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Multiculturalismo: Tratto tipico del contesto sociale in cui viviamo, non legato solo ai fenomeni migratori, ma ad una pluralità di variabili storico-sociali, alcune con radici in epoche remote. (Nozione non semplice o univoca). Progetto di tutela delle diverse culture presenti su un determino territorio, tramite interventi legislativi e politici che assecondino le istanze da esse avanzate. Esigenze: aspetti giuridici più rispettosi delle proprie specificità culturali, rimozione degli ostacoli che gli impediscono l’effettivo esercizio delle libertà civili, interventi concreti per superare una situazione di emarginazione sociale o per promuovere un’integrazione. Primo documento in Canada nel 1971: Multiculturalism Act accorda a diverse province dello stato la possibilità di legiferare autonomamente su determinati ambiti. Contribuisce alla salvaguardia delle minoranze linguistiche e culturali, una delega da parte dello Stato stesso, di una proporzione della propria sovranità a quelle località in cui è più massiccia la presenza dei gruppi minoritari. Tre Modelli Assimilazionista (Francese) Presupposto che l’appartenenza alla comunità nazionale debba fondarsi sulla condivisione di ideali e tradizioni comuni. Lo stato veramente democratico deve considerare tutti i cittadini in modo eguale. L’individuo deve accettare le regole comuni rinunciando a ogni differenziazione e rivendicazione di specificità. Il fine è la completa assimilazione, cioè la piena e totale accettazione dell’immigrato ad agire nella sfera pubblica secondo le regole valide nel paese ospitante relegando il mantenimento delle loro specificità e differenze nell’ambito privato e domestico. La libertà è quindi associata all’eguaglianza. Prima si è individui uguali e solo in quel caso si può essere liberi, dunque lo stato deve garantire questa uguaglianza e non può tollerare richieste di riconoscimento di diritti collettivi e sistemi di trattamento differenziato. Critiche: La non facile distinzione tra pubblico e privato: il multiculturalismo mette in discussione l’ipotesi che sia possibile una netta separazione tra spazio privato e pubblico e rovescia l’ipotesi che solo l’uguaglianza individuale possa costituire la base per un’efficace e libera azione collettiva e sostiene che il riconoscimento della specificità e l’identificazione in un particolare gruppo sono condizioni irrinunciabili per la stima di sé e per l’esercizio di un’effettiva libertà di scelta. La richiesta di piena adesione a ideali e modelli universali maschera l’imposizione della volontà di uno specifico gruppo dominante = Egemonia di una cultura sulle altre. Pluralista (Inglese) Ammette e legittima l’esistenza di un certo grado di diversità culturale e identitaria. L’unico limite è quello del rispetto delle leggi e delle regole stabilite secondo il metodo democratico. Lo stato funge da garante degli accordi scaturiti dai rapporti di forza tra i gruppi e dalle contese locali che li vedono contrapposti. L’importanza è posta sulla regola democratica più che sul principio di uguaglianza. Libertà associata all’idea di autonomia. L’espressione degli individui e dei gruppi è protetta e garantita. Lo stato deve farsi garante del rispetto della democrazia, ma non deve intervenire direttamente né reprimendo manifestazioni di specificità né sostenendole. Essere membri della nazione è considerato un fatto di volontà, di accettazione di regole e contratti, non una questione rigidamente innata e immutabile. Il principio dell’appartenenza è stabilito dallo ius soli: può essere cittadino chiunque nasca nel territorio della nazione e voglia esserne parte. Critiche: Enfasi posta sul sistema democratico può mascherare una superiorità nei confronti degli stranieri. Convinzione etnocentrica che esista una sostanziale differenza antropologica che fa sì che lo straniero non possa essere come noi. L’uguaglianza è impossibile, l’unico intervento possibile è regolare le relazioni e porre gli immigrati nella condizione di nuocere il meno possibile. Le minoranze devono rimanere tali in modo che il controllo non sfugga agli autoctoni. Istituzionalizzazione della Precarietà (Tedesco) Considerano gli immigrati come ospiti temporanei. Rimangono sempre diversi, stranieri, difficilmente inseribili, membri temporanei. L’intervento dello stato mira alla tutela della loro diversità in vista di un loro probabile e auspicabile rientro nella nazione di origine. L’appartenenza alla comunità nazionale è immaginata e percepita come un fattore innato, legato alla discendenza e alla parentela. Il principio di cittadinanza è legato allo ius sanguinis: può essere cittadino della nazione chi riceve alla nascita il bagaglio essenziale. Critica: la concezione della differenza etnica e culturale vista come qualcosa di “essenziale” e quindi immodificabile. Ciò li rende ciechi nei confronti degli effettivi processi sociali e rischia la cancellazione degli immigrati dalla vita sociale, politica e culturale della nazione. Critiche: Distinzione tra pubblico e privato non netta: Il rispetto della legalità come confine della libera espressione culturale è plausibile, ma talvolta si dimentica che tale confine è meno netto di quanto si pensi e che il conflitto tra l’osservanza della legge e quella delle proprie norme e tradizioni è facilmente possibile. Alcuni aspetti di ciò che chiamiamo “ambito privato” hanno una rilevanza pubblica. diritti dell’individuo o della comunità? La tradizione liberale dei paesi occidentali vede la libertà di espressione come un valore irrinunciabile, di fronte al quale il potere dello Stato deve ridursi all’essenziale. Vede nell’individuo il soggetto primo di tale libertà e della sfera dei diritti. Nessuna comunità etnica, religiosa o culturale può pertanto avanzare le proprie pretese se esse vìolano espressamente qui diritti fondamentali dell’individuo riconosciuti nella Dichiarazione Universale del ’48. nuova forma di razzismo: La necessità di riconoscere le diversità culturali e di tutelarne l’esistenza può essere un modo per rimarcare la distanza sociale tra “noi” e “gli altri” e attuare una forma di pregiudizio. Taguieff parla di “razzismo differenzialista” tendenza occidentale ad accentuare le differenze culturali tra le diverse comunità in modo da dichiarare impossibile ogni forma di dialogo. Essenzialismo culturale: Alla base della visione di differenza culturale vi è spesso una visione “essenzialistica” della cultura stessa. Ci si figura cioè le singole culture come entità ontologicamente date e immutabili che si impongono agli individui al di là della loro libera scelta e della loro capacità di interpretarle. Identifica la cultura in una sorta di “essenza”, qualità che definisce l’identità degli individui nello stesso modo di un DNA, portando alla convinzione che debba essere difesa e preservata da tutto ciò che può “contaminarla”. Da ciò deriva la paura della differenza, percepito come “l’altro”, il nemico. Inoltre porta ad identificare troppo sommariamente le persone con il gruppo sociale a cui appartengono e può portarci a difendere incondizionatamente comportamenti e atteggiamenti esibiti da individui e gruppi in nome della cultura a cui appartengono senza chiederci se essi rappresentino una volontà libera di espressione culturale. (Interculturalismo: L’atteggiamento più corretto è probabilmente quello di assumerla non come un punto di arrivo definito una volta per tutte e generatore di separazione, ma come un punto di partenza per impostare il confronto e la crescita comune. Questo atteggiamento deve muovere da due presupposti complementari: la convinzione che, al di là delle diversità etniche, religiose e culturali, gli individui e i gruppi possano trovare un terreno comune di dialogo; la consapevolezza che i valori, i comportamenti e i modelli di vita e di pensiero possano essere considerati da vari punti di vista, e che le diverse prospettive anziché combattersi, debbano confrontarsi affinchè ogni persona sia libera di snodare tra di esse le scelte e i percorsi della propria vita. ) Storia: Fin dall’antichità vi sono invasioni, guerre, movimenti di colonizzazione che mescolano e sovrappongono popoli e civiltà. Stato moderno comporta 2 processi fondamentali: Accentramento del potere nelle mani del sovrano Determinazione di confini territoriali precisi. Ciò provocò accorpamento in un unico Stato comunità diverse per lingua, origini e tradizioni e alla frammentazione in realtà politiche diverse in comunità che precedentemente erano unite. Culture: prodotto di sintesi e sovrapposizioni tra mondi diversi. Nessuna cultura si trasmette da un’epoca all’atra come un corpo immodificabile di conoscenze, comportamenti e valori, ma anzi si trasforma e si modella in base alle esigenze del divenire storico. Colonizzazione: occupazione a scopo di popolamento o di sfruttamento economico delle “nuove” terre da parte dei popoli “scopritori”. Prime migrazioni. Sorgono importanti paesi come gli Stati Uniti d’America, il Canada, l’Australia. Ancora oggi gli effetti di tale processo si fanno largamente sentire in molti paesi (per esempio nell’uso della lingua, nella religione…). 1921 Immigration Act: prima legge che regolamenta e contiene l’afflusso di stranieri. Fino alla Seconda Guerra Mondiale i flussi migratori vanno dal centro del sistema mondiale(Europa) alle sue periferie. Europa da terra di emigrazione diventa terra di immigrazioni: Cause: Affermazione della potenza Americana Divisione del mondo in due grandi blocchi politici, economici, ideologici e militari in competizione Decolonizzazione: fine degli Imperi Coloniali, richiesta dell’indipendenza economica e politica dei paesi afroasiatici. Inizialmente devono fronteggiare una carenza di strutture, un’instabilità politica e guerre civili. Costituzione dello Sato d’Israele e l’inizio del dramma palestinese. Scoppio di rivoluzioni sociali in paesi come la Cina, l’Algeria e Cuba. Crisi dei regimi totalitari ad ispirazione comunista causa di crisi economica. Motivi di spostamento si hanno anche per lavoro, studio, affari, svago… Inoltre lo sviluppo dell’industria culturale, mass media, produce un flusso continuo e consistente di informazioni tra le diverse parti del mondo. Inversione dei flussi migratori periferiecentro. Duplice Matrice dell’Immigrazione Piano Sociologico Nei decenni successivi al secondo dopoguerra i flussi migratori si svolgevano all’interno dell’Europa, soprattutto dai paesi mediterranei, verso quelli più industrializzati Nord-Occidentali. Dall’esterno provenivano per lo più dai territori ex coloniali o dalla Turchia. Dagli anni ’80 in poi paesi europei una volta esportatori di manodopera sono divenuti a loro volta aree d’approdo e d’insediamento di lavoratori migranti. Fattori di migrazione: Fattori di spinta: estrema miseria delle zone più emarginate del mondo, intento di sfuggire a guerre civili od etniche, repressioni politiche, persecuzioni religiose. Fattore di attrattiva dei paesi dell’Occidente per l’alto tenore di vita, benessere materiale, domanda di lavoro a causa dell’invecchiamento nei paesi occidentali. Migrazioni da pienovuoto Si prevede che le nuove ondate migratorie saranno dalle regioni subsahariane in via di desertificazione, da sacche sottosviluppate latino-americane, dal Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka ovvero zone con massa più disperata di popolazione. E’ diffusa l’impressione che gli extracomunitari portino via il lavoro agli autoctoni o che essi vivano soltanto grazie all’assistenza pubblica a discapito dei contribuenti: atteggiamento di chiusura e ripulsa non sensato dal punto di vista attuariale ed economico. Il fenomeno transmigratorio va governato per non creare dei ghetti e sollevare pesanti crisi di rigetto. Ciò comporta una valutazione realistica dei fabbisogni di lavoro che di popolamento in rapporto alle effettive possibilità d’impegni e di accoglienza delle diverse are d’arrivo. Questo è l’unico modo per coniugare il concetto di solidarietà e quello di legalità in modo da evitare l’immigrazione clandestina e illegale, vittima di forme di sfruttamento e preda della criminalità e microdelinquenza ed agevolare l’accesso degli immigrati in quei settori dell’economia in grado di assorbirli e di assicurare loro la disponibilità di determinati servizi essenziali. Piano Psicologico L’emigrazione è una perdita individuale, per coloro che partono così come per quelli che restano. Aspetto che non viene visto perché spesso la voce dei migranti non trova voce per farsi udire. La loro “avventura” non è andata come avevano sperato. Lo scoramento e la vergogna li inchiodano tra due mondi, in esilio senza prospettive: “Stranded migrants” ovvero arenati. L’emigrazione segna una discontinuità psicologica ed esistenziale che molto raramente è indolore. Colui che parte lo fa sempre con un misto di dolore e speranza, di orgoglio e senso di colpa. La scelta migratoria è il frutto di fattori di espulsione nel paese di origine (push factors) e di attrazione (pull factors) dal paese di destinazione, ha sempre due facce: speranzosa ricerca di un “meglio” che non si conosce e la dolorosa fuga da un “peggio” a cui tuttavia si appartiene. Questa natura complessa è difficilmente colta dalle categorie con cui la politica pretende di regolare il fenomeno. L’approccio giuridico politico si basa sulla distinzione fondamentale delle migrazioni in forzate (persecuzioni e guerre) e spontanee (molla economica). La prima fa sorgere il diritto a non essere respinto e ad ottenere asilo, nel secondo la sovranità dello stato di destinazione rimane intatta sotto forma di una potestà discrezionale di accogliere o di respingere a seconda delle convenienze politiche ed economiche. La differenza ha natura convenzionale. Le migrazioni economiche non sempre sono pienamente libere ed entusiaste. Per il migrante la partenza contiene una promessa di miglioramento, ma incorpora anche la certezza di una perdita cioè il distacco dalle persone amate, la rinuncia di un universo culturale e il sacrificio di anni di risparmi e fatiche. Ciò che gli economisti chiamano il brain-waste o skill-waste (spreco di cervelli-talenti) è più accentuata quanto minore è la mobilità sociale ascendente nel paese di destinazione. Dell’emigrazione non soffre solo chi parte, ma anche chi rimane, specialmente in un’epoca di “femminilizzazione” delle migrazioni. Ciò si ripercuote sull’organizzazione sociale nei paesi di origine. La distanza geografica e lo status irregolare del genitore migrante impediscono ritorni frequenti a casa e i figli ne risentono con preoccupanti disagi psicologici, ritardi scolastici e maggiore predisposizione alle malattie. Ciò provoca correnti di opinione che invocano restrizioni alle emigrazione femminile. Il riorno a un proibizionismo migratorio basato su una discriminazione di genere, eliminerebbe quella che per milioni di donne nel mondo è l’unica via possibile di emancipazione. Uguaglianza: Basi storiche: importante nel periodo Illuminista. Domina le Costituzioni dei moderni Stati Liberali. Uguaglianza Formale: prerogativa originaria da tutelare. Uguaglianza Sostanziale: condizione da promuovere concretamente. Diverse però sono le loro esigenze e quindi le richieste nei confronti dello stato – Tolleranza (Locke) la legge dello Stato deve arrestarsi di fronte a quelle sfere di pensiero e di attività (es. vita privata, opinioni filosofiche, pratiche religiose) in cui ogni persona può far valere le proprie preferenze e convinzioni, purché non siano comportamenti pericolosi per la comunità. La diversità può diventare strumento di confronto e di crescita. Romanticismo: valorizza la specificità irriducibile di ogni popolo e comunità. L’idea che resta è che non esista un percorso universalmente proponibile di conoscenze, pratiche, valori, ma che si affianchino infiniti cammini diversi, ognuno provvisto di una propria autenticità e dignità, che possono coesistere e confrontarsi. La realtà stessa è il prodotto di pratiche simboliche che variano a seconda del contesto socio-culturale in cui si vive. I movimenti sociali sono importanti perché introducono una nuova concezione della diversità. XX° sec: Moderna concezione della multiculturalità: si giunge alla consapevolezza di non riuscire ad unificare la realtà in un’unica prospettiva (relativismo) e la pluralità delle interpretazioni e dei linguaggi a cui la filosofia e la scienza si affidano è una caratteristica ineludibile di ogni rapporto dell’uomo col mondo. Lo sviluppo delle scienze sociali rende coscienti di come la stessa realtà quotidiana sia il prodotto di costruzioni e pratiche simboliche che variano sensibilmente a seconda del contesto socio-culturale in cui si vive. Inoltre riflessione condotta sui movimenti sociali che per ottenere visibilità necessitano di ribadire la propria distanza dalle norme e dai modelli socialmente vigenti. (es. movimento femminista) Inoltre è influenzata anche dall’evoluzione dei movimenti dei neri americani (Inizialmente lottano per la conquista ei diritti civili poi per recuperare una propria identità etnica e culturale). Ungaro – Multiculturalismo Risveglio delle minoranze: Lo stato-nazione non è riuscito ad inglobare tutte le varie nazionalità. La maggioranza degli stati contemporanei si configura come un insieme di diverse comunità. Aumento di stati polietnici a causa dei fenomeni migratori: Uno stato multietnico è caratterizzato dalla presenza di un certo numero di immigrati che conservano le loro tradizioni, ma non costituiscono delle nazionalità. Estensione dei diritti di cittadinanza a gruppi sociali precedentemente emarginati: La differenza culturale viene considerata un valore da tutelare e garantire. Le minoranze vengono così incoraggiati a mantenere le loro diversità rispetto alla “normalità”, a partecipare attivamente alla vita pubblica portando avanti le loro richieste e i loro interessi. I principali problemi: Sorgere di nuovi diritti: diritti di autogoverno estesi anche alle “nazioni senza stato” e i diritti multietnici. Popolo: si intende la comune appartenenza di un gruppo di persone a una cultura sociale. Cultura sociale: data dagli stessi modelli di integrazione e da motivazioni all’agire comune che comprendono la vita privata e pubblica. Il riconoscimento di una cultura sociale non significa necessariamente costituire uno stato per ogni cultura. Ci possono essere delle forme di autogoverno all’interno degli stati che riconoscono queste culture pur mantenendo l’unità nazionale. Il riconoscimento di altri comportamenti all’interno dello stesso stato comporta così un’estensione dei diritti liberali classici. Difficile rapporto, negli stati democratici, tra identità (appartenenza a un gruppo) e differenza (diritto all’autonomia individuale): nasce dal modo in cui le minoranze nazionali e i gruppi etnici sono stati storicamente trattati nelle società moderne, sia liberale che di massa: Esclusione forzata o segregazione (apartheid) Inclusione forzata o integrazione, assimilazione, praticata al fine di giungere ad una cultura omogenea. Superamento sulla base dell’affermazione di cittadinanza differenziata: di ampliamento dei diritti di cittadinanza a persone di culture diverse dalla nostra al fine di integrarle, senza pretendere che esse rinuncino alla loro identità (differenza egualitaria): rispettare le differenze e al contempo garantire regole comuni nel contesto di stati multinazionali e multietnici. Serve quindi a superare uno “svantaggio sistemico”. A favore dei gruppi nazionali minoritari, dei gruppi sociali emarginati e dei gruppi di immigrati. Serve a distinguere (salvando le distinzioni) e ad accomunare (impedendo le divisioni). Si tratta di un principio che supera l’idea moderna di omogeneità culturale come presupposto necessario dello stato. L’estensione postmoderna dei principi della tolleranza liberale: storicamente sorge insieme alla formazione dello stato moderno per gestire i problemi derivanti dal pluralismo religioso. Principio che si basa sulla libertà di coscienza individuale: agli individui viene riconosciuto il diritto di non essere d’accordo con il gruppo religioso di appartenenza, mentre ai vari gruppi viene riconosciuto il diritto a non essere perseguitato dallo stato. Il liberalismo ritiene che l’individuo debba essere libero di condurre la propria vita. Per tutelare l’individuo è garantito il proselitismo (cercare di convincere anche i non credenti) e l’apostasia (abbandono della propria religione per seguirne un’altra). L’applicazione pratica si concretizza nell’impedire ai singoli gruppi sociali di imporre delle restrizioni interne agli individui: in realtà viene incoraggiato l’abbandono di criteri di appartenenza troppo rigida per raggiungere un livello ottimale di omogeneità culturale all’interno dello stato. Nella postmodernità il principio viene esteso e contestato: I comunitari sostengono che la possibilità stessa di avere un’identità individuale dipenda dall’appartenenza a un contesto sociale all’interno del quale il singolo viene riconosciuto. L’individuo può poi scegliere se rimanere o meno nell’ambito di tale cultura all’interno del gruppo. L’estensione riguarda il fatto che non solo i singoli individui, ma anche i gruppi sociali debbano essere garantiti e possano essere rappresentati. La libertà del singolo all’interno del gruppo minoritario deve essere compensata dall’uguaglianza tra i gruppi minoritari e quello maggioritario. La tolleranza postmoderna non solo difende l’individuo dalle restrizioni interne che il suo gruppo originario di appartenenza potrebbe cercare di imporgli, ma rende anche possibile e istituzionalizza la tutela esterna dei vari gruppi sociali. I problemi riguardano il pericolo che questi nuovi diritti e queste nuove tutele rendano uno stato debole e frammentato perché indeboliscono i legami tra i cittadini dando vita a una serie di gruppi sociali senza collegamenti tra loro. Appunti Migrazioni Nazioni Unite: Persona che si è spostata in un paese diverso da quello di residenza abituale e che vive in quel paese da più di un anno. Ricerche sociali: Sono processi sociali complessi che: Si evolvono nel tempo Si fondano su: Spostamento dal paese di origine Permanenza prolungata in un altro paese Creano sistemi di relazione che coinvolgono: Diverse aree geografiche: di partenza, transito e arrivo Diversi attori ed istituzioni sociali: autorità dei diversi paesi, leggi, strutture di accoglienza, mondo del lavoro, famiglie, scuola, sanità. Sono delle costruzioni sociali complesse i cui attori principali sono: Società di origine Migranti Società riceventi Nelle società riceventi le migrazioni creano minoranze etniche. Le diverse figure di migranti: Per lavoro (occupati nei settori meno ambiti, soggetti alla precarietà, con scarsa tutela giuridica) Stagionali (es. lavoratori per contratto per un periodo determinato) Qualificati e imprenditori (minoranza) Con famigliari al seguito (in aumento per via di ricongiungimento) Rifugiati e richiedenti asilo (in cerca di protezione) Irregolari (entrati regolarmente, ma perso il lavoro diventano irregolari=restano) Clandestini (entrati irregolarmente) Vittime del traffico di esseri umani (finiscono nella prostituzione o accattonaggio) Migranti di seconda generazione (nati anche nel paese di arrivo) Migranti di ritorno (che rientrano nel proprio paese dopo un periodo più o meno lungo) Circolari (emigrano diverse volte, anche in paesi diversi, ma tornano nel paese d’origine) Come evolvono i flussi migratori: Presenza di giovani, maschi (non così per le migrazioni dai paesi dell’Est o delle Filippine), invio di guadagni in patria e un discreto turnover; Si alza l’età, c’è meno turnover e più sposati; Si stabilizza per ricongiungimenti, insediamento a lungo termine di inserimento, emergono le comunità etniche; Il soggiorno tende a diventare permanente, si integrano le 2° generazioni, emerge sempre più il problema del riconoscimento giuridico e sociale. Cause dell’emigrazione: Attrazione della domanda di lavoro dei paesi sviluppati che segmenta il mercato del lavoro in: Mercato del lavoro Primario= sicuro, tutelato, retribuito. Mercato del lavoro Secondario= precario, non tutelato, mal retribuito. Fattori di spinta dai paesi riceventi, da cui: politiche di riduzione o regolamentazione degli ingressi Ricerca di migliori condizioni di vita Politiche dell’immigrazione dei vari paesi che possono favorirla, ostacolarla (es. Immigration Act che produce immigrati clandestini) o limitarla/ridurla. Riguarda due problemi: Politiche degli ingressi Politiche dell’integrazione Amartya Sen La libertà culturale deve essere distinta dall’esaltazione e dalla difesa di ogni forma di eredità culturale che non tega conto delle scelte che le persone farebbero se avessero l’opportunità di vedere le cose criticamente e conoscessero adeguatamente le altre opzioni possibili nella società in cui vivono. La libertà culturale pretende l’impegno a contrastare l’adesione automatica alle tradizioni quando le persone ritengono giusto cambiare il loro modo di vivere. Il valore che la diversità può avere in termini di libertà dipende da come viene determinata ed affermata. Ora vi è la tendenza a tenere le culture separate definendo una pluralità di monoculture. Si creano confusioni su quali siano i requisiti del monoculturalismo: Quella tra conservatorismo culturale e la libertà culturale. Essere nati in una comunità culturale non è di per sé un esercizio di libertà culturale, dal momento che non è una scelta. La decisione di restare all’interno della tradizione sarebbe un atto di libertà se la scelta fosse dopo aver preso in esame le alternative. Ignorare il fatto che, mentre la religione potrebbe essere un elemento di identità importante, ci sono altre affiliazioni e associazioni cui le persone danno valore. La cultura non è limitata alla religione. (esempio dei bengalesi: “musulmani inglesi”) Concentrarsi sul separatismo come si fa ora non è un contributo alle libertà multiculturali, ma il suo opposto. Approccio Antropologico Modello Continuista: Cultura= tutto ciò a cui l’uomo da importanza, si evolve nel tempo in un’unica direzione, non tutti raggiungono lo stesso livello evolutivo: culmina nella società europea di fine ‘800. Le altre culture sono noi come eravamo. Crisi della nozione classica di cultura come condizione elitaria, aristocratica. (modello evolutivo). Etnocentrismo. Modello Discontinuista: (Anni ’20 - modello pluralistico) la cultura di ogni popolo si evolve in modo diverso: relativismo culturale, ogni cultura si comprende solo dall’interno. Olismo localizzato: ogni cultura è una totalità culturale stanziata su un territorio preciso. Rimarca le differenze. Modello Interpretativo: (Anni ’70 – Gertz, “Interpretazione di Culture”. Attenzione porta ai mutamenti che avvengono in ogni cultura. Ragione storica: Anche le culture meno evolute mutano nel tempo (modernità= velocità rapida di mutamento). Riconoscimento che l’incontro tra culture è inevitabile data la natura nomade dei popoli. Cultura: “sezione finita dell’infinità priva di senso del divenire del mondo, alla quale è attribuito senso e significato dal punto di vista dell’uomo” (Weber). Antropologia Interpretativa: l’esperienza è sempre più complessa della sua rappresentazione, tutto il sapere è prospettico e non può esservi analisi puramente oggettiva dei fenomeni sociali indipendentemente dalle prospettive teoriche, non esiste il soggetto neutro. Ricerca antropologica: attività eminentemente soggettiva, in cui dominano la partecipazione, l’immedesimazione, la comprensione, l’interpretazione, poiché ciò che più caratterizza l’esistenza umana nelle sue differenti forme è la dimensione simbolica in cui questa è immersa. TEMI SECONDA PROVA IV «Nel mondo contemporaneo c’è una forte richiesta di multiculturalismo. È un concetto abbondantemente citato in sede di elaborazione delle politiche sociali, culturali e politiche, specialmente in Europa occidentale e in America. Non è sorprendente, considerando che l’incremento dei contatti e delle interazioni globali, e in particolare dei movimenti migratori di massa, ha portato pratiche diverse di differenti culture a vivere una accanto all’altra. L’esortazione ad “amare il prossimo” è accettata in modo generalizzato quando il prossimo conduce, in linea di massima, il tuo stesso genere di vita […], ma per amare il prossimo tuo ora bisogna interessarsi ai diversissimi stili praticati da chi ci vive accanto.» Amartya K. SEN, Identità e violenza, Laterza, Roma-Bari 2008 [ed. originale 2006] Il candidato discuta il tema del multiculturalismo proposto nel passo citato, facendo riferimento ai movimenti migratori di massa, alle politiche di accoglienza dei vari stati ed all’azione della scuola italiana per affrontare le problematiche della diversità. Anche la quarta traccia è di grande attualità ed è strettamente legata ai problemi chiave del mondo contemporaneo. Si parte da un brano di Amartya K. Sen sul multiculturalismo. L'autore fa riferimento all'amore per il prossimo che richiede di aprirsi al diverso e ad accettarlo conoscendolo e aprendo i propri orizzonti di vita. Nella società globale il contatto tra culture diverse raggiunge livelli mai raggiunti prima. E' diventato urgente sciogliere il nodo irrisolto del rapporto tra culture. Il problema va ripensato alla radice. Ci sono due estremi da evitare: l'assolutismo, per cui il proprio punto di vista è quello vero e giusto, l'altro deve allinearsi e la differenza va eliminata, e il relativismo, per cui un punto di vista vale l'altro. Non si può essere indifferenti alla differenza come nota U. Hannerz, antropologo svedese. Se si è indifferenti alle differenze non si può dialogare con l'altro e se le culture on dialogano non possono convivere. Lo studente può richiamare gli studi italiani di Graziella Favaro, che si è interessata i donne e bambini immigrati e di Duccio Demetrio che ha parlato di identità interculturale. La scuola italiana, in particolare negli ultimi tempi, si è mostrata sensibile con la nuova normativa sui BES, bisogni educativi speciali. La normativa richiama ad una più ampia inclusività che riguarda anche gli alunni di più recente immigrazione o che, immigrati da più tempo, necessita di supporto adeguato multiculturalità e all'integrazione, si tratta di due questioni abbastanza diverse; la multiculturalità è un dato di fatto, è l'attuale compresenza di culture diverse entro una società, mentre l'integrazione fra culture è un processo che porta all'affluire delle diversità ad un unico progetto; si tende cioè all'omologazione di un modello culturale e sociale in cui si tende a negare le differenze considerandole un elemento sfavorevole e quindi da neutralizzare. Ma non si può pensare di rendere entro le società multiculturali che consta di un continuo confronto tra i differenti modelli. Nel piano dell'interculturalità si avvalora il significato di democrazia, intesa come capacità di creare una convivenza costruttiva in grado di riconoscere le diverse identità culturali. Il piano interculturale necessita sicuramente di un processo bilaterale, ma alla base di tutto vi deve essere il rispetto delle culture che non ci sono proprie; come afferma Paolo Ostellino, non bisogna dunque schernire chi manifesta una cultura diversa dalla nostra ne sentirsi offesi dai valori che le altre società ostentano. Inoltre i modelli della cultura occidentale, come d'altra parte quelli di tutte le culture, non possono e non devono essere considerati come fattori paradigmatici Il termine multiculturalismo, così, è utilizzato oggi per descrivere lo stato delle società occidentali moderne, definito proprio dalla presenza simultanea di una pluralità di gruppi differenti che fungono da base per l'identificazione, il riconoscimento e l'orientamento dell'azione dei loro membri.