rivista annuale - numero 3 - anno III - dicembre 2020
c
onfronto
Studi e ricerche di storia dell’arte europea
3/2020
Nuova serie
ep
editori paparo
c
onfronto
Studi e ricerche
di storia dell’arte europea
3/2 020
Nuova serie
ep
editori paparo
Dipartimento di Scienze Umane
Confronto
Studi e ricerche di storia dell’arte europea
Numero 3 - Anno III nuova serie
Dicembre 2020
rivista fondata da
Ferdinando Bologna
Direttore
Pierluigi Leone de Castris
Comitato scientifico e dei garanti
Gian Giotto Borrelli
Caroline Bruzelius
Maria Calì
Stefano Causa
Rosanna Cioffi
Joseph Connors
Federico De Melis
Daniela del Pesco
Stefano Gallo
Francesco Gandolfo
Riccardo Lattuada
Pierluigi Leone de Castris
Tania Michalsky
Riccardo Naldi
Antonello Negri
Alessandra Perriccioli
Marinetta Picone Petrusa
Giovanni Romano †
Sebastian Schütze
Jesús Urrea
Carmela Vargas
Stefania Zuliani
Comitato di redazione
Luigi Coiro
Mariadelaide Cuozzo
Stefano De Mieri
Antonio Denunzio
Federica De Rosa
Teresa D’Urso
Gianluca Forgione
Maria Rosaria Marchionibus
Augusto Russo
Elisabetta Scirocco
Ornella Scognamiglio
Antonella Trotta
Isabella Valente
Segreteria di redazione
Serenella Greco (coordinamento)
Luigi Abetti, Giulio Brevetti
Italia Caradonna, Maria Grazia Gargiulo
Armando Lamberti
Referenze Fotografiche
Avellino, Diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia, p. 126
Avellino, Olivo Scibelli, pp. 122-123
Aversa, Giuseppe Panza, pp. 130, 142-145, 148, 150, 153
Aversa, Alessandra Ruberti, pp. 84-90, 224-225
Caserta, Soprintendenza ABAP per le province di Caserta e Benevento, p. 147
Como, Biblioteca del Seminario, p. 78
Firenze, Archivio Alinari, pp. 34, 42
Firenze, Agata Chrzanowska, pp. 105, 109
Fondi, © Light on the Studio, p. 116
Francoforte, © Städel Museum – ARTOTHEK, p. 121
L’Aquila, Luca Benedetti, p. 71
L’Aquila, Biblioteca Salvatore Tommasi, p. 62
L’Aquila, Francesco Cardarelli, pp. 64, 66, 68, 70
L’Aquila, SABAP per la città dell’Aquila e i Comuni del Cratere, p. 72
Maddaloni, Italia Caradonna, pp. 116, 127-128, 130, 133
Marigliano, Marco Casciello, pp. 114, 119, 121, 172, 177, 179-180, 182, 184
Napoli, Archivio Gian Giotto Borrelli, p. 51
Napoli, Archivio di Stato, pp. 171, 181
Napoli, Archivio Parisio, pp. 43
Napoli, Biblioteca Nazionale di Napoli “Vittorio Emanuele III”, pp.76, 78
Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte, p. 129
Napoli, Gennaro Piezzo, p. 168
Napoli, Raffaele Staiti, pp. 171, 181
Napoli, Soprintendenza ABAP per il Comune di Napoli, pp. 107, 125, 152
Napoli, Università degli studi Suor Orsola Benincasa, Fondazione Pagliara, pp. 212,
215-220
Napoli, Massimo Velo, p. 48
New York, Metropolitan Museum of art, p. 152
Nola, Antonia Solpietro, pp. 120-121
Parigi, Bibliothèque Nationale de France, Dèpartement des Estampes et Photographie, pp. 78, 100, 104
Parigi, IRTH (Institut de recherche et d’historie des textes), p. 77
Salerno, Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno, pp. 150-152
Salerno, Soprintendenza ABAP per le provincie di Salerno e Avellino, pp. 135
Torino, Musei Reali – Galleria Sabauda, p. 125
Valladolid, Museo Nacional de Escultura, pp.160, 163 n, p. 169
Traduzioni
Barbara Angelini
Progetto grafico
editori paparo
© 2020 editori paparo srl - Roma
via Boezio 4C - 00193 Roma
editori@editoripaparo.com
Euro 40,00
ISSN 1721-6745
ISBN 978 88 31983 549
Castello dei Landriani
Beni Culturali
Vidigulfo - Pavia
Sommario
5
Il rifacimento settecentesco nella chiesa di Santa Chiara a Napoli
Raffaele Mormone (da Studi in onore di Riccardo Filangieri, Napoli 1959, III, pp. 85-103)
35
Aggiunte alla veste settecentesca della chiesa di Santa Chiara a Napoli
Gian Giotto Borrelli
59
L’ambone duecentesco di San Paolo ad Peltuinum presso Prata d’Ansidonia
Claudia Cerroni
75
Da Bologna a Napoli: il ms. VII.AA.8 della Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III”
Andrea Improta
83
Gli affreschi di San Salvatore piccolo a Capua: una testimonianza bizantina in terra angioina
Maria Rosaria Marchionibus
101
The Misfortune of Two Angevin Infants Tombs in Santa Chiara, Naples and an Overlooked
Drawing for Aubin-Louis Millin
Adrian S. Hoch
115
Alla ricerca di Antonello del Perrino
Pierluigi Leone de Castris
143
Giovan Battista Graziano: considerazioni e novità documentarie su un pittore aversano seguace
di Marco Pino
Paola Improda
161
Aniello Stellato a Hearst Castle: il busto reliquiario del Battista già in collezione Las Almenas
Luigi Coiro
169
La riconfigurazione settecentesca della chiesa dell’Annunziata di Giugliano
Luigi Abetti, Antonio Nardelli
191
«tutt’altro che per amore d’elogi e di difese». Pagine su Raffaello a Napoli in anni di guerra,
tra storici dell’arte, artisti e critici militanti
Federica De Rosa
205
L’opera come processo: riflessioni sull’arte nell’era della meta-tecnologia
Olga Scotto di Vettimo
Recensioni
213
Tra realtà e rêverie: Pietro Scoppetta, un ‘italiano di Parigi’ nella Napoli della Belle époque
Mariadelaide Cuozzo
223
Recensione a Maria Rosaria Marchionibus, Campania picta. Temi colti e schemi desueti
negli affreschi tra i secoli VIII e XII
Armando Lamberti
229
Recensione a Stefano L’Occaso, La pittura a Mantova nel Quattrocento
Italia Caradonna
234
Abstract
237
Indice dei nomi
142
Giovan Battista Graziano: considerazioni e novità documentarie
su un pittore aversano seguace di Marco Pino
Paola Improda
L’influenza della maniera serpentinata di Marco
Pino fu determinante per la formazione di Giovan
Battista Graziano, pittore ‘regnicolo’ attivo nell’ultimo quarto del XVI secolo. È per questo motivo
che la sua personalità artistica è stata studiata fino
ad oggi quasi esclusivamente in relazione all’attività
meridionale del celebre maestro senese1. D’altra
parte, il livello qualitativo abbastanza sostenuto
delle sue opere certe, tutte collocate in provincia,
ad Aversa – sua città natale – e dintorni, e a Solofra,
nell’avellinese, non può non indurre a considerare
il ‘minore’ Graziano con più attenzione.
Allo stato attuale delle ricerche, non abbiamo
notizie d’archivio che ne attestino l’effettiva frequentazione della bottega di Marco Pino, il che ci
obbliga a supporre che la sua evidente opzione piniana sia dovuta allo studio diretto dei lavori eseguiti
dal maestro senese per Aversa e per la vicinissima
capitale del Regno, e verosimilmente alla conoscenza delle stampe tratte delle sue opere più note
che godettero di un’ampia circolazione2.
La bottega napoletana di Marco Pino dopo il soggiorno romano del maestro nel biennio 1568-1570
aveva assunto le caratteristiche di una vera e propria
gestione imprenditoriale, ordinata a fronteggiare una
domanda sempre in crescita da parte di committenti
sia privati sia ecclesiastici, i quali spesso facevano
esplicita richiesta al senese di copie di quei suoi dipinti
che più incontravano l’apprezzamento degli intenditori d’arte. Si intensificò, di conseguenza, una produzione seriale di tavole devozionali, talune realizzate
dallo stesso Marco Pino con l’aiuto degli allievi, altre
eseguite dai suoi collaboratori su suoi disegni3. Il
grande successo commerciale del maestro senese, dovuto sia alla sua eccellenza di artista sia alle sue capacità imprenditoriali, fece sì che molti pittori – e tra
essi Giovan Battista Graziano – anche se spesso estranei alla sua bottega si diedero a imitarne lo stile e, su
esplicita richiesta della committenza, trassero copie
dalle sue più celebri e fortunate composizioni4.
D’altra parte, bisogna dire che Graziano non aveva
necessità di spostarsi a Napoli per conoscere le opere
dell’artista senese. Infatti, Marco Pino in persona si
fermò ad Aversa, nell’estate del 15705, per lasciarvi la
monumentale Deposizione di Cristo dalla croce della
chiesa dell’Annunziata6. La tavola, firmata in basso
al centro «Marcus de Pino / Senensis faciebat /
MDLXXI», è esemplare del manierismo maturo del
pittore. La linea serpentinata, il ritmo del disegno, il
contrasto dei colori, la grazia e la furia del movimento
rendono la scena notevolmente dinamica. L’unità
compositiva, che si propaga da una figura all’altra, è
generata dal moto frenetico dei corpi brulicanti che
affollano la scena intorno al centro drammatico del
Cristo deposto dalla croce7 (fig. 1).
Il corpus pittorico di Giovan Battista Graziano
è costituito da opere realizzate nel periodo compreso tra gli anni Settanta e gli anni Novanta del
XVI secolo. Le opere che sono giunte fino a noi, o
che sono note in fotografia o solo documentate,
derivano, come si è già detto, nella maggior parte
dei casi da prototipi iconografici di Marco Pino,
testimoniando la prolungata fortuna dei disegni e
delle incisioni tratte dalle opere del senese presso
la generazione artistica a cui appartenne Graziano.
La produzione degli anni Settanta si caratterizza
soprattutto per il disegno marcato, per i toni cromatici bruciati e per l’accentuata definizione plastica
delle figure, dotate di possente muscolatura e avvitate secondo i canoni della pittura serpentinata. Le
opere degli anni successivi presentano composizioni
altrettanto espressive e dinamiche, ma allo stesso
tempo coniugano le formule tardo-manieriste piniane con una decisa inclinazione verso una resa
pittorica più controllata e armoniosa, in omaggio
alla comprensibilità devota dell’arte sacra gradita
alla Riforma cattolica.
La prima opera certa di Giovan Battista Graziano
risale al 1573. Si tratta della pala d’altare della chiesa
di San Giorgio martire a Trentola Ducenta8, costituita
143
A pag. 142:
1. Marco Pino, Deposizione di
Cristo dalla croce. Aversa
(CE), chiesa dell’Annunziata.
2. Fabrizio Santafede (attr.),
Adorazione dei Magi. Aversa
(CE), chiesa di San Biagio.
3. Giovan Battista Graziano,
Adorazione dei Magi.
Ducenta (CE), chiesa di San
Giorgio Martire, cimasa
della pala dell’altare
maggiore.
4. Giovan Battista Graziano,
San Giorgio uccide il drago.
Ducenta (CE), chiesa di San
Giorgio Martire, dipinto
centrale della pala dell’altare
maggiore.
5. Giovan Battista Graziano,
Incontro tra i Santi Pietro e
Paolo. Aversa (CE),
cattedrale di San Paolo.
dal dipinto raffigurante San Giorgio e il drago (fig.
4) e dalla soprastante lunetta con l’Adorazione dei
Magi (fig. 3). La tavola principale, infatti, è firmata e
datata sulla pietra dipinta in basso a destra: «Jo. [annes] Bapt. Gratianus de Av[er]sa pinxit 1573»9.
Nella visita pastorale del vescovo Pietro Orsini del
1597 e in quella compiuta dal vescovo Carlo I Carafa
nel 1621 è descritta la pala d’altare così come si presentava in quegli anni, costituita da una struttura lignea
– con colonne, cornici dorate e baldacchino – che racchiudeva la tavola raffigurante San Giorgio che combatte
il drago e il soprastante riquadro con la scena dell’Epifania10. I due dipinti sono scarsamente noti alla critica11.
Andrea Zezza ha citato la tavola principale della pala
di Ducenta in merito a un disegno del Teylers Museum
di Haarlem raffigurante San Giorgio e il drago, che per
le forzature in senso dinamico ed espressivo tipiche di
Marco Pino può derivare, così come la tavola di Ducenta, da un modello sconosciuto del senese12. Al momento, in mancanza di altre notizie, possiamo solo
supporre che il San Giorgio e il drago di Giovan Battista
Graziano sia una rielaborazione di un probabile dipinto
perduto di Marco Pino.
È purtroppo dispersa la Trasfigurazione eseguita
nel 1574 per l’altare maggiore dell’omonima chiesa
di Succivo. Secondo un manoscritto del 176613 la tavola presentava l’iconografia consueta, raffigurando
Gesù trasfigurato tra i profeti Mosè ed Elia sul monte
144
145
Tabor, alla presenza di San Pietro, San Giacomo e
San Giovanni; in alto era dipinto Dio Padre.
Una preziosa annotazione, inserita a posteriori
nel manoscritto in margine alla descrizione della
tavola, fornisce le informazioni più interessanti: «fu
fatto detto quadro dell’altar maggior nel 1574 da
Gianbattista Graziano aversano, siccome sta notato
al basso di detto quadro; e si crede, che il detto pittore fusse stato discepolo del celebre pittore Francesco [Fabrizio] S.[anta] Fede14, poiché nell’immagine di San Pietro e dei profeti che sono assai
belli, vi è l’aria di questo pittore; e non si vede nel
Santissimo Salvatore e nei due altri Apostoli, perché
anni addietro furono ritoccati e guastati»15.
Qualche anno dopo Graziano realizzò il primo
dei suoi due dipinti collocati nella cattedrale di Aversa.
Si tratta della pala d’altare della cappella intitolata ai
Santi Pietro e Paolo, appartenente alla famiglia Fulgore16. Il dipinto, raffigurante l’Incontro tra i Santi
Pietro e Paolo (fig. 5), è firmato e datato 1577, come
si legge alla base della tavola nelle due tabelle che
riportano il commosso dialogo avvenuto secondo
la tradizione tra San Pietro e San Paolo prima che i
due apostoli fossero condotti al martirio: a sinistra
«Vade in pace predi/cator, bonorum / mediator, et
dux / salutis iustor[um]»; a destra «Pax tecu[m] fundame[n]tu[m] / ecclesiarum / pastor ovium et /
agnoru[m] XPI17; 1577 / Jo.[hanne] bapt[ist]a gratianus faciebat Anno d[omi]ni» (la firma del pittore è
lungo il bordo inferiore della tabella destra; fig. 13).
Nelle carte delle visite pastorali si legge che la
cappella era delimitata da un cancello ligneo (non
più esistente) oltrepassato il quale vi era l’altare dedicato ai due santi apostoli con l’«ycona cum imaginibus Sancti Petri et Pauli, beatae Mariae Virginis
et alijs figuris»18, sormontata da un baldacchino
oggi assente19. Nelle stesse carte è menzionata la
lapide marmorea tuttora murata nella parete della
cappella, con il breve di papa Gregorio XIII con
cui nel 1579 fu concesso il privilegio della liberazione delle anime del Purgatorio per ogni messa
celebrata presso quell’altare20.
Lo storico locale Gaetano Parente ricorda l’Incontro tra i Santi Pietro e Paolo in questa cappella,
aggiungendo che il dipinto fu restaurato nel 185321.
Nella tavola si scorgono elementi chiaramente de-
146
6. Marco Pino, Visitazione
della Beata Vergine Maria.
Roma, chiesa di Santo
Spirito in Sassia
7. Giovan Battista Graziano,
Visitazione della Beata
Vergine Maria. Courtesy
Antichità Franco
Brancaccio.
8. Giovan Battista Graziano,
Circoncisione di Gesù. Caserta,
deposito SABAP per le
province di Caserta e
Benevento, dalla chiesa
dell'Annunziata di Aversa.
9. Marco Pino, Circoncisione
di Gesù. Napoli, chiesa di
San Francesco di Paola,
deposito dalla chiesa del
Gesù Vecchio.
rivati dalla maniera di Marco Pino, rintracciabili
nella monumentalità dei due santi corpulenti in
primo piano, dai busti ritorti, avvolti in tessuti
dalle tinte sgargianti, nelle figure esili e movimentate degli angeli che circondano la Madonna e il
Bambino nella parte superiore del dipinto, nelle
pose avvitate dei soldati romani sullo sfondo22.
Forse il prototipo piniano a cui si rifece il Graziano
si trovava un tempo in Santa Maria Maggiore a
Napoli. Dell’originale, oltre alla variante presente
nella cattedrale di Aversa, si conoscono altre repliche nella chiesa dei Girolamini a Napoli, ad
Arienzo, a Piano di Sorrento e a Sant’Antimo23.
La Visitazione della Beata Vergine Maria di Antichità Franco Brancaccio è firmata e datata 1578.
Non segnalata dalla critica, ha le dimensioni di una
pala d’altare (cm 285x180), e probabilmente in origine era provvista di una ricca carpenteria lignea24.
È evidente in essa il rifarsi da parte del Graziano al
dipinto di identico soggetto realizzato da Marco Pino
a Roma per la chiesa di Santo Spirito in Sassia, opera
che secondo le fonti fu la prima ad essere realizzata
dal senese al suo arrivo nell’Urbe, nel 154525. In entrambi i dipinti la possente struttura architettonica
fa da sfondo alla scena scandita in profondità dai
personaggi che poggiano su di una pavimentazione
accentuatamente prospettica (figg. 6-7).
Per la chiesa dell’Annunziata di Aversa Giovan
Battista Graziano realizzò la tavola raffigurante la
Circoncisione di Gesù (fig. 8), fino a qualche decennio fa sull’altare della seconda cappella sinistra
della chiesa26. Il dipinto è firmato «Io[an]nes [Baptis]ta Gratia[nus fac]iebat», in basso a destra; l’iscrizione, seppure frammentaria, restituisce indiscutibilmente l’opera al nostro artista27.
147
Per la sua realizzazione Graziano seguì palesemente il noto prototipo piniano, dipinto per la
chiesa del Gesù Vecchio a Napoli (fig. 9). La Circoncisione di Aversa (cm 220x180 circa) si distingue
dalla tavola napoletana per la resa di alcune figure
e per la diversità di alcuni dettagli architettonici,
ma ne condivide l’affollata composizione costruita
virtuosisticamente sulle due diagonali segnate dal
colonnato in prospettiva. L’opera va datata verosimilmente agli ultimi anni dell’ottavo decennio del
XVI secolo, per la vicinanza stilistica alle tavole
realizzate dal pittore in quello stretto arco di anni.
148
10. Giovan Battista Graziano
(attr.), Pentecoste. Aversa (CE),
chiesa di San Biagio.
11. Marco Pino, Incredulità
di San Tommaso. Napoli,
duomo.
In particolare, alcuni personaggi della Circoncisione
riflettono le pose e gli atteggiamenti delle figure
presenti nella Visitazione della Beata Vergine Maria
del 1578 (fig. 7).
È databile nei primi anni Ottanta la Pentecoste
collocata sull’altare della prima cappella a sinistra
nella chiesa di San Biagio ad Aversa (fig. 10)28. Indubbiamente l’opera si rifà per ragioni formali ed
iconografiche ai dipinti di Marco Pino, in particolare a quelli di medesimo soggetto29, nell’affollata
articolazione della scena costruita in profondità e
nella forte tensione plastica determinata dai panneggi dei personaggi. Si veda, ad esempio, come la
solida corposità delle figure avvolte nei panneggi
vibranti e scultorei richiami quella dei soggetti dipinti dal senese nell’Incredulità di San Tommaso,
opera realizzata per la cappella Teodori nel duomo
di Napoli30 (fig. 11).
Otto anni dopo la Visitazione della Beata Vergine
Maria del 1578 Giovan Battista Graziano firmava e
datava il dipinto posto sull’altare maggiore della chiesa
dei Dodici Apostoli31 di Solofra, nell’avellinese. Si
tratta di una tavola dipinta a tempera (cm 310x240)
con cornice lignea intagliata e dorata, raffigurante la
Madonna di Costantinopoli tra i Santi Francesco d’Assisi e Antonio di Padova (fig. 16), firmata in basso a
destra «Abbas Johan[n]es / Bap[tis]ta [Gratianus]
de / Aversa f[ecit]» e datata 1586 (fig. 12)32. Il dipinto
è provvisto di una cimasa con raffigurato Dio Padre
tra gli angeli, nel mezzo, ed ai lati i volti di San
Pietro e di San Paolo identificabili dai loro attributi
(fig. 15)33. Oltre al linguaggio piniano, particolarmente riconoscibile nella parte alta del dipinto e
della cimasa, la pala guarda alla pittura riformata
della seconda metà del XVI secolo, mostrandosi
sia in debito verso la pittura più devota e realistica
di Silvestro Buono sia in consonanza con lo stile
degli esordi di Giovann’Angelo D’Amato nelle secchezze disegnative e nella piacevolezza del colore34.
È datato 1589 il secondo dipinto realizzato da
Giovan Battista Graziano per la cattedrale di
Aversa: la tavola col Martirio di Santa Caterina (fig.
19), collocata sull’altare della prima cappella a sinistra. La data «1589» è ben visibile, aggiunta alla
firma del pittore su un frammento della ruota dentata dipinto in primo piano («Joannes Bap[tis]ta
gratianus De Aversa faciebat. /Anno D[omi]ni
1589»35; fig. 14). Il linguaggio narrativo, ritmato armoniosamente dalle contrapposte contorsioni delle
figure di derivazione piniana, vi raggiunge un effetto
particolarmente felice, collocando l’opera tra i risultati più alti della produzione del pittore. Al centro della composizione è raffigurata la santa, in ginocchio dinanzi alla ruota dentata fatta a pezzi dagli
angeli, circondata da soldati feriti o atterriti. In secondo piano, su una balconata, l’imperatore Massenzio e la sua corte assistono sbalorditi alla scena.
149
12. Giovan Battista Graziano,
Madonna di Costantinopoli tra
i Santi Francesco d’Assisi e
Antonio da Padova,
particolare. Solofra (AV),
chiesa dei Dodici Apostoli.
13. Giovan Battista
Graziano, Incontro tra i Santi
Pietro e Paolo, particolare.
Aversa (CE), cattedrale di San
Paolo.
In alto, precedendo la schiera delle anime dei giusti,
Cristo aspetta a braccia aperte Caterina per porgerle
la corona simbolo del martirio. Agli angoli superiori
della scena, due angeli brandiscono le spade con
cui hanno appena compiuto il miracolo.
Anche questa composizione, una delle più dinamiche e complesse tra quelle autografe di Graziano, è molto verosimilmente legata ad un prototipo di Marco Pino36. L’archetipo piniano – un
dipinto o un disegno sicuramente noto alla folta
bottega del senese – doveva presentare notevoli
consonanze con le invenzioni sul tema emerse nel
progetto di decorazione della cappella Cesi nella
chiesa romana di Santa Caterina dei Funari, messe
in relazione da Marco Simone Bolzoni con l’incisione di Mario Cartaro datata 1563 e tratta da Francesco Salviati37 e con quella di Giovanni Battista
Cavalieri datata 1565 e tratta da Livio Agresti38.
Prove tangibili della fortuna del prototipo di Marco
Pino, affine a questi archetipi, sono rintracciabili
nel Martirio di Santa Caterina realizzato da Giovann’Angelo D’Amato per la chiesa di San Domenico Maggiore di Napoli (fig. 17)39, opera che presenta uno schema compositivo quasi sovrapponibile
a quello usato da Giovan Battista Graziano, nonché
nell’opera di Belisario Corenzio per la cattedrale di
Teano40, nella stampa di Gijsbert van Veen datata
1588 (fig. 18) e tratta da un’invenzione di Bernardino Passeri41, nella tela in San Vito a Forio d’Ischia
15. Giovan Battista Graziano,
Dio padre tra i Santi Pietro e
Paolo. Solofra (AV), chiesa dei
Dodici Apostoli, cimasa della
pala dell’altare maggiore.
16. Giovan Battista Graziano,
Madonna di Costantinopoli tra
i Santi Francesco e Antonio di
Padova. Solofra (AV), chiesa
dei Dodici Apostoli.
14. Giovan Battista Graziano,
Martirio di Santa Caterina
d’Alessandria, particolare.
Aversa (CE), cattedrale di San
Paolo.
e nella tavola della chiesa di Santa Caterina Vergine
e Martire a Lapio (AV)42.
Tornando al Martirio di Santa Caterina della cattedrale di Aversa, si pubblicano qui per la prima
volta alcuni documenti che la riguardano.
Secondo la visita pastorale compiuta dal vescovo
Giorgio Manzòlo il 12 luglio 1584, in quell’anno
nella cappella di Santa Caterina dei funari43 era già
presente un dipinto raffigurante il martirio della
santa, inserito all’interno di una ricca macchina lignea
intagliata e dorata, con colonne divisorie e altri ornamenti intorno, oggi perduta, munita di un panno
di tela a protezione dalla polvere44. Nel corso della
visita il vescovo ordinò agli economi della confraternita di apportare delle migliorie alla cappella. Fu infatti stabilito che fosse costruita una cancellata di legno intorno all’altare, che si realizzasse un altare
portatile e almeno una croce lignea dipinta, che si
incerasse la finestra aperta sulla destra della cappella;
infine, che si riparasse la parte inferiore della pala
d’altare un po’ danneggiata dai tarli («aliquantulum
depravata a tineis»)45 e, cosa più importante, si ampliasse il mantello della santa per meglio celarne il
ventre, evidentemente scoperto in misura considerata
150
151
poco consona alla dignità della santa e del luogo46.
La lettura della relazione della visita pastorale del
vescovo Giorgio Manzòlo suscita inevitabilmente degli interrogativi, nel momento in cui attesta la presenza di un dipinto col Martirio di Santa Caterina
sull’altare della cappella già nell’anno 1584, laddove
il dipinto di Graziano riporta una data posteriore di
un lustro. Due sono allora le possibili spiegazioni di
questa incongruenza: la prima è che il Martirio di
Santa Caterina documentato nel 1584, non necessariamente opera di Graziano, sia stato sostituito dal
dipinto del 1589 che è arrivato fino a noi; la seconda
possibilità, che risulta più condivisibile, è che la data
1589 vada piuttosto riferita all’anno in cui Graziano
provvide a modificare una tavola da lui stesso dipinta
molti anni prima, dando una veste più castigata alla
santa, in ottemperanza alle indicazioni del vescovo
che intendeva applicare i principi di decoro e convenienza dettati dal Concilio di Trento47.
Un’altra circostanza farebbe propendere per
l’ipotesi appena prospettata. Esiste, infatti, un documento del 30 gennaio 1581 in cui la ‘cona’ della
17. Giovann’Angelo D’Amato,
Martirio di Santa Caterina
d’Alessandria. Napoli, chiesa
di San Domenico Maggiore.
18. Gijsbert van Veen,
Martirio di Santa Caterina
d’Alessandria (da Bernardino
Passeri). New York,
Metropolitan Museum of Art.
19. Giovan Battista Graziano,
Martirio di Santa Caterina
d’Alessandria. Aversa (CE),
cattedrale di San Paolo.
cappella di Santa Caterina viene citata come modello per un’altra pala d’altare, oggi dispersa, che
Graziano si impegnava a realizzare per la cappella
del canonico Onofrio Dragonetti, ancora nella cattedrale di Aversa48.
Il 30 gennaio 1581, infatti, il canonico appena
citato commissionò all’intagliatore Marco Antonio
Portello49 una ‘cona’ lignea (di pioppo con intagli
di tiglio) disegnata da Graziano – e quindi verosimilmente destinata a contenere un suo dipinto –,
prendendo a modello anche nelle dimensioni («23
palmi»)50 la ‘cona’ del Martirio di Santa Caterina51.
La cappella Dragonetti era intitolata alla Purificazione della Vergine Maria ed era stata fondata
152
il 9 novembre 1574 con l’assenso del vescovo Baldovino de’ Baldovinis 52 . Il 6 settembre 1584,
giorno della visita pastorale del vescovo Manzòlo,
la cappella era ancora sprovvista della ‘cona’ d’altare, che tuttavia risultava già commissionata dal
canonico Onofrio Dragonetti, insieme al sepolcro
marmoreo da realizzare in memoria del padre Antonio, il tutto al prezzo di 300 ducati. Sulla tavola
si doveva dipingere la scena della Purificazione di
Maria, iconografia meglio conosciuta come Presentazione di Gesù al tempio, a cui andavano aggiunte le figure di San Bartolomeo e Sant’Antonio
di Padova53.
Nella visita pastorale del vescovo Pietro Orsini
del 13 gennaio 159754 e in quella compiuta dal vescovo Filippo Spinelli nel 1611 la pala d’altare è
descritta con le seguenti parole: «ycona satis nobili
ornamento decorata et optima manu depicta cum
historia Purificationis Beatae Maria Virginis et in
pede effigiebus Sancti Bartolomei Apostoli et Sancti
Antonij de Padua cuius iconae ornamentae lignae
deauratae existunt arte elaborata et cum columnis
doricis deauratis, cum cornicibus, capitellis, aliis
superioribus pictures Dei Patriis in medio et Beatae
Mariae et Gabrielis Angeli sine inde et cum insignis
eiusdem familiae de Dragonettis»55.
La ‘cona’ Dragonetti era dunque provvista di
un’elaborata struttura lignea dorata, con colonne e
capitelli dorici, sicuramente quella stessa che abbiamo visto essere stata commissionata a Marco
Antonio Portello su disegno di Graziano. Purtroppo, il dipinto è attualmente disperso; non è
stato citato neanche dal Parente, segno che l’opera
non era più in cattedrale già nell’Ottocento.
Infine, dalle carte d’archivio sappiamo che nel
1589-1590 il Graziano dipinse una Pietà56 per il
complesso dell’Annunziata. Dell’opera si sono purtroppo perse le tracce, ma possiamo immaginarla
non troppo dissimile da una delle tante Pietà commissionate a Marco Pino ed eseguite a Roma e nella
sua bottega napoletana57.
Alla luce di quanto fin qui discusso, in cui si è
provato a mettere ordine nel corpus del pittore, rivisto in conto di nuove acquisizioni documentarie
e ampliato con una nuova opera firmata e datata,
la figura di Giovan Battista Graziano appare meno
sfuggente. La rilettura critica delle sue opere porta
a inserirlo a buon diritto, insieme ai più volte citati
Fabrizio Santafede e Giovann’Angelo D’Amato,
nella generazione di pittori regnicoli che, pur con
esiti qualitativi differenti, risposero nell’ottavo e nel
nono decennio del XVI secolo alle richieste della
committenza artistica più avvertita mitigando la furia espressiva delle formule manieriste importate
nel meridione da Marco Pino con una convinta
adesione alle istanze devozionali promosse dalla riforma cattolica tridentina.
Per meglio delineare la biografia del pittore
risulta infine utile riportare alcune notizie d’archivio inedite.
Giovan Battista Graziano risiedeva con la sua
famiglia ad Aversa, nell’area denominata ‘del Mercato Vecchio’ e la sua abitazione, seppur modesta,
non mancava di un orticello. La casa era in affitto e
il relativo censo veniva pagato a Pietro Angelo Bortone, uno speziale. Ad assumersene l’incombenza
fu il padre dell’artista, Bartolomeo, dal 1562 al
1573, poi lo stesso Giovan Battista negli anni 15741590, infine suo figlio Antonio dal 1591 al 160158.
La casa dei Graziano doveva trovarsi sul lato orientale dell’attuale via Roma (la via Nova realizzata nel
153
XIV secolo dagli angioini), in una zona che all’epoca
era adiacente alle mura della città, accanto alla Porta
del Mercato Vecchio59. La circostanza che Aversa
fosse la città d’origine della famiglia Graziano trova
conferma anche nell’abitudine del pittore di aggiungere il toponimo «de Aversa» alle firme apposte
sui dipinti eseguiti per la città e per i territori confinanti e dell’entroterra campano.
Abbiamo notizia anche di una curiosa omonimia: un gesuita nato a Napoli nel 1531 e defunto
nel 1591 aveva lo stesso nome del nostro pittore. Il
nostro Graziano, però, era un laico, avendo una famiglia e almeno un figlio60. È vero che nella tavola
di Solofra (figg. 12, 16) Graziano antepone il titolo
di «abbas» al suo nome, ma la carica di abate non
è inconsueta in ambito artistico. Si conoscono molti
altri casi di artisti che, giunti a un’età avanzata e
volendo dedicarsi ad una vita ascetica, da laici ottennero questa onorificenza e furono autorizzati a
vestire l’abito ecclesiastico61.
Note
1540, cit., p. 208; A. Zezza, Marco Pino, cit., pp. 195-196; P.
Leone de Castris, Marco Pino: due disegni del tempo romano,
un quadro estremo e un polittico in ‘provincia’, in «Napoli
nobilissima», VI s., X, 2009, 5-6, p. 163.
4
L’uso di disegni e di stampe tratte da invenzioni del senese testimonia il successo e la risonanza dei prototipi piniani presso
la committenza, da cui derivò la diffusa richiesta di repliche.
A riguardo ricordiamo le tante repliche esistenti della Circoncisione del Gesù Vecchio (tra le più note, la Circoncisione di
Fabrizio Santafede in San Domenico a Taranto e quella di Girolamo Imperato nella chiesa del Gesù di Nola), del Crocifisso
di Grottaglie (sulla fortuna dell’opera si rimanda al recente
contributo di F. Parrilla, Marco Pino, Cristo vivo sulla croce,
Ariccia (RM) 2020, pp. 1-16), dell’Incredulità di San Tommaso
del Duomo, del San Michele in Sant’Angelo a Nilo, dell’Adorazione dei magi dei Santi Severino e Sossio, così come le
opere derivate da composizioni oggi perdute. Cfr. E. Borea,
Grazia e furia in Marco Pino, in «Paragone», 1962, 151, pp.
34-35; G. Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli e nel
vicereame, Torino 1978, pp. 78-79 nota 6, 80 nota 12; N. Barbone Pugliese, La ‘Madonna del Suffragio’ di Sant’Antonio a
Manduria e gli inizi di Fabrizio Santafede, in «Prospettiva»,
1987, 50, pp. 60, 64; P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1573, cit., pp. 27-28; Idem, Marco Pino: il ventennio oscuro, in «Bollettino d’arte» 1994, 84-85, pp. 76-77,
85 nota 30; Idem, Pittura dei Cinquecento a Napoli 1540, cit.,
pp. 185-232; A. Zezza, Marco Pino, cit., pp. 120, 123, 161,
175 nota 1, 265-67, 271-274, 248-249, 265; S. De Mieri, Dirk
Hendricksz Centen: aggiunte e considerazioni (con qualche notizia su Marco Pino e Giovann’Andrea Magliulo), in Arte e storia. Studi per Maria Calì, a cura di S. De Mieri, in «Confronto»,
2009-2011, 14-17, pp. 152-153.
5
Cfr. A. Zezza, Ferrante Maglione e Marco Pino, cit., p. 86 e
il saggio di appunti e note documentarie di P. Improda,
Novità documentarie sul complesso dell’Annunziata di Aversa
nei secoli XVI-XVIII, in «Rivista di Terra di Lavoro. Bollettino
dell’Archivio di Stato di Caserta», XIII, 2018, 2, p. 34 (doc.
1.7), con trascrizione completa delle annotazioni a margine
nella platea, ossia la chiosa del testo e il riferimento ai volumi
manoscritti da cui hanno attinto i compilatori della platea.
6
Per approfondire tutte le vicende inerenti alla realizzazione
della ‘cona’ della chiesa dell’Annunziata si veda A. Zezza,
Ferrante Maglione e Marco Pino, cit., pp. 77-88; Idem, Marco
Pino, cit., pp. 161, 261 scheda A.4, pp. 357-359. Si veda
anche L. Gaeta, S. De Mieri, Intagliatori, incisori, scultori,
sodalizi e società nella Napoli dei viceré: ritorno all’Annunziata,
Galatina, 2015, p. 43, pp. 191-192 e P. Improda, Novità do-
1
Sulla figura di Graziano si veda: G. Parente, Origini e vicende
ecclesiastiche della città di Aversa, II, Napoli 1857-1858, ed.
cons. Aversa 1990, p. 485; R. Vitale, Dizionarietto biografico
degli uomini illustri e notevoli di Aversa, Aversa 1948, p. 20;
F. Guacci, Solofra nell’arte, Napoli 1974, p. 110; La Cattedrale
nella Storia di Aversa 1090-1990. Nove secoli d’arte, cat. mostra, Aversa, novembre-dicembre 1990, Caserta 1990, p. 52;
L. Santagata, Storia di Aversa, III, Aversa 1991, p. 1299; Itinerari Aversani, Napoli 1991-1993, pp. 110-111; P. Leone
de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1573-1606. L’ultima maniera, Napoli 1991, pp. 26, 28; R. Vitale La prima
chiesa normanna in Italia. ‘La cattedrale di Aversa’, in «Consuetudini aversane», 1992, 19-20, p. 57; P. Leone de Castris,
Pittura del Cinquecento a Napoli 1540-1573. Fasto e devozione, Napoli 1996, pp. 210, 232 nota 61; F. Pezzella, “Joannes
Bapt. Gratianus De Aversa faciebat”. Avvio alla conoscenza
dell’opera di Giovan Battista Graziano, pittore aversano del
Cinquecento, in «Consuetudini aversane», X, 1996-1997, 3738, pp. 37-43 (prima parte); 39-40, pp. 35-40 (seconda parte);
L. Moscia, Aversa. Tra vie, piazze e chiese, Napoli-Roma
1997, p. 155; A. Cecere, Guida di Aversa: in quattro itinerari
e due parti, Aversa 1997, p. 54; A. Zezza, Ferrante Maglione
e Marco Pino: una rilettura dei documenti per l’altare maggiore
dell’Annunziata di Aversa, in «Bollettino d’arte», VI s., 1999,
108, pp. 81, 84; F. Allegro, Aversa Sacra: guida alle chiese
della città, Il Duomo (seconda parte), Parete-Aversa 2001, p.
9; F. Germani, Storia di Trentola Ducenta narrata a più voci,
Benevento 2001, pp. 15, 17; A. Zezza, Marco Pino. L’opera
completa, Napoli 2003, pp. 310-311, 313, 329, 341; A. Cecere,
Magna anima Aversae Civitatis. Itinerari d’Arte e di Storia,
Napoli 2004, pp. 77, 86; Sulle orme di Paolo, a cura di E. Rascato, Aversa 2009, p. 48; C. Di Giuseppe, La lancia e il
drago. Iconografia di San Giorgio in Ducenta, Sant’Antimo
2018, pp. 54-60.
2
Furono soprattutto i lavori eseguiti per la chiesa del Gesù Vecchio a Napoli, alla metà degli anni Sessanta del XVI secolo, a
fare da cassa di risonanza allo stile di Marco Pino e a decretarne
l’enorme successo. Cfr. A. Zezza, Precisazioni per Marco Pino
al Gesù Vecchio, in «Dialoghi di storia dell’arte», I, 1995, pp.
104-125; P. Leone de Castris, Museo Nazionale di Capodimonte.
Le collezioni borboniche e postunitarie. Dipinti dal XIII al XVI
secolo, Napoli 1999, pp. 190-192 (con bibliografia); Idem, La
pittura del Cinquecento 1540, cit., p. 198; A. Zezza, Marco
Pino, cit., pp. 272-273 (con bibliografia).
3
Cfr. P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli
154
7
cumentarie sul complesso dell’Annunziata di Aversa, cit., pp.
8-13, p. 34. Per Andrea Zezza il nostro pittore fu probabilmente l’autore dei cherubini dipinti innanzi al «quadro della
Madonna nell’altare maggiore» dell’Annunziata. Nella platea
dell’Annunziata l’autore del piccolo intervento pittorico è
indicato come «Gio. Batta Giuliano» (Archivio Storico Comunale di Aversa [d’ora in poi ASCA], Platea dell’Annunziata di Aversa (parte I), anno 1591, c. 202v). Zezza ha proposto di correggere il nome in «Gio. Batta Graziano», dal
momento che quest’ultimo fu attivo in chiesa (A. Zezza, Ferrante Maglione e Marco Pino, cit., pp. 81, 84 nota 15). Durante le mie ricerche d’archivio, ho però rinvenuto diverse
menzioni di membri della famiglia Giuliano impegnati in
modesti lavori d’intaglio nelle chiese aversane; non è quindi
possibile escludere che a questa famiglia di artigiani bene
introdotti nell’ambiente ecclesiastico locale appartenesse anche un pittore, ovvero l’ancora indefinito Giovan Battista
Giuliano citato nella platea dell’Annunziata.
Si veda A. Zezza, Marco Pino, cit., pp. 193, 253 nota 3, 261
scheda A. 4 (con bibliografia di riferimento a cui si rimanda;
per le citazioni nella bibliografia locale, ai testi riferiti da
Zezza, si aggiunga F. Allegro, Aversa Sacra. L’Annunziata, cit.,
p. 11). Precisiamo che altre due tavole, un tempo nella chiesa
dell’Annunziata di Aversa, vanno sicuramente messe in relazione con la presenza di Marco Pino in città. La prima è la
Presentazione della Vergine Maria al tempio, forse pala d’altare
della cappella cinquecentesca intitolata alla Purificazione della
Beata Vergine Maria, un tempo di proprietà di Leonardo Pagliuca (ASCA, Platea dell’Annunziata di Aversa (parte I), anno
1556 (libro sign. N3, f. 105), c. 167v; cfr. P. Improda, Novità
documentarie sul complesso dell’Annunziata di Aversa, cit.,
pp. 16-17). Il dipinto è stato attribuito a Marco Pino da P.
Leone de Castris, La pittura del Cinquecento a Napoli 1540,
cit., p. 208, mentre A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 262, lo ha
considerato opera della bottega del senese della prima metà
degli anni Settanta, «superiore ai tanti quadri ‘pineschi’ lasciati
dal pittore locale Giovan Battista Graziano». Per i riferimenti
alla bibliografia locale si veda A. Cecere, Guida di Aversa,
cit., p. 143 (attribuisce il dipinto a Marco Pino e alla sua bottega); F. Pezzella, Joannes Bapt. Gratianus De Aversa faciebat!,
cit., pp. 37-38 (lo riferisce ai modi di Giovan Battista Graziano). La tavola è attualmente a Caserta, nei depositi della
Soprintendenza Archeologica delle Arti e Paesaggio (d’ora in
poi SABAP) per le province di Caserta e Benevento. In assenza
della firma e di notizie documentarie, la scarsa leggibilità dovuta al precario stato di conservazione non consente di affermare con certezza se il dipinto sia un’opera autografa di Marco
Pino o se sia stata eseguita da un pittore del suo entourage.
Attualmente è impossibile visionare direttamente l’opera e
bisogna accontentarsi di una vecchia riproduzione fotografica
(allegato AFS31 28095 della scheda OA 1500046201 della
SABAP di Caserta). Il secondo dipinto dell’Annunziata di
Aversa ispirato alla maniera di Marco Pino è un’Immacolata
Concezione (tempera su tavola, cm 210x130), proveniente
dall’altare della sagrestia della chiesa. La Vergine Maria vi è
raffigurata secondo l’iconografia consueta, circondata dai suoi
simboli identificati da cartigli con iscrizioni dorate (si veda la
scheda OA 1500046136 e la foto del dipinto allegata AFS81
45840 presso la SABAP di Caserta). Attribuita a un pittore
manierista della seconda metà del Cinquecento, la tavola fu
segnalata dal Parente, che la riferì al pittore Pietro Russo; cfr.
G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 76. Nel
1997 l’opera si trovava in deposito a Caserta e risultava in
pessimo stato di conservazione, con gravi lacune e cadute di
colore, tanto che la scritta presente al centro della parte bassa
del dipinto risultava non decifrabile. Le opere di Marco Pino
presenti ad Aversa furono decisive non solo per la formazione
di Giovan Battista Graziano, ma anche per altri artisti locali.
Qui accenniamo brevemente alla figura di Giacomo Andrea
Donzelli, un pittore non ancora considerato dalla critica, autore del dipinto raffigurante Santo Stefano papa in adorazione
della SS. Trinità, opera firmata e datata «Cle[ricu] Jacobus
Andreas / Donzellus aversan[us] faciebat / 1578». Un’errata
lettura della data portò lo storico locale Gaetano Parente a
considerarla un’opera di metà Quattrocento (G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 484). In questo dipinto,
da immaginare al centro di una più articolata ornamentazione
non sopravvissuta («icona in medio depicta cum effigie Crucifixi et Sancti Stefani Papae»; Archivio Storico Diocesano di
Aversa (d’ora in poi ASDA), Fondo Visite Pastorali, Santa
Visita del Vescovo Filippo Spinelli, 19 giugno 1607, c. 27r),
oltre agli elementi desunti dalla pittura polidoresca, assorbita
per tramite dell’influenza locale di Marco Cardisco e di Pietro
Negroni, sono evidenti i prelievi formali dalle opere di Marco
Pino, in particolare dalla Madonna col Bambino in gloria con
San Lorenzo e Sant’Ignazio di Antiochia nella chiesa del Gesù
vecchio e dal dipinto con Cristo in croce adorato da due santi
(già a Londra, presso Sotheby’s). La carriera e l’attività del
Donzelli non sono altrimenti conosciute e la tavola della cattedrale è finora un unicum. Un documento da me ritrovato
riporta che il 27 marzo 1577 Donzelli fu pagato per aver dipinto un’immagine della Vergine Maria sull’ingresso della
chiesa delle monache benedettine di San Biagio ad Aversa
(«Die 27 marzo 1577 liberato al pittore clerico Jacobo Andrea
Doncelli pittore ducati quattro per la mercede della pittura
per essa fatta per pingere la santissima immagine della gloriosissima e santissima Vergine Maria di sopra l’entrata dell’ecclesia e per la pittura delle arme di Sanctu Blasio e del nostro
primo vescovo. Ducati 4 / Item liberato cinq. carlini per far le
spese»; Biblioteca del monastero di San Biagio ad Aversa,
Libro di exito, 1577, c. 394v). L’affresco è andato perduto. Infine, in un'altra carta inedita risulta che il pittore aversano
firmò e datò nel 1586 la pala con le Stimmate di San Francesco
nella cappella dedicata al santo di Assisi all’interno della chiesa
di Santa Sofia a Giugliano (ASDA, Fondo Visite Pastorali,
Santa Visita del Vescovo Carlo Carafa, 22 luglio 1621, 241r).
Anche di questo dipinto non rimane più traccia.
8
San Giorgio martire è la chiesa parrocchiale di Ducenta (fino
all’ultimo dopoguerra Trentola e Ducenta erano due comuni
distinti) e fu costruita nel XVI secolo nel luogo dove già esisteva una cappella trecentesca. Sulla parete sinistra della navata è collocato il monumento marmoreo di Ferdinando
(Ferrante) Folgore, primo marchese di Ducenta, eretto nel
1629 dal nipote Biagio. Nel secolo XVI la famiglia Folgore
era aggregata al patriziato aversano e alla nobiltà napoletana
fuori Seggio (cfr. F. Germani Storia di Trentola Ducenta, cit.,
pp. 27-40; G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit.,
II, p. 485 nota 1). Il rapporto di committenza intercorso tra
la nobile famiglia e Graziano fu una costante della carriera
del pittore aversano, come vedremo più avanti.
9
La corretta lettura della data apposta sul dipinto è riportata
da F. Germani, Storia di Trentola Ducenta, cit., p.17 e da C.
Di Giuseppe, La lancia e il drago, cit., p. 56. G. Parente,
Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 485 nota 1, riportò
l’errata lettura «1579» e fu seguito dalla bibliografia successiva (R. Vitale, La prima chiesa normanna, cit., p. 57; Idem,
155
Dizionarietto biografico, cit., p. 20; F. Pezzella, Joannes Bapt.
Gratians de Aversa faciebat!, cit., p. 35; A. Zezza, Marco
Pino, cit., p. 341).
10
«Ycona lignea cum columnis ligneis deauratis cum effigie
Sancti Georgii cum dracone pugnantis, desuper adest historia
epiphaniae» (ASDA, Fondo Visite Pastorali, Santa Visita del
Vescovo Pietro Orsini, 2 dicembre 1597, c. 268v), «Adest
umbella desuper tabernaculis et icona ipsa» (Santa Visita
del Vescovo Carafa cit., 14 maggio 1621, c. 13v). Purtroppo,
l’originaria struttura lignea con colonne dorate è stata sostituita da quella oggi visibile, di epoca tardobarocca. Nell’ultimo decennio del XX secolo è stata rimossa la tela raffigurante un cielo solcato da nuvole e irradiato dalla luce divina
che era stata aggiunta sul dipinto centrale per adattarlo alla
cornice: di conseguenza il riquadro centrale della ‘cona’ appare oggi antiesteticamente vuoto per metà. Le relazioni pastorali forniscono altre notizie interessanti sulla chiesa: è annotata la presenza di un tabernacolo dipinto e dorato posto
sull’altare maggiore ed è descritta la distribuzione degli altari
laterali, tra cui ricordiamo quello del Rosario, con sopra la
tavola raffigurante la Madonna del Rosario (con santi ed intorno i misteri del Rosario), e quello della Circoncisione,
con la tavola di corrispondente soggetto, con l’effige di San
Nicola ed ai suoi piedi il ritratto di Giulio Martino, rettore
della cappella e probabile committente dell’opera. ASDA,
Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 2 dicembre 1597, cc.
268r-269v; Santa Visita del Vescovo Carafa, cit., 1621, cc.
14v-16r.
11
A suo tempo il Parente lesse sul dipinto la firma del pittore
e la riportò in nota nel suo volume quando riferì di Giovan
Battista Graziano: «Ci gode l’animo di poter annoverare fra
gli aversani artisti cotesto Graziano, essendomi per avventura
imbattuto a leggere il suo nome sotto il quadro titolare della
chiesa di s. Giorgio in Ducenta ex feudo de’ marchesi Fulgore, con questa particolarità: Jo. Bapt. Gratianus de Avsa.
pixit [sic] 1579»; G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche,
cit., II, p. 485); L. Santagata, Storia di Aversa, cit., p. 1299;
R. Vitale, La prima chiesa normanna, cit., p. 57; Idem, Dizionarietto biografico, cit., p. 20. L’opera è stata considerata anche da Franco Pezzella, che è però caduto in errore nel momento in cui ha scritto che la lunetta con l’Adorazione dei
magi è opera del 1507 di Protasio Crivelli (F. Pezzella, Joannes
Bapt. Gratianus De Aversa faciebat!, cit., p. 35), svista ripetuta
in F. Germani, Storia di Trentola Ducenta, cit., p. 17 e in C.
Di Giuseppe, La lancia e il drago, cit., p. 55.
12
Cfr. A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 341 (immagine del disegno
di Haarlem a p. 345).
13
Si veda S. Letizia, Notizie della Chiesa Parrocchiale di Soccivo
cogl’inventari di tutt’i beni così mobili, come stabili della detta
Chiesa, e Sacrestia, e di tutte le Cappelle e Congregazioni,
ms., Succivo 1759-1766, ed. cons. a cura di B. D’Errico, F.
Pezzella, Frattamaggiore 2003. Da notizie d’archivio inedite
veniamo a sapere che il dipinto era provvisto di una incorniciatura lignea dorata e di un baldacchino di tela. Nella parte
centrale del secondo ordine era presente una Visitazione:
«Icona est in ornamento ligneo deaurato in ligno et cum
imagine Trasfigurationis D. N. Jesu xsti / Desuper est umbella ex tela rubri coloris, in medio est depicta historia Visitationis B.M.V»; ASDA, Santa Visita del Vescovo Carafa, cit.,
1621, c. 91r.
14
Questa affermazione è priva di qualsiasi riscontro. D’altra
parte, è stato giustamente sostenuto che Fabrizio Santafede
dové svolgere il suo alunnato a Napoli presso la bottega di
Marco Pino, dal quale prese alcune idee e alcuni modelli
compositivi rintracciabili in particolare nelle sue opere giovanili (si veda G. Previtali, La «Cona dell’Altare Grande»
della Cattedrale di Matera e la giovinezza di Fabrizio Santafede,
in Scritti in onore di Ottavio Morisani, a cura di A. Ficarra,
Catania 1982, pp. 293-301; N. Barbone Pugliese, La ‘Madonna del Suffragio’, cit., pp. 56-70; P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1573, cit., pp. 26, 30 note 37-38,
261; Idem, Pittura del Cinquecento a Napoli 1540, cit., pp.
208-210; F. Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale. Il
Cinquecento, III, Roma 2001, pp. 232-233; A. Zezza, Marco
Pino, cit., p. 249). Una prova concreta di tale formazione è
stata individuata proprio ad Aversa, nella tavola raffigurante
l’Adorazione dei Magi (fig. 2) collocata sull’altare della prima
cappella destra della chiesa di San Biagio (G. Parente, Origini
e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 110, riferì l’opera a Cesare
da Sesto; l’attribuzione a Santafede è invece di P. Leone de
Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1540, cit., p. 210). La
mano di Santafede vi si rivela chiaramente influenzata dalla
matrice tardo manierista del maestro senese, soprattutto nell’uso insistito di ombre dense per dare risalto alla muscolatura
dei personaggi. Tuttavia, appare chiaro come in questo dipinto
la pennellata risulti priva della ‘furia’ del maestro e sia contrassegnata da una più marcata geometria compositiva.
15
S. Letizia, Notizie della Chiesa Parrocchiale di Soccivo, cit., c.
52r.
16
Il patronato della nobile famiglia (de) Fulgore, o Folgore, è
testimoniato dagli stemmi scolpiti ai lati dell’altare della cappella. ASDA, Fondo Visite Pastorali, Santa Visita del Vescovo
Baldovino de’ Baldovinis, 16 dicembre 1559, c. 14v; Santa
Visita del Vescovo Giorgio Manzòlo, 9 giugno 1584, c. 35v
(37v); Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 15 gennaio 1597,
cc. 86v-87r; Santa Visita del Vescovo Spinelli, cit., 18 giugno
1611, c. 75v. In quest’ultima carta è specificato che la cappella apparteneva di diritto a Mario e Geronimo, eredi del
defunto Carlo Folgore «de origine Pedemontane Regionis».
17
Le parole che si leggono alla base del dipinto sono la traduzione latina del dialogo tra i due santi riportato dallo pseudoDionigi l’Areopagita nell’Epistola ad Timoteum de morte
beatorum apostolorum Petri et Pauli e da Jacopo da Varagine
nella Legenda Aurea.
18
ASDA, Santa Visita del Vescovo Manzòlo, cit., 9 giugno 1584,
c. 35v (37v); Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 15 gennaio
1597, c. 86v; Santa Visita del Vescovo Spinelli, cit., 18 giugno
1611, c. 75v. Al tempo della visita del vescovo de’ Baldovinis
non ancora era stata realizzata la pala d’altare, ma esistevano
le figure dipinte dei Santi Pietro e Paolo, che si volle rifare e
rinnovare. ASDA, Santa Visita del Vescovo de’ Baldovinis,
cit., 16 dicembre 1559, c. 14v.
19
«Icona decens cum effigibus sancta Mariae Virginis et SS.
Petri et Pauli aliis figuris et Baldacchino supra dicto altare»;
ASDA, Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 15 gennaio 1597,
c. 86v.
20
ASDA, Santa Visita del Vescovo Manzòlo, cit., 9 giugno 1584,
c. 35v (37v); Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 15 gennaio
1597, c. 86v.
21
G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 485.
22
Ivi, p. 485; La Cattedrale nella Storia di Aversa, cit., p. 52; L.
Santagata, Storia di Aversa, cit., p. 1299; P. Leone de Castris,
Pittura del Cinquecento a Napoli 1573, cit., p. 28; Idem, Pittura del Cinquecento a Napoli 1540, cit., p. 210, p. 232 nota
61; Itinerari aversani, cit., p. 110; F. Pezzella, Joannes Bapt.
Gratianus De Aversa faciebat!, cit., pp. 41-42; L. Moscia,
156
Aversa. Tra vie, piazze, cit., p.155; A. Cecere, Guida di Aversa,
cit., p. 54; A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 310; A. Cecere, Magna anima Aversae Civitatis, cit., Napoli 2004, p.77; Sulle
orme di Paolo, cit., p. 48.
23
Cfr. P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli
1540, cit., p. 232 nota 61; A. Zezza, Marco Pino, cit., pp.
310-311 scheda B.20 (con bibliografia di riferimento); Furti
d’arte. Il patrimonio artistico napoletano, lo scempio e la speranza, 1981-1994, cat. mostra, Napoli 1994-1995, a cura di
I. Maietta, A. Schiattarella, Napoli 1994, p. 46 (fig. 253).
24
La Visitazione della Beata Vergine Maria, dipinta a olio su tavola di pioppo, è stata esposta alla XLI Mostra Mercato Nazionale d’Antiquariato Città di Pennabilli (Rimini) del 2012.
Su quest’opera, di provenienza ignota, non sono riuscita a
reperire altre informazioni. Va però sottolineato che Graziano dipinse questo soggetto anche nella pala della Trasfigurazione per l’altare maggiore della chiesa di Succivo (vedi
supra nota 13).
25
Sul dipinto romano si veda E. Borea, Grazia e furia, cit., p.
27, p. 53 (ill.); G. Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli, cit., pp. 53-54; P. Leone de Castris, Marco Pino: il ventennio oscuro, cit., 84-85, p. 71; Idem, Pittura del Cinquecento
a Napoli 1540, cit., p. 185; A. Zezza, Tra Perin del Vaga e
Daniele da Volterra: alcune proposte, e qualche conferma, per
Marco Pino a Roma, in «Prospettiva» 1994, 73-74, pp. 144147; Idem, Marco Pino cit., p. 45, p. 131 (ill.), p. 279 scheda
A.72 (con bibliografia).
26
L’opera, che nell’Ottocento risultava in pessimo stato di conservazione, è stata restaurata ed è a attualmente a Caserta,
nei depositi SABAP per le province di Caserta e Benevento.
27
G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 75,
non vide la firma del pittore e riportò un’attribuzione del
dipinto a Marco Pino: «Una Circoncisione. Bella tavola creduta del Marco Pino, ma in deplorabile stato». Vedi inoltre:
L. Moscia. Aversa. Tra vie, piazze, cit., pp. 53-54 (lo riferisce
a Marco Pino); Itinerari Aversani, cit., p. 54 (dipinto in «deplorevole stato»); A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 329 (lo attribuisce a Giovan Battista Graziano).
28
G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., p. 111, riferì
la tavola alla scuola di Marco Pino e la considerò opera di
un tale Andrea Russo, un pittore di cui ancora non si conosce
nulla. È stato invece P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1540, cit., p. 232 nota 61, a riferire come possibile opera del Graziano la Pentecoste di San Biagio insieme
ad una Crocifissione in collezione privata a Napoli.
29
Una Pentecoste di Marco Pino è conservata nel Museo di
Capodimonte. L’opera probabilmente fu realizzata nei tardi
anni Sessanta-inizio anni Settanta del XVI secolo (cfr. P.
Leone de Castris, Museo Nazionale di Capodimonte, cit., p.
193, con bibliografia). Secondo le fonti, un’altra Pentecoste
era custodita nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli ed un’altra ancora si trovava forse nella chiesa dei Santi
Severino e Sossio. Inoltre, esiste una fotografia di una tavola
in collezione privata riferita al senese che può essere accostata
al dipinto di Aversa. Sulla fotografia, in passato in possesso
di Giovanni Previtali, si veda A. Zezza, Marco Pino, cit., p.
286, scheda A.109 (foto a p. 307).
30
Sulla quale vedi A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 265 (con bibliografia). Qui si precisa che tra le molte copie della fortunata tavola del duomo di Napoli, si conserva nella sagrestia
della chiesa di San Biagio ad Aversa una piccola e rovinata
tela (cm 100x70 circa) che riprende il nucleo centrale del
dipinto napoletano. Questa teletta è stata citata da Zezza (p.
265) – forse troppo severamente – come opera di «ignoti
imbrattatele».
31
La chiesa di Santa Maria dei Dodici Apostoli, anche conosciuta come chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, è una
delle più antiche dell’area solofrana. Cfr. F. Guacci, Solofra
nell’arte, cit., pp.109-110. Sul dipinto è da ricordare anche
l’intervento di P. Leone de Castris alla giornata di studi Salvalarte: Solofra aperta al Turismo (Solofra, 14 aprile 2013)
organizzata da CSV ed Associazione ATM Solofra.
32
La data non è più leggibile sul dipinto, ma fu riportata accanto alla firma del pittore da F. Guacci, Solofra nell’arte,
cit., p. 110. Per errore Franco Pezzella ha identificato la Madonna di Costantinopoli firmata dal Graziano in un altro dipinto, la Madonna del Carmine con le anime del Purgatorio
visibile sull’altare laterale a sinistra dell’ingresso alla chiesa
(F. Pezzella, Joannes Bapt. Gratianus De Aversa faciebat!,
cit., p. 37).
33
Nella cimasa (cm 90x240) i volti dei Santi Pietro e Paolo rispecchiano di profilo quelli dei due santi realizzati dal Graziano nella pala d’altare della cappella dei Fulgore nella cattedrale di Aversa.
34
Per la connessione tra D’Amato e Graziano in merito alla
pala di Solofra, si vedano i dipinti dell’ottavo-inizio nono
secolo del pittore di Maiori, ed inoltre la si confronti con la
Madonna col Bambino ed i Santi Francesco d’Assisi e di Paola
nell’Eremo della Consolazione, in Calabria.
35
Si veda Itinerari aversani, cit., p. 111; P. Leone de Castris,
Pittura del Cinquecento a Napoli 1573, cit., p. 28; L. Moscia,
Aversa. Tra vie, piazze, cit., pp. 167-168; A. Zezza, Marco
Pino, cit., p. 313; A. Cecere, Magna anima Aversae, cit., p.
86. Gaetano Parente vide l’opera e la giudicò di qualche
pregio, ma stranamente non lesse la firma e la data sul dipinto
e riferì la tavola al pittore Francesco Curia (G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche, cit., II, p. 484).
36
P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli 1573,
cit., pp. 27-28; Zezza cita il dipinto aversano nella scheda
dedicata al Martirio di Santa Caterina della chiesa romana di
Santa Caterina dei Funari, opera forse derivata da un prototipo perduto del senese, o forse proprio dipinta da Marco
Pino (cfr. A. Zezza, Marco Pino, cit., p. 313, scheda B.53
con bibliografia).
37
Cfr. M.S. Bolzoni, L’ultimo Salviati (1559-1563), in L’autunno
della Maniera. Studi sulla pittura del tardo Cinquecento a
Roma, a cura di M. Corso, A. Ulisse, Roma 2018, pp. 64-65;
per l’incisione di Cartaro si veda anche A. Cattaneo, Mario
Cartaro: catalogo delle incisioni (II parte), in «Grafica d’arte»,
42, 2000, cat. 36, p. 14; ivi, cat. 37 è mostrata un’altra incisione di Cartaro, raffigurante sempre il Martirio di Santa Caterina e datata 1567, che presenta però una versione semplificata limitata alla santa e a poche figure di contorno.
38
Cfr. M.S. Bolzoni, Tre nuovi disegni di Livio Agresti per Santa
Caterina dei Funari, in «Paragone. Arte», 61, 2010, p. 42.
39
Cfr. P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli
1573, cit., pp. 28, 30 nota 36, 154.
40
Ivi, pp. 193-195, 240 nota 12.
41
Per la stampa si veda almeno F.W.H. Hollstein, Dutch and
Flemish Etchings, Engravings and Woodcuts, Amsterdam
1954-2010, XXXII, cat. 8, p. 138.
42
Il dipinto è citato e illustrato in A. Cucciniello, Restituta iuvant. Opere d’arte restaurate. Qualche anticipazione. Atripalda,
Dogana dei Grani, in «Bollettino della Soprintendenza
BAPPSAE di Salerno e Avellino», 2005, pp. 256-257, fig. 1.
43
La cappella era retta dalla confraternita di Santa Caterina,
157
detta anche dei funari (L. Santagata, La confraternita dei funari, in «Consuetudini aversane», X, 1996-1997, 37-38,
pp.18-25).
44
«In qua cappella invenit ycona satis ornata cum figura Sanctae
Catherinae, et figuris eius martiriis, et aliis figuris depictis,
que ycona erat ornata columnis, et aliis ornamentis ligneis
deuratis circumcirca desuper et subtus, et habebat telam nigram antea pro arcenda pulver, et antea aderat lampa(da)rius
triangulare ligneus deauratus, cum lampade, et tintin(n)abulum parvum que pulsatur in elevatione Sanctissimi Sacramenti» ASDA, Santa Visita del Vescovo Manzòlo, cit., 12 luglio 1584, c. 48r (50r); cfr. una simile descrizione, ma meno
dettagliata, in Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 16 gennaio
1597, c. 91v; Santa Visita del Vescovo Spinelli, 20 giugno
1607, c. 33v; anno 1611, c. 85r.
45
ASDA, Santa Visita del Vescovo Manzòlo, cit., 1584, c. 49v
(51v).
46
Ibidem: «et in super faciant aptare mantum figure dive Caterine adeiut cohoperiatur tutum ventrem dicte figura».
47
La ‘censura’ del vescovo tramite la richiesta di rendere più
castigato il mantello della santa non è cosa di poco conto all’indomani della chiusura del Concilio tridentino, considerando che Manzòlo, di nobile famiglia bolognese, era nipote
per parte di madre del cardinale Gabriele Paleotti, celebre
per il suo Discorso intorno alle immagini sacre e profane, Bologna 1582 (sul Manzòlo cfr. L. Orabona, Religiosità meridionale del Cinque e Seicento. Vescovi e società in Aversa tra
Riforma cattolica e Controriforma, Napoli 2003, pp. 38-42).
Tengo a precisare che nel 1584 Manzòlo impose in termini
imperativi alcuni e mirati interventi sulla pala che vide nella
cappella («faciant adaptare ycona» riferito alla carpenteria;
«faciant aptare mantum» al dipinto); pertanto, a mio parere,
alla luce della nuova documentazione qui riportata sul dipinto, non ci sono ragioni concrete per credere che il Martirio
di Santa Caterina descritto nella visita pastorale del Manzòlo
fosse un’altra tavola, diversa da quella firmata nel 1589 da
Graziano.
48
Archivio di Stato di Caserta (d’ora in poi ASCe), Fondo Protocolli, Notai antichi, Giovan Ferdinando Ristaldo, 1009,
1581, c. 347r/v.
49
Sul Portello si rimanda a P. Improda, Novità sulla pittura napoletana del Cinquecento: Giovan Lorenzo Firello di Afragola autore del martirio di san Biagio in Aversa, in «Napoli nobilissima»,
VII s., LXXVI, V, 2019, 2, pp. 33, 40-41, 43 nota 16.
50
La tavola col Martirio di Santa Caterina misura cm 180x130
circa e doveva far parte di una macchina assai più grande, di
oltre 6 metri di altezza, corrispondenti ai 23 palmi riferiti
nel contratto.
51
ASCe, Notaio Giovan Ferdinando Ristaldo cit., c. 347r-v. La
notizia è stata trascritta da Lucia Giorgi nel saggio Artisti e
maestranze operanti in complessi religiosi di Aversa tra Cinquecento e Seicento, in «Archivio Storico di Terra di Lavoro»,
XXII, 2008-2009, p. 184.
52
ASDA, Santa Visita del Vescovo Manzòlo, cit., 6 settembre
1584, cc. 49v-50r (51v-52r). Alla visita era presente il diacono
Carlo Compagnone di Aversa, il quale riferì che la cappella
era di patronato della famiglia Dragonetti.
53
ASDA, Santa Visita del Vescovo Manzòlo, cit., 6 settembre
1584, c. 50r (52r).
54
ASDA, Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., 13 gennaio 1597,
c. 79r.
55
ASDA, Santa Visita del Vescovo Orsini, cit., anno 1597, c.79r;
Santa Visita del Vescovo Spinelli, cit., 7 giugno 1611, c. 62r.
56
«Da Gio. Batta Graziano pittore si fe’ il quadro della Pietà
allo Spedale, e se gli diedero ducati 22» (ASCA, Platea dell’Annunziata di Aversa (parte I), anno 1589-1590, c. 201v).
Nella carta della platea si legge «In libro anni 1589 e 1590
fol. 109 per mano di detto Gio. Batta ducati 4.2 per due annate, incontravi al quadro di S. Gio. Batta, che ha fatto»
(ASCA, Platea dell’Annunziata di Aversa (parte III), anni
1564-1601, c. 271r). Ad una prima lettura sembrerebbe che
nel 1589-90 il pittore abbia eseguito un dipinto raffigurante
San Giovanni Battista. Tuttavia, l’espressione «quadro di S.
Gio. Batta., che ha fatto» può essere meglio intesa come
‘quadro di sopradetto Giovanni Battista’ (Graziano, citato
al verso precedente della carta). Infatti, il termine ‘sopraddetto’ è spesso reso nella platea con le abbreviazioni «sopr.°»
oppure «S.». Quest’ultima lettura è da preferire perché meglio si accorda con quanto è scritto nella platea a proposito
del dipinto della Pietà eseguito in quegli stessi anni per il
complesso aversano. Per di più non si ha traccia materiale
di un San Giovanni Battista dipinto dal pittore per l’Annunziata, né è stato mai citato dagli storici locali. A quest’ultimo
riguardo si consideri che solo la Pietà ha avuto qualche menzione (si veda R. Vitale, La prima chiesa normanna in Italia,
cit., p. 57; Idem, Dizionarietto biografico, cit., p. 20; L. Santagata, Storia di Aversa, cit., p. 1299).
57
Si vedano, per esempio, la Pietà realizzata per la chiesa romana di Santa Maria in Ara Coeli, la Pietà del Museo civico
di Cosenza e un disegno in collezione privata a Napoli. Per
questi dipinti si rimanda a E. Borea, Grazia e furia, cit., pp.
44, 51 nota 42; P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento
a Napoli. 1540, cit., p. 217; Zezza, Marco Pino, cit., p. 170,
p. 262 scheda A. 10; p. 279 scheda A.71.
58
«Donazione di Pietro Angelo Bortone Aromatario di un
censo alla cappella della Santissima Concezione./Con istromento de 2 settembre 1565 per mano di notaio Cesare Sellitto nostro cancelliero, messer Pietro Angelo Bortone aromatario donò e cede un censo di ducati 2 e grana 1 alla
cappella de ipso Messer Petro Angelo costrutta dentro la
ecclesia sub invocazione Conceptionis; l’istesso annuo censo
di ducati 2.1.10, che si pagava ad esso Messer Petro Angelo
da Bartolomeo Graziano per istromento di notaio Giovan
Domenico de Condestabile d’Aversa del 25 settembre 1562
sopra una casa con orticello, possede esso Bartolomeo, sita
dentro la città d’Aversa ubi dicitur ad Mercato Vecchio,
iusta li beni di Parise de Nardello, e iusta le mura della città,
e la via Vicinale, colla podestà d’affrancare./Con condizione
che detti Santissimi economi e futuri fussero tenuti in ogni
mese, nel dì di Lunedì, durante la vita d’esso Pietro Angelo
far celebrare una messa cantata del Spirito Santo e poi sua
morte ogni mese nel dì di Lunedì una messa cantata di requie
(…) In libro anni 1566 e 67 fol. 13r paga detto Bartolomeo,
e segue negli anni appresso ut in libro anni 1572 e 73 fol.
128. In libro anni 1574 e 1575 fol. 116 a dì 18 ottobre 1575
paga Giovan Battista figlio del suddetto, in appresso dovea
1.2.4 ut in libro anni 1580 - 1581 fol. 126 e paga d. 6 a conto
detto Bartolomeo. In libro anni 1589 e 90 fol. 109 per mano
di detto Giovan Battista d. 4 e gr. 2 per due annate incontravi
al quadro di S. Giovan Battista, che ha fatto; negli anni appresso pagato acconto in ogn’uno d’essi, ma in libro anni
paga Antonio Graziano figlio, e salda anni 1600 e 1601 fol.
79 (…)» (ASCA, Platea dell’Annunziata di Aversa (parte
III), 1564/66-1601 (libro sign. V3 f.136), c. 271r). Si può ritenere che al tempo del saldo della casa da parte di Antonio
Graziano il pittore fosse ormai vecchio o addirittura defunto.
158
59
60
Dal 1602 fino al 1604 il censo fu pagato dagli eredi di Bartolomeo, tra cui Lucrezia, vedova di Vincenzo Graziano. La
casa fu comprata nel 1604 da Vincenzo della Trinità e dal
1612 da Nunzio Magnello o Mandello. Gli eredi Mandello,
tra cui figura nel 1648 il vescovo di Termoli Carlo Mandello,
pagarono fino al 1688, anno in cui la casa fu ad usufrutto
dell’Annunziata che l’affittò per più annate fino a quando
nel 1711 non la comprò un tale Francesco da Napoli. Nel
1718 la casa passò a Sebastiano Soriero, documentato fino
al 1742 nel pagamento del censo (ASCA, Platea dell’Annunziata di Aversa (parte III), anni 1600-1745 (libro sign. V3
f.136), cc. 271v-272v). Si ha notizia di due pronipoti del pittore nati nel primo quarto del XVIII: nella parrocchia dei
Santi Filippo e Giacomo ad Aversa furono battezzati Nicola
Angelo Graziano, il 12 agosto 1721, e la sorella Maria Angela,
il 12 marzo 1723, figli legittimi di Domenico Graziano, a
sua volta figlio di Antonio Graziano e della consorte Vittoria;
Aversa, chiesa della Madonna di Casaluce (attuale sede della
parrocchia dei Santi Filippo e Giacomo), Libro dei Battesimi,
anni 1660-1724, cc. 179r, 190r.
La zona oggi si presenta come un’insula delimitata da via
Roma, via Cavour, piazza Vittorio Emanuele e via Garibaldi.
Nel marzo 1553 un Giovan Battista Graziano fu ammesso
alla Compagnia di Gesù, ove ricoprì ruoli sempre più importanti ed a contatto con noti pittori del suo tempo; si rimanda a G. Filangieri di Satriano, Documenti per la storia,
le arti e le industrie delle province napoletane, Napoli 1883-
1891, ed. cons. Napoli 2002, IV, pp. 11-12; VI, p. 289, pp.
468-469; M. Scaduto, Catalogo dei Gesuiti d’Italia. 15401565, Roma 1968, p. 69; F. Divenuto, Napoli l’Europa e la
compagnia di Gesù nella cronica di Francesco Araldo, Napoli
1998, pp. 56-57; A. Zezza, Marco Pino, cit., pp. 365-366; S.
De Mieri, Girolamo Imperato nella pittura napoletana del
‘500 e‘600, Napoli 2009, pp. 331-332. Sull’identità dei due
Graziano specifichiamo che per un gesuita, come per qualsiasi altro membro del clero, vige il celibato. È dunque più
che ragionevole tenere distinte le due figure, pur tenendo in
considerazione l’elevato tasso di abbandono dei membri
della compagnia anche dopo diversi anni di militanza (sul
tema cfr. J.W. O’ Malley, The first Jesuits, USA 1993, pp. 5762 e A. Prosperi, La vocazione. Storie di gesuiti tra Cinquecento e Seicento, Torino 2016, pp. 224-225).
61
È il caso del pittore aversano Girolamo Cardillo, pressappoco
contemporaneo di Giovan Battista Graziano, che ricoprì la
carica di abate in età avanzata. Con tale qualifica Cardillo
firmò il polittico della Natività sull’altare maggiore della
chiesa di Santo Spirito a Sant’Antimo. Ugualmente, in una
carta notarile del 1568, è citato l’«abbas Hieronimo de Cardillis» come testimone al contratto stipulato tra l’intagliatore
Sebastiano Caputo ed i governatori dell’Annunziata per la
realizzazione della cona magna della chiesa; ASCe, Fondo
Protocolli, Notai antichi, Paolo Magisio, 618, 1568-1569, cc.
97r-100r. Si rimanda a P. Improda, Novità documentarie,
cit., pp. 22-42.
159
Finito di stampare
nel mese di dicembre 2020
3/2020
Nuova serie
In questo numero contributi di
Gian Giotto Borrelli, Claudia Cerroni,
Andrea Improta, Maria Rosaria Marchionibus,
Adrian S. Hoch, Pierluigi Leone de Castris,
Paola Improda, Luigi Coiro, Luigi Abetti,
Antonio Nardelli, Federica De Rosa,
Olga Scotto di Vettimo, Maria Adelaide Cuozzo
Armando Lamberti, Italia Caradonna
Euro 40,00
ISSN 1721-6745
ISBN 978 88 31983 549