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CIVILTÀ ROMANA Rivista pluridisciplinare di studi su Roma antica e le sue interpretazioni VI – 2019 Edizioni Quasar CIVILTÀ ROMANA Rivista pluridisciplinare di studi su Roma antica e le sue interpretazioni VI – 2019 Edizioni Quasar Direttore scientifico Anna Maria Liberati Comitato scientifico internazionale Joshua Arthurs • West Virginia University, Morgantown Silvana Balbi de Caro • Bollettino di Numismatica, MiBACT, Roma – Museo della Zecca di Roma, IPZS Gino Bandelli • Università degli Studi di Trieste Marcello Barbanera • “Sapienza” Università di Roma Mihai Bărbulescu • Universitatea Babeş-Bolyai, Cluj-Napoca Giovanni Brizzi • “Alma Mater Studiorum” Università di Bologna Franco Cardini • Istituto di Scienze Umane e Sociali, Scuola Normale Superiore, Pisa Maddalena Carli • Università degli Studi di Teramo Juan Carlos D’Amico • Université de Caen Normandie Letizia Ermini Pani (†) • Istituto Nazionale di Studi Romani, Roma Fondazione Centro italiano di studi sull’alto medioevo, Spoleto Lucietta Di Paola Lo Castro • Università degli Studi di Messina Antonio Duplá Ansuátegui • Universidad del País Vasco/Euskal Herriko Unibertsitatea, Vitoria/Gasteiz Maurilio Felici • LUMSA, Palermo Philippe Fleury • Université de Caen Normandie Oliver Gilkes • University of East Anglia, Norwich Virgilio Ilari • Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano – Società Italiana di Storia Militare, Roma Flavia Marcello • Swinburne University of Technology, Melbourne Anna Pasqualini • Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Giuseppina Pisani Sartorio • Pontificia Accademia Romana di Archeologia, Roma Gaetano Platania • Istituto Nazionale di Studi Romani, Roma – Università degli Studi della Tuscia Isabel Rodà de Llanza • Universitat Autònoma de Barcelona – Institut Català d’Arqueologia Clàssica, Tarragona Friedemann Scriba • “Hermann Hesse” Oberschule, Berlin Paolo Sommella • “Sapienza” Università di Roma Heinz Sproll • Universität Augsburg Coordinamento editoriale: Teresa Silverio Editing: CIVILTÀ ROMANA. Rivista pluridisciplinare di studi su Roma antica e le sue interpretazioni Via Salaria 1495/U, B6, 00138 Roma – tel./fax 068887304 – email: rivistaciviltaromana@gmail.com This is a peer-reviewed Journal CIVILTÀ ROMANA Rivista pluridisciplinare di studi su Roma antica e le sue interpretazioni Direttore responsabile: Enrico Silverio Proprietario: Anna Maria Liberati Registrazione Tribunale Ordinario di Roma n. 265 del 27 novembre 2014 ISSN 2421-342X L’abbreviazione internazionale della rivista è «CivRom» © Roma 2020 Anna Maria Liberati Edizioni Quasar di Severino Tognon s.r.l. via Ajaccio 41-43, 00198 Roma tel. 0685358444, fax 0685833591 email: info@edizioniquasar.it Finito di stampare nel mese di aprile 2020 Nessuna parte del presente volume può essere riprodotta senza preventivo permesso scritto degli aventi diritto Sommario Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . V Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VII Giuseppina Pisani Sartorio, Portici e templi lungo il Tevere all’epoca della conquista del Mediterraneo (III-I sec. a.C.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 Giulio Merlani, Dalla prima alla seconda o nuova Roma: il retaggio storico-ideologico dell’Urbe e l’eredità del potere imperiale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 Federica Calabrese, Badon Hill romana: il controverso sito della battaglia emblematica di re Artù 35 Anna Maria Liberati, La Mostra Augustea della Romanità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 Heinz Sproll, Alexandre Kojèves Phänomenologie des cäsarischen Imperiums. Sein ideenpolitisches Programm des Empire latin (27.8.1945): Europa auf dem Weg zum Bewusstsein seiner selbst und als Paradigma für den homogenen Weltstaat . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 Fonti Anna Maria Liberati - Enrico Silverio, Le fonti sulla Mostra Augustea della Romanità nelle carte dell’Archivio Centrale dello Stato, I: «dovrà riuscire un’importante opera di cultura» . . . . . . . 131 Abstracts . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 237 Recensioni Anna Maria Liberati, Antigüedad clásica y naciones modernas en el Viejo y el Nuevo Mundo, eds. Antonio Duplá Ansuategui, Eleonora Dell’Elicine, Jonatan Pérez Mostazo . . . . . . . . . . . . . . 243 Notiziario Pubblicazioni ricevute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 249 La Mostra Augustea della Romanità* Premessa La Mostra Augustea della Romanità per la sua durata nel tempo e per il perdurare degli effetti che ne scaturirono, contrassegnò il Bimillenario Augusteo del 1937-’38 più d’ogni altra iniziativa intrapresa nell’ambito delle celebrazioni di tale anniversario (fig. 1). Essendo il presente Convegno incentrato sull’Archivio storico dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, custode di buona parte dei documenti relativi a quel rilevante avvenimento, è mia intenzione affrontare il tema partendo proprio dalle fonti, allo scopo di presentare in maniera ad esse aderente la natura della Mostra Augustea, sovente oggetto di molte interpretazioni e letture, evidenziandone nel contempo la genesi, gli avvenimenti che la caratterizzarono ed anche i personaggi che ne furono i protagonisti, il cui ruolo ancora oggi non sempre viene sufficientemente delineato con l’ausilio delle fonti, risultando pertanto male o parzialmente interpretato1. * Pubblico in questa sede – inalterato e con le integrazioni bibliografiche strettamente indispensabili per il passare del tempo – il testo destinato agli Atti del Convegno internazionale 2014. Bimillenario della morte di Augusto. L’Istituto Nazionale di Studi Romani e le fonti d’archivio del primo bimillenario, Roma, Istituto Nazionale di Studi Romani, 23-24 ottobre 2014, a tutt’oggi non ancora editi. 1 Il tema del presente contributo è particolarmente vasto, dal momento che esso comprende sia la storia della Mostra Augustea della Romanità – tanto in sé quanto in riferimento alle Istituzioni che l’hanno preceduta e che le sono succedute – , sia l’organizzazione della Mostra e le scelte espositive, sia infine la storia dei materiali, che spesso viene posta in secondo piano rispetto allo studio di questioni di carattere ideologico-politico afferenti la storia contemporanea. Nel tentativo di fornire un quadro il più articolato possibile di ciascuno di tali aspetti, pur in un necessariamente ristretto numero di pagine, ho dovuto operare delle selezioni che mi permettessero di illustrare, attraverso esempi, tanto la storia della Mostra che la sua organizzazione che, in ultimo, le caratteristiche di alcuni dei materiali esposti. Poiché il Convegno da cui è originato questo saggio è stato dedicato alla valorizzazione dell’Archivio storico dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, nel citare i documenti d’archivio, ove lo stesso documento fosse, in originale o copia, in altri archivi, ho privilegiato la citazione dell’Archivio dell’Istituto. Per la completa conoscenza della Mostra Augustea della Romanità, è imprescindibile la consultazione del suo Archivio, fisicamente ubicato presso il Museo della Civiltà Romana, attualmente chiuso. Per una rassegna esaustiva delle maggiori fonti archivistiche sulla Mostra Augustea della Romanità, rinvio comunque senz’altro a F. Scriba, Augustus im Schwarzhemd? Die Mostra Augustea della Romanità in Rom 1937/38, Frankfurt am Main - Berlin 1995. Su Giulio Quirino Giglioli, che della Mostra Augustea della Romanità fu il Direttore generale, vd. M. Barbanera, s.v. Giglioli, Giulio Quirino, in «Dizionario Biografico degli Italiani», LIV, Roma 2000, pp. 707-711 e cfr. anche la globale definizione che è fornita tanto dell’uomo quanto dello studioso in A. Pasqualini, L’antiquaria di gesso: passato e futuro del Museo della Civiltà Romana all’EUR, in «Mediterraneo Antico», IX (2006), 2, pp. 631-646 (636, nota 25). Circa Carlo Galassi Paluzzi, fondatore ed in seguito Presidente dell’Istituto di Studi Romani, oltre che componente del Comitato ordinatore della Mostra Augustea della Romanità, vd. invece B. Coccia, Carlo Galassi Paluzzi. Bibliografia e appunti biografici, Roma 2000 ed A. Vittoria, L’Istituto di Studi Romani e il suo fondatore Carlo Galassi Paluzzi dal 1925 al 1944, in Il classico nella Roma contemporanea. Mito, modelli, memoria, Atti del Convegno di Roma, Istituto Nazionale di Studi Romani, 18-20 ottobre 2000, a cura di F. Roscetti con la collaborazione di L. Lanzetta e L. Cantatore, II, Roma 2002, pp. 507-537. Nella citazione dei documenti dell’Archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, ho impiegato le seguenti abbreviazioni: AINSR = Archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani; b = busta; CCM = Congressi, Convegni e Mostre; CSSR = Corsi Superiori di Studi Romani; f. = fascicolo; RS = Rassegna Stampa; s. = serie; sott. = sottofascicolo; sub sott. = sub sottofascicolo. Nella citazione dei documenti dell’Archivio Centrale dello Stato mi sono attenuta alle abbreviazioni d’uso, mentre per la citazione dei documenti dell’Archivio Storico della Mostra Augustea 54 Anna Maria Liberati Fig. 1. Locandina del radioprogramma scolastico del 30 aprile 1938 relativo alla Mostra Augustea della Romanità, inaugurata a Roma nel Palazzo delle Esposizioni il 23 settembre 1937. Sempre allo scopo di sottolineare le specificità della Mostra, mi soffermerò anche su alcuni aspetti collegati alla particolarità ed alla rilevanza scientifica delle opere che vi furono esposte e che la contraddistinsero, le quali in larga parte sono giunte sino a noi, ospitate in quel grande palinsesto della storia del Novecento rappresentato dal Museo della Civiltà Romana2. della Romanità ho impiegato quelle in F. Scriba, Augustus im Schwarzhemd?, cit., nel caso di fonti già citate da quest’autore mentre in altri casi non presi in considerazione da Scriba mi sono comunque attenuta – per ragioni di uniformità – ai criteri generali da lui impiegati. Da ultimo, nella citazione delle fonti dall’Archivio privato di Carlo Galassi Paluzzi ho fatto uso dei criteri di classificazione ivi adottati. 2 Sulla Mostra Augustea della Romanità, limitatamente ai problemi di carattere generale, vd. soprattutto A.M. Liberati Silverio, La Mostra Augustea della Romanità, in Dalla mostra al museo. Dalla Mostra archeologica del 1911 al Museo della civiltà romana, a cura di G. Pisani Sartorio - D. Mancioli - A.M. Liberati Silverio - V. Fioravanti, Catalogo della Mostra di Roma, Museo della Civiltà Romana, giugno - dicembre 1983, Venezia 1983, pp. 77-90; G. Pisani Sartorio, La Mostra Augustea della Romanita (1937-1938), il Palazzo delle Esposizioni e l’ideologia della romanità e A.M. Liberati Silverio, La Mostra Augustea della Romanita. L’allestimento della facciata, il progetto e l’organizzazione delle sale, il consuntivo della manifestazione, l’eredità, entrambi in Il Palazzo delle Esposizioni. Urbanistica e Architettura. L’esposizione inaugurale del 1883. Le acquisizioni pubbliche. Le attività espositive a cura di R. Siligato - M.E. Tittoni, Catalogo della Mostra di Roma, Palazzo delle Esposizioni, 12 dicembre 1990 - 14 gennaio 1991, Roma 1990, rispettivamente pp. 219-221 e pp. 223-227; F. Scriba, Augustus im Schwarzhemd? cit.; Id., Il mito di Roma, l’estetica e gli intellettuali negli anni del consenso: la Mostra Augustea della Romanità 1937/38, in «Quaderni di storia», a. XXI, n. 41(gennaio-giugno 1995), pp. 67-84; Id., The sacralization of the Roman past in Mussolini’s Italy. Erudition, aesthetics, and religion in the Exhibition of Augustus’ Bimillenary in 1937-1938, in «Storia della Storiografia», 30 (1996), pp. 19-29; Id., Die Mostra Augustea della Romanità in Rom 1937/38, in Faschismus und Gesellschaft in Italien. Staat - Wirtschaft - Kultur, hrsg. von J. Petersen - W. Schieder, Koln 1998, pp. 133-157; J.W. Arthurs, (Re)Presenting Roman History in Italy, 19111955, in Nationalism Historiography and the (Re)Construction of the Past, ed. by C. Norton, Washington 2007, pp. 27-41(3335); A. Argenio, Il mito della romanità nel ventennio fascista, in Il mondo classico nell’immaginario contemporaneo, a cura di B. Coccia, Roma 2008, pp. 81-177 (131-138); F. Marcello, Mussolini and the idealization of Empire: the Augustan Exhibition of La Mostra Augustea della Romanità 55 Prima però di iniziare l’esame dei documenti inerenti la Mostra Augustea della Romanità conservati nell’Archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani ed allo scopo di fornire una immediata percezione del tema oggetto di questo contributo, vorrei introdurre l’argomento riportando il giudizio di alcuni studiosi dell’epoca, e per primo quello di Michael I. Rostovtzeff: «La Mostra è veramente uno splendidissimo corso di Storia Romana, tale che non ho potuto mai fare agli studenti miei. La combinazione di monumenti e testi dà una vivida idea dello sviluppo di questo fenomeno unico nel Mondo, che è la formazione dell’Impero Romano»3; ed ancora quello di Albert W. Van Buren: «È veramente una rievocazione Romanità, in «Modern Italy», XVI (2011), 3, pp. 223-247; E. Silverio, Un’interpretazione dell’idea di Roma. La Sala XXVI della Mostra Augustea della Romanità, in «Studi Romani», LIX (2011), 1-4, pp. 307-331; J. Arthurs, Excavating Modernity. The Roman Past in Fascist Italy, Itacha-New York 2012, passim ed in modo particolare il cap. 4; A.M. Liberati, Romanità e Fascismo. Il ruolo del mito di Roma nella genesi del Museo della Civiltà Romana, in Le mythe de Rome en Europe: modeles et contremodeles, eds. J.C. D’Amico - A. Testino Zafiropoulos - P. Fleury - S. Madeleine, Actes du Colloque de Caen, Université de Caen Basse-Normandie, 27-29 novembre 2008, Caen 2012, pp. 341-358; Ead., Le musee-temoin d’une civilisation disparue: le musee de la Civilisation romaine, in Lieux de memoire, musees d’histoire, eds. E. Penicaut - G. Toscano, Actes du Colloque de Paris, Institut National du Patrimoine, 18-19 juin 2009, Paris 2012, pp. 117-125; A. Giardina, Augusto tra due bimillenari, in AVGVSTO, a cura di E. La Rocca - C. Parisi Presicce - A. Lo Monaco - C. Giroire - D. Roger, Catalogo della Mostra di Roma, Scuderie del Quirinale, 18 ottobre 2013 - 9 febbraio 2014, Milano 2013, pp. 57-72 (passim); M. Carli, Esibire il passato imperiale. L’immagine della romanità nelle mostre fasciste del 1937, in «Visual History», I (2013), pp. 11-35 (16-19); G. Prisco, Fascismo di gesso. Dietro le quinte della Mostra Augustea della Romanità, in Snodi di critica. Musei, mostre, restauro e diagnostica artistica in Italia 1930-1940, a cura di M.I. Catalano, Roma 2013, pp. 224-259; F. Scriba, L’estetizzazione della politica nell’età di Mussolini e il caso della Mostra Augustea della Romanità. Appunti su problemi di storiografia circa fascismo e cultura, in «Civiltà Romana», I (2014), pp. 127-158; G. Bandelli, Le celebrazioni fasciste del Bimillenario Augusteo tra la provincia di Udine e la provincia di Pola. 1937-1938, in «Antichità Altoadriatiche», LXXXI (= Atti della XLV settimana di Studi Aquileiesi Il Bimillenario Augusteo, a cura di G. Cuscito, Aquileia, Sala del Consiglio Comunale, 12-14 giugno 2014), Trieste 2015, pp. 31-48; A.M. Liberati, Bimillenario della nascita di Augusto. La rappresentazione delle province augustee della Hispania Romana nella Mostra Augustea della Romanità del 1937-1938, in 2on Congrés Internacional d’Arqueologia i Món Antic. August i les províncies occidentals. 2000 aniversari de la mort d’August. Actes, I, cur. J. López Vilar, Tarragona 2015, pp. 179-184; C. Rinaldi, Giuseppe Lugli in margine alla Mostra Augustea della Romanità: una voce fuori dal coro, in «Civiltà Romana», II (2015), pp. 159-183; A.M. Liberati, Il Museo dell’Impero Romano. La genesi, l’istituzione, lo sviluppo, la sorte, in «Civiltà Romana», III (2016), pp. 203-278 (252-264); M. Giuman - C. Parodo, La Mostra Augustea della Romanità e il mito di Roma antica in epoca fascista, in Augustus ist tot – Lang lebe der Kaiser!, hrsg. M. Flecker - S. Krmnicek - J. Lipps - R. Posamentir - T. Schäfer, Atti del Internationales Kolloquium anlässlich des 2000. Todesjahres des römischen Kaisers vom 20.-22. November 2014 in Tübingen, Rahden/Westf. 2017, pp. 606-620, e J. Arthurs, Bathing in the Spirit of Eternal Rome: The Mostra Augustea della Romanità, in Brill’s Companion to the Classics, Fascist Italy and Nazi Germany, edd. H. Roche - K.N. Demetriou, Leiden-Boston 2018, pp. 157-177. Vd. inoltre i saggi di M.T. Galassi Paluzzi Tamassia, A.M. Liberati e M. Carli nel volume di Atti in corso di stampa 2014. Bimillenario della morte di Augusto. L’Istituto Nazionale di Studi Romani e le fonti d’archivio del primo bimillenario. Il saggio della scrivente è qui anticipato. Sul Museo della Civiltà Romana vd. invece Dalla mostra al museo, cit.; A. Pasqualini, L’antiquaria di gesso, cit., ed A.M. Liberati, Le musee-temoin d’une civilisation disparue, cit. 3 Vd. G.Q. Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione Morale e Finanziaria (1932-1938), Roma 1942 (ma 1943), p. 141. Nel testo viene indicato come si sarebbe trattato di una dichiarazione dello studioso comunicata dall’Agenzia Stefani ai quotidiani il 27 settembre 1938. Più precisamente, le parole di apprezzamento per la Mostra Augustea erano contenute in una lettera nella quale Rostovtzeff si rammaricava con il Presidente dell’Istituto di Studi Romani, C. Galassi Paluzzi, di non poter presenziare al Convegno Augusteo del 23-27 settembre 1938. L’originale della lettera è in AINSR, s. CCM, b. 223, f. 74, lettera manoscritta in lingua italiana da M.I. Rostovtzeff a C. Galassi Paluzzi del 31 luglio 1938. Copia della lettera di M.I. Rostovtzeff venne trasmessa da C. Galassi Paluzzi a G.Q. Giglioli il 9 agosto 1938: vd. AINSR, s. CCM, b. 222, f. 68, sott. Circolari. Inviti, lettera da C. Galassi Paluzzi a G.Q. Giglioli del 9 agosto 1938 e cfr. la lettera da G.Q. Giglioli a C. Galassi Paluzzi del 12 agosto 1938 in AINSR, s. CCM, b. 223, f. 74. L’Agenzia Stefani ricevette probabilmente notizia della lettera dello studioso di origine russa da parte della Mostra Augustea della Romanità, visto che, allo stato, non si rinvengono nell’Archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani elementi che facciano ritenere come tale trasmissione fosse invece avvenuta da parte dell’Istituto, il cui Presidente era stato destinatario della comunicazione. Sull’episodio cfr. anche F. Scriba, Augustus im Schwarzhemd?, cit., p. 248 ed ivi nota 124, in cui tuttavia il destinatario della lettera di M.I. Rostovtzeff viene indicato in G.Q. Giglioli invece che in C. Galassi Paluzzi: difficile dire, attesa la conservazione dell’Archivio Storico della Mostra Augustea – cui Scriba attinse – all’interno del Museo della Civiltà Romana attualmente chiuso, se si sia in presenza di un banale refuso o se effettivamente esistano due lettere di Rostovtzeff di pressoché ugual tenore, l’una indirizzata a Galassi Paluzzi e l’altra a Giglioli. Fermo quanto sopra, 56 Anna Maria Liberati fatta in modo magistrale della romanità in tante sue manifestazioni. […]. Sono sicuro che la Mostra apporterà un contributo assai apprezzabile nella cultura di tutti i popoli che da Roma più o meno direttamente ed in più o meno larga misura trassero la loro civiltà»4. Ancora più incisive appaiono le parole di padre Antonio Ferrua: Disposizione varia, moderna, originale, quasi mai ingombrante, sapientemente illuminata, o a giorno o dal basso, perfettamente chiara e visibile in ogni suo punto. I monumenti si alternano con le iscrizioni, le statue con i grandi fregi marmorei. Il tutto commentato via via da scelte e precise leggende (sic), avvivato da visioni fotografiche, diorami, fotomontaggi che ora integrano il monumento, ora ne danno la cornice e lo sfondo. […]. Non è la mastodontica esposizione universale, impossibile a visitarsi e dove vanno piuttosto a distrarsi o a divertirsi che ad imparare. Si può percorrere in qualche ora, e tutti ne devono riportare una somma di utili insegnamenti e in particolare una impressione unitaria. Anche il dotto, l’archeologo di professione, che ha visto tante volte queste cose nei libri, si prepari a gradite sorprese, a colmare più di una lacuna insospettata; almeno riconoscerà che altro è vedersi vivo e parlante dinanzi il monumento, riprodotto con scrupolosa fedeltà, perché sia tutto alla sua portata, e altro è averlo visto in pianta, in sezione, in alzati sopra la carta, magari in fotografia a colori. In ogni caso è un lusso che finora nessuno si era potuto permettere, di vedersi adunati insieme, da ogni parte del mondo, quei monumenti che si potessero fra loro paragonare o dovessero fra loro illustrarsi. Tornerà dunque gradito a tutti l’apprendere che è già stato disposto che questa grande opera di documentazione scientifica non vada dispersa dopo il breve servizio della mostra della Romanità, ma chiuso l’anno bimillenario di Augusto, sia integralmente allogata in quel palazzo che sarà il vero, compiuto, e perpetuo museo dell’Impero Romano5. A queste parole ed a quelle di molti altri studiosi ancora6, faceva eco la stampa dell’epoca con frasi come questa: «Dopo che avremo visitato, provandone diletto, le sale della Mostra, […] ne sapremo assai più che se avessimo letto e digerito i parecchi grossi volumi delle “Antichità romane” del Daremberg e Saglio»7. Pur con espressioni e toni diversi, queste ed altre testimonianze ancora, esprimono un condiviso8 apprezzamento sul valore scientifico e didatticamente valido dell’esposizione e sono tali da indurre ad alcune riflessioni, volte a meglio inquadrare le questioni collegate attingendo appunto all’Archivio Storico della Mostra, nella citata nota 124 Scriba ricordava una lettera di Giglioli all’Agenzia Stefani in data 27 settembre 1938. Vd. Archivio MCR, MAR, b. 201, f. 11, sott. Convegno Augusteo. 4 G.Q. Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione Morale e Finanziaria, cit., p. 138. 5 Ibidem, p. 140. Brano tratto da «La Civiltà Cattolica», 18 dicembre 1937, consultabile anche nell’Archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, all’interno del raccoglitore di ritagli di stampa Mostra Augustea della Romanità. 1937. Questo ed altri raccoglitori non figurano negli inventari dell’Archivio dell’Istituto, ma ne fanno parte integrante costituendo quella che non pare errato definire una vera e propria “serie Rassegna Stampa”. 6 Tra le molte voci di encomio si ricordano quelle di Gustavo Giovannoni, Amedeo Maiuri, Pietro de Francisci, Eugenia Strong e molti altri ancora, sia in Italia che all’estero: vd. i passi trascritti in G.Q. Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione Morale e Finanziaria, cit., pp. 139-141. 7 Da «La scena illustrata» di Firenze del 1° ottobre 1937, brano antologizzato in G.Q. Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione Morale e Finanziaria , cit., p.142. 8 Non mancarono tuttavia alcune voci di dissenso: oltre ad ibidem, p. 4, vd. anche i documenti sinora inediti contenenti le critiche di Giuseppe Lugli pubblicati in C. Rinaldi, Giuseppe Lugli, cit. La Mostra Augustea della Romanità 57 alla Mostra Augustea della Romanità. Avendo inoltre svolto per alcuni decenni la mia attività di archeologa a contatto quotidiano con il materiale della Mostra stessa e con una realtà, il Museo della Civiltà Romana, erede e testimone del passato di cui qui ci stiamo occupando, credo che questa più di altre possa essere la sede opportuna per esaminare, come sopra già accennato, le grandi questioni collegate alla genesi ed alle caratteristiche della Mostra e dei suoi materiali, non sempre di immediata, comune e piana comprensione specie attualmente, dal momento che le collezioni della Mostra Augustea confluite nel Museo della Civiltà Romana non sono materialmente apprezzabili data la temporanea chiusura della struttura. Dal 1905-1911 al 1932: prolegomeni e genesi dell’idea della Mostra La Mostra Augustea della Romanità non nasce con il Fascismo, le sue origini vanno infatti ricercate nel 1911 ed ancora prima in un progetto del 1905 ideato da Giacomo Boni ed incentrato nell’allora Museo Forense9. Giulio Quirino Giglioli, Direttore generale della Mostra Augustea della Romanità, nel 1911 era stato Segretario generale della Mostra Archeologica (fig. 2), opera di Rodolfo Lanciani, inaugurata l’8 aprile del 1911 nelle aule restaurate delle Terme di Diocleziano. Realizzata nel quadro delle celebrazioni del Cinquantenario dell’Unità d’Italia, la Mostra Archeologica costituì il primo tentativo di sottrarre ai luoghi comuni la rappresentazione di quella che in seguito e senza grande soluzione di continuità prenderà il nome di “romanità”, dando all’iniziativa un genuino carattere scientifico. La Mostra ebbe molto successo e contribuì anche a far conoscere alle altre nazioni un aspetto dell’Italia fino ad allora poco noto: quello della ricerca in campo archeologico. 9 Sulla rilevanza del 1911 e sulla Mostra Archeologica nelle Terme di Diocleziano, vd. infra nel testo e nelle note per i necessari approfondimenti. Quanto al progetto del Boni, esso venne più volte ricordato dallo stesso G.Q. Giglioli, Direttore generale della Mostra Augustea. Si veda ad es. G.Q. Giglioli, Il Museo dell’Impero Romano, in «Le Vie d’Italia e del Mondo», II (1934), 1, pp. 1-21 (1). I materiali raccolti dal Boni sarebbero confluiti in seguito nel Museo dell’Impero Romano, diretto da Giglioli stesso, erede della Mostra Archeologica del 1911 ed organizzatore della Mostra Augustea della Romanità. Circa l’acquisizione del materiale del Boni alle collezioni del Museo dell’Impero Romano, vd. ad es.: Deliberazione del Governatore di Roma n. 9933 del 31 dicembre 1930, con la quale si autorizzava il restauro, la ricomposizione e l’esposizione di ben 71 «tavole» dei bassorilievi della Colonna Antonina, delle quali 43 già possedute dal Museo dell’Impero Romano e 28 per le quali invece «è in corso la pratica di cessione da parte della Direzione del Museo Forense»; Deliberazione del Governatore di Roma n. 5031 del 1° agosto 1931, relativa alle spese per lo «smontaggio, il trasporto, la collocazione e il restauro di pezzi grandi pesanti e fragilissimi» costituenti un «grandioso complesso di calchi dei rilievi dell’Arco di Traiano a Benevento»; Deliberazione del Governatore di Roma n. 7949 del 14 novembre 1931, con la quale si autorizzava il pagamento delle spese di cui alla Deliberazione n. 5031 del 1° agosto 1931 a favore del formatore Francesco Mercatali, uno dei collaboratori di fiducia non solo del Museo dell’Impero ma, in seguito, della stessa Mostra Augustea; Deliberazione del Governatore di Roma n. 4973 dell’8 agosto 1934, autorizzativa, per una spesa che non avrebbe dovuto superare le L. 2.000, del trasporto, collocazione e montaggio di ulteriori gessi ceduti dalla «Direzione degli scavi del Foro Romano» nonché della consegna di «frammenti dei monumenti del Foro Romano conservati nei depositi capitolini» ceduti in cambio di quei gessi. Peraltro, l’interesse nei confronti delle opere provenienti da Benevento percorre l’intera storia delle collezioni anche nel periodo successivo al Bimillenario Augusteo del 1937-’38. Vd. in tal senso ad esempio le seguenti Deliberazioni del Governatore di Roma, tutte relative al Museo dell’Impero Romano: n. 5220 del 30 novembre 1939 Esecuzione di un calco di un pannello dell’Arco di Benevento per il Museo dell’Impero Romano; n. 5471 del 18 dicembre 1939 Esecuzione del calco di un bassorilievo dell’arco di Traiano in Benevento affidata al signor Ciotti Vincenzo, un altro dei formatori di fiducia del Museo dell’Impero e già anche della Mostra Augustea; n. 2648 del 18 luglio 1940 Esecuzione di calchi in Benevento per il Museo dell’Impero Romano; n. 4168 del 19 dicembre 1940 Calchi dell’Arco di Traiano in Benevento. Aumento di spesa, relativa alle precedenti Deliberazioni n. 5220 e 5471 assunte nel 1939 e resasi necessaria «stante il noto aumento del prezzo dei materiali e delle mercedi» evidenziato dallo stesso Ciotti. Le Deliberazioni del Governatore o del Vice Governatore di Roma citate di qui in avanti sono consultabili presso l’Archivio Storico Capitolino, Decreti e Deliberazioni del Governatore, ivi ad loca. 58 Anna Maria Liberati Piace anche rilevare come la figura di Augusto fosse già ben presente nel 1911 ed anche come ad essa, con riferimento naturalmente al mondo antico, fossero stati già accordati quei caratteri che si ritroveranno nella Mostra Augustea, mediati dall’esperienza post-bellica del Museo dell’Impero Romano. Infatti le prime tre sale del percorso espositivo del 1911, che dovevano introdurre al grandioso dispiegarsi della civiltà romana nelle province, non a caso erano state dedicate rispettivamente a Roma Aeterna, all’Imperium Romanum e, quale culmine, al Divus Augustus pater (fig. 3). La studiosa inglese Eugenia Strong – mantengo volutamente l’italianizzazione del nome Eugénie –, che ritroveremo poi quale grande sostenitrice della Mostra Augustea e dell’opera dello stesso Giglioli, si auspicava che una simile esposizione potesse indurre le competenti autorità inglesi ad istituire «a Fig. 2. Giulio Quirino Giglioli in un ritratto fotocentral Romano-British museum» per testigrafico del 1911, quando ricopriva l’incarico di Segretario generale della Mostra Archeologica moniare il passato romano dell’Inghilterra, organizzata da Rodolfo Lanciani nelle Terme di similmente alla «Gallo-Roman section» del Diocleziano (da Mostra Archeologica alle Terme di museo di Saint-Germain en Laye in Francia Diocleziano, in Guida ufficiale delle Esposizioni di Roma, Roma 1911, pp. 198-211 [211]). o al «more recent» Römisch-Germanisches Museum di Mainz in Germania10. Una volta terminata la Mostra, mentre era già vivo il progetto di costituire, come scriveva il giovane Giglioli, un «Museo dell’Impero romano in Roma che è desiderato da ogni studioso»11 e la stessa Strong esaltava il ruolo di Roma come “paradigma di universalità” 10 S. Arthur Strong, The exhibition illustrative of the provinces of the Roman Empire, at the baths of Diocletian, Rome, in «The Journal of Roman Studies», I (1911), pp. 1-49 (33). 11 G.Q. Giglioli, La Mostra Archeologica alle Terme di Diocleziano, estratto da «Nuova Antologia», 16 aprile 1911, pp. 4 e 5. Ibidem vd. anche le seguenti espressioni: «L’omaggio di tutte le antiche province all’Urbe madre è stato veramente grandioso e affettuoso e deve essere causa di sincero compiacimento per ogni italiano». Ed ancora: «Del lavoro lungo e faticoso di ordinamento fu anima e guida Rodolfo Lanciani, e non sia troppo ardire il mio l’affermare che la nostra opera è stata di amore e di entusiasmo. L’Esposizione presenta ormai la più grande riunione di monumenti di questo genere che si sia finora tentata e costituirà, a suo tempo, il nucleo principale di quel Museo dell’Impero Romano in Roma, che è desiderato da ogni studioso». Sulla Mostra Archeologica del 1911, vd. principalmente D. Mancioli, La Mostra archeologica del 1911 e le Terme di Diocleziano e La Mostra archeologica, in Dalla mostra al museo, cit., rispettivamente pp. 29-32 e 52-61; F. Scriba, Augustus im Schwarzhemd?, cit., pp. 307-329; J.W. Arthurs, (Re)Presenting Roman History in Italy, cit., pp. 29-33, ma vd. anche pp. 27-29; D. Palombi, Rodolfo Lanciani. L’archeologia a Roma tra Ottocento e Novecento, Roma 2006, pp. 179-198; Id., Rome 1911. L’Exposition archéologique du cinquantenaire de l’Unité italienne, in «Anabases», 9 (2009), pp. 71-99; J.P. Bellon - T. Tortosa, La Mostra Archeologica nelle Terme di Diocleziano, 1911, in Repensar la escuela del CSIC en Roma. Cien años de memoria, edd. R. Olmos Romera - T. Tortosa - J.P. Bellon Ruiz, Madrid 2010, pp. 205-213; S. Baldinotti, Mostra archeologica alle Terme di Diocleziano, in La festa delle feste. Roma e l’Esposizione Internazionale del 1911, a cura di S. Massari, Roma 2011, pp. 172-173; A.M. Liberati, La Romania e la Scuola Romena di Roma nell’orizzonte culturale italiano fra gli anni ’10 e La Mostra Augustea della Romanità 59 che trovava nell’esposizione di Lanciani una precisa missione educatrice per i giovani12, le opere vennero acquisite dallo Stato italiano, operando la distinzione fra greche e romane13, con la finalità di formare il nucleo principale proprio del costituendo Museo dell’Impero Romano. Purtroppo, la realizzazione del progetto di Lanciani non si rese immediatamente eseguibile per il sopraggiungere della guerra di Libia prima e della guerra mondiale poi. L’idea di un tale museo non veniva però dimenticata e, grazie alla costanza ed al fervore di Giglioli, portò alla creazione nel 1926 e poi definitivamente nel 1929 del Museo dell’Impero Romano le cui collezioni, nelle Fig. 3. Mostra Archeologica del 1911. Sezione III dedicata quali confluirono non solo le nuove al Divus Augustus pater. In primo piano il calco della statua acquisizioni o i materiali della Modell’Augusto di via Labicana (da Catalogo della Mostra Arstra Archeologica ma anche alcuni cheologica nelle Terme di Diocleziano, Bergamo 1911, p. 32). importanti calchi dall’Antiquarium Forense, furono in seguito significativamente ampliate in occasione appunto della Mostra Augustea della Romanità14. Il Museo dell’Impero ed in seguito anche la Mostra Augustea ’30 del Novecento, in «Ephemeris Dacoromana», XV (2013) (= Atti del Convegno di studi in occasione del 90° anniversario dell’Accademia di Romania in Roma Vasile Pârvan e la Scuola Romena di Roma, Roma, Accademia di Romania in Roma, 26-27 ottobre 2012), pp. 19-38; Ead., La Mostra Archeologica del 1911 alle Terme di Diocleziano, ed E. Silverio, L’idea di Roma nel Regno d’Italia sino alla Mostra Archeologica del 1911, entrambi in «Bollettino di Numismatica on line, serie Studi e Ricerche», 2 (2014) (= Atti dell’Incontro di studi Orme di Roma. Tra Italia e Romania all’insegna di Roma antica, Roma, Accademia di Romania in Roma, 16 novembre 2012), rispettivamente pp. 80-96 e pp. 47-79, ed E. Silverio, Divus Augustus pater. Augusto, Roma, l’Italia e l’Impero nel Cinquantenario del Regno d’Italia, in «Civiltà Romana», III (2016), pp. 75-150 (passim). 12 S. Arthur Strong, The exhibition illustrative of the provinces of the Roman Empire, cit., p. 48. 13 I calchi di opere relative all’arte greca, offerti dal Governo ellenico al Governo italiano in occasione della Mostra, erano confluiti al Museo dei Gessi, ora Museo dell’Arte Classica, della R. Università di Roma a partire dal 1913. A questa prima dotazione fecero seguito successi invii e scambi di opere tra il Museo dell’Impero Romano ed il Museo dei Gessi fino al 1936. Sul Museo dei Gessi vd. M. Barbanera, Museo dell’Arte Classica, in I Musei dell’Università «La Sapienza», a cura di M. Barbanera e I. Venafro, Roma 1993, pp. 293-314; Id., Museo dell’Arte Classica. Gipsoteca, I, Roma 1995, e M.G. Picozzi, Il «Museo dei Gessi» di Emanuel Löwy, in Ripensare Emanuel Löwy. Professore di Archeologia e Storia dell’arte nella R. Università e Direttore del Museo di Gessi, a cura di M.G. Picozzi, Roma 2013, pp. 57-100. 14 Occorre richiamare l’attenzione sulle parole di G.Q. Giglioli ogniqualvolta vengano espresse valutazioni in merito alla costituzione del Museo dell’Impero Romano nel 1926-1927, unicamente quale espressione della politica culturale fascista o comunque quale iniziativa esclusivamente inquadrata in quel contesto. Infatti, così facendo si rischia di svalutare in modo gravemente ingiusto una spontanea ed appassionata vicenda scientifica sorta invece ben prima del Fascismo, tuttora attuale ed operante nonostante la chiusura, auspicabilmente temporanea, del Museo della Civiltà Romana che, attraverso la Mostra Augustea della Romanità e lo stesso Museo dell’Impero Romano, deriva direttamente dalla Mostra Archeologica del 1911. Un’interpretazione univoca nel senso di cui sopra è quella contenuta in S. Giuseppini, Roma 1926-1928: Istituzione del 60 Anna Maria Liberati della Romanità, come pure il Museo della Civiltà Romana, nelle intenzioni di Giglioli non avrebbero dovuto presentarsi come meri contenitori di opere, ma essere un «centro studi sulla Civiltà romana». In questo senso «[…] il Museo deve essere Museo ed Archivio, museo in quanto il documento è esposto al pubblico, archivio in quanto è conservato nella collezione e a disposizione degli studiosi»15. Museo dell’Impero Romano, in «Studi Romani», LV (2007), 1-2, pp. 214-236, mentre per un più corretto inquadramento si veda A. Pasqualini, L’antiquaria di gesso, cit. Ancora G.Q. Giglioli, La Mostra Archeologica, cit., p. 3, con riferimento all’idea di riunire in mostra le testimonianze dei monumenti e delle opere andate «ad allietare terre lontane e a portare tra le popolazioni straniere un raggio di nostra bellezza. Idea questa grandiosa e che speriamo di vedere un giorno completamente attuata; ma che pur non poteva bastare in questa occasione. Per fortuna un disegno ben altrimenti nobile sorse insieme con questo nella mente di Rodolfo Lanciani, presidente della Mostra, e del Conte San Martino, presidente del Comitato dell’Esposizione: quello di riunire in Roma un Museo dell’Impero romano!». In proposito occorre ricordare come il Museo dell’Impero Romano ed in seguito la Mostra Augustea della Romanità ed il Museo della Civiltà Romana non si prefiggessero di essere soltanto un museo, ma intendessero essere un centro studi sulla Civiltà Romana. Si veda in questo senso G.Q. Giglioli, Prefazione a «Bullettino del Museo dell’Impero Romano», I (1930), pp. 3-9 (7): «Mi spiego: il Museo deve essere Museo ed Archivio, museo in quanto il documento è esposto al pubblico, archivio in quanto è conservato nella collezione e a disposizione degli studiosi». A questo scopo, veniva avviata la pubblicazione del «Bullettino del Museo dell’Impero Romano», quale sezione autonoma del «Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma». Gli scopi di questa iniziativa sono così delineati dallo stesso G.Q. Giglioli, ibidem, p. 9: «Con gli articoli di ricerca originale, con l’ampio notiziario, essa si propone di accentrare e divulgare tutto ciò che interessi gli studiosi dell’arte e della civiltà romana, di dare notizia degli incrementi e delle richieste del Museo dell’Impero e nello stesso tempo di aprire una palestra a discussioni e a iniziative che contribuiscano ad approfondire sempre più la conoscenza di quella superba creazione che fu l’Impero di Roma». Sul Museo dell’Impero Romano, istituito con Deliberazione del Governatore di Roma n. 6073 del 21 agosto 1926, vd. A.M. Liberati Silverio, Il Museo dell’Impero Romano, 1927-1929 ed Ead., Il Museo dell’Impero Romano, 1929, entrambi in Dalla mostra al museo, cit., rispettivamente pp. 65-67 e 68-73; F. Scriba, Augustus im Schwarzhemd?, cit., pp. 330-338; S. Giuseppini, Roma 1926-1928, cit.; E. Silverio, Il ruolo del Museo dell’Impero Romano nelle celebrazioni del Bimillenario Augusteo del 1937-1938, in «Bollettino dei Musei Comunali di Roma», n.s. XXVIII (2014), pp. 149-162; A.M. Liberati, Il Museo dell’Impero Romano. La genesi, cit.; F. Scriba, La romanizzazione dell’antichità nel Museo dell’Impero (1927-1939). Una tappa tra l’interpretazione nazionalista di materiali archeologici e la messa in scena olistica in senso fascista; L. Lanzetta, Momenti di vita del Museo dell’Impero Romano nelle carte d’archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, ed E. Silverio, 21 aprile 1927: l’inaugurazione del Museo dell’Impero Romano nella stampa quotidiana, tutti costituenti la sezione Per il novantesimo anniversario dell’istituzione del Museo dell’Impero Romano, in «Civiltà Romana», III (2016), rispettivamente pp. 203-278, 279-302, 303-328 e 329-360. 15 G.Q. Giglioli, Prefazione, cit., p. 7. Non sarà inutile ricordare qui alcuni dati relativi al periodico del Museo dell’Impero Romano, tenuto conto della stretta osmosi tra il Museo e la Mostra Augustea. Il «Bullettino del Museo dell’Impero Romano», nato quale appendice al «Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma» che veniva «edita […] col concorso del R. Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte», mantenne la propria specifica denominazione e, esplicitamente menzionata dal vol. II (1931), la direzione di G.Q. Giglioli e P. Romanelli, sino al vol. XIII (1942). Il frontespizio del vol. XIV (1943-1945) reca la sola generica denominazione di «Appendice», mentre la pagina successiva avverte che si tratta della «Appendice del volume LXXI (1943-45) del Bullettino della Commissione Archeologica Comunale relativa all’Impero Romano edita dal Comune di Roma col concorso del Reale Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte, diretta da P. Romanelli». L’indice del relativo volume del «Bullettino della Commissione» riporta quindi: «Appendice (Bullettino del Museo dell’Impero Romano)». Scompare dunque con questo volume anche la direzione di G.Q. Giglioli, mentre resta il riferimento al concorso del R. Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte e la direzione di P. Romanelli. Dal volume successivo e sino al XVII (1951-1952) l’unica denominazione del «Bullettino» sarà quella generica di «Appendice» e scomparirà qualsiasi riferimento a qualsivoglia direzione disgiunta da quella del «Bullettino della Commissione», così come qualsiasi riferimento all’Istituto. Con i volumi XVIII (1953-1955) e XIX (1956-1958) scompare definitivamente l’indicazione generica di «Appendice», che viene sostituita dal nuovo nome di «Bullettino del Museo della Civiltà Romana». In effetti rimane comunque la pubblicazione in appendice al «Bullettino della Commissione Archeologica» e continua a mancare una specifica direzione. Il vol. XIX (1956-1958) è anche l’ultimo del periodico. Il restauro e l’esposizione nel Museo dell’Impero Romano di molte delle opere già esposte nella Mostra Archeologica del 1911 non si esaurì in un’unica occasione, ma anzi si protrasse anche oltre il trasferimento dell’Istituzione nella nuova sede dell’ex pastificio Pantanella: vd. ad es. la Deliberazione del Governatore di Roma n. 1892 del 15 marzo 1930, autorizzativa – per la somma di L. 2.600 – di una serie di opere tra cui riparazioni ad «alcuni calchi in gesso provenienti dalla Mostra Archeologica del 1911» in vista della loro esposizione in nuove sale del Museo, e la Deliberazione del Governatore n. 7683 del 15 dicembre 1934, con la quale, per «una somma non superiore alle L. 900» si autorizzava, tra l’altro, a «procedere al ritiro e alla con- La Mostra Augustea della Romanità 61 L’allestimento del Museo, dopo alcuni ambienti introduttivi prevedeva una serie di sale organizzate secondo le antiche province, in ciò distinguendosi dalla Mostra del 1911 in cui il materiale – tenuto conto della contemporanea situazione europea – era stato ordinato secondo lo Stato moderno di provenienza seppur con il riferimento alla provincia antica, con evidenti problemi per gli Stati / province danubiani. Già tuttavia nell’allestimento del 1927 del Museo dell’Impero, ritroviamo una piccolissima porzione di sezione dedicata alla Vita popolare romana16, che costituisce il nucleo della scelta tematica giunta sino al Museo della Civiltà Romana proprio attraverso la Mostra Augustea. Dopo circa tre anni dalla inaugurazione della nuova sede del Museo dell’Impero in via dei Cerchi, Giglioli nell’udienza del 14 maggio 193217, propose a Mussolini l’idea di una grande mostra da predisporre in occasione del Bimillenario della nascita di Augusto. In realtà da uno spoglio dei materiali d’archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, in seno al quale Giglioli oltre a ricoprire la carica di componente della Giunta direttiva presiedeva anche la Sezione antichità dei Congressi Nazionali di Studi Romani, emerge una genesi della Mostra Augustea della Romanità decisamente meno lineare rispetto a quanto descritto più tardi dallo stesso Giglioli18, il quale pare fornirne una versione “diplomatica”. In effetti, l’idea della Mostra Augustea della Romanità non è presente nell’ordine del giorno seguente sistemazione nel Museo dell’Impero di un gruppo di gessi facenti parte del materiale della Mostra Archeologica del 1911 (ceduto a suo tempo dallo Stato)». 16 A proposito della quale vd. Catalogo del Museo dell’Impero Romano, a cura di G.Q. Giglioli, Roma 1927, pp. 135-136. Nell’allestimento del 1927 la sezione sulla «vita popolare romana» era inserita nella Sala XII, che ospitava anche documenti delle Gentes externae. Nell’allestimento del 1929, invece, era assente un’analoga sezione ma se ne progettava la futura costituzione insieme con altre che in sostanza avrebbero integrato «le serie delle varie provincie»: vd. G.Q. Giglioli, Introduzione, in Museo dell’Impero Romano. Catalogo, a cura di G.Q. Giglioli, Roma 1929, pp. VII-XV ed ivi p. XV. Su tali progetti vd. anche, ad esempio: G.Q. Giglioli, Organizzazione della raccolta dei documenti archeologici della romanità, in Atti del I Congresso Nazionale di Studi Romani, I, Roma 1929, pp. 63-74 (70): «[…], accanto alla riproduzione della collezione di opere, diciamo così pubbliche, di ciascuna provincia, ho iniziato, sempre insieme col Colini, quella delle rappresentazioni della vita privata degli antichi, come il fabbro di Aquileia, il macellaio di Roma, […] il coltellinaio dei Musei Romani stessi, […]». Vd. a proposito di tale sviluppo anche la Deliberazione del Governatore di Roma n. 4137 del 24 maggio 1930, autorizzativa della spesa di L. 990 per la calcatura e l’imballaggio di «due bassorilievi della Galleria degli Uffizi rappresentanti venditori di panni» e la Deliberazione del Governatore di Roma n. 8876 del 26 novembre 1930, con la quale Pietro Romanelli veniva retribuito con un compenso di L. 1.500 anche per «gli studi […] per la formazione della sezione della Vita Romana che troverà posto nei nuovi locali assegnati al Museo stesso». Cfr. inoltre le Deliberazioni del Vice Governatore di Roma n. 7969 del 2 dicembre 1935 e n. 1771 del 6 aprile 1936, relative alle spese per una «nuova Sala della plastica dell’età imperiale». 17 Risale sempre al 1932 la proposta scaturita da alcune conferenze di Silvio Ferri, tenute presso la R. Università di Bologna, di istituire un Centro Studi di Archeologia dell’Impero Romano, sotto la Direzione scientifica di Pericle Ducati. Ferri, disdegnando Roma quale possibile sede del Centro, auspicava con veemenza una sede più vicina alle «Sue antiche provincie». Probabilmente fu anche l’atteggiamento ostile di Ferri e dei suoi sostenitori a far sì che Giglioli perseguisse con ancor più tenacia il raggiungimento del suo proposito che vedeva nella realizzazione di una grande mostra il compimento ideale e l’occasione per un completamento materiale di ciò che il Museo dell’Impero rappresentava nei suoi intendimenti. Vd. R. Università di Bologna, Per un Centro Studi di Archeologia dell’Impero Romano, Bologna 1932 ed ivi p. 38 per la citazione testuale, tratta dalla seconda (pp. 25-39) delle tre conferenze contenute nella pubblicazione, intitolata Scopo e funzionamento di un Centro di studi di Archeologia provinciale. Circa le udienze concesse da Mussolini a Giglioli durante le quali venne prima approvata l’idea di una grande Mostra sulla Romanità e poi il piano del suo sviluppo, vd. Una grande mostra augustea della romanità e La Mostra Augustea della Romanità, entrambi dalla prima pagina de «Il Giornale d’Italia» rispettivamente del 15 maggio e del 25 giugno 1932. Significativamente, come informa il primo dei due numeri citati del quotidiano, l’idea di «una grande Mostra Augustea della Romanità» venne illustrata da Giglioli al Duce proprio a margine dell’udienza del 14 maggio 1932, in cui egli aveva «riferito sullo sviluppo del Museo dell’Impero». 18 Vd. G.Q. Giglioli, La Mostra Augustea della Romanità, in Atti del III Congresso Nazionale di Studi Romani, a cura di C. Galassi Paluzzi, I, Bologna 1935, pp. 135-143, con particolare riguardo alle pp. 135-136. 62 Anna Maria Liberati sulle celebrazioni del Bimillenario fatto votare da Giglioli nel 1930 in occasione del II Congresso Nazionale di Studi Romani19. Essa, presso l’Istituto, appare ufficialmente nel verbale della seduta della Giunta direttiva del 12 febbraio 1932, ampiamente dedicata alla formulazione di un «programma di massima per la partecipazione dell’Istituto alla celebrazione del bimillenario augusteo, programma da sottoporre poi all’approvazione di S.E. il Capo del Governo»20. Fu Carlo Galassi Paluzzi, fondatore dell’Istituto di Studi Romani ed all’epoca suo Segretario generale21, ad introdurre nella discussione l’idea che l’Ente avrebbe potuto «inoltre organizzare una grande Mostra della Roma Imperiale in cui rivivesse nei suoi più vari aspetti la vita della Città nel periodo dell’Impero» e fu lui che, come risulta dal verbale di quella seduta della Giunta: […] d’accordo con il Prof. Giglioli, prospetta l’opportunità dell’organizzazione di una “Mostra della romanità”, della quale delinea sommariamente il carattere concludendo che dovrebbe essere tale da dare un quadro ampio e fedele della vita romana in tutte le sue manifestazioni pubbliche e private durante il periodo imperiale. Il Prof. Giglioli mette in rilievo l’importanza ed il vivissimo interesse che questa mostra potrebbe suscitare. Le varie sezioni della Mostra potrebbero essere dedicate all’Imperatore, alla Corte, ai Sacerdoti, alle costruzioni, alla vita famigliare, alla vita militare, ai commerci, ai giuochi, ecc. Tutta la vita di Roma imperiale potrebbe riapparire in uno specchio fedele dato dai monumenti, cimeli, figurazioni varie, che potrebbero essere utilmente inquadrate in ricostruzioni di ambienti. In precedenza, della Mostra c’è traccia nel carteggio del 15 e 16 gennaio 1932 tra Antonio Maria Colini, all’epoca Ispettore archeologo del Governatorato di Roma e componente la Commissione direttiva del Museo dell’Impero Romano, e Galassi Paluzzi22. Dal carteggio si evince la collaborazione di entrambi gli Enti rispetto alla realizzazione di quella che Colini definiva «una mostra della vita romana» e che Galassi Paluzzi già concepiva come un evento da inserire nel Bimillenario Augusteo: «Io ritorno al mio vecchio progetto e propongo di fare la grande mostra dell’Impero romano in occasione del Bimillenario Augusteo». Giglioli, intendendo dunque la Mostra quale naturale sviluppo del Museo dell’Impero Romano e logica tappa della vita delle sue collezioni come esistenti dal 1911, riuscì a riceve- 19 Vd. G.Q. Giglioli, Per il secondo millenario di Augusto, in Atti del II Congresso Nazionale di Studi Romani, Roma 1931, pp. 277-280 ed in modo particolare p. 280 per il testo dell’ordine del giorno. 20 Vd. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Lettere di convocazione, ove se ne conserva copia. Il fatto che nell’Archivio dell’Istituto una copia del verbale della riunione della Giunta direttiva del 12 febbraio 1932 fosse conservata insieme con quelle del Comitato ordinatore della Mostra, lascia intendere come anche in seguito da parte dell’Istituto si considerasse quella riunione di Giunta l’inizio dei lavori relativi alla Mostra Augustea, a nulla rilevando, nell’ottica dell’Istituto, la lettera di G.Q. Giglioli al Governatore del luglio 1931, sulla quale vd. infra. 21 Su C. Galassi Paluzzi cfr. supra nota 1. 22 In AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Carteggio con i membri della Commissione, sub sott. Colini, copia fotografica della lettera da A.M. Colini a C. Galassi Paluzzi del 15 gennaio 1932 e copie, dattiloscritta e fotografica, della velina della lettera da C. Galassi Paluzzi ad A.M. Colini del 16 gennaio 1932. Su Antonio M. Colini vd. soprattutto, oltre al contributo di G. Pisani Sartorio nel volume di Atti in corso di stampa 2014. Bimillenario della morte di Augusto. L’Istituto Nazionale di Studi Romani e le fonti d’archivio del primo bimillenario, anche Antonio Maria Colini, archeologo a Roma. L’opera e l’eredità, a cura di M. Buonocore - G. Pisani Sartorio, Atti del Convegno di Roma, Sala della Protomoteca Capitolina, 18 novembre 1998, in «Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia», LXX (1997-1998), pp. 1-317. La Mostra Augustea della Romanità 63 re dal Capo del Governo l’incarico di Direttore generale della Mostra Augustea della Romanità: si era però così venuta a determinare una situazione non proprio chiara nei confronti dell’Istituto di Studi Romani, che dette causa ad un vivace scambio di lettere antecedente la “sistemazione” ufficiale dell’intera questione nel III Congresso Nazionale di Studi Romani, svoltosi a Roma tra il 22 ed il 27 aprile 1933 sui due temi fondamentali La celebrazione del Bimillenario Augusteo e La rinascita dello studio e dell’uso della lingua latina23. Volendo soffermarci sul succedersi degli eventi ora accennati, osserveremo come, dopo una serie di scambi preliminari, fu Galassi Paluzzi in una lettera a Giglioli del 7 luglio 1932 a porre chiaramente il problema dei rapporti tra l’Istituto e la Mostra: Poiché come fu detto fin dal II Congresso Nazionale di Studi Romani, come fu ripetuto nella seduta della Giunta Direttiva dell’Istituto in data 12 febbraio c.a., come risulta dalle lettere che ci siamo scambiati […], l’organizzazione così della grande Mostra come delle altre manifestazioni per il Bimillenario Augusteo sono state elaborate in seno all’Istituto e vengono affidate per la realizzazione all’Istituto stesso, io debbo farti presente […] che pur essendo naturalmente tu il Direttore Generale della Mostra, l’opera deve risultare organizzata dall’Istituto di Studi Romani, sia pure con gestione autonoma per quanto riguarda la parte finanziaria. La replica di Giglioli, contenuta in una lettera dell’8 luglio, costituì una rivendicazione dell’autonomia della Mostra dall’Istituto, affidata non solo ad una ricostruzione della genesi dell’idea della Mostra stessa, ma anche e soprattutto al particolare ed inequivoco significato dell’affidamento della direzione generale da parte di Mussolini allo stesso Giglioli, della nomina di un Comitato ordinatore, composto da Galassi Paluzzi, Colini e Pietro Romanelli e della assenza dell’Istituto di Studi Romani dalle direttive del Duce circa la Mostra: Dunque è facile precisare chiaramente la cosa. Il Duce ha fatto sua l’idea della Mostra e l’ha lanciata come una iniziativa del Governo, il Duce ha messo me Direttore Generale, e un piccolo Comitato per coadiuvarmi. L’Istituto di Studi Romani è rappresentato nel Comitato stesso dal suo Segretario Generale (che poi riassume in sé tutta la sua attività) ed è incaricato esso della gestione autonoma dei fondi. E’ chiaro quindi che Direzione Generale della Mostra e Istituto di Studi Romani sono due organi perfettamente autonomi e se, come è nostra comune intenzione, l’Istituto di Studi Romani sarà pregato di assumersi, specialmente nel periodo risolutivo, compiti non solo finanziari; (sic) ma organizzativi ciò avverrà per accordi che prenderemo volta per volta tra la Direzione della Mostra e l’Istituto stesso24. 23 Ove non diversamente indicato, la corrispondenza tra G.Q. Giglioli e C. Galassi Paluzzi citata di qui in avanti è in AINSR, s. CCM, b. 213, f. 34, sott. Bimillenario Augusteo. Mostra Romanità. Giglioli. Cfr. inoltre supra nota 16 circa l’ampliamento delle collezioni sulla base del nucleo costituito dal materiale della Mostra Archeologica del 1911. Peraltro, da un biglietto di Giglioli a Galassi Paluzzi del 20 maggio 1932 e da una velina della lettera di C. Galassi Paluzzi a G.Q. Giglioli del 7 luglio 1932 si evince che Galassi Paluzzi era stato messo preventivamente a conoscenza almeno del programma della Mostra Augustea poi approvato da Mussolini e pubblicato su «Il Giornale d’Italia» del 25 giugno 1932. 24 Con lettera 13 luglio 1932 però G.Q. Giglioli comunicava a C. Galassi Paluzzi la presenza nel Comitato quale «Amministratore anche con funzione di tesoriere-cassiere» del Comm. Arrigo Facchini, direttore di Ripartizione addetto alla Segreteria Generale del Governatorato di Roma: a lui sarebbero anche stati versati dalla Presidenza i contributi annuali. Quanto alla denominazione del gruppo di lavoro della Mostra Augustea della Romanità, essa è tale da ingenerare una certa confusione. Infatti negli atti governativi risulta essere quella di “Comitato ordinatore”: vd. ACS, PCM, anni 1937-’39, f. 14/1 64 Anna Maria Liberati Quanto poi alla funzione della Mostra – che peraltro aveva occasionato la primitiva genesi della sua idea – quella cioè «di completare con la raccolta dei documenti della vita antica, il quadro del Museo dell’Impero, […]», essa veniva rivendicata nella lettera dell’8 luglio 1932 da Giglioli, che ne mostrava il perseguimento sin dalla stesura della Deliberazione del Governatore di Roma del 21 agosto 1926 con cui veniva creato il Museo dell’Impero Romano e successivamente attraverso una lettera al Governatore del luglio 1931, la quale non poté avere seguito a causa della mancanza di fondi per l’iniziativa. Solo allora, scriveva Giglioli, del progetto venne interessato Galassi Paluzzi e solo allora, scriveva sempre il primo, «si pensò tra me e te […] di trasportare la Mostra al Bimillenario Augusteo»: quindi, concludeva Giglioli, mentre nel II Congresso Nazionale del 1930 l’idea della Mostra era assente, la sua proposizione nel corso della seduta della Giunta del 12 febbraio 1932 andava infine esclusivamente intesa come «progetto da patrocinare dagli Studi Romani». Il carteggio, molto garbato pur nella fermezza delle diverse posizioni, proseguì ancora con lettere in data 11 e 13 luglio 1932: il richiamo all’interessamento diretto di Mussolini si rivelò, come nelle intenzioni di Giglioli, dirimente rispetto all’intera questione ed i due studiosi, su impulso di Galassi Paluzzi che ne scrisse a Giglioli l’11 luglio, concordarono anche il testo da verbalizzarsi in sede di Giunta direttiva circa i rapporti tra la Mostra, il Museo e l’Istituto25. La questione venne ulteriormente appianata nel verbale della riunione del Comitato ordinatore della Mostra, tenutasi in data non riportata a luglio del 193226. Mesi dopo, nel verbale del Comitato del Bimillenario n. 1 del 20 dicembre 1933 verrà verbalizzato semplicemente che: Il Direttore dell’Istituto fa notare preliminarmente che per quanto riguarda la Mostra Augustea della Romanità, essendosi S.E. il Capo del Governo compiaciuto di affidare l’organizzazione della grandiosa manifestazione al prof. Giglioli, non vi è nulla più da aggiungere in sede della presente discussione, dato che i lavori procedono sistematicamente ed egregiamente sotto la Direzione del prof. Giglioli27. Un ulteriore spunto di attrito fu comunque rappresentato dalla carta intestata della Mostra, che avrebbe infine riportato la doppia intestazione “Museo dell’Impero Romano n. 918, sott. 2 Comitato ordinatore della Mostra, b. 2493. Altrove invece, ma senza possibilità di confusione con gruppi di lavoro distinti ai quali tuttavia prendevano parte taluni degli studiosi della Mostra, figura la denominazione di “Commissione direttiva”, come ad es. nel caso di AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, ove compare “Commissione della Mostra Augustea della Romanità”, da intendersi come “direttiva” alla luce del contenuto del Catalogo dell’esposizione. Nel Catalogo della Mostra, infatti, si parlerà poi soltanto di “Commissione direttiva”: vd. G.Q. Giglioli, Presentazione, in Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, I, a cura di R. Vighi - C. Caprino, Roma 19384 (definitiva), pp. XI-XXII (XX-XXI), nonché Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, I, cit., pp. XXV e XXVII. 25 Cfr. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 34, sott. Bimillenario Augusteo. Mostra Romanità. Giglioli, lettera da C. Galassi Paluzzi a G.Q. Giglioli dell’11 luglio 1932, pp. 2-4. 26 Vd. in AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del luglio 1932, privo dell’indicazione del giorno: «Il prof. GIGLIOLI riferisce anzitutto sullo stato della pratica in corso presso la Presidenza del Consiglio relativa alla Mostra e propone che nel titolo di essa venga indicato come ente promotore, accanto al Museo dello (sic) Impero, anche l’Istituto di Studi Romani. Il prof. GALASSI-PALUZZI si dichiara soddisfatto». 27 Vd. AINSR, s. CCM, b. 209, f. 2, sott. Bimillenario Augusteo. Commissione Direttiva. Verbali, copia del verbale n. 1, seduta del 20 dicembre 1933, p. 1. La Mostra Augustea della Romanità 65 – Istituto di Studi Romani”, ma che in principio riportava solo l’indicazione del primo28. La questione della carta intestata si rinviene a partire dal 193229, mentre invece la scelta dell’emblema venne facilmente risolta avendo tra l’altro nel frattempo Mussolini autorizzato all’uso del fascio littorio30. Le carte dell’Archivio ricordano anche la collaborazione tra Giglioli e Galassi Paluzzi per l’emissione di un francobollo commemorativo della Mostra31, iniziativa che in realtà si concretizzò in diverse serie: 10 francobolli di posta ordinaria (figg. 4-7) e 5 di posta aerea per il Regno ed altrettanti per le Isole italiane dell’Egeo, nonché 6 di posta ordinaria e 2 di posta aerea per l’Africa italiana, cioè sia per la Libia che per l’Africa Orientale Italiana. Percentuali dei proventi derivanti la vendita dei francobolli furono attribuite per il 70% al Museo dell’Impero e per il 30% all’Istituto di Studi Romani. Autore dei «disegni» fu Corrado Mezzana ed essi, come scrive Giglioli: […] furono creati con l’abituale maestria e con una felice riunione di tutti gli elementi culturali e significativi con una forma artistica bella e moderna nella sua classicità. Del progetto e delle pratiche con le autorità competenti si occupò con la sua autorevolezza Carlo Galassi Paluzzi; i risultati furono i più lusinghieri, sia per il largo favore che le serie ebbero nel pubblico, sia per gli utili che superarono le 200.000 lire32. Non è questa la sede per analizzare l’impiego delle fonti classiche in quelle emissioni filateliche33: quanto interessa rilevare è come circa L. 30.000 andassero ad incrementare un 28 Vd. in modo particolare AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Carteggio con i membri della Commissione, sub sott. Giglioli, lettera da C. Galassi Paluzzi a G.Q. Giglioli del 20 marzo 1933. 29 Vd. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 34, sott. Bimillenario Augusteo. Mostra Romanità. Giglioli, lettere di C. Galassi Paluzzi a G.Q. Giglioli del 28 giugno e dell’11 luglio 1932 e b. 213, f. 35, sott. Carteggio con i membri della Commissione, sub sott. Giglioli, lettera di C. Galassi Paluzzi a G.Q. Giglioli del 20 marzo 1933. 30 Vd. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 12 marzo 1934. Precedentemente erano stati presi in considerazione un bozzetto di Corrado Mezzana – sul quale vd. infra nota 32 – ispirato ad un particolare dell’Ara Pacis ed alcuni calchi di monete augustee; tra queste era stato scelto un esemplare recante sul diritto il profilo dell’imperatore e sul rovescio il capricorno: vd. ibidem, verbale della riunione del 15 febbraio 1933. 31 Vd. ibidem, verbale, senza più precisa datazione, del luglio 1932, del 15 febbraio 1933 e del 12 marzo 1934. 32 G.Q. Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione Morale e Finanziaria, cit., p. 13. Su C. Mezzana vd. R. Ruscio, s.v. Mezzana, Corrado, in «Dizionario Biografico degli Italiani», LXXIV, Roma 2010, pp. 73-75, mentre ulteriori riferimenti bibliografici sono in A.M. Liberati, La storia attraverso i francobolli tra anniversari e ideologia nell’Italia degli anni Trenta del Novecento, in «Civiltà Romana», I (2014), pp. 231-281, passim ed in modo particolare pp. 274-277. Nell’ambito della Mostra Augustea, inoltre, Mezzana curò anche l’allestimento della sala LIII, che con la LII costituiva una delle due dedicate a L’Industria e l’Artigianato. Piace qui ricordare che, sempre nell’ambito delle celebrazioni del Bimillenario Augusteo, Mezzana partecipò al V Congresso Nazionale di Studi Romani con due comunicazioni, la prima tenuta nella seduta antimeridiana del 29 aprile 1938 della Sottosezione Arti Plastiche e Figurative della Sezione Èra Moderna e Contemporanea e la seconda nella seduta antimeridiana del 30 aprile 1938 della Sezione dedicata ai problemi urbanistici dell’Urbe: vd. dunque C. Mezzana, L’altare berniniano della Visitazione nel Santuario di Savona, in Atti del V Congresso Nazionale di Studi Romani, a cura di C. Galassi Paluzzi, III, Roma 1942, pp. 531-543 ed Id., Progetto di traforo tra via Cavour e il Colosseo, in Atti del V Congresso Nazionale di Studi Romani, a cura di C. Galassi Paluzzi, IV, Roma 1941, pp. 223-226. 33 Vd. in proposito A.M. Liberati, La storia attraverso i francobolli, cit., passim ed in modo particolare pp. 260-274 per le emissioni celebrative del Bimillenario Augusteo, con ulteriore bibliografia. La genesi, la storia ed il significato delle emissioni filateliche realizzate in occasione del Bimillenario del 1937-’38 per il Regno d’Italia, le Isole Italiane dell’Egeo e l’Africa Italiana sono oggetto, attraverso l’analisi delle fonti contenute nell’Archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, di un contributo della scrivente e di Enrico Silverio in corso di stampa in «Studi Romani». In occasione del Bimillenario della morte di Augusto, l’Istituto Nazionale di Studi Romani, su iniziativa e con la collaborazione della scrivente, si è fatto promotore di un’e- 66 Anna Maria Liberati Fig. 4. Francobollo commemorativo del Bimillenario della nascita di Augusto. Valore di posta ordinaria da 10 centesimi raffigurante una Colonna rostrata. Il motto si ispira a Res gestae 25, 1 ed intende alludere anche al tema della potenza italiana nel Mediterraneo. Fig. 5. Francobollo commemorativo del Bimillenario della nascita di Augusto. Valore di posta ordinaria da 75 centesimi raffigurante il c.d. Augusto di Meroe. Il motto si ispira a Res gestae 26, 5 ed intende alludere anche alla rinascita dell’Impero nell’Italia fascista. Fig. 6. Francobollo commemorativo del Bimillenario della nascita di Augusto. Valore di posta ordinaria da 1,75 Lire con il sovrapprezzo di 1 Lira raffigurante l’Ara Pacis Augustae la cui nuova sistemazione avvenne a chiusura dell’anno bimillenario. Il motto si ispira a Res gestae 12, 2 ed intende alludere anche alla pace nel nuovo Impero italiano. Fig. 7. Francobollo commemorativo del Bimillenario della nascita di Augusto. Valore di posta ordinaria da 2,55 Lire con il sovrapprezzo di altre 2 Lire raffigurante il tempio di Giove sul Campidoglio. Il motto si ispira a Res gestae 4, 1 ed intende alludere anche alla pace raggiunta in Italia. fondo da utilizzare per la calcatura dei rilievi della Colonna Traiana, in seguito tuttavia mai eseguita a causa degli ingentissimi costi34. missione filatelica autorizzata dal Ministero dello Sviluppo Economico e realizzata da Poste Italiane e dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato: vd. P. Sommella - A.M. Liberati, Emissione di un francobollo commemorativo del Bimillenario della morte dell’imperatore Augusto, nel «Bollettino illustrativo» dell’emissione filatelica pubblicato da Poste Italiane il 19 agosto 2014, Iid., Emissione di un francobollo commemorativo del Bimillenario della morte dell’imperatore Augusto, in «Civiltà Romana», I (2014), pp. 317-320 ed ancora Iid., Emissione di un francobollo commemorativo del Bimillenario della morte dell’imperatore Augusto, in «Studi Romani», LXII (2014), 1-4, pp. 430-432. Per l’emissione del francobollo vd. il Decreto del Presidente della Repubblica del 6 febbraio 2014, pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana» n. 65 del 19 marzo 2014, mentre le caratteristiche tecniche sono state determinate con Decreto interministeriale del 9 maggio 2014 pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana» n. 122 del 28 maggio 2014 e con Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 15 luglio 2014, pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana» n. 180 del 5 agosto 2014. 34 In realtà, l’interesse degli studiosi del Museo dell’Impero Romano e della Mostra Augustea della Romanità nei riguardi della Colonna Traiana era nato molto tempo prima della data delle emissioni filateliche celebrative del Bimillenario ed esso si può seguire a partire dai verbali del Comitato ordinatore della Mostra, in AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali. Nella riunione dell’8 maggio 1933, evidentemente facendo seguito a precedenti riflessioni e nel quadro di una generale attenzione verso i monumenti traianei, veniva menzionata la «questione della Colonna Traiana», di cui si rinviava la trattazione ad un successivo incontro. In seguito, nella riunione del 12 marzo 1934 G.Q. Giglioli «[…] riferisce sui calchi della Colonna Traiana. Premesso che è assolutamente necessario per la Mostra possedere sia per studio sia per diretta esposizione gran parte dei calchi suddetti e che il Museo dell’Impero non dovrebbe a sua volta mancare di possederli, la risoluzione del problema è stata studiata in due forme: attraverso una copia dei calchi posseduti dal Museo Lateranense e attraverso un nuovo calco della Colonna. Riguardo al primo punto è risultato che in questo momento il Vaticano sta traendo forme in cemento (?) dai suoi calchi per gettarne una copia in cemento bianco da sostituire ad essi ed eventualmente una copia analoga per la Romania ed altre per altre nazioni: non risulta l’uso che verrà fatto dei calchi originali, e cioè se saranno anch’essi conservati dal Vaticano o venduti. Per la copia offerta alla Romania viene richiesto il prezzo di L. 180.000.- […]. Salvo più precisi accertamenti consegue che il costo di un nuovo calco sull’originale sarebbe notevolmente inferiore a quello richiesto del calco ottenuto dal Museo Lateranense; e potrebbe essere ancora ridotto offrendo il secondo getto alla Romania la quale a sua volta potrebbe ottenere da ciò un notevole vantaggio». Veniva quindi dato La Mostra Augustea della Romanità 67 Le vicende relative alla genesi della Mostra Augustea della Romanità si intrecciano quindi anche con le vicende umane e con i reciproci temperamenti dei due grandi protago- incarico al Segretario della Mostra A.M. Colini «di studiare ulteriormente la cosa e riferire alla Commissione per le definitive decisioni». L’approfondimento non dovette sortire l’effetto sperato ed anzi, come si evince dalla lettera di B. Nogara protocollata dalla Mostra il 23 aprile 1934, in Archivio MCR, MAR, Fotografie, Città del Vaticano, ci si rivolse presto, ma con esiti non buoni, all’idea di riproduzioni fotografiche dei calchi vaticani. Significativo in tal senso è l’appunto vergato a matita, siglato da A.M. Colini, ed indirizzato a Gabriella Bordenache Battaglia, all’epoca dott.ssa Battaglia addetta all’archivio fotografico della Mostra: «in evidenza ma attendere». Dal contatto con i Musei Vaticani, comunque, ebbero luogo la calcatura di numerose iscrizioni cristiane e di altre opere, tra cui soprattutto quella dei rilievi della base della Colonna di Antonino Pio: vd. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbali del 15 gennaio 1935 e del 14 gennaio 1936, quest’ultimo che riporta anche il testo del comunicato della Presidenza del Consiglio successivo all’Udienza di Giglioli presso Mussolini del 30 dicembre 1935. Deve probabilmente collegarsi agli esiti del carteggio con i Musei Vaticani la lettera inviata dalla Mostra a L. Curtius, in cui Giglioli ringraziava il Direttore dell’Istituto Archeologico Germanico per aver concesso il permesso di stampare i negativi delle foto della Colonna Traiana: vd. Archivio MCR, MAR, b. 251, f. Italia, sott. Roma, lettera da G.Q. Giglioli a L. Curtius del 24 luglio 1934. Il progetto di realizzare una copia dei rilievi della Colonna Traiana in cemento bianco venne comunque ripreso nel 1939, forse con l’intento di cederli al Governo Romeno, secondo l’idea già espressa nel 1934. Infatti, l’interesse verso la Colonna Traiana fu costante, come prova anche la sua menzione nella parte del verbale del 10 ottobre 1934 che riproduce la relazione presentata giorni prima da Giglioli a Mussolini: vi si fa riferimento all’esecuzione del calco dei Fasti Ostiensi ed espressamente si ricorda come essi menzionino la Colonna. Un successivo progetto per l’esecuzione del calco della Colonna e di una serie di negativi dell’intero rilievo con una copia di ognuna, venne avviato all’incirca tra i mesi di marzo e giugno 1939. Infatti con lettera del 2 marzo 1939 la Innocenti S.A. trasmetteva la propria offerta n. 38 per il noleggio di una struttura tubolare ed il suo montaggio attorno alla Colonna Traiana, con un costo di L. 13.100,00 a corpo per i primi 4 mesi, oltre a L. 2.240,00 per ogni eventuale mese o frazione di mese successivo al quarto. Vennero anche interpellati due formatori di fiducia della Mostra, F. Mercatali e V. Ciotti, che, rispettivamente in data 1° e 10 giugno 1939, fornirono ciascuno due preventivi, l’uno per il calco in creta del bassorilievo del fusto e per due getti in gesso, l’altro invece per il calco in creta dei bassorilievi e per due getti di cui il primo in gesso ed il secondo in cemento bianco. Nel primo caso, la spesa preventivata oscillava tra L. 185.000,00 e 200.000,00, mentre nel secondo tra L. 280.000,00 e 302.500,00. Come si evince da un piano di spesa redatto dalla Mostra della Romanità, attingendo agli esercizi 1939 e 1940 di questa per complessive L. 30.000,00, ai proventi del sovrapprezzo di alcuni francobolli emessi per il Bimillenario Augusteo del 1937-’38 per ulteriori L. 30.000,00 ed ancora attingendo la somma complessiva di L. 60.000,00 dalla dotazione annua del Museo dell’Impero per gli anni 1939, 1940 e 1941, si sarebbero potute raggiungere in tutto L. 120.000,00, di cui L. 55.000,00 disponibili alla fine del 1939, L. 45.000,00 nel primo semestre del 1940 ed infine L. 20.000,00 all’inizio del 1941. La somma complessiva di L. 120.000,00 avrebbe dovuto essere così ripartita (sic): L. 12.000,00 per il noleggio delle strutture dalla Innocenti S.A. e per la loro posa in opera attorno alla Colonna, L. 95.000,00 per l’esecuzione dei calchi in gesso forniti di piani d’appoggio ed infine L. 5.000,00 per l’esecuzione dei negativi del rilievo e di una copia di ciascuno. Il progetto, che dovette essere seguito da A.M. Colini, come si evince da un appunto siglato e da minute vergate a mano, non dovette andare a buon fine, presumibilmente per gli alti costi della sola esecuzione dei calchi. Vd. a questo proposito Archivio MCR, Fascicoli non ordinati: l’Archivio, che è fisicamente sito all’interno del Museo della Civiltà Romana, a sua volta attualmente chiuso, è da anni in fase di riordino e chi scrive ha potuto constatare, nel corso della propria attività all’interno dell’Istituzione, come alcuni fascicoli si trovino ancora nelle condizioni in cui furono aperti negli anni ’30 e ’40 del secolo scorso. Il progetto del 1939 sopra descritto, come detto non venne realizzato, ma già con Deliberazione del Governatore di Roma n. 3931 del 28 novembre 1940, riconosciuta «la opportunità di eseguire i calchi dei rilievi della base della colonna Traiana e di un particolare del coronamento della base stessa cogliendo la favorevole occasione dell’esecuzione di analogo lavoro da parte del Governo di Romania», veniva autorizzata la calcatura dei detti elementi affidandola al formatore F. Mercatali per la spesa complessiva di L. 7.650,00. L’attuale collocazione del lato del basamento ove sono raffigurate armi daciche è nella Sala XIX n. 12, inv. MCR n. 903: cfr. Museo della Civiltà Romana. Catalogo, Roma 19823, p. 202. Non molto tempo dopo, usufruendo delle opere di protezione antiaerea della Colonna Traiana, fu possibile, «come era stato già fatto per la Colonna Antonina», fare eseguire «per l’archivio fotografico del Museo dell’Impero, da un fotografo specialista, la riproduzione completa dei rilievi della colonna stessa e dei loro particolari, che costituiscono una documentazione di altissimo interesse archeologico e storico». Con Deliberazione del Governatore di Roma veniva quindi autorizzato il pagamento della fattura, per l’importo complessivo di L. 7.451,10, presentata dal fotografo M.V. Calderisi «per l’esecuzione di n. 285 negativi»: Archivio MCR, MIR, Deliberazioni 1926-1944, n. 1819 del 28 maggio 1942. È interessante notare come Calderisi fosse stato già in precedenza incaricato dalla Mostra Augustea dell’esecuzione di incarichi afferenti Traiano: vd. Archivio MCR, MAR, b. 251, f. Italia, sott. Roma, scambio di lettere tra l’impresa “Guido Sabatini. Forniture generali per fotografia”, la Direzione della Mostra Augustea della Romanità e V. Calderisi dal 12 giugno al 23 agosto 1937. Sulla presenza al Museo della Civiltà Romana dei calchi della Colonna Traiana donati da papa Pio XII, vd. le brevi ma circostanziate notizie fornite da G.Q. Giglioli, Descrizione del Museo, in A.M. Colini - G.Q. Giglioli, Il Museo della Civiltà Romana, Roma 1955, pp. 12-39 (35-36). Sui calchi fatti eseguire da Napoleone III, conservati in Vaticano ed in seguito esposti, grazie a papa Pio XII, presso il Museo della Civiltà Romana, vd. A.M. Liberati, L’appropriazione dell’idea di Roma in chiave politica: Napoleone III, la Colonna Traiana e le collezioni del Museo della Civiltà Romana, in «Bulletin de la Société historique de Compiègne», XXXVII (2001) (= Actes du colloque Napoléon III el l’archéologie. Une politique archéologique sous le Second Empire, Château de Compiègne, 14-15 octobre 2000), pp. 291-305. 68 Anna Maria Liberati nisti del Bimillenario e della Mostra stessa. Personalità diverse tra loro, entrate in polemica nel 1932 ma che in seguito proseguirono di comune accordo, ognuna in ambiti diversi, alla fine tuttavia convergenti verso un comune scopo. Echi del lavoro compiuto e delle rispettive vicende umane sono in un epistolario che in qualche modo, all’alba di quella E42 che poi non si sarebbe mai tenuta, chiude simbolicamente un percorso comune ed anche un’epoca, e fa il punto sul lavoro svolto insieme, all’interno del quale un grande peso aveva avuto la Mostra Augustea35. Le caratteristiche delle collezioni e dell’allestimento La Mostra Augustea della Romanità (fig. 8), nell’ottica di ampliare al massimo il materiale già presente nel Museo dell’Impero, si propose un obiettivo tanto ambizioso quanto arduo, considerando i mezzi a disposizione per l’epoca, quello cioè di creare un censimento delle vestigia di Roma antica, comprese quelle al di fuori dei musei: è il caso ad esempio delle testimonianze epigrafiche che «[…] spesso di importanza capitale, restano nel luogo di ritrovamento, talvolta ignorate dagli stessi abitanti»36. Quindi, fin dal 1932: Tutti i grandi Musei non solo d’Italia, ma dell’Estero, anche di città moderne sorte in territori fuori dell’Impero […], furono esplorati a questo scopo; poi si passò alle principali collezioni private, come le insigni dei Torlonia a Roma; infine a tutte le piccole raccolte e alla ricerca dei pezzi isolati, mentre naturalmente uguale ricerca si compiva per i grandi centri di scavo, per i monumenti architettonici ancora esistenti in questo o quel paese, e infine per l’immensa serie delle monete37. Come già avvenuto per la Mostra Archeologica del 1911 e per il Museo dell’Impero, fu subito scartata l’idea di esporre opere originali. Come scrive lo stesso Giglioli38, dal momento che sarebbe risultato impossibile «far giungere a Roma centinaia di tonnellate di pietra», si scelse dunque di effettuare calchi, plastici e riproduzioni, con il vantaggio ulteriore che ogni oggetto alla fine sarebbe rimasto proprietà dello Stato italiano. A distanza di molti decenni, la scelta di Giglioli si dimostra ulteriormente valida se solo si consideri quale straordinaria importanza rivestano quelle opere i cui originali oggi risultano degradati a causa del trascorrere del tempo o addirittura distrutti o scomparsi per incuria dell’uomo o per successivi eventi bellici39. 35 Cfr. lo scambio epistolare tra G.Q. Giglioli e C. Galassi Paluzzi del 23 e 26-27 febbraio 1942 nell’Archivio privato di C. Galassi Paluzzi, Carteggio privato, b. G, da GAB a GIL. Ringrazio la prof.ssa Maria Teresa Galassi Paluzzi Tamassia per la consultazione della suddetta corrispondenza. 36 G.Q. Giglioli, Presentazione, cit., pp. IX-XXII (XIII). 37 Ibidem. 38 Ibidem, p. XIV. 39 Sarà sufficiente ricordare a questo proposito le ancor recenti e tragiche circostanze che hanno condotto alla distruzione dei monumenti della città di Palmira. Palmira ed altri siti della Siria furono oggetto di un’intensa attività di studio negli anni che precedettero l’inaugurazione della Mostra. Di questa attività rimane una copiosa documentazione costituita da foto, planimetrie, ricostruzioni grafiche, calchi e plastici, la maggior parte della quale confluita in seguito nelle collezioni e nell’Archivio del Museo della Civiltà Romana. La Mostra Augustea della Romanità 69 Molta attenzione venne dedicata al criterio di esposizione degli oggetti, infatti si poteva o disporli a seconda della provenienza, facendo riferimento agli Stati moderni come nella Mostra Archeologica del 1911, o riunirli secondo le antiche province dell’impero come nel Museo dell’Impero, o ancora raggrupparli per categorie, infatti: […] essendo in ultima analisi il materiale a noi pervenuto quello che il caso ha voluto conservare e far rinvenire, accade che di un soggetto comune a tutto l’Impero la documentazione sia per avventura restata in un sol caso, o che una testimonianza trovata, per esempio, in Spagna, sia completata da un’altra trovata in Romania, mentre un terzo pezzo trovato a Roma o a Pompei serve per l’esatta interpretazione degli altri due. Raggruppando questi pezzi in tal modo, si son venute a formare sezioni omogenee, che possano appagare il desiderio di un visitatore moderno dedito a questa o a quella professione, cultore di questi o di quegli studi […]40. Immenso risultò il lavoro di raccolta del materiale, costituito da svariate migliaia di calchi di statue, di rilievi, di epigrafi, da riproduzioni di oggetti della cultura materiale, da diverse centinaia di ricostruzioni in scala di monumenti o di complessi architettonici, presentandosi in alcuni casi anche l’accostamento tra il plastico in scala di un dato monumento e la ricostruzione al vero di sue porzioni (figg. 9-11). Spiccano infatti tra gli altri i calchi a grandezza naturale di intere parti di edifici alti anche più di dieci metri, comprese quelle di alcuni monumenti provinciali, come pure le ricomposizioni di contesti o di opere andate smembrate nel corso dei secoli e le cui parti si trovano tuttora conservate in diversi musei di nazioni differenti: ne è un esempio la base con guerrieri di età traianea rinvenuta a Pozzuoli i cui rilievi sono conFig. 8. Manifesto della Mostra Augustea della Romaniservati uno a Berlino e l’altro – facente partà, opera di Ludovico Quaroni (da A.M. Liberati Silte degli «oggetti emigrati negli Stati Uniti» verio, La Mostra Augustea della Romanità, cit., p. 78). 41 – a Filadelfia . Un’altra particolarità fu, ove possibile, la presentazione delle epigrafi nella loro interezza, con l’integrazione del testo. Per quanto riguarda i plastici dei monumenti42 e di tutti gli altri innumerevoli edifici sia pubblici che privati, fu deciso di adottare la stessa scala per classi di monumenti uguali. Di 40 G.Q. Giglioli, Presentazione, cit., pp. XVI-XVII. Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, I, cit., p. 198, e cfr. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 14 gennaio 1936. 42 Ibidem, verbale della riunione del 20 febbraio 1933: «La Commissione riconosciuta l’impossibilità di adottare per tutti i monumenti una unica scala, come sarebbe stato desiderabile per avere una rapida evidenza presente (sic) il rapporto di proporzione fra essi e stabilisce però di impiegarne il minor numero possibile e cioè fondamentalmente la scala 1:20 per i mo41 70 Anna Maria Liberati Fig. 9. Operai durante i lavori di calcatura dei rilievi dell’arco di Marco Aurelio a Tripoli, antica Oea (da A.M. Liberati, Le collezioni dei calchi del Museo della Civiltà Romana, in Actes des Rencontres Internationales sur les Moulages, ed. Chr. Llinas, Montpellier 1999, pp. 157-165 [161]). tutto ciò esiste testimonianza nelle carte dell’Archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani. Infatti, a partire almeno dai primi mesi del 1933, nei verbali del Comitato ordinatore è possibile seguire il progredire dei lavori finalizzati alla produzione del materiale per la Mostra43. La Mostra venne ospitata nel Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale – già in precedenza sede di quella Mostra della Rivoluzione Fascista che veniva riaperta in altro luogo proprio in concomitanza della Mostra Augustea – per l’occasione opportunamente ristrutturato dal Governatorato, soprattutto nei locali del piano inferiore, adibiti in precedenza a magazzini dell’economato. Inizialmente, sulla base di un’idea che stava trovando molto crenumenti riprodotti allo stato attuale, quella 1:50 per le ricostruzioni e quella 1:100 per i grandi complessi monumentali. Viene precisato inoltre doversi impiegare una stessa scala per tutti i monumenti di una stessa classe, mentre si ravvisa l’opportunità di scegliere ed adottare in casi speciali ed isolati scale speciali diverse dalle indicate». Alla fine la scala adottata risultò essere: per i teatri 1:100, per anfiteatri, templi, terme 1:50/100, per ponti ed acquedotti 1:100, per gli archi di trionfo 1:20, per le porte urbiche 1:20. Questa straordinaria opera di raccolta risultò una «rivelazione» – G.Q. Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione Morale e Finanziaria, cit., p. 6 – anche per gli stessi studiosi che, per la prima volta, ebbero l’opportunità di trovare riuniti insieme «cimeli» provenienti da luoghi anche molto distanti fra loro, avendo così la possibilità di indagarne i reciproci rapporti e fare confronti che in precedenza potevano essere eseguiti solamente a memoria o con l’ausilio di fotografie. 43 Vd. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 14 gennaio 1936, nella parte che riproduce il comunicato fatto diramare dal Capo del Governo dopo l’udienza concessa a Giglioli il 30 dicembre 1935, e verbale della riunione del 3 aprile 1936. La Mostra Augustea della Romanità 71 Fig. 10. Calco del fornice nord dell’arco di Marco Aurelio a Tripoli. Roma, Museo della Civiltà Romana, Sala XIII n. 26. 72 Anna Maria Liberati Fig. 11. Ricostruzione in scala 1:20 dell’arco di Marco Aurelio a Tripoli. Roma, Museo della Civiltà Romana, Sala XIII n. 22 (da A.M. Liberati, Le collezioni dei calchi, cit., p. 161). dito nell’opinione pubblica abituata alle grandi esposizioni mondiali, nella riunione del 14 maggio 1934 si era prospettata anche la possibilità di una manifestazione diffusa nella città44: Egli [Giglioli, n.d.A.] pensa che la grande esposizione potrebbe essere sviluppata nell’area della Valle Murcia e della Passeggiata Archeologica fino alle pendici del Celio (Villa Celimontana). In tale caso, per fare un esempio, invece del bozzetto dell’accampamento si potrebbe ricostruire al vero un accampamento militare esponendo nell’interno di questo, tutto quanto (sic) la sua vita: e così via. Nella stessa riunione Galassi Paluzzi chiedeva a Giglioli notizie sugli scavi di Brescia. Proprio lo scavo del Capitolium aveva riportato alla luce la bellissima statua della Vittoria, disposta poi al centro dell’Atrio della Vittoria, grandiosa sala ideata dall’arch. Italo Gismondi45. 44 Vd. ibidem, verbale della riunione del 14 maggio 1934: «[Giglioli, n.d.A.] passa quindi a far rilevare come in Italia e all’Estero si vada diffondendo l’idea che la Mostra Augustea debba risultare una esposizione colossale sul tipo di quelle recentemente tenute a Parigi, a Chicago etc. Egli ritiene pertanto doveroso comunicare il fatto a S.E. il Capo del Governo: anzi, per maggior chiarezza d’idee, propone di sottoporgli anche un progetto completo dei risultati che la Mostra sviluppata in questa scala potrebbe offrire, unendolo al progetto definitivo della Mostra sviluppata nelle linee già approvate». Vd. supra nel testo per la proposta avanzata da Giglioli a fronte di tali considerazioni. 45 Sulla statua della Vittoria dal Capitolium di Brixia, vd. P. Moreno, Iconografia e stile della Vittoria di Brescia, in Nuove ricerche sul Capitolium di Brescia. Scavi, studi e restauri, a cura di F. Rossi con la collaborazione di F. Morandini e C. Stella, Atti del Convegno di Brescia, Chiesa di Santa Giulia, 3 aprile 2001, Milano 2002, pp. 119-157, con ricca bibliografia. Sull’Atrio della Vittoria vd. Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, I, cit., pp. 11-13 e F. Scriba, Augustus im Schwarzhemd?, cit., pp. 180-181, 257 e 404405. Su Italo Gismondi vd. in generale Ricostruire l’Antico prima del virtuale. Italo Gismondi. Un architetto per l’archeologia (18871974), a cura di F. Filippi, Catalogo della Mostra di Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps, 20 aprile - 1° luglio 2007, Roma 2007 ed in particolare, quanto al suo apporto alla Mostra Augustea, vd. infra nel presente contributo e il saggio di G. Pisani Sartorio in corso di stampa già citato. Inoltre si consideri anche che Gismondi, come pure Pietro Romanelli e Secondina Lorenza Cesano, collaborava già tempo con il Museo dell’Impero Romano. La sua attività in quell’Istituzione si può ripercorrere, ad esem- La Mostra Augustea della Romanità 73 L’idea di una mostra diffusa nella città, il cui progetto era andato nel frattempo sviluppandosi nella duplice previsione da un lato di padiglioni «di forme schematicamente moderne, destinati a contenere la illustrazione di periodi e fatti storici», dall’altro di ricostruzioni «riproducenti edifici ed ambienti classici (quali il Castrum, il Foro, Horrea ecc.)» non ebbe seguito per ragioni finanziarie, anche se con riserva da sciogliere alla fine dell’anno 193646. Al Palazzo delle Esposizioni, a cui venne infine addossata una grandiosa facciata posticcia riproducente l’arco dioclezianeo di File, interpretato secondo le nuove tendenze moderniste ed irrigidito in un algido classicismo (figg. 12-16), fu comunque aggiunto un ampio padiglione per la «Sezione Militare», lungo via Piacenza, un altro padiglione venne costruito sulla terrazza del secondo piano per ospitare la ricostruzione della Roma imperiale ed ancora un altro spazio espositivo fu ricavato in un cortile adiacente per la ricostruzione al vero della Casa Augustea47. Tali padiglioni provvisori si svilupparono complessivamente per circa mq 1.300 ed incisero sulle spese di montaggio con una maggiorazione stimata, alla data del 14 gennaio 1936, in L. 450.000 sulla somma preventivata di L.850.00048. Contemporaneamente venivano affrontate questioni di non secondario rilievo, come quella relativa alla facciata del Palazzo delle Esposizioni o quella riguardante i criteri di allestimento delle sale della Mostra. Anche in questi casi, i documenti d’archivio risultano preziosi poiché illustrano in che modo, spesso non così “pianificato” come si sarebbe condotti pio, attraverso le seguenti Deliberazioni del Governatore di Roma, che aiutano a fornire almeno in parte un’idea della sua enorme attività anche presso il Museo: n. 897 dell’8 febbraio 1930, con la quale si autorizzava la realizzazione «di un plastico dei Propilei del Santuario di Apollo in Cirene» e si accoglieva il preventivo dei lavori proposto da Gismondi; n. 2290 del 29 marzo 1930, con la quale si incaricava Gismondi di eseguire il plastico dell’Augusteo di Cirene, «interessante edificio rimesso testé in luce dalla Missione Italiana e del quale l’Arch. Italo Gismondi possiede rilievi e fotografie»; n. 402 del 30 gennaio 1931, con la quale gli si attribuiva l’incarico di modificare, in relazione ai recenti scavi, il plastico delle terme di Cirene già presente nel Museo; n. 2232 del 14 aprile 1931 con la quale, all’esito dell’esame di una serie di preventivi, si affidava a Gismondi la realizzazione «in scala 1:100 del tempio di Giove a Baalbeck, che, con i propilei e il vestibolo che lo precedono è il più grandioso complesso monumentale del mondo romano»; n. 9175 del 31 dicembre 1931, con la quale a Gismondi veniva dato l’incarico di realizzare «un plastico in scala 1:100 delle Terme romane dette di Faustina a Mileto con un particolare in scala maggiore dell’Apoditerium»; n. 494 del 30 gennaio 1933, con la quale si deliberava «di affidare all’arch. Italo Gismondi l’incarico di eseguire per il Museo dell’Impero un plastico ricostruito nella scala 1:100 del Traianeum di Pergamo»; n. 2491 del 1° maggio 1933, con cui gli si affidava «l’incarico di completare nel Museo dell’Impero il plastico delle terme di Leptis Magna» attraverso «l’aggiunta della palestra e delle due sale semicircolari di recente scavate». In quest’ultimo caso, Gismondi venne coadiuvato, come si legge nella Deliberazione, da Piero Di Carlo, uno dei formatori di fiducia del Museo ed in seguito della Mostra, ove collaborerà alla realizzazione del grande plastico di Roma imperiale; molti anni dopo il nipote, Mario Di Carlo, sarà il restauratore in servizio al Museo della Civiltà Romana, ove presterà la sua opera sino al congedo, nei primi anni ’90. Circa Gismondi, vd. ancora le seguenti Deliberazioni del Vice Governatore e del Governatore di Roma: n. 3629 del 10 giugno 1933, con la quale si approvava una maggior spesa per la «variante della scala del plastico del Traianeo di Pergamo» che era stato progettato in scala 1:100 ma la cui realizzazione era «stata sospesa in seguito alla decisione di variare la scala, portandola per uniformità con gli altri plastici, a quella di 1:50»; n. 4232 del 3 luglio 1933, con la quale si affidava a Gismondi l’incarico «di fornire i disegni per la esecuzione di un plastico in scala 1:100 del Tempio di Bacco a Baalbeck». 46 Vd. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 15 ottobre 1934, pp. 7-8. Cfr. supra nota 44. 47 Vd. ACS, SPD, CO 1922-1943, b. 375, f. 135015, appunto privo di data e firma numerato 1533972 e ACS, PCM, anni 1937-1939, fasc. 14/1 n. 918, sott. 4, sub sott. 8, b. 2493. Cfr. G.Q. Giglioli, Presentazione, cit., p. XVI. 48 Vd. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 14 gennaio 1936, pp. 13 e 15. Per le spese di allestimento calcolate ad ultimazione della Mostra vd. I. Gismondi, Relazione sui lavori di sistemazione della Mostra nel Palazzo delle Esposizioni, in G.Q. Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione Morale e Finanziaria, cit., pp. 116-119, mentre, per le spese in generale della Mostra rispetto a quanto preventivato nel corso del 1936, vd. ancora – ibidem, pp. 79-87 (86-87) – la riproduzione della lettera da G.Q. Giglioli alla Presidenza del Consiglio del Ministri del 5 dicembre 1937, con particolare riguardo all’Allegato A. 74 Anna Maria Liberati Fig. 12. Bozzetto di Italo Gismondi per la facciata del Palazzo delle Esposizioni, sede della Mostra Augustea della Romanità (da A.M. Liberati Silverio, La Mostra Augustea della Romanità. L’allestimento della facciata, cit., p. 223). Fig. 13. Bozzetto di Gioacchino De Angelis d’Ossat per la facciata del Palazzo delle Esposizioni, sede della Mostra Augustea della Romanità (da A.M. Liberati Silverio, La Mostra Augustea della Romanità. L’allestimento della facciata, cit., p. 223). a credere, si giungesse a soluzioni in seguito – grazie alla documentazione fotografica che se ne fece – divenute distintive della Mostra, ma in effetti esito di una serie di scelte dettate da criteri diversi piuttosto che risultato di una precisa ed univoca volontà che le avesse preordinate sin dal principio. Ad esempio, nella riunione del Comitato ordinatore del 14 gennaio 1936 Giglioli auspicava che il Capo del Governo prendesse una decisione in merito alla facciata della Mostra, se cioè essa dovesse consistere «in un semplice adattamento dell’attuale» o «nella costruzione di una facciata provvisoria come fu fatto per la Mostra del Fascismo. In ogni modo tale lavoro, più o meno costoso, dovrà essere finanziato a parte non essendo stato compreso nel preventivo a suo tempo presentato». Ugualmente Giglioli poneva il quesito se le sale «dovranno essere lasciate disadorne con semplice estetica ed efficace esposizione del mate- La Mostra Augustea della Romanità 75 Fig. 14. Bozzetto di Alfredo Scalpelli per la facciata del Palazzo delle Esposizioni, sede della Mostra Augustea della Romanità (da A.M. Liberati Silverio, La Mostra Augustea della Romanità. L’allestimento della facciata, cit., p. 225). Fig. 15. La facciata del Palazzo delle Esposizioni, sede della Mostra Augustea della Romanità, nella sistemazione definitiva, opera di Alfredo Scalpelli (da A.M. Liberati Silverio, La Mostra Augustea della Romanità. L’allestimento della facciata, cit., p. 225). riale, oppure dovranno essere invitati artisti a creare opere d’arte moderna che riassumano concetti, simboli e fatti e diano un aspetto di creazione artistica ad ogni sezione»49. Sappiamo che alla fine, contrariamente ad un primo parere negativo di Mussolini, si eseguì una facciata posticcia che costò L. 189.242,79 e che diverse sale furono progettate “artisticamente”: fra queste il già citato Atrio (fig. 17), decorato con il calco della Vittoria di Brescia, per la cui realizzazione I. Gismondi modificò l’architettura preesistente fasciando 49 Negli ultimi mesi prima dell’inaugurazione, l’estetica della Mostra fu oggetto di un articolo decisamente critico, non firmato, comparso su «Augustea» di Franco Ciarlantini e che occasionò la pronta reazione di Giglioli: su tale vicenda vd. F. Scriba, L’estetizzazione della politica nell’età di Mussolini, cit., pp. 144-145, con riproduzione fotografica dell’articolo. Per una ulteriore critica – rimasta questa volta privata – all’allestimento delle sale della Mostra oltre che ai suoi contenuti vd. C. Rinaldi, Giuseppe Lugli, cit., passim. 76 Anna Maria Liberati Fig. 16. Verso della medaglia commemorativa della Mostra Augustea della Romanità, opera di Giuseppe Romagnoli. Fig. 17. Mostra Augustea della Romanità. Bozzetto realizzato da Italo Gismondi per la Sala I Atrio della Vittoria (da A.M. Liberati Silverio, La Mostra Augustea della Romanità. L’allestimento della facciata, cit., p. 224). La Mostra Augustea della Romanità 77 le colonne ed abbassando la volta dell’originaria sala di Pio Piacentini, giudicata «poco romana», ottenendo la trasformazione dello spazio in modo che imitasse la forma e la tecnica Fig. 18. Planimetria della Mostra Augustea della Romanità (da G.Q. Giglioli, La Mostra Augustea della Romanità, in «Architettura», XVII (1938), 11, pp. 655-666 [656]). 78 Anna Maria Liberati Fig. 19. Mostra Augustea della Romanità. Sala II Sala dell’Impero, opera di Giulio Pediconi e Mario Paniconi con la ricostruzione al vero del pronao del tempio di Roma e Augusto ad Ancyra comprendente il calco delle iscrizioni in latino ed in greco delle Res gestae divi Augusti (particolare da G.Q. Giglioli, La Mostra Augustea della Romanità, cit., pp. 658). La Mostra Augustea della Romanità 79 Fig. 20. Mostra Augustea della Romanità. Sala XVII L’Esercito, opera di Giulio Pediconi e Mario Paniconi. costruttiva di una sala termale50. Alla fine il risultato fu una organica ed articolata sequenza espositiva, dislocata nei diversi piani e negli ambienti – taluni appositamente predisposti in modo temporaneo – del Palazzo delle Esposizioni (fig. 18). Altri architetti che progettarono spazi di particolare impatto furono Giulio Pediconi e Mario Paniconi, ideatori di alcune sale del piano principale della Mostra, tra cui la Sala dell’Impero (fig. 19), quella di Augusto e quella de L’Esercito (fig. 20); Francesco Petrucci e Vincenzo Monaco idearono invece quelle de L’espansione dello Stato Romano durante le guerre civili e de La difesa dell’Impero; Ludovico Quaroni e lo scenografo Veniero Colasanti la sala de Le origini di Roma e de La Vita famigliare. Un cenno particolare merita Bruno Maria Apollonj che curò le sale Dall’inizio della Repubblica al trionfo su Cartagine, de Il Cristia50 Su tali aspetti vd. G. Pisani Sartorio, La Mostra Augustea della Romanità (1937-1938), cit.; A.M. Liberati Silverio, La Mostra Augustea della Romanità. L’allestimento della facciata, cit., e F. Scriba, Augustus im Schwarzhemd?, cit., pp. 145-152 e 403, tutti con indicazioni dei materiali o delle fonti d’archivio della Mostra Augustea della Romanità. Segnalo che le fonti d’archivio già impiegate in A.M. Liberati Silverio, La Mostra Augustea della Romanità. L’allestimento della facciata, cit., non poterono essere meglio citate, come invece di consueto avviene per la documentazione archivistica, visto lo stato di totale assenza di un ordine nel quale versava in quegli anni l’Archivio storico della Mostra. Negli anni successivi esso venne invece in parte riordinato, anche grazie all’opera di F. Scriba. Tuttavia, poiché attualmente il Museo della Civiltà Romana, che ospita l’Archivio della Mostra, è chiuso, segnalo che quei dati possono essere consultati in G.Q. Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione Morale e Finanziaria, cit., passim ed in particolare pp. 116-119. 80 Anna Maria Liberati Fig. 21. Mostra Augustea della Romanità. Sala XXVI Immortalità dell’idea di Roma. La rinascita dell’Impero nell’Italia Fascista, opera di Bruno Maria Apollonj. Particolare raffigurante la replica in formato leggermente ridotto della Vittoria raffigurata a Capodistria nel monumento a Nazario Sauro, opera di Attilio Selva. La Mostra Augustea della Romanità 81 Fig. 22. Mostra Augustea della Romanità. Sala X Augusto. Questa Sala costituiva il fulcro della Mostra ed alludeva anche alla conferma di universalità da parte dell’Impero alla Chiesa cattolica. Il calco della statua dell’Augusto di via Labicana è lo stesso già esposto nella Mostra Archeologica del 1911 (cfr. fig. 3). Sulla destra si riconosce la croce luminosa recante la versione latina del brano del Vangelo di Luca relativo alla nascita di Cristo durante il principato augusteo. 82 Anna Maria Liberati nesimo e dell’Immortalità dell’Idea di Roma. La rinascita dell’Impero nell’Italia Fascista (fig. 21)51. Tali ultime due sale si presentavano cariche di particolari significati, anticipati nella sala di Augusto (fig. 22) ed evidenziati anche in virtù della loro progressione espositiva: la Chiesa raccoglieva il messaggio di universalità di Roma e dell’Impero, dando vita ad un nuovo impero spirituale incentrato sempre su Roma e che in seguito, grazie al Risorgimento ed alla prova della guerra mondiale ritornava ad essere un’idea politica, trovando nel Fascismo il realizzatore di una nuova Roma cosciente del passato ma protesa verso l’avvenire. Gli studiosi Analizzandola oggi, a molti anni di distanza dalla sua realizzazione, la Mostra appare in definitiva composta da quattro grandi settori52. Il primo illustrava la storia di Roma dalle origini a quello che oggi definiamo tardo impero e che in quella sede veniva trattato nella sala La difesa dell’Impero; il secondo le sue istituzioni; il terzo l’ingegneria, l’urbanistica e le opere pubbliche; il quarto infine la vita privata. Per ogni settore, ma soprattutto per il terzo, si seguiva lo sviluppo cronologico di una determinata classe di monumenti in tutte le terre dell’impero. A corredo delle opere esposte ogni sala era fornita di «scritte, fotomontaggi, carte geografiche, diagrammi»53 foto e diorami, coniugando in tal modo la natura scientifica delle scelte operate con le esigenze di una esposizione didatticamente valida. Questi i nomi di alcuni degli studiosi che coadiuvarono Giglioli nella preparazione della Mostra e che compaiono nei documenti d’archivio: Pietro Romanelli per le sale VII Giulio Cesare, XVII L’Esercito, XXIV La difesa dell’Impero e XXV Il Cristianesimo; Antonio Maria Colini per le sale dalla XXVII alla L ed inoltre per le sale LIII L’Industria e l’Artigianato, LIVLIX La Religione e LX Ricostruzione della Roma Imperiale; Carlo Pietrangeli per le sale III Le origini di Roma, IV Dall’inizio della Repubblica al trionfo su Cartagine, V L’espansione dello Stato Romano durante le guerre civili, per le sale augustee dall’VIII alla XII – Poeti e scrittori dell’età augustea, La famiglia di Augusto, Augusto, La vita di Augusto, Monumenti augustei in Italia – e dalla XIV alla XVI – Campania augustea, Monumenti augustei nelle province dell’Impero, Il culto di Augusto –, infine per le sale LXV nella parte relativa a La Scuola, LXVI Il Ritratto e LXVII Le Lettere; Guido Calza per le sale XXI Magistrature e vita pubblica durante l’Impero, LII L’Industria e l’Artigianato e LXI La Vita famigliare ed altre ancora; Alessandro Carettoni per la parte relativa alle finanze della sala LXXVIII La vita economica e finanziaria; Enrico Clausetti per le ricostruzioni di opere militari e di macchine da guerra; Secondina Lorenza Cesano per la parte relativa alla moneta della sala LXXVIII e per tutta la parte numismatica; Attilio Degrassi per la revisione della parte epigrafica; Plinio Fraccaro per la cartografia e gli studi sulla centuriazione nell’Italia antica, confluiti nella sala LXXIII L’Agricoltura e l’Agrimensura; Luigi Jacono per la ricostruzione di macchine e strumenti tecnici; Massimo Pallottino per le sale XIX La Marina, LXV per la parte relativa alle organizza51 Sulla Sala XXVI della Mostra Augustea della Romanità vd. Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, I, cit., pp. 434-443; Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, II, Appendice bibliografica e indici, a cura di C. Caprino - R. Vighi, Roma 1938, tavv. LXXIV-LXXV; F. Scriba, Augustus im Schwarzhemd? cit., pp. 90-93 ed E. Silverio, Un’interpretazione dell’idea di Roma, cit. 52 G.Q. Giglioli, Presentazione, cit., pp. XVII-XIX (XVII), la descriveva come «logicamente divisa in tre grandi parti». 53 Ibidem, p. XIX. La Mostra Augustea della Romanità 83 zioni giovanili, LXIX Le Scienze, LXX La Musica, LXXI-LXXII Le Arti figurative, LXXIII per la parte relativa all’agricoltura, LXXIV Vino e pane, LXXV Caccia, pesca e alimentazione, LXXVI e LXXVII La Medicina e la Farmacia, LXXVIII per la parte relativa alla vita economica, LXXIX I giochi e LXXXI L’Assistenza sociale; Nicola Turchi per le sale dalla LIV alla LIX La Religione; Ernesto Vergara Caffarelli per la sala XX Il Diritto54. È impossibile in questa sede descrivere l’impegno scientifico di tutti costoro. Ricorderò in modo particolare Secondina Lorenza Cesano, responsabile per la parte numismatica che, nel rendiconto presentato al IV Congresso Nazionale di Studi Romani, tenutosi a Roma tra il 19 ed 25 ottobre 1935, descrisse il suo impegno nella costituzione della gipsoteca, formata già allora da più di 12.000 esemplari: Due sono i gruppi principali in cui il materiale viene diviso, i quali comportano numerosi sottogruppi. Il primo gruppo presenterà le serie ordinate cronologicamente e geograficamente, rispecchianti la monetazione dei singoli periodi antichi della Repubblica, dell’Impero e la monetazione delle provincie. Il secondo gruppo riguarda la tipologia monetale romana e si scinderà in altrettanti sottogruppi quante sono le voci, cioè i tipi, in cui esso si potrà suddividere, che sono oggi già più di cento. Alla Gipsoteca sono state aggregate: una sezione fotografica e una sezione che comprende le riproduzioni galvaniche e le fusioni55. 54 Vd. AINSR s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 15 gennaio 1935. Per un elenco degli studiosi e delle materie sulle quali intervennero, vd. l’elenco degli «Studiosi che hanno atteso alla preparazione scientifica della Mostra» in Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, I, cit., pp. XXV-XXVI. Il materiale prodotto nell’ambito delle ricerche da loro svolte venne poi acquisito all’Archivio della Mostra Augustea e costituisce un pregevole lascito, meritevole esso stesso di studi ed approfondimenti. Solo per avere un’idea di quanto realizzato in occasione della Mostra, vd. A.M. Liberati, L’esercito di Roma nell’età delle guerre puniche. Ricostruzioni del Museo della Civiltà Romana di Roma, in «Journal of Roman Military Equipment Studies», 8 (1997) (= L’équipement militaire et l’armement de la république (IVe-Ier s. avant J.-C.), Proceedings of the Tenth International Roman Military Equipment Conference, held at Montpellier, France, 26th-28th September 1996, sous la direction de M. Feugère), pp. 25-40, nel quale venivano presi in considerazione materiali provenienti da porzioni dell’Archivio non riordinate neppure da F. Scriba. 55 S.L. Cesano, La Gipsoteca numismatica della Repubblica e dell’Impero romano, in Atti del IV Congresso Nazionale di Studi Romani, a cura di C. Galassi Paluzzi, II, Roma 1938, pp. 203-206. La comunicazione venne presentata – vd. ibidem, pp. 173176 – nella seduta antimeridiana del 24 ottobre 1935 nell’ambito della Sottosezione Archeologia della Sezione Antichità presieduta da Giglioli, che lodò grandemente – ibidem, pp. 175-176 – l’opera della Cesano per la Mostra Augustea: «Il Presidente rileva il contributo e la collaborazione della prof. Cesano all’opera grandiosa della mostra Augustea della Romanità, lieto dell’occasione per tributarle pubblicamente ampia lode. Aggiunge alla menzione delle iniziative numismatiche anche quella delle grandiose riproduzioni fotografiche che permetteranno di vedere i particolari di monete di un grande interesse per l’Impero e le sue istituzioni. Presenta poi alcuni esempî in proiezione». Nell’ambito dello stesso IV Congresso Nazionale di Studi Romani la Cesano tenne anche una relazione rientrante nel tema fondamentale del Congresso, I rapporti intercorsi nei secoli tra Roma e l’Oriente, e poi pubblicata come S.L. Cesano, La politica monetaria di Roma nelle province orientali dell’Impero, in Atti del IV Congresso Nazionale di Studi Romani, a cura di C. Galassi Paluzzi, I, Roma 1938, pp. 237248. La Cesano, inoltre, proprio in occasione del ciclo di conferenze celebrative del Bimillenario Augusteo svolte da studiosi italiani nell’a.a. 1936-’37 dei Corsi Superiori di Studi Romani tenne una conferenza sul tema Numismatica augustea: vd. AINSR, s. CSSR, b. 47, f. 4, sott. Carteggio con i conferenzieri italiani, sub sott. S.L. Cesano e, per l’inquadramento di tale conferenza nell’ambito delle altre manifestazioni celebrative, vd. L’Istituto di Studi Romani per la celebrazione del Bimillenario Augusteo, Roma 19383, p. 4. La conferenza venne anche pubblicata come numero III dei Quaderni Augustei. Studi italiani: vd. S.L. Cesano, Numismatica Augustea, Roma 1938. Sempre nel corso del Bimillenario Augusteo, in occasione del V Congresso Nazionale di Studi Romani, nella seduta antimeridiana del 25 aprile 1938 delle Sottosezioni riunite di Storia e di Archeologia della Sezione Antichità, nell’occasione presieduta da A.M. Colini, la Cesano tenne la relazione rientrante nel tema fondamentale del Congresso, La Missione dell’Impero di Roma nella Storia della Civiltà, ed in particolare pertinente 84 Anna Maria Liberati Della gipsoteca numismatica facevano infatti parte anche cospicue sezioni fotografiche con ingrandimenti a diversi diametri, eseguiti da «fotografi artisti»56, nonché riproduzioni galvaniche e fusioni rappresentanti i pezzi più interessanti e rari. Di essi con compiacimento la studiosa scrive: «Voglio ancora aggiungere che questa sezione presenta una produzione italiana che viene tentata per la prima volta in Italia, e che è riuscita ottima per lo meno quanto il materiale simile che sino ad oggi solo l’industria straniera poteva fornire»57. Altro studioso che desidero ricordare è l’ing. Luigi Jacono della Direzione del Museo Nazionale di Napoli e degli Scavi di Pompei. Egli fu l’autore delle ricostruzioni «di macchine e strumenti tecnici»58 presenti in Mostra, eseguiti sulla base delle fonti antiche e dei resti venuti alla luce nel corso degli scavi di Pompei e del suo suburbio. Questo tema aveva attirato l’attenzione di Giglioli sin dal II Congresso Nazionale di Studi Romani del 1930 e se ne trovano tracce a più riprese nell’Archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, anche in riferimento all’anno 1933 in relazione al Congresso delle Scienze di Chicago, ove il Consiglio Nazionale delle Ricerche aveva provveduto ad inviare in esposizione alcune ricostruzioni di macchinari antichi. Tra le opere di Luigi Jacono piace menzionare il tema Augusto e l’Impero, in seguito pubblicata come S.L. Cesano, La monetazione al nome del Divus Augustus Pater, in Atti del V Congresso Nazionale di Studi Romani, a cura di C. Galassi Paluzzi, II, Roma 1940, pp. 323-331 (vd. anche ibidem, pp. 321-322 per il verbale della seduta). Già in precedenza la Cesano aveva collaborato con l’Istituto di Studi Romani, in relazione ad altri due Congressi Nazionali, con contributi regolarmente stampati nei relativi Atti e la cui pubblicazione venne preceduta da più ampi saggi sugli stessi argomenti comparsi su «Roma. Rivista di studi e di vita romana»: vd. quindi S.L. Cesano, La figura di Roma sulle monete romane, in Atti del I Congresso Nazionale di Studi Romani, I, Roma 1929, pp. 52-58; Ead., Di alcune peculiarità individue della moneta romana nei confronti con la moneta greca, in Atti del III Congresso Nazionale di Studi Romani, a cura di C. Galassi Paluzzi, I, Bologna 1934, pp. 443-451; Ead., La figura di Roma sulle monete romane, in «Roma. Rivista di studi e di vita romana», VI (1928), 8, pp. 385-400; Ead., Di alcune peculiarità individue della moneta romana nei confronti con la moneta greca, in «Roma. Rivista di studi e di vita romana», XII (1934), 11, pp. 511-518. Come apprendiamo – vd. Atti del III Congresso, cit., pp. 427-428 (428) – dal verbale della seduta del giorno 24 aprile 1933 della Sottosezione Storia della Sezione Antichità, presieduta da G.Q. Giglioli, del III Congresso Nazionale di Studi Romani, la relazione tenuta dalla Cesano in quella occasione terminò con l’auspicio di un maggiore incremento degli studi numismatici e proprio in quella sede venne votato il seguente ordine del giorno: «Il III Congresso Nazionale di Studi Romani, udita la comunicazione della Sig.na prof. L. Cesano, fa voti che si promuova in Roma una grande raccolta numismatica della Repubblica e dell’Impero, che riunendo in originale o in riproduzione il maggior numero di pezzi, ne agevoli la visione e lo studio a vantaggio della scienza numismatica e della conoscenza della Romanità». Anche la Cesano, infine, come Gismondi e Romanelli, collaborava già da tempo con il Museo dell’Impero Romano. Vd. ad esempio in tal senso le Deliberazioni del Governatore di Roma n. 3329 del 25 maggio 1928; n. 9088 del 29 dicembre 1928 e n. 931 del 23 febbraio 1929. Anche dopo la chiusura della Mostra Augustea della Romanità ed addirittura durante il drammatico periodo della guerra civile del 1943-’45, la gipsoteca numismatica creata dalla Cesano fu, insieme con altre iniziative del Museo dell’Impero Romano, destinataria di fondi particolari: vd. ad esempio la Deliberazione del Governatore di Roma n. 284 del 16 gennaio 1939, la Deliberazione del Vice Governatore n. 3499 del 13 luglio 1939 ed ancora le Deliberazioni del Governatore n. 321 del 25 gennaio 1940; n. 792 del 6 marzo 1941; n. 3109 del 2 ottobre 1941; n. 769 del 5 marzo 1942; n. 2767 del 21 agosto 1942; n. 3608 del 19 novembre 1942, nonché le Deliberazioni del Commissario straordinario n. 3644 e n. 3647 del 31 dicembre 1943 ed infine le Deliberazioni del Sindaco n. 59 e n. 60 del 22 giugno 1944, anch’esse consultabili presso l’Archivio Storico Capitolino. 56 S.L. Cesano, La Gipsoteca numismatica, cit., p. 206. 57 Circa la progressione dei lavori per la gipsoteca numismatica, vd. ad esempio in AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 15 ottobre 1934. Sappiamo come Vittorio Emanuele III si dimostrasse particolarmente interessato alla gipsoteca numismatica e come quindi C. Galassi Paluzzi esortasse G.Q. Giglioli ad «andare a riferirne direttamente»: vd. ibidem, verbale della riunione del 25 marzo 1935, p. 3. L’opera di S.L. Cesano è frequentemente nominata nei verbali del Comitato ordinatore della Mostra, anche nelle parti ove sono riprodotti documenti ufficiali o testi per la stampa: vd. ad esempio, oltre quelli già citati, ibidem, i verbali delle riunioni dell’8 maggio 1933, del 22 maggio 1933, del 14 maggio 1934, del 15 gennaio 1935 e del 14 gennaio 1936. Cfr. inoltre ibidem il verbale della riunione del 12 marzo 1934. 58 Così in Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, I, cit., p. XXVI. La Mostra Augustea della Romanità 85 soprattutto la ruota idraulica di Venafro e la doppia ruota acquaria delle Terme Stabiane di Pompei59. Nei documenti dell’Archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani e nel Catalogo della Mostra si rinvengono inoltre i nomi di molti Soprintendenti e Direttori di Musei e Scavi italiani, del Direttore generale delle collezioni pontificie, dei Direttori di Musei provinciali e civici, dei proprietari delle grandi collezioni principesche romane e di molti Direttori di Musei esteri. Tra i numerosi nomi di studiosi italiani spiccano quelli di Arnaldo Momigliano, Domenico Mustilli, Doro Levi, Pirro Marconi, Gioacchino de Angelis d’Ossat, Gabriella Bordenache Battaglia, Giovanni Becatti, Michelangelo Cagiano de Azevedo e molti altri ancora, nonché gli allora studenti Umberto Ciotti, Italo Faldi e Maria Squarciapino60. 59 Vd. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 15 febbraio 1933 e cfr. i verbali del 15 ottobre 1934 – nella parte che riproduce la relazione presentata da Giglioli al Capo del Governo nel corso dell’udienza del 25 settembre 1934 – e del 3 apri1e 1936. Circa la presenza di Jacono nel II Congresso Nazionale di Studi Romani, vd. L. Jacono, Specimina di tecnologia antica, in Atti del II Congresso Nazionale di Studi Romani, I, Roma 1931, pp. 235-237. La comunicazione si svolse nella seduta pomeridiana del 27 aprile 1930 presieduta da Giglioli e nel verbale della seduta – vd. Atti del II Congresso, cit., pp. 233-234 – uno spazio molto ampio è lasciato proprio alla descrizione di quanto relazionato da Jacono. Sempre dalla stessa fonte, apprendiamo anche che Giglioli «ringrazia l’Ing. Iacono per la sua bellissima e piacevole comunicazione e fa voto che l’Ing. Iacono scriva un volume di tecnologia romana». Al voto si associò anche Amedeo Maiuri, Soprintendente archeologo da cui Jacono dipendeva, auspicando però anche dell’altro: «Il Prof. Maiuri si unisce al voto del prof. Giglioli e propone al Congresso di fare un voto per un Museo a Napoli di tecnologia antica che sarebbe certamente unico al mondo. Si acclama il voto del Prof. Maiuri». In seguito, il 19 ottobre 1935, nel discorso pronunciato in occasione della seduta inaugurale del IV Congresso Nazionale di Studi Romani – vd. Atti IV Congresso, I, cit., pp. 1-6 (3) – nell’ambito dell’elencazione di quanto progettato e realizzato in seguito al II Congresso Nazionale C. Galassi Paluzzi poteva menzionare al primo posto: «Creazione di una Sezione Tecnologica di antichità presso il Museo Nazionale di Napoli». Tra le fonti dell’epoca vd. a proposito della Sezione tecnologica, G. Massano, Macchine e strumenti dell’antichità in una nuova sezione del Museo Nazionale di Napoli, in «Le Vie d’Italia», XXXIX (1933), 2, pp. 81-92, con ricco corredo iconografico. Più recentemente, vd. S. De Caro - M. Lista, La sezione tecnologica del Museo Archeologico di Napoli, in Homo Faber. Natura, scienza e tecnica nell’antica Pompei, Catalogo della Mostra di Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 27 marzo - 18 luglio 1999, a cura di A. Ciarallo - E. De Carolis, Milano 1999, pp. 13-15. Il contributo di L. Jacono ai lavori del II Congresso Nazionale di Studi Romani non si esaurì tuttavia nella sua importante comunicazione. Infatti il 28 aprile 1930 G.Q. Giglioli lesse la propria relazione che diede origine alla programmazione della celebrazione del Bimillenario del 1937-’38. È poco noto o pressoché del tutto trascurato, ma dal verbale di quella seduta – vd. Atti del II Congresso, I, cit., pp. 251-253 – sappiamo che lo stesso Giglioli, considerata la reciproca prossimità temporale dei Bimillenari Oraziano ed Augusteo, propose di riunire entrambe le celebrazioni e che, nel coro dei contrari, Jacono fece notare che sotto il nome di Augusto ben potevano considerarsi ricompresi anche altri grandi onorati. La proposta non ebbe seguito e, com’è ben noto, i due Bimillenari ebbero celebrazioni distinte, ma non sembra qui fuori luogo riportare lo stralcio di nostro interesse del verbale – ibidem, p. 252 – del 28 aprile 1930: «Si ricorda che due anni prima di Augusto nacque Orazio. / Il Prof. Giglioli riferisce che già l’Istituto di Studi Romani si sta occupando della cosa e propone di riunire i due centenari. / Voci: Augusto solo! / Jacono: Augusto comprende tutti». Per il contributo prestato da Jacono alla realizzazione della Mostra Augustea della Romanità, vd. A.M. Liberati, La collezione pompeiana del Museo della Civiltà Romana, in Homo Faber, cit., pp. 17-18; Ead., Ricostruzioni vitruviane al Museo della Civiltà Romana, in Vitruvio e l’Archeologia, Atti del III Symposium di Studi Vitruviani Vitruvio e l’Archeologia tra Norma e Prassi, Fano, 8-11 novembre 2012 (Collana del Centro Studi Vitruviani, 2), a cura di P. Clini, Venezia 2014, pp. 128-146, con ulteriore precedente bibliografia e fonti archivistiche. L’opera di L. Jacono proseguì anche dopo la chiusura della Mostra Augustea della Romanità ed in vista della Mostra della Romanità da inaugurarsi nell’E42, oltreché naturalmente nell’ambito della sua attività istituzionale a Pompei. Una traccia di questi ulteriori studi e lavori è ad esempio in L. Jacono, Torcular olearium (Saggio di ricostruzione archeologica), in «Roma. Rivista di studi e di vita romana», XIX (1941), 3, pp. 99-103. In questa sede va peraltro ricordato che L. Jacono partecipò anche al III Congresso Nazionale di Studi Romani: vd. L. Jacono, Un porto duomillenario, in Atti del III Congresso Nazionale di Studi Romani, a cura di C. Galassi Paluzzi, I, Bologna 1934, pp. 318-324 e vd. sempre in Atti del III Congresso, I, cit., pp. 311-314 il verbale della seduta del 26 aprile 1933 della Sezione Antichità, prima a Sottosezioni riunite ed in seguito della Sottosezione Archeologia, presieduta da Giglioli e nell’ambito della quale ebbe luogo la relazione. 60 Sia qui sufficiente il rinvio a Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, I, cit., p. XXVI. 86 Anna Maria Liberati Si è già accennato all’opera di Italo Gismondi che, collaborando da tempo all’attività del Museo dell’Impero Romano61, venne chiamato da Giglioli a partecipare fin dall’inizio anche alle riunioni del Comitato ordinatore della Mostra quale consulente generale per le ricostruzioni architettoniche62. In quest’ambito egli è soprattutto ricordato, oltre che per l’Atrio della Vittoria, di cui s’è detto sopra, per la ricostruzione della Biblioteca, della Casa Augustea e della Roma imperiale, ed anche per aver curato l’allestimento delle sale XII Monumenti augustei in Italia, XV Monumenti augustei nelle province dell’Impero, XXI Magistrature e vita pubblica durante l’Impero, LXXII Le arti figurative, LXXV Caccia, pesca e alimentazione, LXXIX I giochi, LXXXII I Tesori di argenterie e tutto il piano inferiore del Palazzo delle Esposizioni, dalla sala XXVI alla L. 61 Cfr. supra nota 45. La consulenza generale artistica venne svolta dall’accademico Attilio Selva, autore anche delle sculture della Sala XXVI: la copia in dimensioni ridotte della Vittoria del monumento a Nazario Sauro a Capodistria ed i busti di Vittorio Emanuele III e del Duce. Selva era stato per così dire “imposto” a G.Q. Giglioli dal Ministero delle Corporazioni. Va precisato che Giglioli, per quanto in suo potere, cercò sempre di mantenere una certa autonomia , come si può rilevare anche da AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35 sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione dell’8 maggio 1933: «Il prof. GIGLIOLI comunica una lettera del Sen. Gentile in cui prega di mettere nella Commissione il dr. De Mattei come rappresentante dell’Istituto Fascista di Cultura, ed informa di aver risposto in senso negativo facendo noto come non si tratti di una vera Commissione, ma solo di una giunta esecutiva». Circa la questione della denominazione del gruppo di lavoro della Mostra Augustea della Romanità, vd. supra nota 24. In questo caso, è evidente che la scelta di presentare il Comitato ordinatore o la “Commissione direttiva” in termini di semplice «giunta esecutiva» fu funzionale ad evitare il più possibile ingerenze esterne, dando ad intendere che il gruppo di lavoro si limitava, appunto, ad eseguire direttive altrui e che, in quanto tale, non aveva neppure poteri di cooptazione di nuovi membri. V’è qui comunque una voluta confusione e sovrapposizione tra la questione della nomina di nuovi componenti, che in effetti sarebbe spettata a rigore alla Presidenza del Consiglio, e quella dei poteri del Comitato ordinatore, tutt’altro che limitati ma probabilmente qui presentati come tali per rendere meno “appetibile” all’Istituto Nazionale Fascista di Cultura una sua partecipazione all’impresa. La vicenda dovrebbe fare molto riflettere a proposito dei rapporti tra Fascismo e Mostra Augustea, evidenziando una ricercata e consapevole indipendenza della seconda nel perseguimento dei propri scopi rispetto ad Istituzioni culturali espressioni ufficiali del primo. Circa i rapporti della Mostra Augustea con l’Istituto Nazionale Fascista di Cultura, poi “di Cultura Fascista”, vd. anche F. Scriba, Augustus im Schwarzhemd?, cit., pp. 226-227, che tuttavia si occupa del problema soltanto da punto di vista della “promozione del culto della Romanità”, tralasciando di inserire la questione nel quadro del progetto archeologico avviato sin dal 1911. Tornando invece ai collaboratori della Mostra, oltre agli studiosi che sono stati ricordati nel testo, sono numerosi anche i nomi degli artisti che dovrebbero essere citati, fra essi Valerio Fraschetti, autore del possente albero genealogico della gens giulio-claudia; Cesare Giri, “Giris”, ricordato per alcune pregevoli opere, tra cui il «Littore» e per i decori della casa augustea, eseguiti con Aldo Zauli, e molti altri ancora. Soprattutto nei confronti dei collaboratori giovani G.Q. Giglioli nutriva profondo rispetto ed era pronto ad aumentarne il salario man mano che il lavoro diventava più impegnativo. Ugualmente accadeva se un suo studente aveva nel frattempo conseguito la laurea e quindi il suo contributo diveniva di maggiore portata, come nel caso di Carlo Pietrangeli documentato in AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35 sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 15 ottobre 1934: «Dott. Carlo Pietrangeli - Con funzioni di Segretario aggiunto e con orario normale di 7 ore, elevando la sua retribuzione mensile che nel Marzo 1934 era di L. 350.- e nel Luglio era già stata portata a L. 500.- (in seguito al conseguimento della Laurea e della possibilità di una maggiore prestazione che si era resa intanto necessaria) a L. 700.- lorde». Ed ancora vd. ibidem, verbale della riunione del 25 marzo 1935: «Ricordando che il 31 marzo prossimo vanno a scadere i contratti di lavoro di tutto il personale, rilevando l’ottima prova data da esso nella sua totalità, si decida di mantenerlo integralmente alle stesse condizioni. Constatando però che il Dott. Carlo Pietrangeli non solo si è rapidamente messo al corrente del lavoro di segreteria affidatogli ma è venuto ad assumere una parte centrale nell’organizzazione che richiede da lui l’applicazione dell’intera giornata lavorativa si decide di elevargli lo stipendio da L.700.- a L.800.- lorde mensili». Al di là del contingente clima politico in cui si trovarono ad operare, a tutti coloro che collaborarono alla Mostra Augustea sia a quelli di cui si è tramandato il nome, ma anche a tanti oscuri funzionari, restauratori ed artigiani delle varie soprintendenze e dei musei grandi e piccoli e il cui ricordo è vivo nei documenti d’archivio, va il merito di aver contribuito a promuovere una grande e meritoria attività di ricerca scientifica volta alla conoscenza di un patrimonio culturale immenso che ancora oggi, a tanta distanza di tempo, si rivela sempre più prezioso e niente affatto superato, se non in alcuni particolari settori che andrebbero aggiornati alla luce di nuove indagini, come ad esempio quello relativo alle origini ed alla storia più arcaica della città di Roma, e del resto i plastici come strumenti di documentazione e di didattica mantengono intatta la loro validità, solo per certi aspetti o utilizzi superabile dalle attuali tecniche multimediali. 62 La Mostra Augustea della Romanità 87 Particolare fu la ricostruzione della Casa d’epoca augustea (fig. 23), nella sala XIII, completa di arredi e suppellettili. Collocata all’incrocio di due vie, il cui basolato riprendeva quello di una strada romana allora di recente scoperta durante alcuni lavori a piazza Montanara, la domus presentava su di un lato la ricostruzione di una caupona e su un altro di un ballatoio coperto fortemente aggettante. L’insieme, dalla pianta alla struttura architettonica, dagli oggetti alla decorazione, si richiamava a case d’età augustea di Pompei, Ercolano e Roma. Straordinaria fu poi la ricostruzione della Roma imperiale, nella sala LX, realizzata attraverso un grande plastico in scala 1:250, di circa 80 mq, che ricostruiva la città all’età di Costantino e che ebbe come base la Forma Urbis Severiana e gli studi di Rodolfo Lanciani, aggiornati in base alle ultime scoperte topografiche di quegli anni (fig. 24) 63. Circa l’accuratezza dell’esecuzione dei calchi, Giglioli scrisse: «Più di un direttore di museo mi ha confessato che, vedendo incassato un calco per la spedizione, aveva sentito il bisogno di toccarlo, per timore che non esso ma l’originale stesse per partire. Nel delicato lavoro di riproduzione plastica, si sono distinti i formatori italiani, alcuni dei quali sono stati da noi mandati anche in importanti centri stranieri»64. Proprio con riguardo a questi artigiani ed alla loro attività, lo stesso Archivio dell’Istituto Nazionale di Studi Romani conserva molte testimonianze e siamo quindi in grado di conoscere il loro ambito lavorativo e rintracciarne i nomi e le opere eseguite. Un problema ricorrente era ad esempio quello relativo alle patine. Infatti per i calchi di materiali lapidei si intese imitare il colore della pietra ma nel caso del marmo si presentarono non poche difficoltà realizzative. Notizie in merito si hanno in vari verbali65: 63 Vd. Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, I, cit., pp. 726-733, con particolare riguardo alle pp. 726-729. Notevole fu, nella stampa, l’eco della presenza in mostra del grande plastico della Roma imperiale: a mero titolo di esempio, quanto alla stampa nazionale, vd. G.Q. Giglioli, L’Urbe imperiale del tempo di Costantino sarà ricostruita in un grande plastico, in «Il Giornale d’Italia», Milano, 26 febbraio 1937 e Un grande plastico della Roma imperiale alla Mostra per la celebrazione del bimillenario di Augusto, in «Il Corriere del Tirreno», Livorno, 26 febbraio 1937. Circa la stampa internazionale vd. invece, con fotografie del plastico come appariva all’epoca, Die Augustus-Ausstellung in Rom, in «Neue Züricher Nachrichten», Zürich, 27 settembre 1937 ed inoltre anche in «Journal de Genéve», Genéve, 27 settembre 1937. Peraltro, entrambi i quotidiani stranieri erravano indicando il plastico come relativo all’età di Augusto in luogo che all’età di Costantino. Circa il plastico di Roma imperiale, attualmente non visitabile attesa la chiusura – auspicabilmente temporanea – del Museo della Civiltà Romana, vd. A.M. Liberati, Una lezione di topografia di 250 mq. Il grande plastico di Roma antica, in «Forma Vrbis», I (1996), 9, pp. 24-27; Ead., La rappresentazione di Roma antica nel Plastico di Gismondi al Museo della Civiltà Romana, in Rome an 2000. Ville, maquette et modèle virtuel, Actes du Colloque de Caen, Université de Caen Basse-Normandie, 28-30 septembre 2000, ed. F. Lecocq, Caen 2003 (= «Cahiers de la Maison de la Recherche en Sciences Humaines», XXXIII, juin 2003), pp. 243-251, ed Ead., Il Plastico di Roma antica al Museo della Civiltà Romana, in «Roma in Museo», II (2006), 2, pp. 4-10. In AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 15 ottobre 1934, p. 2, nella trascrizione di un passo della relazione al Duce sulla preparazione della Mostra, così – unendo il valore scientifico dell’opera al clima storico del momento – veniva presentata l’iniziativa: «Inoltre d’eccezionale importanza sarà la ricostruzione plastica a grande scala della Roma Imperiale, che verrà donata dal Governatorato di Roma e di cui è stato pure intrapreso il lavoro preparatorio d’accordo con la Direzione generale e con l’Ufficio Antichità e Belle Arti del Governatorato; essa costituirà la perfetta immagine dell’Urbe che, dopo le grandi scoperte dovute alla volontà del Duce, è possibile rievocare». 64 G.Q. Giglioli, Presentazione, cit., p. XV. 65 Vd. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 25 marzo 1935. Le patine dei materiali avrebbero rappresentato un problema anche nei decenni successivi alla Mostra, tanto da non arrivare mai a definire una strategia d’intervento univoca. Ogniqualvolta si è messo mano alla pulitura o al loro restauro nella sede espositiva del Museo della Civiltà Romana si è sempre cercato per quanto possibile di rispettare le scelte operate all’epoca della Mostra Augustea. 88 Anna Maria Liberati Fig. 23. Mostra Augustea della Romanità. Sala XIII La casa augustea. Ricostruzione al vero di una domus d’epoca augustea. Particolare dell’atrio verso il tablino (da G.Q. Giglioli, La Mostra Augustea della Romanità, cit., p. 665). Si constata il doloroso insuccesso delle patine che ha condotto alla convinzione che in nessuna regione del mondo si conosce il modo di imitare il marmo, mentre si imitano discretamente le pietre e ottimamente i bronzi. La Mostra si vale dell’opera della Signora Sebasti che è indiscutibilmente superiore a tutti gli altri patinatori conosciuti: da essa si fanno ritoccare le patine peggiori che sono pervenute. Le patine del formatore Fabbri che lavora stabilmente per la Mostra sono pure fra le migliori senza discussione. S.E. SELVA dice di aver fatto numerosi esperimenti con uguale risultato e di essere venuto nella stessa convinzione, che il marmo non è riproducibile. Si decide di tentare esperimenti di colorazione mediante luci scherusate66. 66 Vd. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 18 novembre 1935, ove in finale “scherusate” deve probabilmente intendersi come refuso in luogo di “schermate”. Agnese Sebasti è ricordata anche nell’elenco degli «Artisti che hanno collaborato all’allestimento architettonico e decorativo della Mostra»: «[…] per le patinature delle riproduzioni E. Pietrostefani, P. Fabbri e, per quelle bronzee specialmente, la signora Agnese Sebasti». L’opera della Sebasti ricevette anche un’ampia notorietà nella stampa quotidiana, che si soffermò in particolare sulla patinatura del sarcofago di Santa Costanza, esposto nella sala XXV Il Cristianesimo, definito il «capolavoro di Agnese Sebasti, la creatrice di specialissime patine che nobilitano il gesso di una rivestitura di bronzo, marmo, avorio, argento, terracotta, legno, porfido, granito»: vd. R. Ester, La sala della Cristianità, in «Il Veneto della Sera», 17 novembre 1937, poi ripreso anche in «Gazzetta dell’Emilia», 18 novembre 1937; «Corriere del Tirreno», Livorno, 18 novembre 1937; «Italia Cristiana», 20 novembre 1937; «L’Ora della Sera», Palermo, 21 novembre 1937; «Provincia di Como», Como, 21 novem- La Mostra Augustea della Romanità 89 Fig. 24. Mostra Augustea della Romanità. Artigiano formatore al lavoro sul Grande Plastico riproducente Roma nel IV sec. d.C., opera di Italo Gismondi. Tra gli studiosi stranieri un ricordo a parte merita ancora una volta Michael I. Rostovtzeff, la cui figura è emblematica dell’impegno profuso dagli organizzatori della Mostra67. Dai bre 1937; «L’Unione», Tunisi, 24 novembre 1937; «Il Popolo di Trieste», Trieste, 6 dicembre 1937. Tornando all’anno 1935, l’attenzione del Comitato ordinatore della Mostra Augustea verso le patinature è testimoniata anche in una lettera del 21 gennaio 1935, prot. n. 2626, di G.Q. Giglioli a E.J. Forsdyke, Keeper of the Greek and Roman Antiquities del British Museum, peraltro anche registrata all’art. n. 1937 del giornale mastro della Mostra in ragione delle spese di cui vi si fa menzione e conservata nell’Archivio del Museo della Civiltà Romana, struttura – come già ricordato – attualmente non accessibile. Particolare attenzione venne data anche alla «coloritura» dei calchi: notizie della coloritura «al vero» del calco dell’intarsio marmoreo con quadriga dalla Basilica di Giunio Basso eseguito dalla prof.ssa Maria Barosso, si hanno in AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 14 gennaio 1936, p. 4. Sulla «prova di rubricazione delle epigrafi» vd. invece ibidem, verbale della riunione del 3 aprile 1936, p. 25. 67 La Mostra si configurò infatti come una vasta ed imponente panoramica su Roma e la sua civiltà, dalle origini al trionfo del Cristianesimo. Con una lunga e capillare opera di ricerca, durata all’incirca cinque anni, in Italia e all’estero, nei musei, nelle collezioni pubbliche e private e nei siti archeologici anche i più sperduti, vennero di volta in volta individuate e riprodotte quelle opere che meglio di altre avrebbero potuto illustrare i vari aspetti della vita e della cultura di Roma antica. Afferma G.Q. Giglioli nel Discorso inaugurale, in Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, I, cit., pp. V-VIII (VI): «Questi documenti, da noi ricercati in ogni museo, in ogni città, in ogni villaggio dell’Italia, della Francia, della Spagna, della Gran Bretagna, della Germania, del Belgio, dell’Olanda, della Svizzera, degli Stati Danubiani e Balcanici e delle vaste regioni già appartenenti all’Impero in Asia e in Africa; questi documenti affluiti a Roma perfino da lontani musei della Danimarca, della Svezia, degli Stati Uniti d’America, dove sono conservati […], questi documenti, dicevo, sono stati ordinati per categoria in modo che la storia del sorgere dell’Impero, del suo fiorire e poi della lotta immane contro gli elementi nuovi che Roma riuscì sempre ad accogliere nella sua civiltà anche quando sembravano sommergerla, è tutta documentata; […]». 90 Anna Maria Liberati verbali delle riunioni infatti si apprende come venissero effettuate anche molte missioni all’estero allo scopo di eseguire calchi o approntare dati per i plastici. Un nome, ad esempio, che ricorre sovente è quello di Doro Levi della R. Soprintendenza alle Antichità di Firenze, che aveva svolto innumerevoli sopralluoghi in Siria e Palestina68. Per Dura Europos, che si stava rivelando una vera miniera di nuove informazioni, Giglioli intensificò i contatti con Rostovtzeff che in quegli anni svolgeva la sua attività proprio a Dura Europos, a capo di una missione della Yale University: «Per Dura Europos, che in questo momento ci sta rivelando una città della frontiera romana sull’Eufrate con documenti unici della vita militare del II (sic) sec. d.C. la mostra e il Museo dell’Impero hanno già avuto la più cordiale collaborazione del prof. Rostovtzeff dell’Università di Yale». Nel verbale di una successiva riunione del Comitato ordinatore della Mostra, leggiamo anche: Il Presidente comunica inoltre che il Prof. Rostovtzeff non solo facilita con grande liberalità la raccolta delle riproduzioni relative al prezioso materiale che viene alla luce a Dura Europos negli scavi da lui diretti, ma ha offerto alla Mostra di ospitare un architetto, se essa volesse inviarlo, per la raccolta dei dati relativi ai plastici, non essendovi rilievi sufficientemente esatti. Si decide di accettare l’offerta e di inviare per una ventina di giorni sul posto l’architetto Gismondi69. Altra testimonianza d’eccezione fu la ricostruzione al vero del pronao e di parte della cella del tempio di Roma e Augusto ad Ancyra (cfr. fig. 19). L’opera, di enorme importanza poiché recante incise sulla sua superficie le Res gestae che costituiscono l’essenza stessa della politica augustea, venne eseguita in base alle misurazioni ed ai disegni rilevati, già in occasione della Mostra Archeologica del 1911, direttamente da Azeglio Berretti e Giuseppe Annarumi della missione italiana. Fra gli esemplari dell’iscrizione giunti sino all’età moderna, quello di Ancyra è l’unico a conservare il testo sia in lingua latina che greca (fig. 25). Studiato a partire dal XVI secolo, non ebbe mai il dovuto rilievo anche a causa del pessimo stato di conservazione del monumento. Fu quindi merito della missione italiana essere riusciti, vincendo anche l’ostilità locale, a documentare al meglio non solo il manufatto, ma anche l’iscrizione70. La “regina delle iscrizioni” non poteva dunque mancare nella Mostra 68 Tra le località visitate si ricordano «Beirut, Palmyra, Damasco, Bostra, Gerasa, Amman, Gerico, Gerusalemme, Samaria, Capernaum, Dura Europos e l’isola di Cipro». L’opera di Levi era integrata da Don Giuseppe Ricciotti della R. Università di Roma per la Palestina e la Transgiordania. Si rammenta anche la ricca serie di oltre 2000 fotografie riguardanti la Siria e la Palestina , tra le quali «va ricordato l’importantissimo nucleo procurato alla Mostra dal Direttore Generale delle Antichità della Siria, prof. Seyrig». Vd. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale della riunione del 15 ottobre 1934. 69 Vd. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbale delle riunioni del 15 ottobre 1934 e del 15 gennaio 1935. Le spese per le missioni di studio all’estero erano frequentemente autorizzate, ma si cercava di ottimizzare questo impegno, non solo finanziario, raccogliendo dati e materiali che potessero servire anche per le pubblicazioni. Vd., ad esempio, ibidem, verbale della riunione dell’8 maggio 1933: «La Commissione autorizza a questo scopo una spesa di L. 5000.- con le quali si potrà inviare un membro della Commissione con l’Arch. Gismondi, per una quindicina di giorni a Nîmes e nelle città vicine. Il comm. FACCHINI raccomanda che questo viaggio tenga in vista anche la pubblicazione Augustea proposta dall’Istituto di Studi Romani». 70 Circa la Mostra Archeologica del 1911 vd. supra nota 11. Le iscrizioni latina e greca delle Res gestae furono in vario modo presenti anche all’interno del Museo dell’Impero Romano, benché parte della ricostruzione del tempio di Ancyra restasse materialmente negli spazi delle Terme di Diocleziano dopo la chiusura della Mostra Archeologica: vd. in proposito ad La Mostra Augustea della Romanità 91 Fig. 25. Museo dell’Impero Romano. Calco dell’iscrizione latina che riporta il testo delle Res gestae divi Augusti lungo il pronao del tempio di Roma e Augusto ad Ancyra (da G.Q. Giglioli, Il Museo dell’Impero Romano, in «Le Vie d’Italia e del Mondo», II (1934), 1, pp. 1-21 [9]). che ne esaltava l’artefice, ed anzi la ricostruzione del pronao venne esposta proprio nella Sala dell’Impero e fece da sfondo ai discorsi ufficiali in occasione dell’apertura della Mostra il 23 settembre 1937, e della sua chiusura il 6 novembre 1938 (fig. 26)71. esempio E. Giovannetti, Il Dioclezianeo o braccio nuovo del Museo Nazionale Romano, in «Capitolium», XII (1937), 9, pp. 469-478, ed ivi in particolare p. 470 per la fotografia, tra le altre opere, del «Giove della Villa dei Quintili inquadrato nella riproduzione del portale d’Ancyra». Circa la riproduzione grafica delle epigrafi presso il Museo dell’Impero Romano negli allestimenti del 1927 e del 1929 vd. Catalogo del Museo dell’Impero Romano, cit., pp. 149-152 e Museo dell’Impero Romano. Catalogo, cit., Roma 1929, pp. 114-117. Per la realizzazione di nuovi calchi delle iscrizioni latina e greca per il Museo dell’Impero Romano, vd. ad esempio le Deliberazioni del Governatore di Roma n. 413 del 24 gennaio 1930, con la quale venivano autorizzati una serie di lavori tra cui quelli «inerenti alla posa in opera della grande iscrizione contenente il testamento di Augusto che è stata precedentemente formata e ricomposta»; n. 8609 del 26 dicembre 1931 relativa al restauro delle forme dell’iscrizione greca ed al relativo nuovo getto; n. 7434 del 1° dicembre 1934 per l’acquisto, presso i «Musei di Berlino», dei calchi delle parti mancanti della iscrizione greca. Circa i rapporti tra Azeglio Berretti ed il Museo dell’Impero Romano, vd. anche le seguenti Deliberazioni del Governatore: n. 9305 del 13 dicembre 1930, relativa all’affidamento dell’esecuzione del plastico in scala 1:20 della Porta di Adriano in Atene; n. 2232 dell’11 aprile 1931, dalla quale si evince l’offerta economica di Berretti per l’esecuzione «del plastico ricostruito (sic) in scala 1:100 del Tempio di Giove a Baalbeck», poi affidato a I. Gismondi; n. 4314 del 7 luglio 1931, con la quale veniva affidata a Berretti la realizzazione «di un plastico del Teatro di Aspendos che è il più conservato di tutto il mondo romano particolarmente nella scena»; n. 8914 del 31 dicembre 1931, con la quale si dava incarico a Berretti di eseguire «un plastico del famoso ponte-acquedotto costruito dai Romani sul Gardon presso Nimes». 71 Della lunga iscrizione era riportata anche la traduzione, collocata su due grandi tabelle a lato dell’adiacente sala VIII dedicata ai Poeti e scrittori dell’età augustea, i suoi paragrafi erano raggruppati in ordine cronologico sotto le seguenti voci: cariche pubbliche e onori avuti o rifiutati; conquiste territoriali; fondazioni di colonie; prede di guerra; giochi pubblici. Le elargizioni al popolo trovavano posto nella sala LXXXI dedicata a L’Assistenza sociale, insieme a quelle di altri imperatori, mentre un plastico in scala dell’intero monumento era esposto nella sala XV Monumenti augustei. 92 Anna Maria Liberati Fig. 26. Mostra Augustea della Romanità. Sala II Sala dell’Impero. Un momento della cerimonia di chiusura della Mostra il 6 novembre 1938 all’interno della ricostruzione al vero del pronao del tempio di Roma e Augusto ad Ancyra comprensiva dei calchi delle iscrizioni in latino ed in greco delle Res gestae divi Augusti. Il lavoro delle missioni italiane dunque venne particolarmente messo in luce e se da un lato ancora riecheggiavano gli scavi e le scoperte di Luigi Maria Ugolini a Butrinto, furono evidenziate anche altre e più recenti missioni come quella di Afrodisia. I calchi delle teste di Augusto dal teatro di Butrinto, di Agrippa e di Livia furono esposti al pubblico ed anzi quello di Livia ha costituito per un lungo periodo di tempo l’unica testimonianza dell’opera, già trafugata nel 1991 dal Museo Archeologico di Butrinto ed infine recuperata nel novembre 200072. Tra le opere maggiormente significative riferite ad Afrodisia spicca la ricostruzione a grandezza naturale, opera dell’arch. Luigi Crema, di un settore del colonnato della piazza porticata o palestra, scoperto e scavato proprio nel 1937 dal prof. Giulio Jacopi, capo della missione italiana in Anatolia. L’opera, in ordine ionico, presenta un pregevole fregio formato da festoni di fiori e frutta sorretti da maschere e teste ad altorilievo73. Essa è attualmente 72 Riguardo la presenza nella Mostra dei calchi delle opere provenienti da Butrinto, vd. ad esempio, Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, I, cit., p. 166, n. 8a. Circa l’opera di L.M. Ugolini a Butrinto vd. The Theatre at Butrint. Luigi Maria Ugolini’s Excavations at Butrint 1928-1932 (Albania Antica IV), ed. O. Gilkes, in «Annals of the British School at Athens», supplementary volume n. 35 (2003), mentre in modo particolare circa l’Archivio della Missione Archeologica Italiana, conservato presso il Museo della Civiltà Romana, vd. A.M. Liberati, The Ugolini manuscripts in the Museo della Civiltà Romana, Rome, ivi, pp. 39-44. 73 Circa la presenza nella Mostra Augustea della Romanità della «ricostruzione in grandezza naturale» del portico di Augusto ad Afrodisia, che «fu scoperto e scavato nel 1937 dal Prof. Giulio Jacopi, capo della Missione Archeologica Italiana La Mostra Augustea della Romanità 93 conservata presso il Museo della Civiltà Romana e, giusto poco prima della chiusura della struttura, è stata interessata da un intervento di restauro di carattere straordinario (fig. 27)74. Ancora, meritano di essere ricordate le missioni di Pietro Romanelli nell’«Africa francese», dove lo studioso ottenne di poter riprodurre «del materiale gelosamente custodito nel Museo Lavigerie di Cartagine (che è stato egregiamente eseguito dal nostro formatore Cav. Scanzani ed è già pervenuto)»; ma non solo, perché opere giunsero anche dal museo del Bardo, da Kalaa Djerda, la romana Ammaedara, mentre dall’Algeria giunse il calco del singolare cippo dell’acquedotto dell’antica Saldae, testimoniante la costruzione di un condotto sotterraneo ad opera di Nonio Dato librator della III Legione Augusta, posto davanti il municipio di Bougie, antica Lambaesis, ed ancora ulteriori opere dal museo di Costantina, Cirta, e molto altro materiale75. Non da meno risultava la strenua attività di Eugenia Strong per il suolo inglese: Si è in primo luogo organizzata la raccolta d’Inghilterra, e in questa opera la Mostra Augustea della Romanità è stata validamente appoggiata dall’insigne studiosa inglese, sig.ra Strong, da tanti anni ospite gradita di Roma. Tutti gli archeologi inglesi hanno risposto all’appello loro rivolto, e sotto gli auspici della Society for the Promotion of Roman Studies si è costituito a Londra un comitato per predisporre e coordinare l’opera di raccolta del materiale inglese. Una notevole serie di calchi si sta eseguendo per conto della Mostra al British Museum di Londra, […]76. Desta ammirazione leggere nei verbali della Commissione il rendiconto delle opere che man mano affluivano a Roma anche dagli Stati Uniti d’America77 oltre che da tutte le regioni d’Italia e dalle città più importanti delle nazioni un tempo quasi tutte antiche province dell’impero: Lione, Bordeaux, Tolosa, Arles, Orange, Colonia, Berlino, Kassel, Hildesheim, Budapest, Vienna, Salisburgo, Bruxelles, Copenhagen, Salonicco, Atene, Costantinopoli, in Anatolia», vd. Mostra Augustea della Romanità. Catalogo, I, cit., p. 168, n. 13. Il testo della conferenza preliminare sui risultati di quella campagna di scavi venne pubblicato proprio nel periodico del Museo dell’Impero Romano: vd. G. Iacopi, Gli scavi della missione archeologica italiana ad Afrodisiade, in «Bullettino del Museo dell’Impero Romano», X (1939), pp. 11-26. L’interesse del Museo dell’Impero per il sito di Afrodisia è documentato anche dalle seguenti Deliberazioni del Governatore di Roma: n. 2902 del 15 giugno 1938, con la quale si affidava il lavoro di restauro e montaggio dei «calchi dei monumenti recentemente scoperti dalla Missione Archeologica Italiana in Afrodisiade» e n. 4003 del 18 agosto 1938, con la quale si autorizzava l’esecuzione della ricostruzione di un settore del Portico «utilizzando i calchi e i rilievi messi a disposizione dalla Missione stessa». Si nota anche in queste vicende la stretta relazione tra Museo dell’Impero e Mostra Augustea, in vista di quel più grande Museo dell’Impero Romano auspicato sin dall’inaugurazione della Mostra Archeologica del 1911 e che avrebbe dovuto concretizzarsi dapprima nella Mostra della Romanità all’E42 ed in seguito ivi stabilizzarsi. Dopo la guerra, esso divenne – come già detto – il Museo della Civiltà Romana. 74 L’intervento non mi pare annotato nel Notiziario dei Musei pubblicato annualmente in appendice al «Bollettino dei Musei Comunali di Roma», ove invece risulta la notizia di un altro coevo intervento di restauro conservativo pertinente la ricostruzione della Colonna Rostrata di Caio Duilio, anch’esso curato dalla scrivente: vd. Notiziario dei Musei 2012. Restauri, in «Bollettino dei Musei Comunali di Roma», n.s. XXVI (2012), p. 234: «Restauro conservativo della Colonna rostrata di Caio Duilio nella sala VII e ripristino dell’estetica originaria del monumento». 75 Vd. AINSR, s. CCM, b. 213, f. 35, sott. Lettere di convocazione e copie verbali, sub sott. Copie verbali, verbali delle riunioni del 15 ottobre 1934, del 15 gennaio 1935, del 18 novembre 1935 e del 14 gennaio 1936, in una porzione che contiene la trascrizione del comunicato diramato alla stampa dopo l’udienza di Giglioli presso il Capo del Governo del 30 dicembre 1935: «Interessantissimo un cippo esagonale di Bougie (Algeria) calcato da un formatore di Algeri inviato appositamente sul luogo; in esso si parla dei lavori per mezzo dei quali fu dotata di acqua la città romana di Saldae». 76 Vd. ibidem, verbale della riunione del 14 maggio 1934 e del 15 ottobre 1934, dalla cui p. 4 – facente parte della trascrizione di una relazione al Duce sui lavori di preparazione della Mostra – si trae la citazione. 77 Vd. Ibidem, verbale della riunione del 14 gennaio 1936. 94 Anna Maria Liberati Fig. 27. Ricostruzione al vero di un settore del colonnato del portico di Tiberio ad Afrodisia. Roma, Museo della Civiltà Romana, Sala XXXIV n. 6. Beirut e molte altre ancora. Questa irrepetibile attività di ricerca è rintracciabile grazie alla documentazione costituita dalle diverse migliaia di relazioni, lettere, appunti, disegni e fotografie conservate negli Archivi, non solo quello dell’odierno Istituto Nazionale di Studi Romani ma, naturalmente, anche quello della Mostra Augustea della Romanità78. Conclusioni Ritengo sia evidente come, al di là ed a prescindere dallo sfondo politico in cui si svolsero gli avvenimenti fin qui descritti, la Mostra Augustea della Romanità abbia rappresentato un’esperienza scientifica straordinaria ed ancora oggi difficilmente raggiungibile pur con gli attuali mezzi tecnologici a disposizione. Pertanto, i risultati da essa conseguiti andrebbero doverosamente riconosciuti, studiati, valorizzati e tramandati alle nuove generazioni anche attraverso le Istituzioni che da essa sono derivate (fig. 28). È impensabile che le risorse intellettuali e l’impegno scientifico di coloro che con entusiasmo e dedizione vi hanno lavorato possa essere dimenticato o, ancora peggio, travisato o male interpretato e che ciò che essi furono in grado di produrre sia considerato tutt’uno con il momento storico che fece da sfondo, dimenticando che le collezioni della Mostra Augustea della Romanità iniziarono la loro formazione da prima del 1911 e che durarono molto oltre il Fascismo, venendo solo oggi, dopo essere sopravvissute a due guerre mondiali, precluse – auspicabilmente in via temporanea – al pubblico. A prescindere dallo stato attuale delle collezioni, si ha comunque la sensazione che esse abbiano sempre costituito una realtà “scomoda” che, non potendo essere del tutto cancellata, sia stata relegata in una sorta di limbo, l’unico luogo – o “non-luogo” – accettabile in cui accantonare un passato ritenuto ingombrante e quindi da dimenticare79. 78 Cfr. supra nota 1. È questo il caso, più palese, della V Carta di via dell’Impero, raffigurante «L’Impero dell’Italia Fascista» e collocata dopo la conquista dell’Etiopia lungo l’attuale via dei Fori imperiali quale sorta di completamento delle quattro grandi carte marmoree illustranti lo sviluppo di Roma dalle origini all’età della massima espansione sotto il principato di Traiano. La V Carta, tolta dal suo alloggiamento dopo la caduta del Fascismo, venne in anni ancora recenti rinvenuta in uno dei fornici del Teatro di 79 La Mostra Augustea della Romanità 95 Fig. 28. Particolare di uno dei due ingressi monumentali al Museo della Civiltà Romana, Roma. Così come in apertura ho riportato alcune testimonianze dei contemporanei, mi piace chiudere questo contributo con le parole, questa volta, di Giulio Quirino Giglioli, protagonista in assoluto della Mostra Augustea della Romanità, ai cui valori egli dedicò tutta la sua vita: Perché la Mostra Augustea della Romanità fu un atto di fede e di amore dedicato a questa nostra madre immortale, Roma eterna, che con l’Aquila e con la Croce di Cristo fu, è e sarà sempre, faro luminoso al mondo di luce tra le tenebre della barbarie, che ha avuto da Dio l’eccelso compito di «render più sereno lo stesso cielo, di riunire i popoli dispersi, di incivilirli» nel sogno radioso di «fare una sola patria di tutto il mondo per tutte le genti». Lo affermava Plinio esattamente mille e novecento anni fa80. Anna Maria Liberati già Responsabile delle Collezioni del Museo della Civiltà Romana Roma Marcello, smontata e non priva lesioni dovute sia al tempo che alle circostanze del suo “ricovero” che, non certo da ultimo, ai danni volontariamente arrecati tra il 1943 ed il 1945. Il monumento fu restaurato e quindi collocato nel Museo della Civiltà Romana negli anni 1999-2000. Tuttavia, tale collocazione, nonostante avvenisse in un museo, ebbe luogo in un’area da sempre chiusa al pubblico, ottenendo così più l’accantonamento del monumento che la sua musealizzazione, con grave perdita della sua potenzialità come fonte storica, per di più ora collocata in quel vero palinsesto della storia italiana del XX secolo che è il palazzo del Museo della Civiltà Romana, il quale del resto è anch’esso attualmente chiuso al pubblico. Vd. alcune considerazioni a partire dalla singolare sistemazione della V Carta, formulate poco prima della chiusura della struttura che ora la ospita, in A.M. Liberati, Il Museo della Civiltà Romana tra imperi antichi e moderni. A proposito della nuova collocazione della V Carta di via dell’Impero, in «Studi Romani», LXI (2013), 1-4, pp. 276-303, con precedente bibliografia. 80 G.Q. Giglioli, Mostra Augustea della Romanità. Relazione Morale e Finanziaria, cit., p. 15. Le parole sono datate «Roma 31 dicembre 1942 - XX». € 50,00 ISSN 2421-342X