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LA MAGNIFICA BADIA Fabrizio Pagani e Carlo Alessandro Pisoni N on tanto congregazione religiosa, ma curiosa adunanza di mestiere, «La Magnifica Badia dei Facchini, come pomposamente si faceva chiamare, era la corporazione di coloro che comunque prestavano servizi di facchinaggio, e poiché i governatori spagnuoli le avevano accordato alcuni privilegi […] se ne erano presi molti altri, dandosi uno statuto dove il serio si mescolava al burlesco e il burlesco poteva anche esser preso sul serio. I suoi primi soci erano venuti dal Lago Maggiore: parlavano il loro dialetto, affettavamo i loro costumi; poi si erano mescolate genti del territorio, che per voler imitare gli usi ed il linguaggio dei fondatori, avevano finito col fare della Magnifica Badia una magnifica insalata. Nelle loro comparse ufficiali, in pubblico, i facchini vestivano di panni grigio, con cappelli a pennacchi svolazzanti, portavano un grembiale a ricami d’oro e d’argento, un sacco in ispalla come simbolo del loro mestiere e si coprivano il volto con maschere fantastiche1» 1 O C, La Magnifica Badia dei Facchini e la cerimonia del 29 gennaio, in «Almanacco della Famiglia Meneghina» 1954, pp. 40-43. Si veda anche A. Z, Facchini e monatti cannobini nella Milano dei secoli XVI e XVII, in «Bollettino storico della Provincia di Novara» LXVII, 1986/2. Della Badia parla ampiamente Giuseppe Parini nel 1771 in Descrizione delle feste celebrate in Milano per le nozze delle LL. Altezze Reali l’arciduca Ferdinando d’Austria e l’arciduchessa Maria Beatrice d’Este fatta per ordine della R. Corte l’anno delle medesime nozze pp. 23-33; inoltre si segnalano cenni anche in G. D C, La storia nella poesia popolare milanese, in «Archivio Storico Lombardo: Giornale della società storica lombarda», 1879 mar, Serie 1, Volume 6, Fascicolo 1, pp. 84-86 e un articolo di R B, Giocondissima anima ambrosiana, in «La Lettura», 1928, a. XXVIII, n. 2 (febbraio), pp. 145-147. Sul legame tra Magnifica Badia e Moriggia si veda anche A B, Tra vie d’acqua e percorsi di montagna. Intra, Pallanza e le degagne dei Morigia, in Lungo le antiche strade (a c. di M. Cavallera), Busto Arsizio, 2007, pp. 264-265. 55 Gli emigranti dalle terre del Lago Maggiore e valli circostanti (Val Cannobina, Vall’Intragna, Valle di Bregno – da cui originava una celebre Accademia – e molte altre) arrivavano generalmente a Milano come uomini di fatica2. Come ricordava Aquilino Zammaretti, Milano era città facilmente accessibile, dove c’era grande bisogno di facchini per scaricare le merci che attraverso i Navigli arrivavano al Laghetto3: qui giungeva tutto quello che occorreva ai traffici della città. La diceria vuole che la loro forte presenza nella città di Milano fosse dovuta a Carlo Borromeo, che avendo notato la costituzione fisica robusta degli uomini della Valle Cannobina, abbia incoraggiato i parroci a mandarli a Milano a cercar lavoro piuttosto che ad avventurarsi in paesi di religione protestante; per quelli delle Valli Intrasche, poi, naturale era l’emigrazione nel capoluogo lombardo, e l’eleggere a propri protettori primari i più vicini feudatari (i Morigia), in seconda battuta porgendo omaggio in ogni possibile occasione agli altri potenti feudatari del lago Maggiore (i Borromeo)4; infine, non sembra cosa remota che il peculiare gergo sviluppato 2 Il cardinale Taverna, in occasione della visita pastorale al vicariato di Intra avvenuta nel 1617, evidenziava tale situazione: «Di tutte queste ville persone assai così uomini come donne vanno a Milano a lavorare, li homini fanno l’esercizio del facchino, le donne lavorano la lana, si partono da casa al principio di novembre, ritornano li uomini a Pasqua di Resurrettione, le donne al mese di luglio», ASDNo, Visite Pastorali, Taverna 1617, t. 86, ff. 384 e segg. 3 L’attuale via Laghetto, posta tra l’Università degli studi di Milano e la basilica di Santo Stefano Maggiore, collega via Larga con via Francesco Sforza. 4 La devozione della Badia ai Moriggia è riportata da Alessandro Giulini, I marchesi Moriggia castellani di Frino, in «Verbania» 11 (1909), p. 215 che ricorda come il XVIII secolo fu «il periodo di maggior splendore per la Casa Moriggia, che con quella dei Borromei troviamo gareggiare nella protezione accordata alla Magnifica Badia dei Facchini composta de’ valligiani del Lago Maggiore discesi a Milano a guadagnarsi la vita nei servizi del facchinaggio. Questa bizzarra corporazione infatti, che godeva di particolari privilegi e che organizzava, in occasione del carnevale o di pubbliche feste, caratteristiche mascherate dette facchinate, portava sul proprio vessillo la scritta: “Viva Casa Moriggia, vivano li portatori e li carbonari!”». La scritta inneggiante ai Moriggia è citata anche da C, La Magnifica Badia…, cit., p. 42: «Si raccoglievano i fedeli in sul tramonto tra S. Alessandro, S. Sebastiano e S. Giorgio, ed all’arrivo della musica militare che non mancava mai si incolonnavano rumorosamente verso porta Ticinese. Sfilavano allora i facchini nei loro pittoreschi costumi, preceduti da un gonfalone su cui stava scritto “Viva Casa Moriggia!”, protettrice della Badia, e finalmente 56