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OSCAR MEO
PIETER BRUEGEL ILVECCHIO NEL FAVOLOSO SCHLARAFFENLAND
in P.A. Rossi - I. Li Vigni (a c. di), La più utopica delle utopie: il Paese di Cuccagna. Atti del Convegno, Ottobre 2018,
InSedicesimo, Savona 2021, pp. 95-121.
Die Welt ist nicht aus Brei und Mus geschaffen,
Deswegen haltet euch nicht wie Schlaraffen;
Harte Bissen gibt es zu kauen:
Wir müssen erwürgen oder sie verdauen.
J.W. v. Goethe1
Verso la fine della sua vita, nel 1567, Pieter Bruegel il Vecchio dipinse un olio su tavola, noto
in Italia con il titolo Il Paese della Cuccagna [Fig. 1]. Nel catalogo della Alte Pinakothek di Monaco,
dove è conservato, è indicato con il titolo tedesco Das Schlaraffenland, mentre in neerlandese, che fu
la lingua di Bruegel, viene chiamato con il polisemico Het Luilekkerland2. Il toponimo fantastico dei
popoli romanzi diventa in ted. il ‘paese degli stolti [lett. ‘delle scimmie’] pigri’3 e in neerl. il ‘paese
dei pigri e delle leccornie’ (ma è possibile anche tradurre con ‘il paese dei ghiottoni pigri’ o ‘il
delizioso paese dei pigri’). Alla connotazione di luogo di benessere e di soddisfazione culinaria si
1
«Il mondo non è fatto di pappa e purea,/ perciò non comportatevi come stupidi pigroni;/ bocconi duri ci tocca
masticare:/ o ci strozziamo o li digeriamo» (Da Sprichwörtlich, in Gedichte, 2. Teil, Werke (Weimarer Ausgabe), 2. Bd.,
Böhlau, Weimar, 1888, p. 250, vv. 604-607).
2
Il quadro, firmato e datato, misura cm 51,5x78,3 e si trova nella sua sede attuale dal 1916. In neerl. viene usato
anche il sintagma Het Weeldig Land (= ‘il paese dell’opulenza’). Per un’analisi, cfr. L. Lebeer, «Le pays de Cocagne (Het
Luilekkerland)», Bulletin des Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique, 4, 1955, pp. 199-214. In ted. e in neerl. esistono
anche termini, ormai disusati, etimologicamente connessi con quelli romanzi (it. ‘cuccagna’, fr. cocagne), che hanno
anche un riscontro latino in un componimento dei Carmina Burana (Ego sum abbas Cucaniensis) e per i quali si è
comunque supposta un’origine germanica (cfr. il ted. Kuchen = ‘torta, dolce’, a.a.t. chuocho e kuocho, con ampi riscontri
in tutta l’area linguistica) o una commistione fra l’etimo germanico e il lat. coquo. Per Cucaniensis si è anche proposto
un riferimento fra lo scherzoso e l’ironico a Cluniacensis.
3
Su origini e significato del termine cfr. – oltre al Deutsches Wörterbuch dei Grimm e al Mittelhochdeutsches
Handwörterbuch di M. Lexer (s.v. slûr-affe, slûder-affe = ‘perdigiorno che vive nell’opulenza’, ‘poltrone’) – la
ricostruzione storica di E.M. Ackermann, Das Schlaraffenland in German Literature and Folksong. Social Aspects of an
Earthly Paradise, with an Inquiry into Its History in European Literature, Diss., Univ. of Chicago 1944
(http://hdl.handle.net/2027/mdp.39015005637502). Sia pure incorrendo in un certo numero di imprecisioni ermeneutiche,
ella non solo compie un’indagine comparata del termine Schlaraffenland e di quelli romanzi corrispondenti, ma ne traccia
la derivazione dalla più remota letteratura, a partire da quella babilonese ed ebraica, e gli sviluppi fino ai suoi giorni
(incluso il romanzo di Heinrich Mann Im Schlaraffenland. Ein Roman unter feinen Leuten, pubblicato nel 1900), facendo
un ampio giro di orizzonte nella letteratura mondiale. In appendice, Ackermann fornisce un’antologia (non
impeccabilmente curata) delle fonti letterarie tedesche, olandesi e fiamminghe, italiane, francesi, spagnole e inglesi dal
Medioevo al ‘700. Cfr. pure: D. Richter, Schlaraffenland. Geschichte einer populären Utopie, Frankfurt/M., Fischer,
19952 (trad. it., Scandicci, La Nuova Italia, 1998); W. Wunderlich, «Das Schlaraffenland in der deutschen Sprache und
Literatur. Bibliographischer Überblick über den Forschungsstand», Fabula 27, 1986, pp. 54-75; H. Pleij, Dreaming of
Cockaigne. Medieval Phantasies of Perfect Life, trad. ingl., New York-Chichester, Columbia Univ. Press, 2001; H.-J.
Gilomen, «Das Schlaraffenland und andere Utopien im Mittelalter», Basler Zeitschrift für Geschichte und
Altertumskunde, 104, 2004, pp. 213-248. Riferimenti allo Schlaraffenland compaiono in Lutero, Klopstock, Wieland,
Goethe, Schiller, ma il testo più famoso è Das Märchen vom Schlauraffenland (La fiaba del Paese della Cuccagna) dei
Grimm, che appartiene al genere delle Lügengeschichten o -märchen (= lett. ‘storie [o ‘favole’] menzognere’), ma anche
dei viaggi immaginari, e riproduce con qualche modifica Sô ist diz von luͤgenen (Questo è un racconto menzognero), una
delle prime esemplificazioni del «mondo alla rovescia», databile al XIV sec.: l’io narrante vide «una volta, al tempo delle
scimmie [ich sach eins mâles in der affen zît]», Roma e il Laterano sorretti da un sottile filo di seta, un uomo senza piedi
correre più di un veloce destriero, una spada «decisamente spuntata» (ein vil bœsez swert = lett. ‘molto cattiva’) tagliare
in due un ponte levatoio, ecc. (in M. Haupt – H. Hoffmann, Altdeutsche Blätter, I. Bd., Leipzig, Brockhaus, 1836, pp.
163-165). Dal quadro di Bruegel trasse ispirazione nel 1917 Paul Wegener per il film Hans Trutz im Schlaraffenland.
2
affianca dunque in neerl., e addirittura si sostituisce in ted., una connotazione etico-religiosa: come è
noto, la gola e l’accidia sono peccati capitali, e definire ‘stolto’ (o ‘istupidito’, ‘sciocco’) chi è dedito
a una vita di pantagrueliche abbuffate costituisce un evidente giudizio di valore.
Fig. 1
Il quadro di Bruegel costituisce un esempio di intersemiosi o, come oggi si preferisce
dire, di intermedialità4, giacché gli elementi caratteristici presenti in esso sono tratti dalla letteratura
fiorita sul tema. Da tenere particolarmente in conto è uno Schwank (‘storiella’ o ‘racconto umoristico’
in forma poetica) apparso in Germania nel 1530: Das Schlauraffen Landt (secondo altre trascrizioni:
Das schlawraffen landt o Das schlawraffenlant), del norimberghese Hans Sachs5. Molto
Come emergeva già dalla definizione dell’intertestualità in Julia Kristeva, poiché un testo è la trasposizione di
un sistema di segni in un contesto mediale (cfr. J.E. Müller, Intermedialität. Formen moderner kultureller
Kommunikation, Münster, Nodus-Publ., 1996, p. 96), non può essere considerato illecito spostare l’attenzione sull’aspetto
mediale, intendendo per ‘media’ – con S.J. Schmidt (cfr. «Medienkulturwissenschaft», in V. u. A. Nünning (Hgg.),
Einführung in die Kulturwissenschaften. Theoretische Grundlagen, Ansätze, Perspektiven, Metzler, Stuttgart 2008, pp.
354-355) – le tecnologie mediali, gli strumenti semiotici usati per l’espressione e la comunicazione (e dunque, è bene
aggiungere, sia per la codificazione da parte del mittente sia per la decodificazione e l’interpretazione da parte del
destinatario), le istituzioni socio-economiche e i servizi (in senso molto lato), le offerte mediali, che possono a loro volta
essere intermediali e intersemiotiche (libri, film, videotape, ecc.). Nell’ambito dei prodotti tecnologici mediali vanno
ovviamente ricompresi tutti gli strumenti materiali necessari per produrre cultura e informazione, e dunque anche i
supporti fisici tradizionali, come la tela di un quadro, la carta di un libro, ecc. Per completezza, occorrere riservare un
posto anche alle forme socio-culturali mediante cui i contenuti vengono prodotti e diffusi: le varie arti, dalle ‘maggiori’
(pittura, musica, ecc.) alle applicate (moda, pubblicità, ecc.) e alle neomediali. Da questa classificazione – con la quale
Schmidt cerca di chiarire e precisare la generica definizione di McLuhan, che considera come medium ogni estensione
dell’uomo, ossia ogni ausilio protesico – risulta che i sistemi semiotici (ossia i complessi di segni correlati agli specifici
canali psicofisiologici isolati o interrelati, innanzitutto al verbale-uditivo e al visivo, ma anche ad altri meno indagati in
ambito specialistico) sono forme mediali.
5
Fu poeta assai apprezzato da Goethe, che nel 1776 gli dedicò il componimento Erklärung eines alten
Holzschnittes vorstellend Hans Sachsens poetische Sendung (Illustrazione di un’antica incisione in legno raffigurante la
missione poetica di Hans Sachs), in Werke, 16. Bd., 1894, pp. 121-129. Il suo nome è assai noto fra i melomani perché è
uno dei personaggi principali di Die Meistersinger von Nürnberg di Wagner. In it. esiste una breve raccolta antologica,
che non include però le opere menzionate nel presente lavoro: Poesie di Hans Sachs, scelte e tradotte da E. Lo Gatto,
4
3
probabilmente Bruegel poté attingere alla sua versione ampliata in prosa, apparsa nei Paesi Bassi nel
1546 con il titolo Van’t Luye lecker Landt6. Sachs snoda il racconto delle meraviglie dello
Schlaraffenland per più di cento versi7, in cui – in modo più ordinato e completo che in altre
descrizioni simili precedenti e coeve, ma senza introdurre i contenuti scabrosi talvolta presenti in
esse8 – ne vanta le ricchezze, l’inesauribile quantità di prelibatezze e la dolce vita. Il poema si chiude
però con una considerazione moraleggiante e antiepicurea9: la descrizione dello stile di vita edonistico
degli abitanti di quel Paradiso terrestre concepito come un ‘mondo possibile’ della fantasia deve far
riflettere i giovani intorno all’importanza della tenacia e della dedizione al lavoro10, vero e proprio
fulcro etico della cultura mitteleuropea nella fase della nascita e dell’affermazione del
protestantesimo.
Che si tratti di un paese utopico e ucrono, meta di un viaggio soltanto immaginario11, lo
chiariscono le battute iniziali: «C’è una contrada chiamata Schlaraffenland, … è lontana tre miglia
oltre Natale». Vi è una certa assonanza con l’incipit delle fiabe per bambini: «C’era una volta in un
Ricciardi, Napoli 1916. Il volumetto si apre con la trad. it. del poemetto celebrativo di Goethe, mentre l’Introd. fornisce
i dati biografici essenziali.
6
In appendice al presente lavoro è riprodotta la versione del testo ted. pubblicata in Sämtliche Fabeln und
Schwänke von Hans Sachs, In chronologischer Ordnung nach dem Originalen hrsg. v. E. Goetze, Zweite Aufl. besorgt v.
H.L. Markschies, 1. Bd., Halle/S., Niemeyer, 1953 [18931], n. 4, pp. 8-11. Una versione del testo neerl. (di cui esiste
un’ed. pubblicata ad Anversa nel 1600) è fornita da J. Bolte, «Vier Niederländische Schwätze des 16. Jahrhunderts», Zs.
f. deutsches Altertum und deutsche Literatur, 36, 1892, pp. 297-301. Entrambi i testi sono riprodotti (con diversi errori e
scostamenti) in Ackermann, Das Schlaraffenland, rispettivamente alle pp. 182-184 e 162-165. Di Bolte cfr. pure
«Bilderbogen des 16. u. 17. Jahrhunderts», Zs. des Vereins f. Volkskunde, 20, 1910, pp. 187-193 (pp. 187-193 in part.).
Per un’analisi del testo, cfr. Pleij, Dreaming, pp. 77-86. Sachs trasse la maggior parte del repertorio di squisitezze
alimentari e godimenti vari da una serie di altre composizioni precedenti. Sulle fonti cfr.: A.L. Stiefel, Fabeln, Märchen
und Schwänke des Hans Sachs, Nürnberg, Tümmeln, 1894, pp. 6-20. Il primo testo in cui compare il termine
Schlaraffenland (nella forma Schlaͤuraffen land) è il lungo poema satirico Der Ring, composto da Heinrich Wittenwiler
fra la fine del ‘300 e l’inizio del ‘400: vi si suggerisce che, come per il Paradiso, l’unico modo per entrare nel Paese della
Cuccagna è morire. È quanto nel corso della vicenda accade a un crapulone soffocato da una spina conficcataglisi in gola:
«Also fuͦr do Farind Wand/ Da hin gen Schlaͤuraffen land/ Mit seiner sel: daz was iͤr fuͦg;/ Den leib man in den Neker truͦg»
(hrsg. v. W. Röcke, Berlin-Boston, De Gruyter, 2012, vv. 5909-5912: «E così se ne andò Farindwand [o Varindwand =
lett. ‘Testa-contro-il-muro’]/ verso il Paese della Cuccagna/ con l’anima, come le spettava;/ il corpo fu trascinato nel
Necker»).
7
Affine è un più lungo componimento nel cosiddetto Lindenschmidt-Ton (una forma metrica cantata presente
già nei Carmina Burana), pubblicato in due versioni nel 1611, ma che ragioni di carattere linguistico indurrebbero a
datare anteriormente e che pertanto potrebbe essere stato una fonte di Sachs.
8
Nella versione neerl. è per contro inserito il tema licenzioso della prostituzione.
9
In un’altra composizione poetica di Sachs, Sturm des vollen bergs (Assalto al Monte Pieno, in tutti i sensi
dell’agg.), Epicuro è messo a capo di un esercito di crapuloni che nello Schlaraffenland dà l’assalto a un castello chiamato
zum vollen berg (‘Al[l’insegna del] Monte Pieno’, con scherzosa allusione all’abituale denominazione delle locande) e
munito di difese edibili: «Epicurus was ir hauptman,/ Der reytt auff eym esel voran/ Und fuͤrt ein fladen in eym schild»
(Sämtliche Fabeln und Schwänke von Hans Sachs, n. 43, pp. 139-142, vv. 31-33: «Loro comandante era Epicuro,/ che
cavalcava alla loro testa un asino/ e portava una focaccia sullo scudo»).
10
Sulle somiglianze fra il Paese della Cuccagna e il Paradiso terrestre si era già soffermato A. Graf
nell’Appendice III a Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo (1892), Pordenone, Edd. Studio Tesi, 1993, p. 193: «Il
Paradiso terrestre e la Cuccagna sono due termini diversi, ma non contraddittorii, a cui riesce lo stesso pensiero, secondo
l’affetto che lo muove, e in conformità della mente entro la quale si muove. Del resto, tra le due immaginazioni non c’è
una separazione costante e sicura, anzi si passa per gradi dall’una all’altra: il Paradiso è talvolta poco più nobile e poco
più spirituale del Paese di Cuccagna, e talvolta il Paese di Cuccagna, idealizzandosi alquanto, diventa un Paradiso».
11
Sull’appartenenza dei racconti sullo Schlaraffenland al genere dei ‘viaggi immaginari’ cfr. Richter,
Schlaraffenland, p. 27.
4
paese lontano», in cui il luogo non-luogo e l’imperfetto collocano l’azione in un tempo e in uno spazio
indeterminati, immergendo i destinatari in un ‘mondo possibile’ altro12. Questo Paese presente e
insieme assente, vicino e lontano, come suggerisce la fusione logicamente assurda delle coordinate
spazio-temporali, è il contenitore di tutti quei beni sui quali molti dei contemporanei del poeta
potevano fantasticare, ma che certamente non potevano sperare di ottenere. Nella descrizione di
Sachs, le sgradevolezze della vita rurale vengono annullate e la gioia del puro consumo trionfa sulle
difficoltà della produzione: gli alimenti sono in quantità inesauribile e già cotti; il formaggio è
abbondante come le pietre, tormento dello zappatore; gli abeti sfornano krapfen, anziché pigne; fra le
spine si trova l’uva13; le ciliegie crescono a terra, come i mirtilli; ecc.
La raffigurazione di Bruegel può essere confrontata non solo con altre sue opere (quadri e
disegni), ma anche con rappresentazioni di artisti precedenti. Fra questi un posto di rilievo spetta a
Hieronymus Bosch, il quale non solo dipinse un Giardino delle delizie, conservato al Louvre, dove
compaiono elementi tipici dello Schlaraffenland14, ma soprattutto, in un olio su tavola della fine del
‘400 conservato al Louvre, illustrò un tema assai noto all’epoca: La nave dei folli [Fig. 2]. Il
riferimento potrebbe essere, ma la cosa è molto dubbia, a un poema satirico con lo stesso titolo
pubblicato in quegli anni dall’alsaziano Sebastian Brant15, che immagina il viaggio di una nave carica
di folli gaudenti (lo Schluraffen schiff) verso Narragonia, la terra dei folli, designata anche come
Schluraffen landt. L’intento è di carattere morale: Brant intende mostrare la loro reale situazione agli
uomini immersi nella stultitia, nel peccato, a quelli preda di semplici debolezze o piccole manie, e a
quelli che eccedono in cristiana virtù, ma trascurano se stessi16.
12
Nella versione neerl. la localizzazione è più elaborata e il percorso è di «tre miglia per lunghe notti» (drie
mielen door lange nachten). Si possono accostare entrambi i fantasiosi riferimenti spazio-temporali a quello relativo alla
«contrada» di Bengodi in Boccaccio: alla domanda di Calandrino «quante miglia ci ha?», Maso risponde «Haccene più
di millanta, che tutta notte canta» (Decamerone, VIII,3).
13
Il rovesciamento ironico di Mt. 7,16 è evidente.
14
Fra essi, il diffusissimo motivo della fontana della giovinezza, presente anche in Sachs.
15
La prima ed. di Das narren schyff comparve a Basilea nel 1494 (tradd. itt.: a c. di R. Disanto, Schena, Fasano
1989; a c. di F. Saba Sardi, Spirali, Milano 2002). Nel 1498 se ne ebbe anche una trad. latina. Il poema, in ottonari, è
suddiviso in 122 capitoli, ciascuno dei quali è dedicato a una particolare forma di ‘follia’ o vizio. Sul rapporto con il
quadro di Bosch cfr. O. Meo, «Rappresentazioni della follia. Un itinerario nella pittura europea da Bosch a Soutine», Atti
della Accademia Ligure di Scienze e Lettere, Serie VI – vol. XI – 2008, Genova 2009, pp. 120-123.
16
Brant scrive nel proemio: «Wer yeman der die gschrifft veracht/ Oder villicht die nit kuͤnd lesen/ Der siecht
jm molen wol syn wesen/ Vnd fyndet dar jnn, wer er ist/ Wem er glich sy, was jm gebrist/ Den narren spiegel ich disz
nenn/ In dem ein yeder narr sich kenn/ Wer yeder sy wurt er bericht/ Wer recht jn narren spiegel sicht» (hrsg. v. M.
Lemmer, Niemeyer, Tübingen 1962, vv. 26-34: «se ci fosse qualcuno che disprezza lo scritto/ o che non sapesse leggerlo,/
costui vede nell’immagine la sua propria natura/ e vi trova chi egli è,/ a chi è simile, in che difetta./ Chiamo specchio dei
folli questo,/ in cui ogni folle si riconosce:/ chi egli sia, lo apprende/ chiunque guardi bene nello specchio dei folli»).
5
Fig. 2
Il fatto che le ‘navi dei folli’ esistessero realmente nel Medioevo aggiunge un tocco di
drammaticità alla letteratura sulla stultifera navis e trova nel quadro di Bosch, il cui intento è castigare
ridendo mores e ironizzare sulla follia del mondo, il proprio versante grottesco17. Si aggiunga che la
metafora della nave, ereditata dall’antichità, veniva utilizzata per rappresentare la Chiesa e la sua
missione salvifica. Anziché il crocifisso, come la nave simbolo della Chiesa, l’imbarcazione di Bosch
ha per insegna una falce di luna, simbolo dei ‘lunatici’. Una testa di civetta o di gufo (simbolo sia
della follia sia della saggezza) spunta fra le fronde di nocciolo (simbolo di ferinità disumana) in cima
all’albero maestro, raffigurato come un albero della cuccagna, motivo tipico del folklore europeo che
ricorda anche l’albero del frutto proibito, e dunque il Paradiso terrestre18. In primo piano una suora e
un frate francescano, smunti e dai tratti affilati, da penitenti, si allietano in modo mondano: mentre la
suora suona il liuto (simbolo di leggerezza e intemperanza), entrambi forse stanno cantando, ma forse
aprono la bocca per addentare avidamente il cibo. L’allusione è sia alla lussuria (nelle
rappresentazioni dell’amore l’atto erotico era preceduto dal canto e dalla musica suonata insieme) sia
alla gola: l’imbarcazione è disseminata di cibo; un enorme cucchiaio funge da remo; il folle in acqua
vuole ancora vino; quello sull’estrema destra vomita; a metà un ammasso commestibile (forse un
dolce) è sospeso fra le bocche dei naviganti; il matto (insieme pazzo e buffone) è intento a bere,
anziché a governare la nave; un pesce, tradizionale simbolo della Quaresima, penzola fuori bordo.
Ma il richiamo all’opulenza e alla spensieratezza del Luilekkerland è controbilanciato dalla mancata
soddisfazione del desiderio: le ciliegie sono poche, il cibo non è addentato, il pollo (o l’oca) in cima
all’albero sta per essere rubato da un contadino nascosto fra i cespugli della riva. Insomma: date
Cfr. M. Foucault, Storia della follia nell’età classica, trad. it., Milano, Rizzoli, 1976, pp. 13-66, che ricollega
la letteratura sulla stultifera navis al ciclo degli Argonauti. Le ‘navi dei folli’ erano battelli fluviali che erravano per la
Germania e i Paesi Bassi trasportando i malati mentali, cacciati dalle città con intento anche apotropaico e costretti a
vagabondare.
18
Ivi., pp. 36-37.
17
6
queste premesse, non è sicuro che Narragonia-Schlaraffenland sia destinata a mantenere le promesse
e a soddisfare questa compagnia di squinternati.
Il quadro di Bruegel rimanda a Bosch non solo per la vena ironica e l’intento morale, ma anche
per un preciso elemento figurativo: vi compare in primissimo piano, come una sorta di umoristico
omaggio al predecessore, un uovo con le zampe, presumibilmente à la coque, già dotato della posata
per mangiarne il contenuto19. Ma non è questa la sola forma di cibo a richiamare, insieme alla
descrizione dello Schlaraffenland, le ironiche invenzioni di Bosch: il volatile (un grosso pollo o
un’oca) si accomoda da sé nel piatto, mentre il maiale, già arrostito, si aggira con un coltello piantato
nella schiena, che, come recita il poema di Sachs, ciascuno rimette al suo posto dopo essersi servito
[Fig. 3]. Sostanzialmente riconducibile a Bosch, ma assente in Sachs, è anche, all’estrema destra, lo
strano cactus in forma di animale e fatto di materia edibile (forse pasticceria), ovale e secca.
Fig. 3
Fig. 4
Oltre al tetto coperto di focacce (o sformati)20 e al maiale infilzato dal coltello, un riferimento
diretto al poema di Sachs è, a destra, l’uomo che sbuca da una sorta di caverna e si aggrappa al ramo
di un albero per non cadere al suolo [Fig. 4]. All’interno della produzione pittorica di Bruegel i primi
due elementi (comuni per altro a diversi racconti sullo Schlaraffenland)21 trovano corrispondenza con
un olio su tavola conservato nella Gemäldegalerie degli Staatliche Museen di Berlino: Proverbi
La presenza dell’uovo, possibile simbolo alchemico o diabolico in Bosch, ha indotto a un’interpretazione
esoterica anche di questo quadro di Bruegel (cfr. J. Van Lennep, «L’alchimie et Pierre Bruegel l’Ancien», Bulletin des
Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique, 14, 1965, pp. 205-226). Un uovo intero e con zampe d’oca si trova
all’estrema destra dei Proverbi fiamminghi a illustrazione del detto ‘Prende l’uovo di gallina e lascia andare quello d’oca’
(Zij raapt het henneei en laat het ganzenei loopen), ossia si accontenta del poco, quando potrebbe avere il molto.
20
Cfr. L. Maeterlinck, Le Genre satirique dans la peinture flamande, van Oest, Bruxelles 19072, p. 314, che
parla di flans au lait (in neerl.: vlaien o vlaaien), dolciume preferito nelle Fiandre.
21
Cfr. Ahtzehen wahtel in den sac! (Diciotto quaglie nel sacco!), del genere wahtelmære (‘racconto delle
quaglie’, ossia Lügenmärchen), della metà del XIV sec., pubblicato nel 1828 da W. Wackernagel
(https://books.google.it/books?id=9RxVAAAAcAAJ&pg=PA3&lpg=PA3&dq=mezzer+snabele&source=bl&ots=Bccz
vEOr8E&sig=VY2pRCzgEeQP60fC3wdf1vjwRuc&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwivtLKwgePdAhWGk4sKHUzVBEU
Q6AEwAHoECAkQAQ#v=onepage&q=mezzer%20snabele&f=false): «diu gans gêt gebrâten/ und treit vil wol berâten/
das mezzer in dem snabele/ den pfeffer in dem zagele» (vv. 55-58: «le oche se ne vanno arrostite/ e molte si presentano
già preparate/ il coltello nel becco/ il pepe sulla coda»).
19
7
fiamminghi (Die niederländischen Sprichwörter nel catalogo della pinacoteca e Nederlandse, o
Vlaamse Spreekwoorden in neerl., firmato e datato 1559) [Fig. 5], che è un fuoco d’artificio di trovate
umoristiche e di invenzioni compositive organizzate in modo molto sapiente. Vi è raccolto un numero
enorme di scenette (118 secondo alcune fonti o 126 secondo altre), che illustrano un numero ancora
maggiore di proverbi, giacché a ciascuna può corrisponderne più di uno22. Molti secoli più tardi,
l’esperimento di intersemiosi (o di intermedialità) compiuto da Bruegel, che è molto più ardito di
quello del Paese della cuccagna, sarà ripreso da un pittore vallone particolarmente attento al rapporto
fra linguaggio immaginale e linguaggio verbale: René Magritte23. Nell’ékphrasis inversa di Bruegel
e Magritte l’immagine svolge una funzione metalinguistica nei confronti di una sequenza verbale.
Poiché la rappresentazione visiva comporta la necessaria letteralizzazione dell’espressione
metaforica in cui consistono i proverbi, il lavoro compiuto da Bruegel dà anche lo spunto per una
riflessione sulla funzione dei tropi nel linguaggio e sulla differenza fra la retorica visiva e quella
verbale. La polisemia di alcune scenette induce altresì a riflettere sull’ambiguità strutturale del
messaggio visivo. I proverbi illustrati dalle immagini presenti anche nel Paese della Cuccagna sono:
‘Qui i tetti sono coperti di focacce’ (Daar zijn de daken met vladen gedekt), ossia si vive
nell’abbondanza e pigramente come nello Schlaraffenland [Fig. 6], e ‘Il maiale è tagliato per la
pancia’ (Het varken is door de buik gestoken), ossia la faccenda è irrimediabilmente chiusa, oppure
‘Non sa come macellare il maiale’ (Hij weet niet, hoe hij het varken slachten zal), ossia non riesce a
portare a termine con successo un’impresa [Fig. 7].
22
I diversi significati di una scenetta non sono necessariamente in competizione. In un caso i proverbi
corrispondenti sono addirittura quattro. Un accurato esame dell’opera nel contesto della produzione di Bruegel è condotto
da R. Grosshans, Pieter Bruegel d.Ä. Die niederländischen Sprichwörter, Berlin, Gemäldegalerie, Staatliche Museen zu
Berlin, Preußischer Kulturbesitz, 2003. Per un’analisi di alcuni temi del quadro, delle sue valenze semiotiche e del suo
significato filosofico, cfr. O. Meo, «Rappresentazioni», pp. 125-130.
23
Sugli esperimenti linguistico-visivi di Magritte cfr. O. Meo, «Parole in immagine. A proposito
dell’intersemiosi nelle arti visive», in P. D’Angelo, E. Franzini, G. Lombardo, S. Tedesco (a c. di), Costellazioni estetiche.
Dalla storia alla neoestetica. Studi in onore di Luigi Russo, Milano, Guerini, 2013, pp. 264-268.
8
Fig. 5
Fig. 6
Fig. 7
La terza immagine, l’uomo che esce dalla montagna, è una documentazione inoppugnabile
della derivazione del Paese della Cuccagna dallo Schwank di Sachs, l’unica delle opere letterarie sul
tema in cui si narri come, per arrivare nello Schlaraffenland, occorra passare, mangiandola, attraverso
una montagna di Hirszbrey (in ted. mod. Hirsebrei = ‘pappa di miglio’)24 spessa tre miglia. In Bruegel
di monti ce n’è un’intera catena, che si affaccia su un lago di latte, mentre in Sachs di latte sono i
ruscelli nei quali cadono panini dai salici che li sovrastano, onde saziare – come la biblica manna –
un popolo perennemente affamato25.
Assai dibattuta è la questione del significato da attribuire alle tre figure umane in primo piano
e a quella sotto il tetto. I tre personaggi principali, disposti a raggera intorno al tronco d’albero
attrezzato con una mensa circolare per la colazione e disseminato di simboli forse magici (piedini di
maiale, uova), possono essere identificati come i rappresentanti di tre degli stati in cui era suddivisa
24
25
nell’acqua.
Nel testo neerl. la pappa è di grano saraceno (boeckwytenbry, oggi: boekweitbrij).
Nella versione neerl. il latte è dolce, ma i pesci di lago già cotti in svariate maniere di cui parla Sachs nuotano
9
la popolazione dei Paesi Bassi all’epoca non solo grazie all’abbigliamento, ma anche grazie ai simboli
che contraddistinguono la loro professione: un cavaliere, dimenticate le fatiche e i disagi della guerra,
dorme su un comodo cuscino (evidente riferimento al lusso e agli agi)26, lasciando la lancia
abbandonata ai propri piedi; un grasso contadino dorme coricato su un fianco con il correggiato sotto
il corpo (in posizione non troppo comoda, a dire il vero, forse a insinuare che le differenze di classe
non scompaiono neppure nel Paese della Cuccagna); un dotto (forse un chierico), sdraiato sulla
propria pelliccia, con un libro chiuso e un foglio di carta piegato sotto le braccia disposte a cuscino,
aspetta sveglio e con la bocca aperta le gocce che cadono dal vaso rovesciato sopra di lui (probabile
allusione alle fontane di malvasia di cui parlano il poema di Sachs e altre narrazioni, che dirigono il
loro getto direttamente nella bocca di chi è troppo pigro per sporgersi a bere).
Secondo l’interpretazione politica dell’opera, la nobiltà sarebbe sostituita nella funzione di
quarto raggio del cerchio immaginario che ha il suo asse nel tronco d’albero 27 dal volatile che si
adagia da solo nel piatto, simbolo dell’ignavia e dell’ingenuità dei maggiorenti, duramente puniti
dalla repressione spagnola della ribellione fiamminga: nello stesso anno in cui fu dipinto il quadro, il
duca d’Alba fece incarcerare i conti di Egmond (lo Egmont di Goethe e Beethoven) e Hoorn,
giustiziati l’anno successivo28. Alla luce di questa interpretazione, la misteriosa candela che appare
sulla vetta del monte più lontano [Fig. 8] sarebbe un’allusione al proverbio ‘Accendere una candela
al diavolo’ (Voor de duivel een kars aansteken), che compare letteralizzato (e dunque più facilmente
disambiguabile) nei Proverbi fiamminghi [Fig. 9] e significa chiedere un favore a un nemico o
considerare un bene procurarsi amici a qualunque costo e adulare tutti29, ma che – nel contesto
specifico – sarebbe da interpretare come un’allusione alla mal riposta fiducia negli Spagnoli.
Analogamente, il dolce che cade sul cavaliere sarebbe un’allusione al proverbio ‘Prendersi un dolce
sulla testa’, ossia fallire in un’impresa (la rivolta). Tuttavia, non solo questo proverbio non compare
fra quelli illustrati da Bruegel nel quadro del 155930, ma, secondo un’altra interpretazione (dubbia,
26
Anche Sachs parla della diffusione universale del cuscino nello Schlaraffenland.
Alcuni hanno interpretato il cerchio come una ruota della fortuna, che trascina con sé ogni essere umano (cfr.:
B. Claessens-J. Rousseau, Bruegel, New York, Alpine Fine Arts Collection, 1981 p. 210; C. H. Rocquet, Bruegel, or the
workshop of dreams, trad. ingl., Chicago, Univ. of Chicago Press, 1987, pp. 168-169). Se così fosse, sebbene si tratti di
un motivo diffusissimo (presente anche in Brant), non è illecito vederne uscire rafforzata la tesi di un rapporto fra Bruegel
e lo stoicismo, ricavabile – come si vedrà – dal peculiare atteggiamento da lui assunto verso i suoi soggetti.
28
Per l’interpretazione politica, già proposta da Maeterlinck, Le Genre, p. 314, cfr. R.H. Frank, «An
Interpretation of Land of Cockaigne (1567) by Pieter Breugel the Elder», The Sixteenth Century Journal, 22, 1991, pp.
299-329. Secondo alcuni studiosi, al brutale comportamento dell’esercito inviato da Filippo II farebbero riferimento due
quadri di dubbia attribuzione e datazione: La strage degli innocenti (Kunsthistorisches Museum, Vienna) e Saccheggio
di un villaggio (Musée des Beaux-Arts, Douai).
29
Il proverbio è illustrato da un uomo che accende una candela davanti a un’edicola nel cui vano compare una
creatura grottesca nello stile di Bosch.
30
È possibile che Frank equivochi con i proverbi ‘Prendersi un coperchio sulla testa’ (Het deksel op de kop
krijgen), ossia prendersi una lavata di capo, e ‘Avere un coperchio sulla testa’ (Een deksel op zijn kop hebben), ossia
assumersi la responsabilità di qualcosa, corrispondenti a una delle scenette nei Proverbi fiamminghi, ma privi di relazioni
con Il Paese della Cuccagna.
27
10
anche se resa possibile dal gioco prospettico), il dolce non starebbe cadendo, bensì giacerebbe al
suolo. Dal canto suo, il soldato con l’elmo spagnolo che compare sotto il tetto e aspetta che un
piccione arrostito (oggi pressoché invisibile)31 gli caschi in bocca rappresenterebbe l’oppressione
spagnola, cui il popolo fiammingo si abbandona inerme. Anche questo personaggio, che alcuni
interpretano come l’attendente del cavaliere, si è, per così dire, ‘messo comodo’: poggia le braccia su
un cuscino e, tranne elmo e guanti, si è liberato dell’armatura.
Fig. 8
Fig. 9
Il punto debole dell’interpretazione politica sta nel fatto che, oltre alla nobiltà, che si potrebbe
comunque vedere raffigurata nel cavaliere, manca nel quadro la borghesia, in particolare i mercanti,
il cui ruolo socio-economico nelle Fiandre dell’epoca non poteva sfuggire a Bruegel, per lunghi anni
attivo ad Anversa32. In alternativa, è possibile formulare altre ipotesi ermeneutiche, più aderenti sia
al significato di altre rappresentazioni bruegeliane affini per tematica al Paese della Cuccagna. La
prima è quella morale, antiedonista e antiepicurea, assai diffusa nell’ampia letteratura e nei prodotti
delle arti visive (quadri e incisioni) sulla cuccagna fioriti nell’Europa centrale, cui ho già accennato
a proposito della conclusione del poema di Sachs. Come in quest’ultimo, a essere rappresentata è la
verkehrte Welt, il ‘mondo alla rovescia’, tema bene incardinato nella cultura popolare medievale,
giacché costituisce l’ossatura degli eventi carnascialeschi: il Paese della Cuccagna è una perenne età
dell’oro33, un’arcadia culinaria, in cui i peccatori (i pigri e i gaudenti) ottengono senza sforzo quello
che non hanno meritato. In Sachs e in altri scrittori sono presenti molti esempi di rovesciamento delle
31
La sua presenza è inferibile da due stampe posteriori al quadro, rispettivamente di Johannes Galle e Pieter van
der Heyden (riprodotte anche da Frank, ivi., p. 307). Secondo Frank, esso sarebbe stato rimosso intenzionalmente per non
meglio precisate ragioni di sicurezza, mentre la tesi più diffusa fra gli studiosi è che sia scomparso per un eccesso di
ripulitura.
32
Maeterlinck (Le Genre, pp. 315-316) riporta una stampa intitolata Elck (Ciascuno, al British Museum) in cui
sono raffigurati alcuni mercanti intenti ad accaparrarsi beni e la interpreta come una satira dell’egoismo dei Fiamminghi,
incuranti del nemico comune e dunque del bene generale. Si potrebbe però attribuire al lavoro un valore più universale:
la condanna della ricerca del proprio utile come vizio dell’umanità.
33
Sul Paese della Cuccagna come versione plebea dell’aristocratica e classicheggiante età dell’oro cfr. P.
Camporesi, Il paese della fame,vBologna, Il Mulino, 1978, p. 77; come «utopia plebea» trasformatasi in tema fiabesco
cfr. Richter, Schlaraffenland, pp. 25-26.
11
regole etico-sociali: nelle gare sportive vince il peggiore, i poltroni e i bugiardi ricevono denaro
secondo un rigoroso sistema di remunerazione, a chi sperpera al gioco viene assegnata una somma
doppia di quella persa, i debitori vengono rimborsati dai creditori, i perdigiorno e i gozzovigliatori
vengono insigniti di titoli nobiliari secondo un sistema gerarchico di tipo feudale, gli assennati e
morigerati vengono biasimati e cacciati, ecc.34 Tutto ciò è assente dal quadro di Bruegel, ed è per
altro assai difficilmente rappresentabile tramite il medium immaginale; ma da questa omissione non
risulta affievolito il suo intento di castigare ridendo mores, analogamente a quanto aveva fatto Bosch.
La verkehrte Welt è tema affrontato da Bruegel anche in altre opere, fra le quali i Proverbi
fiamminghi35. Il Paese della Cuccagna, che è prospetticamente assai elaborato, appare in linea con la
caratteristica costruttiva propria dell’arte nordica (fiammingo-olandese e tedesca): è come se lo
spettatore fosse all’interno della scena, in contatto ravvicinato con i personaggi36. Per contro, nei
Proverbi fiamminghi e in molti altri quadri, Bruegel assume una prospettiva fortemente rialzata, in
modo da sottolineare la propria distanza dall’evento descritto, da una realtà quotidiana che non si
vuole né si può prendere troppo sul serio. Quello di Bruegel è un atteggiamento quasi stoico, che
accentua il tratto comico delle sue opere, notoriamente sconfinante nel grottesco, come in Bosch e
nell’arte nordica in generale. Né la cosa può stupire, giacché proprietà costitutiva del comico (e dei
suoi ‘sottogeneri’, compreso il grottesco) è l’assunzione di una posizione di distacco e di superiorità
rispetto al proprio bersaglio. Di essa si può dare una giustificazione filosofica37: gli Stoici, le cui
teorie avrebbero avuto un ruolo di rilievo nel tardo Cinquecento fiammingo grazie alla loro
rielaborazione da parte di Giusto Lipsio, avevano eretto a esempio di condotta morale nei confronti
del mondo e di maturità intellettuale quel Democrito che, sceso nel porto di Abdera, alla vista
dell’umano affaccendarsi intorno a navi e merci, prorompeva in una sonora risata. Democrito,
considerato folle, rideva delle vane cure terrene degli uomini, che si credono saggi, ma sono folli e
34
Secondo Richter (ivi., pp. 39-42), la contemporanea presenza di denaro e prodotti agricoli nella letteratura
sullo Schlaraffenland è da mettere in relazione con il passaggio dall’economia feudale a quella borghese-capitalistica
dell’età moderna.
35
Uno dei titoli alternativi con cui è conosciuto Proverbi fiamminghi in neerl. è proprio De verkeerde wereld. A
esso corrisponde l’omonimo proverbio, illustrato all’estrema sinistra con un globo blu capovolto (la croce che
normalmente lo sormonta è rivolta verso il basso) e utilizzato come insegna di una locanda in cui si trovano diversi folli .
Con il titolo Le Monde renversé, représenté par plusieurs Proverbes et Moralités il quadro compariva nell’inventario di
un collezionista fiammingo del ‘600. Un terzo titolo è De blauwe huik = ‘Il mantello [con cappuccio] blu’, che corrisponde
al proverbio illustrato nella scenetta centrale: ‘Mette il mantello blu al marito’ (Zij hangt haar man de blauwe huik om),
ossia lo inganna. All’epoca nei Paesi Bassi diverse gradazioni del blu erano considerate simbolo di inaffidabilità e inganno
(cfr. A.E.H. Swaen, «An Essay in Blue», Englische Studien, 71, 1936, pp. 1-13).
36
A introdurre l’idea, poi ripresa da E. Panofsky, di una «soggettivizzazione» dell’arte nordica, grazie alla quale
lo spettatore si sente proiettato nello spazio pittorico, fu A. Riegl, Das holländische Gruppenporträt, Wien, WUVUniversitätsverlag, 19973, pp. 128 e 170 in part.
37
G.T. Faggin, La pittura ad Anversa nel Cinquecento, Firenze, Marchi & Bertolli, 1968, p. 67, parla di un
«interesse da fenomenologo» di Bruegel per il mondo contadino e per l’uomo in generale, considerato come «specie», e
non come individuo. Si può concordare, ma nulla vieta di considerare questo atteggiamento come suggerito anche da
ragioni filosofiche, e non soltanto come il frutto dello sguardo di «un cittadino, amico di uomini dotti e di grandi
mercanti».
12
prendono per saggezza questa loro follia. A lui si riferiva Seneca affermando: «Humanius est deridere
vitam quam deplorare»38. A questo punto, di fronte al Paese della Cuccagna, l’osservatore ha davanti
a sé due possibilità contrapposte: o la sua immersione nello spazio pittorico corrisponde all’onirica
soddisfazione di un desiderio, giacché non si tratta della rappresentazione di un luogo reale, oppure
si identifica con il Democritus ridens.
La seconda ipotesi ermeneutica, che si salda con la prima, si fonda sull’analogia fra il quadro
e il tema principale dei racconti sul Paese della Cuccagna: il cibo, che in Bruegel è pressoché
dappertutto, perfino nel recinto della casa, fatto di salsicce intrecciate, conformemente alla tradizione
dello Schlaraffenland39. Se esaminato da questa prospettiva, Il Paese della Cuccagna va messo in
relazione con diverse altre opere bruegeliane. Innanzitutto vi è il Combattimento fra Carnevale e
Quaresima, del 1559 (olio su tavola, nel Kunsthistorisches Museum di Vienna con il titolo Kampf
zwischen Fasching und Fasten, in neerl. De strijd tussen Carnaval en Vasten) [Fig. 10], anch’esso
caratterizzato dalla prospettiva ‘a volo d’uccello’, nonché da un bel gioco di diagonali prospettiche e
da un altro degli elementi strutturali del comico: il contrasto. Da una parte sta l’emblema stesso della
verkehrte Welt: il grasso Carnevale, a cavalcioni di una botte, con un tegame in testa e il piede in una
pentola, brandisce uno spiedo in cui è infilzato un maiale arrosto, seguito da un uomo con salsicce a
tracolla e da un desco circolare analogo a quello del Paese della Cuccagna40 e sorretto da un
personaggio che reca una sorta di idolo e una candela. Quest’ultima appare il retaggio di credenze e
riti quasi pagani dell’abbondanza legati alle feste carnascialesche e potrebbe spiegare, meglio
dell’interpretazione politica, la funzione della candela sulla vetta del monte nel Paese della
Cuccagna. Altre due candele avvolte nella paglia, secondo un’usanza tutt’oggi viva, sono portate da
una maschera. Dietro Carnevale, una donna fa cuocere in una sorta di grill o stampo un alimento
(forse un waffel) composto dagli ingredienti visibili accanto a lei. Dall’altra parte, c’è Quaresima,
smunta, con in testa un’arnia intorno alla quale ronzano le api, simbolo metonimico del miele dei
giorni di magro. Reca una pala con due aringhe e sul suo carro compare un altro alimento di magro:
le cozze, accompagnate da ciambelle e dai caratteristici brezel della Quaresima. Dietro vi è un banco
38
Cfr. Seneca, De tranquillitate animi, XV, 2 e De ira, II, X, 5.
Per un accostamento con Boccaccio, cfr. la già citata novella VIII,3: nella contrada di Bengodi «si legano le
vigne con le salsicce». Se ne ricorderà anche Goethe, in una citazione letterale: «Das wär’ dir ein schönes Gartengelände,/
Wo man den Weinstock mit Würsten bände» (da Sprichwörtlich, p. 228, vv. 105-106: «Sarebbe per te una bell’area
orticola/ quella in cui si legasse la vite con salsicce»). La conoscenza di Boccaccio da parte di Hans Sachs è nota e oggetto
di numerosi studi, soprattutto per quanto concerne i suoi lavori teatrali (Fastnachtspiele). Come ci informa Ackermann,
Das Schlaraffenland, p. 94, lo scrittore italiano compariva nella sua biblioteca accanto a Omero, Erodoto, Ovidio, Brant,
alle storie di Till Eulenspiegel e ai Gesta Romanorum.
40
Sulle analogie fra Carnevale e Schlaraffenland cfr. P. Burke, Helden, Schurken u. Narren. Europäische
Volkskultur in der frühen Neuzeit, trad. ted., Sturrgart, DTV, 1981, p. 207.
39
13
con diverse varietà ittiche. A rafforzare la struttura simbolica del dipinto, dal lato carnascialesco sta
la locanda41, mentre da quello quaresimale si erge la chiesa.
Fig. 10
Un altro olio su tavola che ha a proprio tema il cibo è il famoso Banchetto nuziale, forse del
1568 (nel Kunsthistorisches Museum di Vienna con il titolo Die Bauernhochzeit, in neerl. De
Boerenbruiloft) [Fig. 11]. La prospettiva notevolmente ribassata rispetto a quella abituale indica che
qui Bruegel si sente più vicino ai suoi soggetti e meno incline al comico (o addirittura al grottesco):
secondo una tradizione che risale ai primi biografi, la figura con la spada all’estrema destra sarebbe
un autoritratto [Fig. 12]. Anche se, dal punto di vista compositivo, lo schema dominante, quello di
una doppia diagonale (stanghe della tavola con i piatti e tavolata) e di una verticale (pilastri del muro
di fondo), ha fatto pensare a un rapporto con l’arte italiana, se esaminato dal punto di vista prospettico,
il quadro è maggiormente in linea con la già menzionata costruzione nordica dello spazio pittorico: è
come se lo spettatore stesse scendendo nella scena e gli si aprisse innanzi lo spettacolo dell’abbuffata.
Essa è vista qui nel suo aspetto lieto e festoso, ma il significato della riunione e dell’opera è ben reso
dalla figura infantile in basso, che non stonerebbe in una raffigurazione dello Schlaraffenland, tanto
mangia di gusto, incurante di ciò che la circonda.
L’insegna ne reca il nome e l’emblema: «La barca blu», nome di una confraternita carnascialesca (la Blauwer
Scuten ghilde) cui era dedicato il poema di Jacob van Oestvoren Die blauwe scuut (1413). La presenza di «compagnie»
di questo tipo (shipgesellen) in feste profane e religiose è attestata fino a oltre la metà del ‘500. Esiste sul soggetto
un’incisione di P. van der Heyden (forse tratta da Bosch): vi compare una barca di nome Die blau schuÿte, in cui si può
scorgere pure un’allusione alla nave dei folli. Si osservi il richiamo allo stesso referente nella slitta dipinta in diverse
gradazioni di blu (del tipo di quelle usate per le barche) sotto la botte di Carnevale. Sul tema cfr. D. Bax,, Hieronymus
Bosch: His Picture-Writing Deciphered, Rotterdam, Balkema, 1979, pp. 247-249.
41
14
Fig. 11
Fig. 12
Da ultimo, due incisioni di Pieter van der Heyden (1563) tratte da disegni di Bruegel: La
cucina ricca (o ‘grassa’: De vette keuken) [Fig. 13] e La cucina povera (o ‘magra’: De magere keuken)
[Fig. 14], caratterizzate – come il Combattimento – dal contrasto comico-ironico. Come al solito,
Bruegel ci mostra quasi una serie di caricature, o comunque di volute esagerazioni di comportamenti
e modi di essere. Da una parte stanno la grandezza, la grassezza e la rotondità. Nella carnascialesca
vita dei ricchi è tutto un tripudio di cerchi, del quale partecipano uomini, animali e utensili: grassi
sono gli uomini, ma anche le pentole; rigogliose nuvole di fumo si elevano dal fuoco e robusti sono i
sedili su cui siedono i commensali. Dall’altra parte, stanno la secchezza, la magrezza, la spigolosità:
il fumo si alza diritto, stento, quasi a voler rinunciare alle proprie volute; la donna nella cesta in primo
piano ha una posizione ad angolo retto, cui si contrappone la massa espansa della matrona che allatta
nell’altra scena; la gamba e il braccio dell’uomo seduto davanti al fuoco formano due angoli acuti
rivolti in direzione opposta; al gesto dei ricchi che cacciano il povero fa riscontro il tentativo dei
poveri di tirare dentro il ricco. L’intento critico sul piano etico-sociale è nuovamente chiaro, così
come quello di farlo emergere attraverso il sorriso, magari amaro. La cucina ricca è un preannunzio
del Paese della Cuccagna, è il pendant caricaturale di una verkehrte Welt fantastica, in cui la fame
atavica è finalmente saziata, mentre La cucina povera è un quaresimale richiamo alla realtà. Non
potremmo dunque trarne la lezione che questo nostro mondo è la vera verkehrte Welt, in cui i poveri
possono solo sognare di godere degli agi dello Schlaraffenland, mentre i ricchi possono permettersi
di crogiolarsi nell’accidia e nella golosità?
15
Fig. 13
Fig. 14
Appendice
Nella citata ed. Goetze-Markschies dei Sämtliche Fabeln und Schwänke von Hans Sachs il testo di Das
Schlauraffen Landt (qui riprodotto con mia trad. a fronte) fu stabilito confrontando i manoscritti, le edd. in folio e singole
edd. ottocentesche. Il metro è lo strenge Knittelvers, o verso rimato codificato (lett. ‘severo’, ‘rigido’, ‘rigoroso’), molto
usato all’epoca nella poesia popolare non destinata al canto. Secondo l’interpretazione tradizionale, Knittelvers è una
variante di Knüttelvers e rinvia dunque tanto all’intessere rime (ted. sett. knütten = ‘lavorare a maglia’ e, per estensione,
‘annodare’), quanto, forse per paronomasia spregiativa, a un’arma primitiva (ted. Knüttel = ‘clava’, ‘randello’, ‘bastone
nodoso’). Sarebbe pertanto da intendersi come forma rozza, sgraziata, irregolare 1. Consiste in coppie di versi di 8 o 9
sillabe in rima baciata, con quattro arsi nella sua forma più regolare, e nell’alternanza non regolare di cadenze forti o
«maschili» (coppie di versi di 8 sillabe, di cui l’ultima accentata, che nel pometto di Sachs sono nettamente in
maggioranza) e deboli o «femminili» (coppie di versi di 9 sillabe, di cui l’ultima non accentata) 2. La punteggiatura del
testo ted., quasi assente nell’originale, costituisce una proposta curatoriale. Ho ripristinato le ‘e’ soprascritte dell’ed.
Goetze, sostituite da Markschies con il segno metafonetico (Umlaut). Avverto infine che le diverse versioni a disposizione
differiscono nel numero dei versi (quella proposta ne ha 108) e presentano discordanze ortografiche, grammaticali e
sintattiche.
Das Schlauraffen Landt
Ain gegent haist Schlauraffen land,
Den faulen leuten wol bekant,
Das ligt drey meyl hinder Weyhnachten.
Und welcher darein woͤlle trachten,
Der musz sich grosser ding vermessn
Und durch ein Berg mit Hirszbrey essn,
Der ist wol dreyer Meylen dick.
Als dann ist er im augenblick
Inn den selbing Schlauraffen Landt,
Da aller Reychthumb ist bekant.
Da sint die Heuser deckt mit Fladn,
Il Paese della Cuccagna
C'è una contrada chiamata Paese della Cuccagna,
ben nota ai pigri.
È lontana tre miglia oltre Natale,
e chi vuole aspirare a entrarci,
deve misurarsi con una grande prova
e attraversare, mangiandolo, un monte di pappa di miglio,
spesso ben tre miglia;
dopo di che, subito
si ritrova nel Paese della Cuccagna,
dove ogni forma d’abbondanza è conosciuta3.
Qui le case sono ricoperte di focacce,
1 Cfr. i corrispondenti latini versus incultus e male natus nel Deutsches Wörterbuch dei Grimm, s.v. Knüttelvers. Da Knüppel,
sinonimo di Knüttel, deriva un altro termine talvolta usato: Knüppelvers.
2 Su uso e struttura del Knittelvers, del quale nel XVIII sec. Sachs divenne addirittura l’eponimo, cfr. soprattutto: A. Heusler,
Deutsche Versgeschichte mi Einschluss des altenglischen u. altnordischen Stabreimvers, Dritter Bd., T. IV u. V (Der frühhochdeutsche
Vers. Der neudeutsche Vers) [Grundriss der germanischen Philologie, brg. v. H. Paul, Bd. 8/3], Berlin, de Gruyter, 19562, §§ 899 (ove
vengono distinte le varianti streng e frei [= ‘libera’]), 908-919 (sui rapporti fra strenger Knittelvers e verso giambico) e l’intera sez.
53.1, §§ 1190-1217 (sull’uso del Knittelvers a partire dal XVII sec.). Utili pure: A. Behrmann, Einführung in den neueren deutschen
Vers: Von Luther bis zur Gegenwart. Eine Vorlesung, Sturrgart, Metzler, 1989, p. 10; l’art. di J. Rettelbach, s.v., in K. Weimar (Hg.),
Reallexikon der deutschen Literaturwissenschaft, Bd. I, de Gruyter, Berlin-New York 1997, pp. 278-280.
Dopo la riforma della versificazione ted. da parte di Martin Opitz, che lo respinse giudicandolo rozzo, il Knittelvers fu
rivalutato nel ‘700 da Johann Christoph Gottsched. Ripreso, fra gli altri, da Schiller nel Wallensteins Lager (cfr. A. Heusler, Deutsche
Versgeschichte, § 1213) e da Goethe in diverse opere, fra le quali il Faust (ivi., §§ 1196-1209), se ne ebbero rielaborazioni più recenti
in G. Hauptmann, F. Wedekind, H. v. Hofmannstahl, B. Brecht e P. Weiss.
3 Si potrebbe leggere anche: ‘dove è nota la ricchezza di tutti’.
16
Leckuchen die Hauszthuͤr und ladn,
Von Speckuchen Dielen und wend,
Die Troͤm von Schweynen braten send.
Umb yedes Hausz so ist ein Zaun,
Geflochten von Bratwuͤrsten braun.
Von Maluasier so sindt die Brunnen,
Kommen eim selbs ins maul gerunnen.
Auff den Tannen wachssen Krapffen,
Wie hie zu Land die Tannzapffen.
Auff Fichten wachssen bachen schnittn.
Ayrpletz thut man von Pircken schuͤttn.
Wie Pfifferling wachssen die Fleckn,
Die Weyntrauben inn Dorenheckn.
Auff Weyden koppen Semel stehn,
Darunter Pech mit Milich gehn;
Die fallen dann inn Pach herab,
Das yederman zu essen hab.
Auch gehen die Visch inn den Lachn
Gsotten, Braten, Gsulzt und pachn
Und gehn bey dem gestat gar nahen,
Lassen sich mit den henden fahen.
Auch fliegen umb (muͤget jr glaubn)
Gebraten Huͤner, Gensz und Taubn.
Wer sie nicht facht und ist so faul,
Dem fliegen sie selbs in das maul.
Die Sew all Jar gar wol geratn,
Lauffen im Land umb, sind gebratn.
Yede eyn Messer hat im ruͤck,
Darmit eyn yeder schneydt eyn stuͤck
Und steckt das Messer wider dreyn.
Die Creutzketz wachssen wie die steyn.
So wachssen Bawern auff den bawmen,
Gleych wie in unserm land die pflaumen.
Wens zeytig sind so fallens ab,
Yeder in ein par Stiffel rab.
Wer Pferd hat, wird ein reycher Mayer,
Wann sie legen gantz koͤrb vol Ayer.
So schuͤt man aus den Eseln Feygn.
Nicht hoch darff man nach Kersen steign,
Wie die Schwartzper sie wachssen thun.
4
porte e imposte di dolci al miele4,
impiantito e pareti di focacce dolci lardate;
le travi sono di maiale arrosto.
Intorno a ogni casa c'è un recinto
di salsicce brune5 intrecciate.
Le fontane sono di malvasia,
che scorre in bocca da sé.
Sugli abeti crescono i krapfen,
come in questo paese le pigne;
sulle pecce crescono fette di pane al forno;
scuotendo le betulle, si fanno cadere frittate.
Le trippe crescono come gallinacci6,
e così i grappoli d’uva negli spineti.
In cima ai salici ci sono panini;
sotto scorrono ruscelli7 di latte,
nei quali poi cadono,
in modo che ciascuno abbia da mangiare.
Inoltre i pesci nuotano nei laghi
bolliti, arrostiti, conditi8, fritti,
e vanno così vicino alla riva,
che si fanno prendere con le mani.
Inoltre volano intorno (potete crederlo)
polli, oche e piccioni arrostiti;
chi è così pigro da non prenderli,
gli volano in bocca da sé.
I maiali, cresciuti per bene tutto l’anno,
corrono d’intorno per il paese e sono arrosto;
ognuno ha nella schiena un coltello,
affinché ciascuno ne tagli una porzione
e lo rimetta di nuovo dentro.
I formaggi d’alpeggio9 crescono come le pietre.
Sugli alberi crescono contadini,
come nel nostro paese le susine,
e, quando sono maturi, cadono giù,
ognuno in un paio di stivali10.
Chi ha cavalli, diventa un ricco fattore,
quando depongono un intero cesto pieno di uova;
allo stesso modo dagli asini si cavano fichi11.
Non si deve salire in alto per prendere le ciliegie,
perché crescono come i mirtilli.
Il Leckkuchen (o Lebkuchen) è un dolce al miele speziato, simile al panforte e al panpepato.
A seconda degli ingredienti, la Bratwurst presenta diverse colorazioni, fra le quali la bruno-marrone (braun).
6 Flecken potrebbe significare anche ‘pezzetti di carne’, ‘frattaglie’ in generale, o ‘piccoli pani’ (piatti e di forma rotonda,
forse dolci): cfr. il Mittelhochdeutsches Handwörterbuch di Lexer, s.v. vlëc, vlëcke. Pfifferling[e] designa propriamente i gallinacci (o
finferli), ma nel contesto potrebbe anche indicare altri funghi di scarsa qualità, come i peveracci (il Grimm, s.v., fonde i loro nomi
scientifici e dà: agaricus cantharellus, piperatus). Pfifferling indica proverbialmente una cosa di scarsissimo o nullo valore (corrisponde
al nostro ‘fico secco’).
7 Pech (sing. Pach = Bäche, sing. Bach) significa specificamente ‘ruscelli’ (o anche ‘torrenti’), ma non è escluso che sia qui
usato nel senso generico (e attestato) di ‘fiumi’ (che è la trad. del termine corrispondente nella versione neerl.: rivieren).
8 G[e]sulzt è il part. pass. del v. sulzen (del quale esiste anche la forma sülzen), che oggi significa ‘mettere in (o ‘preparare
la’) gelatina’, ma che in passato aveva un campo semantico più ampio: ‘salare’, ‘mettere in salamoia’, ‘marinare’, ‘preparare una
conserva’, ecc. Per la più generica accezione ‘condire’ (o, in it. reg., ‘conciare’), cfr. le voci sulze e sulzen nel Lexer e la citaz. da Sachs
nel Grimm, s.v. sulzen. Nel testo neerl. il sintagma corrispondente è wel toe-ghemaect (oggi: wel toe gemaakt = ‘ben preparato’, ‘ben
condito’ o, regionalmente, ‘ben conciato’). Le sillabe del verso sono solo 7. Per regolarizzarlo, occorrerebbe eliminare la contrazione
del prefisso in gsotten o gsulzt e leggere pertanto gesotten o gesulzt.
9 Il Kreuzkäse (caseus alpinus secondo il Grimm, o caseus cruce signatus) è un formaggio prodotto inizialmente nel convento
di Donauworth in Baviera e segnato con una croce.
10 Forse uno scherzoso accenno al mestiere di calzolaio praticato da Sachs. Sulla presenza di questo elemento favolistico
nell’Edda e nelle Mille e una notte cfr. Ackermann, Das Schlaraffenland, p. 77.
11 I due quadretti verbali, presenti anche nella versione neerl., richiamano curiosamente i detti illustrati da una scenetta dei
Proverbi fiamminghi: ‘Gli escrementi di cavallo non sono fichi’ (Paardenkeutels zijn geen vijgen), ossia non ci si deve far abbindolare,
e ‘Vendere a qualcuno escrementi di cavallo per fichi’ (Iemand paardenkeutels voor vijgen verkopen), ossia prendere qualcuno per
scemo.
5
17
Auch ist in dem Land eyn jungkbrun,
Darinn verjungen sich die altn.
Vil kuͤrtzweyl man im land ist haltn:
So zu dem zyl schieszen die gest,
der weytst vom blat gewint das best;
Im lauffen gwindt der letzt allein.
Das Polster schlaffen ist gemeyn.
Jr Weydwerck ist mit Floͤ und Leusn,
Mit Wantzen, Ratzen und mit Meusn.
Auch ist im Land gut gelt gewinnen:
Wer sehr faul ist und schlefft darinnen,
Dem gibt man von der stund zwen pfennig.
Er schlaff jr gleych vil oder wenig.
Ein Furtz gilt einen Binger haller,
Drei groͤltzer einen Jochims Thaler.
Und welcher da seyn Gelt verspilt,
Zwifach man jm das wider gilt.
Und welcher auch nicht geren zalt,
Wenn die schuldt wird eins Jares alt,
So musz jm jener darzu gebn.
Und welcher geren wol ist lebn,
Dem gibt man von dem trunck ein patzn.
Und welcher wol die leut kan fatzn,
Dem gibt man ein Plappert zu lohn,
Fuͤr eyn grosz luͤg geyt man eyn Kron.
Doch musz sich da huͤten ein Man,
Aller vernunfft gantz muͤssig stan.
Wer synn und witz gebrauchen wolt,
Dem wurd keyn mensch im lande holdt,
Und wer gern arbeyt mit der handt,
Dem verbeut mans Schlauraffen landt.
Wer zucht und Erbarkeyt het lieb,
Denselben man des Lands vertrieb.
Wer unnuͤtz ist, wil nichts nit lehrn,
Der kombt im Land zu grossen ehrn;
Wan wer der faulest wirdt erkant,
Derselb ist Koͤnig inn dem Landt.
Wer wuͤst, wild und unsinnig ist,
Grob, unuerstanden alle frist,
Ausz dem macht man im Land ein Fuͤrstn.
Nel paese c’è anche una fonte della giovinezza,
in cui i vecchi ringiovaniscono.
Nel paese ci si intrattiene con molti divertimenti:
quando gli ospiti tirano al bersaglio,
vince il primo premio chi ne va più lontano;
nella corsa vince chi è solo ultimo12.
Dormire sul cuscino è usanza comune.
Vanno a caccia di pulci e pidocchi,
cimici, ratti e topi.
Nel paese si guadagna anche buon denaro:
chi è molto pigro e dorme,
gli si danno due pfennig13 l’ora,
che dorma poco o tanto;
una flatulenza vale un Binger Haller14,
tre rutti un tallero15;
e chi perde al gioco il proprio denaro,
gliene viene restituito il doppio;
e anche colui cui non piace pagare,
quando il suo debito è vecchio di un anno,
il creditore lo deve risarcire;
e chi ama la bella vita,
gli si dà un Batzen16 per bere;
e chi sa bene sfottere la gente,
gli si dà in ricompensa un Plappert17;
per una grossa bugia si dà una corona18.
Uno deve badare
a lasciare del tutto a riposo la ragione.
Chi volesse usare senno e acutezza,
nessuno nel paese gli si mostrerebbe benevolo;
e colui cui piace lavorare con le mani,
gli si vieta l’ingresso nel Paese della Cuccagna.
Chi prediligesse educazione e rispettabilità,
lo si caccerebbe dal paese.
Chi è inetto, non vuole imparare nulla,
è tenuto in grande onore nel paese.
Quando uno viene riconosciuto come il più pigro,
è re nel paese.
Chi è sregolato, selvaggio e dissennato,
rozzo, irragionevole in ogni momento,
nel paese lo si fa principe.
12 In alcune versioni il punto è assente e compare una virgola prima dell’avv. allein, che – in modo meno convincente –
assumerebbe la funzione di cong. avvers. e introdurrebbe la prop. successiva. Si dovrebbe leggere pertanto: ‘… vince l’ultimo, ma/
dormire…’.
13 Moneta le cui origini risalgono al periodo carolingio, a bassissimo tenore d’argento all’epoca di Sachs e perciò di valore
molto scarso. L’etimo è incertissimo.
14 Lo Haller (o Heller) era una piccola moneta di rame, il cui nome deriva dalla città di Schwäbisch-Hall, dove fu coniato
per la prima volta nel XII sec. Il Binger Haller fu coniato a Bingen per conto della zecca di Magonza a partire dal 1365. Per il lessico
numismatico ted., cfr.: Münzen Lexikon, https://web.archive.org/web/20041010051905/http://www.muenzen-lexikon.de/; Historisches
Lexikon der Schweiz, https://hls-dhs-dss.ch/de/.
15 Lo Joachimsthaler Guldengroschen era una moneta d’argento coniata per la prima volta intorno al 1520 nello Joachimstal
(‘Valle di S. Gioacchino’) in Boemia per iniziativa dei signori locali, i conti Schlick. La nuova denominazione, che fu presto abbreviata
in Thaler (poi: Taler) e dalla quale deriva il Reichsthaler (‘tallero imperiale’), divenuto moneta standard dell’Impero nel 1566, sostituì
quella di Guldiner o Guldengroschen, usata precedentemente per le monete d’argento di valore pari al Goldgulden (o Gulden aureo).
16 Batzen è il nome, forse spregiativo, di una moneta inizialmente d’argento, coniata per la prima volta a Berna verso la fine
del XV sec. e successivamente nella Germania meridionale. Il suo deprezzamento fu molto rapido.
17 Il termine, di origine assai incerta (dal fr. blafard = ‘pallido’, ‘chiaro’, della stessa famiglia dell’ant. ted. pleihfaro = ‘di
colore pallido’ e del ted. bleich, che ha lo stesso significato; dal neerl. blaf = ‘ampio’, per la misura; dal ted. medio-basso blaff =
‘semplice’), designa una moneta in biglione (lega di rame e argento), chiamata anche blappert, blaffert, blaphart, plappart e plaphart.
Oltre alle diverse tipologie coniate in Germania e in Svizzera a partire dal XV sec., con i nomi meilische Plapparde e
Schlangenplapharde (Schlange = ‘serpente’) circolavano nelle terre di lingua ted. le bissone, o bissoni, e i bissoli (da ‘biscione’) coniati
a Milano sotto i Visconti e recanti il loro stemma.
18 Poiché la corona era una moneta di altissimo valore, si deve supporre che – ribaltando un saldo principio dell’etica tedesca
– i bugiardi meritassero il primo posto nella speciale gerarchia assiologica dello Schlaraffenland.
18
Wer geren ficht mit Leberwuͤrstn,
Ausz dem ein Ritter wird gemacht.
Wer schluͤchtisch ist und nichtzen acht,
Dann essen, trincken, und vil schlaffn,
Ausz dem macht man im Land ein Graffn.
Wer toͤlpisch ist und nichssen kan,
Der ist im Land ein Edelman.
Wer also lebt wie obgenant,
Der ist gut ins Schlauraffen Landt,
Das von den alten ist erdicht,
Zu straff der jugent zu gericht,
Die gwoͤhnlich faul ist und gefressig,
Ungeschickt, heylosz und nachlessig,
Das mans weisz ins land zu Schlauraffn,
Damit ihr schluͤchtisch weysz zu straffn,
Das sie haben auff arbeyt acht,
Weyl faule weysz nye gutes bracht.
Anno Salutis 1530.
Chi ama tirare di scherma con le salsicce di fegato,
lo si fa cavaliere.
Chi è un perdigiorno e non bada a nulla,
se non a mangiare, bere e dormire molto,
nel paese lo si fa conte.
Chi è stolto e non sa far nulla,
nel paese è un nobiluomo.
Chi dunque vive come sopra descritto,
è buono per il Paese della Cuccagna.
Tutto questo fu inventato dagli antichi19
a rimprovero della gioventù
abitualmente pigra e ingorda,
incapace, trascurata e negligente,
facendole vedere che cos’è il Paese della Cuccagna
al fine di rimproverare la sua indolenza,
cosicché abbia cura del lavoro20,
perché la pigrizia non ha mai portato nulla di buono.
Anno Salutis 1530.
Oppure: ‘è stato inventato dagli anziani’.
Rendo alla meglio la costruzione da das mans weisz (= dass man sie weise, ‘in modo da farle vedere’) a zu straffn (= zu
strafen), ricorrendo a una sintassi che, al pari di quella ted., presenta una certa asperità. Avverto inoltre che il verbo weisen (=
‘mostrare’, ‘indicare’) seguito da in + acc. assume il significato di ‘indicare verso’, ‘indirizzare’, anche in senso morale. Il racconto
immette dunque il destinatario nello Schlaraffenland e ne mostra il contenuto con intento educativo.
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