodia di un fratello anziano che lo orientava nei diversi lavori da fare, specialmente nell’orto. Poiché dimostrava di essere veramente abile, fu nominato ausiliare dell’orto, insieme ad altri impegni della comunità. Dopo alcuni mesi di postulato168, il 16 novembre dello stesso anno, Francisco ricevette l’abito della prova nel convento di Sevilla e assunse il nome religioso di fra Leopoldo169 da Alpandeire. La celebrazione si tenne nella piccola cappella dove circa cento anni prima era vissuto il beato Diego José da Cádiz. Già da postulante cominciò a dare prova di grande santità e di profonda spiritualità. Fue postulante en Sevilla […] En aquel convento había varios Padres de altura espiritual grande: era un ambiente muy adecuado […] No oí decir que aquello le resultara duro. Después, al conocerlo, quizás debiera pensar que el Siervo de Dios deseaba más dureza. Fr. Modesto de Ongoz, compañero del Siervo de Dios, me decía que esa aureola de santidad que el Siervo de Dios tuvo al final de su vida, ya la tenía desde los primeros tiempos170. Il cammino spirituale di fra Leopoldo fu progressiva, anche se sempre all’interno di una vita esemplare. Infatti, non è che all’inizio del suo cammino di frate cappuccino Leopoldo fosse molto diverso rispetto a come lo si conosce oggi, ma chiaramente già si vedeva in lui un uomo virtuoso con una grandissima fede e la volontà di vivere santamente171. 167 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 79. Il tempo del postulato è stato ridotto a causa del suo lungo periodo di attesa. 169 Fra Diego di Valencina, suo maestro, gli diede il nome di Leopoldo, pensando a san Leopoldo III, il pio, margravio d’Austria (1073-1136), la cui memoria era stata celebrata il giorno precedente. 170 RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 116-117. 171 Cfr. Summarium, 16. 168 56 Fin dal suo noviziato, fra Leopoldo aveva soltanto un obbiettivo: essere frate cappuccino alla maniera di quelli di cui aveva sentito parlare, in modo speciale del beato Diego José da Cádiz172. La santità di quel frate cappuccino, più di tanti altri, lo aveva colpito al punto che anche lui voleva essere suo vero imitatore. Por haberlo oído a los Reverendos Padres que estuvieron con él en el Noviciado, Fr. Leopoldo practicó mucho las virtudes, dio muy buenos ejemplos y fue un modelo de obediencia para con los Superiores. Y se portó con los Hermanos con mucha caridad173. Leggendo le testimonianze dei frati si percepisce che fra Leopoldo non fu mai colto in qualche errore, e tutti hanno testimoniato la preoccupazione di fra Leopoldo di fare la volontà di Dio e compierla nell’obbedienza174. Desde el noviciado fray Leopoldo no tuvo otra meta que santificarse, siguiendo a Cristo por el camino de la cruz como Francisco de Asís. Su amor a Dios, la oración, el trabajo, el silencio, la devoción a la Virgen y la penitencia marcarían ya su vida. La cruz y la pasión de Cristo serían para él, a partir de ahora, objeto de meditación y de imitación175. Nel 1900, nel medesimo giorno e luogo dove aveva cominciato il noviziato, emise la professione temporanea. Lì continuò a vivere, anche se già come professo, con austerità e preghiera intensa. Qualche tempo dopo la professione, fu mandato ad Antequera come ortolano. Nell’ autunno del 1903 fu destinato al convento di Granada, sempre come ortolano e qui il 23 novembre dello stesso anno emise la professione perpetua, nelle mani di fra Francisco de Mendieta, guardiano della fraternità. Fra Leopoldo si impegnò molto nel lavoro, poiché era convinto che quella era la virtù redentrice dello sforzo umano. Infatti, il lavoro e la solitudine del convento lo avevano fatto crescere nell’ascesi e nella mistica176. Nonostante fosse un vero esperto come ortolano e la provincia riconoscesse i suoi talenti, la sua preoccupazione 172 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 119. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 117. 174 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 118. 175 RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 119. 176 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 129. 173 57 era che la cucina dei frati non fosse priva dei migliori legumi, cercando di essere come una buona madre verso i suoi figli. Questi primi anni furono anche gli ultimi vissuti nell’assoluto ritiro del convento. Il 18 novembre 1913 fu mandato di nuovo a Sevilla177, ma questa volta come portinaio. Lui che aveva un corazón de oro, riuscì con facilità a conquistare i cuori di tutti coloro che bussavano, specialmente i poveri, a cui i frati davano una minestra calda. Verso tutti il suo saluto era sempre Paz y Bien, accompagnato da un sorriso accogliente. [Fra Leopoldo] los instruye recordándoles las verdades principales de la fe, y junto con ellos recita sus ‘Tres Ave Marías’. Mientras llena los cuencos y los pone en las manos de los pobres, florecen en sus labios palabras de exhortación, consejos y, siempre, consuelo. Siempre benigno, alegre, en actitud de siervo y de hermano, porque guiado por la fe, en aquellos dolientes veía a Cristo sufriente178. Nonostante il suo prezioso servizio come portinaio, la sua permanenza a Sevilla non si prolungò oltre tre mesi, e a febbraio dovette tornare a Granada, dove rimase fino alla fine della sua vita. 2.2. L’attività di un frate questuante a Granada Il 21 febbraio 1914 fra Leopoldo fu trasferito a Granada, dove rimase fino alla fine della sua vita. Presto cominciò a circolare la sua fama di santità, specialmente a causa della sua vita di orazione, lavoro, austerità e povertà. Nei suoi primi anni a Granada cominciò a lavorare come assistente cuoco e poi come cuoco. Esercitò anche l’ufficio di sacrestano, quindi quello che sarà l’ufficio di tutta la vita: questuante per le vie di Granada e di Alhambra. All’inizio non fu il questuante titolare, ma aiutante di un altro frate. Dalle case o dal campo portava al convento quello che i benefattori offrivano, per la maggior parte frutta e verdura, poiché erano quasi tutti contadini. Poco tempo dopo tutto il peso della questua passò a fra Leopoldo. Nel suo umile servizio, per tantissimi anni 177 Il provinciale, rendendosi conto della santità di fra Leopoldo, cercò di tenerlo vicino a sé, ma per l’opposizione degli altri frati non vi riuscì a tenerlo a Sevilla per molto tempo. Cfr. Biographia, 45. 178 RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 140. 58 percorse la provincia di Granada e Almería, così come grande parte della provincia di Málaga e Jaén. Infatti, Lo nombraron limosnero porque era muy bueno. Este oficio era muy duro, y siempre he oído decir que lo desempeñó con mucha dedicación y según la voluntad de Dios. Creo que se adaptaría a este oficio, dado el carácter humilde, sencillo, delicado de trato y sacrificado179. 2.2.1. Mendicante per Dio Come recita la Regola di san Francesco d’Assisi, l’elemosina era ritenuta la «mensa del Signore»180, aggiungendo nel Testamento, quando la ricompensa del lavoro non fosse sufficiente. Per fra Leopoldo invece l’elemosina fu una situazione esistenziale, nella quale ha potuto vivere la sua esperienza di fede, in contatto con il popolo, specialmente i più poveri, vivendo in modo ascetico e mistico il suo quotidiano181. Lui non andava a questuare perché gli piaceva, ma soltanto per obbedienza. Nonostante ciò, la faceva con gioia, perché stava obbedendo ai superiori. Sicuramente avrebbe preferito il silenzio e la riservatezza dell’orto del convento, e tuttavia fra Leopoldo, a cui piaceva lavorare con le sue proprie mani, è dovuto uscire per la città chiedendo l’elemosina. Questa sicuramente è stata una delle sfide più grandi della sua vita: voler lavorare ma dover elemosinare. Dovendo trascorrere fuori dal convento la maggior parte del tempo, fra Leopoldo ha dovuto trovare il modo per vivere la sua interiorità e intimità con Dio, anche lungo le strade. Così, raccolto nel silenzio ed in un intimo dialogo permanente con Dio, faceva delle vie il suo convento. E in realtà, si astraeva così tanto che a volte per attirare la sua attenzione, bisognava proprio chiamarlo. Fra Leopoldo non andava 179 RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 92. Testamento 22. 181 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 146. 180 59 incontro alle persone, lui passava tra le persone. La via era il suo spazio di preghiera, mantenendo sempre un raccoglimento profondo davanti a tutto e a tutti. Fra Leopoldo assunse un doppio volto, caratterizzato dalla dimensione contemplativa, di preghiera e di intimità con Dio, e da quella attiva, andando per le vie della città, a contatto con il popolo, chiedendo l’elemosina. Curiosamente, lui che era entrato nel convento per allontanarsi dal rumore del mondo e vivere in contemplazione solo per Cristo, ha trascorso tutta la sua vita in mezzo alla gente, inserito nelle preoccupazioni degli uomini e assumendole come sue. Le vie di Granada furono il suo chiostro. Il suo modo di essere e di agire era proprio di chi viveva pienamente assorto in Dio, in cui riponeva tutta la sua speranza. La straordinaria fiducia e speranza di quel frate erano per tutti una testimonianza fortissima dei valori umani e di fede. È quanto emerge dalla testimonianza di fra Manuel da Pedrera182: En su comportamiento exterior, en todas sus actividades se veía el hombre que esperaba el Cielo y tenía gran confianza en el Señor, por amor al mismo Dios. Y se veía que esperaba ganar el Cielo con el cumplimiento de sus deberes y con su modo de hacer todas las cosas. En su vida no tenía otro norte y otro blanco que el Señor. En su vida nunca se le vio hablar de cosas indiferentes. Aparte de las palabras precisas para su ministerio o para la caridad, eran para hablar de Dios y de las cosas de Dios183. Infatti, con la testimonianza della sua vita e nella questua ha cercato sempre di insegnare a tutti l’amore verso Dio e il prossimo. Tutto il suo dialogo e le sue parole portavano sempre verso Dio184. Procuró el bien espiritual del prójimo en su oficio de limosnero, siempre diciendo alguna palabra edificante, o refiriendo algún ejemplo espiritual. Siempre se veía que hacía todo por amor de Dios, y procuraba, conforme él podía, despertar el amor de Dios en los demás185. 182 Fra Manuel de Pedrera visse nella fraternità di Granada negli ultimi 4 anni di vita di fra Leopoldo da Alpandeire e gli amministrò il sacramento dell’Unzione degli infermi. Cfr. Summarium, 129. 183 Summarium, 135-136. 184 Cfr. Summarium, 23, 192. 185 Summarium, 170. 60 Diventò santo santificando gli altri. Si faceva tutto per gli altri e donava molto più di quello che chiedeva, proprio come aveva fatto fra Francesco d’Assisi attraverso la testimonianza della sua vita, il suo esempio, le sue parole, le grazie e i carismi ricevuti da Dio186. Fu questuante in Granada per 50 anni, ma era molto più quello che donava di quello che chiedeva. Infatti, insieme all’elemosina materiale che riceveva, donava l’elemosina del suo amore, della sua gioia, della sua bontà, così come il suo saggio consiglio, che sempre portavano verso Dio. Dal suo amore per Dio scaturiva uno straordinario amore verso il prossimo, in modo che la carità imbeveva tutta la sua vita ed era messa in pratica attraverso le opere di misericordia corporali e spirituali187. Sorprendentemente, il contatto con il popolo invece di distrarlo o mondanizzarlo, lo spingeva a uscire da se stesso, a portare su di sé il peso degli altri, i problemi e le preoccupazioni, in modo da capire, aiutare, servire e amare veramente188. Molte volte le persone che lo vedevano attraversare la via, si fermavano soltanto per vederlo passare, ottenendone una grande edificazione. Altre volte lo avvicinavano per raccontargli i propri problemi, pregare con lui, baciare il suo cordone. Spesso attraversavano la via per consegnargli l’elemosina. Nella sua umiltà attraeva la gente, esercitando su di esse un’attrazione tale che tutti si avvicinavano a lui con rispetto per chiedere una preghiera o una benedizione. Il cronista Tico Medica, ammiratore di fra Leopoldo affermò: «Era distinto pero no distante»189. Il fatto che fra Leopoldo sia stato per circa 50 anni questuante, anche se era esperto nella cura dell’orto, come aveva già dimostrato nei primi anni, significava che i frati avevano totale fiducia in lui, specialmente perché vedevano le sue 186 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 145. Cfr. Informatio, 27. 188 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 145-146. 189 TICO MEDINA, Pregón en la apertura del 50º aniversario de la muerte de fr. Leopoldo, internet (10/01/2017): http://www.fray-leopoldo.org/50-aniversario/docagosto.htm. 187 61 straordinarie virtù non soltanto nell’atteggiamento umile verso il popolo, ma specialmente perché il mondo non riusciva a mondanizzarlo, come è già stato riferito, ma era lui che con il suo esempio, semplicità, carità e devozione, riusciva ad evangelizzarlo. Se da una parte questo impegno lo fece uscire da se stesso, dall’altra, portando i problemi e le preoccupazioni a lui affidati, lo fece entrare più profondamente nell’altro e vedere in questo il proprio Cristo sofferente190. Para el S. de D. el Señor y el prójimo eran una misma cosa: amaba a Dios en el prójimo; amaba al prójimo por Dios. No sé cuál será la mejor manera de expresarlo: el hecho es que amaba a todos pero no con amor sensiblero, sino sobrenatural, lleno de un equilibrio extraordinario191. Furono innumerevoli le volte in cui le persone acorsero a lui per chiedere consigli, anche se non aveva compiuto alcuno studio teologico, come ha testimoniato di Don Pedro Manjón: «No era hombre de letras, no tenía estudios teológicos; pero nos aventajaba a todos, porque poseía el gran secreto del conocimiento y del amor de Dios. Era todo un hombre de Dios»192. Ma se negli ultimi anni fra Leopoldo era ricevuto nelle case con gioia e devozione, poiché lo vedevano già come un frate santo, nei primi anni di questua non era stato così facile. Quelli furono tempi di prova e di vero martirio, se non addirittura di disprezzo; le ingiurie e anche le aggressioni erano frequenti. Non erano infatti pochi quelli che disprezzavano le congregazioni e detestavano la questua, considerandola degradante, così come i questuanti193. Dopo aver bussato tanti anni alle stesse porte, molte di quelle si aprivano amichevolmente a fra Leopoldo. Ma agli inizi – e anche negli ultimi anni, in quelle case meno familiari – non era stato così semplice. Soltanto dopo tanti anni la sua presenza fu veramente accettata, ma nel frattempo quante prove ha dovuto affrontare! Eppure tutte le umiliazioni, persecuzioni, aggressioni e oltraggi furono sofferti per amore di Dio, perché per lui tutto era per amore di Dio, non soltanto le cose buone, 190 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 146-147. Summarium, 477. 192 FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 135. 193 Cfr. REQUENA, Vida religiosa y espiritual en la España, 43. 191 62 ma anche quelle cattive. Infatti, era proprio così che si presentava quando andava a fare la questua: ‘como un mendigo por Dios’. Recuerdo que siempre, lo mismo en lo próspero que en lo adverso, si le injuriaban, o le contradecían, o si terminaba algún trabajo, o asumía alguna cosa buena, repetía con frecuencia ‘Sea todo por el amor de Dios’. Esta era una frase corriente suya. Creo que su caridad fue extraordinaria. Sé y me consta que para todos, propios y extraños, era el S. de D. un hombre de Dios194. Questo suo modo di fare tutto per amore di Dio si può cogliere chiaramente da questo episodio, quando nel chiedere ‘¡Una limosna por el amor de Dios!’, un uomo gli rispose: ‘Yo le doy limosna porque quiero, nada de amor de Dios’. Al che risponde fra Leopoldo: ‘La limosna, así, no la recibo’195. Da questo esempio si può anche capire che per fra Leopoldo l’essenziale non consisteva nell’atto di dare l’elemosina, ma nella motivazione con cui si faceva, ossia per amore verso Dio. Pertanto, se fra Leopoldo si rendeva conto che a motivo del suo chiedere l’elemosina potesse danneggiare qualcuno, evitava di farlo. Siguiendo el consejo de san Francisco, no fue nunca ladrón de limosnas y si veía acercarse algún pobre a la casa en que él iba a pedir, o algunos trabajadores parados que buscaban socorro, pasaba de largo y no llegaba él por no perjudicarles196. Non stupirà dunque il fatto che, a causa di questi esempi, molti vedevano in fra Leopoldo una caratteristica che lo distingueva da altri frati questuanti che nel chiedere, cercavano soltanto l’elemosina, senza valutare il gesto. Anche se la questua esigeva tantissimo tempo e sforzo, fra Leopoldo rispettò sempre l’orario della fraternità, in modo che tale attività non costituì mai una scusa o un ostacolo per non essere presente agli atti della fraternità. L’orario quotidiano stabilito per gli atti comunitari nel convento dei cappuccini era il seguente: A MEDIA NOCHE: Maitines y Laudes. POR LA MANANA: El Ángelus, Letanías de los Santos y Oración, todo ello durante una hora. Después, Prima. Tercia y Misa 194 Summarium, 136. Cfr. Summarium, 137. 196 Summarium, 23. 195 63 Conventual. Desayuno. Antes de comer, Sexta y nona. El Ángelus. Comida, visita al Santísimo. POR LA TARDE: Recreo, retiro o descanso en la celda. Vísperas y Rosario. Completas. Oración, a la que precederán las Letanías de la Stma. Virgen. Cena y recreo. Indulgencia o preces de la noche. Examen de conciencia197. Anche se conciliare la questua con la vita fraterna poteva sembrare molto difficile, fra Leopoldo faceva di tutto per salvaguardarla. Nei momenti in cui non c’era qualche attività fraterna, metteva la bisaccia sulle spalle e usciva per le vie di Granada, bussando alle diverse porte e chiedendo l’elemosina per amore di Dio. Allo stesso tempo, visitava gli ammalati e gli anziani, come anche non tralasciava di visitare qualche famiglia povera per aiutarla, sia materialmente sia con qualche parola di conforto spirituale. Al suo ritorno dalla questua, il suo primo gesto era quello di visitare il Santissimo e in seguito chiedere la benedizione al superiore. E se aveva ancora tempo, quantunque fosse stanco, passava dalla cucina domandando al fratello cuoco se aveva bisogno di qualche aiuto. E questo lo faceva ogni giorno. Sebbene sia stato per un lunghissimo periodo questuante, mai comparve sul volto di fra Leopoldo un qualche segno di stanchezza o di noia. Infatti, cercava di fare tutto con una tale gioia, vitalità e novità, che sembrava lo avesse cominciato a fare da poco tempo. C’era una freschezza tale in quello che faceva che era avvertita da tutti quelli con cui si trovava. Non sentiva il bisogno del riposo, anzi rispondeva «Ya llegará el tiempo de descansar, ya llegará el tiempo de descansar»198. 2.2.2. Uomo di preghiera Tutta la sua vita e attività si sono fondate in una fede profondissima in Dio e in una devozione fervida verso la Vergine Maria. Così, cercava di alimentare la sua fede attraverso una insistente e costante preghiera quotidiana. Le parole che uscivano dalla sua bocca erano piene di lode verso Dio e la Madonna. In tutti i suoi dialoghi il 197 198 Biographia, 63. Summarium, 195. 64 tema ruotava sempre intorno a loro. Parlava delle cose divine con una fede e pietà così sorprendenti che edificava tutti199. Infatti, il suo modo di essere, così come i suoi dialoghi, erano già una autentica preghiera verso Dio. Questo era possibile soltanto grazie alla sua intensa vita nascosta di preghiera, specialmente davanti al Santissimo Sacramento. Ogni volta che ne aveva l’opportunità, giorno e notte, si metteva di fronte al Santissimo e lì passava tantissime ore in adorazione profonda. Si alzava ogni notte per non lasciare spegnere la lampada del tabernacolo, ma era più un pretesto per rimanere tutta la notte vegliando accanto al Signore, pregando per la fraternità e per i benefattori200. Innumerevoli volte alcune frati lo videro in estasi nella chiesa durante la notte. Yo le vi muchas horas haciendo oración ante el Sagrario. Muchas noches en que iba yo a arreglar las cosas de la iglesia por no haber tenido tiempo durante el día, lo encontraba en el coro haciendo oración. El se retiraba con toda la Comunidad, y luego, así que estaban todos retirados, él volvía y se quedaba largas horas arrodillado en el coro, haciendo oración. Mientras pudo, hacía su oración de rodillas. Cuando después de su caída no pudo arrodillarse hacía la oración de pie, apoyado sobre un bastón inclinado, con la cara apoyada sobre la mano que sujetaba el bastón201. Fra Leopoldo aveva una straordinaria devozione verso Gesù eucaristico. Ogni giorno, uscendo o entrando nel convento, visitava sempre il Santissimo. Durante il Giubileo delle Quarantore202 ogni giorno cercava di sapere dai periodici locali quali erano le chiese aperte per andare a visitare il Santissimo, anche se queste si trovavano nella direzione opposta a quella che doveva prendere per la questua203. Durante il dopoguerra, quando l’olio era diventato introvabile, fra Leopoldo lo chiedeva in elemosina per la lampada della sua chiesa, condividendolo anche con altre chiese bisognose. Non sopportava di vedere un tabernacolo con la lampada eucaristica spento204. 199 Cfr. Summarium, 56. Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 178. 201 Summarium, 104. 202 Per approfondire l’argomento consultare: BERNARDO DE AGUAVIVA, Las Cuarenta Horas, Oración Eucarística de la Paz, in Estudios Franciscanos, 54 (1953) 61-86. 203 Cfr. Summarium, 523. 204 Cfr. FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 140. 200 65 Infatti, quando fra Leopoldo aveva l’incarico di occuparsi della sacrestia, aveva una cura premurosa per gli oggetti di culto, dell’altare e del tabernacolo. Se a volte le celebrazioni non riuscivano bene, si poteva percepire che ne soffriva veramente. Durante le processioni eucaristiche era devotissimo. Fra Alfonso Ramirez Peralbo racconta: Asistía con profunda devoción a la procesión del Corpus de la ciudad y en las procesiones eucarísticas conventuales gustaba llevar el incensario y procuraba no dar nunca la espalda al Santísimo. Durante este tiempo, existía en los conventos capuchinos la costumbre de tener cada domingo exposición menor y el consiguió que el P. Provincial la cambiara a exposición mayor. Al salir a la calle para pedir la limosna y al volver lo primero que hacía era la visita al Señor. Y antes de salir buscaba en qué iglesia tocaba ese día el Jubileo de las Cuarenta Horas para escoger ese itinerario y hacer la visita acostumbrada205. Anche la sua devozione verso la santa messa è degna di essere menzionata, giacchè non soltanto assisteva a quante più poteva, ma provava una grande gioia nel servirle. Le persone rimanevano molto edificate soltanto al vederlo servire la messa, tanto era il fervore con cui riceveva la comunione206. Insieme alla devozione per il Santissimo Sacramento, c’era anche in lui rispetto e venerazione verso i sacerdoti. Molte volte, già anziano, lo hanno visto per la strada accelerare il passo per raggiungere qualche sacerdote che lui aveva visto e poter così baciargli le mani. Fra Leopoldo manifestò sempre una grande devozione verso la passione e morte di Gesù Cristo, fino a creare l’Associazione Via Crucis Perpetua nella chiesa dei Cappuccini. Infatti, la via crucis in tutta la Spagna era molto accettata, motivando così la nascita di una forma speciale di praticarla207. Fra Leopoldo coltivò una 205 RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 176. Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 176-177. 207 A causa della folla, che era così numerosa al punto di non riuscire ad entrare nella chiesa, la celebravano fuori. Così, la prima stazione cominciava nella chiesa e le seguenti continuavano per le vie, segnalate con croci di pietra o di legno. Si sono anche pubblicati innumerevoli libri per la meditazione della via crucis. Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 311. 206 66 devozione molto grande verso l’immagine del Cristo Crocifisso, chiamato Cristo del Perdono208. Todos los días recorría, abismado, las estaciones de la pasión de Cristo en el santo viacrucis. A él se debe la erección canónica en nuestra iglesia de la asociación del Viacrucis Perpetuo. Comprometió a las personas dirigentes, procuró un estandarte y personalmente suplicó al señor arzobispo que indulgenciara la imagen titular: Santo Cristo del Perdón. ¡Cuántas horas lo vimos extático, de rodillas, ante esta imagen!209. Nel fare la questua portava nel cuore i dolori e gli affanni di tutti quelli che incontrava, ma allo stesso tempo presentava tutti alla Vergine Madre, pregando per loro e invitandoli a pregare la Madonna. Pregava con un amore e una devozione così intensi che tutti coloro che lo sentivano rimanevano ammirati e commossi210. Propagó y enseñó cuanto pudo la devoción de la Stma. Virgen. Primero con su ejemplo, rezándole ante toda clase de personas con la mayor devoción y en segundo lugar con sus consejos, recomendando tener esta devoción siempre que encontraba oportunidad211. In mezzo secolo di questua ha diffuso il suo speciale saluto presso le case che visitava: ‘Ave María purísima’, insieme a questo saluto seminava nei loro cuori la devozione e la fiducia nella Vergine Madre di Dio. El ‘Ave María purísima’ florecía en sus labios como una eterna primavera: al llamar a una puerta en su constante pordiosear, al penetrar en cualquier local o al dirigirse a todo grupo de personas. En mil ocasiones cada día encontrará motivos para pronunciar, lleno de unción, esta frase de alabanza: ‘Ave María purísima’212. Nell’incontrare i bambini, cercava sempre di educarli nella fede, inculcando in loro la devozione alla Madonna e il gusto per la preghiera. Cuando iba por las calles pidiendo ‘la santa limosna’ (así decía siempre), los chiquillos le seguían y se acercaban a él. Siempre, en estos momentos, aprovechó el Siervo de Dios para hacer su catequesis, preguntándoles si sabían el rezo del Padre Nuestro y el Ave-María. Me gustaba verlo oír misa y rezar: parecía como que se transformaba. Él no rezaba como los demás, sino que cuando decía ‘Dios te salve, 208 Cfr. Summarium, 105. Cfr. FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 142. 210 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 180. 211 Summarium, 80. 212 FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 181. 209 67 María, llena eres de Gracia’, parecía que estuviese viendo a nuestra Señora; que, después de saludarla, le decía que estaba llena de gracia, pero no a la manera que nosotros rezamos, sino que hablaba con la Virgen y se incendiaba en su amor213. E se a volte c’era in città qualche predicazione o qualche celebrazione dedicata alla Madonna, cercava di essere sempre presente214. Cuando la Virgen peregrina, Nuestra Señora de Fátima, procedente de Cova de Iría, cándida mensajera de paz y gracia de Dios, recorría por primera vez muchas ciudades y pueblos de España prodigando portentos sobre cuerpos y almas, parece que la Virgen quiso dar un testimonio de benevolencia hacia su fiel Siervo. Llegó a Granada, precedida por un halo de milagros y fervores populares. Fray Leopoldo no podía quedar al margen de tal acontecimiento mariano. En actitud absorta y con el corazón palpitante de dicha, esperaba en la calle de Reyes Católicos, entre la multitud anhelante, apretados los cuerpos por la aglomeración y palpitantes los corazones por el respeto que infunde todo lo sobrenatural. Aquella imagen había sido testigo de repetidos prodigios. Al fin apareció a lo lejos la visión celestial. La cándida efigie de María caminaba en desigual balanceo por los inciertos y difíciles pasos de los que la portaban. Avanza sobre un mar de cabezas y de pañuelos en constante agitación y entre una tempestad de palmas y vítores, que arreciaban más a medida que se aproximaba la imagen. Entonces sucedió algo inusitado. Una de aquellas palomas, objeto de todos los comentarios, porque se acurrucaban rumorosas a los pies de la Virgen sin separarse de allí, levantó el vuelo y, revoloteando sobre la multitud, vino a posarse sobre la encanecida cabeza de nuestro Hermano. Este la tomó con mimo y, después de acariciarla, la lanzó al aire, dándole un beso que ella fue a depositar a los pies de la Virgen. El hecho es auténtico. Se diría que fray Leopoldo, evangélicamente sencillo según la frase de Cristo, “sencillos como palomas”, recibió esta consideración de sus hermanas las palomas. Y la voz del pueblo - voz de Dios interpretó aquello, unánimemente, como una manifestación de la benevolencia de María para con su fidelísimo siervo215. Tra le sue devozioni mariane spicca quella delle ‘Tres Ave-Marías’216, con la quale ha coltivato un apostolato di carità, di amore e di fiducia nella Madonna. Questa devozione è rimasta così impressa nei cuori delle persone che non soltanto confortava, sanava e consolava, ma li edificava e invitava ad affidarsi alla 213 Summarium, 522-523. Cfr. FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 182. 215 FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 185-186. 216 La preghiera delle Tres Ave-Marías fu propagata in modo speciale dai cappuccini della provincia di Valenza, che fondò nel 1902 una pubblicazione mensile, El Propagador de las Tres AveMarias. 214 68 Madonna217. Racconta Don Emilio Gonzalez Jimenez che «al llegar a cualquier casa saludaba siempre con el Ave-María. Y las rezaba con tanta piedad, que yo siempre he pensado que valían más sus tres Ave-Marías, más que los 365 rosarios que yo rezo al año»218. Muy frecuentemente se acercaban al S. de D. en las calles y plazas personas afligidas y le pedían oraciones. El les animaba a tener mucha confianza en la Stma. Virgen y muchas veces rezaba con los afligidos las tres Ave-Marías. Sé y me consta también que muchas personas iban al convento a rogar al S. de D. que pidiera por sus problemas o sus penas. No era solamente los que tenían enferma alguna persona de la familia, sino que acudían a él en muchos problemas de su vida. Cuestiones y problemas familiares, apuros económicos, asuntos de juzgado, etc. El S. de D. rogaba con los visitantes y los consolaba y les animaba a tener confianza en el Señor y en la Stma. Virgen219. Molte persone accorrevano a fra Leopoldo nei momenti di sofferenza e di necessità, non soltanto nelle case o per la strada, ma spesso andavano al convento per sentire una parola di conforto e per pregare insieme ‘las tres Ave-Marías’. E spesso questo bastava per consolare il loro cuore. Llevarán los enfermos a la portería del convento para rezar con él sus avemarías. Por el mismo motivo lo invitarán a sus propios domicilios. Le rogarán otros, dondequiera tengan la fortuna de hallarlo, que las rece por sus intenciones: ¡cuántas veces se las oímos por teléfono! Eran contestadas al otro extremo del hilo, a veces desde Granada mismo; pero, en un sinfín de ocasiones, atravesaban o rebasaban la geografía patria: desde Jaén, Barcelona, Tánger... Y es que aquellas avemarías tenían fama de milagrosas. Y sin duda lo fueron en muchas ocasiones, rezadas por toda la familia, de rodillas, junto al lecho del ser querido, cuando había naufragado toda esperanza. ¡Sobre cuántas aflicciones del cuerpo y del espíritu cayeron como milagroso bálsamo! Pero no se han extinguido con él. Esta sementera de Avemarías, de tres en tres, al modo como él las rezaba, sigue floreciendo y ensanchándose por el mundo en alabanza de la Reina del cielo220. Con fra Leopoldo Granada è diventata più mariana, poiché non era soltanto lui che pregava la Madonna e la proponeva a tutti, ma erano le persone stesse che pregavano e venivano a lui chiedendo di pregare insieme con loro. Infatti, testimonia 217 Cfr. FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 183. Summarium, 55. 219 Summarium, 50. 220 FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 184-185. 218 69 Don Zacarias Martinez che «toda su vida, sobre todo, practicó y enseñó a practicar con grande piedad y fervorosa devoción las tres Ave-Marías a la Stma. Virgen, las cuales rezaba por iniciativa propia, y a ruegos de las innumerables personas que se lo pedían»221. Insieme alle ‘tres Ave-Marías’ aveva sempre il rosario tra le mani, facendone la sua preghiera preferita. Allo stesso tempo non ha mai trascurato la preghiera dell’Angelus. Al suono della campana cominciava a recitarlo ovunque si trovasse, anzi spesso invitava i presenti a pregare con lui222. He oído referir que entró en un establecimiento a pedir su limosna; sonó el Ángelus y comenzó a rezarlo devotamente. Le respondían algunos, pero vio a un señor que no contestaba y tenía el sombrero puesto. Interrumpió el rezo, y dijo a aquel señor: “Oiga Vd., señor que también es su Madre”. Sé y me consta que el S. de D. parecía tener siempre conciencia de la presencia de Dios. Siempre tenía el nombre de Dios en su boca. Frecuentes eran en el cargo de limosnero como hombre que vive de la fe. Y así se manifestó ya también anciano y enfermo223. Nelle sue preghiere aveva sempre presenti i benefattori. Ogni volta che andava in qualche casa offriva qualche immaginetta ai bambini e recitava la benedizione di san Francesco d’Assisi. Una volta in cui fra Leopoldo cadde ammalato, senza forze e senza poter fare alcun lavoro, si consegnò ancora più intensamente alla preghiera, in modo speciale per i suoi frati e per tutti i benefattori. Ya muy anciano y enfermo, imposibilitado para el trabajo, pasaba largas horas del día y de la noche en el coro, según decía: ‘Ya que no puedo hacer otra cosa, pido por nuestros bienhechores y por nuestros hermanos’. Esto lo sé por haberlo observado en el tiempo que he convivido con él; y de oídas sé que antes de que yo lo conociese era un carácter igual y un religioso siempre constante224. Allo stesso tempo, accettava la malattia e l’impossibilità di riprendere il suo servizio, dicendo spesso «estando como Dios quiere, estamos bien»225. 221 Summarium, 106. Cfr. FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 182. 223 Summarium, 56. 224 Summarium, 18. 225 Summarium, 90. 222 70 2.2.3. Fedele al carisma primitivo La spiritualità francescana ha favorito nei secoli lo sviluppo di innumerevoli devozioni legate a san Francesco d’Assisi e all’Ordine, ma soprattutto lo sviluppo del carisma francescano, in modo speciale attraverso i numerosi santi che hanno saputo adattare il carisma alle esigenze del loro tempo. Infatti, come è stato già riferito, quando era ancora giovane, Francisco si è lasciato affascinare dalla spiritualità francescana, in modo speciale da quella del beato Diego Josè da Cádiz, sepolto a Ronda. Infiammato dal desiderio di perfezione disse al predicatore che voleva essere frate come fra Diego226. Queste parole manifestavano non soltanto la sua volontà, ma anche l’ardore e la fermezza interiore con cui volle cambiare vita. Infatti, non fu semplicemente il desiderio di indossare l’abito, ma di plasmare la sua vita su quella del beato Diego Josè da Cádiz, che con i suoi virtuosi esempi e la sua vita di santità riempì di ardore il cuore del giovane Francisco. Tutta la sua vita fu un costante sforzarsi per diventare un vero frate minore, sull’esempio del beato Diego, che tanto lo ha colpito. Sebbene questo beato abbia indirizzato la sua vocazione verso la spiritualità francescana cappuccina, pian piano fra Leopoldo ha cominciato ad approfondire lui stesso le radici di questa spiritualità, specialmente nei suoi primi anni di formazione. Allora si è posto davanti a san Francesco d’Assisi, non soltanto attraverso la formazione ricevuta dai suoi maestri o la lettura delle diverse agiografie e scritti, ma soprattutto assimilando la sua spiritualità attraverso le diverse devozioni francescane del tempo. Il culto e la devozione eucaristica delle Quarantore è stata una devozione nata dal Giubileo delle Quarantore, in cui l’Eucaristia rimaneva esposta in adorazione per quaranta ore continue, ed è stata promossa dai cappuccini in Italia, specialmente da fra Giuseppe da Ferno nella prima metà del secolo XVI227. Questa devozione fu 226 227 Cfr. Summarium, 331. Cfr. FREGONA, I frati cappuccini nel primo secolo di vita (1525-1619), 59-60. 71 posteriormente propagata nella Spagna negli inizi del secolo successivo228. Da questo si capisce che anche fra Leopoldo fece sua questa pietà eucaristica e la diffuse tra i fedeli con abbondanti frutti spirituali. Fra Leopoldo si ispirava alle devozioni francescane prendendo come modello speciale san Francesco d’Assisi, che chiamava «nuestro Padre»229. Da lui trae il rispetto e la venerazione verso i sacerdoti, i vescovi e il Papa: Era muy respetuoso con los Sacerdotes y Obispos y con el Papa […] Tenía muy presentes aquellas palabras de san Francisco: ‘Si alguno de vosotros, mis hijos, encuentra alguna vez juntamente a algún Ángel y a un sacerdote, saluden primero al sacerdote que al Ángel’. Al Papa lo veneraba y lo respetaba como buen Capuchino, cumpliendo lo que para ello ordena la Regla. Y me consta que cuando tenía noticias de que estaba enfermo el Papa, ya estaba pidiendo y orando porper su salud230. Bisogna anche fare riferimento al tipico gesto e alla preghiera di san Francesco ogni volta che passava davanti ad una chiesa231, che anche fra Leopoldo ripeteva volgendo sempre il suo sguardo verso la porta e facendo una riverenza232. La sua devozione alla Madonna, alla quale abbiamo già fatto riferimento, assomigliava tantissimo non soltanto a quella di san Francesco d’Assisi, ma anche a quella di tanti altri santi francescani e cappuccini, come sant’Antonio da Lisbona, san Bonaventura, san Felice da Cantalice, san Leonardo da Porto Maurizio, il beato Diego Josè da Cádiz, tra tanti altri… Con relación al rezo de las Tres Avemarías, esa breve práctica de devoción mariana, conocía de manera exhaustiva todo lo concerniente a ella: desde san Buenaventura, que compuso y recomendó el rezo del Ángelus, hasta los más modernos apologistas de la devoción. Sabía que san Antonio [de Lisboa] fue el primero en recomendar la devoción de las tres Ave-Marías; y que san Leonardo de Puerto-Mauricio prometía, 228 Cfr. GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 311-312. Summarium, 58. 230 Summarium, 21. 231 Preghiera di san Francesco d’Assisi davanti alle chiese: «Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo». Testamento 5. 232 Cfr. Summarium, 57. 229 72 en cierto modo, la salvación a los que observaran esta saludable práctica, tanto por la mañana como por la noche233. Fra Leopoldo aveva, in modo speciale, assunto la devozione mariana di beato Diego Josè da Cádiz234 e di san Felice da Cantalice235. Il primo, perché fu colui che lo ha aiutato a diventare cappuccino, e la cui devozione Mariana lo colpì tantissimo. Il secondo, per il fatto di identificarsi totalmente in lui, non soltanto come questuante, ma per la semplicità di vita, che così profondamente ha ispirato fra Leopoldo. Fra Felice da Cantalice, nella sua semplicità, aveva lasciato un ‘libro spirituale’ come testimonianza della sua vita spirituale, ossia, un ‘libro di sei lettere’: cinque lettere rosse, le piaghe di Cristo, e una lettera bianca, la Vergine Maria Immacolata236. Questo libro ha certamente colpito in profondità fra Leopoldo da Alpandeire che, sebbene sapesse leggere, non si era dedicato allo studio. La devozione alla Madonna è l’esempio più chiaro dell’essenza dell’ideale francescano vissuto da fra Leopoldo, giacchè tutti i santi e beati francescani e cappuccini, senza eccezione, hanno cercato sempre di esserle profondamente devoti, come lo fu san Francesco d’Assisi. Fra Alfonso Ramirez Peralbo scrive: Y es que la devoción a la Virgen es algo consustancial a la esencia del ideal capuchino, basta con ver cómo la han vivido los santos y beatos capuchinos siguiendo siempre el ejemplo del Fundador, san Francisco de Asís. Todos los santos capuchinos han cultivado una tierna devoción a la Virgen María, insertándose así en el más puro filón de la luminosa tradición franciscana. De modo particular han mantenido siempre vivo el culto a su Inmaculada Concepción. Ya las primeras Constituciones capuchinas de 1536 prohibían añadir al rezo coral ningún otro oficio divino, con excepción del Oficio de la Santísima Virgen (n. 42). En este mismo documento se llama a la Virgen ‘dulcísima Madre’ de Jesús y ‘nuestra intercesora y abogada’ (n. 57) y se habla de Ella siempre unida a Cristo, o, después de Jesucristo, como ‘ejemplo’ a imitar en la pobreza franciscana (n. 58). El amor a la pobreza es la razón por la que las iglesias capuchinas, en sus primeros tiempos, según cuenta el cronista de la Orden Bernardino de Colpetrazzo, ‘eran pequeñas y se construían a la medida de la Santa Casa de Loreto’. Desde el comienzo de la Reforma Capuchina, los santos 233 FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 183. Per approfondire l’argomento consultare: C. MARTINEZ VALVERDE, El B. Diego: su figura y su obra, Madrid, 1943-1945. 235 Per approfondire l’argomento consultare: R. BRANCA, L’asino dei frati. Fra Felice da Cantalice, Roma, 1987. R. CORDOVANI, San felice da Cantalice. L’uomo del pane, Gorle, 2012. 236 Cfr. FRAY ANGEL, Mendigo por Dios, 183-184. 234 73 capuchinos destacaron por su amor y devoción a la Virgen; de alguna manera, todos ellos evocan escenas conmovedoras, como aquella en la que la Virgen entrega el niño a san Félix de Cantalicio, momento que ha quedado inmortalizado en el célebre cuadro de Murillo. De san Félix también se cuenta que solía repetir: ‘Yo también soy un estudiante: conozco perfectamente seis letras: cinco rojas, que son las santas llagas y una blanca, la sexta, que es la Virgen Inmaculada’. Y a los hermanos más jóvenes les recomendaba: ‘Cuando se va a la calle, hay que llevar la mente en el cielo, los ojos en el suelo, y el rosario entre las manos’. Otro día sería san Crispin de Viterbo el que nos recordaría su profundo amor a la Virgen cuando, en su oficio de cocinero, levantaría un altarcito a la Virgen María en su cocina porque no podía apartar los ojos ni el corazón de su madre celestial. En la cocina, Fr. Crispin: si echaba sal a la olla, se la ofrecía antes a la Virgen, si limpiaba las verduras, también. El mismo fuego le hablaba del amor inmenso de María. Ante el altar de la Virgen en la cocina, nunca faltaban flores y Fr. Crispin se sentía allí músico, poeta y serafín. Y, ¡qué decir de san Conrado de Parzham, san Ignacio de Láconi y tantos otros!237 Infine è anche da sottolineare la profondissima devozione di fra Leopoldo verso gli angeli, in modo speciale san Michele Arcangelo e l’Angelo custode, devozioni molto francescane. E così, anche queste devozioni possono aiutare a capire con più chiarezza l’influenza che la spiritualità francescana ha avuto su di lui. La speranza della sua personale santificazione e salvezza lui la pose nel compimento della legge di Dio e della Regola di san Francesco d’Assisi, approvata da Papa Onorio III nel 1223. Tenía gran amor y reverencia a la Santa Regla. Siempre la llevaba consigo, como antes estaba ordenado. Cuando tenía algún momento libre la leía detenidamente. Y en todo momento procuraba cumplirla escrupulosamente, y la observó de esta manera hasta la muerte. […] Su vida de mortificación, de sacrificio y de penitencia y su estricto cumplimiento de las Reglas le defendían de caer en pecado. Era muy mortificado del sentido de la vista y siempre hablaba a las señoras con los ojos bajos, sin intentar siquiera mirarlas238. Infatti, fra Leopoldo cercava di compiere in tutto la Regola. Nei rigidi inverni di Granada fra Leopoldo camminava per via con i piedi scalzi, e se il superiore gli 237 238 RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 180-181. Summarium, 21-22. 74 chiedeva di usare le scarpe rispondeva: «Padre, es muy molesto llevar calcetines. Luego se rompen por el talón y por la punta y no tiene uno quien se los cosa»239. Fra Leopoldo, incarnando il Vangelo e osservando fedelmente la Regola di san Francesco d’Assisi e le Costituzioni cappuccine, divenne un chiaro esempio per tutti i frati del convento, i quali lo guardavano con grande devozione e lo ritenevano un frate da imitare. Los de dentro del convento, todos sin excepción, que podían haberse dado cuenta de algún defecto que hubiera en él, por el contrario, todos, viejos y jóvenes, han hablado siempre bien de él, y para todos es un santo. Por eso mismo, cada día era mayor la veneración que todos sentían por él240. La sua sapienza non era quella degli studiosi, ma si traduceva in una sapienza di vita, quella che lui aveva vissuto nel proprio corpo e nella propria anima. Così, sorprendeva tutti con sagge riflessioni e consigli. Los Hnos. Coristas que estaban estudiando, llamaban al S. de D. para que se sentara con ellos. Le preguntaban, le consultaban, le oían con mucho gusto. Muchas veces me referían: “Fr. Leopoldo no ha estudiado como nosotros, pero dice cosas tan hondas que nos dejan asombrados”. También las RR. Capuchinas, estando ya el S. de D. muy anciano y achacoso, pedían a veces que lo enviaran a su convento para verlo, hablarle y tomar consejos suyos241. 2.3. Le virtù principali Fra Leopoldo ha coltivato le virtù cristiane in tutta la sua vita, nonostante le difficoltà e le prove inerenti il servizio della questua e le persecuzioni religiose. Se da una parte, come frate cappuccino, aveva promesso di osservare i consigli evangelici, allo stesso tempo fu chiamato a viverli in modo silenzioso, essendo umile verso tutti, anche verso quelli che lo perseguitavano. 239 Summarium, 31. Summarium, 136. 241 Summarium, 62. 240 75 Queste virtù splendevano in lui non soltanto attraverso il suo modo di essere e di agire, ma specialmente attraverso l’amore verso tutti che sgorgava del suo cuore. 2.3.1. L’osservanza dei consigli evangelici Il consiglio evangelico della povertà significava espropriarsi in senso globale, senza conservare per sé qualche bene, espropriandosi di tutto, donandosi e affidandosi totalmente all’obbedienza nelle mani del superiore, era il primo passo per arrivare alla perfezione evangelica. Fra Leopoldo cercava di essere obbediente in tutto, e aveva coscienza che questa era la base della vita religiosa. Praticava l’obbedienza devotamente, al punto che mai ritenne inopportuno qualche incarico o fece qualche protesta. Uno degli esempi più significativi è dato da fra Benito da Illora, quando testimonia che: «en tiempo de persecución los Superiores querían que saliese con traje de paisano […]. El S. de D. sentía gran repugnancia a dejar el hábito, pero obedecía siempre al Superior»242. Voleva compiere sempre e con esattezza tutti i comandamenti di Dio e i precetti della Chiesa, anche se a volte sembrava agli altri frati un’obbedienza un po’ esagerata. Infatti, […] con el mismo espíritu cumplía las reglas y Constituciones de la Orden y los mandatos de los Superiores, a los que obedecía al momento, con toda puntualidad y exactitud. Sé y me consta que de palabra y de ejemplo enseñó a otros la virtud de la obediencia. Cuando alguno creía exagerada su obediencia a la Regla o a los Superiores, y hacia algún comentario su respuesta era “esto es lo que está mandado”243. Fra Leopoldo da Alpandeire ha seguito le orme di san Francesco d’Assisi, praticando la virtù soprannaturale della povertà nell’uso del necessario per il 242 243 Summarium, 34. Summarium, 93. 76 quotidiano. Come san Francesco d’Assisi, amava non soltanto i poveri ma anche la povertà, non disincarnata, ma secondo Cristo che si è fatto povero244. Cercò di vivere lo spirito francescano in sommo grado, non volendo nulla per se stesso, ma tutto quello che gli apparteneva lo donava agli altri245. Alguna vez pedía a los Superiores las cosas más imprescindibles, como un pañuelo, o cosa así. Nunca se oyó decir que en su oficio de limosnero se quedara con algo que le dieran aunque fuese como obsequio para él. Todo lo entregaba igualmente a la Comunidad, aún las cosas más pequeñas246. Mai ha trattenuto qualcosa per sé stesso dalla questua. Tutto quello che gli donavano, lo consegnava al superiore o a qualche povero che spesso assisteva. In realtà, quando si ammalava, consegnava subito al superiore tutte le elemosine raccolte nel giorno precedente, affinché non rimanessero in suo potere indebitamente247. Riguardo all’abito, cercava di mantenerlo pulito e decoroso, ma non voleva usare un abito nuovo, diceva sempre che stava bene così. Invero, non soltanto l’abito, ma anche il cordone e i sandali248 li portava fino all’estremo249. Anche con il cibo fra Leopoldo praticava una straordinaria temperanza. Se a volte il cibo era gustoso, cercava di non mangiarlo, dissimulando come poteva. Nel caso gli altri frati lo notassero, lui si scusava dicendo: “Tengo alguna cosilla… estoy algo delicado y creo que puede hacerme mal”250. Ogni volta che si asteneva dal mangiare qualcosa lo faceva per mortificazione o perché aveva qualche malattia che nascondeva che glielo impediva251. Per tutta la vita fu uno straordinario custode della castità, cercando di evitare sempre tutto quello che potesse comprometterla. Nonostante la sua lotta costante per 244 Cfr. Summarium, 334. Cfr. Summarium, 466. 246 Summarium, 202. 247 Cfr. Summarium, 21. 248 A un certo punto, specialmente quando era già anziano, il suo superiore lo obbligò ad usare i sandali diverse volte, specialmente quando il freddo si faceva sentire con più intensità. 249 Cfr. Summarium, 202. 250 Summarium, 30. 251 Cfr. Summarium, 30. 245 77 preservare la castità dalle diverse tentazioni, agiva sempre con straordinaria semplicità e naturalezza in modo che non faceva capire a nessuno le sue lotte interiori. Procuraba aumentar su castidad con el recogimiento, con la persistencia y la continua oración. Incluso por las calles, además de llevar la vista muy recogida, iba frecuentemente rezando el Sto. Rosario. Con las mujeres, en casos precisos trataba con mucha modestia y con los ojos bajos, haciendo la entrevista lo más breve posible. Sé y me consta que el S. de D. siempre que tenía ocasión, aconsejaba a las mujeres sobre la modestia en el vestir; pero siempre lo hacía sin herir a nadie; con la mayor prudencia y caridad252. Non è stato sicuramente facile per fra Leopoldo mantenersi fedele ai consigli evangelici, giacché ogni giorno, non soltanto nel convento, ma specialmente per la strada, si trovava davanti alle più diverse tentazioni. Queste battaglie pian piano diventarono straordinarie prove di fede e di perseveranza, mettendo in evidenza la sua santità. Lo testimonierà fra Benito da Illora, che visse con fra Leopoldo più di 30 anni: Era de un carácter entero, siempre igual, celoso de su deber, lleno de virtudes que practicaba de una manera sencilla, y de un modo heroico. Creo que sus virtudes fueron heroicas como lo prueba que enfermo, debilitado, sin fuerzas para nada, no flaqueaba en el cumplimiento de sus deberes y de su oficio. Tenía genio, tenía el carácter fuerte, pero sabía frenarse y hacerse fuerza con perfecto dominio de sí mismo. Creo y me consta por su vida y sus ejemplos, que practicó el S. de D. en grado heroico las virtudes teologales de la fe, esperanza y caridad y las cardinales de prudencia, justicia, fortaleza y templanza253. 2.3.2. Silenzioso e umile verso tutti Tutta la vita di fra Leopoldo fu marcata da un profondo silenzio e da una umiltà impressionante. Sia prima di entrare in convento, che come frate cappuccino, il silenzio e l’umiltà verso tutti caratterizzano la sua personalità. 252 253 Summarium, 119. Summarium, 18. 78 Sia nel convento che per la strada, fra Leopoldo parlava pochissimo, e quando parlava si limitava a rispondere con frasi fatte, come faceva san Felice da Cantalice. La sua vita fu vissuta in silenzio, come aveva raccomandato san Francesco d’Assisi254. Quando andava per le vie di Granada a fare la questua, camminava sempre con gli occhi per terra e il cuore nel cielo255, e se per necessità doveva dire qualcosa, era sempre per parlare con Dio e di Dio256. Nei suoi consigli, dati sia ai laici che ai frati, presentava sempre il silenzio come arma di combattimento verso le mormorazioni, dicendo che «para ser santo hay que tragar mucha saliva»257. E fra Leopoldo era il primo a dare l’esempio. Davanti all’instabilità politica ed ai conflitti, a volta violenti, vissuti in Spagna, fra Leopoldo rimaneva in silenzio, non interveniva in questioni politiche o sociali, neanche leggeva i periodici258. Si rattristava per tutto quello che sentiva accadere in Spagna – specialmente con l’arresto e la morte dei sacerdoti e dei frati, come anche per la profanazione e la distruzione di tantissime chiese e conventi –, ma non commentava nulla. No se metió en problemas de política. Disculpaba incluso a los que atentaron contra la Religión, tratándolos de ‘pobrecitos’, y nunca los calificó con términos duros. […] En la Guerra Civil, jamás se le oyó una palabra de odio al enemigo […] los consideraba más equivocados que malos259. Mai si è sentita qualche critica o rimprovero dalla bocca di fra Leopoldo sulla situazione politica o sociale di Spagna. L’unico suo gesto di fronte a tutto ciò era di pregare per loro, per la loro conversione. Allo stesso modo, le persone che si avvicinavano a lui per chiedere dei consigli, non lo cercavano per risolvere i loro problemi politici, ma quelli quotidiani. Poiché in lui non c’era alcuna traccia di vanagloria o orgoglio, si poteva ammirare una umiltà straordinaria. Questo è confermato non soltanto dal suo lavoro, 254 Cfr. Rnb 11. Cfr. Summarium, 56. Questo episodio rimanda alla predica del buon esempio, attribuita a san Francesco d’Assisi, citato nella p.106 di questo lavoro. 256 Cfr. Cost. 1536, 314-315. 257 Summarium, 66. 258 Cfr. Summarium, 332, 416. 259 Summarium, 315-316. 255 79 giacché mai commentava la quantità delle elemosine ricevute, ma anche dal suo modo di essere e di stare con le persone, specialmente davanti agli elogi. Siempre pensó el S. de D. de sí mismo que era un pecador, y un religioso peor que los demás. Nunca hablaba de sus trabajos ni de sus fatigas. Muchas veces andaba mucho, ya anciano, enfermo, pero nunca comentaba ni se quejaba, ni menos jamás se gloriaba ni se jactaba de su modo de cumplir los mandatos de los Superiores ni de su modo de obedecer a la Regla. Nunca hablaba de sí propio. Era enemigo de que le hicieran fotografías260. Fra Leopoldo aveva non soltanto un’umiltà straordinaria rispetto agli elogi ricevuti, ma ancor più grande verso le ingiurie e le umiliazioni sofferte. Infatti, se da una parte c’era chi lo lodava e lo chiamava santo, dall’altra c’era chi lo perseguitava e ingiuriava. Di fronte agli elogi ricevuti, si lamentava e si scherniva, dicendo al fratello che lo accompagnava: ‘Esto va mal, hermano; esto va mal’. Quando invece lo insultavano e lo ingiuriavano, si rallegrava e diceva con giubilo: ‘Hermano, esto va bien; esto es lo que merezco’. Così metteva in pratica la perfetta letizia di cui parla san Francesco d’Assisi. Tra le testimonianze c’è quella di Don Francisco Vacchiano García, che afferma: Entre la gente había de todo: la mayoría lo aceptaba, lo acogía benévolamente; los que no lo miraban bien, eran los que habitualmente rechazaban todo lo que significaba religión, hábito religioso. Cuando el S. de D. tenía más dificultades (alguna vez le tiraron piedras; o el frío o el calor, etc.), él, como hablando consigo mismo, se decía: ‘Leopoldico, esto va bien’. Por el contrario, cuando las circunstancias le eran favorables, se decía ‘Leopoldico, esto va mal’261. Durante la persecuzione contro i religiosi, nonostante il pericolo, fra Leopoldo continuò a fare la questua e mantenne la sua vita di pietà. Lo facevano soffrire tantissimo le profanazioni delle chiese, dei monasteri e delle case religiose. Mai trascurò la devozione delle Tres Ave-Marias e la visita al Santissimo262. 260 Summarium, 120. Summarium, 303. 262 Cfr. Summarium, 107. 261 80 A causa delle persecuzioni sofferte, a un certo punto fu obbligato a fare la questua senza l’abito religioso, anche se contro la sua volontà. Fu necessario che il superiore glielo ordinasse, poiché a fra Leopoldo dava molto fastidio uscire dal convento senza abito. E quando la persecuzione divenne più feroce, con il rischio dell’invasione del convento, i frati furono mandati a dormire nelle case di familiari e benefattori. Per fra Leopoldo fu molto pesante dormire fuori convento263. Ugualmente si rattristava sempre quando veniva a sapere che qualche vescovo, sacerdote o laico era stato martirizzato o carcerato. Pregava per tutti e non poche volte si recò al carcere per visitarli264. I suoi sentimenti verso i persecutori furono sempre di misericordia e di compassione, non conservando alcun odio o rancore verso i persecutori della Chiesa. Infatti, «siempre les compadecía y pedía por ellos. Nunca tuvo para los perseguidores una palabra de odio ni de rencor. Siempre decía: ‘Pobrecitos, pobrecitos. Hay que pedir mucho por ellos’»265. E tantissime volte diceva: «No saben lo que hacen»266. In mezzo a questi avvenimenti tragici e dolorosi non ha mai abbandonato la sua vita di unione con Dio. Continuò a fare pazientemente e con carità la questua per le vie di Granada, nonostante gli insulti e le molestie sofferti267. Innumerevoli volte fu picchiato e maltrattato dai bambini268, che si divertivano con il paziente frate, gettandogli pietre e immondizie. En una ocasión, al entrar en una fábrica, creo que en Pinos Puente, en tiempos muy revueltos, los obreros comenzaron a gritar: ‘¡Que le afeiten! ¡Que le corten el pescuezo!’ y a la vez otros blasfemaban. El S. de D. les dijo: ‘Si queréis mi cuello aquí lo tenéis; pero el nombre de Dios respetadlo, y cuando lo toméis en vuestros labios sea para bendecirlo’. Alguien salió en defensa del S. de D. y le dijo: ‘Hermano, no haga Vd. caso; éstos son unos brutos, animales, que no saben lo que dicen’. Se 263 Cfr. Summarium, 21. Cfr. Summarium, 107. 265 Summarium, 108. 266 Summarium, 21. 267 Cfr. Summarium, 309. 268 Molto probabilmente nella maggior parte delle volte i bambini lo facevano su mando degli adulti o perché lo vedevano fare da loro. 264 81 calmaron y el S. de D. iría en busca del Director o Administrador, supongo para recoger su limosna269. Una testimonianza evidente dello spirito umile verso le persecuzioni è quella di Don Emilio Gonzalez Jiménez, che racconta un episodio narrato dai frati Jesús e Isidro: Cuando ya quedó enfermo y anciano, y no pudo salir a pedir limosna designó el Superior a Fr. Jesús y a Fr. Isidro, jóvenes, para que fueran a pedirla, sustituyendo al S. de D. Fueron a Maracena. Allí les insultaron y se burlaron de ellos. Ellos cogieron el primer tranvía y regresaron al convento. Encontraron al S. de D. en la portería, que extrañado les preguntó: ‘¿Cómo vuelven tan pronto?’. Refirieron ellos lo que les había acontecido, y el S. de D. les dijo: ‘Eso no es nada. A mí me apedreaban’. ¿Y que hacía Vd. entonces? -dijeron ellos- ‘Comenzaba a pasar las cuentas del Rosario. Y si ya llegaban las piedras muy cerca, me ponía de rodillas, en cruz, en medio de la calle’270. Il 9 febbraio 1956, alla morte di fra Leopoldo, un mare di gente accorse al convento per vedere un’ultima volta il santo. Era morto un anziano novantenne, già infermo, che non aveva il merito di aver realizzato opere clamorose a vantaggio della città, non aveva neanche lasciato la sua terra per diventare missionario in terre lontane, e neppure aveva creato qualche opera sociale, che mai aveva parlato da cattedre e pulpiti, che non brillava per la sua scienza, che non era neanche sacerdote. Fra Leopoldo fu soltanto un umile frate cappuccino che aveva percorso le vie di Granada tutti i giorni per circa cinquant’anni, chiedendo l’elemosina di porta in porta. Ed è stato attraverso il suo annichilamento quotidiano che Dio ha realizzato la sua opera271. Con la sua semplicità di vita faceva capire, in maniera viva e chiara, come lo Spirito opera grandi cose nei piccoli e negli umili, che si aprono senza riserve alla sua azione272. Infatti, vivendo ogni giorno nella semplicità e nell’umiltà, con lo sguardo sempre fisso in Dio, mettendosi tra gli ultimi, fra Leopoldo era arrivato al cuore di tutti. 269 Summarium, 29. Summarium, 55. 271 Cfr. RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 189-190. 272 Cfr. Lc 1,48-49. 270 82 2.3.3. Cuore immenso Fra Leopoldo aveva un cuore immenso verso tutti. Sempre si presentava amabile, pieno di carità e dolcezza verso tutti273, senza fare distinzione tra ricchi e poveri, credenti e non credenti. Amava tutti allo stesso modo con una carità immensa274. Tuvo una caridad extremada para con el prójimo. Era delicado, fino, educado. Visitaba a los enfermos. En el convento se esmeraba con todos. Caridad sobrenatural: servicial sin alarde, sencillo en todo. Era una caridad muy por encima del común de la gente. Era especialmente sensible a los problemas ajenos; sin levantar la vista del suelo, captaba perfectamente las necesidades del prójimo275. La sua preoccupazione e attenzione verso gli ammalati del convento era come quella di una madre. Fra Leopoldo cercava sempre di portare sollievo ai suoi fratelli, sia attraverso la preghiera, o qualche parola di conforto, sia tramite qualche cibo o medicina che potesse attenuare il loro dolore. Se gli regalavano qualche dolce o liquore, amabilmente lo accettava, non per se stesso, ma per donarlo a qualche frate infermo della fraternità. Una vez en casa de los Sres. Zayas, le ofrecieron cognac. Dijo: “No, yo no lo tomo; no puedo; pero lo llevaré si me lo dan para un hermano que padece de las muelas; y puede enjugarse con un poquito de cognac y se le alivia”. Quisieron darle la botella pero sólo admitió un poco en un frasco276. Un altro esempio della sua carità e dedizione verso i frati ammalati del convento è quello di frate Leandro di Écija, che soffriva di peritonite277: Le estaba asistiendo Fr. Leopoldo en el Hospital de san Juan de Dios. El enfermo pedía el Viático; pero tenía continuos vómitos y el Capellán D. Jesús Castro no juzgaba prudente dar al enfermo el Viático. Insistía el enfermo, intercedía el S. de D., en vano. Al fin, el S. de D. dijo al Capellán: ‘D. Jesús Vd. dé el Viático al hermano. Si arroja después, aquí estoy para tomar lo que arroje’. El Capellán al fin 273 Cfr. Summarium, 28. Cfr. Summarium, 61. 275 Summarium, 310. 276 Summarium, 31. 277 La Peritonite è l’infiammazione del peritoneo provocando, tra altre sintomi, il vomito. 274 83 llevó el Viático al enfermo bajo responsabilidad del S. de D.. Después de comulgar, el enfermo cruzó los brazos sobre el pecho y dio gracias al Señor… y dándole gracias, pasando unos diez minutos, falleció santamente sin haber vomitado después el Viático278. Ma la sua preoccupazione e attenzione non si rivolgeva soltanto ai frati ammalati, ma anche verso quelli della città, che spesso visitava. Infatti, sia nel convento sia nella città, fra Leopoldo era sempre molto attento ai bisogni e alle sofferenze di tutti. Nel suo ufficio di questuante, fra Leopoldo non solo cercava il bene della fraternità, ma anche del prossimo. Svolgeva il suo apostolato verso quanti si avvicinavano a lui, attraverso i suoi consigli, diffondendo la devozione alla Madonna e l’amore e la fiducia in Dio, distribuendo medaglie e immagini, sempre accompagnate da parole edificanti e da consigli spirituali279. Cercava di convertire i peccatori, invitandoli ad abbandonare la via del peccato per abbracciare l’amore di Dio e la consolazione della Vergine Maria. En la calle de la Cruz, el S. de D. recogió limosna en una casa. Iba a llamar a la casa siguiente, que era una casa sola. Le dijeron los vecinos de al lado que no entrara allí. Resultó que allí vivía una mujer casada que no tenía la vida muy ordenada. El S. de D. o no lo oyó o no hizo caso. Llamó. Le abrieron. Él siempre al entrar en una casa decía: ‘Alabado sea Dio’ y al llegar al piso decía: ‘Ave María purísima’. Y preguntaba con amable caridad por todos los de la casa. Así lo hizo esta vez. El S. de D. que no sabía quién era esa mujer, le aconsejó y le animó a servir y a amar mucho al Señor. Cuando se despidió el S. de D. la señora le acompañó hasta la puerta y le dijo que siempre llegara por su casa. Desde entonces aquella mujer se aconsejó mucho con el S. de D. y cuando éste murió se estuvo toda la noche acompañando el cadáver sin alimentarse ni descansar, y le acompañó hasta el cementerio. Yo le he oído decir a esta mujer varias veces: ‘Desde que entró el S. de D. en mi casa, entró en ella la paz y la tranquilidad’. Desde aquel primer encuentro con el S. de D. esta mujer ha llevado una vida verdaderamente cristiana280. Fra Leopoldo aveva una grande simpatia verso i bambini, i quali accorrevano gioiosi, senza paura, come se vedessero in lui un bambino come loro. Infatti, i santi 278 Summarium, 24. Cfr. Summarium, 83-84. 280 Summarium, 110. 279 84 sempre hanno avuto un rapporto particolare con i bambini e loro sempre sono riusciti a riconoscere i santi da lontano. Tenía la sencillez, el candor, el corazón y hasta los ojos de niño, y los niños miraban, en la calle, su figura venerable sin miedo y con respetuoso afecto, mientras las madres eran felices cuando podían acercarle a sus hijos para que les diera una estampa, una medalla, mientras invocaba sobre ellos las bendiciones celestes. […] Los chiquillos se le acercaban para besarle el cordón franciscano y él los recibía bondadosamente, se entretenía con ellos, les hablaba de Dios, les daba a veces alguna nuez […], u otra cosa que llevaba en el bolsillo. La gente que va por la calle con tanta prisa, se paraba para observar, edificados, estos gestos de cariño, de afecto y de caridad281. Fra Leopoldo amava i bambini e aveva un modo straordinariamente semplice e dolce di stare in mezzo a loro. Così, loro si lasciavano affascinare da quest’ uomo, non soltanto perché si presentava in modo diverso, ma soprattutto perché i suoi occhi brillavano come quelli dei bambini, riuscendo a conquistare i loro cuori, come quelli delle loro madri, che gioivano sempre quando fra Leopoldo posava su di loro le sue mani, li benediceva e donava loro qualche medaglia, immagine, noci o caramelle. Essi si avvicinavano a lui per baciargli il cordone dell’abito e lui con bontà li accoglieva, si intratteneva con loro e parlava di Dio. Le persone che passavano, anche se andavano di fretta, si fermavano per contemplare i suoi gesti di affetto e di carità verso i bambini. In fondo, fra Leopoldo era non solo disponibile per la gente, ma l’amava di cuore. La sua relazione con tutti era molto fluida e piena di affetto. Si può dire che fra Leopoldo sempre è stato, più che un frate per il popolo, un frate del popolo. 281 RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 169-173. 85 CAPITOLO III IMMAGINE DELLA FRATERNITÀ Nella Regola non Bollata si legge che la vita dei frati questuanti282 doveva essere modello ed esempio, metodo efficace per l’evangelizzazione e l’edificazione della gente. Nel loro quotidiano i frati erano chiamati ad essere annunciatori del Vangelo di Cristo, prima di tutto con l'esempio, con la testimonianza e, se necessario con l’uso delle parole283, cercando di trasformare in linguaggio evangelico eloquente la loro presenza e azione nel mondo284. Avere uno spirito forte, una fede salda e una carità premurosa verso gli altri doveva essere, congiuntamente all’umiltà e all’osservanza dei consigli evangelici285, uno dei criteri imprescindibili per diventare frate questuante. Trovare un frate che riuscisse a corrispondere lodevolmente a tutte queste esigenze, per un lungo periodo di tempo, non era un compito facile. Confrontando l’ideale dei frati questuanti cappuccini con l’ideale del carisma francescano e con la vita di fra Leopoldo da Alpandeire, si può capire meglio l’apporto che i frati questuanti hanno dato non soltanto alla società, ma anche alla fraternità locale e a tutto l’Ordine. 3.1 Il cuore della vocazione Cappuccina Il legame tra Dio Padre e l’umanità in Gesù Cristo viene a orientare l’uomo verso la fratellanza universale286. La spiritualità francescano-cappuccina ha preso a cuore quest’ideale di fraternità, infatti, lo stesso Francesco d’Assisi affermò: «Il 282 In questo capitolo si prenderà in considerazione soltanto l’ideale del frate questuante cappuccino, non facendo riferimento a quelli che con i loro cattivi esempi e la non osservanza della Regola hanno danneggiato la loro immagine. 283 Cfr. Rnb 17,3; VbF 151; Mem 163. 284 Cfr. VbF 97. 285 Cfr. J. RATZINGER, Guardare Cristo, esercizi di fede, speranza e carità, Vaticano, 2009, p.20. 286 Cfr. R. SPIAZZI, Fonti bibliche: i dati etico-sociali nella antropologia della Bibbia, in Enciclopedia del pensiero sociale cristiano, a cura di R. Spiazzi, Bologna, 1992, p.15. 86 Signore mi dette dei fratelli»287. Non fu Francesco che cercò dei fratelli, ma il Signore glieli portò, pertanto la fraternità non fu un’invenzione e desiderio di Francesco288, ma di Dio stesso, così che da lui e da quanti venero ad aderire ad essa fu accolta con tutto il cuore. Similmente, l’incontro con il lebbroso289, dove l’iniziativa non fu di Francesco, ma del Signore che lo condusse tra loro e usò con essi misericordia290, viene a sottolineare l’apertura agli altri, vedendoli come fratelli da amare. Ogni frate questuante cappuccino è chiamato ad avere ben presente nella sua vita e vocazione questi due pilastri, che sorreggono la sua vita religiosa, cioè il rapporto d’amore verso Dio Padre e verso i fratelli. Sarebbe impossibile pensare di essere fedeli alla vocazione cappuccina senza vivere il rapporto filiale con Dio e la relazione fraterna con tutti gli uomini291. 3.1.1 ‘Tutto per amore di Dio’ Poiché il cuore di ogni vocazione deve ruotare primariamente intorno al «Signore Dio onnipotente nella Trinità e nell’Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose292, tutto deve essere fatto per amore di e verso Dio. Lui deve essere sempre il centro, non soltanto dell’agire, ma di tutta l’esistenza umana293. Così, tutta l’attività svolta dai frati ha come scopo finale quello di amare ed essere amato da Dio. Francesco d’Assisi si poneva nelle mani di Dio e riteneva la questua segno della fiducia nella divina provvidenza. Diceva che «il pane dell’elemosina è pane 287 Testamento 14. Cfr. ESSER, Origini e inizi del movimento e dell’ordine francescano, 42-43. 289 Cfr. Testamento 1-3. 290 Cfr. Testamento 2. 291 «L’affermazione della fede dell’incarnazione di Dio non attesta, infatti, soltanto l’esistenza di un qualche legame tra Dio e l’uomo […] ma la più alta e reale unità di entrambi in un’unica persona, secondo una forma connettiva che trova il suo limite solo nel fatto che Dio e l’uomo non devono essere confusi l’uno con l’altro». L. SCHEFFCZYK, Il mondo della fede cattolica. Verità e Forma. Con un'intervista a Benedetto XVI, Milano, 2007, p.159. 292 Rnb 21,2. 293 Cfr. Rnb 23,8-11. 288 87 santo, santificato dall’amore e dalla lode di Dio, poiché quando un fratello va per l’elemosina dice innanzitutto: “Sia lodato e benedetto il Signore Dio!”. Poi deve dire: “Fateci l’elemosina per l’amore del Signore Dio”»294. Questo si rispecchiava non soltanto nella questua quotidiana ma in tutti i momenti della vita di fra Leopoldo, giacchè lui non soltanto credeva e sperava in Dio, ma fin dalla giovinezza ha amato Dio sopra ogni cosa. Parlava di Dio con amore, cercava con amore di fare la sua volontà, in modo che tutta la sua vita fosse un puro atto d’amore e tutto faceva con questa intenzione in ogni momento della sua vita295. L’espressione che ripeteva spesso – ‘Sea todo por amor a Dios’ – lo accompagnò sempre, soprattutto negli ultimi anni di malattia che lo portò alla morte. Poiché la fede deve essere vissuta come limpida adesione al Dio che si è rivelato in Gesù Cristo crocifisso e donato ad ogni uomo e ogni donna, il frate, ad immagine di san Francesco d’Assisi, è chiamato ad avere un amore appassionato verso Cristo Crocifisso, completando in sé i patimenti di Cristo sulla croce in modo da conformarsi totalmente a Lui296. Così, il frate questuante, dinanzi al Crocifisso, è chiamato a percepire l’amore sconfinato del Padre per l’umanità, toccando con mano il peccato dell’uomo e la sua piccolezza nel corrispondere a tale amore. Avendo in sé il desiderio di stare dinanzi a Dio, tutto ciò che fanno e dicono riporta all’amore misericordioso del Padre297. Anche se ad un primo sguardo la vita dei frati può sembrare linearmente statica, circoscritta ad una Regola298 e ad una struttura istituzionale, la tensione di 294 SpecP 23. Cfr. Summarium, 317. 296 Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 136. 297 Cfr. Summarium, 333, 523. 298 «La Regola si impone come una necessità. Il gruppo, accresciuto di numero, accetta un livello medio di qualificazione spirituale. Impegnato in obiettivi concreti di responsabilità collettiva al servizio di una Chiesa visibile e istituzionalizzata, esso vede la necessità di fissare il movimento iniziale in quadri organici e in norme di vita; inoltre comprende l’urgenza di una formazione accurata dei membri e di un indirizzo ascetico unitario.» L. IRIARTE, Vocazione francescana, Sintesi degli ideali di san Francesco e santa Chiara, quarta edizione italiana a cura di T. Jansen e W. Block, Bologna, 2008, p.19. 295 88 offrirsi sempre di più in dono a Dio nello Spirito di Cristo contribuisce a vivere una spiritualità tesa ad un rinnovamento perenne299. Ebbene, l’amore a Dio di fra Leopoldo fu in continua crescita. Il fidanzamento prima, la disponibilità a svolgere umili lavori nei conventi dove dimorò, così come la sua serena accoglienza per amor di Dio di ogni difficoltà e delle sofferenze, sono alcuni degli esempi di questo crescente affidamento, come si legge nella Relatio et Vota: Il suo rapporto con Dio si è andato maturando nel corso della sua vita, impreziosendosi di un’ulteriore maturità spirituale acquista nella fraternità religiosa. Il suo dialogo con Dio è sincero e profondo in ogni circostanza della vita, anzi il suo annuncio di fede avviene anche in situazioni contrarie come durante il periodo della II Repubblica. Non si preoccupa della sua vita quanto piuttosto annunciare il Vangelo di Cristo anche in tempo di persecuzione. Le sue conversazioni con tutti dai più piccoli ai più grandi, dai poveri ai facoltosi sono una continua catechesi sull’amore di Dio che richiama la fedeltà dell’uomo con una risposta generosa e sincera300. Dalla continua comunione con Dio, accogliendo nella loro vita la sua amicizia e consigli, i questuanti trovavano la forza per portare avanti e fare bene il loro ufficio301. Attraverso una sincera, viva e vivificante adesione di fede, erano chiamati a rendersi conto del loro essere dinanzi a Dio, testimoniando nell’amore alla passione di Cristo questo sentimento di comunione fra Dio e loro. Così, il loro progressivo vissuto di fede li trasformerà in un vero specchio della presenza di Dio nel mondo. In Leopoldo, la fede informa la carità tanto da avvertire un amore appassionato al Cristo sofferente: “Tutto per amore di Dio” è l’espressione più ricorrente sulle labbra di Leopoldo ed indica come l’amore per Dio è il fondamento per amare il prossimo, in quanto riscopri in esso la presenza salvifica di Cristo302. Da ciò si capisce percchè spesso i questuanti, e tra essi anche fra Leopoldo, con parole semplici e profonde, parlassero appassionatamente di Dio, non da teologi, ma con l’esperienza e con la profondità derivanti da una scienza infusa da Dio e dal loro trattare con Lui. 299 Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 236. Relatio et Vota, 22. 301 Cfr. Summarium, 423. 302 Relatio et Vota, 23. 300 89 3.1.2 Donare la vita per i fratelli La limpidezza della fede si testimonia nell’amore inteso non solo verticalmente, ma anche orizzontalmente303, giacché la fede senza la carità è un vuoto ragionamento umano e la carità senza la fede è semplice assistenza umana304. Allo stesso modo, la carità non può essere un vano discorso, bensì la fede testimoniata nell’azione. L’affetto deve essere orientato verso un amore sublime che ripaga offrendogli un grande slancio verso tutti coloro che lo incontrano. Infatti, l’amore al prossimo non si può limitare alla singola generosità umana, ma quest’atto di donare il proprio amore agli altri si radica nella presenza costante del gesto di Gesù che si piegava sulle sofferenze di ogni uomo305. Così, la carità verso Dio deve tradursi nella carità verso il prossimo. Questo legame tra Dio e il prossimo si richiama continuamente nell’itinerario spirituale, al punto da doversi fare visibile nel rapporto quotidiano sia con i confratelli, sia con i poveri del paese. Da qui si intende che l’amore dei frati questuanti per il prossimo, radicato nell’amore verso Dio, non poteva essere fatto soltanto di parole, ma esigeva soprattutto le opere306. Infatti, il criterio per verificare l’autenticità dell’amore verso Dio è il grado di apertura e di carità verso il prossimo: «chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede»307. Per fra Leopoldo «il Signore e il prossimo erano la medesima cosa: amava Dio nel prossimo e amava il prossimo in Dio»308. Per lui non c’era né ricco né povero, ma amava tutti con carità ed un grande equilibrio interiore, rispettando le differenze di ognuno, come aveva fatto Francesco d’Assisi309. 303 Cfr. SPIAZZI, Fonti bibliche, 15. Cfr. Relatio et Vota, 22-23. 305 Cfr. RATZINGER, Guardare Cristo, 73-77. 306 Cfr. Ammonizione 18. 307 1Gv 4,20. 308 Relatio et Vota, 115. 309 Cfr. Mem 5; Ammonizione 15; Rb 3,11-12; 7. 304 90 [Francesco d’Assisi] amava tutti i buoni e virtuosi, e compativa grandemente a’ cattivi e perversi uomini, onorando tutti e tenendosi più vile di qual si voglia, per scelerato che ei fosse; e questo perché non sapeva se il bene che faceva fosse accetto a Dio, o se persevererebbe molto in esso; né meno sapeva il fine d’alcuno, per peccatore che fosse; e perciò non giudicava altri nel suo cuore, né diceva male d’alcuno con la bocca; e quando udiva dir male del prossimo, o lo scusava o vero prudentemente voltava il ragionamento in altra materia310. Attraverso il lavoro, i frati dovevano guadagnare il necessario per la loro sussistenza, solo nel caso in cui mancassero del necessario, Francesco d’Assisi aveva indicato di ricorrere alla questua, fiduciosi nella provvidenza di Dio Padre, chiedendo l’elemosina di porta in porta, non soltanto per se stessi, ma anche per i bisognosi311. Dall’altra parte Francesco d’Assisi diceva anche che mendicare quando non è necessario è furto, perché significa rubare ai poveri312. Così, non soltanto lui teneva sempre in considerazione la realtà dei più poveri e bisognosi, ma voleva che tutti i frati lo facessero. I frati questuanti non si limitavano soltanto ad assicurare il pane per gli affamati, ma cercavano di consolare ed ascoltare quanti chiedevano il loro aiuto, o una parola di conforto. Le motivazioni spirituali erano sempre presenti, in modo che non potevano mancare le esortazioni edificanti quando passavano di casa in casa per l’elemosina. Tutto era per amore di Dio, e questo era noto a coloro che li incontravano, come nel caso di fra Leopoldo: Leopoldo sperimenta il dolore dell’umanità, sia spirituale che fisico, ascoltando e avvicinandosi alle persone che incontrava. Il suo essere questuante lo pone in un atteggiamento recettivo tanto forte da cambiare il ruolo nel rapporto che si creava, in quanto le persone aspettavano Leopoldo per essere ascoltate, per essere incoraggiate e sorrette nei momenti di difficoltà. Il suo ufficio di questuante diventa il vero segno della sua missione evangelizzatrice: egli è un mendicante di Dio, in quanto nel cercare dona la pace del cuore e l’amore incondizionato ai fratelli. Il suo ufficio lo portava a toccare con mano le miserie dell’umanità, per cui non solo provvedeva alle necessità del convento, ma si faceva questuante anche per coloro che lui stesso soccorreva nell’indigenza materiale. L’amore per il prossimo si manifesta in maniera 310 Consuetudine Ascetiche e devozionali negli antichi libretti della Regola, in I Frati Cappuccini, a cura di C. Cargnoni, Perugia,1988, p.1578. 311 Cfr. Testamento, 22. 312 Cfr. SpecP 12,2. 91 sublime fino all’eroicità, in quanto il suo amore per Dio era tanto forte da essere vissuto in tutti coloro che tendevano una mano per essere salvati313. Attraverso i secoli furono tantissime le persone che si sono avvicinati ai frati questuanti, sia per strada, sia raggiungendolo nei loro conventi, per chiedere consigli sulle questioni più disparate. Il fatto più straordinario è che non li cercavano per la loro scienza, ma per la semplicità, l’umiltà e la carità con cui i frati questuanti accoglievano, consolavano e consigliavano costoro. Infatti, Eran muchísimas las personas que buscaban el consejo de fray Leopoldo. Y si él podía formar juicio, lo daba con toda prudencia v caridad, y siempre muy acertado. […] Aborrecía la mentira y enseñaba a los más jóvenes a aborrecerla, con sus virtudes y con su ejemplo314. Il donarsi dei questuanti ai poveri era segno evidente di un continuo trasformarsi interiormente ad immagine di Gesù innalzato sulla croce. E così, nel loro ascoltare e consigliare, incoraggiavano i presenti ad affrontare fiduciosi le avversità uniti a Gesù crocifisso fino al dono totale di se stessi. L’amore dei questuanti per Dio veniva tradotto in un amore per il prossimo senza distinzioni, distinguendosi per il modo tenerissimo di dedicarsi ai piccoli, ai malati ed agli afflitti315. La loro carità non poteva permettergli di resistere davanti ad un povero che chiedeva aiuto. Infatti, nei confronti degli infermi, fra Leopoldo si distinse proprio per la premurosa sollecitudine e le parole di consolazione, invitandoli a conformarsi alla volontà di Dio, come ancora testimonia fra Leopoldo: En cuanto se enteraba que había algún enfermo, [fray Leopoldo] rogaba al Señor con la familia, le visitaba y consolaba a todos y les animaba a conformarse con la voluntad de Dios. Decía: ‘Que vamos a hacer? Dios lo manda, hay que conformarse. Bendito sea Dios’316. 313 Relatio et Vota, 23-24. Summarium, 26. 315 Cfr. Cost. 1536, 362. 316 Summarium, 61. 314 92 Questa attenzione non era soltanto verso gli ammalati della comunità317, ma verso tutti coloro che i questuanti visitavano quotidianamente318. Essendo la questua basata sull’aiuto ai poveri, è chiaro che ci fosse una particolare considerazione verso di loro. L’amore e la dedizione dei questuanti verso i più bisognosi fu sempre veramente esemplare319. Fra Leopoldo è stato un esempio chiaro di questa sensibilità: «Su amor a los necesitados fue grande. Me dijo, estando yo de portero de aquel convento: ‘No deje nunca ir a los pobres sin socorrerlos’»320. E se suonavano alla portineria mentre fra Leopoldo era in refettorio, si alzava subito e portava con se un pezzo di pane, nel caso fosse qualche povero321. Infatti, la sua dedicazione ai più poveri si accentuava nei periodi più scarsi. Diceva: «me resiste a ver un pobre y no ayudarle con lo que tengo»322. E se capitava di non avere beni materiali per aiutare i poveri, era usuale ricorrere al denaro che avevano questuato, sempre con il permesso del guardiano. 3.2 La fedeltà alla vocazione cappuccina Nel vivere la loro vocazione cappuccina i frati non dovevano ‘inventare’ la spiritualità a modo loro, ma attingendo alla spiritualità dell’Ordine, cercavano di viverla secondo le esigenze del tempo. Così, se da una parte erano chiamati a seguire le orme di Cristo come san Francesco d’Assisi, dall’altra bisognava avere presenti i secoli di storia dell’Ordine e della Chiesa. Il vissuto della vocazione cappuccina per quei frati che assumevano l’impegno della questua non era impresa facile ma molto esigente, sia fisicamente spiritualmente. Se da una parte bisognava camminare per le vie della città, sopportando la stanchezza fisica, il caldo e il freddo, dall’altra l’impegno spirituale 317 Cfr. Summarium, 110. Cfr. Summarium, 195. 319 Cfr. FREGONA, I frati cappuccini nel primo secolo di vita (1525-1619), 198-199. 320 Summarium, 554. 321 Cfr. Summarium, 526. 322 Summarium, 327. 318 93 era ancora più esigente: bisognava sopportare le ingiurie, le persecuzioni e le tentazioni che sicuramente si facevano sentire in modo più forte fuori del convento. Tutto questo veniva sopportato con gioia e in modo evangelico, mettendosi nelle mani di Dio, cercando di compiere sempre la sua volontà323. E così con la loro testimonianza evangelica diventavano portatori di conforto e di sollievo a quanti ne avevano bisogno. 3.2.1 Seguire le orme di Cristo come san Francesco Dal cammino spirituale di ogni frate si evidenziano le tracce di tutta una spiritualità radicata nel carisma e nella tradizione francescani. Non meno esigente era quello dei questuanti, la cui spiritualità attingeva all’esempio di san Francesco d’Assisi, e dei santi della famiglia francescana, specialmente quella cappuccina. Per fra Leopoldo fu fondamentale la sua esperienza a Ronda, non solo a causa della sua decisione vocazionale, ma soprattutto perché lì sperimentò il carisma dell’Ordine cappuccino incarnato nella vita del beato Diego José da Cádiz. Ha ascoltato dai vari predicatori la vita del Beato [Diego] e ha conosciuto il carisma dell’Ordine dei cappuccini incarnato nella viva esperienza di un uomo che ha sperimentato l’amore di Dio nella fraternità francescana. Il giovane è, quindi, affascinato dalla povertà di S. Francesco. La figura di Leopoldo e quella di Diego sono speculari, in quanto il giovane attraverso la vita di questo frate ha considerato possibile la santità sperimentabile proprio in un contesto fraterno. La santità è effettivamente contagiosa e spinge all’emulazione. […] I giorni di Ronda servono, quindi, per delineare ciò che interiormente il giovane percepiva fino a farlo diventare coscienza chiara e decisione da attuare per raggiungere la realizzazione324. La scelta di entrare nell’Ordine cappuccino spesso si radicava – e succede ancora oggi – nella testimonianza dei santi cappuccini che hanno vissuto la loro vocazione con una radicalità centrata sull’osservanza del Vangelo e della Regola325. 323 Cfr. Rnb 22,9; Rb 10,2; Ammonizione 3. Relatio et Vota, 19. 325 Rb 1,2; 2,11. 324 94 Così, il cammino da seguire veniva determinato dalla fedeltà alla sequela di Cristo nella continua interiorizzazione del messaggio francescano. Soltanto servendo Dio nei fratelli si può capire se la vocazione del frate è una manifestazione sincera e fondata della sequela di Cristo in castità, povertà ed obbedienza, in modo da diventare nella semplicità esempio di virtù evangeliche326. Nella vita di fra Leopoldo ciò non è stato solo un pio desiderio, ma […] si è realizzato in quanto la sua volontà, sorretta dall’azione dello Spirito, ha perseguito gli ideali evangelici nelle decisioni concrete della sua vita. La sua piccolezza si manifesta nell’essere povero, obbediente e casto. La via degli ultimi è l’opzione fondamentale per essere più vicino al Cristo Crocifisso senza compromessi e in piena obbedienza alla regola francescana. Infatti vive intensamente il rapporto con i propri confratelli rispettandoli ciascuno come superiore a se stesso. L’amore alla comunità e segno forte di un’intensa esperienza di condivisione, in quanto ci si spoglia del proprio per essere tutto dell’altro327. Così la sua scelta di vivere i consigli evangelici nell’Ordine dei Cappuccini rivela il suo desiderio di servire Dio e i fratelli seguendo l’esempio di san Francesco d’Assisi. L’amore verso Dio ed i fratelli, la preghiera, il lavoro, il silenzio, la devozione alla Vergine Maria e la penitenza costituiscono il fulcro della spiritualità francescana. Come fra Leopoldo, tutti i frati sono chiamati a mettersi alla sequela di Cristo attraverso il cammino della croce, come aveva fatto Francesco d’Assisi e tanti altri santi che lo seguirono. Così la devozione alla croce e alla passione di Cristo non poche volte era nel loro cuore, non soltanto come oggetto di meditazione ma anche di imitazione328. Ogni generazione deve aggiungere la propria fatica e i propri frutti a quelli delle generazioni precedenti […] il nostro serafico Padre vuole ‘evolvere’ il suo spirito nei suoi figli e non stabilire la sua santità come termine e limite della nostra perfezione. Il germe che egli ha posto nell’ordine deve evolversi senza alcun limite329. 326 Cfr. Relatio et Vota, 20. Relatio et Vota, 26-27. 328 GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 128. 329 GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 56. 327 95 Francesco d’Assisi si era trovato dinanzi al necessario adattamento della sua missione e dei suoi frati ai segni dei tempi330. Ma invece di cominciare tutto da cappo, ha imparato dagli insegnamenti patristici e dalla tradizione della Chiesa, mettendosi sulle loro spalle331. Anche fra Leopoldo e tanti altri frati, assimilando il cammino francescano compiuto nei secoli, e gli insegnamenti della Chiesa, hanno cercato di vivere in sintonia con le necessità del loro tempo332. Se ci avviciniamo alla spiritualità di fra Leopoldo, vediamo che lui non ha inventato nulla, ma ha saputo approfittare di tutto quello che gli era stato presentato, rispondendo fedelmente alle necessità del suo tempo. Infatti «la sua spiritualità è limpidamente francescana, perché Leopoldo è vissuto sempre come piccolo figlio di S. Francesco di cui ha voluto attualizzare tutte le virtù»333. Non poche volte i frati questuanti, a causa del loro continuo contatto con la gente, si trovarono davanti all’esigenza di tradurre la spiritualità francescana in messaggio evangelico accessibile e attualizzato ai loro giorni334. Fra Alfonso Ramirez Peralbo scrive che la radice e il fondamento della devozione di ogni francescano verso Gesù Cristo si trovano già nella spiritualità vissuta da Francesco d’Assisi: La raíz y fundamento de este florecimiento hay que buscarla, precisamente, en la devoción a la humanidad santísima de Jesucristo que profesó san Francisco, sobre todo a estos dos grandes misterios: la Encarnación del Hijo de Dios en el seno purísimo de María, el misterio del anonadamiento del Hijo de Dios, hecho Verbo humanado en la carne santísima de María, misterio del que deriva su fe y devoción a la Eucaristía pues cada día el Verbo Santísimo de Dios desciende hasta el altar por medio de las palabras y de las manos de los sacerdotes; el otro gran misterio es la Pasión de Nuestro Señor Jesucristo con la que se identificó totalmente el Pobrecillo de Asís hasta llegar a convertirse en otro Cristo, llevando impresas en su cuerpo las 330 Sentivano la necessità di una testimonianza più aperta dell'ideale cristiano e un attività apostolica sintonizzata con il nuovo ritmo di vita del popolo e con un linguaggio comprensibile da tutti. Cfr. Rnb 14,1; Rb 3,11. 331 Per approfondire l’argomento consultare: P. MESSA, Le fonti patristiche negli scritti di Francesco di Assisi, Assisi, 2006. 332 Questo risulta più evidente davanti al modo come fra Leopoldo riprende e propaga le devozione francescane cappuccine. 333 Relatio et Vota, 32. 334 GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 56. 96 llagas de Jesucristo. Por eso el franciscano busca, rumiándolos en su corazón, todos los momentos de la vida del Amado, todas las manifestaciones de su amor335. I frati questuanti erano chiamati a vivere la loro vocazione e missione senza grandi segni straordinari e prodigi, ma compiendo lo ‘straordinario nell’ordinario’, ossia, vivere la quotidianità con una ordinarietà straordinaria. Erano spesso uomini austeri, costantemente uniti a Dio, poco istruiti e scrupolosi nel rendiconto delle offerte. La loro testimonianza fatta di fede, zelo e gioia336, con semplicità d’animo, fedeli alla povertà francescana e alla carità generosa verso i poveri, fu una sfida veramente esigente, ma permise loro di camminare progressivamente verso la perfezione cristiana. 3.2.2 Fedele fino alla fine La sequela di Cristo, di san Francesco e di tanti altri santi, concretizzata nel compimento del dovere quotidiano e nell’esemplarità della vita, si basa sulla vocazione proposta da Dio e accolta nel cuore. La chiamata universale alla santità della vita si manifesta pienamente soltanto quando viene comprovata nella perseveranza fino alla fine. Così i frati questuanti non poche volte hanno manifestato la loro santità attraverso il compimento del loro dovere, non per forza, ma accogliendo tutto come progetto loro affidato da Dio e dalla fraternità337. Spesso si distinguevano dagli altri, non a causa delle cose straordinarie che facevano, ma per la loro straordinaria costanza. Si può dire che anche fra Leopoldo non aveva nulla di straordinario338. 335 RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 174. Cfr. Rnb 7,15. 337 «La santità e la missione passano per la comunità, poiché il Signore risorto si fa presente in essa e attraverso di essa, rendendola santa e santificando le relazioni. […] Il cammino di santità diventa percorso che tutta la comunità compie insieme». CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Istruzione: Il servizio dell’autorità e l’obbedienza. Faciem tuam, Domine, requiram, in Sequela Christi, 34 (2008) 305. 338 Cfr. Relatio et Vota, 53. 336 97 Lui, come tutti i questuanti, erano chiamati a mettersi davanti a Dio in modo che, da Lui illuminati, potessero corrispondere fedelmente al desiderio di seguire le orme di Cristo e di fare soltanto la sua volontà339. Su questo pilastro si dovevano sorreggere i consigli evangelici e tutto il loro agire340. Ad immagine della povertà abbracciata da Francesco d’Assisi341, anche quella di fra Leopoldo aveva come sfondo l'unione con Cristo povero. Se inizialmente fra Leopoldo aveva visto la povertà del Signore soprattutto dal punto di vista esteriore342, presto si trasformò soprattutto in una povertà interiore343. Infatti, lo spirito di povertà e di mortificazione era vissuto avendo come sola ricchezza il Signore344, amando gli ultimi posti e il servizio silenzioso e discreto, apparendo totalmente espropriato dall’amor proprio e dal desiderio di primeggiare. Poiché la povertà e l’obbedienza camminano insieme, anche l’obbedienza era un’offerta sacrificale a Cristo per il fatto stesso di sacrificare la propria visione, assumendo quella del superiore345. Infatti, l’obbedienza a Dio si concretizzava «negli atti quotidiani, nell’essere sempre a disposizione dei fratelli»346. Non rinuncia a decidere, ma fare di ogni servizio richiesto un segno della gloria e della volontà di Dio347. Così, l’obbedienza si traduceva nel saper dire: ‘sia per amore di Dio’. 339 Cfr. Cost. 1536, 336. Cfr. P. MARANESI, L’eredità di frate Francesco: lettura storico-critica del Testamento, Assisi, 2009, p.217. 341 Cfr. Rb 6,2-6; Rnb 9,1-3. 342 Alcune dell’espressioni della povertà esteriore: la rinuncia dei beni; la povertà materiale; l’elemosina; il rifiuto del denaro; il vivere come “pellegrini e forestieri” e la rinuncia ai benefici. Cfr. R. CANTALAMESSA, Povertà, Milano, 2014, p.37-50. 343 Alcune dell’espressioni della povertà interiore: l’accettazione delle ingiurie e delle offese; il non appropriarsi delle cariche; la rinuncia a sé stessi ed alla propria volontà ed il cambiamento della propria mentalità. Cfr. CANTALAMESSA, Povertà, 109-124. 344 Cfr. Cost. 1536, 333. 345 Cfr. Ammonizione 3,3. 346 Relatio et Vota, 33. 347 Entrando nell’Ordine, fra Leopoldo era stato destinato al lavoro dei campi, sembrando un suo ritorno al passato, a ciò che aveva fatto per tutta la sua vita. Lui avrebbe potuto pensare che tale ufficio fosse un segno di poca stima da parte dei superiori per le sue capacità umane. Eppure accettò e visse questo ufficio con una umiltà e una generosità tali che divenne esempio per tutti gli altri giovani in discernimento vocazionale. Ugualmente il compimento dei doveri religiosi e dell’ufficio di questuante affidatogli dall’obbedienza dimostrano la sua costanza e prontezza nel compimento dei propri doveri. 340 98 Per chi attraversava ogni giorno le vie delle città ed entrava nelle case delle persone, la fedeltà al voto di castità non poche volte diventava una vera sfida. La vigilanza ed il combattimento quotidiano dovevano avere come sfondo la fedeltà del suo cuore a Dio. Fra Leopoldo cercava di evitare tutte le occasioni di peccato, mantenendosi vigilante in ogni momento348. Francesco d’Assisi, avendo ben presente il pericolo349, aveva comandato fermamente ai frati di non avere rapporti o conversazioni sospette con le donne350, esortando così i suoi frati: Ovunque siano o vadano, evitino gli sguardi impuri e la compagnia delle donne. E nessuno si trattenga in consigli né cammini solo per la strada né mangi alla mensa in unico piatto con esse. I sacerdoti parlino con loro onestamente quando amministrano la penitenza o per qualche consiglio spirituale351. Così, tenendo lo sguardo basso, ma gli occhi profondamente rivolti al cielo per incontrare il loro Signore, i frati conservavano viva la scelta di appartenere solo al Signore e di fare del Signore il cuore del loro esistere. Tale atteggiamento serviva loro di aiuto per vivere un’esperienza trasparente dell’amore ai fratelli nel servizio verso tutti, appartenendo soltanto a Dio. Per riuscire a mantenere il cuore puro352 e casto353 la fraternità doveva avere un ruolo veramente importante. Se da una parte i questuanti erano chiamati a donarsi a tutti come frutto del loro amore verso Dio, dall'altra, trovavano nella comunione di vita e di ideali con i fratelli il clima più adatto per la crescita dell'affettività, nonché l'appoggio nei momenti di lotta e di superamento. Allo stesso tempo, la vita fraterna diventava la misura della loro unione con Dio. Infatti, la relazione di amore verso Dio 348 Cfr Summarium, 36. Cfr. Rnb 12,1-6. 350 Cfr. Rb 11,1. 351 Rnb 12,1-3. 352 La purezza del cuore consiste nel puntare sulla totale interiorità, fissando in modo esclusivo gli occhi su Dio per abbandonarsi interamente in Lui. 353 La castità non concerne soltanto la rinunzia ed il sacrificio, ma deve diventare una via che prepara la pienezza dell'amore divino, in modo che il vuoto nel cuore e nella vita del consacrato sia riempito fino all'orlo da Dio e diventi fecondo. 349 99 deve sempre rispecchiarsi nella vita fraterna354. Se c'è vera vita fraterna, questo significa che c’è il dialogo e la comunione con Dio; mentre non si può pensare di essere in comunione con Dio se non c’è un vero amore fraterno. Quanto più il frate vive nella fraternità come frate minore cappuccino, tanto più spontaneamente agisce da tale. E fra Leopoldo lo era veramente. I questuanti erano anche chiamati a rivestirsi di una grandissima umiltà. Nella loro vita non mancavano le tentazioni di farli cadere nell’orgoglio e nella vanagloria, dal momento che erano lodati e ammirati da tutti, per questo dovevano resistere usando lo scudo dell’umiltà. Fra Leopoldo «si considerava una nullità e non si riteneva meritevole di nulla, anzi era profondamente convinto che era tutto giusto ogni rimprovero che gli veniva rivolto»355. Si impegnava a coltivare con estrema cura l’umiltà tenendosi in disparte, inosservato, nel nascondimento, per non essere visto. E se qualcuno lo chiamava santo, lui cercava di schernirsi dicendo che lui non era santo, ma lo era soltanto 1’abito. Non lo diceva soltanto per evitare i complimenti, ma perché si riteneva un vero peccatore. La vocazione dei questuanti era spesso messa alla prova davanti alle sfide di ogni giorno. L’umiltà, la costanza, la tenacia e la gioia dovevano essere alcune delle virtù salienti per sopportare le piccole e grandi sofferenze della vita, come anche le aggressioni di ogni tipo, le ingiurie e i disprezzi356. Tutto questo era sopportato ed affrontato senza lasciar trasparire i loro combattimenti interiori. Il loro martirio consisteva essenzialmente nel fare bene ed accettare tutte le cose. Fra Leopoldo ha sublimato la monotonia della vita: se quello che viene fatto ogni giorno per un lungo periodo ad altri può dare noia, fra Leopoldo lo faceva come se fosse sempre la prima volta, con giovialità ed entusiasmo. Allo stesso tempo, 354 «La comunità religiosa, per il fatto di essere una ‘Schola Amoris’ che aiuta a crescere nell'amore verso Dio e i fratelli, diventa anche luogo di crescita umana». CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Istruzione: La vita fraterna in comunità. Congregavit nos in unum Christi amor, in Sequela Christi, 20 (1994) 293. 355 Relatio et Vota, 119. 356 Cfr. T. KEMPIS, De imitatione Christi. L’imitazione di Cristo, a cura di U. Nicolini, Milano, 1988, 48-51. 100 davanti ad ogni difficoltà si abbandonava fiducioso al Signore357 e nell’ubbidienza ai superiori. Il servizio di questuante era spesso un’attività eroica, e non poche volte lo esponeva al quotidiano rischio della vita. Per fra Leopoldo la questua fu spesso un’attività rischiosa, in particolare durante gli anni della guerra civile, quando ha dovuto rinunciare all’abito religioso358, ma non venne mai meno alla fedeltà alla sua missione. Non sono mancati a fra Leopoldo insulti e disprezzo, ai quali rispondeva con grande umiltà, senza difendersi o reagendo con parole o gesti contro coloro che l’insultavano, ma ascoltando le parole di Francesco d’Assisi359, accettava le offese senza scandalizzarsi o giudicare i suoi persecutori. La propria volontà veniva intimamente legata a Dio da cui ricevevano il mandato di comunicare la sua volontà in ogni circostanza della vita. Così anche in tempo di guerra i questuanti trovavano la forza per annunciare con la loro testimonianza la presenza dell’Altissimo. Spesso, denigrati per le strade, diventavano segno di contraddizione per confondere le menti dei forti e per riportare il cuore dei figli al Padre360. Così si metteva in evidenza la loro capacità di perdonare361. Davanti ai loro persecutori restavano gli annunciatori dell’amore di Cristo, non con discorsi ma nei fatti. Fra Leopoldo fu un vero esempio nel perdonare. Davanti a quelli che perseguitavano la Chiesa e operavano azioni atroci contro i suoi membri spesso affermava: «No saben lo que hacen»362, e pregava insistentemente per loro. 357 Cfr. Mt 16,24. La cura ordinaria con cui fra Leopoldo aveva sempre tenuto l’abito ci dice l’attenzione per la dignità della sua vocazione e l’attaccamento all’identità cappuccina. 359 Cfr. Ammonizione 11;14. 360 Cfr. 1Cor 1,27-28. 361 Cfr. Rnb 22,1-4. 362 Summarium, 22. 358 101 3.2.3 ‘Quello che Dio vuole’ Per diversi anni fra Leopoldo ha dovuto affrontare parecchie malattie, finché nel 1953, mentre faceva la questua ruzzolò per le scale e si ruppe il femore. L’incidente l’obbligò a mettere fine al suo impegno di questuante, rimanendo per tre anni fermo in convento. Questa sosta forzata fu accolta con piena adesione alla volontà di Dio, intravedendo l’occasione per dedicarsi più assiduamente alla vita spirituale e alla preghiera. Fra Leopoldo stesso affermò: «Il Signore mi lascia libero dalle occupazioni perché preghi per tutti»363. E a chi gli chiedeva come stesse rispondeva: «Dato che per i miei acciacchi non posso far niente, non faccio altro che intercedere, intercedere presso il Signore per i benefattori»364. Alla rottura del femore si accompagnarono altri inconvenienti, dovuti anche all’età avanzata, che gli procuravano grande sofferenza. Ma fra Leopoldo tutto interpretava come opera purificatrice accordatagli dal Signore: aveva capito che «solo l’amore di Dio e l’anelito di compiere la sua volontà danno vero significato alla nostra vita»365. La malattia tante volte sofferta in silenzio e con coraggio divenne motivo di ispirazione per tutti quelli che pativano qualche male. L’esempio dei questuanti si trasformava in una edificante testimonianza, trasmettendo una totale fiducia e speranza in Dio, da dove veniva la forza per continuare la loro missione. Diceva fra Leopoldo che «los propios sufrimientos no hay que manifestarlos, porque pueden molestar a los demás; más bien ofrecérselos a Dios»366. Infatti, mai qualcuno ha sentito qualche parola «que revelaran alguna queja por el cansancio de largas caminatas y prolongados trabajos. Toda su fortaleza la sacaba de su fe y de su amor al Señor»367. 363 Relatio et Vota, 45. Relatio et Vota, 46. 365 Relatio et Vota, 46. 366 Summarium, 256. 367 Summarium, 89. 364 102 Le sofferenze e l’infermità furono l’occasione per manifestare la volontà di donarsi al Signore e di essere in profonda comunione con Lui. In esse i frati manifestavano di essere autenticamente in amicizia con Dio368, ed essere amici di Dio significa volere ciò che Dio vuole e non volere ciò che Dio non vuole, anche se davanti alla rinuncia e alla sofferenza il volere ciò che Dio vuole diventa molto più arduo. Quando gli domandavano sulla sua salute, fra Leopoldo rispondeva: «Estoy como Dios quiere; estando como Dios quiere es como se está mejor»369, ed anche «Hermano, estoy que no valgo dos reales, pero contento, porque estoy como Dios quiere»370. ‘Quello che Dio vuole’ era sempre sulla sua bocca371. I questuanti erano chiamati a portare conforto e sollievo agli altri, anche se spesso loro stessi dovessero sopportare pazientemente con la forza della fede e la letizia francescana la croce della propria malattia, a volta ancora più pesante. La loro fede era intrinsecamente unita all’amore per l’altro, in quanto Dio manifesta il suo amore donandosi se stesso come fondamento sul quale l’uomo può costruire la propria esistenza. Infatti, Dio si affida all’uomo perché questi possa rispondere con l’affidamento di se stesso a Lui. Credere quindi è affidarsi, consegnarsi a chi si è affidato e consegnato per primo. È un atto di puro amore372. Così, avendo la coscienza ed il desiderio di dipendere da Dio, a Lui si deve chiedere il vero sostegno per la vita eterna373. Cosciente che il vero datore di ogni bene è solo Cristo, mediatore presso il Padre di ciò che serve per l’uomo, fra Leopoldo ricorreva spesso al tabernacolo, davanti al quale passava innumerevoli ore in adorazione, a volte anche tutta la notte374. 368 Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 128-129. Summarium, 195. 370 Summarium, 524. 371 Cfr. Summarium, 407. 372 Cfr. PPN 5; Rnb 23,8-11; Lmin 8-10. 373 Cfr. Mt 6,25-34. 374 Cfr. Cost. 1536, 308-309. 369 103 3.3 Legame fra la fraternità e il popolo I frati cappuccini, camminando nel mondo senza essere del mondo, davano una sana testimonianza della chiamata d’amore di Dio alla conversione e alla santità. In questo modo, tutta loro vita e azione pastorale aveva come sfondo costante il far conoscere agli uomini l’amore di Dio e condurli a lodarLo gioiosamente375. I frati che facevano la questua, a causa del loro contato diretto ed incisivo con la gente, dovevano assumere questo impegno con una maggiore fermezza. Svolgendolo in nome della fraternità, diventavano immagine della fraternità stessa. Per la popolazione vedere i questuanti era come vedere qualsiasi frate. E così, il loro servizio e la loro vita esprimevano non soltanto il legame tra il popolo e la fraternità, ma specialmente quello di intercessione tra il popolo e Dio. 3.3.1 Essere nel mondo senza essere del mondo Uscendo fuori dai conventi e andando incontro alle persone, i questuanti erano chiamati a condividere in qualche modo le loro situazioni, anche difficili, a stare a gomito con loro376. Erano sempre più sollecitati a scendere nelle strade e dimostrarsi compagni di chi si trovava in difficoltà. La preoccupazione per le situazioni quotidiane era condivisa dal laico e dal religioso377. Questo diventava una vera sfida, in quanto fino agli inizi del secolo XX la spiritualità concepiva il cammino spirituale verso l’intimità trinitaria come um 375 Cfr. Consuetudine Ascetiche e devozionali, 1587-1588. Per aiutare veramente i poveri bisogna diventare uno di loro. Cfr. VbF 76. 377 GOFFI, La spiritualità dell’Ottocento, 149-150. 376 104 doversi distaccare da tutto e da tutti, in modo da vivere uno stato di estasi in Dio378, si doveva ‘exire de saeculo’379. In fondo, i questuanti avevano la difficilissima missione di essere nel mondo senza essere del mondo380, ossia, essere presenti tra il popolo senza lasciare di stare davanti a Dio. Dalle testimonianze della vita quotidiana di fra Leopoldo si può percepire quest’ideale da lui vissuto, in quanto teneva gli occhi e i piedi per terra, ma riusciva con il rosario sempre in mano a mantenere il suo cuore in cielo: Su ir y venir por las calles y cuestas de Granada, con los ojos y los pies en el suelo – como san Félix de Cantalicio –, el corazón en el cielo y el rosario entre las manos, lo convirtieron en figura adorada y entrañable del escenario y de la vida de la ciudad, a través de la cual, Dios derramaba sus gracias381. Un'altra testimonianza sottolinea non soltanto il suo modo di camminare per le vie di Granada, ma il essere segno di pace, amore, conforto e bontà di Dio, in una società invischiata dal male e dal peccato: Su vida fue un constante reclamo a la perfección evangélica, repitiendo una y otra vez, ‘los ojos en el suelo y el corazón en el cielo’, Fray Leopoldo, eterna y viva presencia de Dio en la tierra, lleno de Dios hasta rebosar, fue, en una sociedad sacudida por el odio, el resentimiento y la venganza, el testigo de la paz, del amor, del consuelo y de la bondad de Dios, cuya mano sabía posarse humildemente sobre los problemas y las necesidades ajenas para dulcificarlas y transformarlas382. I questuanti percorrevano ogni giorno a piedi le vie delle città, per cui dopo un po’ di tempo tutti li conoscevano benissimo. Il loro modo peculiare di camminare per 378 Soltanto durante il secolo XX si chiederà all’anima di andare a Dio assieme a tutte le realtà terrestri purificate e rinnovate. Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 117. 379 ‘Exire de saeculo’ è un’espressione classica che indica l’abbandonare lo stato di vita in cui ci si trovava prima. Già nel periodo di san Francesco d’Assisi questa espressione aveva un doppio senso: spirituale e canonico. In senso spirituale significava abbandonare il peccato, la logica del potere e del piacere. Esigeva l’uscita totale da sè stesso per lasciarsi invadere dalla misericordia divina. In senso canonico significava lasciare la giurisdizione civile per entrare in quella ecclesiale. Così, questa uscita del mondo supponeva un intervento di Dio, un cambiamento di visione e una esperienza sensibile della misericordia. Era un cambiamento radicale di valori, di senso della vita e delle relazioni. Cfr. FREI MAX DE WASSEIGE, O coração do Pobrezinho. Comentário ao Testamento de São Francisco, Braga, 2012, p.36-37. 380 I frati non si sono mai allontanati dal mondo, però lo hanno lasciato, rigettando tutto ciò che in esso è anti-evangelico. Chi entra nell’Ordine francescano deve continuare a trattare con gli uomini, lavorare con loro e vivere nel contesto sociale comune, ma vivendo secondo il Vangelo e non più secondo i valori del mondo. Cfr. W. BLOCK, Dispensa di Spiritualità Francescana Sistematica (1861 SP), Roma, 2016, p.66. Cfr. Rnb 22,9; Rb 10,8. 381 RAMIREZ PERALBO, Beato Leopoldo de Alpandeire, 182. 382 Relacion, XV. 105 le vie e di stare in mezzo alla gente dimostrava il loro animo che edificava tutti, anche se non dicevano nessuna parola. Passando una volta il beato Francesco per una città, disse al suo compagno: “figliuolo, noi andiamo a predicare in questa città”. E passando per mezzo della città con molta modestia, con gli occhi basi, scalzo, e mal vestito, con il cappuccio negli occhi, passò via senza pur dir una parola. E usciti della città, gli domandò il compagno, perché non aveva predicato. Rispose il buon padre: “Figliuolo, ottimamente abbiamo predicato, e presto presto tu vedrai il frutto della nostra predicazione”. Ed essendo un poco lontani dalla detta città, un giovane gli correva dietro, gridando che l’aspettasse; il quale, giunto che fu, s’inginocchiò in terra e con molte lacrime disse: “Padre, io sono tanto edificato della vostra modestia e vita esemplare vedendovi passare per la città così modestamente, ch’al tutto ho deliberato d’abbandonar il mondo e seguire voi”. Il qual dal serafico padre ricevuto, menò nella religione vita molto esemplare e santissimamente finì. Allora disse il beato Francesco al suo compagno: “Non te l’ho detto, carissimo fratello, che abbiamo predicato? Sappi, figliuolo, che per questo principalmente il Figliuolo di Dio ha eletto la religione de’ frati minori, acciocché con l’esempio della vita di Gesù Cristo predichino al mondo; e questo modo di predicare lui vuole e ricerca da ogni frate minore e beati saranno quelli ch’eserciteranno bene questo nobilissimo esercizio di predicare con l’esempio e con fatti più che con parole”383. Volendo che la predica dei frati fosse fatta più con l’esempio che con le parole, Francesco d’Assisi esortava i suoi frati che quando fossero per la via, non litigassero ed evitassero le dispute di parole e i giudizi verso gli altri. Anzi, li invitava ad essere miti, pacifici, modesti, mansueti e umili, parlando onestamente verso tutti384. Infatti, come lui stesso scrisse, «vana sarebbe la predicazione delle parole senza il buon esempio di purità e santità di vita»385. Il camminare tra la gente come mendicanti per Dio richiedeva un atteggiamento di grande umiltà e di attenzione verso l’altro. Francesco d’Assisi aveva ben presente che i frati non dovevano stare molto tempo senza andare per la questua, non soltanto per il merito personale, nonché quello di far conseguire il merito a chi dà l’elemosina, ma anche perché che con il tempo si poteva correre il rischio di 383 Comenti alla Regola: Umile esposizione sopra la Regola evangelica da Dio rivelata al beato suo confessore Francesco, in I frati cappuccini, a cura di C. Cargnoni, Perugia,1988, p.793. 384 Cfr. Rb 3,10-12. 385 Rb 3,12. 106 accomodarsi e poi vergognarsi ad andarci 386. Così il fare la questua li aiutava ancora di più nel loro cammino verso la santità, in quanto non si chiudevano in se stessi, ma si aprivano alle più disparate necessità delle persone. Uno dei casi più evidenti in fra Leopoldo è stato testimoniato nel processo: Iba por el campo en tiempo de sementera. Unos labradores estaban arando. Alguno lo llamó: ‘¡Venga, Hermano! ¡Venga!’. Se acercó a ver qué querían: ‘¡Que nos ayude un rato en el trabajo!’. El Hermano, con prontitud, dejó la capa y las alforjas, y amablemente tomó la mancera del arado, arreó las bestias y estuvo arando largo rato. Lo dejó y dijo con agrado a los labriegos: ‘Ya les he complacido en lo que querían’. Los exhortó a ser buenos cristianos, y se despidió, ya amigo de los labradores. Al marchar, le dijeron: ‘¡Cómo se ve que no es la primera vez que trabaja con el arado!’387 Il carattere mite e disponibile dei questuanti li rendeva amabili e di esempio a tutti, sia nel vestire, come nel mangiare o nel parlare, la loro sobrietà era evidente ed edificante388. Il beato Leopoldo, ad immagine di san Francesco389, fu un vero esempio di sobrietà, specialmente nella prudenza del parlare, disprezzando ogni tipo di mormorazione: Prudentísimo siempre, en sus salidas a la calle, a pesar de su vida de limosnero, ajetreada y dura, siempre tuvo buenas palabras para hablar de los demás religiosos y jamás se le escapó una imprudencia. La buena opinión de todos estaba bien guardada por él. Ya jamás sus labios se abrieron para cometer una imprudente revelación. Se le veía un día y otro ir a la calle y tornar al convento con la misma calma y paz390. I questuanti con la loro prudenza e umiltà391, segno inconfondibile del processo di interiorizzazione, cercavano di vivere intimamente ogni avvenimento della loro vita come presenza costante di Dio. Così le persone percepivano che quando loro parlavano si avvertiva che portavano Dio dentro di sé392. Pertanto, non sorprende che la maggior parte della gente che conobbe fra Leopoldo, dentro e fuori il convento, lo 386 Cfr. SpecP 23. Summarium, 32-33. 388 Cfr. Summarium, 25. 389 Cfr. Rnb 7,16; 11,6; Rb 10,7; Mem 182. 390 Summarium, 349. 391 Cfr. Rb 3,12. 392 Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 236. 387 107 ritenessero un uomo di Dio, e lo guardasse con ammirazione per le sue virtù e il suo esempio. Questo non soltanto affascinava il popolo, ma lo predisponeva anche ad aprirsi ad ogni loro aspetto della vita393. Infatti, nei suoi dialoghi i questuanti manifestavano una speciale attenzione al pensiero dell’altro, non imponendo le loro idee, ma correggendoli con gentilezza, facendo riflettere l’interlocutore sul proprio sbaglio. Fra Leopoldo nei suoi dialoghi riconosceva sempre con umiltà il proprio stato interiore, considerandosi un nulla dinanzi agli altri e bisognoso di tutto per essere vicino a Dio394. Attraverso la preghiera costante i questuanti mantenevano il cuore libero dai legami terreni, per essere aperti all’amore di Dio395. La piena adesione a Dio permetteva di apprezzare la loro castità per il regno dei cieli. Così, invece dell’attaccamento umano alle persone, emergeva la vera dimensione allocentrica, altruista, in cui tutto il loro affetto si rivolgeva al bene sincero dei singoli. Nonostante l’ufficio di questuante portasse loro in mezzo alla gente, cercavano di avere con tutti un comportamento riservato, dimostrando ugualmente una grandissima prudenza nel trattare con le donne396. 3.3.2 Il legame fra la fraternità e il popolo Essere questuante era un lavoro molto esigente, non tanto a causa della stanchezza fisica, che pur era presente, ma specialmente perché esigeva la responsabilità di dare buon esempio al popolo. Il loro ufficio di questuanti comportava anche la dimensione dell’apostolato, sia con la testimonianza della vita che con le semplici parole ed esortazioni. Infatti, lungo i secoli «el cargo de limosnero 393 Cfr. Summarium, 401. Cfr. Relatio et Vota, 29. 395 Cfr. Cost. 1536, 311. 396 Cfr. Relatio et Vota, 28. 394 108 era estimado en la Orden, por la proyección de espiritualidad que podía llevar hacia la gente»397. Fin dagli inizi della sua presenza nella fraternità di Granada, essa esprime grande fiducia verso fra Leopoldo, dal momento che i superiori assegnavano questo ufficio soltanto a frati provati nella virtù398. E come alcune testimonianze hanno riferito, fra Leopoldo fu nominato questuante perché vedevano in lui un frate modello, un frate che sarebbe riuscito ad essere immagine di tutta la fraternità. In verità, ogni attività pastorale doveva compiersi sempre nel seno della fraternità e secondo lo spirito di fraternità399, e la questua non faceva eccezione, anzi, era ancora più legata ad essa. Così, destinando un determinato frate tra il popolo, significava che egli andava in rappresentazione della stessa fraternità, e non per conto proprio400. Fra Leopoldo era cosciente di questa responsabilità, per questo, sia prima di uscire per la questua che quando rientrava nel convento, chiedeva sempre il benedicite al superiore della fraternità. Siempre era su costumbre pedir la licencia y la bendición al Superior para salir a pedir la limosna. Si no estaba por allí el superior lo buscaba por la casa hasta encontrarlo para pedirle licencia y bendición. Al volver de la calle, su primera atención era para el Superior, para pedirle la bendición y darle cuenta de su trabajo. Y después iba a la iglesia para hacer su oración al regreso401. E a causa di questo gesto di obbedienza e di venerazione tutti i frati lo guardavano con ammirazione, rispetto e venerazione. Era extraordinario el respeto y la devoción del S. de D. para con sus Superiores. Nada ni lo más pequeño hacía sin su permiso. Antes de comenzar sus trabajos les pedía su 397 Summarium, 390. Cfr. Mem 76. Cfr. Summarium, 332. 399 «La cura pastorale e l’apostolato dei frati minori non devono mai essere una questione individuale. L’impegno pastorale di un singolo frate deve essere condiviso da tutta la fraternità attraverso la sua preghiera, il suo sacrificio, attraverso l’interessamento e la partecipazione e infine attraverso dei piani e riflessioni elaborati nelle fraternità. Nell’apostolato il frate minore non deve essere un ‘magnifico solitario’, che trasgredisce la vita fraterna. Nella fraternità di […] ogni azione apostolica deve essere sostenuta da tutta la fraternità». BLOCK, Dispensa di Spiritualità Francescana Sistematica, 154. 400 «Camminare in fraternità è condividere la fatica della questua… ma a tutti portare l’annuncio della Fraternità». B. PIREDDU, Fra Nicola da Gesturi. Una santità costruita sui passi della ferialità, Cagliari, 1999, p.42. 401 Summarium, 203. 398 109 bendición. Muchas veces llegaba tarde al refectorio por su cargo de limosnero. Se arrodillaba en medio del comedor, frente al superior y con mucha veneración, pedía su bendición: ‘Iube Domne Benedicere’402. Questo gesto, oltre che esprimere obbedienza e devozione verso il superiore, era segno della comunione e del legame tra la fraternità e fra Leopoldo, e tra la Fraternità e il popolo. In realtà, salutare le persone per strada, visitare i malati, esercitare la carità verso qualche bisognoso, non doveva essere un gesto isolato del singolo frate questuante, ma doveva essere espressione di tutta la fraternità, dal guardiano fino a quel semplice frate che curava l’orto. In realtà, il frate non andava mai a fare la questua per conto proprio, ma rappresentava tutta la fraternità. Così, le offerte ricevute, le preghiere richieste come anche i ringraziamenti, non erano unicamente ed esclusivamente indirizzati al frate questuante, ma a tutta la fraternità. Come anche, non poche volte si poteva dire il contrario quando il popolo criticava i frati a causa del loro comportamento403 a volte non coerente con la loro vocazione e missione. Anche in questo caso il frate questuante era colui che accoglieva le critiche e i rimproveri in nome di tutta la fraternità, così, prendeva tutto con carità e umiltà sulle sue spalle e lo portava al superiore. Dovevano avere la consapevolezza che tutto era loro affidato, non per prenderne possesso, ma per consegnarlo subito alla fraternità. Soltanto così si potevano comprendere le parole di san Paolo quando afferma che tutti fanno parte dallo stesso corpo404. Poichè i frati questuanti riuscivano, in genere, a portare avanti questo loro compito, era normale che tutti li guardassero con una certa ammirazione e venerazione. Nella loro questua, come succedeva con fra Leopoldo, era usuale che con il tempo non fosse più necessario neanche chiedere l’elemosina, giacchè la loro presenza era abbastanza per commuovere i cuori405. Questa ammirazione veniva non 402 Summarium, 58. Cfr. Summarium, 556, 568. 404 Cfr. Rom 12,5. 405 Cfr. Summarium, 324. 403 110 soltanto dai frati ed dal popolo, ma anche da alcuni anticlericali che lo trattavano con riverenza406. Questa ammirazione permetteva che spesse volte i frati questuanti riuscissero a fare da legame non soltanto tra il popolo e la fraternità, ma anche tra il popolo steso, specialmente nei casi di riconciliazione tra vicini e parenti e nell’esercitare alla carità reciproca. In verità, i frati erano dei veri mediatori di pace e di carità vicendevole. Con la loro morte, era sempre grande la folla che veniva a prestare un ultimo omaggio, e non poche volte era attribuita loro la fama di santità. Questo fu il caso della morte di fra Leopoldo, giudicata da tutti come la morte di un santo, per cui poco dopo si accumularono gli attestati spontanei e innumerevoli di questa convinzione, sia nell’ambito dell’Ordine, sia della Chiesa locale, sia del mondo laico407. Quasi sempre i questuanti diventavano i frati di riferimento quando si parlava dei Cappuccini, poiché erano loro che spesso comunicavano con il popolo, che li conoscevano, che camminavano con loro, condividendo le loro sofferenze. Sono stati così vicini alla gente che quando questi pensavano ai cappuccini, ricorrevano subito all’immagine lasciata dai questuanti, come il beato Leopoldo, e soltanto dopo arrivavano ai singoli frati. Infatti, i questuanti hanno sempre avuto una fortissima influenza nel suscitare vocazioni nell’Ordine cappuccino, specialmente a causa della loro testimonianza, sia fisica che spirituale. 3.3.3 Intercessore Nel loro ufficio di questuanti, i frati dovevano mettersi di fronte alla loro piccolezza spirituale, lasciandosi trasformare dall’umiltà e dalla semplicità. Soltanto riconoscendosi peccatori in mezzo ad un popolo peccatore permetteva loro di avvicinarsi al credente che soffre interiormente. Quest’esperienza di essere partecipi delle miserie del popolo li aiutava a comprenderlo in profondità fino a farsi 406 407 Cfr. Summarium, 496. Cfr. Informatio, 90-91. 111 mendicanti dinanzi a Dio, chiedendo grazie per i loro figli. Aprendo le porte del loro cuore al popolo come presenza consolante di Dio, sperimentavano non soltanto la vicinanza dei credenti ma anche l’ammirazione dei loro persecutori. Fra Leopoldo portò nel suo cuore di consacrato le ansie e i dolori di tante persone che incontrava per via o visitava nelle case. Ed il suo amore e compassione verso di loro fu così grande che non ha mai ha smesso di chiedere a Dio il loro pentimento e conversione, pregando ancora più intensamente per tutti quelli che perseguitavano la Chiesa. Manifestando profonda gratitudine verso i benefattori, gli amici e gli infermi, i questuanti assicuravano la certezza non soltanto della loro personale preghiera ma anche di tutta la fraternità408. L’agire e lo stare con Gesù trovava un armonico ed esemplare connubio, in tal modo tutto diventava frutto della loro prolungata preghiera. Spesso trascorrevano diverse ore in adorazione davanti al Santissimo409, nutrendo anche una tenerissima devozione alla Madonna. Nel loro apostolato i questuanti si impegnavano ad inculcare a tutti una grande fiducia nel Signore, parlando di Dio con passione, non ricorrendo ad alte elucubrazioni, ma con semplici parole cercavano di dare voce a ciò che risuonava nel loro cuore, e questo contribuiva ad inculcare l’amore di Dio nel cuore di quanti li sentivano. Fra Leopoldo da Alpandeire, come vero ‘mendicante per Dio’, con la sua questua ha cercato di orientare tutti verso Dio. Ciò che chiedeva non era semplicemente l’elemosina, ma la conversione dei cuori, evangelizzava con la sua parola e il suo esempio, perché il peccatore potesse ritornare al suo Signore. Mendicava a Dio le grazie per ogni persona incontrata. Il suo 408 Cfr. Cost. 1536, 313. Fra Leopoldo visitava spesso le chiese della città di Granada, e prima di compiere qualsiasi ufficio fraterno si recava davanti al Santissimo e soltanto dopo si recava al lavoro. Cfr. Summarium, 192. 409 112 consiglio e la sua sapienza non erano oppure umane, ma il respiro di Dio nella sua vita. Parlava con le parole di Dio perciò era ascoltato410. E quando qualcuno chiedeva a fra Leopoldo di recitare le ‘tre Ave-Maria’ egli rispondeva volentieri alla richiesta, ma poi aggiungeva: ‘Abbia molta fiducia in Dio, abbia molta fiducia nella Vergine Maria’. Infatti, non soltanto cercava di inculcare l’amore di Dio, ma tutti raccomandava alla Vergine Madre moltiplicando per loro le sue ‘tre Ave-Maria’. [Fray Leopoldo] tuvo una devoción extraordinaria a la Stma. Virgen María. Después de la Eucaristía su principal amor era la Stma. Virgen. Y manifestaba esta devoción sobre todo con la práctica de las tres Ave-Marías. Muchas veces le pedían oraciones en la calle, e inmediatamente rezaba con los mismos que se las pedía las tres AveMarías, siempre recogido, y de tal manera, que inspiraba devoción. Las personas le pedían las oraciones porque tenían confianza en su intercesión. Después de rezar las tres Ave Marías solía decir: ‘Tenga mucha confianza en la Stma. Virgen’411. Con le loro devozioni i frati questuanti riuscivano a dare una testimonianza più eloquente di molte dotte prediche. Fra Leopoldo era un libro vivo ed aperto, attraverso il suo esempio riusciva a edificare quanti ammiravano il modo in cui viveva in particolare la liturgia e le devozioni. E tutti rimanevano veramente edificati! Cuando ayudaba la Misa parecía que se transfiguraba por su devoción y su actitud, su veneración y recogimiento. De su compostura, de su manera de responder siempre, encaminado a Dios y a las cosas espirituales, sin hablar nunca de cosas mundanas, se veía que el S. de D. estaba continuamente en la presencia de Dios. Por sus acciones y toda su vida se podía decir que vivía de su fe412. Nella vita dei questuanti l’esperienza doveva sempre precedere la dottrina413, poiché ciò che convince è la vita e non le parole. In fra Leopoldo il ministero della questua diventava occasione di apostolato, oltre che di testimonianza. Le persone lo consideravano un uomo di Dio, un vero santo414. Sia le persone facoltose che gli indigenti avevano un grande rispetto per lui, in quanto la sua vita era una limpida testimonianza dell’amore di Dio per ogni uomo affaticato ed oppresso. Ricevendo la 410 Relatio et Vota, 33. Summarium, 193. 412 Summarium, 192. 413 Cfr. GOFFI, La spiritualità Contemporanea, 62-63. 414 Cfr. Summarium, 72-73. 411 113 sua visita, le famiglie esultavano convinte di essere raggiunte dalla benedizione del Signore. Il suo apostolato si identificava con il suo comportamento. Appunto, l’attività apostolica dei questuanti doveva essere un tutt’uno con la loro vita, in modo che la loro forma di vita fosse tutta apostolica. Se durante la vita di fra Leopoldo erano tantissimi quelli che chiedevano la sua intercessione per i diversi motivi, con la sua morte il Signore stesso ha lavorato per essere ancora una volta vicino al suo popolo. Infatti, si sono moltiplicate le richieste di sue foto o reliquie, e da diverse parti del mondo sono pervenute richieste di notizie sulla sua vita, cui sono seguite numerose pubblicazioni di libri ed articoli che divulgano le sue virtù. Fino ad oggi sono innumerevoli le grazie ottenute per l’intercessione di questo semplice frate questuante. In realtà, l’impatto sul popolo fu sempre molto grande alla morte della maggior parte dei frati questuanti. La loro vicinanza durante la vita ha suscitato una vicinanza ancora più grande al momento della loro morte, quando i bisogni ed i problemi condivisi dal popolo venivano portati personalmente da essi davanti a Dio. Il frate che ha sempre accompagnato il popolo non se ne dimenticherà presentandosi davanti a Dio, anzi, lo porterà con sé. Esempio chiaro di questo legame è che ancor’ oggi la tomba del beato Leopoldo da Alpandeire è piena di fiori, e sono migliaia le persone che da tutte le parti del mondo si rivolgono a lui. La gente continua ad avere la stessa fiducia, specialmente a causa dell’efficacia della sua preghiera. Le persone continuano ad affidare i loro problemi e la loro vita nelle mani del beato Leopoldo, trovando anche oggi in lui un legame non soltanto con la fraternità, ma specialmente con Dio. In realtà, la vita dei frati questuanti si traduceva in un invito alla relazione con la fraternità e con Dio415. Sono stati chiamati a diventare non soltanto immagine della fraternità ma anche immagine dello stesso Gesù Cristo, nella misura in cui lo hanno accolto nella loro vita e hanno fatto la sua volontà416. 415 416 Cfr. PIREDDU, Fra Nicola da Gesturi, 43. Cfr. Jo 13,20;15,4-8; Rom 8,29; Gl 4,19. 114 CONCLUSIONE Arrivando alla fine di questo lavoro accademico, emerge ancor più l’importanza che ha la figura del frate questuante, non soltanto per l’Ordine ma anche per il mondo. Infatti, se da una parte questo lavoro mette in evidenza il forte richiamo che i frati questuanti hanno sempre rappresentato per la vita religiosa, dall’altra sottolinea la buona immagine che hanno trasmesso della loro fraternità. E questo non soltanto nel loro tempo, ma anche oggi continuano ad esserlo per tutti coloro che si lasciano irradiare dal loro esempio417. La scelta di presentare il beato Leopoldo da Alpandeire come modello per comprendere la figura del frate questuante, si può ribadire che è stata una scelta giusta, poiché in lui si può leggere in modo eccezionale l’ideale di vita dei frati questuanti che, premurosi verso tutti, portano con loro tutta la fraternità, trasmettendo il buon odore del carisma francescano cappuccino. Anzi, tenendo presente il contesto storico da lui vissuto e qui presentato, forse è proprio lui il frate questuante che nella storia dell’Ordine è più conveniente studiare, insieme a san Felice da Cantalice, primo frate cappuccino ad essere canonizzato. Si può addirittura affermare che forse non è possibile immaginare oggi una fraternità ideale418 senza il modello di vita evangelica del beato Leopoldo da Alpandeire. Infatti, come è stato osservato nel primo capitolo, l’ambiente sociale e religioso nel periodo vissuto del beato Leopoldo non fu propriamente facile. Anzi, le forti tensioni tra la politica e la religione vissute in quel periodo hanno reso molto pericolosa qualsiasi manifestazione pubblica di fede. Allo stesso tempo, si è visto essere stato un periodo di cambiamenti, che esigeva dalla Chiesa e dall’Ordine di incarnare nuove esigenze, senza però deviare dal giusto cammino. Analogamente, davanti alla crescita e allo sviluppo dell’Ordine, fu sempre più necessario prendere 417 «El nombre de estos hermanos, apóstoles del silencio, de la humildad y de la caridad, tal vez haya durado más en los pueblos que el de muchos predicadores de renombre». GONZÁLEZ CABALLERO, Los Capuchinos en la Peninsula Iberica, 290-291. 418 Cfr. SpecP 85. 115 coscienza di procedere in spirito fraterno, in quanto tutti membri dello stesso progetto di fraternità, invece di presentare ogni attività come un progetto personale. La presentazione dell’ambiente sociale e religioso nella Spagna dei secoli XIX e XX ci è servito per rendere più comprensibile la vita e l’attività di fra Leopoldo. La sua entrata nell’Ordine Cappuccino da adulto dimostra che ha avuto molto tempo per conoscere la realtà e le esigenze del mondo. Il suo modo di essere rifletteva la sua esperienza di vita. Allo stesso tempo, dal momento che prima di diventare frate lavorava nel campo con le sue proprie mani, fu affidato a fra Leopoldo l’ufficio di questuante, chiedendo l’elemosina per le vie di Granada. Pertanto ha dovuto non soltanto approfondire il significato della questua, mettendola in relazione con la volontà dei superiori e di Dio, ma anche di fare il cammino verso la santità proprio attraverso di essa. La sua fede ha trovato nella preghiera quotidiana e costante il viatico necessario, non soltanto per il suo cammino personale, ma essendo anche esempio per tanti altri. Infatti, per mezzo delle sue devozioni oltre a dare testimonianza di fede, ha spinto gli altri a pregare e a praticare le stesse devozioni, come aveva fatto Francesco d’Assisi e tanti altri, dei quali fra Leopoldo si dimostrò un esimio seguace. Percorrendo lo stesso cammino, cercò di essere fedele al carisma primitivo, non solamente nell’praticare le loro devozioni, ma specialmente nell’incarnare la spiritualità francescana e nell’osservare la Regola e le Costituzioni dell’Ordine. Dalla vita del beato Leopoldo emergono tantissime virtù, tipiche dai santi cappuccini. Tra queste sono state messe in evidenza in questo lavoro quelle che più si collegano al servizio della questua. Per quanto riguarda l’osservanza dei consigli evangelici, la sua obbedienza ai superiori e alla volontà di Dio fu una costante prova della sua totale consacrazione, lo stesso si può dire della sua castità degli occhi e dei pensieri quando camminava per le vie della città, così come della povertà vissuta in modo radicale, senza nulla di proprio, seguendo povero il Cristo povero. 116 Parimenti la sua umiltà e semplicità furono ammirevoli. Di fronte alle persecuzioni e all’instabilità politica, il suo silenzio trasformato in preghiera fu la reazione più adeguata ed efficace. Nel portare avanti il suo lavoro quotidiano con semplicità ed umiltà riuscì ad arrivare al cuore di tutti, anche dei persecutori. E tutto questo perché dal suo cuore scaturiva un amore immenso verso Dio e verso tutti coloro che lo incontravano nel suo cammino. E questo non soltanto si vedeva attraverso le opere che faceva verso i frati, i poveri, gli ammalati ed i suoi persecutori, ma si sentiva anche con la sua presenza in mezzo a loro. L’ultimo capitolo ha voluto essere il cuore di questa ricerca, ritenendo i due primi capitoli come introduzione e preparazione ad esso. Infatti, poiché nello sviluppo di tutta la ricerca è stato utilizzato il metodo induttivo, ciò ha permesso di fare un cammino accanto al beato Leopoldo da Alpandeire, sia nel suo contesto sociale, economico, politico e religioso, sia per capire la sua vita e il lavoro di questuante. Infine ci ha permesso di identificare l’immagine di ciò che deve essere l’ideale del frate questuante, e conseguentemente della fraternità. Il primo punto da sottolineare è che nella continua comunione con Dio, cuore della vocazione cappuccina, i questuanti non soltanto trovano la forza per portare avanti e svolgere bene la loro missione, ma pure trovano sostegno per mantenere la loro unione d’amore con Dio, che si esprime nella carità verso il prossimo. Infatti, il legame tra Dio e il prossimo si rende visibile nel rapporto quotidiano sia con i suoi confratelli, sia con i poveri del paese. Il loro amore per Dio viene tradotto in amore al prossimo. Il compito dei frati questuanti è in primo luogo quello di diventare madri di Cristo, portandolo nel loro cuore e nel loro corpo per virtù d'amore, di pura e sincera coscienza, partorendolo per mezzo delle buone opere, le quali devono illuminare gli altri con la forza dell'esempio419. Conseguentemente diventano anche madri della fraternità e del popolo poiché questi sono ugualmente portati nel loro cuore e partoriti nelle costanti preghiere davanti a Dio. 419 Cfr. 1LF 10,49. 117 Infatti, soltanto attraverso il fatto di servire Dio nei fratelli si può capire che la vocazione cappuccina è una manifestazione sincera e fondata del seguire le orme di Cristo in castità, povertà e obbedienza, in modo da diventare con semplicità esempio di virtù evangeliche, come prima di tutti l’ha vissuta Francesco d’Assisi. Vivendo la loro vocazione e missione senza segni straordinari e grandi prodigi, non poche volte i frati questuanti manifestano la santità di vita attraverso il semplice compimento fedele del loro dovere, accogliendo tutto, anche il martirio, come progetto affidatogli da Dio e dalla fraternità. E se da una parte devono sopportare con pazienza e fede una pesante croce, dall’altra sono autentici portatori di conforto e sollievo agli altri. Per ultimo – ma ancora più importante, perché ha fatto sì che il lavoro raggiungesse lo scopo finale –, è stato possibile dimostrare come i frati questuanti riescono a fare da legame tra la fraternità e il popolo. Se da una parte, attraverso la difficilissima missione di essere nel mondo senza essere del mondo, riescono a mantenere un cuore libero dai legami terreni, e tutto aperto all’amore di Dio, dall’altra parte sono attenti alle più disparate necessità del popolo. Così, la loro presenza si traduce in segno di pace, amore, conforto e bontà di Dio davanti ad una società spesso invischiata nel male e nel peccato. A causa del contatto diretto ed incisivo con la gente, i questuanti diventano immagine della fraternità, portandola con loro e in loro. Essendo inviati tra il popolo, i questuanti rappresentano la stessa fraternità. Non vanno per conto proprio ma portano con sé tutta la fraternità, la rappresentano, il che esige una grande responsabilità. Presentandosi in nome ella fraternità, accolgono in nome di tutta la fraternità tanto gli elogi, come le critiche420; i questuanti tutto prendono sulle loro spalle con carità e umiltà e lo portano alla fraternità nella persona del superiore. 420 Cfr. Mt 5,38-42. 118 Spesso quando si parla dei Cappuccini, i frati di riferimento sono loro, guardati con ammirazione e riverenza, riescono a fare da legame non soltanto tra il popolo e la fraternità, ma anche tra il popolo stesso, nell’esercitare la carità gli uni verso gli altri. Diventano come dei mediatori della pace e della carità vicendevole. Riconoscendosi peccatori e partecipi delle miserie del popolo, riescono a comprendere in profondità le fragilità umane fino a farsi mendicanti dinanzi a Dio, chiedendo grazie per i loro figli. E rivolgendo una profonda gratitudine verso i benefattori, gli amici e gli infermi, i questuanti assicurano la certezza non soltanto della singola preghiera ma anche quella di tutta la fraternità. La loro spiritualità è veramente coinvolgente, in quanto riescono a stabilire un nuovo e non comune tipo di rapporto con sé, con gli altri e con Dio, offrendo un esempio di vita semplice, umile e attenta alle esigenze degli ultimi e di tutti coloro che vogliono ancora vivere gli alti ideali evangelici421. La testimonianza di santità semplice, umile e quotidiana – senza manifestazioni clamorose, grazie mistiche o carismi straordinari422 –, appare particolarmente preziosa oggi per tutta la Chiesa. La disponibilità incondizionata dei questuanti alla grazia di Dio permette che tutti quelli che li incontrano possano intravedere in loro la presenza di Dio. Questo esempio di quotidiana fedeltà al Vangelo diviene anche ispirazione per quanti, chierici, consacrati e laici, vivono la loro vocazione nel cuore del mondo, cercando il Regno di Dio. Infatti, davanti alla sfida di una cultura troppo preoccupata dell’apparenza e, perciò, pronta a sacrificare i valori anche più fondamentali, dimenticando i diritti e le esigenze dei più deboli, l’esempio dei frati questuanti, come è il caso del beato Leopoldo423, diviene un incoraggiamento e un aiuto a sviluppare il discernimento. Esso, radicato nell’amore di Dio, permette di proporre con coraggio i valori 421 Cfr. Relatio et Vota, 32-33. Cfr. Relacion, XII. 423 Cfr. Summarium, 441. 422 119 evangelici, a cominciare dalla condivisione e dalla solidarietà con i poveri, come contributo prezioso per costruire un mondo più fraterno424. Con queste conclusioni sono sorte alcune domande che, nonostante non sia stato possibile affrontare qui, hanno sicuramente aperto una nuova porta in modo ad approfondire in futuro queste tematiche. È il caso dell’uso dell’abito religioso oggi, ed il suo significato come elemento di identità di consacrazione e di evangelizzazione. La presenza dei questuanti per le vie suscitava la curiosità ed il fascino delle persone, provocando in loro il domandarsi non soltanto su Dio, ma anche sulla propria fede e vocazione425. È preoccupante che oggi siano sempre meno i frati che usano il saio fuori del convento, e molti meno quelli che continuano a fare la questua. Un’altra tematica più drammatica è la crescente scomparsa dei frati questuanti. Se davanti alle necessità economiche si è lodevolmente cominciato a privilegiare il lavoro invece dell’elemosina, dall’altra parte si corre il rischio di perdere la prossimità con il popolo. Davanti a questa realtà, ci si può domandare: come ricuperare questa prossimità che si otteneva attraverso la questua? A queste e ad altre domande si potrà forse rispondere in un futuro lavoro, ma non si può lasciar perdere un tesoro così prezioso come la questua, che per secoli ha dato non soltanto tanti santi all’Ordine ma ne è stata anche l’immagine. 424 Cfr. Relatio et Vota, 76. Innumerevoli vocazioni sono natte dopo aver visto un frate per strada. Il primo impatto è importantissimo, al punto da marcare tutta la vita. 425 120 APPENDICE Appendice I: Mappa di Spagna. 121 Appendice II: Retratto del beato Leopoldo da Alpandeire, dipinto dall’autore Juan Valdés per la celebrazione del cinquantenario della sua morte (2006). 122 Appendice III: Cronologia della vita di fra Leopoldo di Alpandeire. 123 BIBLIOGRAFIA A. Fonti ANDRÉS-GALLEGO J., PAZOZ A., La Iglesia en la España contemporánea, 1800-1936, Tomo I, vol. 2, Madrid, 1999. BARRAGÁN GUTIÉRREZ J., Fray Leopoldo de Alpandeire: Genio y carisma de un Santo olvidado, España, 2008. CÁRCEL ORTÍ V., Historia de la Iglesia en España. La España contemporánea 19081975, Madrid, 1979. CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Beatificationis et Canonizazionis Servi Dei Leopoldi ab Alpandeire. Laici Professi O.F.M. Capuccinorum (1864-1956), Biographia Documentata, P.N. 1280, Granada, 1993. 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