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rivista annuale - numero 3 - anno III - dicembre 2020 c onfronto Studi e ricerche di storia dell’arte europea 3/2020 Nuova serie ep editori paparo c onfronto Studi e ricerche di storia dell’arte europea 3/2 020 Nuova serie ep editori paparo Dipartimento di Scienze Umane Confronto Studi e ricerche di storia dell’arte europea Numero 3 - Anno III nuova serie Dicembre 2020 rivista fondata da Ferdinando Bologna Direttore Pierluigi Leone de Castris Comitato scientifico e dei garanti Gian Giotto Borrelli Caroline Bruzelius Maria Calì Stefano Causa Rosanna Cioffi Joseph Connors Federico De Melis Daniela del Pesco Stefano Gallo Francesco Gandolfo Riccardo Lattuada Pierluigi Leone de Castris Tania Michalsky Riccardo Naldi Antonello Negri Alessandra Perriccioli Marinetta Picone Petrusa Giovanni Romano † Sebastian Schütze Jesús Urrea Carmela Vargas Stefania Zuliani Comitato di redazione Luigi Coiro Mariadelaide Cuozzo Stefano De Mieri Antonio Denunzio Federica De Rosa Teresa D’Urso Gianluca Forgione Maria Rosaria Marchionibus Augusto Russo Elisabetta Scirocco Ornella Scognamiglio Antonella Trotta Isabella Valente Segreteria di redazione Serenella Greco (coordinamento) Luigi Abetti, Giulio Brevetti Italia Caradonna, Maria Grazia Gargiulo Armando Lamberti Referenze Fotografiche Avellino, Diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia, p. 126 Avellino, Olivo Scibelli, pp. 122-123 Aversa, Giuseppe Panza, pp. 130, 142-145, 148, 150, 153 Aversa, Alessandra Ruberti, pp. 84-90, 224-225 Caserta, Soprintendenza ABAP per le province di Caserta e Benevento, p. 147 Como, Biblioteca del Seminario, p. 78 Firenze, Archivio Alinari, pp. 34, 42 Firenze, Agata Chrzanowska, pp. 105, 109 Fondi, © Light on the Studio, p. 116 Francoforte, © Städel Museum – ARTOTHEK, p. 121 L’Aquila, Luca Benedetti, p. 71 L’Aquila, Biblioteca Salvatore Tommasi, p. 62 L’Aquila, Francesco Cardarelli, pp. 64, 66, 68, 70 L’Aquila, SABAP per la città dell’Aquila e i Comuni del Cratere, p. 72 Maddaloni, Italia Caradonna, pp. 116, 127-128, 130, 133 Marigliano, Marco Casciello, pp. 114, 119, 121, 172, 177, 179-180, 182, 184 Napoli, Archivio Gian Giotto Borrelli, p. 51 Napoli, Archivio di Stato, pp. 171, 181 Napoli, Archivio Parisio, pp. 43 Napoli, Biblioteca Nazionale di Napoli “Vittorio Emanuele III”, pp.76, 78 Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte, p. 129 Napoli, Gennaro Piezzo, p. 168 Napoli, Raffaele Staiti, pp. 171, 181 Napoli, Soprintendenza ABAP per il Comune di Napoli, pp. 107, 125, 152 Napoli, Università degli studi Suor Orsola Benincasa, Fondazione Pagliara, pp. 212, 215-220 Napoli, Massimo Velo, p. 48 New York, Metropolitan Museum of art, p. 152 Nola, Antonia Solpietro, pp. 120-121 Parigi, Bibliothèque Nationale de France, Dèpartement des Estampes et Photographie, pp. 78, 100, 104 Parigi, IRTH (Institut de recherche et d’historie des textes), p. 77 Salerno, Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno, pp. 150-152 Salerno, Soprintendenza ABAP per le provincie di Salerno e Avellino, pp. 135 Torino, Musei Reali – Galleria Sabauda, p. 125 Valladolid, Museo Nacional de Escultura, pp.160, 163 n, p. 169 Traduzioni Barbara Angelini Progetto grafico editori paparo © 2020 editori paparo srl - Roma via Boezio 4C - 00193 Roma editori@editoripaparo.com Euro 40,00 ISSN 1721-6745 ISBN 978 88 31983 549 Castello dei Landriani Beni Culturali Vidigulfo - Pavia Sommario 5 Il rifacimento settecentesco nella chiesa di Santa Chiara a Napoli Raffaele Mormone (da Studi in onore di Riccardo Filangieri, Napoli 1959, III, pp. 85-103) 35 Aggiunte alla veste settecentesca della chiesa di Santa Chiara a Napoli Gian Giotto Borrelli 59 L’ambone duecentesco di San Paolo ad Peltuinum presso Prata d’Ansidonia Claudia Cerroni 75 Da Bologna a Napoli: il ms. VII.AA.8 della Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III” Andrea Improta 83 Gli affreschi di San Salvatore piccolo a Capua: una testimonianza bizantina in terra angioina Maria Rosaria Marchionibus 101 The Misfortune of Two Angevin Infants Tombs in Santa Chiara, Naples and an Overlooked Drawing for Aubin-Louis Millin Adrian S. Hoch 115 Alla ricerca di Antonello del Perrino Pierluigi Leone de Castris 143 Giovan Battista Graziano: considerazioni e novità documentarie su un pittore aversano seguace di Marco Pino Paola Improda 161 Aniello Stellato a Hearst Castle: il busto reliquiario del Battista già in collezione Las Almenas Luigi Coiro 169 La riconfigurazione settecentesca della chiesa dell’Annunziata di Giugliano Luigi Abetti, Antonio Nardelli 191 «tutt’altro che per amore d’elogi e di difese». Pagine su Raffaello a Napoli in anni di guerra, tra storici dell’arte, artisti e critici militanti Federica De Rosa 205 L’opera come processo: riflessioni sull’arte nell’era della meta-tecnologia Olga Scotto di Vettimo Recensioni 213 Tra realtà e rêverie: Pietro Scoppetta, un ‘italiano di Parigi’ nella Napoli della Belle époque Mariadelaide Cuozzo 223 Recensione a Maria Rosaria Marchionibus, Campania picta. Temi colti e schemi desueti negli affreschi tra i secoli VIII e XII Armando Lamberti 229 Recensione a Stefano L’Occaso, La pittura a Mantova nel Quattrocento Italia Caradonna 234 Abstract 237 Indice dei nomi 142 Giovan Battista Graziano: considerazioni e novità documentarie su un pittore aversano seguace di Marco Pino Paola Improda L’influenza della maniera serpentinata di Marco Pino fu determinante per la formazione di Giovan Battista Graziano, pittore ‘regnicolo’ attivo nell’ultimo quarto del XVI secolo. È per questo motivo che la sua personalità artistica è stata studiata fino ad oggi quasi esclusivamente in relazione all’attività meridionale del celebre maestro senese1. D’altra parte, il livello qualitativo abbastanza sostenuto delle sue opere certe, tutte collocate in provincia, ad Aversa – sua città natale – e dintorni, e a Solofra, nell’avellinese, non può non indurre a considerare il ‘minore’ Graziano con più attenzione. Allo stato attuale delle ricerche, non abbiamo notizie d’archivio che ne attestino l’effettiva frequentazione della bottega di Marco Pino, il che ci obbliga a supporre che la sua evidente opzione piniana sia dovuta allo studio diretto dei lavori eseguiti dal maestro senese per Aversa e per la vicinissima capitale del Regno, e verosimilmente alla conoscenza delle stampe tratte delle sue opere più note che godettero di un’ampia circolazione2. La bottega napoletana di Marco Pino dopo il soggiorno romano del maestro nel biennio 1568-1570 aveva assunto le caratteristiche di una vera e propria gestione imprenditoriale, ordinata a fronteggiare una domanda sempre in crescita da parte di committenti sia privati sia ecclesiastici, i quali spesso facevano esplicita richiesta al senese di copie di quei suoi dipinti che più incontravano l’apprezzamento degli intenditori d’arte. Si intensificò, di conseguenza, una produzione seriale di tavole devozionali, talune realizzate dallo stesso Marco Pino con l’aiuto degli allievi, altre eseguite dai suoi collaboratori su suoi disegni3. Il grande successo commerciale del maestro senese, dovuto sia alla sua eccellenza di artista sia alle sue capacità imprenditoriali, fece sì che molti pittori – e tra essi Giovan Battista Graziano – anche se spesso estranei alla sua bottega si diedero a imitarne lo stile e, su esplicita richiesta della committenza, trassero copie dalle sue più celebri e fortunate composizioni4. D’altra parte, bisogna dire che Graziano non aveva necessità di spostarsi a Napoli per conoscere le opere dell’artista senese. Infatti, Marco Pino in persona si fermò ad Aversa, nell’estate del 15705, per lasciarvi la monumentale Deposizione di Cristo dalla croce della chiesa dell’Annunziata6. La tavola, firmata in basso al centro «Marcus de Pino / Senensis faciebat / MDLXXI», è esemplare del manierismo maturo del pittore. La linea serpentinata, il ritmo del disegno, il contrasto dei colori, la grazia e la furia del movimento rendono la scena notevolmente dinamica. L’unità compositiva, che si propaga da una figura all’altra, è generata dal moto frenetico dei corpi brulicanti che affollano la scena intorno al centro drammatico del Cristo deposto dalla croce7 (fig. 1). Il corpus pittorico di Giovan Battista Graziano è costituito da opere realizzate nel periodo compreso tra gli anni Settanta e gli anni Novanta del XVI secolo. Le opere che sono giunte fino a noi, o che sono note in fotografia o solo documentate, derivano, come si è già detto, nella maggior parte dei casi da prototipi iconografici di Marco Pino, testimoniando la prolungata fortuna dei disegni e delle incisioni tratte dalle opere del senese presso la generazione artistica a cui appartenne Graziano. La produzione degli anni Settanta si caratterizza soprattutto per il disegno marcato, per i toni cromatici bruciati e per l’accentuata definizione plastica delle figure, dotate di possente muscolatura e avvitate secondo i canoni della pittura serpentinata. Le opere degli anni successivi presentano composizioni altrettanto espressive e dinamiche, ma allo stesso tempo coniugano le formule tardo-manieriste piniane con una decisa inclinazione verso una resa pittorica più controllata e armoniosa, in omaggio alla comprensibilità devota dell’arte sacra gradita alla Riforma cattolica. La prima opera certa di Giovan Battista Graziano risale al 1573. Si tratta della pala d’altare della chiesa di San Giorgio martire a Trentola Ducenta8, costituita 143 A pag. 142: 1. Marco Pino, Deposizione di Cristo dalla croce. Aversa (CE), chiesa dell’Annunziata. 2. Fabrizio Santafede (attr.), Adorazione dei Magi. Aversa (CE), chiesa di San Biagio. 3. Giovan Battista Graziano, Adorazione dei Magi. Ducenta (CE), chiesa di San Giorgio Martire, cimasa della pala dell’altare maggiore. 4. Giovan Battista Graziano, San Giorgio uccide il drago. Ducenta (CE), chiesa di San Giorgio Martire, dipinto centrale della pala dell’altare maggiore. 5. Giovan Battista Graziano, Incontro tra i Santi Pietro e Paolo. Aversa (CE), cattedrale di San Paolo. dal dipinto raffigurante San Giorgio e il drago (fig. 4) e dalla soprastante lunetta con l’Adorazione dei Magi (fig. 3). La tavola principale, infatti, è firmata e datata sulla pietra dipinta in basso a destra: «Jo. [annes] Bapt. Gratianus de Av[er]sa pinxit 1573»9. Nella visita pastorale del vescovo Pietro Orsini del 1597 e in quella compiuta dal vescovo Carlo I Carafa nel 1621 è descritta la pala d’altare così come si presentava in quegli anni, costituita da una struttura lignea – con colonne, cornici dorate e baldacchino – che racchiudeva la tavola raffigurante San Giorgio che combatte il drago e il soprastante riquadro con la scena dell’Epifania10. I due dipinti sono scarsamente noti alla critica11. Andrea Zezza ha citato la tavola principale della pala di Ducenta in merito a un disegno del Teylers Museum di Haarlem raffigurante San Giorgio e il drago, che per le forzature in senso dinamico ed espressivo tipiche di Marco Pino può derivare, così come la tavola di Ducenta, da un modello sconosciuto del senese12. Al momento, in mancanza di altre notizie, possiamo solo supporre che il San Giorgio e il drago di Giovan Battista Graziano sia una rielaborazione di un probabile dipinto perduto di Marco Pino. È purtroppo dispersa la Trasfigurazione eseguita nel 1574 per l’altare maggiore dell’omonima chiesa di Succivo. Secondo un manoscritto del 176613 la tavola presentava l’iconografia consueta, raffigurando Gesù trasfigurato tra i profeti Mosè ed Elia sul monte 144 145 Tabor, alla presenza di San Pietro, San Giacomo e San Giovanni; in alto era dipinto Dio Padre. Una preziosa annotazione, inserita a posteriori nel manoscritto in margine alla descrizione della tavola, fornisce le informazioni più interessanti: «fu fatto detto quadro dell’altar maggior nel 1574 da Gianbattista Graziano aversano, siccome sta notato al basso di detto quadro; e si crede, che il detto pittore fusse stato discepolo del celebre pittore Francesco [Fabrizio] S.[anta] Fede14, poiché nell’immagine di San Pietro e dei profeti che sono assai belli, vi è l’aria di questo pittore; e non si vede nel Santissimo Salvatore e nei due altri Apostoli, perché anni addietro furono ritoccati e guastati»15. Qualche anno dopo Graziano realizzò il primo dei suoi due dipinti collocati nella cattedrale di Aversa. Si tratta della pala d’altare della cappella intitolata ai Santi Pietro e Paolo, appartenente alla famiglia Fulgore16. Il dipinto, raffigurante l’Incontro tra i Santi Pietro e Paolo (fig. 5), è firmato e datato 1577, come si legge alla base della tavola nelle due tabelle che riportano il commosso dialogo avvenuto secondo la tradizione tra San Pietro e San Paolo prima che i due apostoli fossero condotti al martirio: a sinistra «Vade in pace predi/cator, bonorum / mediator, et dux / salutis iustor[um]»; a destra «Pax tecu[m] fundame[n]tu[m] / ecclesiarum / pastor ovium et / agnoru[m] XPI17; 1577 / Jo.[hanne] bapt[ist]a gratianus faciebat Anno d[omi]ni» (la firma del pittore è lungo il bordo inferiore della tabella destra; fig. 13). Nelle carte delle visite pastorali si legge che la cappella era delimitata da un cancello ligneo (non più esistente) oltrepassato il quale vi era l’altare dedicato ai due santi apostoli con l’«ycona cum imaginibus Sancti Petri et Pauli, beatae Mariae Virginis et alijs figuris»18, sormontata da un baldacchino oggi assente19. Nelle stesse carte è menzionata la lapide marmorea tuttora murata nella parete della cappella, con il breve di papa Gregorio XIII con cui nel 1579 fu concesso il privilegio della liberazione delle anime del Purgatorio per ogni messa celebrata presso quell’altare20. Lo storico locale Gaetano Parente ricorda l’Incontro tra i Santi Pietro e Paolo in questa cappella, aggiungendo che il dipinto fu restaurato nel 185321. Nella tavola si scorgono elementi chiaramente de- 146 6. Marco Pino, Visitazione della Beata Vergine Maria. Roma, chiesa di Santo Spirito in Sassia 7. Giovan Battista Graziano, Visitazione della Beata Vergine Maria. Courtesy Antichità Franco Brancaccio. 8. Giovan Battista Graziano, Circoncisione di Gesù. Caserta, deposito SABAP per le province di Caserta e Benevento, dalla chiesa dell'Annunziata di Aversa. 9. Marco Pino, Circoncisione di Gesù. Napoli, chiesa di San Francesco di Paola, deposito dalla chiesa del Gesù Vecchio. rivati dalla maniera di Marco Pino, rintracciabili nella monumentalità dei due santi corpulenti in primo piano, dai busti ritorti, avvolti in tessuti dalle tinte sgargianti, nelle figure esili e movimentate degli angeli che circondano la Madonna e il Bambino nella parte superiore del dipinto, nelle pose avvitate dei soldati romani sullo sfondo22. Forse il prototipo piniano a cui si rifece il Graziano si trovava un tempo in Santa Maria Maggiore a Napoli. Dell’originale, oltre alla variante presente nella cattedrale di Aversa, si conoscono altre repliche nella chiesa dei Girolamini a Napoli, ad Arienzo, a Piano di Sorrento e a Sant’Antimo23. La Visitazione della Beata Vergine Maria di Antichità Franco Brancaccio è firmata e datata 1578. Non segnalata dalla critica, ha le dimensioni di una pala d’altare (cm 285x180), e probabilmente in origine era provvista di una ricca carpenteria lignea24. È evidente in essa il rifarsi da parte del Graziano al dipinto di identico soggetto realizzato da Marco Pino a Roma per la chiesa di Santo Spirito in Sassia, opera che secondo le fonti fu la prima ad essere realizzata dal senese al suo arrivo nell’Urbe, nel 154525. In entrambi i dipinti la possente struttura architettonica fa da sfondo alla scena scandita in profondità dai personaggi che poggiano su di una pavimentazione accentuatamente prospettica (figg. 6-7). Per la chiesa dell’Annunziata di Aversa Giovan Battista Graziano realizzò la tavola raffigurante la Circoncisione di Gesù (fig. 8), fino a qualche decennio fa sull’altare della seconda cappella sinistra della chiesa26. Il dipinto è firmato «Io[an]nes [Baptis]ta Gratia[nus fac]iebat», in basso a destra; l’iscrizione, seppure frammentaria, restituisce indiscutibilmente l’opera al nostro artista27. 147 Per la sua realizzazione Graziano seguì palesemente il noto prototipo piniano, dipinto per la chiesa del Gesù Vecchio a Napoli (fig. 9). La Circoncisione di Aversa (cm 220x180 circa) si distingue dalla tavola napoletana per la resa di alcune figure e per la diversità di alcuni dettagli architettonici, ma ne condivide l’affollata composizione costruita virtuosisticamente sulle due diagonali segnate dal colonnato in prospettiva. L’opera va datata verosimilmente agli ultimi anni dell’ottavo decennio del XVI secolo, per la vicinanza stilistica alle tavole realizzate dal pittore in quello stretto arco di anni. 148 10. Giovan Battista Graziano (attr.), Pentecoste. Aversa (CE), chiesa di San Biagio. 11. Marco Pino, Incredulità di San Tommaso. Napoli, duomo. In particolare, alcuni personaggi della Circoncisione riflettono le pose e gli atteggiamenti delle figure presenti nella Visitazione della Beata Vergine Maria del 1578 (fig. 7). È databile nei primi anni Ottanta la Pentecoste collocata sull’altare della prima cappella a sinistra nella chiesa di San Biagio ad Aversa (fig. 10)28. Indubbiamente l’opera si rifà per ragioni formali ed iconografiche ai dipinti di Marco Pino, in particolare a quelli di medesimo soggetto29, nell’affollata articolazione della scena costruita in profondità e nella forte tensione plastica determinata dai panneggi dei personaggi. Si veda, ad esempio, come la solida corposità delle figure avvolte nei panneggi vibranti e scultorei richiami quella dei soggetti dipinti dal senese nell’Incredulità di San Tommaso, opera realizzata per la cappella Teodori nel duomo di Napoli30 (fig. 11). Otto anni dopo la Visitazione della Beata Vergine Maria del 1578 Giovan Battista Graziano firmava e datava il dipinto posto sull’altare maggiore della chiesa dei Dodici Apostoli31 di Solofra, nell’avellinese. Si tratta di una tavola dipinta a tempera (cm 310x240) con cornice lignea intagliata e dorata, raffigurante la Madonna di Costantinopoli tra i Santi Francesco d’Assisi e Antonio di Padova (fig. 16), firmata in basso a destra «Abbas Johan[n]es / Bap[tis]ta [Gratianus] de / Aversa f[ecit]» e datata 1586 (fig. 12)32. Il dipinto è provvisto di una cimasa con raffigurato Dio Padre tra gli angeli, nel mezzo, ed ai lati i volti di San Pietro e di San Paolo identificabili dai loro attributi (fig. 15)33. Oltre al linguaggio piniano, particolarmente riconoscibile nella parte alta del dipinto e della cimasa, la pala guarda alla pittura riformata della seconda metà del XVI secolo, mostrandosi sia in debito verso la pittura più devota e realistica di Silvestro Buono sia in consonanza con lo stile degli esordi di Giovann’Angelo D’Amato nelle secchezze disegnative e nella piacevolezza del colore34. È datato 1589 il secondo dipinto realizzato da Giovan Battista Graziano per la cattedrale di Aversa: la tavola col Martirio di Santa Caterina (fig. 19), collocata sull’altare della prima cappella a sinistra. La data «1589» è ben visibile, aggiunta alla firma del pittore su un frammento della ruota dentata dipinto in primo piano («Joannes Bap[tis]ta gratianus De Aversa faciebat. /Anno D[omi]ni 1589»35; fig. 14). Il linguaggio narrativo, ritmato armoniosamente dalle contrapposte contorsioni delle figure di derivazione piniana, vi raggiunge un effetto particolarmente felice, collocando l’opera tra i risultati più alti della produzione del pittore. Al centro della composizione è raffigurata la santa, in ginocchio dinanzi alla ruota dentata fatta a pezzi dagli angeli, circondata da soldati feriti o atterriti. In secondo piano, su una balconata, l’imperatore Massenzio e la sua corte assistono sbalorditi alla scena. 149 12. Giovan Battista Graziano, Madonna di Costantinopoli tra i Santi Francesco d’Assisi e Antonio da Padova, particolare. Solofra (AV), chiesa dei Dodici Apostoli. 13. Giovan Battista Graziano, Incontro tra i Santi Pietro e Paolo, particolare. Aversa (CE), cattedrale di San Paolo. In alto, precedendo la schiera delle anime dei giusti, Cristo aspetta a braccia aperte Caterina per porgerle la corona simbolo del martirio. Agli angoli superiori della scena, due angeli brandiscono le spade con cui hanno appena compiuto il miracolo. Anche questa composizione, una delle più dinamiche e complesse tra quelle autografe di Graziano, è molto verosimilmente legata ad un prototipo di Marco Pino36. L’archetipo piniano – un dipinto o un disegno sicuramente noto alla folta bottega del senese – doveva presentare notevoli consonanze con le invenzioni sul tema emerse nel progetto di decorazione della cappella Cesi nella chiesa romana di Santa Caterina dei Funari, messe in relazione da Marco Simone Bolzoni con l’incisione di Mario Cartaro datata 1563 e tratta da Francesco Salviati37 e con quella di Giovanni Battista Cavalieri datata 1565 e tratta da Livio Agresti38. Prove tangibili della fortuna del prototipo di Marco Pino, affine a questi archetipi, sono rintracciabili nel Martirio di Santa Caterina realizzato da Giovann’Angelo D’Amato per la chiesa di San Domenico Maggiore di Napoli (fig. 17)39, opera che presenta uno schema compositivo quasi sovrapponibile a quello usato da Giovan Battista Graziano, nonché nell’opera di Belisario Corenzio per la cattedrale di Teano40, nella stampa di Gijsbert van Veen datata 1588 (fig. 18) e tratta da un’invenzione di Bernardino Passeri41, nella tela in San Vito a Forio d’Ischia 15. Giovan Battista Graziano, Dio padre tra i Santi Pietro e Paolo. Solofra (AV), chiesa dei Dodici Apostoli, cimasa della pala dell’altare maggiore. 16. Giovan Battista Graziano, Madonna di Costantinopoli tra i Santi Francesco e Antonio di Padova. Solofra (AV), chiesa dei Dodici Apostoli. 14. Giovan Battista Graziano, Martirio di Santa Caterina d’Alessandria, particolare. Aversa (CE), cattedrale di San Paolo. e nella tavola della chiesa di Santa Caterina Vergine e Martire a Lapio (AV)42. Tornando al Martirio di Santa Caterina della cattedrale di Aversa, si pubblicano qui per la prima volta alcuni documenti che la riguardano. Secondo la visita pastorale compiuta dal vescovo Giorgio Manzòlo il 12 luglio 1584, in quell’anno nella cappella di Santa Caterina dei funari43 era già presente un dipinto raffigurante il martirio della santa, inserito all’interno di una ricca macchina lignea intagliata e dorata, con colonne divisorie e altri ornamenti intorno, oggi perduta, munita di un panno di tela a protezione dalla polvere44. Nel corso della visita il vescovo ordinò agli economi della confraternita di apportare delle migliorie alla cappella. Fu infatti stabilito che fosse costruita una cancellata di legno intorno all’altare, che si realizzasse un altare portatile e almeno una croce lignea dipinta, che si incerasse la finestra aperta sulla destra della cappella; infine, che si riparasse la parte inferiore della pala d’altare un po’ danneggiata dai tarli («aliquantulum depravata a tineis»)45 e, cosa più importante, si ampliasse il mantello della santa per meglio celarne il ventre, evidentemente scoperto in misura considerata 150 151 poco consona alla dignità della santa e del luogo46. La lettura della relazione della visita pastorale del vescovo Giorgio Manzòlo suscita inevitabilmente degli interrogativi, nel momento in cui attesta la presenza di un dipinto col Martirio di Santa Caterina sull’altare della cappella già nell’anno 1584, laddove il dipinto di Graziano riporta una data posteriore di un lustro. Due sono allora le possibili spiegazioni di questa incongruenza: la prima è che il Martirio di Santa Caterina documentato nel 1584, non necessariamente opera di Graziano, sia stato sostituito dal dipinto del 1589 che è arrivato fino a noi; la seconda possibilità, che risulta più condivisibile, è che la data 1589 vada piuttosto riferita all’anno in cui Graziano provvide a modificare una tavola da lui stesso dipinta molti anni prima, dando una veste più castigata alla santa, in ottemperanza alle indicazioni del vescovo che intendeva applicare i principi di decoro e convenienza dettati dal Concilio di Trento47. Un’altra circostanza farebbe propendere per l’ipotesi appena prospettata. Esiste, infatti, un documento del 30 gennaio 1581 in cui la ‘cona’ della 17. Giovann’Angelo D’Amato, Martirio di Santa Caterina d’Alessandria. Napoli, chiesa di San Domenico Maggiore. 18. Gijsbert van Veen, Martirio di Santa Caterina d’Alessandria (da Bernardino Passeri). New York, Metropolitan Museum of Art. 19. Giovan Battista Graziano, Martirio di Santa Caterina d’Alessandria. Aversa (CE), cattedrale di San Paolo. cappella di Santa Caterina viene citata come modello per un’altra pala d’altare, oggi dispersa, che Graziano si impegnava a realizzare per la cappella del canonico Onofrio Dragonetti, ancora nella cattedrale di Aversa48. Il 30 gennaio 1581, infatti, il canonico appena citato commissionò all’intagliatore Marco Antonio Portello49 una ‘cona’ lignea (di pioppo con intagli di tiglio) disegnata da Graziano – e quindi verosimilmente destinata a contenere un suo dipinto –, prendendo a modello anche nelle dimensioni («23 palmi»)50 la ‘cona’ del Martirio di Santa Caterina51. La cappella Dragonetti era intitolata alla Purificazione della Vergine Maria ed era stata fondata 152 il 9 novembre 1574 con l’assenso del vescovo Baldovino de’ Baldovinis 52 . Il 6 settembre 1584, giorno della visita pastorale del vescovo Manzòlo, la cappella era ancora sprovvista della ‘cona’ d’altare, che tuttavia risultava già commissionata dal canonico Onofrio Dragonetti, insieme al sepolcro marmoreo da realizzare in memoria del padre Antonio, il tutto al prezzo di 300 ducati. Sulla tavola si doveva dipingere la scena della Purificazione di Maria, iconografia meglio conosciuta come Presentazione di Gesù al tempio, a cui andavano aggiunte le figure di San Bartolomeo e Sant’Antonio di Padova53. Nella visita pastorale del vescovo Pietro Orsini del 13 gennaio 159754 e in quella compiuta dal vescovo Filippo Spinelli nel 1611 la pala d’altare è descritta con le seguenti parole: «ycona satis nobili ornamento decorata et optima manu depicta cum historia Purificationis Beatae Maria Virginis et in pede effigiebus Sancti Bartolomei Apostoli et Sancti Antonij de Padua cuius iconae ornamentae lignae deauratae existunt arte elaborata et cum columnis doricis deauratis, cum cornicibus, capitellis, aliis superioribus pictures Dei Patriis in medio et Beatae Mariae et Gabrielis Angeli sine inde et cum insignis eiusdem familiae de Dragonettis»55. La ‘cona’ Dragonetti era dunque provvista di un’elaborata struttura lignea dorata, con colonne e capitelli dorici, sicuramente quella stessa che abbiamo visto essere stata commissionata a Marco Antonio Portello su disegno di Graziano. Purtroppo, il dipinto è attualmente disperso; non è stato citato neanche dal Parente, segno che l’opera non era più in cattedrale già nell’Ottocento. Infine, dalle carte d’archivio sappiamo che nel 1589-1590 il Graziano dipinse una Pietà56 per il complesso dell’Annunziata. Dell’opera si sono purtroppo perse le tracce, ma possiamo immaginarla non troppo dissimile da una delle tante Pietà commissionate a Marco Pino ed eseguite a Roma e nella sua bottega napoletana57. Alla luce di quanto fin qui discusso, in cui si è provato a mettere ordine nel corpus del pittore, rivisto in conto di nuove acquisizioni documentarie e ampliato con una nuova opera firmata e datata, la figura di Giovan Battista Graziano appare meno sfuggente. La rilettura critica delle sue opere porta a inserirlo a buon diritto, insieme ai più volte citati Fabrizio Santafede e Giovann’Angelo D’Amato, nella generazione di pittori regnicoli che, pur con esiti qualitativi differenti, risposero nell’ottavo e nel nono decennio del XVI secolo alle richieste della committenza artistica più avvertita mitigando la furia espressiva delle formule manieriste importate nel meridione da Marco Pino con una convinta adesione alle istanze devozionali promosse dalla riforma cattolica tridentina. Per meglio delineare la biografia del pittore risulta infine utile riportare alcune notizie d’archivio inedite. Giovan Battista Graziano risiedeva con la sua famiglia ad Aversa, nell’area denominata ‘del Mercato Vecchio’ e la sua abitazione, seppur modesta, non mancava di un orticello. La casa era in affitto e il relativo censo veniva pagato a Pietro Angelo Bortone, uno speziale. Ad assumersene l’incombenza fu il padre dell’artista, Bartolomeo, dal 1562 al 1573, poi lo stesso Giovan Battista negli anni 15741590, infine suo figlio Antonio dal 1591 al 160158. La casa dei Graziano doveva trovarsi sul lato orientale dell’attuale via Roma (la via Nova realizzata nel 153 XIV secolo dagli angioini), in una zona che all’epoca era adiacente alle mura della città, accanto alla Porta del Mercato Vecchio59. La circostanza che Aversa fosse la città d’origine della famiglia Graziano trova conferma anche nell’abitudine del pittore di aggiungere il toponimo «de Aversa» alle firme apposte sui dipinti eseguiti per la città e per i territori confinanti e dell’entroterra campano. Abbiamo notizia anche di una curiosa omonimia: un gesuita nato a Napoli nel 1531 e defunto nel 1591 aveva lo stesso nome del nostro pittore. Il nostro Graziano, però, era un laico, avendo una famiglia e almeno un figlio60. È vero che nella tavola di Solofra (figg. 12, 16) Graziano antepone il titolo di «abbas» al suo nome, ma la carica di abate non è inconsueta in ambito artistico. Si conoscono molti altri casi di artisti che, giunti a un’età avanzata e volendo dedicarsi ad una vita ascetica, da laici ottennero questa onorificenza e furono autorizzati a vestire l’abito ecclesiastico61. Note 1540, cit., p. 208; A. Zezza, Marco Pino, cit., pp. 195-196; P. Leone de Castris, Marco Pino: due disegni del tempo romano, un quadro estremo e un polittico in ‘provincia’, in «Napoli nobilissima», VI s., X, 2009, 5-6, p. 163. 4 L’uso di disegni e di stampe tratte da invenzioni del senese testimonia il successo e la risonanza dei prototipi piniani presso la committenza, da cui derivò la diffusa richiesta di repliche. A riguardo ricordiamo le tante repliche esistenti della Circoncisione del Gesù Vecchio (tra le più note, la Circoncisione di Fabrizio Santafede in San Domenico a Taranto e quella di Girolamo Imperato nella chiesa del Gesù di Nola), del Crocifisso di Grottaglie (sulla fortuna dell’opera si rimanda al recente contributo di F. Parrilla, Marco Pino, Cristo vivo sulla croce, Ariccia (RM) 2020, pp. 1-16), dell’Incredulità di San Tommaso del Duomo, del San Michele in Sant’Angelo a Nilo, dell’Adorazione dei magi dei Santi Severino e Sossio, così come le opere derivate da composizioni oggi perdute. Cfr. E. Borea, Grazia e furia in Marco Pino, in «Paragone», 1962, 151, pp. 34-35; G. Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli e nel vicereame, Torino 1978, pp. 78-79 nota 6, 80 nota 12; N. Barbone Pugliese, La ‘Madonna del Suffragio’ di Sant’Antonio a Manduria e gli inizi di Fabrizio Santafede, in «Prospettiva», 1987, 50, pp. 60, 64; P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1573, cit., pp. 27-28; Idem, Marco Pino: il ventennio oscuro, in «Bollettino d’arte» 1994, 84-85, pp. 76-77, 85 nota 30; Idem, Pittura dei Cinquecento a Napoli 1540, cit., pp. 185-232; A. Zezza, Marco Pino, cit., pp. 120, 123, 161, 175 nota 1, 265-67, 271-274, 248-249, 265; S. De Mieri, Dirk Hendricksz Centen: aggiunte e considerazioni (con qualche notizia su Marco Pino e Giovann’Andrea Magliulo), in Arte e storia. Studi per Maria Calì, a cura di S. De Mieri, in «Confronto», 2009-2011, 14-17, pp. 152-153. 5 Cfr. A. Zezza, Ferrante Maglione e Marco Pino, cit., p. 86 e il saggio di appunti e note documentarie di P. Improda, Novità documentarie sul complesso dell’Annunziata di Aversa nei secoli XVI-XVIII, in «Rivista di Terra di Lavoro. Bollettino dell’Archivio di Stato di Caserta», XIII, 2018, 2, p. 34 (doc. 1.7), con trascrizione completa delle annotazioni a margine nella platea, ossia la chiosa del testo e il riferimento ai volumi manoscritti da cui hanno attinto i compilatori della platea. 6 Per approfondire tutte le vicende inerenti alla realizzazione della ‘cona’ della chiesa dell’Annunziata si veda A. Zezza, Ferrante Maglione e Marco Pino, cit., pp. 77-88; Idem, Marco Pino, cit., pp. 161, 261 scheda A.4, pp. 357-359. Si veda anche L. Gaeta, S. De Mieri, Intagliatori, incisori, scultori, sodalizi e società nella Napoli dei viceré: ritorno all’Annunziata, Galatina, 2015, p. 43, pp. 191-192 e P. Improda, Novità do- 1 Sulla figura di Graziano si veda: G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche della città di Aversa, II, Napoli 1857-1858, ed. cons. Aversa 1990, p. 485; R. Vitale, Dizionarietto biografico degli uomini illustri e notevoli di Aversa, Aversa 1948, p. 20; F. Guacci, Solofra nell’arte, Napoli 1974, p. 110; La Cattedrale nella Storia di Aversa 1090-1990. Nove secoli d’arte, cat. mostra, Aversa, novembre-dicembre 1990, Caserta 1990, p. 52; L. Santagata, Storia di Aversa, III, Aversa 1991, p. 1299; Itinerari Aversani, Napoli 1991-1993, pp. 110-111; P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1573-1606. L’ultima maniera, Napoli 1991, pp. 26, 28; R. Vitale La prima chiesa normanna in Italia. ‘La cattedrale di Aversa’, in «Consuetudini aversane», 1992, 19-20, p. 57; P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1540-1573. Fasto e devozione, Napoli 1996, pp. 210, 232 nota 61; F. Pezzella, “Joannes Bapt. Gratianus De Aversa faciebat”. Avvio alla conoscenza dell’opera di Giovan Battista Graziano, pittore aversano del Cinquecento, in «Consuetudini aversane», X, 1996-1997, 3738, pp. 37-43 (prima parte); 39-40, pp. 35-40 (seconda parte); L. Moscia, Aversa. Tra vie, piazze e chiese, Napoli-Roma 1997, p. 155; A. Cecere, Guida di Aversa: in quattro itinerari e due parti, Aversa 1997, p. 54; A. Zezza, Ferrante Maglione e Marco Pino: una rilettura dei documenti per l’altare maggiore dell’Annunziata di Aversa, in «Bollettino d’arte», VI s., 1999, 108, pp. 81, 84; F. Allegro, Aversa Sacra: guida alle chiese della città, Il Duomo (seconda parte), Parete-Aversa 2001, p. 9; F. Germani, Storia di Trentola Ducenta narrata a più voci, Benevento 2001, pp. 15, 17; A. Zezza, Marco Pino. L’opera completa, Napoli 2003, pp. 310-311, 313, 329, 341; A. Cecere, Magna anima Aversae Civitatis. Itinerari d’Arte e di Storia, Napoli 2004, pp. 77, 86; Sulle orme di Paolo, a cura di E. Rascato, Aversa 2009, p. 48; C. Di Giuseppe, La lancia e il drago. Iconografia di San Giorgio in Ducenta, Sant’Antimo 2018, pp. 54-60. 2 Furono soprattutto i lavori eseguiti per la chiesa del Gesù Vecchio a Napoli, alla metà degli anni Sessanta del XVI secolo, a fare da cassa di risonanza allo stile di Marco Pino e a decretarne l’enorme successo. Cfr. A. Zezza, Precisazioni per Marco Pino al Gesù Vecchio, in «Dialoghi di storia dell’arte», I, 1995, pp. 104-125; P. Leone de Castris, Museo Nazionale di Capodimonte. Le collezioni borboniche e postunitarie. Dipinti dal XIII al XVI secolo, Napoli 1999, pp. 190-192 (con bibliografia); Idem, La pittura del Cinquecento 1540, cit., p. 198; A. Zezza, Marco Pino, cit., pp. 272-273 (con bibliografia). 3 Cfr. P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 154 7 cumentarie sul complesso dell’Annunziata di Aversa, cit., pp. 8-13, p. 34. Per Andrea Zezza il nostro pittore fu probabilmente l’autore dei cherubini dipinti innanzi al «quadro della Madonna nell’altare maggiore» dell’Annunziata. Nella platea dell’Annunziata l’autore del piccolo intervento pittorico è indicato come «Gio. Batta Giuliano» (Archivio Storico Comunale di Aversa [d’ora in poi ASCA], Platea dell’Annunziata di Aversa (parte I), anno 1591, c. 202v). Zezza ha proposto di correggere il nome in «Gio. Batta Graziano», dal momento che quest’ultimo fu attivo in chiesa (A. Zezza, Ferrante Maglione e Marco Pino, cit., pp. 81, 84 nota 15). Durante le mie ricerche d’archivio, ho però rinvenuto diverse menzioni di membri della famiglia Giuliano impegnati in modesti lavori d’intaglio nelle chiese aversane; non è quindi possibile escludere che a questa famiglia di artigiani bene introdotti nell’ambiente ecclesiastico locale appartenesse anche un pittore, ovvero l’ancora indefinito Giovan Battista Giuliano citato nella platea dell’Annunziata. Si veda A. Zezza, Marco Pino, cit., pp. 193, 253 nota 3, 261 scheda A. 4 (con bibliografia di riferimento a cui si rimanda; per le citazioni nella bibliografia locale, ai testi riferiti da Zezza, si aggiunga F. Allegro, Aversa Sacra. L’Annunziata, cit., p. 11). Precisiamo che altre due tavole, un tempo nella chiesa dell’Annunziata di Aversa, vanno sicuramente messe in relazione con la presenza di Marco Pino in città. La prima è la Presentazione della Vergine Maria al tempio, forse pala d’altare della cappella cinquecentesca intitolata alla Purificazione della Beata Vergine Maria, un tempo di proprietà di Leonardo Pagliuca (ASCA, Platea dell’Annunziata di Aversa (parte I), anno 1556 (libro sign. N3, f. 105), c. 167v; cfr. P. Improda, Novità documentarie sul complesso dell’Annunziata di Aversa, cit., pp. 16-17). Il dipinto è stato attribuito a Marco Pino da P. Leone de Castris, La pittura del Cinquecento a Napoli 1540, cit., p. 208, mentre A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 262, lo ha considerato opera della bottega del senese della prima metà degli anni Settanta, «superiore ai tanti quadri ‘pineschi’ lasciati dal pittore locale Giovan Battista Graziano». Per i riferimenti alla bibliografia locale si veda A. Cecere, Guida di Aversa, cit., p. 143 (attribuisce il dipinto a Marco Pino e alla sua bottega); F. Pezzella, Joannes Bapt. Gratianus De Aversa faciebat!, cit., pp. 37-38 (lo riferisce ai modi di Giovan Battista Graziano). La tavola è attualmente a Caserta, nei depositi della Soprintendenza Archeologica delle Arti e Paesaggio (d’ora in poi SABAP) per le province di Caserta e Benevento. In assenza della firma e di notizie documentarie, la scarsa leggibilità dovuta al precario stato di conservazione non consente di affermare con certezza se il dipinto sia un’opera autografa di Marco Pino o se sia stata eseguita da un pittore del suo entourage. Attualmente è impossibile visionare direttamente l’opera e bisogna accontentarsi di una vecchia riproduzione fotografica (allegato AFS31 28095 della scheda OA 1500046201 della SABAP di Caserta). Il secondo dipinto dell’Annunziata di Aversa ispirato alla maniera di Marco Pino è un’Immacolata Concezione (tempera su tavola, cm 210x130), proveniente dall’altare della sagrestia della chiesa. La Vergine Maria vi è raffigurata secondo l’iconografia consueta, circondata dai suoi simboli identificati da cartigli con iscrizioni dorate (si veda la scheda OA 1500046136 e la foto del dipinto allegata AFS81 45840 presso la SABAP di Caserta). Attribuita a un pittore manierista della seconda metà del Cinquecento, la tavola fu segnalata dal Parente, che la riferì al pittore Pietro Russo; cfr. G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 76. Nel 1997 l’opera si trovava in deposito a Caserta e risultava in pessimo stato di conservazione, con gravi lacune e cadute di colore, tanto che la scritta presente al centro della parte bassa del dipinto risultava non decifrabile. Le opere di Marco Pino presenti ad Aversa furono decisive non solo per la formazione di Giovan Battista Graziano, ma anche per altri artisti locali. Qui accenniamo brevemente alla figura di Giacomo Andrea Donzelli, un pittore non ancora considerato dalla critica, autore del dipinto raffigurante Santo Stefano papa in adorazione della SS. Trinità, opera firmata e datata «Cle[ricu] Jacobus Andreas / Donzellus aversan[us] faciebat / 1578». Un’errata lettura della data portò lo storico locale Gaetano Parente a considerarla un’opera di metà Quattrocento (G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 484). In questo dipinto, da immaginare al centro di una più articolata ornamentazione non sopravvissuta («icona in medio depicta cum effigie Crucifixi et Sancti Stefani Papae»; Archivio Storico Diocesano di Aversa (d’ora in poi ASDA), Fondo Visite Pastorali, Santa Visita del Vescovo Filippo Spinelli, 19 giugno 1607, c. 27r), oltre agli elementi desunti dalla pittura polidoresca, assorbita per tramite dell’influenza locale di Marco Cardisco e di Pietro Negroni, sono evidenti i prelievi formali dalle opere di Marco Pino, in particolare dalla Madonna col Bambino in gloria con San Lorenzo e Sant’Ignazio di Antiochia nella chiesa del Gesù vecchio e dal dipinto con Cristo in croce adorato da due santi (già a Londra, presso Sotheby’s). La carriera e l’attività del Donzelli non sono altrimenti conosciute e la tavola della cattedrale è finora un unicum. Un documento da me ritrovato riporta che il 27 marzo 1577 Donzelli fu pagato per aver dipinto un’immagine della Vergine Maria sull’ingresso della chiesa delle monache benedettine di San Biagio ad Aversa («Die 27 marzo 1577 liberato al pittore clerico Jacobo Andrea Doncelli pittore ducati quattro per la mercede della pittura per essa fatta per pingere la santissima immagine della gloriosissima e santissima Vergine Maria di sopra l’entrata dell’ecclesia e per la pittura delle arme di Sanctu Blasio e del nostro primo vescovo. Ducati 4 / Item liberato cinq. carlini per far le spese»; Biblioteca del monastero di San Biagio ad Aversa, Libro di exito, 1577, c. 394v). L’affresco è andato perduto. Infine, in un'altra carta inedita risulta che il pittore aversano firmò e datò nel 1586 la pala con le Stimmate di San Francesco nella cappella dedicata al santo di Assisi all’interno della chiesa di Santa Sofia a Giugliano (ASDA, Fondo Visite Pastorali, Santa Visita del Vescovo Carlo Carafa, 22 luglio 1621, 241r). Anche di questo dipinto non rimane più traccia. 8 San Giorgio martire è la chiesa parrocchiale di Ducenta (fino all’ultimo dopoguerra Trentola e Ducenta erano due comuni distinti) e fu costruita nel XVI secolo nel luogo dove già esisteva una cappella trecentesca. Sulla parete sinistra della navata è collocato il monumento marmoreo di Ferdinando (Ferrante) Folgore, primo marchese di Ducenta, eretto nel 1629 dal nipote Biagio. Nel secolo XVI la famiglia Folgore era aggregata al patriziato aversano e alla nobiltà napoletana fuori Seggio (cfr. F. Germani Storia di Trentola Ducenta, cit., pp. 27-40; G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 485 nota 1). Il rapporto di committenza intercorso tra la nobile famiglia e Graziano fu una costante della carriera del pittore aversano, come vedremo più avanti. 9 La corretta lettura della data apposta sul dipinto è riportata da F. Germani, Storia di Trentola Ducenta, cit., p.17 e da C. Di Giuseppe, La lancia e il drago, cit., p. 56. G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 485 nota 1, riportò l’errata lettura «1579» e fu seguito dalla bibliografia successiva (R. Vitale, La prima chiesa normanna, cit., p. 57; Idem, 155 Dizionarietto biografico, cit., p. 20; F. Pezzella, Joannes Bapt. Gratians de Aversa faciebat!, cit., p. 35; A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 341). 10 «Ycona lignea cum columnis ligneis deauratis cum effigie Sancti Georgii cum dracone pugnantis, desuper adest historia epiphaniae» (ASDA, Fondo Visite Pastorali, Santa Visita del Vescovo Pietro Orsini, 2 dicembre 1597, c. 268v), «Adest umbella desuper tabernaculis et icona ipsa» (Santa Visita del Vescovo Carafa cit., 14 maggio 1621, c. 13v). Purtroppo, l’originaria struttura lignea con colonne dorate è stata sostituita da quella oggi visibile, di epoca tardobarocca. Nell’ultimo decennio del XX secolo è stata rimossa la tela raffigurante un cielo solcato da nuvole e irradiato dalla luce divina che era stata aggiunta sul dipinto centrale per adattarlo alla cornice: di conseguenza il riquadro centrale della ‘cona’ appare oggi antiesteticamente vuoto per metà. Le relazioni pastorali forniscono altre notizie interessanti sulla chiesa: è annotata la presenza di un tabernacolo dipinto e dorato posto sull’altare maggiore ed è descritta la distribuzione degli altari laterali, tra cui ricordiamo quello del Rosario, con sopra la tavola raffigurante la Madonna del Rosario (con santi ed intorno i misteri del Rosario), e quello della Circoncisione, con la tavola di corrispondente soggetto, con l’effige di San Nicola ed ai suoi piedi il ritratto di Giulio Martino, rettore della cappella e probabile committente dell’opera. ASDA, Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 2 dicembre 1597, cc. 268r-269v; Santa Visita del Vescovo Carafa, cit., 1621, cc. 14v-16r. 11 A suo tempo il Parente lesse sul dipinto la firma del pittore e la riportò in nota nel suo volume quando riferì di Giovan Battista Graziano: «Ci gode l’animo di poter annoverare fra gli aversani artisti cotesto Graziano, essendomi per avventura imbattuto a leggere il suo nome sotto il quadro titolare della chiesa di s. Giorgio in Ducenta ex feudo de’ marchesi Fulgore, con questa particolarità: Jo. Bapt. Gratianus de Avsa. pixit [sic] 1579»; G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 485); L. Santagata, Storia di Aversa, cit., p. 1299; R. Vitale, La prima chiesa normanna, cit., p. 57; Idem, Dizionarietto biografico, cit., p. 20. L’opera è stata considerata anche da Franco Pezzella, che è però caduto in errore nel momento in cui ha scritto che la lunetta con l’Adorazione dei magi è opera del 1507 di Protasio Crivelli (F. Pezzella, Joannes Bapt. Gratianus De Aversa faciebat!, cit., p. 35), svista ripetuta in F. Germani, Storia di Trentola Ducenta, cit., p. 17 e in C. Di Giuseppe, La lancia e il drago, cit., p. 55. 12 Cfr. A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 341 (immagine del disegno di Haarlem a p. 345). 13 Si veda S. Letizia, Notizie della Chiesa Parrocchiale di Soccivo cogl’inventari di tutt’i beni così mobili, come stabili della detta Chiesa, e Sacrestia, e di tutte le Cappelle e Congregazioni, ms., Succivo 1759-1766, ed. cons. a cura di B. D’Errico, F. Pezzella, Frattamaggiore 2003. Da notizie d’archivio inedite veniamo a sapere che il dipinto era provvisto di una incorniciatura lignea dorata e di un baldacchino di tela. Nella parte centrale del secondo ordine era presente una Visitazione: «Icona est in ornamento ligneo deaurato in ligno et cum imagine Trasfigurationis D. N. Jesu xsti / Desuper est umbella ex tela rubri coloris, in medio est depicta historia Visitationis B.M.V»; ASDA, Santa Visita del Vescovo Carafa, cit., 1621, c. 91r. 14 Questa affermazione è priva di qualsiasi riscontro. D’altra parte, è stato giustamente sostenuto che Fabrizio Santafede dové svolgere il suo alunnato a Napoli presso la bottega di Marco Pino, dal quale prese alcune idee e alcuni modelli compositivi rintracciabili in particolare nelle sue opere giovanili (si veda G. Previtali, La «Cona dell’Altare Grande» della Cattedrale di Matera e la giovinezza di Fabrizio Santafede, in Scritti in onore di Ottavio Morisani, a cura di A. Ficarra, Catania 1982, pp. 293-301; N. Barbone Pugliese, La ‘Madonna del Suffragio’, cit., pp. 56-70; P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1573, cit., pp. 26, 30 note 37-38, 261; Idem, Pittura del Cinquecento a Napoli 1540, cit., pp. 208-210; F. Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale. Il Cinquecento, III, Roma 2001, pp. 232-233; A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 249). Una prova concreta di tale formazione è stata individuata proprio ad Aversa, nella tavola raffigurante l’Adorazione dei Magi (fig. 2) collocata sull’altare della prima cappella destra della chiesa di San Biagio (G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 110, riferì l’opera a Cesare da Sesto; l’attribuzione a Santafede è invece di P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1540, cit., p. 210). La mano di Santafede vi si rivela chiaramente influenzata dalla matrice tardo manierista del maestro senese, soprattutto nell’uso insistito di ombre dense per dare risalto alla muscolatura dei personaggi. Tuttavia, appare chiaro come in questo dipinto la pennellata risulti priva della ‘furia’ del maestro e sia contrassegnata da una più marcata geometria compositiva. 15 S. Letizia, Notizie della Chiesa Parrocchiale di Soccivo, cit., c. 52r. 16 Il patronato della nobile famiglia (de) Fulgore, o Folgore, è testimoniato dagli stemmi scolpiti ai lati dell’altare della cappella. ASDA, Fondo Visite Pastorali, Santa Visita del Vescovo Baldovino de’ Baldovinis, 16 dicembre 1559, c. 14v; Santa Visita del Vescovo Giorgio Manzòlo, 9 giugno 1584, c. 35v (37v); Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 15 gennaio 1597, cc. 86v-87r; Santa Visita del Vescovo Spinelli, cit., 18 giugno 1611, c. 75v. In quest’ultima carta è specificato che la cappella apparteneva di diritto a Mario e Geronimo, eredi del defunto Carlo Folgore «de origine Pedemontane Regionis». 17 Le parole che si leggono alla base del dipinto sono la traduzione latina del dialogo tra i due santi riportato dallo pseudoDionigi l’Areopagita nell’Epistola ad Timoteum de morte beatorum apostolorum Petri et Pauli e da Jacopo da Varagine nella Legenda Aurea. 18 ASDA, Santa Visita del Vescovo Manzòlo, cit., 9 giugno 1584, c. 35v (37v); Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 15 gennaio 1597, c. 86v; Santa Visita del Vescovo Spinelli, cit., 18 giugno 1611, c. 75v. Al tempo della visita del vescovo de’ Baldovinis non ancora era stata realizzata la pala d’altare, ma esistevano le figure dipinte dei Santi Pietro e Paolo, che si volle rifare e rinnovare. ASDA, Santa Visita del Vescovo de’ Baldovinis, cit., 16 dicembre 1559, c. 14v. 19 «Icona decens cum effigibus sancta Mariae Virginis et SS. Petri et Pauli aliis figuris et Baldacchino supra dicto altare»; ASDA, Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 15 gennaio 1597, c. 86v. 20 ASDA, Santa Visita del Vescovo Manzòlo, cit., 9 giugno 1584, c. 35v (37v); Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 15 gennaio 1597, c. 86v. 21 G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 485. 22 Ivi, p. 485; La Cattedrale nella Storia di Aversa, cit., p. 52; L. Santagata, Storia di Aversa, cit., p. 1299; P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1573, cit., p. 28; Idem, Pittura del Cinquecento a Napoli 1540, cit., p. 210, p. 232 nota 61; Itinerari aversani, cit., p. 110; F. Pezzella, Joannes Bapt. Gratianus De Aversa faciebat!, cit., pp. 41-42; L. Moscia, 156 Aversa. Tra vie, piazze, cit., p.155; A. Cecere, Guida di Aversa, cit., p. 54; A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 310; A. Cecere, Magna anima Aversae Civitatis, cit., Napoli 2004, p.77; Sulle orme di Paolo, cit., p. 48. 23 Cfr. P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1540, cit., p. 232 nota 61; A. Zezza, Marco Pino, cit., pp. 310-311 scheda B.20 (con bibliografia di riferimento); Furti d’arte. Il patrimonio artistico napoletano, lo scempio e la speranza, 1981-1994, cat. mostra, Napoli 1994-1995, a cura di I. Maietta, A. Schiattarella, Napoli 1994, p. 46 (fig. 253). 24 La Visitazione della Beata Vergine Maria, dipinta a olio su tavola di pioppo, è stata esposta alla XLI Mostra Mercato Nazionale d’Antiquariato Città di Pennabilli (Rimini) del 2012. Su quest’opera, di provenienza ignota, non sono riuscita a reperire altre informazioni. Va però sottolineato che Graziano dipinse questo soggetto anche nella pala della Trasfigurazione per l’altare maggiore della chiesa di Succivo (vedi supra nota 13). 25 Sul dipinto romano si veda E. Borea, Grazia e furia, cit., p. 27, p. 53 (ill.); G. Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli, cit., pp. 53-54; P. Leone de Castris, Marco Pino: il ventennio oscuro, cit., 84-85, p. 71; Idem, Pittura del Cinquecento a Napoli 1540, cit., p. 185; A. Zezza, Tra Perin del Vaga e Daniele da Volterra: alcune proposte, e qualche conferma, per Marco Pino a Roma, in «Prospettiva» 1994, 73-74, pp. 144147; Idem, Marco Pino cit., p. 45, p. 131 (ill.), p. 279 scheda A.72 (con bibliografia). 26 L’opera, che nell’Ottocento risultava in pessimo stato di conservazione, è stata restaurata ed è a attualmente a Caserta, nei depositi SABAP per le province di Caserta e Benevento. 27 G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 75, non vide la firma del pittore e riportò un’attribuzione del dipinto a Marco Pino: «Una Circoncisione. Bella tavola creduta del Marco Pino, ma in deplorabile stato». Vedi inoltre: L. Moscia. Aversa. Tra vie, piazze, cit., pp. 53-54 (lo riferisce a Marco Pino); Itinerari Aversani, cit., p. 54 (dipinto in «deplorevole stato»); A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 329 (lo attribuisce a Giovan Battista Graziano). 28 G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., p. 111, riferì la tavola alla scuola di Marco Pino e la considerò opera di un tale Andrea Russo, un pittore di cui ancora non si conosce nulla. È stato invece P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1540, cit., p. 232 nota 61, a riferire come possibile opera del Graziano la Pentecoste di San Biagio insieme ad una Crocifissione in collezione privata a Napoli. 29 Una Pentecoste di Marco Pino è conservata nel Museo di Capodimonte. L’opera probabilmente fu realizzata nei tardi anni Sessanta-inizio anni Settanta del XVI secolo (cfr. P. Leone de Castris, Museo Nazionale di Capodimonte, cit., p. 193, con bibliografia). Secondo le fonti, un’altra Pentecoste era custodita nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli ed un’altra ancora si trovava forse nella chiesa dei Santi Severino e Sossio. Inoltre, esiste una fotografia di una tavola in collezione privata riferita al senese che può essere accostata al dipinto di Aversa. Sulla fotografia, in passato in possesso di Giovanni Previtali, si veda A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 286, scheda A.109 (foto a p. 307). 30 Sulla quale vedi A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 265 (con bibliografia). Qui si precisa che tra le molte copie della fortunata tavola del duomo di Napoli, si conserva nella sagrestia della chiesa di San Biagio ad Aversa una piccola e rovinata tela (cm 100x70 circa) che riprende il nucleo centrale del dipinto napoletano. Questa teletta è stata citata da Zezza (p. 265) – forse troppo severamente – come opera di «ignoti imbrattatele». 31 La chiesa di Santa Maria dei Dodici Apostoli, anche conosciuta come chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, è una delle più antiche dell’area solofrana. Cfr. F. Guacci, Solofra nell’arte, cit., pp.109-110. Sul dipinto è da ricordare anche l’intervento di P. Leone de Castris alla giornata di studi Salvalarte: Solofra aperta al Turismo (Solofra, 14 aprile 2013) organizzata da CSV ed Associazione ATM Solofra. 32 La data non è più leggibile sul dipinto, ma fu riportata accanto alla firma del pittore da F. Guacci, Solofra nell’arte, cit., p. 110. Per errore Franco Pezzella ha identificato la Madonna di Costantinopoli firmata dal Graziano in un altro dipinto, la Madonna del Carmine con le anime del Purgatorio visibile sull’altare laterale a sinistra dell’ingresso alla chiesa (F. Pezzella, Joannes Bapt. Gratianus De Aversa faciebat!, cit., p. 37). 33 Nella cimasa (cm 90x240) i volti dei Santi Pietro e Paolo rispecchiano di profilo quelli dei due santi realizzati dal Graziano nella pala d’altare della cappella dei Fulgore nella cattedrale di Aversa. 34 Per la connessione tra D’Amato e Graziano in merito alla pala di Solofra, si vedano i dipinti dell’ottavo-inizio nono secolo del pittore di Maiori, ed inoltre la si confronti con la Madonna col Bambino ed i Santi Francesco d’Assisi e di Paola nell’Eremo della Consolazione, in Calabria. 35 Si veda Itinerari aversani, cit., p. 111; P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1573, cit., p. 28; L. Moscia, Aversa. Tra vie, piazze, cit., pp. 167-168; A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 313; A. Cecere, Magna anima Aversae, cit., p. 86. Gaetano Parente vide l’opera e la giudicò di qualche pregio, ma stranamente non lesse la firma e la data sul dipinto e riferì la tavola al pittore Francesco Curia (G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 484). 36 P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1573, cit., pp. 27-28; Zezza cita il dipinto aversano nella scheda dedicata al Martirio di Santa Caterina della chiesa romana di Santa Caterina dei Funari, opera forse derivata da un prototipo perduto del senese, o forse proprio dipinta da Marco Pino (cfr. A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 313, scheda B.53 con bibliografia). 37 Cfr. M.S. Bolzoni, L’ultimo Salviati (1559-1563), in L’autunno della Maniera. Studi sulla pittura del tardo Cinquecento a Roma, a cura di M. Corso, A. Ulisse, Roma 2018, pp. 64-65; per l’incisione di Cartaro si veda anche A. Cattaneo, Mario Cartaro: catalogo delle incisioni (II parte), in «Grafica d’arte», 42, 2000, cat. 36, p. 14; ivi, cat. 37 è mostrata un’altra incisione di Cartaro, raffigurante sempre il Martirio di Santa Caterina e datata 1567, che presenta però una versione semplificata limitata alla santa e a poche figure di contorno. 38 Cfr. M.S. Bolzoni, Tre nuovi disegni di Livio Agresti per Santa Caterina dei Funari, in «Paragone. Arte», 61, 2010, p. 42. 39 Cfr. P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1573, cit., pp. 28, 30 nota 36, 154. 40 Ivi, pp. 193-195, 240 nota 12. 41 Per la stampa si veda almeno F.W.H. Hollstein, Dutch and Flemish Etchings, Engravings and Woodcuts, Amsterdam 1954-2010, XXXII, cat. 8, p. 138. 42 Il dipinto è citato e illustrato in A. Cucciniello, Restituta iuvant. Opere d’arte restaurate. Qualche anticipazione. Atripalda, Dogana dei Grani, in «Bollettino della Soprintendenza BAPPSAE di Salerno e Avellino», 2005, pp. 256-257, fig. 1. 43 La cappella era retta dalla confraternita di Santa Caterina, 157 detta anche dei funari (L. Santagata, La confraternita dei funari, in «Consuetudini aversane», X, 1996-1997, 37-38, pp.18-25). 44 «In qua cappella invenit ycona satis ornata cum figura Sanctae Catherinae, et figuris eius martiriis, et aliis figuris depictis, que ycona erat ornata columnis, et aliis ornamentis ligneis deuratis circumcirca desuper et subtus, et habebat telam nigram antea pro arcenda pulver, et antea aderat lampa(da)rius triangulare ligneus deauratus, cum lampade, et tintin(n)abulum parvum que pulsatur in elevatione Sanctissimi Sacramenti» ASDA, Santa Visita del Vescovo Manzòlo, cit., 12 luglio 1584, c. 48r (50r); cfr. una simile descrizione, ma meno dettagliata, in Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 16 gennaio 1597, c. 91v; Santa Visita del Vescovo Spinelli, 20 giugno 1607, c. 33v; anno 1611, c. 85r. 45 ASDA, Santa Visita del Vescovo Manzòlo, cit., 1584, c. 49v (51v). 46 Ibidem: «et in super faciant aptare mantum figure dive Caterine adeiut cohoperiatur tutum ventrem dicte figura». 47 La ‘censura’ del vescovo tramite la richiesta di rendere più castigato il mantello della santa non è cosa di poco conto all’indomani della chiusura del Concilio tridentino, considerando che Manzòlo, di nobile famiglia bolognese, era nipote per parte di madre del cardinale Gabriele Paleotti, celebre per il suo Discorso intorno alle immagini sacre e profane, Bologna 1582 (sul Manzòlo cfr. L. Orabona, Religiosità meridionale del Cinque e Seicento. Vescovi e società in Aversa tra Riforma cattolica e Controriforma, Napoli 2003, pp. 38-42). Tengo a precisare che nel 1584 Manzòlo impose in termini imperativi alcuni e mirati interventi sulla pala che vide nella cappella («faciant adaptare ycona» riferito alla carpenteria; «faciant aptare mantum» al dipinto); pertanto, a mio parere, alla luce della nuova documentazione qui riportata sul dipinto, non ci sono ragioni concrete per credere che il Martirio di Santa Caterina descritto nella visita pastorale del Manzòlo fosse un’altra tavola, diversa da quella firmata nel 1589 da Graziano. 48 Archivio di Stato di Caserta (d’ora in poi ASCe), Fondo Protocolli, Notai antichi, Giovan Ferdinando Ristaldo, 1009, 1581, c. 347r/v. 49 Sul Portello si rimanda a P. Improda, Novità sulla pittura napoletana del Cinquecento: Giovan Lorenzo Firello di Afragola autore del martirio di san Biagio in Aversa, in «Napoli nobilissima», VII s., LXXVI, V, 2019, 2, pp. 33, 40-41, 43 nota 16. 50 La tavola col Martirio di Santa Caterina misura cm 180x130 circa e doveva far parte di una macchina assai più grande, di oltre 6 metri di altezza, corrispondenti ai 23 palmi riferiti nel contratto. 51 ASCe, Notaio Giovan Ferdinando Ristaldo cit., c. 347r-v. La notizia è stata trascritta da Lucia Giorgi nel saggio Artisti e maestranze operanti in complessi religiosi di Aversa tra Cinquecento e Seicento, in «Archivio Storico di Terra di Lavoro», XXII, 2008-2009, p. 184. 52 ASDA, Santa Visita del Vescovo Manzòlo, cit., 6 settembre 1584, cc. 49v-50r (51v-52r). Alla visita era presente il diacono Carlo Compagnone di Aversa, il quale riferì che la cappella era di patronato della famiglia Dragonetti. 53 ASDA, Santa Visita del Vescovo Manzòlo, cit., 6 settembre 1584, c. 50r (52r). 54 ASDA, Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 13 gennaio 1597, c. 79r. 55 ASDA, Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., anno 1597, c.79r; Santa Visita del Vescovo Spinelli, cit., 7 giugno 1611, c. 62r. 56 «Da Gio. Batta Graziano pittore si fe’ il quadro della Pietà allo Spedale, e se gli diedero ducati 22» (ASCA, Platea dell’Annunziata di Aversa (parte I), anno 1589-1590, c. 201v). Nella carta della platea si legge «In libro anni 1589 e 1590 fol. 109 per mano di detto Gio. Batta ducati 4.2 per due annate, incontravi al quadro di S. Gio. Batta, che ha fatto» (ASCA, Platea dell’Annunziata di Aversa (parte III), anni 1564-1601, c. 271r). Ad una prima lettura sembrerebbe che nel 1589-90 il pittore abbia eseguito un dipinto raffigurante San Giovanni Battista. Tuttavia, l’espressione «quadro di S. Gio. Batta., che ha fatto» può essere meglio intesa come ‘quadro di sopradetto Giovanni Battista’ (Graziano, citato al verso precedente della carta). Infatti, il termine ‘sopraddetto’ è spesso reso nella platea con le abbreviazioni «sopr.°» oppure «S.». Quest’ultima lettura è da preferire perché meglio si accorda con quanto è scritto nella platea a proposito del dipinto della Pietà eseguito in quegli stessi anni per il complesso aversano. Per di più non si ha traccia materiale di un San Giovanni Battista dipinto dal pittore per l’Annunziata, né è stato mai citato dagli storici locali. A quest’ultimo riguardo si consideri che solo la Pietà ha avuto qualche menzione (si veda R. Vitale, La prima chiesa normanna in Italia, cit., p. 57; Idem, Dizionarietto biografico, cit., p. 20; L. Santagata, Storia di Aversa, cit., p. 1299). 57 Si vedano, per esempio, la Pietà realizzata per la chiesa romana di Santa Maria in Ara Coeli, la Pietà del Museo civico di Cosenza e un disegno in collezione privata a Napoli. Per questi dipinti si rimanda a E. Borea, Grazia e furia, cit., pp. 44, 51 nota 42; P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli. 1540, cit., p. 217; Zezza, Marco Pino, cit., p. 170, p. 262 scheda A. 10; p. 279 scheda A.71. 58 «Donazione di Pietro Angelo Bortone Aromatario di un censo alla cappella della Santissima Concezione./Con istromento de 2 settembre 1565 per mano di notaio Cesare Sellitto nostro cancelliero, messer Pietro Angelo Bortone aromatario donò e cede un censo di ducati 2 e grana 1 alla cappella de ipso Messer Petro Angelo costrutta dentro la ecclesia sub invocazione Conceptionis; l’istesso annuo censo di ducati 2.1.10, che si pagava ad esso Messer Petro Angelo da Bartolomeo Graziano per istromento di notaio Giovan Domenico de Condestabile d’Aversa del 25 settembre 1562 sopra una casa con orticello, possede esso Bartolomeo, sita dentro la città d’Aversa ubi dicitur ad Mercato Vecchio, iusta li beni di Parise de Nardello, e iusta le mura della città, e la via Vicinale, colla podestà d’affrancare./Con condizione che detti Santissimi economi e futuri fussero tenuti in ogni mese, nel dì di Lunedì, durante la vita d’esso Pietro Angelo far celebrare una messa cantata del Spirito Santo e poi sua morte ogni mese nel dì di Lunedì una messa cantata di requie (…) In libro anni 1566 e 67 fol. 13r paga detto Bartolomeo, e segue negli anni appresso ut in libro anni 1572 e 73 fol. 128. In libro anni 1574 e 1575 fol. 116 a dì 18 ottobre 1575 paga Giovan Battista figlio del suddetto, in appresso dovea 1.2.4 ut in libro anni 1580 - 1581 fol. 126 e paga d. 6 a conto detto Bartolomeo. In libro anni 1589 e 90 fol. 109 per mano di detto Giovan Battista d. 4 e gr. 2 per due annate incontravi al quadro di S. Giovan Battista, che ha fatto; negli anni appresso pagato acconto in ogn’uno d’essi, ma in libro anni paga Antonio Graziano figlio, e salda anni 1600 e 1601 fol. 79 (…)» (ASCA, Platea dell’Annunziata di Aversa (parte III), 1564/66-1601 (libro sign. V3 f.136), c. 271r). Si può ritenere che al tempo del saldo della casa da parte di Antonio Graziano il pittore fosse ormai vecchio o addirittura defunto. 158 59 60 Dal 1602 fino al 1604 il censo fu pagato dagli eredi di Bartolomeo, tra cui Lucrezia, vedova di Vincenzo Graziano. La casa fu comprata nel 1604 da Vincenzo della Trinità e dal 1612 da Nunzio Magnello o Mandello. Gli eredi Mandello, tra cui figura nel 1648 il vescovo di Termoli Carlo Mandello, pagarono fino al 1688, anno in cui la casa fu ad usufrutto dell’Annunziata che l’affittò per più annate fino a quando nel 1711 non la comprò un tale Francesco da Napoli. Nel 1718 la casa passò a Sebastiano Soriero, documentato fino al 1742 nel pagamento del censo (ASCA, Platea dell’Annunziata di Aversa (parte III), anni 1600-1745 (libro sign. V3 f.136), cc. 271v-272v). Si ha notizia di due pronipoti del pittore nati nel primo quarto del XVIII: nella parrocchia dei Santi Filippo e Giacomo ad Aversa furono battezzati Nicola Angelo Graziano, il 12 agosto 1721, e la sorella Maria Angela, il 12 marzo 1723, figli legittimi di Domenico Graziano, a sua volta figlio di Antonio Graziano e della consorte Vittoria; Aversa, chiesa della Madonna di Casaluce (attuale sede della parrocchia dei Santi Filippo e Giacomo), Libro dei Battesimi, anni 1660-1724, cc. 179r, 190r. La zona oggi si presenta come un’insula delimitata da via Roma, via Cavour, piazza Vittorio Emanuele e via Garibaldi. Nel marzo 1553 un Giovan Battista Graziano fu ammesso alla Compagnia di Gesù, ove ricoprì ruoli sempre più importanti ed a contatto con noti pittori del suo tempo; si rimanda a G. Filangieri di Satriano, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle province napoletane, Napoli 1883- 1891, ed. cons. Napoli 2002, IV, pp. 11-12; VI, p. 289, pp. 468-469; M. Scaduto, Catalogo dei Gesuiti d’Italia. 15401565, Roma 1968, p. 69; F. Divenuto, Napoli l’Europa e la compagnia di Gesù nella cronica di Francesco Araldo, Napoli 1998, pp. 56-57; A. Zezza, Marco Pino, cit., pp. 365-366; S. De Mieri, Girolamo Imperato nella pittura napoletana del ‘500 e‘600, Napoli 2009, pp. 331-332. Sull’identità dei due Graziano specifichiamo che per un gesuita, come per qualsiasi altro membro del clero, vige il celibato. È dunque più che ragionevole tenere distinte le due figure, pur tenendo in considerazione l’elevato tasso di abbandono dei membri della compagnia anche dopo diversi anni di militanza (sul tema cfr. J.W. O’ Malley, The first Jesuits, USA 1993, pp. 5762 e A. Prosperi, La vocazione. Storie di gesuiti tra Cinquecento e Seicento, Torino 2016, pp. 224-225). 61 È il caso del pittore aversano Girolamo Cardillo, pressappoco contemporaneo di Giovan Battista Graziano, che ricoprì la carica di abate in età avanzata. Con tale qualifica Cardillo firmò il polittico della Natività sull’altare maggiore della chiesa di Santo Spirito a Sant’Antimo. Ugualmente, in una carta notarile del 1568, è citato l’«abbas Hieronimo de Cardillis» come testimone al contratto stipulato tra l’intagliatore Sebastiano Caputo ed i governatori dell’Annunziata per la realizzazione della cona magna della chiesa; ASCe, Fondo Protocolli, Notai antichi, Paolo Magisio, 618, 1568-1569, cc. 97r-100r. Si rimanda a P. Improda, Novità documentarie, cit., pp. 22-42. 159 Finito di stampare nel mese di dicembre 2020 3/2020 Nuova serie In questo numero contributi di Gian Giotto Borrelli, Claudia Cerroni, Andrea Improta, Maria Rosaria Marchionibus, Adrian S. Hoch, Pierluigi Leone de Castris, Paola Improda, Luigi Coiro, Luigi Abetti, Antonio Nardelli, Federica De Rosa, Olga Scotto di Vettimo, Maria Adelaide Cuozzo Armando Lamberti, Italia Caradonna Euro 40,00 ISSN 1721-6745 ISBN 978 88 31983 549