Cappuccini

Volume 1 : La Breve e Succinta Relatione del Viaggio nel Regno di Congo […] du prêtre capucin Girolamo Merolla da Sorrento, publiée en 1692, est un compte rendu d’une mission d’évangélisation accomplie dans des territoires peu explorés à l’époque comme le Royaume de Kongo, l’Angola et d’autres territoires environnants. La densité des sujets traités dans cet ouvrage et l’opacité de la langue et du style ont nécessité un travail d’édition critique afin de déblayer le terrain, pour un texte qui jusqu’à présent était demeuré presque inconnu et avait été mis en perspective de façon trop succincte. Cette tâche est précisément l’objet du volume 1.

Volume 1: Published in 1692, Breve e Succinta Relatione del Viaggio nel Regno di Congo […] by the Capuchin priest Girolamo Merolla da Sorrento is an account about a mission of evangelization that took place on the Kingdom of Kongo, Angola and other surrounding areas, which were almost unexplored during that time. The density of the topics the book deals with, as well as its linguistic and stylistic opacity required a philological and historical assessment to prepare the way to understand its content, which have remained almost unknown or succinctly analysed until today. Take into consideration the mentioned aspects, a critical edition will be the task of this first volume.

http://www.sudoc.abes.fr/xslt/DB=2.1//SRCH?IKT=12&TRM=224505807&COOKIE=U10178,Klecteurweb,I250,B341720009+,SY,NLECTEUR+WEBOPC,D2.1,E6ae54b43-11,A,H,R98.253.148.177,FY

Monsignor Achille Ratti, the future Pope Pius XI, was from 1918 to 1921 the first the Apostolic Visitador and then the Apostolic Nuncio of the Holy See in Poland. During his stay in the capital of the nascent State of the Second Republic of Poland, Msgr Ratti wrote two volumes of the Diary, that is, he put down every day in black and white in elegant calligraphy so much news that testifies to his activity. The Diary was the main and the only source used in the survey carried out in this article. The research was aimed at re-visiting the relationship between the Commissariat of the Capuchin Friars Minor in Poland, and especially in Warsaw and Msgr Ratti. The Diary clearly shows how, with the passing of the months since his arrival, Ratti became a sure point of reference for the Capuchin friars. His interventions, answers, suggestions, relationships, became more and more characterized by his paternal love for these sons of St Francis. No wonder then that even the friars on their part, and in a special way Blessed Anicetus Koplin, opened up, confiding in Ratti. This relationship undoubtedly was mutual. The confidence with the Capuchins allowed him to understand many complex situations because they arose along the history of the Polish Church, which remained more than one hundred years under the dominion of three powers: Russia, Austria-Hungary and Germany. Undoubtedly, the meeting with the Church of Poland – and in the case of this study with the Polish Capuchins – helped Msgr Ratti to better perform his Petrine ministry, starting from his election in 1922 and for the next seventeen years, during which he, as pope, turned the rudder of Peter's Boat.

CAPITOLO I – AMBIENTE SOCIALE E RELIGIOSO IN ANDALUSIA (secc. XIX-XX)
1.1  Situazione politica ed economica di Andalusia
    1.1.1  Un secolo di storia turbolenta
    1.1.2  L’ambiente economico di Spagna
    1.1.3  Lo scontro tra politica e religione
1.2  Il contesto religioso
    1.2.1  Religiosità vissuta: tra devozione e secolarizzazione
    1.2.2  In cammino verso un cambiamento
1.3  I Frati Cappuccini in Andalusia
    1.3.1  La storia dei Frati Cappuccini in Andalusia
    1.3.2  L’attività dei Frati Cappuccini della Provincia di Andalusia

CAPITOLO II – FRA LEOPOLDO DA ALPANDEIRE, UN CAPPUCCINO QUESTUANTE
2.1  L’ingresso nell’Ordine Cappuccino
    2.1.1  La vita di Francisco Tomás de San Juan Bautista
    2.1.2  L’ingresso nei Cappuccini
2.2  L’attività di un frate questuante a Granada
    2.2.1  ‘Mendicante per Dio’
    2.2.2  Uomo di preghiera
    2.2.3  Fedele al carisma primitivo
2.3  Le virtù principali
    2.3.1  L’osservanza dei consigli evangelici
    2.3.2  Silenzioso e umile verso tutti
    2.3.3  Cuore immenso

CAPITOLO III – IMMAGINE DELLA FRATERNITÀ
3.1  Il cuore della vocazione cappuccina
    3.1.1  ‘Tutto per amore di Dio’
    3.1.2  Donare la vita per i fratelli
3.2  La fedeltà alla vocazione cappuccina
    3.2.1  Seguire le orme di Cristo come san Francesco
    3.2.2  Fedele fino alla fine
    3.2.3  ‘Quello che Dio vuole’
3.3  Legame fra la fraternità e il popolo
    3.3.1  Essere nel mondo senza essere del mondo
    3.3.2  Il legame fra la fraternità e il popolo
    3.3.3  Intercessore

Chi visita le “Sala storica” del Tribunale di Napoli Nord resta impressionato dalla berlina di gala degli eletti della città. Il cocchio in legno dorato – vecchio di tre secoli – fa ombra alla più pregiata pala d’altare della Chiesa della SS. Trinità dei Cappuccini. Il Palazzo di Giustizia, che dal 2013 ha preso il posto della scuola di polizia penitenziari, ha infatti ereditato la cona della “Immacolata Concezione e Santi con la SS. Trinità” dalla Biblioteca comunale “Gaetano Parete”, un tempo collocata nel complesso monumentale di San Domenico (già sede del Municipio). L’opera del pittore di epoca manierista e proto-barocca Fabrizio Santafede fu ultimata nel 1606 per il Convento dei Cappuccini di Aversa, che era stato costruito appena cinquant’anni prima nel sito dell’antico casale di Deganzano o Decanzano. Il villaggio era ubicato lungo la Via Antiqua che collegava Atella al mare e che si estendeva, secondo il tracciato viario osco, parallelamente all’Appia ed alla Cumana e perpendicolarmente alla Domitiana, all’Atellana ed alla Consolare campana.

ERRATA CORRIGE: per un errore materiale in “Deganzano, tra Aversa e Giugliano” del n. 5 Anno (13 mar. 2022) di Osservatorio Cittadine p. 57 r. 19 «…Liternum, la cui cattedrale era appunto dedicata a Santa Giuliana» corr. «…Cuma, le cui spoglie riposavano inizialmente nella sua antica chiesa»; p. 57 r. 29 «Santa di Liternum» corr. «Santa di Cuma» (cf. Calvino, Diocesi scomparse in Campania, 1969, 91-95).

Fra pochi anni l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini avrà alcuni importanti appuntamenti con la storia. Come è noto, la nuova famiglia francescana vide la luce nei mesi di gennaio-febbraio 1525 con il tentativo di riforma di Matteo da Bascio, la cui opera fu legittimata con un breve della Penitenzieria Apostolica del 18 maggio 1526 e poi ufficialmente approvata dalla Sede Apostolica con la bolla pontificia Religionis zelus, indirizzata ai fratelli Ludovico e Raffaele da Fossombrone e promulgata da Clemente VII il 3 luglio 1528. Nel 2025 pertanto l’Ordine avrà l’opportunità di ricordare il quinto centenario della sua nascita e tre anni dopo, nel 2028, potrà solennizzare il quinto centenario della sua approvazione pontificia. Si tratta di eventi storicamente rilevanti, ai quali non è opportuno giungere impreparati.

Il presente volume, la cui prima edizione – pubblicata nel 1994 e da tempo esaurita – fu felicemente definita dal ministro generale emerito Flavio Roberto Carraro come “un piccolo mezzo di grazia”, può contribuire in modo appropriato alla preparazione di tali eventi. In seguito a numerose richieste, è stato ritenuto necessario approntare questa seconda edizione, che ricalca fondamentalmente lo stesso contenuto della prima, eliminando naturalmente imprecisioni e refusi e rispettando la medesima elegante e maneggevole veste grafica. Si intende così portare a comune conoscenza le fonti documentarie e narrative della storia dell’Ordine cappuccino nel primo secolo della sua esistenza, facendone emergere la particolare spiritualità e il carisma di assoluta fedeltà all’ideale francescano, che si incarna nei vari tracciati evolutivi della storia della Chiesa e del mondo e nei diversificati ambiti geografici.

Per quanto riguarda il contenuto, viene prima di tutto presentato un sintetico quadro storico sul primo secolo di storia dell’Ordine, seguito dalle fonti giuridico-legislative, quali la documentazione pontificia, le ordinazioni di Albacina e le costituzioni di Roma-Santa Eufemia, con alcuni interventi difensivi e con le prime lettere circolari dei superiori generali. Segue una silloge di testi estratti dalle prime cronache, trattando poi specificamente il ministero della predicazione cappuccina, l’assistenza caritativa verso poveri e malati e l’attività missionaria. Al termine viene dedicato ampio spazio alla santità cappuccina del Cinque-Seicento e l’espansione dell’Ordine in Europa, con un’ultima sezione riservata alla nascita e all’attività contemplativa delle sorelle cappuccine.

Sono sempre valide, anche per questa seconda edizione, le parole che Flavio Roberto Carraro rivolgeva ai suoi frati concludendo la presentazione della prima edizione: “Ora il volume è nelle nostre mani e dipende da ciascuno di noi fare in modo che anche questo piccolo mezzo di grazia porti il suo frutto. La formazione, nei suoi momenti iniziale e permanente, costituisce l’occasione nella quale i Superiori e i Formatori possono animare i fratelli all’incontro con questi testi che zampillano la freschezza pura e forte della nostra spiritualità, cammino sicuro nella via della perfetta Carità”.

The most celebrated woman writer of the Italian Renaissance, Vittoria Colonna was known for her elegant poetry and use of the sonnet form to explore pressing religious questions. The selection of Colonna’s letters presented here for the first time in a translated edition, written to and from writers, artists, popes, cardinals, employees, and family members, place Colonna at the center of intersecting epistolary networks as a political actor, a theological thinker, a literary practitioner, and a caring friend. Revealing a historical woman speaking and acting with force in the world, they constitute a vital tool for anyone seeking to understand Colonna’s literary works.

PDF di 90 pagine con le immagini (descritte e commentate) mostrate durante il Caffè Araldico n° 3, incontro su piattaforma Internet fra studiosi e appassionati - versione italiana o inglese (rivolgersi a: caffearaldico@gmail.com)
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90-page PDF with images (described and commented) shown during the Caffè Araldico n ° 3, meeting on Internet platform between scholars and enthusiasts –  Italian or English version (contact: caffearaldico@gmail.com)

Una copiosa e importante produzione artistica si lega alla realtà di confraternite e pie unioni, monasteri e comunità religiose dai fini anche assistenziali che sorsero numerosi a Modena dall'epoca medievale al Seicento, prima cioè delle settecentesche soppressioni ducali e poi napoleoniche. Una realtà, dunque, caratterizzata da una molteplicità di insediamenti caritativi, quali ospizi, ricoveri per poveri e pellegrini, orfanatrofi, collegi. L'odierno tessuto urbano conserva testimonianze architettoniche di quelle antiche presenze, così come le istituzioni museali e le chiese accolgono dipinti e altre opere d'arte - dai dipinti di Francesco Bianchi Ferrari alla statuaria di Antonio Begarelli - prodotte su committenza di quei sodalizi.

Uno semi-sconosciuto e intenso Compianto sul Cristo morto conservato nel Museo Storico Cappuccino di Camerino, ma proveniente da Ostra, finora assegnato a scuola emiliana o romana del Cinquecento, viene qui attribuito al pittore tardomanierista umbro, ma napoletano d’adozione, Ippolito Borghese, pittore di fiducia dei cappuccini del Viceregno di Napoli. A supportare questa restituzione, già avvalorata da tale legame, vengono proposti alcuni confronti con opere certe e documentate di Borghese, i quali inducono l’autore a datare la tela marchigiana entro il primo lustro del secondo decennio del Seicento. Viene inoltre avanzata l’ipotesi che le origini della commissione del Compianto siano collegabili
ai rapporti precocemente stabilitisi tra l’artista umbro e l’architetto-pittore romano Giovan Battista Cavagna, dal 1605 Sovrintendente della Santa Casa di Loreto.

Em 1841, o antigo Hospício Capuchinho de Nossa Senhora da Penha do Recife assistiu a chegada da primeira leva de frades italianos que viriam iniciar um novo ciclo da presença de tal Ordem religiosa franciscana no Brasil. Em ciclos descontínuos, os capuchinhos tiveram presença em solo brasileiro marcada já remotamente desde as invasões francesas seiscentistas do Maranhão, figurando ainda, ao longo dos séculos XVII, XVIII e primeira metade do XIX, agrupados em dois outros momentos: um ciclo composto de frades bretões e outro italiano. Com uma rede pequena de casas (hospícios), mas uma ampla rede de aldeamentos missioneiros indígenas por eles coordenados, os capuchinhos se espraiariam inicialmente, sobretudo, no atual Nordeste brasileiro - supra e sub rio São Francisco – contribuindo, ao lado de outras Ordens, para o estabelecimento de uma nova ordem social que passava não somente pela cristianização mas, também, pela inserção de formas outras de espaço. Baseados numa mística reformista franciscana em que importava caminhar, no Brasil, os frades primeiramente concentraram suas espacializações em se dirigir às regiões centrais do território onde trabalhavam na formatação e direção dos aldeamentos/missões fixas. No entanto, ao adentrarem o século XVIII (durante o primeiro ciclo italiano), com a consolidação do cristianismo e dos novos modos de ocupar o solo, os frades passaram a atuar também por meio de outro dispositivo, isto é, as chamadas missões volantes ou itinerantes. Diversamente das missões de aldeamento, na missão volante o frade não se fixada por longos períodos num só lugar, mas caminhava de lugar em lugar, permanecendo por intervalos de tempo mais curtos em cada um deles, visando atender as necessidades religiosas destas localidades já cristianizadas (catequeses, distribuição de sacramentos etc.). Ainda no século XVIII, em meio às missões volantes, atender necessidades religiosas, em certos momentos, implicava em construir, sendo um dos mais conhecidos legados desse período o Monte Santo da Bahia, um dos cenários da Guerra de Canudos. Este trabalho, no entanto, dirige seu olhar especialmente para as cinco primeiras décadas do segundo ciclo italiano dos frades capuchinhos na Penha do Recife aberto a partir da reentrada dos frades em Pernambuco e da retomada do antigo hospício e prefeitura em 1841. Neste novo ciclo, os frades da Penha redirecionariam e concentrariam suas atividades para as missões itinerantes, percorrendo e construindo entre diversas localidades das antigas províncias de Pernambuco, Alagoas, Paraíba, Rio Grande do Norte e Ceará. Somando-se a outros trabalhos que têm avançado sobre os estudos dos legados franciscanos/capuchinhos em diferentes áreas, esta dissertação concentra-se em entender a produção espacial das missões itinerantes dos frades da Penha do Recife entre 1841 e 1889, investigando as dinâmicas que envolveram os atos do caminhar itinerante, do construir sacrificial e do deixar legados missioneiros que encontram repercussão ainda hoje na formação social e paisagística do Nordeste. Para isto, fontes diversas em seus conteúdos e temporalidades foram analisadas (como memórias, correspondências, livros, jornais, imagens e visitas a alguns dos próprios lugares produzidos durante as missões) visando compreender a espiritualidade e a incorporação dos frades e das missões itinerantes por governos e populações e, por conseguinte, suas repercussões no espaço.

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In 1841, the old Capuchin hospice of Nossa Senhora da Penha in Recife saw the arrival of the first group of Italian friars who would start a new cycle of the presence of such a Franciscan religious Order in Brazil. In discontinuous cycles, the Capuchin presence on Brazilian soil has been marked remotely since the French invasions of Maranhão in the 17th century, and also appeared in the 17th, 18th and the first half of the 19th century, grouped in two other moments: a cycle composed of the presence of Breton friars and another composed by the presence of Italian friars. With a small network of houses (hospices), but a wide network of indigenous missionary settlements coordinated by them, the Capuchins initially extended their activities mainly in the territory corresponding to the present Brazilian Northeast - below and above the São Francisco river - contributing, alongside other Orders, to the establishment of a new social order which included not only the Christianization of the native peoples but also the insertion of new forms of space. Based on a Franciscan reformist mystique in which it was important to walk, in Brazil the friars first concentrated their spatialization on the central regions of the territory where they worked in the formatting and direction of indigenous villages/fixed missions. However, as they entered the 18th century (during the first Italian cycle), with the consolidation of Christianity and new ways of occupying the land, the friars began to act also through another device, that is, the so-called itinerant missions. Unlike the fixed missions (indigenous villages), in the itinerant missions the friar was not fixed for long periods in one place, but used to walk from place to place, staying for shorter intervals in each one, in order to meet the religious needs of these already Christianized places (catechesis, distribution of sacraments, etc.). In the 18th century, in the midst of the itinerant missions, at certain times, meeting religious needs implied building, being one of the best known legacies of that period the Monte Santo of Bahia, one of the scenarios of the War of Canudos. However, this work focuses especially on the first five decades of the second Italian cycle of the Capuchin friars in Penha of Recife opened from the reentry of these religious in Pernambuco and the resumption of the old hospice and prefecture in 1841. In this new cycle, the friars of Penha redirected and concentrated their activities on itinerant missions, traversing and building among several localities of the former provinces of Pernambuco, Alagoas, Paraíba, Rio Grande do Norte and Ceará. In addition to other researches that have advanced on the studies of the Franciscan / Capuchin legacies in different areas, this master’s dissertation concentrates on understanding the spatial production of the itinerant missions of the friars of Penha of Recife between 1841 and 1889, investigating the dynamics which involved the acts of the itinerant walking, sacrificial building and leaving  missionary legacies that still have repercussions in the social and landscape formation of the Brazilian Northeast. For this end, several different sources in their contents and their temporalities (such as memoirs, letters, books, newspapers, images and visits to some of the sites produced during the missions) were analyzed in order to understand the spirituality and the incorporation of the friars and their itinerant missions by governments and populations and consequently the repercussions of these things in the space.

E l'introduzione al volume degli atti della giornata di studi Francescani celebrata a Pomarico il 14 giugno 2014 con prestigiosi ed autorevoli interventi da parte di selezionati ospiti. Il volume raccoglie, inoltre, il catalogo della mostra documentaria inaugurata nello stesso giorno.
La giornata di studi e la mostra hanno rappresentato l’inizio di un percorso nuovo nella comunità di Pomarico e oltre quest’ultima; un momento di riflessione che ri-scopre l’afflato emotivo delle profonde connessioni della vita religiosa con la struttura civile della società. Perché se è vero, come sosteneva Benedetto Croce, che “non possiamo non dirci cristiani” avendo operato il cristianesimo una autentica rivoluzione nella coscienza morale, allora la ri-scoperta del francescanesimo, anche dal punto di vista laico, in una comunità dove sembrava sopito, offre il modo attraverso il quale ricongiungere l’uomo all’essenza più autentica dell’anima, perché Francesco, dalla sua imponente statura di uomo semplice e santo, fa riflettere anche i più testardi o gli atei.

Registrum scripturarum della procura generale dell'Ordine Cappuccino, 1761-1768, a cura di Giuseppe Avarucci (Monumenta Historica Ordinis Minorum Capuccinorum, 43). Roma 2022, 24 cm., 815 p., ill.  ISBN 978-88-99702-24-3

Il volume contiene le pratiche dell’ufficio del procuratore generale dell’Ordine dei cappuccini, Girolamo Maria da Caltanisetta, per gli anni 1761-1768. Il testo è tratto dal manoscritto AF 4 dell’Archivio Generale. Si tratta di un manoscritto di 321 carte, dove sono inseriti anche 11 fogli volanti. Fogli e fascicoli sono stati recuperati in un luogo dell’archivio generale saturo di umidità, che ha prodotto un grave degrado delle carte, già in stato precario a causa dell’uso di inchiostri acidi e corrosivi, che hanno causato gravi perdite in molteplici carte del manoscritto. Il recupero e l’ordinamento di fogli e fascicoli del manoscritto, come oggi si presenta, è stato composto verso la fine del XVIII secolo. Contiene 467 pratiche. Nel manoscritto, in stato del tutto precario, si contano più di ottanta carte con perdite e gravi squarci, che vengono opportunamente segnalati nelle note.
Il contenuto delle pratiche rispecchia la situazione della vita delle varie province dell’Ordine, in un periodo di cambiamento della società e pure della vita dei conventi e dell’impegno spirituale e pastorale dei singoli frati. Viene ben presentato il mondo dei fratelli laici, nuovo per le numerose rivendicazioni circa la qualità della loro vita che trascorre dedita a gravosi lavori, pretesi da molti guardiani, spesso trascurano la loro formazione spirituale e religiosa. Molti sono i casi di fratelli laici che godono di grande stima e benevolenza da parte dei fedeli. La formazione culturale dei frati, finalizzata al ministero della predicazione, è attentamente sostenuta, mentre si è meno attenti alle continue e pressanti richieste dei fedeli per le confessioni. Alcune province chiedono alle congregazioni romane varie dispense da obblighi previsti dalle costituzioni dell’Ordine.
Si osservano anche delle ombre, come i processi penali contro i frati che infrangevano la regola e la legge, ma non mancano pagine luminose di storia personale e comunitaria. Si percepisce chiaramente che il tono e il contenuto delle pratiche è segnato dallo spirito di novità e di libertà che si stanno affermando nella vita degli ecclesiastici e della società italiana ed europea nella seconda metà del Settecento.
Il testo è corredato di note sulle provincie dell’Ordine, dei conventi e dei singoli religiosi, e di dettagliati indici dei nomi che facilitano la consultazione.

http://www.istcap.org/component/k2/mhomc-43.html

Anche in Modena, la rifondazione ecclesiale voluta dal Concilio di Trento assieme all'anelito a una nuova e più profonda spiritualità promuovono una straordinaria attività nell'edilizia chiesastica e nella produzione artistica legata al culto; tanto più che i dettami tridentini introducono mutamenti nei riti e nell'arredo liturgico. A questo s'aggiunga l'incisivo ruolo della corte estense, trasferitasi da Ferrara a Modena nel 1598, che persegue una politica di committenze, anche sacre, volta ad esiti di alto prestigio. Dunque, una sorta di competizione sembra spronare gli ordini religiosi, tanto di radicata presenza in loco come di istituzione recente, a erigere e ad abbellire le chiese, a innalzare altari, a introdurre nuovi culti e a ravvivare quelli consolidati. Si può anzi ritenere che sin dai primi anni dell'avvento della corte in Modena - e fortissimo dovette essere l'impatto fra la rigida struttura cortigiana e la compagine sociale cittadina, già assestata su tradizionali equilibri - proprio il versante della religiosità, e in particolare della frequentazione dei luoghi di culto diramati nell'organismo urbano abbia offerto agli Este e alla loro cerchia molte potenzialità per meglio calarsi nella dimensione locale e radicarvi la loro presenza.

Matilde Beatrice Bentivoglio, figlia del marchese Ferrante e di Beatrice d'Este dei marchesi di San Martino, seppe coniugare una vita immersa negli splendori e nei doveri della corte estense di Modena con l'impegno, saldo e fattivo, di una vita cristiana, che si manifestò nel sostegno alle congregazioni religiose, sia tradizionali che di recente istituzione nel clima della Controriforma, e che sfociò nella fondazione del Monastero delle Carmelitane Scalze di Modena, consacrato nel 1653, grazie anche all'appoggio del duca Francesco I d'Este.

A partir da lembrança infantil de uma janela voltada para a igreja Matriz de Coruripe, o presente Trabalho Final de Graduação ganha sua força e desenvolvimento. Para o autor, a Matriz aparece como uma imagem de arquitetura para além da casa habitual e se estabelece na memória como fonte de imaginação fora dos limites da objetividade. Desse modo, o trabalho, que a principio traçava para si uma metodologia racionalizante, passou, aos poucos, a admitir elementos nem sempre objetivos de compreensão da arquitetura. Numa busca pela suposta “originalidade” da Matriz, a presente pesquisa trilhou caminhos diversos: os caminhos da História e os caminhos das memórias que foram sendo suscitadas e revividas a partir do prolongado contato e (re)habitação da obra em estudo.

Storia e descrizione del distrutto 'altare ligneo a retablo della chiesa dei Cappuccini di Ruvo di Puglia, con un contributo sull'attività ruvese dello scultore Francesco Paolo Antolini. La chiesa dei Cappuccini fu inizialmente dedicata a Santa Maria Maddalena nel 1677 ma, col passare dei secoli, il culto si concentrò sulla statua lignea di Santa Lucia alla quale, insieme a Santa Filomena, fu intitolata la parrocchia nel 1925.

Paper presented at the Panel on "The study of South Asian languages in the context of the early modern intercultural encounters between India and Europe", organized by Heinz Werner Wessler and Paolo Aranha and held on 28 July 2016 within the 24th European Conference on South Asian Studies in Warsaw.

Most of the first Capuchin generation came from the Cismontane Observance,
and from this tradition they brought into the new order the Franciscan custom of the participation of all friars in chapters, irrespective of their being lay or cleric. The primary source of the Franciscan proper law is found in the 7th chapter of the bulled rule and its reception in st. John of Capestrano’s constitutions. Can. 4 sess. 22 de reformatione of the council of Trent prohibited the participation of lay persons together with clerics in church chapters. However in 1566 Capuchins and Observants, with a Pius V vivae vocis oraculo declaration certified by cardinal Clemente d’Olera, received confirmation that this common law was not to be applied to them. The Capuchins included this norm in their 1575 Constitutions which formally stayed in force up to 1909.

Lorenzo da Brindisi (Giulio Cesare Russo o de Rossi, Brindisi, 22 luglio 1559 – Lisbona, 22 luglio 1619), fu un presbitero e religioso italiano appartenente all'Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Fu proclamato santo da papa Leone XIII nel 1881. Nel 1959 viene proclamato dottore della chiesa, col titolo di doctor apostolicus, da papa Giovanni XXIII. I suoi codici autografi, qui descritti, contenenti opere esegetiche, di predicazione, di controversia religiosa e di carattere personale, sono conservati presso l'Archivio della Curia dei Cappuccini di Venezia Mestre.

Il presente volume riproduce il manoscritto, segnato come AG 2 e conservato nell’Archivio Generale dell’Ordine: si tratta del secondo tomo degli Acta Ordinis, relativi alla celebrazione di otto capitoli generali, rispettivamente del 1625, del 1633, del 1637, del 1643, del 1650, del 1656, del 1662 e del 1667 (nel primo tomo già pubblicato erano trattati i capitoli dal 1529 al 1618). Tali capitoli, normalmente della durata di circa un mese e con la partecipazione di circa 140 padri capitolari, erano fondamentalmente di carattere elettivo, ma in essi venivano discussi e risolti anche i problemi che man mano emergevano nella vita dell’Ordine, venivano chiariti i dubbi riguardanti l’osservanza della regola e delle costituzioni e in genere venivano trattati i vari aspetti della vita dei frati all’interno e all’esterno delle mura conventuali. Se nei primi capitoli le discussioni erano comuni, a partire dal 1656 si diede vita a otto commissioni capitolari, alle quali era affidata la trattazione e la soluzione dei problemi particolari.
In questi anni, dal 1625 al 1667, l’Ordine cappuccino sperimentò una crescita costante, sia a livello personale che locale: se nel capitolo generale del 1625 i conventi cappuccini erano 1.192 e i frati 16.967, quarantadue anni dopo, nel capitolo generale del 1667, si registrava la presenza di 1.509 conventi e di 24.764 frati. Tale crescita numerica comportava la nascita di nuove province, con problemi legati alla divisione dei conventi e dei frati, e anche all’assegnazione di nuovi ambiti di espansione e alla delimitazione delle zone per la questua. In forte incremento risulta anche l’attività missionaria, svolta dai cappuccini in questi anni non solo in Europa (normalmente dove era forte la presenza anglicana, calvinista e luterana), ma anche in Africa (Egitto, Etiopia, Congo, Angola, Benin), Asia (Turchia, Georgia, Kurdistan, Mesopotamia) e nelle Americhe (Canada, Brasile).
Una caratteristica dei capitoli generali cappuccini è la composizione di particolari “Ordinazioni”, veri interventi legislativi che riguardano la preghiera comune e l’osservanza regolare, la salvaguardia di uno stile di vita povero e austero, la formazione spirituale e culturale dei giovani, il governo centrale e quello delle province e dei conventi, la vita e l’attività dei predicatori, la stampa dei libri e la precedenza tra i frati. Non mancano interventi normativi particolari, come la proibizione di praticare esorcismi, di mangiare nelle celle e di chiuderle a chiave, come anche l’interdizione di fumare e di usare il tabacco senza una specifica prescrizione medica.

Il saggio ripercorre le relazioni che Vittoria Colonna instaurò con i cappuccini
e con i gesuiti. Per quanto riguarda i primi, dai nuovi elementi biografici che si
aggiungono a quelli noti (dalle battaglie in difesa dell’Ordine al sostegno materiale
ai frati, dal reiterato desiderio di diventare una clarissa alla figliolanza spirituale nei
confronti di Ochino) si evince da un lato l’esistenza di un’intensa frequentazione
dell’Ordine da parte della poetessa, dall’altro il rilievo che la spiritualità francescana
ebbe tanto nella sua vita quanto nella composizione dei suoi versi sacri. Infine,
da pochi documenti superstiti si intuisce la presenza di un saldo legame decennale
anche fra Vittoria e i gesuiti, che ebbe conseguenze sulla circolazione delle rime.

Polla, nel Vallo di Diano, centro ricco di storia, arte e tradizioni, conserva ben tre croci stazionarie in pietra, riferite alla presenza di tre ordini conventuali. Lo scritto analizza fonti storiche e tracce iconografiche, con riferimento ad un'indagine conoscitiva dell'autore, sull'argomento dei segnacoli storici nel territorio lucano.