but also one of the most noble, endeavours we can undertake. And when what we are preserving is a large world map whose extraordinary precision gives us a vivid idea of how the world was seen by the men and women of five hundred years... more
but also one of the most noble, endeavours we can undertake. And when what we are preserving is a large world map whose extraordinary precision gives us a vivid idea of how the world was seen by the men and women of five hundred years ago, that task becomes not only demanding but also highly rewarding. Fra’ Mauro’s world map was produced in Venice around the year 1450, and its restoration - made possible by substantial funding from the Libraries Department of the Italian Ministry for Culture, Heritage and Tourism – is one of the most significant projects the Biblioteca Marciana has undertaken in recent years. But that project did not simply involve a delicate process of cleaning and the restoration/reinforcement of parts that had been damaged over time. From the very beginning, our intention was to make the map easier to consult. Hence a new display case was created to offer greater protection, and a cold-light system of illumination installed that does not damage the parchment, ink...
L'intervento ripercorre le vicende della prioria camaldolese di S. Marco di Volterra, dipendenza del monastero di S. Giusto, tra Tre e Quattrocento. La vita dell'istituto viene esaminata attraverso le diverse sfere di rapporti che S.... more
L'intervento ripercorre le vicende della prioria camaldolese di S. Marco di Volterra, dipendenza del monastero di S. Giusto, tra Tre e Quattrocento.
La vita dell'istituto viene esaminata attraverso le diverse sfere di rapporti che S. Marco intrattenne sia con enti religiosi (S. Giusto e Camaldoli) sia con la società locale (la zona di Pratomarzio, ove la chiesa svolgeva funzione di cura d'anime) e con le istituzioni del Comune volterrano.
La «Clavis degli autori camaldolesi (secoli XI-XVI¹)» raccoglie le schede bio-bibliografiche degli autori di opere sia in latino sia in volgare appartenenti alla Congregrazione camaldolese, attivi nell'arco di tempo compreso fra la... more
La «Clavis degli autori camaldolesi (secoli XI-XVI¹)» raccoglie le schede bio-bibliografiche degli autori di opere sia in latino sia in volgare appartenenti alla Congregrazione camaldolese, attivi nell'arco di tempo compreso fra la fondazione dell'Eremo di Camaldoli e la prima metà del XVI secolo. Sono stati complessivamente censiti sessantuno autori. Di cinquantadue di essi è stata individuata la produzione letteraria; sono stati inoltre schedati, in appendice, nove autori la cui produzione non trova ad oggi riscontro oppure autori la cui appartenenza alla Congregazione è ancora «sub iudice». Lo «status quaestionis» sugli autori e la loro opera è stato determinato attraverso il vaglio critico di una vasta mole di materiale edito (enciclopedie, storie letterarie, cataloghi di manoscritti, edizioni antiche e moderne, monografie, saggi apparsi in riviste o in miscellanee ecc.) e, talora, anche attraverso il ricorso a fonti inedite di carattere documentario e letterario.
Il XII secolo ha rappresentato un punto di svolta nella lunga storia della Badia di San Savino, non solo per la disastrosa alluvione dell'Arno che determinò la distruzione del cenobio originario nel sito di Cerasiolo e la sua... more
Il XII secolo ha rappresentato un punto di svolta nella lunga storia della Badia di San Savino, non solo per la disastrosa alluvione dell'Arno che determinò la distruzione del cenobio originario nel sito di Cerasiolo e la sua ricostruzione nella più sicura zona di Montione, ma anche per l'ingresso entro l'Ordine camaldolese. L'antichità e il prestigio del monastero, ben avvertiti dai suoi monaci, si scontrarono ben presto con la struttura centralizzata che si erano dati i monaci di s. Romualdo, con al vertice Camaldoli e il suo priore generale. Dopo un periodo di relativa calma tra XII e gli inizi del XIII secolo, le insofferenze verso le intromissioni dei priori generali portarono San Savino a cercare di ripristinare la propria indipendenza. Figure di svolta in questo processo di progressiva e a tratti violenta emancipazione furono quelle degli abati Giovanni (ex 1285) e Paolo (1320-1340 circa), entrambi consapevoli che l'unica via di uscita consistesse nello stringere un rapporto via via più saldo con la sola autorità capace di rescindere un legame di dipendenza ormai tale solo di nome, quella del pontefice. Si giunse così il 28 dicembre 1326 all'atto con cui Giovanni XXII -che solo tre anni prima aveva nominato l'abate di San Savino Paolo suo cappellano- sottraeva definitivamente il monastero ai Camaldolesi e lo sottoponeva direttamente alla Santa Sede. La prima vera prova di quella ritrovata autonomia sarebbe stata rappresentata pochi mesi dopo dall'arrivo a Pisa di Ludovico il Bavaro e del suo antipapa Niccolò V.