Dominazione Spagnola In Italia Meridionale
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L’analisi del catasto onciario di Condoiani, condotta da Alessio Bruno Bedini nelle pagine che seguono, si colloca in un filone di ricerca, oramai ben consolidato, che da alcuni decenni ha visto numerosi e insigni studiosi meridionali... more
L’analisi del catasto onciario di Condoiani, condotta da Alessio Bruno Bedini nelle pagine che seguono, si colloca in un filone di ricerca, oramai ben consolidato, che da alcuni decenni ha visto numerosi e insigni studiosi meridionali dell’età moderna - da Pasquale Villani e Augusto Placanica in poi - prendere in considerazione in modo sistematico e approfondito la preziosa fonte costituita dai catasti onciari redatti, in tutto il territorio del Regno di Napoli, sotto la spinta riformista introdotta da Carlo III di Borbone, intorno alla metà del XVIII secolo.
Distrutta gran parte dei precedenti e più antichi catasti del Regno, a causa dei danni provocati al patrimonio documentario dell’Italia meridionale dal secondo conflitto mondiale, i catasti carolini sono divenuti di fatto una fonte rara e preziosa, ricca di una messe considerevole di dati, non solo di carattere fiscale, ma anche economico e sociale, sebbene limitata al Settecento.
Queste considerazioni giustificano e spiegano ampiamente la fioritura negli ultimi venticinque anni di numerose ricerche che hanno analizzato e pubblicato, in modo sintetico o per esteso, decine e decine di catasti del Regno di Napoli, indagini condotte da studiosi attratti dalle prospettive sicuramente stimolanti che questa fonte offre, soprattutto quando viene analizzata con competenza e attraverso la messa in atto di opportuni confronti con altre realtà o con documenti di diversa tipologia. Che si pubblichi il catasto onciario della propria cittadina o lo si inserisca in un contesto più ampio di una ricerca sul sistema fiscale, sull’economia e la società o di semplice demografia storica, l’edizione di un catasto sarà comunque opera meritoria, che gioverà in modo indiscutibile al progresso delle ricerche in questi ambiti di indagine, già stimolanti e suggestivi.
In questo contesto trova ampia ragion d’essere il lavoro di Bedini. Si tratta di una ricerca svolta analizzando il catasto di Condoianni, il capoluogo di un’antica contea della Calabria Ulteriore, che nel corso dell’età moderna conobbe una profonda e irreversibile crisi che dal piano prettamente demografico si estese anche ad altri ambiti, come quello socioeconomico, verso il quale si rivolge di solito l’indagine storica quando esamina documenti di carattere catastale. Questa crisi, certamente in controtendenza rispetto alla maggior parte dei centri dell’area in cui si ritrova inserito, avrebbe portato Condoainni a perdere persino l’autonomia amministrativa a favore di Sant’Ilario, un suo antico casale oggi sede delle autorità municipali.
L’Autore organizza la propria analisi del manoscritto, suddividendo il lavoro in sei capitoli, grazie ai quali egli è in grado di sviluppare ampiamente gli indirizzi di ricerca che nell’introduzione si era prefisso di trattare. Dopo un esame degli aspetti formali del documento, delle ragioni che ne hanno determinato la genesi e dei criteri adottati e seguiti nella compilazione (primo capitolo), Bedini affronta, nel successivo, importanti aspetti legati al paesaggio agrario e alle strutture produttive presenti sul territorio, indicando le peculiarità dell’area, non molto inclini ad ottenere grandi produzioni agricole. Significativa risulta la quasi totale assenza del latifondo, a favore della piccola proprietà in prevalenza detenuta direttamente dal titolare del bene, sebbene le concessioni di terra non mancassero. I dati hanno consentito pure una definizione parziale del paesaggio agrario, solitamente non semplice da ricostruire. Importante, infine, risulta anche l’ampia indagine operata dall’Autore nel campo toponomastico, con l’analisi anche etimologica dei nomi delle varie località menzionate nel testo.
I capitoli terzo e quarto della ricerca sono invece dedicati ad approfondire aspetti di carattere demografico e sociale. Bedini compie un’analisi puntuale della popolazione condoiannese dal punto di vista demografico e sociale, attraverso una serie molto dettagliata di statistiche che restituiscono un’immagine piuttosto precisa degli abitanti del piccolo centro (terzo capitolo). A questa egli aggiunge lo studio delle attività lavorative, dei mestieri e delle professioni, a cui era dedita la popolazione (quarto capitolo). I risultati dell’indagine appaiono assai interessanti ed in qualche caso singolari e, comunque, in grado di restituire un’immagine piuttosto fedele della realtà del tempo, che risulterà di grande giovamento a quanti si occupano di demografia storica.
Nel quinto capitolo l’Autore si rivolge ad analizzare l’assetto urbano del centro studiato, con particolare riferimento ai tre rioni dell’abitato pertinenti ad altrettante parrocchie ed alle abitazioni in cui risiedeva la popolazione. Il dato piuttosto interessante, ma non inedito, è che, anche in un centro certamente non ricco della Calabria di età moderna, quasi i due terzi della popolazione possedessero e vivessero in una casa propria, mentre soltanto poco più di un terzo risiedeva in affitto. Al di là della consistenza e della qualità degli edifici, si tratta di un dato che viene ampiamente confermato da altre realtà, non solo della regione ma dell’intero Regno di Napoli e che testimonia come alla casa fosse attribuita una importanza tale da renderla un bene irrinunciabile per chiunque. Bedini segnala la circostanza che gran parte delle case detenute in affitto era stata concessa a forestieri, cioè a persone che si erano da poco trasferite a Condoianni. Questo fatto, legato a circostanze temporanee, rende ancora meno significativo il dato pertinente alle abitazioni in affitto, che risulta dunque frutto piuttosto di contingenze che riconducibile a problematiche di mera necessità.
I dati di natura economica, offerti dallo studio del catasto condoiannese, vengono esaminati da Bedini nell’ultimo capitolo del volume. Dall’analisi emerge chiaramente la presenza di un forte squilibrio fra gli abitanti nel possesso delle rendite, un dato che certamente non stupisce affatto, così come non sorprende neppure la circostanza che anche il feudatario fosse regolarmente tassato per la proprietà burgensatica. Ciò che invece mi pare alquanto singolare è che, in più di un caso, rendite considerevoli e rendite modeste si ritrovano distribuite fra le varie classi senza un rigoroso rispetto della gerarchia sociale. Quest’ultima risulta nel complesso osservata nella distribuzione delle rendite ma non come ci si potrebbe attendere. Non a caso l’individuo con la maggiore rendita risulta un tizio ufficialmente bracciante o conciatore di salnitro, seguito da un massaro di bovi e, solo al terzo posto, da un gentiluomo.
Infine, uno spunto di notevole interesse risulta senza dubbio il ruolo delle istituzioni ecclesiastiche all’interno delle dinamiche economiche di una piccola comunità, come quella studiata dall’Autore. Egli sottolinea, non a torto, il ruolo importante dei beni ecclesiastici nei secoli precedenti e i riflessi, a livello periferico, provocati dalle modificazioni introdotte dal concordato del 1741 e da successivi provvedimenti di natura fiscale.
Alessio Bruno Bedini ha certamente condotto un buon lavoro, approfondendo adeguatamente la quasi totalità delle prospettive di ricerca consentite dalla tipologia del documento che ha studiato. Egli ha saputo collocare il catasto di Condoianni nel contesto storico riformista in cui il documento è stato concepito e redatto, tenendo presente il clima del quale questo e simili catasti sono figli. L’analisi operata da Bedini, insieme a ricerche analoghe già edite ed a quelle che certamente vedranno la luce nei prossimi anni per altre aree e centri, completerà quella visione d’insieme di cui ancora oggi si avverte la mancanza; questa mancanza è forse alla base di alcune divergenze che tuttora caratterizzano la storiografia che si è occupata del catasto onciario napoletano.
Gioiosa Jonica, 16.02.2013
Vincenzo Naymo
Distrutta gran parte dei precedenti e più antichi catasti del Regno, a causa dei danni provocati al patrimonio documentario dell’Italia meridionale dal secondo conflitto mondiale, i catasti carolini sono divenuti di fatto una fonte rara e preziosa, ricca di una messe considerevole di dati, non solo di carattere fiscale, ma anche economico e sociale, sebbene limitata al Settecento.
Queste considerazioni giustificano e spiegano ampiamente la fioritura negli ultimi venticinque anni di numerose ricerche che hanno analizzato e pubblicato, in modo sintetico o per esteso, decine e decine di catasti del Regno di Napoli, indagini condotte da studiosi attratti dalle prospettive sicuramente stimolanti che questa fonte offre, soprattutto quando viene analizzata con competenza e attraverso la messa in atto di opportuni confronti con altre realtà o con documenti di diversa tipologia. Che si pubblichi il catasto onciario della propria cittadina o lo si inserisca in un contesto più ampio di una ricerca sul sistema fiscale, sull’economia e la società o di semplice demografia storica, l’edizione di un catasto sarà comunque opera meritoria, che gioverà in modo indiscutibile al progresso delle ricerche in questi ambiti di indagine, già stimolanti e suggestivi.
In questo contesto trova ampia ragion d’essere il lavoro di Bedini. Si tratta di una ricerca svolta analizzando il catasto di Condoianni, il capoluogo di un’antica contea della Calabria Ulteriore, che nel corso dell’età moderna conobbe una profonda e irreversibile crisi che dal piano prettamente demografico si estese anche ad altri ambiti, come quello socioeconomico, verso il quale si rivolge di solito l’indagine storica quando esamina documenti di carattere catastale. Questa crisi, certamente in controtendenza rispetto alla maggior parte dei centri dell’area in cui si ritrova inserito, avrebbe portato Condoainni a perdere persino l’autonomia amministrativa a favore di Sant’Ilario, un suo antico casale oggi sede delle autorità municipali.
L’Autore organizza la propria analisi del manoscritto, suddividendo il lavoro in sei capitoli, grazie ai quali egli è in grado di sviluppare ampiamente gli indirizzi di ricerca che nell’introduzione si era prefisso di trattare. Dopo un esame degli aspetti formali del documento, delle ragioni che ne hanno determinato la genesi e dei criteri adottati e seguiti nella compilazione (primo capitolo), Bedini affronta, nel successivo, importanti aspetti legati al paesaggio agrario e alle strutture produttive presenti sul territorio, indicando le peculiarità dell’area, non molto inclini ad ottenere grandi produzioni agricole. Significativa risulta la quasi totale assenza del latifondo, a favore della piccola proprietà in prevalenza detenuta direttamente dal titolare del bene, sebbene le concessioni di terra non mancassero. I dati hanno consentito pure una definizione parziale del paesaggio agrario, solitamente non semplice da ricostruire. Importante, infine, risulta anche l’ampia indagine operata dall’Autore nel campo toponomastico, con l’analisi anche etimologica dei nomi delle varie località menzionate nel testo.
I capitoli terzo e quarto della ricerca sono invece dedicati ad approfondire aspetti di carattere demografico e sociale. Bedini compie un’analisi puntuale della popolazione condoiannese dal punto di vista demografico e sociale, attraverso una serie molto dettagliata di statistiche che restituiscono un’immagine piuttosto precisa degli abitanti del piccolo centro (terzo capitolo). A questa egli aggiunge lo studio delle attività lavorative, dei mestieri e delle professioni, a cui era dedita la popolazione (quarto capitolo). I risultati dell’indagine appaiono assai interessanti ed in qualche caso singolari e, comunque, in grado di restituire un’immagine piuttosto fedele della realtà del tempo, che risulterà di grande giovamento a quanti si occupano di demografia storica.
Nel quinto capitolo l’Autore si rivolge ad analizzare l’assetto urbano del centro studiato, con particolare riferimento ai tre rioni dell’abitato pertinenti ad altrettante parrocchie ed alle abitazioni in cui risiedeva la popolazione. Il dato piuttosto interessante, ma non inedito, è che, anche in un centro certamente non ricco della Calabria di età moderna, quasi i due terzi della popolazione possedessero e vivessero in una casa propria, mentre soltanto poco più di un terzo risiedeva in affitto. Al di là della consistenza e della qualità degli edifici, si tratta di un dato che viene ampiamente confermato da altre realtà, non solo della regione ma dell’intero Regno di Napoli e che testimonia come alla casa fosse attribuita una importanza tale da renderla un bene irrinunciabile per chiunque. Bedini segnala la circostanza che gran parte delle case detenute in affitto era stata concessa a forestieri, cioè a persone che si erano da poco trasferite a Condoianni. Questo fatto, legato a circostanze temporanee, rende ancora meno significativo il dato pertinente alle abitazioni in affitto, che risulta dunque frutto piuttosto di contingenze che riconducibile a problematiche di mera necessità.
I dati di natura economica, offerti dallo studio del catasto condoiannese, vengono esaminati da Bedini nell’ultimo capitolo del volume. Dall’analisi emerge chiaramente la presenza di un forte squilibrio fra gli abitanti nel possesso delle rendite, un dato che certamente non stupisce affatto, così come non sorprende neppure la circostanza che anche il feudatario fosse regolarmente tassato per la proprietà burgensatica. Ciò che invece mi pare alquanto singolare è che, in più di un caso, rendite considerevoli e rendite modeste si ritrovano distribuite fra le varie classi senza un rigoroso rispetto della gerarchia sociale. Quest’ultima risulta nel complesso osservata nella distribuzione delle rendite ma non come ci si potrebbe attendere. Non a caso l’individuo con la maggiore rendita risulta un tizio ufficialmente bracciante o conciatore di salnitro, seguito da un massaro di bovi e, solo al terzo posto, da un gentiluomo.
Infine, uno spunto di notevole interesse risulta senza dubbio il ruolo delle istituzioni ecclesiastiche all’interno delle dinamiche economiche di una piccola comunità, come quella studiata dall’Autore. Egli sottolinea, non a torto, il ruolo importante dei beni ecclesiastici nei secoli precedenti e i riflessi, a livello periferico, provocati dalle modificazioni introdotte dal concordato del 1741 e da successivi provvedimenti di natura fiscale.
Alessio Bruno Bedini ha certamente condotto un buon lavoro, approfondendo adeguatamente la quasi totalità delle prospettive di ricerca consentite dalla tipologia del documento che ha studiato. Egli ha saputo collocare il catasto di Condoianni nel contesto storico riformista in cui il documento è stato concepito e redatto, tenendo presente il clima del quale questo e simili catasti sono figli. L’analisi operata da Bedini, insieme a ricerche analoghe già edite ed a quelle che certamente vedranno la luce nei prossimi anni per altre aree e centri, completerà quella visione d’insieme di cui ancora oggi si avverte la mancanza; questa mancanza è forse alla base di alcune divergenze che tuttora caratterizzano la storiografia che si è occupata del catasto onciario napoletano.
Gioiosa Jonica, 16.02.2013
Vincenzo Naymo
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