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16-11-2021 21:48 Boll900, 2020, n. 1-2 - Jansen, Jurisic e Van den Bossche, Bestia! Monica Jansen, Srecko Jurisic, Bart Van den Bossche Bestia! Animali e animalità nella narrativa modernista in Italia La presente sezione accoglie sei dei contributi presentati al convegno «Bestia! Animali e animalità nella narrativa modernista in Italia» tenutosi all'Università di Spalato tra l'8 e il 9 luglio 2016, organizzato dal Dipartimento d'Italianistica dell'Università di Spalato e dal Centro Studia Mediterranea dello stesso ateneo, insieme con l'Università di Utrecht (Dipartimento di Lingua e cultura italiana), il gruppo di ricerca MDRN dell'Università di Lovanio (KU Leuven, (<http://www.mdrn.be>), il Centre for European Modernism Studies (<https://www.facebook.com/cemstudies/>), e l'Istituto italiano di cultura Zagabria. A tenere insieme questi contributi è una certa idea del modernismo in Italia, e una visione all'interno di esso dell'animale e dell'animalità. Più in particolare il terreno comune da cui partono i vari contributi è la convinzione che le frequenti e notevolmente variegate rappresentazioni dell'animale e dell'animalità nella narrativa tra la fine dell'Ottocento e la metà del Novecento abbiano come posta in gioco molte delle tematiche che costituiscono l'humus filosofico, estetico, tematico e formale fondamentale della letteratura modernista. Un'analisi dell'animale e dell'animalità consentirà pertanto anche di acquisire una comprensione più articolata di ciò che costituisce l'identità eminentemente modernista di tanta letteratura del periodo.1 Fra i motivi preminenti rinvenibili nelle rappresentazioni del mondo animale spiccano ovviamente la generale e consistente volontà di esplorare prospettive e modalità dell'esperienza diverse da quelle convenzionali, con una conseguente critica della visione antropocentrica del mondo e un decentramento della soggettività umana (o perlomeno di molte delle idee preconcette sulla stessa). Sarebbe comunque erroneo vedere nell'animalità un mero repertorio di temi e motivi che si potrà liberamente declinare e far circolare in testi letterari di ogni specie. Ad attirare l'attenzione di numerosi scrittori modernisti è infatti anche il potenziale specificamente creativo, estetico, stilistico e narrativo insito nel rapporto con il mondo animale. Confrontarsi con il mondo animale significa anche, quasi inevitabilmente, affrontare il rapporto tra essere e linguaggio o, per essere più precisi, i modi in cui il linguaggio condiziona la stessa possibilità di un rapporto tra essere e (auto)coscienza (e a tale proposito continuano ad essere stimolanti le riflessioni di Jacques Derrida in L'animal que donc je suis).2 È noto che la letteratura modernista esplora con dovizia di dettagli i molteplici risvolti di questo intricato rapporto tra linguaggio e soggettività umana, ma nello stesso tempo sono anche numerosi i casi in cui gli scrittori modernisti s'interrogano sui modi in cui il linguaggio umano, nel tentativo di rapportarsi ad altre forme di vita (e segnatamente al mondo animale), risulti anche profondamente condizionato da questa alterità (e forse anche assillato da ciò che in questo altro continua a rimanere "altro"). Nell'interazione con il mondo animale, il rapporto tra linguaggio e umanità - o meglio l'aporia del rapporto tra linguaggio e umanità - finisce per essere messa in discussione e soppiantata da categorie semiotiche e comunicative di natura più ampia (come illustra la "fenomenologia dell'olfatto" nel racconto sveviano Argo e il suo padrone, analizzato da Inge Lanslots nel https://boll900.it/numeri/2020-i/Bestia.html 1/5 16-11-2021 21:48 Boll900, 2020, n. 1-2 - Jansen, Jurisic e Van den Bossche, Bestia! suo contributo a questo numero). Si tratta di una questione che in ambito più specificamente letterario si traduce anche in istanze metanarrative, nel senso che forme e strategie narrative vengono anche passate al vaglio nella loro capacità di modellare e costituire esperienze e visioni, e più in particolare di assumere automaticamente una prospettiva umana o "umanizzante". Scegliere un punto di vista animale (come mostrano in primis le non poche dog narratives della letteratura europea) potrà sembrare un modo alquanto ingenuo (e surrettiziamente "umanizzante") di esplorare una prospettiva diversa. Nello stesso tempo - e ciò vale certamente per i casi più riusciti - può essere un modo di interrogarsi criticamente sul rapporto tra forme simboliche e alterità e di esplorare elementi che accomunano comunque i diversi esseri umani e non umani da una prospettiva postumana.3 Nel mondo postdarwiniano, il rapporto tra esseri umani e animalità si associa ovviamente a una serie di questioni anche ossessive, relative alle differenze e somiglianze tra uomini e animali. Si tratta di interrogativi che vanno ben al di là di una diretta e frontale critica dell'eccezionalismo umano e di una visione gerarchica e antropocentrica sulla natura, ma che riguardano anche le ricadute dei rapporti tra diverse specie nel mondo postdarwiniano - ricadute che riguardano l'esigenza di riconsiderare l'interdipendenza e l'interazione tra le varie specie, nonché una serie di assillanti interrogativi etici relativi a responsabilità e compassione.4 Particolarmente frequenti nella letteratura modernista risultano i fenomeni di "terioprimitivismo",5 che nell'analizzare l'interazione fra uomini e animali si concentrano sulla natura istintiva dell'uomo, valorizzandola spesso anche in chiave vitalista come una dimensione dell'identità umana repressa dalla civiltà moderna, ossessionata da criteri tecnici e razionali e dimentica delle forze primordiali della natura. Questa lettura in chiave postdarwiniana e postfreudiana di animalità e umanità viene poi elaborata anche ulteriormente in termini politici ed economici, affrontando l'interazione fra uomo e bestia anche dal punto di vista delle dinamiche di repressione, sfruttamento, violenza e abuso. L'arco cronologico delle opere trattate in questa sezione speciale va dagli anni Dieci del Novecento (Svevo, Tozzi), agli anni Venti e Trenta (Svevo, Rosso di San Secondo, Pirandello), fino agli anni Cinquanta (Manzini, Tecchi). La tematica animalesca coincide quindi con un modernismo italiano di lunga durata, in sintonia con le indicazioni fornite da vari studi sul modernismo italiano,6 come il recente saggio di Massimiliano Tortora in cui lo studioso propone di non restringere il modernismo allo sperimentalismo dei primi decenni del secolo, ma di estenderlo all'eredità ottocentesca e ad altre esperienze dell'avanguardia europea come l'espressionismo e il surrealismo.7 I saggi qui raccolti propongono diversi approcci per affrontare l'incisività dell'animalità nelle sue diverse forme di antropomorfica bestialità che vanno dall'elaborazione dello sviluppo di un concetto attraverso diverse opere dello stesso autore - il percorso sveviano proposto da Lanslots - all'analisi delle opere ad argomento animalesco di determinati autori - i saggi di Trobia su Rosso di Secondo, di Fava Guzzetta su Manzini e di Gialloreto su Tecchi - a una lettura tematica - il topos dell'uccellino in gabbia in Svevo, Tozzi e Pirandello esaminato da De Seta - o comparativa - il paragone tra le raccolte di Manzini e Tecchi posti nella prospettiva di Bestie (1917) di Federigo Tozzi. Come già sottolineato, uno dei motivi di interesse per l'animale che precede le date canoniche del modernismo è anche insito nella teoria darwiniana dello struggle for life che trova in Svevo uno dei critici più acuti, come si evince dal saggio di Inge Lanslots, La zoologia di Svevo: un percorso panoramico, che si sofferma sull'abbozzo di conferenza intitolato L'uomo e la teoria darwiniana in cui egli scrisse: «Io credo che l'animale più capace ad evolversi sia quello in cui una parte è in continua lotta con l'altra per la supremazia, e l'animale, ora o nelle generazioni future, abbia conservata la possibilità di evolversi da una parte o dall'altra in conformità a quanto gli sarà domandato dalla società di cui nessuno ora può prevedere i bisogni e le esigenze. Nella mia mancanza https://boll900.it/numeri/2020-i/Bestia.html 2/5 16-11-2021 21:48 Boll900, 2020, n. 1-2 - Jansen, Jurisic e Van den Bossche, Bestia! assoluta di uno sviluppo marcato in qualsivoglia senso io sono quell'uomo».8 L'interpretazione sveviana dell'evoluzione darwiniana attraverso Nietzsche (e con riferimenti vistosi al darwinismo sociale del survival of the fittest) ne fa una condizione emblematica per la doppia faccia del modernismo, in bilico tra la progettualità dell'animale-uomo e l'indeterminatezza della potenzialità causata da una minacciosa mancanza di ordine.9 Vi si potrebbe aggiungere quanto sostenuto da Paolo Puppa, ossia che «tutto il Novecento tende ad utilizzare l'animale, la bestia quale figura dell'inconscio o come riflesso dello scontro di classe, magari celata dietro il darwiniano struggle for life. Ma tra noi e loro può prodursi un traumatico connubio, un incrocio mostruoso magari favorito dal riso carnevalesco».10 Se Lanslots conclude che l'uomo secondo Svevo, per quanto aspiri alla "leggerezza degli uccelli", rimarrà chiuso nell'alterità della sua condizione "pesante", possiamo chiederci come venga approfondita la similitudine uomo-uccello nelle opere prese in esame da Ilaria De Seta, il cui contributo Prigionia vs libertà sub specie animalis in Svevo, Tozzi e Pirandello si concentra su un vero e proprio motivo ricorrente nelle opere di Svevo, Pirandello e Tozzi, quello di un uccello indeciso se scappare dalla gabbia verso una libertà allettante ma ignota o accontentarsi di una limitata ma sicura vita in cattività. Per Svevo, il motivo dell'uccello in gabbia, presente in diverse favole, evoca una situazione in un certo senso priva di vero e proprio esito, dal momento che ogni alternativa può avere conseguenze tragiche, imprevedibili e a volte paradossali. Anche le varie novelle pirandelliane in cui figura un uccello in gabbia s'imperniano su quella paradossale "paura d'essere felice" cui allude il titolo di una delle novelle in questione. Nell'universo di Tozzi, invece, un uccello in gabbia può risultare insopportabile al personaggio che lo osserva in quanto gli ricorda le soffocanti costrizioni imposte dalla società o dalla propria condizione psicologica e familiare, al punto di scatenare una violenta reazione emotiva e addirittura un'aggressione micidiale contro l'animale. Come viene sottolineato nel contributo di Maria Luisi Santini (dedicato in parte anche a Tozzi), la raccolta Bestie propone la storia di un'anima attraverso le molteplici interazioni del protagonista con il mondo animale, in quanto gli animali, nella loro capacità singolare di evocare in modo icastico i misteri del mondo creaturale, pongono l'uomo di fronte a se stesso, mostrandogli momenti di grande tragicità, efferata violenza e passione intensa. Nei romanzi di Tozzi, invece, l'attenzione per queste e altre forme di 'bestialità' nell'uomo si carica di una serie di valenze storico-culturali (filtrate anche da tradizioni locali) legate ad esempio alla contrapposizione tra dimensione contadina e civiltà cittadina. L'immagine della gabbia porta alle osservazioni dell'animale come simbolo di identità altra di Rosso di San Secondo la cui "bestiale ironia" viene analizzata da Maria Grazia Trobia in Rosso di San Secondo: Una "bestiale" ironia. Nel racconto Ninnina e il mondo animale (1929), raccolta nella silloge trevesiana C'era il diavolo o non c'era il diavolo?, la fantasia dello scrittore nisseno, in odor di grottesco, si cimenta con importanti temi legati alla riflessione sull'altro vissuto dalla coppia di coniugi Ninnina e Tittì durante il loro viaggio nella Repubblica del Congo. Il gioco delle parti intrapreso dalla coppia che sembra entrare in contrasto riguardo alla triade speculativa uomoanimale-bestia viene narrato da Rosso con la consueta ironia e popolando per l'occasione il paesaggio africano persino di specie animali ormai estinte, preconizzando così per certi versi quello che sarà la trattazione riservata al paesaggio e al rapporto uomoanimale in un'altra opera 'africana', quel flaianeo Tempo di uccidere, col notissimo camaleonte che fuma una sigaretta e i costanti giochi oscillanti tra l'antropomorfismo e lo zoomorfismo. L'animale è sia elemento costitutivo della poetica dell'artista sia strumento d'indagine della psiche umana, in senso realistico, ma anche decadente e cristiano. Sono queste le prospettive adottate da Lia Fava Guzzetta nel suo contributo Animali di Gianna Manzini, da Andrea Gialloreto nel suo Le Storie di bestie di Bonaventura Tecchi, e da Maria Luisi Santini nel suo saggio Bestie: profili di animali in Tozzi, Manzini e Tecchi. Come puntualizza in modo convincente Lia Fava Guzzetta, l'attaccamento di https://boll900.it/numeri/2020-i/Bestia.html 3/5 16-11-2021 21:48 Boll900, 2020, n. 1-2 - Jansen, Jurisic e Van den Bossche, Bestia! Gianna Manzini al mondo animale è fortemente legato alla poetica della scrittrice, e in particolare alla sua concezione della scrittura letteraria come progressivo sconfinamento dai limiti della realtà percepibile (o dalle idee convenzionali sul reale che la società moderna ha fatto sue). Nella sua ricerca pionieristica di superamento delle modalità collaudate del romanzo svolge un ruolo di primo piano la sua capacità di calarsi secondo modalità del tutto personali nel mondo degli animali. Per Gianna Manzini, l'interazione con il mondo animale dà l'avvio ad un percorso d'interrogazione e di chiarificazione di nodi e stati d'animo di personaggi e narratori, ma nello stesso tempo questa autointerrogazione (che si carica anche di valenze metadiscorsive e metaletterarie) è resa possibile da una attenta auscultazione del mondo animale nel pieno rispetto della sua profonda diversità e autonomia. In effetti, per Gianna Manzini, il fascino del mondo animale risiede - come viene opportunamente ricordato da Maria Luisi Santini nell'alone di mistero e di sacro che circonda gli animali, che riporta ad un edenico «Giardino dell'Innocenza» e che conferisce ad ogni animale «una forma e un significato splendidamente raggiunto». Come dimostrano poi Maria Luisi Santini e Andrea Gialloreto, su posizioni sostanzialmente simili si colloca anche Bonaventura Tecchi, secondo il quale un'attenta osservazione del mondo animale, scevra di trasfigurazioni idealizzanti, è la maniera indicata per arrivare alla loro autentica natura e di esplorare i misteri della realtà creaturale e di mettere in evidenza il rapporto quasi simbiotico tra umanità e animalità. Nelle Storie di bestie di Tecchi, il risultato è una scrittura che, forse in modo paradossale, coniuga intelletto e fantasia, adesione al reale immediato e piglio narrativo fiabesco. Secondo Gialloreto, il volume, tutto sommato passato sotto silenzio dalla critica si colloca ai margini dell'opus tecchiano, vede l'illimpidirsi della prosa dello scrittore alla stregua delle favole di Clemens Brentano a cui Tecchi aveva dedicato un importante saggio, poi raccolto nella silloge ricciardiana Romantici tedeschi. Il rifiuto dell'esotismo stilistico consente a Tecchi di evitare la strumentalizzazione dell'animalepersonaggio in funzione di ammonimenti morali. Il tono pontifiant di certa favolistica lascia spazio ad animali concreti, realissimi, tracciati con la medesima cura riservata ai personaggi umani. Gli animali vengono resi con semplicità e restando fedeli alla loro immagine naturale mentre il loro rapporto con l'uomo viene privato di eccessive complicazioni in favore della semplicità che qualcosa deve alla lezione del santo di Assisi, una lezione che pure rimanda alle poetiche moderniste: la creaturalità e lo spogliarsi di tutto sono da leggersi come l'antitesi all'accumulo caotico di conoscenze e il soggettivismo ipertrofico degli inizi del secolo. Quella tecchiana è una proposta di riflessione calma nell'ambito di un modernismo attardato e temperato, sincero nel suo dividersi tra la propensione verso il nuovo e un certo attaccamento alle tradizioni. Si può concludere che nella letteratura modernista le rappresentazioni dell'animale e dell'animalità, pur nella notevole varietà di trame, situazioni e risvolti, vanno invariabilmente dritte al cuore delle tante ansie ed incertezze che circondano l'identità umana tra la fine dell'Ottocento e la metà del Novecento. Se è vero che la narrativa modernista ricorre al mondo animale per tracciare una mappatura particolareggiata di quesiti e assilli attivi nella cultura dell'epoca, si tratta di una mappatura per così dire composta di sabbia mobile, che mostra fino a che punto l'uomo moderno sia un essere profondamente aperto, chiamato a ridefinirsi in continuazione, e in particolare quanto sia costante la necessità di riarticolare all'interno della sua stessa umanità la relazione tra umano e animale, con tutte le dovute e doverose implicazioni morali, metafisiche, politiche e sociali che ne derivano. Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2020 <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2020-i/Bestia.html> https://boll900.it/numeri/2020-i/Bestia.html 4/5 16-11-2021 21:48 Boll900, 2020, n. 1-2 - Jansen, Jurisic e Van den Bossche, Bestia! Giugno-dicembre 2020, n. 1-2 https://boll900.it/numeri/2020-i/Bestia.html 5/5