CIEN AÑOS
DEL
PALACIO
VALLE
OBRA DE ARNALDO BARISON Y
RENATO SCHIAVON
Contextos histórico-artísticos del patrimonio de la
Pontificia Universidad Católica de Valparaíso
José MORÁIS MORÁN y Ximena URBINA CARRASCO (coordinadores)
Diana BARILLARI
Eugenia GARRIDO ÁLVAREZ DE LA RIVERA
Enrique MARTÍNEZ LOMBÓ
David ACEITUNO SILVA
Carolina IBARRA PEÑA
Emilio TORO CANESSA
ESTE LIBRO HA SIDO SELECCIONADO EN EL CONCURSO
DE PUBLICACIONES ACADÉMICAS DE LA
PONTIFICIA UNIVERSIDAD CATÓLICA DE VALPARAÍSO
VICERRECTORÍA ACADÉMICA
SERIE ARBITRADA
© José Moráis Morán y Ximena Urbina Carrasco (coordinadores), 2018
Diana Barillari
Eugenia Garrido Álvarez de la Rivera
Enrique Martínez Lombó
David Aceituno Silva
Carolina Ibarra Peña
Emilio Toro Canessa
CIEN AÑOS DEL PALACIO VALLE
OBRA DE ARNALDO BARISON Y RENATO SCHIAVON.
Contextos histórico-artísticos del patrimonio de la Pontificia Universidad Católica de Valparaíso
La imagen de la portada y contraportada son cortesía de la Sra. María Luisa Machiavello Valle y
de Emilio Toro Canessa.
Las acuarelas del palacio Valle fueron hechas por el arquitecto Rodrigo Neira Leighton.
Este libro ha sido aprobado por el Comité Editorial del Instituto de Historia de la Pontificia
Universidad Católica de Valparaíso, después de haber sido sometido a referato de pares
internacionales.
Registro de Propiedad Intelectual Nº 289.987
ISBN: 978-956-17-0776-4
Derechos Reservados
Tirada: 250 ejemplares
Ediciones Universitarias de Valparaíso
Pontificia Universidad Católica de Valparaíso
Calle Doce de Febrero 21, Valparaíso
E-mail: euvsa@pucv.cl
www.euv.cl
Jefe de Diseño: Guido Olivares S.
Diseño: Mauricio Guerra P. / Alejandra Larraín R.
Corrección de Pruebas: Osvaldo Oliva P.
Imprenta Salesianos S.A.
HECHO EN CHILE
ÍNDICE
33
RICARDO IGLESIAS
Director del Instituto de Historia. Presentación de
la monografía conmemorativa del centenario del
Palacio Valle.
37
JOSÉ ALBERTO MORÁIS MORÁN
Cien años del Palacio Valle. Una introducción.
45
DIANA BARILLARI
1900 Architettura a Trieste.
65
ENRIQUE MARTÍNEZ LOMBÓ
Architettura per una nuova Italia. Cultura
arquitectónica del revival medieval: Londres,
Venecia, Valparaíso.
89
JOSÉ ALBERTO MORÁIS MORÁN
Neomedievalismos, orientalismos y otros ismos
de la arquitectura chilena antes de Arnaldo
Barison y Renato Schiavon.
115
XIMENA URBINA CARRASCO
Panorama urbano de Viña del Mar entre
1840-1920.
157
DAVID ACEITUNO SILVA Y
CAROLINA IBARRA PEÑA
Suburbanización de la hacienda “Santa Rita de
la Viña del Mar”: el jardín de las delicias de la
aristocracia nacional.
173
CAROLINA IBARRA PEÑA Y
DAVID ACEITUNO SILVA
Transformación urbana de Viña del Mar: de
Versalles chileno a balneario turístico (1900-1950).
187
EMILIO TORO CANESSA
Giovanni Valle Gandolfo: retrato de la familia
propietaria del Palacio Valle.
197
EUGENIA GARRIDO ÁLVAREZ DE LA RIVERA
El Palacio en las Alturas: Acercamiento al estudio
de la estética urbana de Viña del Mar a través del
palacio residencial de Juan Valle.
217
JOSÉ ALBERTO MORÁIS MORÁN
El Palacio Valle, una obra del año 1916.
255
BIBLIOGRAFÍA
45
1900 ARCHITETTURA A TRIESTE
DIANA BARILLARI
Doctora en Arquitectura
Dipartimento di Ingegneria e Architettura
Università degli Studi di Trieste
N
ella città di Trieste che Arnaldo
Barison lascia nel 1907 per andare a cercare occasioni di lavoro
oltreoceano sono in corso di costruzione
o appena ultimati alcuni edifici che presentano elementi riferibili al Liberty, il linguaggio architettonico del nuovo secolo
che a Vienna contraddistingue le opere
di grandi architetti quali Otto Wagner,
Joseph Hoffmann, Joseph Maria Olbrich,
Max Fabiani, straordinari interpreti di una
ricerca in termini di linguaggio espressivo
e tecnico che proietta la capitale dell’Impero austro-ungarico in una dimensione
internazionale.
L’esordio del Liberty1 a Trieste secondo
il critico Silvio Benco va attribuito a Ruggero Berlam «che per un momento […]
pare voglia farsi il precursore del modern
Liberty è la denominazione usata in Italia per definire il moto di rinnovamento che pervade l’Europa al volgere del XX secolo, mentre in Francia
e Belgio è Art Nouveau, Jugendstil in Germania,
Secession in Austria, Modern style in Inghilterra,
Floreale o Modernismo ancora in Italia.
1
46
1900 ARCHITETTURA A TRIESTE / DIANA BARILLARI
style»2 e, pur senza citarli direttamente fa riferimento ai villini per Saul Modiano
in via Rossetti 3 progettati nel 1900. Ma l’adesione è di breve durata e limitata a
qualche elemento decorativo che non scalfisce la prodigiosa padronanza degli stili storici che fa di Ruggero e del figlio Arduino i campioni dell’Eclettismo.
Tra i tanti linguaggi a disposizione quello che risulta più confacente, secondo
Benco, è quello dell’architettura «policroma italiana» e proprio Ruggero Berlam è autore di casa de Leitenburg (1887) modello del «tipo fiorentino del Rinascimento», un edificio che proprio per lo stile adottato si presta a una lettura
in chiave politica nazionalistica.
A questa data Trieste fa parte dell’Impero austro ungarico all’interno del quale
riveste un ruolo importante e strategico grazie al porto e alle speciale concessioni concesse dal Governo in termini di circolazione delle merci, che, a
partire dal 1719, creano le condizioni per rendere la città sempre più attrattiva
e dinamica, grazie anche all’arrivo di imprenditori e commercianti dal resto
dell’Europa e dal Mediterraneo. Nella Trieste multiculturale del 18 e 19 secolo
sono comunque presenti tensioni e dialettiche spesso vivaci nei confronti del
Governo centrale soprattutto da parte degli abitanti di lingua e cultura italiana.
All’alba del XX secolo l’aria nuova che si respira in Europa comincia a circolare anche a Trieste, cosicché dopo la prova poco convincente di Berlam, altri
edifici impiegano elementi decorativi tratti dal ricco catalogo del nuovo stile
dove il rodato repertorio del linguaggio degli ordini è sostituito dagli «arzigogoli inorganici e nipponizzanti dello stile liberty o floreale o secession che dir
si voglia»4.
Il giudizio espresso da Piero Sticotti ha una connotazione negativa che mette
in luce quelli che sono i fattori caratterizzanti del nuovo linguaggio espressivo che comincia a essere impiegato anche a Trieste. Tra i primi edifici vi è il
Palazzo dell’Imperial Regia Luogotenenza di Emil Artmann in piazza Grande
(ora Unità) datato 1900, casa Agnani dove a piano terra si trova il caffè Secession,(1902) e casa Basevi (1902), entrambe opere dell’ingegner Eugenio Geiringer e la casa progettata e costruita da Isidoro Piani e Ettore Luzzatto (1902, via
Battisti), a loro volta ingegneri e titolari di un’impresa di costruzioni.
Il motivo che spinge imprenditori di successo e tecnici di valore a preferire il
nuovo stile si può individuare nella generale attenzione verso tutto ciò che è
2
Benco, Silvio, Trieste, La Finestra Editrice, Trieste, 1910, p. 144.
Ruggero, Giovanni Andrea e Arduino Berlam, Un secolo di architettura, Lloyd, Trieste, 1999,
p. 103.
3
Sticotti, Piero, “Commemorazione dell’architetto Ruggero Berlam tenuta al Circolo Artistico
di Trieste la sera del 22 dicembre del 1920”, Archeografo Triestino, vol. IX, III serie, XXXVII della
raccolta, 1921, p. 10.
4
CIEN AÑOS DEL PALACIO VALLE
47
innovazione, e sono molte le novità a livello di impianti, materiali e strutture
che si palesano nell’ultimo quarto del secolo XIX, con l’obiettivo di catturare il
favore di una clientela che vuole stare al passo con i tempi e considera lo storicismo un retaggio del passato.
Nell’adozione di uno stile nuovo i fattori da prendere in considerazione sono
la prospettiva economica e la convenienza in termini di reddito, ai quali concorrono anche le scelte estetiche, quali i pregiati ferri battuti dei balconi e
del portoncino di ingresso, gli ornati fitomorfi e le ghirlande, i medaglioni e le
incorniciature delle finestre: girasoli, gigli e foglie di alloro sostituiscono ovoli,
perline, fusarole, mutuli, vale a dire il repertorio degli ordini.
La questione dello stile ripropone la dialettica tra quella parte della cultura
cittadina che si sente profondamente italiana e individua nell’architettura un
mezzo per riaffermare la propria identità e una platea di committenti, progettisti e imprese che invece guardano a Vienna e alla Mitteleuropa, poiché vi
riconoscono una tensione verso l’innovazione che li fa sentire partecipi della
storia in atto. La considerevole presenza di ingegneri tra i progettisti di edifici
Liberty a Trieste si può ricondurre all’impiego di nuovi materiali e tecnologie
costruttive, in primis il calcestruzzo armato, largamente impiegato nei magazzini di Porto vecchio, dove molte soluzioni furono oggetto di specifici brevetti.
La sperimentazione condotta a Trieste nell’ultimo ventennio del XIX secolo per
le costruzioni portuali ebbe una ampia risonanza, proprio per le innovazioni
applicate come documenta l’attenzione che al tema riservò la più importante
rivista per ingegneri e architetti dell’Impero, “Allgemeine Bauzeitung”. L’esperienza maturata non rimase confinata ai magazzini del Porto ma venne impiegata anche per le costruzioni civili, conferendo alla città un invidiabile primato
europeo5. Dal momento il fattore tecnico assume un rilievo considerevole e
l’impiego dei nuovi materiali consente notevoli risparmi di spesa, il nuovo stile
Liberty incontra un successo crescente che fa proseliti soprattutto tra commercianti e imprenditori.
A detta di Giuseppe Pagano, che in un articolo pubblicato nel 1935 su “Casabella” fa il punto sull’architettura a Trieste, il primo riuscito esempio di architettura moderna è «l’albergo Balkan dell’architetto friulano Fabiani, operante a
Vienna»6. All’elogio per Fabiani si contrappongono le critiche che hanno come
bersaglio gli stili storici soprattutto quello che egli qualifica come «rinascimen-
Pozzetto, Marco, “Cemento armato, materiale nuovo nella scuola di Otto Wagner”, L’Industria Italiana del cemento, n. 6, 1981, pp. 417-434, p. 418 e id., “Strutture portuali triestine nella
storia delle tecniche architettoniche”, in: Caroli, Antonella, Punto Franco Vecchio, La Mongolfiera: Italia nostra, Trieste, 1996, pp. 73-75.
5
Pagano, Giuseppe, “Architetti a Trieste”, Casabella, VIII, n. 88, aprile 1935, p. 16. Pozzetto, Marco, Max Fabiani, MSG Press, Trieste, 1998, pp. 176-178 e p. 204.
6
48
1900 ARCHITETTURA A TRIESTE / DIANA BARILLARI
to di maniera». Pagano valuta in maniera negativa la «questione nazionale»
che con la pretesa di ispirarsi all’architettura «aulica italiana» ha creato i presupposti per una produzione «sfacciatamente retorica». L’albergo Balkan citato
da Pagano è il Narodni Dom (Casa della Nazione) progettato nel 1902 da Fabiani e ricostruito dopo il devastante incendio appiccato dagli squadristi fascisti nel 1920, tragica conclusione di una manifestazione che metteva in luce i
forti contrasti tra la comunità italiana e quella slovena.
Il progetto, commissionato dalla Cassa Depositi e Prestiti Slovena , contiene
diversi elementi di novità a cominciare dalla reputazione del progettista che a
Vienna è uno dei protagonisti del circolo degli innovatori che fa riferimento a
Otto Wagner e alla Secessione, ma anche per la funzione che l’edificio dovrà
assolvere: si tratta di realizzare una sede qualificata e importante per ospitare
le associazioni della comunità slovena. Sia le soluzioni tipologiche e funzionali
(contiene teatro, ristorante, albergo, residence, sale di ritrovo, tipografia, uffici
della banca, sale per le associazioni) che le facciate spoglie e essenziali dove
l’unica concessione alla monumentalità è costituita dall’ingresso (dove prima
dell’incendio troneggiava la vetrata di Koloman Moser7), fanno del Narodni
Dom un esempio riuscito di quella architettura moderna che si andava elaborando a Vienna.
Le riserve espresse dalla commissione edilizia triestina nel 1902 nei confronti
delle facciate “poco conformi” e l’appellativo di “glabro edificio balcanico”8 con
il quale Piero Sticotti definisce il Narodni Dom, sanciscono l’estraneità che si
respira a Trieste in merito a un’architettura fatta di pareti lisce e essenziali,
una sobrietà che deve essere apparsa eccessiva a coloro che sia per motivi
estetici, ma anche culturali e politici, preferivano il rassicurante universo degli
stili storici di impronta rinascimentale, dove era più facile recuperare l’appartenenza all’Italia. La spiegazione che offre Fabiani in merito alla semplicità delle
forme è da attribuire a una valutazione di tipo economico che fece preferire
una “facciata in mattoni a vista con parziale rivestimento in pietra”9 rispetto a
quanto previsto nella prima versione, dove pietra e decorazioni avevano una
maggior rilevanza. Sempre nel 1902 a Vienna era stata completato l’Arbeiterheim di Hubert Gessner una struttura che per funzioni e soluzioni architettoniche aveva diversi punti di contatto con l’edificio triestino, identica la scelta
di facciate lisce e finestre senza cornici, di aperture nella zona inferiore comprendenti pianterreno e mezzanino con la differenza a Vienna non vi è traccia di nostalgie classiciste10. In quanto al carattere «meridionale» che Fabiani
7
Der Architekt, XIV, 1908, tav. 25.
8
Sticotti, Piero, Commemorazione dell’architetto, p. 10.
9
Pozzetto, Marco, Max Fabiani, MSG Press, Trieste, 1998, p. 155.
10
Lux, Josepf August, “Das Arbeiterheim”, Der Architekt, IX, 1903, pp. 14-16.
CIEN AÑOS DEL PALACIO VALLE
49
dichiarò di aver impiegato per inserire l’edificio nel tessuto edilizio cittadino,
sotto il profilo del linguaggio espressivo si traduce in una interpretazione dell’architettura italiana che si intona al genius loci triestino smorzando il rigore
delle due architetture viennesi di Fabiani11 alle quali il Narodni Dom è riferibile, ovvero palazzo Portois e Fix (1899) con la sua essenziale facciata rivestita
in mattonelle di pirogranito e l’Artaria (1900) dove le lastre di marmo fissate
alla muratura rielaborano i rivestimenti impiegati da Otto Wagner. Il disegno
dei mattoni con lo schema a losanghe che rievoca la decorazione di palazzo
Farnese a Roma ma anche quella del veneziano palazzo Ducale, insieme alla
pietra lavorata a bugnato liscio che incornicia l’ingresso principale, sono gli
elementi impiegati per rielaborare l’architettura cittadina, anche se il tentativo
di Fabiani non venne compreso e neppure apprezzato, dato che prevalevano
motivi legati alla politica e ai difficili rapporti tra italiani e slavi all’epoca. Mentre
Fabiani a Vienna raccontava ai colleghi dell’Associazione austriaca ingegneri
e architetti che erano stati i vincoli imposti dal budget di spesa a determinare
alcune scelte espressive, a Trieste le questioni di estetica venivano utilizzate
come strumento per uno scontro ideologico, trasformando l’edificio in un simbolo contro il quale esprimere giudizi sprezzanti, come quello pronunciato da
Sticotti. Questi infatti al «glabro edificio balcanico» contrapponeva le forme
neo- manieriste dell’adiacente palazzo Vianello (1903-1904) opera di Ruggero
Berlam, che veniva invece additato come modello di italianità.
Ma il carattere di modernità del Narodni Dom, come degli altri due edifici
triestini progettati da Fabiani –casa Bartoli in piazza della Borsa (1905) e palazzo Stabile in riva Grumula (1905-6)– va ricercato nell’applicazione della nuovissima tecnica costruttiva del calcestruzzo armato, che consente di alleggerire
il piano inferiore sistemandovi grandi aperture che sono funzionali agli spazi
interni. Le ampie luci del pianoterreno e mezzanino dove trovano posto i negozi sono la logica rielaborazione della struttura portante a pilastri impiegata
che anticipa il plan libre di Le Corbusier. Questa soluzione caratterizzata dallo
svuotamento dei piani inferiori per gli edifici che abbinano funzioni commerciali e residenziali –Miethaus– è uno dei temi sul quale gli allievi della Scuola di
Wagner sono chiamati a esercitarsi, preceduti dallo stesso maestro nell’Ankerhaus a Vienna (1895). E a Trieste sono gli edifici di Fabiani a offrire il modello
al quale faranno riferimento Romeo Depaoli nelle case Terni-Smolars (1906)
e Polacco (1908)12 e Giuseppe Sommaruga con palazzo Viviani-Giberti (19061907)13. A questo elenco merita di essere aggiunto il progetto per una Miethaus
11
Abels, Ludwig, “Zwei Wiener Geschäfthäuser”, Der Architekt, VIII, 1902, pp. 67-68; Pozzetto,
Marco, Max Fabiani, pp. 155-158, 204.
12
Trieste, Laterza, Roma-Bari, 1989, (2 ed.), pp. 182-183.
Barillari, Diana, “L’architetto Sommaruga a Trieste e il palazzo liberty lungo il viale”, Archeografo Triestino, serie IV, vol. LXVII (CXV della raccolta), 2007, pp. 359-384.
13
50
1900 ARCHITETTURA A TRIESTE / DIANA BARILLARI
dell’allievo della Wagnerschule Giorgio Zaninovich, che venne pubblicato nel
1902 sulle pagine di “Der Architekt”14: il pianterreno è svuotato e occupato da
una vetrata continua, mentre il frontone curvilineo compreso tra le testate dei
due pilastri che chiudono la facciata completa un prospetto che offre una
efficace testimonianza del paradosso statico caratteristico del modern style.
Elencando le peculiarità dell’architettura triestina da lui ritenute positive Pagano ricorda «il rigore e la serietà di una legislazione molto cauta, le ottime
scuole professionali della regione e le influenze benefiche dell’Accademia di
Vienna» che hanno impedito il trionfo delle «libidini liberty» che tanti danni, a
suo dire, avevano procurato a Genova15. La considerazione che Pagano tributa
al sistema formativo è dovuta sia al fatto che ne ebbe testimonianza diretta poiché come cittadino austro – ungarico (era nato a Parenzo, ora Porec in
Croazia) frequentò le scuole fino alla maggiore età tra Capodistria e Trieste.
Ma l’attenzione dell’architetto è diretta alle scuole professionali e probabilmente fa riferimento alla Staatsgewerbeschule vale a dire la Scuola industriale
che Arnaldo Barison ebbe modo di frequentare, conseguendo il diploma nella sezione edilizia nell’anno scolastico 1901/190216. Istituita a Trieste nel 1887
sull’esempio delle scuole speciali nate con l’obiettivo di formare una classe
di tecnici in grado di soddisfare la richiesta di nuove figure professionali provenienti dal mondo dell’industria, la Staatsgewerbeschule17 triestina annovera
nel proprio corpo docenti alcuni dei migliori professionisti cittadini, tra i quali
gli architetti Enrico Nordio18 e Lodovico Braidotti e l’ingegner Luigi Mazorana.
Oltre a seguire le lezioni gli studenti erano impegnati in visite e sopralluoghi a
cantieri e fabbriche per seguire in presa diretta quanto apprendevano a scuola, dove era molto importante anche l’attività in laboratorio. Enrico Nordio fu
allievo di Friedrich von Schmidt all’Accademia di Belle Arti di Vienna e dal
maestro ebbe modo di conoscere e approfondire le tecniche del restauro e
14
Der Architekt, 1902, tav. 35.
15
Pagano, Giuseppe, “Architetti a Trieste”, p. 16.
Barison Roberts, Gloria, Arnaldo Barison Desman 1883-1970, retrato de un artista, s. e.,
Chillán, 2008, p. 15.
16
Caroli, Antonella, Kaiserliche Königliche Staatsgewerbeschule in Triest: arte e tecnica a
Trieste 1850-1916, Edizioni della Laguna, Monfalcone, 1995.
17
18
Enrico Nordio (1851-1923) nasce a Trieste da Domenico, mastro costruttore originario di
Chioggia Compie studi tecnici e si iscrive poi alla scuola di architettura dell’Accademia di Belle Arti di Vienna. Compie un lungo apprendistato nello studio di Friedrich von Schmidt, con
cui collabora al restauro della cattedrale di S. Stefano. Lavora a Zagabria con Hermann Bollé
e si trasferisce nel 1879 a Trento, dove dirige la locale scuola industriale e restaura il duomo.
Vince ex aequo il secondo grado del concorso per la facciata del duomo di Milano. Al rientro
a Trieste insegna alla scuola industriale e diviene il protagonista dell’attività architettonica
cittadina. Tra le sue opere triestine si ricordano la chiesa di San Vincenzo de’ Paoli (1890-1905),
il Palazzo della Cassa di Risparmio (1891), Il Palazzo del Tribunale (1921) completato dal figlio
Umberto dopo la sua morte. (nota biografica tratta da Catalogo integrato beni culturali di
Trieste), AA.VV., Enrico Nordio 1851-1923: disegni di architettura dalla raccolta dell’Istituto
Statale d’Arte di Trieste, Litografia Ricci, Trieste, 1994.
CIEN AÑOS DEL PALACIO VALLE
51
come progettista si rivelò esperto conoscitore degli stili storici. Dopo le prove offerte con il gotico grazie anche alla rilevante attività come restauratore,
Enrico Nordio a Trieste realizzò edifici neo-rinascimentali e manieristi quali la
sede della Cassa di Risparmio (1891-94) e quella del Creditanstalt (1907-1910).
Anche Braidotti19 diplomatosi al Politecnico di Vienna preferisce gli stili storici
e in particolare l’architettura toscana del Quattrocento, che applica a molti
padiglioni del nuovo ospedale psichiatrico di San Giovanni (1903-1908)20. Sotto
il profilo architettonico la formazione di Barison privilegia la conoscenza dello
storicismo alla quale abbina una solida competenza tecnica particolarmente apprezzata dalla committenza. Durante gli anni di scuola incontra Renato
Schiavon21 suo futuro socio con il quale affronta il lungo viaggio verso il Cile in
cerca di occasioni di lavoro a seguito del disastroso terremoto del 1906.
Qualche anno prima aveva completato gli studi nella sezione edile della Scuola Industriale (1891-1895) anche Giorgio Zaninovich22 che in seguito si era trasferito a Vienna per frequentare la Meisterklass di architettura all’Accademia
di Belle Arti viennese diretta da Otto Wagner23. Per mantenersi agli studi a
Vienna Zaninovich lavora presso la Pittel & Brausewetter24 una delle maggiori
Lodovico Braidotti (1865-1939) si laurea in ingegneria al Politecnico di Vienna. Lavora all’Ufficio tecnico delle Ferrovie meridionali e progetta la stazione di Monfalcone. Nel 1890 ottiene
la cattedra di Storia dell’arte e forme architettoniche alla Scuola industriale di Trieste. Nel 1907
è membro della Commissione per l’elaborazione del Piano regolatore di Gorizia. Dal 1909 al
1922 è presidente dell’ICAM-IACP e vicepresidente dal 1922 al 1923. Nello stesso anno viene letto consigliere comunale. Elabora il Piano di sistemazione delle ex caserme asburgiche dell’area triestina (1912), utilizzato successivamente come traccia per il concorso dell’esedra Oberdan (1925). Nel 1920 è presidente della commissione per l’elaborazione del Piano regolatore
e di ampliamento di Trieste e presiede la prima fiera campionaria triestina. (nota biografica
tratta dal sito del Catalogo integrato dei beni culturali di Trieste).
19
20
AA.VV., L’ospedale psichiatrico di San Giovanni a Trieste. Storia e cambiamento 19082008, cat. mostra, Electa, Milano, 2008.
Renato Schiavon nato a Pola nel 1887 studia con Arnaldo Barison alla Scuola Industriale di
Trieste e con lui si imbarca per il Cile nel 1907. La loro collaborazione si estende alla costituzione di un’impresa di costruzioni che viene sciolta nel 1921 (Waisberg, Myriam, Casas de Playa
Ancha: la vivienda de fines del siglo XIX en Valparaíso, Fondo Nacional de Desarrollo Científico y Tecnológico, Santiago, 1988, pp. 95-96).
21
Giorgio Zaninovich (1876- 1946) è il maggiore dei tre figli maschi di Antonio Zaninovich, celebre esploratore polare che aveva preso parte alla spedizione della Tegethoff. Giovanni (Gino)
nasce a Spalato nel 1882 e con la famiglia si trasferisce a Trieste nel 1887. Vi è poi un altro fratello, Francesco, che risulta in società con l’impresa di costruzioni Zaninovich che in una prima
fase risulta avere la propria sede in porto vecchio. Carboni Tonini, Nicoletta, “L’attività triestina dell’architetto Giorgio Zaninovich”, Quaderni Giuliani di Storia, V, n. 1, 1984, pp. 239-276;
Piovesan, Federico, “Un protagonista dell’architettura modernista a Trieste: l’architetto Giorgio
Zaninovich”, tesi di laurea triennale, Facoltà di Ingegneria di Trieste, corso di laurea Ingegneria
Edile, relatore Diana Barillari, 2008-2009 e, “Un protagonista dell’architettura modernista a
Trieste: l’architetto Giorgio Zaninovich”, Archeografo Triestino, serie IV, vol. LXX/2 (CXVIII/2 della
raccolta), 2010, pp. 329-347.
22
23
La Scuola di Wagner 1894-1912 Idee –premi– concorsi, cat. mostra a cura di Pozzetto, Marco, Comune di Trieste, 1 ed., Trieste, 1979.
24
Fondata nel 1870 a Bratislava da un ingegnere (Victor Brausewetter) e da un produttore di
52
1900 ARCHITETTURA A TRIESTE / DIANA BARILLARI
imprese di costruzione dell’impero: la sua condizione di studente e lavoratore
gli consente di verificare le nozioni che apprendeva a lezione e che erano sviluppate a livello teorico nel testo di Moderne Architektur, sul quale si fondava
il progetto pedagogico di Wagner. Tra i temi affrontati dal maestro vi era ricerca di una architettura capace di dare forma ai nuovi materiali e alle tecniche
utilizzate, una sfida che lo stesso maestro aveva affrontato con l’incarico per la
metropolitana viennese, per la quale aveva progettato tutte le parti di rilevanza architettonica quali stazioni, ponti, viadotti, arredi.
Zaninovich progetta le parti architettoniche di alcune opere di ingegneria,
in particolare i ponti, tra i quali quello del Giubileo Imperiale a Lubiana noto
come ponte dei Draghi (1900-1901)25. L’impiego presso Pittel & Brausewetter
per l’allievo della Scuola di Wagner ha la funzione di un laboratorio dove mettere subito a frutto quanto andava apprendendo a lezione, anche perché proprio i ponti e i viadotti erano infrastrutture alle quali lo stesso Wagner dedicava
molta attenzione, non solo in quanto facevano parte del tracciato della metropolitana, ma anche perché l’incarico conferitogli comprendeva la sistemazione delle sponde del Donaukanal: il tema pertanto costituiva un banco di prova
molto stimolante.
Presente a Trieste con una propria filiale, l’impresa Pittel & Brausewetter realizzò le fondazioni del Palazzo della Luogotenenza in piazza Unità, il Magazzino del Caffè in Porto Vecchio (1901), lo stabilimento dello Jutificio Triestino e
nel 1904 vinse la gara d’appalto per i padiglioni del nuovo frenocomio di San
Giovanni26, dove vennero applicati alcuni dei brevetti che aveva in esclusiva, in
particolare Matrai e Melan.
L’eco delle vicende architettoniche triestine raggiunge spesso la capitale grazie allo spazio che vi riserva “Allgemeine Bauzeitung”, la prima rivista di architettura e ingegneria dell’Impero, che documenta con cura la realizzazione di
Porto Vecchio, ma anche alcuni edifici cittadini, quali la stazione ferroviaria,
palazzo Panfili, la sede delle Assicurazioni Generali. A questo elenco si aggiunge la pubblicazione di due concorsi sulla rivista “Wiener Bauindustrie Zeitung”,
rispettivamente nel 1896 quello per il nuovo ospedale psichiatrico di San Giovanni27 e nel 1903 per la sinagoga28. Il miglior risultato in termini di partecipa-
cemento (Adolf Pittel) la ditta inizialmente si specializza nella realizzazione di condotte fognarie, quindi si passa ai ponti e agli edifici civili.
25
Der Architekt, 1902, p. 9.
Barillari, Diana, “L’architettura per il frenocomio di Trieste, storia di un progetto e della sua
realizzazione”, L’ospedale psichiatrico di San Giovanni a Trieste. Storia e cambiamento
1908-2008, cat. mostra, Electa, Milano, 2008, pp. 127-128.
26
27
Wiener Bauindustrie Zeitung, XIII, n. 47, 20 de agosto de 1896, p. 589.
28
Ibidem, XXI, 15 de noviembre de 1903, pp. 63-64.
CIEN AÑOS DEL PALACIO VALLE
53
zione fu conseguito dal concorso per la sinagoga con 42 progetti presentati.
Scorrendo la provenienza dei concorrenti le località più frequenti sono Vienna e Budapest, alle quali seguono Roma, Praga, Brno, Milano, Torino, Venezia,
Stoccarda, Stoccarda, Pressburg, Napoli, Parma29, mentre per quanto riguarda
i partecipanti possono essere distinti in due filoni tenendo in considerazione le
scelte architettoniche, quello moderno con esponenti della Secessione viennese e la compagine dei tradizionalisti con il numero più elevato di esponenti.
La risonanza internazionale di entrambi i concorsi in termini di adesioni non
ebbe però ricadute in quanto all’assegnazione degli incarichi per la realizzazione, infatti in entrambi i casi la soluzione adottata fu quella rivolgersi a progettisti operanti a Trieste, Braidotti per il complesso dell’ospedale psichiatrico
e Ruggero e Arduino Berlam il Tempio israelitico. Alla partenza di Barison per
il Cile risultavano quasi completati tutti i padiglioni dell’ospedale mentre non
era ancora stata avviata la costruzione del tempio Israelitico. Non era ancora stata avviata la costruzione. Non risulta alcun coinvolgimento di Barison in
questi cantieri, mentre la sua firma è apposta sulle tavole dei due edifici posti
in corrispondenza dei prospetti laterali di palazzo Viviani Giberti in viale XX
settembre (1907).
Questo palazzo è l’unica architettura realizzata da Giuseppe Sommaruga al di
fuori della Lombardia inoltre costituisce uno dei rari esempi di edificio progettato da un architetto italiano di rilevanza nazionale a Trieste, visto che tutte
le altre opere Liberty sono di professionisti attivi in città o provenienti da altre
località dell’impero asburgico. Ma più che al sentimento di italianità l’arrivo
di Sommaruga si può attribuire alle opportunità offerte dal sistema portuale che attira a Trieste imprenditori dinamici come quelli lombardi. In quegli
anni opera a Trieste l’esponente di una famiglia per la quale Sommaruga ha
realizzato diversi progetti, si tratta dell’ingegner Pietro Faccanoni che è socio
dell’impresa di costruzioni portuali Faccanoni Galimberti e Piani presente in
città dal 1903 e ben conosciuta a Vienna per la costruzione di importanti opere pubbliche. Arduino Berlam esprime un giudizio positivo nei confronti del
palazzo di Sommaruga, proprio perché l’architetto è riuscito nelle decorazioni
floreali a ideare «un tipo nuovo, non copiato da riviste tedesche, non imposto
dall’accademismo secessionista, ma liberamente ideato da una fantasia d’artista che attinge direttamente dalla natura le sue ispirazioni. A questo proposito, noteremo incidentalmente che va resa grande lode al Sommaruga per aver
saputo fare del nuovo senza mettersi nel codazzo degli imitatori d’oltr’Alpe e
conservando un organismo statico e solido che mi fa piacere. Qui non si vedono gli archi deformi arieggianti la forma di un pomodoro infracidito, qui non
Boralevi, Alberto, “Il ‘Tempio Israelitico’ di Trieste: storia di un concorso”, Comunità Religiose
di Trieste: contributi di conoscenza, Istituto per l’enciclopedia del Friuli-Venezia Giulia, Trieste,
1979, pp. 7-28.
29
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1900 ARCHITETTURA A TRIESTE / DIANA BARILLARI
si vedono le inevitabili bende che, simili a volgari bretelle, s’allungano stupidamente lungo i pilastri di cemento che fanno i mediocri moderni. Qui invece
v’è un organismo logico ed ornato –invece che con gli ornati tramandatici dalla
tradizione– da fogliami d’ippocastano e da frutti studiati dal vero, da puttini e
donne punto stecchiti, ma reali e, casomai, un po’ rubensiani»30.
In queste valutazioni espresse con competenza di mestiere, il tema dell’identità italiana resta sullo sfondo poiché il rifiuto della cultura architettonica “d’oltralpe” è fondato sulla scarsa qualità espressa dagli imitatori, mentre tra i fattori positivi del palazzo di Sommaruga vi è la decorazione ispirata al mondo
della natura e la sua qualità monumentale espressa in maniera corretta dalle
strutture portanti che sono massicce poiché devono sostenere “il forte blocco rossastro”. Arduino Berlam conosce bene le possibilità offerte dalle nuove
tecniche che impiegano il calcestruzzo armato e consentono di assottigliare
pareti e piedritti, ma la sua preferenza va alla costruzione in muratura dove da
secoli le leggi della statica vincolano a forme che sono coerenti con i materiali
e le tecniche impiegate. Il palazzo di Sommaruga è infatti «coronato da un
cornicione e da un attico di linee larghe e maestose posa, oltreché sulle spalle
delle cariatidi, su pilastroni in muratura alternante i corsi d’arenaria a bozze
con altri di pietra bianca –artificiale, ma molto ben fatta– che piantano bene
e danno uno zoccolo conforme all’imponenza delle murature soprastanti»31.
Anche se le nuove tecniche consentono soluzioni diverse come quelle applicate nelle Miethaus dove la zona basamentale risulta svuotata per fare posto alle
ampie vetrine dei negozi, il paradosso statico che ne consegue risulta, secondo
Arduino, sconveniente in termini estetici soprattutto negli esterni, mentre per
l’interno valgono considerazioni differenti. L’opulenza dell’apparato decorativo
e figurativo è caratteristica dell’architettura di Sommaruga che nella accentuazione del senso plastico rivela una “simpatia” per il barocco che costituisce
la cifra caratteristica dell’architetto. Un’eco di questa ricchezza ornamentale
e della plasticità che si riscontra nell’adiacente palazzo di Sommaruga, caratterizza anche i prospetti su via Gatteri e via del Bachi (ora Guido Brunner)
commissionati a Barison dallo stesso committente di Sommaruga, l’impresa
Viviani Giberti. I rigogliosi ornati fitomorfi lasciano il posto a una decorazione
più sobria e contenuta che occupa i parapetti delle terrazze, le cornici sopra le
finestre e il fregio a pianoterra: la semplificazione dell’ornamentazione è forse
dettata dal fatto che le due facciate sono da considerare meno rilevanti sotto
il profilo urbanistico, mentre il prospetto sul Viale ha un impatto visivo e in
termini di comunicazione più rilevante.
30
Baalbek (Berlam, Arduino), “Il nuovo teatro all’Acquedotto”, Il Palvese, I, n. 51, 23 de diciembre de 1907.
31
Ibidem.
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In questo 1902 che coincide con l’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa
Moderna di Torino e segna la consacrazione ufficiale del Liberty in Italia grazie
ai padiglioni realizzati da Raimondo D’Aronco, a Trieste Max Fabiani presenta
il progetto del Narodni Dom, edificio al quale Marco Pozzetto conferisce il primato della modernità sia sotto il profilo che per l’uso di nuovi materiali.
L’architettura di Sommaruga dove trionfa la decorazione risponde in modo più
immediato ai parametri del modernismo dilagante in tutta Europa, quantunque possieda una cifra individuale che svela autonomia artistica. Non stupisce
quindi che per illustrare il suo contributo sull’architettura moderna italiana
pubblicato in Der Architekt nel 1906 Alfredo Melani scelga palazzo Castiglioni
di Sommaruga a Milano come edificio modello32, dimostrando che l’architettura nazionale era in grado sia di smarcarsi dalla sudditanza nei confronti della
produzione internazionale, che di riscattarsi delle critiche che molta stampa
straniera aveva rivolto ai padiglioni e alle opere italiane presentate a Torino nel
1902 tacciate di scarsa originalità, poiché troppo affini alle indicazioni della
scuola “austro-tedesca”33.
I tanti edifici alla moda realizzati a Trieste tra il 1902 e il 1906 da ingegneri-imprenditori sono più facilmente riconducibili agli innumerevoli modelli e
esempi che le riviste e la stampa specializzata dell’epoca offrono, nonché concreti esempi di quell’architettura media di buona, se non ottima, qualità che
fiorisce da un estremo all’altro della Mitteleuropa, fornendo il minimo comune
denominatore che permette ai cittadini di Zagabria piuttosto che di Praga,
Budapest, Leopoli o Graz di sentirsi comunque a ‘casa’. Fabiani e Sommaruga
sono le due polarità che definiscono il l’architettura a Trieste tra il 1902 e il
1906, attraversato da protagonisti e opere che si confrontano con uno scenario internazionale. Da questo fertile e aperto contesto architettonico Arnaldo
Barison spicca il volo verso il Cile portando con sé la positiva eredità di una
formazione solida e tecnicamente avanzata, ma anche una familiarità con il
contemporaneo dibattito sul rinnovamento del linguaggio espressivo.
32
Melani, Alfredo, “Moderne Italienische Architektur”, Der Architekt, 1906, pp. 13-16.
Godoli, Ezio, “...uno stile uniforme, che non è altro che lo stile austro-tedesco”. Polemiche
sull’architettura dell’esposizione”, Torino 1902 le arti decorative internazionali del nuovo secolo, cat. mostra a cura di Bossaglia, Rossana, Ezio Godoli, Marco Rosci, Fabbri, Milano, 1994,
pp. 62-74.
33
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Fig. 1. Emil Artmann, palazzo ex Luogotenenza, piazza Unità, Trieste, 1900, ora sede della
Prefettura.
Fig. 2. Eugenio Geiringer, Casa Basevi, Trieste, 1902.
CIEN AÑOS DEL PALACIO VALLE
Fig. 3. Max Fabiani, Narodni Dom, ora sede della Scuola Speciale Interpreti e Traduttori
dell’Università di Trieste, 1902.
Fig. 4. La vetrata di Koloman
Moser che decorava l’ingresso
principale del Narodni Dom,
Trieste. ® Der Architekt, 1907.
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Fig. 5. Max Fabiani, Casa Bartoli, piazza della Borsa, Trieste, 1905.
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Fig. 6. Ruggero Berlam, palazzo Vianello, Trieste, 1903.
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Fig. 7. Giuseppe Sommaruga, palazzo Viviani Giberti prospetto su viale XX
settembre, Trieste, 1906-1907.
Fig. 8. Romeo Depaoli, palazzo Terni Smolars, Trieste, 1906.
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Fig. 9. Giorgio Zaninovich, progetto per una Miethaus. ® Der Architekt, 1902.
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Fig. 10. Enrico Nordio, sede del Creditanstalt ora Banca Intesa, piazza della
Repubblica, Trieste, 1907.
Fig. 11. Lodovico Braidotti,
ingresso principale della
palazzina di Amministrazione
dell’Ospedale psichiatrico di
San Giovanni, Trieste, 1903.
® Foto Archivio Privato.
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Fig. 12. Arnaldo Barison, progetto della facciata su via dei Bachi,
Trieste, 1906. ® Archivio Pianificazione Urbana comune di Trieste.
Fig. 12 a. Fascia sottotetto decorata con ceramiche del palazzo progettato
da Arnaldo Barison.
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Fig. 13. Arnaldo Barison, progetto della facciata su via Gatteri, Trieste, 1906.
® Archivio Pianificazione Urbana comune di Trieste.
Fig. 14. Decorazione della
facciata su via Gatteri
ideata a Arnaldo Barison,
Trieste, 1906.