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I temi e le suggestioni sono abbondanti per chi sa osservare i mutamenti attraverso un lasso di tempo molto lungo, anche in un territorio che potrebbe apparire periferico e insignificante. La bellezza della Storia risiede proprio in... more
I temi e le suggestioni sono abbondanti per chi sa osservare i mutamenti attraverso un lasso di tempo molto lungo, anche in un territorio che potrebbe apparire periferico e insignificante. La bellezza della Storia risiede proprio in questa capacità di intuire il quadro generale partendo da un singolo dettaglio, di comprendere le grandi dinamiche europee esaminando le vicende di due piccoli centri della Calabria.
Sant’Ilario e Condojanni, pur essendo lontani dalle grandi capitali europee, mostrano come la storia locale sia strettamente intrecciata con quella d’Europa, rivelando le influenze reciproche e le connessioni che hanno modellato la realtà contemporanea. Analizzando la storia di questi luoghi, possiamo comprendere meglio le grandi narrazioni storiche, scoprendo come le dinamiche globali si riflettano a livello locale e viceversa.
La Calabria, con la sua posizione strategica nel cuore del Mediterraneo, ha sempre giocato un ruolo significativo nella storia europea. Terra di passaggio e di incontro tra culture, questa regione ha visto fiorire civiltà, commerci e idee, contribuendo al patrimonio comune europeo. Le vicende di Sant’Ilario e Condojanni, quindi, non sono solo storie locali, ma tasselli di un mosaico più ampio che ci aiuta a capire l’intero continente. Così, osservando con attenzione questi piccoli centri della Calabria, possiamo intravedere le grandi dinamiche che hanno plasmato l’Europa, riscoprendo una terra meravigliosa e la sua inestimabile eredità storica.
La figura di Alessandro Sperelli è interessante non solo per la diocesi eugubina ma anche a livello più ampio essendo stato autore, nella seconda metà del Seicento, di numerose e fortunate monografie sulla figura del vescovo, riprendendo... more
La figura di Alessandro Sperelli è interessante non solo per la diocesi eugubina ma anche a livello più ampio essendo stato autore, nella seconda metà del Seicento, di numerose e fortunate monografie sulla figura del vescovo, riprendendo i classici canoni del consolidato “modello tridentino”.
Studiando il ministero episcopale di questo pastore è possibile, quindi, mettere in luce diverse sfaccettature rilevanti sia per le vicende della sua diocesi in ordine all’applicazione del Concilio di Trento, mettendo in evidenza resistenze e mutamenti negli anni della sua azione pastorale (1644-1672), sia per la comprensione del ruolo episcopale nel contesto della riforma tridentina.
Questo volume è la raccolta di lavori già usciti su riviste scientifiche, ai quali è stato aggiunto un articolo inedito, tutti con un unico filo conduttore: la mortalità in Calabria nell’età moderna. Questo argomento è piuttosto... more
Questo volume è la raccolta di lavori già usciti su riviste scientifiche, ai quali è stato aggiunto un articolo inedito, tutti con un unico filo conduttore: la mortalità in Calabria nell’età moderna. Questo argomento è piuttosto importante anche per noi uomini degli anni Duemila, perché il lavoro dello storico è un esorcismo: come parlare della morte serve a non aver paura di essa, così discutere e capire la Storia serve a liberare l'umanità dalle dinamiche negative di cui è stata vittima.
Studiare la mortalità significa entrare direttamente nell’Apocalisse di San Giovanni per guardare i quattro cavalieri: guerra, violenza, carestia e pestilenza. Ripercorrere la storia di queste terribili sciagure è come ripercorrere la storia dell’uomo nella sua millenaria lotta per difendersi dalla durezza della natura. Ricostruire la storia dei terremoti, delle alluvioni, delle malattie e della mancanza di cibo è come analizzare il cammino dell’umanità anche per comprendere le responsabilità che l’uomo stesso ha avuto in questi eventi così drammatici e pensare che in futuro essi non possano costituire più una minaccia per nessuno.
In controtendenza con gli attuali orientamenti della storiografia italiana sull’Età moderna, questo libro ripropone una ricerca di prima mano su aspetti e problemi di argomento economico e sociale. Esso si segnala inoltre per l’area di... more
In controtendenza con gli attuali orientamenti della storiografia italiana sull’Età moderna, questo libro ripropone una ricerca di prima mano su aspetti e problemi di argomento economico e sociale. Esso si segnala inoltre per l’area di rifermento esaminata: la Calabria meridionale e, in particolare, la zona del Reggino, inserendosi in una tradizione di studi che ha al suo attivo i pregevoli contributi di Giuseppe Galasso sul Cinquecento e di Augusto Placanica, specificamente, per il Settecento. In questa ottica il volume ridà spazio ai protagonisti anonimi di quel contesto e approfondisce una serie di aspetti sulle condizioni dell’economia e della società calabresi. Il tutto, mediante una documentazione inedita che consente di far luce e di verificare le tendenze di breve, medio e lungo periodo di quella realtà incrociando e comparando le fonti disponibili sul piano locale con quelle prodotte dalle coeve istituzioni centrali dello Stato.
Lo schema al quale egli si affida è quello di un’analisi di carattere demografico e socio-economico finalizzato ad esaminare l’andamento strutturale di una periferia sullo sfondo di quanto accade nell’Età moderna. In questa comparazione vengono evidenziate assonanze e discordanze dai modelli acquisiti dalla storiografia, sottolineando le peculiarità di alcuni fenomeni non sempre omologabili alle cronologie e agli sviluppi di quei secoli. Ne scaturisce una ricostruzione che mette in risalto talune specificità della zona esaminata, inquadrandone le congiunture nel panorama più ampio che fa da sfondo ai problemi di volta in volta esaminati.
Basata su una molteplicità di fonti, prevalentemente seriali, la ricostruzione dell’Autore non trascura il supporto di testimonianze narrative che concorrono ad integrare e a supportare le risultanze dei dati quantitativi. Per menzionare i materiali archivistici più frequentemente consultati, la ricerca si snoda attraverso la consultazione e l’analisi delle numerazioni dei fuochi, degli stati delle anime, dei relevi feudali, degli apprezzi e dei documenti fiscali delle diverse comunità esaminate fino ai dati ricavati dal fondo relativo alle “voci di vettovaglie” e da altre carte d’archivio, come le relationes ad limina, o da testimonianze desunte dalle cronache e dalla storiografia locale o da ulteriori documenti rintracciati negli archivi dei singoli centri esaminati.
Sulla scorta di questa ricca documentazione vengono ricostruiti aspetti estremamente interessanti della Calabria reggina e vengono evidenziate tendenze non sempre collimanti con quelle generali. A determinare lo scostamento dall’andamento tradizionalmente accreditato concorrono diversi fattori e, tra questi, svolgono un ruolo non trascurabile l’incidenza delle caratteristiche geomorfologiche del territorio e il comportamento dei protagonisti che devono condividerne gli inevitabili condizionamenti. In tutto questo emerge un rapporto simbiotico tra gli uomini e l’ambiente che permette di valutare il ruolo svolto dalla storia nel breve come nel lungo periodo.  (Tratto dall'introduzione del Prof. Giuseppe Poli)
L’analisi del catasto onciario di Condoiani, condotta da Alessio Bruno Bedini nelle pagine che seguono, si colloca in un filone di ricerca, oramai ben consolidato, che da alcuni decenni ha visto numerosi e insigni studiosi meridionali... more
L’analisi del catasto onciario di Condoiani, condotta da Alessio Bruno Bedini nelle pagine che seguono, si colloca in un filone di ricerca, oramai ben consolidato, che da alcuni decenni ha visto numerosi e insigni studiosi meridionali dell’età moderna - da Pasquale Villani  e Augusto Placanica  in poi -  prendere in considerazione in modo sistematico e approfondito la preziosa fonte costituita dai catasti onciari redatti, in tutto il territorio del Regno di Napoli, sotto la spinta riformista introdotta da Carlo III di Borbone, intorno alla metà del XVIII secolo.
Distrutta gran parte dei precedenti e più antichi catasti del Regno, a causa dei danni provocati al patrimonio documentario dell’Italia meridionale dal secondo conflitto mondiale, i catasti carolini sono divenuti di fatto una fonte rara e preziosa, ricca di una messe considerevole di dati, non solo di carattere fiscale, ma anche economico e sociale, sebbene limitata al Settecento.
Queste considerazioni giustificano e spiegano ampiamente la fioritura negli ultimi venticinque anni di numerose ricerche che hanno analizzato  e pubblicato, in modo sintetico o per esteso, decine e decine di catasti del Regno di Napoli, indagini condotte da studiosi attratti dalle prospettive sicuramente stimolanti che questa fonte offre, soprattutto quando viene analizzata con competenza e attraverso la messa in atto di opportuni confronti con altre realtà o con documenti di diversa tipologia. Che si pubblichi il catasto onciario della propria cittadina o lo si inserisca in un contesto più ampio di una ricerca sul sistema fiscale, sull’economia e la società o di semplice demografia storica, l’edizione di un catasto sarà comunque opera meritoria, che gioverà in modo indiscutibile al progresso delle ricerche in questi ambiti di indagine, già stimolanti e suggestivi.
In questo contesto trova ampia ragion d’essere il lavoro di Bedini. Si tratta di una ricerca svolta analizzando il catasto di Condoianni, il capoluogo di un’antica contea della Calabria Ulteriore, che nel corso dell’età moderna conobbe una profonda e irreversibile crisi che dal piano prettamente demografico si estese anche ad altri ambiti, come quello socioeconomico, verso il quale si rivolge di solito l’indagine storica quando esamina documenti di carattere catastale. Questa crisi, certamente in controtendenza rispetto alla maggior parte dei centri dell’area in cui si ritrova inserito, avrebbe portato Condoainni a perdere persino l’autonomia amministrativa a favore di Sant’Ilario, un suo antico casale oggi sede delle autorità municipali.
L’Autore organizza la propria analisi del manoscritto, suddividendo il lavoro in sei capitoli, grazie ai quali egli è in grado di sviluppare ampiamente gli indirizzi di ricerca che nell’introduzione si era prefisso di trattare. Dopo un esame degli aspetti formali del documento, delle ragioni che ne hanno determinato la genesi e dei criteri adottati e seguiti nella compilazione (primo capitolo), Bedini affronta, nel successivo, importanti aspetti legati al paesaggio agrario e alle strutture produttive presenti sul territorio, indicando le peculiarità dell’area, non molto inclini ad ottenere grandi produzioni agricole. Significativa risulta la quasi totale assenza del latifondo, a favore della piccola proprietà in prevalenza detenuta direttamente dal titolare del bene, sebbene le concessioni di terra non mancassero. I dati hanno consentito pure una definizione parziale del paesaggio agrario, solitamente non semplice da ricostruire. Importante, infine, risulta anche l’ampia indagine operata dall’Autore nel campo toponomastico, con l’analisi anche etimologica dei nomi delle varie località menzionate nel testo.
I capitoli terzo e quarto della ricerca sono invece dedicati ad approfondire aspetti di carattere demografico e sociale. Bedini compie un’analisi puntuale della popolazione condoiannese dal punto di vista demografico e sociale, attraverso una serie molto dettagliata di statistiche che restituiscono un’immagine piuttosto precisa degli abitanti del piccolo centro (terzo capitolo). A questa egli aggiunge lo studio delle attività lavorative, dei mestieri e delle professioni, a cui era dedita la popolazione (quarto capitolo). I risultati dell’indagine appaiono assai interessanti ed in qualche caso singolari e, comunque, in grado di restituire un’immagine piuttosto fedele della realtà del tempo, che risulterà di grande giovamento a quanti si occupano di demografia storica.
Nel quinto capitolo l’Autore si rivolge ad analizzare l’assetto urbano del centro studiato, con particolare riferimento ai tre rioni dell’abitato pertinenti ad altrettante parrocchie ed alle abitazioni in cui risiedeva la popolazione. Il dato piuttosto interessante, ma non inedito, è che, anche in un centro certamente non ricco della Calabria di età moderna, quasi i due terzi della popolazione possedessero e vivessero in una casa propria, mentre soltanto poco più di un terzo risiedeva in affitto. Al di là della consistenza e della qualità degli edifici, si tratta di un dato che viene ampiamente confermato da altre realtà, non solo della regione ma dell’intero Regno di Napoli e che testimonia come alla casa fosse attribuita una importanza tale da renderla un bene irrinunciabile per chiunque. Bedini segnala la circostanza che gran parte delle case detenute in affitto era stata concessa a forestieri, cioè a persone che si erano da poco trasferite a Condoianni. Questo fatto, legato a circostanze temporanee, rende ancora meno significativo il dato pertinente alle abitazioni in affitto, che risulta dunque frutto piuttosto di contingenze che riconducibile a problematiche di mera necessità.
I dati di natura economica, offerti dallo studio del catasto condoiannese, vengono esaminati da Bedini nell’ultimo capitolo del volume. Dall’analisi emerge chiaramente la presenza di un forte squilibrio fra gli abitanti nel possesso delle rendite, un dato che certamente non stupisce affatto, così come non sorprende neppure la circostanza che anche il feudatario fosse regolarmente tassato per la proprietà burgensatica. Ciò che invece mi pare alquanto singolare è che, in più di un caso, rendite considerevoli e rendite modeste si ritrovano distribuite fra le varie classi senza un rigoroso rispetto della gerarchia sociale. Quest’ultima risulta nel complesso osservata nella distribuzione delle rendite ma non come ci si potrebbe attendere. Non a caso l’individuo con la maggiore rendita risulta un tizio ufficialmente bracciante o conciatore di salnitro, seguito da un massaro di bovi e, solo al terzo posto, da un gentiluomo.
Infine, uno spunto di notevole interesse risulta senza dubbio il ruolo delle istituzioni ecclesiastiche all’interno delle dinamiche economiche di una piccola comunità, come quella studiata dall’Autore. Egli sottolinea, non a torto, il ruolo importante dei beni ecclesiastici nei secoli precedenti e i riflessi, a livello periferico, provocati dalle modificazioni introdotte dal concordato del 1741 e da successivi provvedimenti di natura fiscale.
Alessio Bruno Bedini ha certamente condotto un buon lavoro, approfondendo adeguatamente la quasi totalità delle prospettive di ricerca consentite dalla tipologia del documento che ha studiato. Egli ha saputo collocare il catasto di Condoianni nel contesto storico riformista in cui il documento è stato concepito e redatto, tenendo presente il clima del quale questo e simili catasti sono figli. L’analisi operata da Bedini, insieme a ricerche analoghe già edite ed a quelle che certamente vedranno la luce nei prossimi anni per altre aree e centri, completerà quella visione d’insieme di cui ancora oggi si avverte la mancanza; questa mancanza è forse alla base di alcune divergenze che tuttora caratterizzano la storiografia che si è occupata del catasto onciario napoletano.

Gioiosa Jonica, 16.02.2013
Vincenzo Naymo
La ricerca genealogica in Italia è oggi considerata come un qualcosa a uso esclusivo di chi cerca antenati nobili. Non si considera in genere che essa può essere effettuata da tutti e che proprio nella storia di famiglia di ognuno sono... more
La ricerca genealogica in Italia è oggi considerata come un qualcosa a uso esclusivo di chi cerca antenati nobili. Non si considera in genere che essa può essere effettuata da tutti e che proprio nella storia di famiglia di ognuno sono racchiuse molte delle motivazioni del nostro agire quotidiano odierno: dalla nostra residenza alla nostra posizione economico – sociale, dai nostri modi di dire ai nostri gusti alimentari per finire fino ad aneddoti e tradizioni proprie di ogni famiglia. Insomma ognuno di noi è quello che in gran parte erano i suoi antenati.
Recuperare la storia di famiglia, significa ritrovare le tracce dei nostri antenati dove la parola “tracce” ha un significa profondo di conoscenza in senso lato. Marc Bloch affermava: ”Come prima caratteristica, la conoscenza di tutti i fatti umani nel passato, della maggior parte di essi nel presente, ha quella di essere […] una conoscenza per tracce. […] Che cosa intendiamo, in effetti, con documenti, se non una ‘traccia’, quanto a dire il segno percepibile ai sensi che ha lasciato un fenomeno in sé stesso impossibile a cogliersi?”  .
Ricostruire la storia di famiglia significa ridare, con l’aiuto dei documenti, la storicità agli individui che ci hanno preceduto e che hanno agito prima di noi nel tempo per capire il loro vissuto e le loro scelte. Perché non solo i nobili hanno fatto la storia, ma la storia è stata fatta da tutti gli uomini, anche nei loro piccoli gesti quotidiani, che, poco alla volta, hanno contribuito a cambiare la società . E solo capendo il vissuto dei nostri antenati possiamo aumentare la nostra comprensione della nostra società presente .
Questo studio è nato come ricerca genealogica sulla famiglia di mia moglie Raffaella Staltari e sul paese di Sant’Ilario Jonio, un centro di recente fondazione, risalente alla fine del XVI secolo, in cui la maggior parte degli odierni millecinquecento abitanti sono tutti legati da vincoli di parentela. La ricerca si è poi allargata a ogni contesto della vita quotidiana dalle nascite e dai matrimoni alle morti, passando per tutti gli atti che una persona poteva compiere in vita, cercando di carpire ogni più piccolo dettaglio della vita quotidiana.
La domanda che mi sono posto alla fine di questa ricerca è se fosse possibile avendo come base l’enorme mole di dati trovati, ricostruire una parte di storia di quella determinata zona e generalizzare una ricerca famigliare arrivando a fare luce proprio sugli aspetti della vita delle persone in Calabria soprattutto per il settecento e ottocento. A mio avviso, pur sempre con tutte le eccezioni che si potrebbero essere verificate, questo è possibile. In primo luogo poiché la ricerca è limitata ad un territorio relativamente piccolo come la Locride. In secondo poiché avendo preso in considerazione 727 antenati diretti, ritengo questo un numero sicuramente importante che permette di dare un buon peso allo screening effettuato e di avere un quadro chiaro e delineato.
Proprio per delineare meglio il quadro ho sviluppato la ricerca componendola di due parti: una prima parte in cui traccio una breve introduzione alla genealogia e al territorio studiato, analizzando i dati in mio possesso. Questa è la parte più discorsiva in cui vengono illustrati i risultati della ricerca.
La seconda parte invece è formata dalle tavole in cui ho inserito i dati che ho ricavato nel corso delle ricerche. Questa parte è quella in cui ho inserito i dati semplicemente come li ho trovati, in modo semplice e schematico per permettere meglio una più rapida comprensione dei legami storico – genealogici.
Dunque anzitutto chiarezza, al fine di raggiungere nel modo migliore gli scopi del presente studio. Il primo scopo di questo lavoro è il far luce sulla vita di tutti i giorni attraverso una seria ricerca genealogica per ridare una storicità alle numerose famiglie interessate. Il titolo “famiglie storiche dello Jonio” sta proprio a significare questo: riconsegnare a queste famiglie e queste persone la storicità documentale che ci permetta di capire come vivevano duecento o trecento anni fa. Senza falsa modestia, credo di aver, in parte almeno, centrato l’obiettivo che mi ero prefissato, anche se questo studio non può considerarsi un punto di arrivo ma, semmai, un punto di partenza dal quale continuare lo studio storico – genealogico sulla Locride e le sue famiglie.
In secondo luogo, infatti, mi piacerebbe fornire anche ad altri informazioni e dati per continuare studi di questo genere, che purtroppo nella zona della Locride non sono molti. Lo studio e la ricerca sono, a mio avviso, l’unico mezzo per rendere il giusto tributo al territorio e alle persone che lo hanno abitato e fatto grande.
Il Seicento è stato spesso classificato, in modo semplificativo, come cento anni di crisi e l’idea di una presunta decadenza politica, amministrativa, economica nonché demografica, si rafforzò soprattutto nell’Ottocento quando, a partire... more
Il Seicento è stato spesso classificato, in modo semplificativo, come cento anni di crisi e l’idea di una presunta decadenza politica, amministrativa, economica nonché demografica, si rafforzò soprattutto nell’Ottocento quando, a partire da Croce, si volle dare la responsabilità del decadimento del meridione d’Italia al malgoverno spagnolo.
Tuttavia sbaglia chi considera questo secolo esclusivamente in modo negativo perché così non fu, né a livello demografico né economico, e la storia sociale di questo secolo dipese più dalla congiuntura del determinato momento che invece da una costante pluridecennale unica. Il secolo, quindi, ebbe normali alti e bassi, in cui momenti di crescita demografica si susseguirono con tremende crisi di decessi, ed è questo che intendo indagare in questa relazione per quanto riguarda la Calabria Reggina.
A tal fine saranno utilizzate diverse fonti, che non sempre coincidono nelle loro indicazioni demografiche, come le rilevazioni ostiatim dei fuochi, le relazioni dei vescovi ad apostolorum limina e le registrazioni post tridentine di battesimi, matrimoni e sepolture. Tutti questi documenti saranno tra loro confrontati al fine di ricostruire un andamento generale di natalità, nuzialità e mortalità in Calabria lungo il seicento e, in questo modo, si tenterà di comprendere meglio la dinamica demografica, cercando di indagarne le cause.
Solamente in questo modo avremo un quadro più chiaro e riusciremo davvero a sapere quali furono i momenti positivi e quelli negativi in questa regione del Mezzogiorno italiano durante il XVII secolo.
Oltre dieci anni orsono trovai nell’archivio di Stato di Napoli un faldone che conteneva le deduzioni dei fuochi di Condojanni in Calabria Ultra nell’anno 1597: sono pochi fogli eppure molto interessanti, poiché ci rimandano a un... more
Oltre dieci anni orsono trovai nell’archivio di Stato di Napoli un faldone  che conteneva le deduzioni dei fuochi di Condojanni  in Calabria Ultra nell’anno 1597: sono pochi fogli eppure molto interessanti, poiché ci rimandano a un periodo per il quale abbiamo un numero limitato di documenti in questa zona dell’Italia meridionale Il feudo di Condojanni aveva avuto varie vicissitudini nel medioevo, conteso tra il demanio e i Ruffo di Sinopoli, passando poi all’inizio del viceregno ai Marullo, famiglia messinese che resse il feudo per buona parte del Cinquecento, fino al fallimento . Nel 1588 fu, infine, acquistato dai Carafa di Roccella  che porranno in essere una serie di politiche volte al rilancio del feudo, culminate nel 1635 con la rifondazione dell’antico casale di San Paolo , rinominato Sant’Ilario  e posto a circa un chilometro da Condojanni. Questo documento che ho trovato, dunque, si pone subito dopo l’acquisto Carafa e prima della rifondazione di Sant’Ilario, a ridosso della numerazione del 1595 quando nel centro di Condojanni erano stati contati 198 fuochi . L’atto in esame, redatto in Calabria alla fine del 1597 e registrato in Napoli nel febbraio 1598, tenta di far dedurre dal conto generale 19 fuochi. Ciò appare senz’altro degno di nota poiché ci testimonia anzitutto il veloce cambiamento sociale cui erano sottoposti i comuni: il mutamento del 10% dei nuclei familiari di un paese nel giro di 1-2 anni sarebbe oggi qualcosa di impensabile. Invece, ciò all’epoca era dovuto sia all’alta natalità e mortalità sia alla forte mobilità che portava le persone a spostarsi in cerca di lavoro e in cerca di una vita migliore.
Lo scopo di questo studio sarà, dunque, quello di portare alla luce lo spaccato della società di un paese calabrese alla fine del XVI secolo attraverso l’esame di questa deduzione di fuochi, confrontando anche i dati ottenuti sia con le numerazioni dei fuochi coeve , redatte nel 1598 a Iatrinoli , Varapodio  e Zurgonadi , sia con documenti censuali di Condojanni  e Sant’Ilario  redatti a metà Settecento, per comprendere meglio il territorio e le sue dinamiche demografiche.
È noto che Leonardo di Noblac, conosciuto anche come san Leonardo abate, eremita o confessore, fu uno dei santi più venerati nell’Europa medioevale, poiché aveva la potestà, datagli dal re, di liberare i prigionieri e per tale motivo è... more
È noto che Leonardo di Noblac, conosciuto anche come san Leonardo abate, eremita o confessore, fu uno dei santi più venerati nell’Europa medioevale, poiché aveva la potestà, datagli dal re, di liberare i prigionieri e per tale motivo è sempre stato il protettore di chi era in carcere, ingiustamente condannato. La sua agiografia ci narra che egli nacque in Gallia da una famiglia di nobili circa nel 496 e fu battezzato da San Remigio di Reims con il re dei franchi Clodoveo che gli fece da padrino, forse essendo un suo parente. Divenuto adulto, egli si rifiutò di dedicarsi alla carriera cavalleresca per vivere da eremita nella foresta di Pauvain, nel Limosino, dove edificò un oratorio intitolato a Nostra Signora di sotto gli alberi. Intorno a questo monastero si andò formando una città che inizialmente prese il nome di Noblac e oggi è chiamata Saint Leonard de Noblat .
La diffusione del culto di questo Santo fu immediata sotto il regno dei Merovingi prima e dei Pipinidi poi, ma fu a partire dall’XII secolo che conobbe una espansione oltre i confini francesi, con i pellegrinaggi a Noblac nel 1106 di Boemondo I d'Altavilla e nel 1197 di Riccardo Cuor di Leone, i quali qui si recarono a ringraziare il santo dopo essere stati liberati dalla prigionia. In Italia la sua devozione fu sostenuta proprio dalla famiglia d’Altavilla e i normanni compirono diverse fondazioni nei luoghi dove esercitavano la loro influenza  Il Santo è particolarmente celebrato a Catania, Trapani, Agrigento, Messina e nell'isola di Procida.
La devozione al Santo limosino potrebbe, dunque, essere ricondotta anche nella diocesi di Gerace sia a questo periodo normanno sia a un periodo più recente, da porre magari durante l’età moderna. Di conseguenza tenterò di descrivere gli elementi in nostro possesso sulla diffusione del culto del Santo di Noblac in questa diocesi della Calabria meridionale.
Alcuni anni fa facemmo nel forum IAGI un’accesa discussione sull’origine dell’Ordine del Santo Sepolcro e sulla sua natura durante l’età moderna , nella quale non ci fu unanimità di vedute sulla fondazione e sulla storia di questa... more
Alcuni anni fa facemmo nel forum IAGI un’accesa discussione sull’origine dell’Ordine del Santo Sepolcro e sulla sua natura durante l’età moderna , nella quale non ci fu unanimità di vedute sulla fondazione e sulla storia di questa istituzione. Anche tra gli studiosi contemporanei, il dibattito storico è stato, soprattutto negli ultimi anni, molto vivace e se taluni hanno rivendicato per l’Ordine una strettissima continuità con i Canonici Regolari di Gerusalemme, altri hanno messo in dubbio questo collegamento facendo risalire i primi Cavalieri del Santo Sepolcro solamente agli anni Trenta del XIV secolo .
Al problema delle origini si è aggiunto anche quello relativo alla funzione dei francescani che, sebbene crearono i cavalieri a partire dal Quattrocento, in un periodo precedente avevano solamente il ruolo di presiedere alla parte religiosa dei riti. Abbiamo numerose testimonianze, infatti, che durante il XIV e il XV secolo a fare le investiture sul Sepolcro di Cristo erano veri cavalieri europei, che spesso erano solamente in visita in Terra Santa .
A complicare il quadro, come ben noto, nel 1489, con la bolla Cum solerti meditatione, Papa Innocenzo VIII fece confluire i Canonici Regolari nell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, un provvedimento che ebbe molte conferme con numerose bolle papali anche successive , così che da quel tempo il Gran Maestro di quei Cavalieri si qualifica anche come Militaris Ordinis Sancti Sepulcri Dominici Magister. A partire dal XVI secolo, dunque, sia i Giovanniti sia i Francescani rivendicarono un allaccio diretto con i Canonici Regolari: i primi per l’avvenuta incorporazione, i secondi perché ne reclamavano l’eredità storica. Si creò in questo modo, una situazione complessa da districare, probabilmente anche per chi viveva quell’epoca.
Da questi punti è partita la mia riflessione volta a comprendere cosa ne pensavano della questione gli studiosi dell’età moderna. In questo breve saggio, quindi, non analizzerò i documenti creati nell’ambito dei Francescani di Terra Santa, della Santa Sede o degli stessi cavalieri investiti, cosa peraltro già fatta in moltissimi lavori, ma mi limiterò a esaminare i trattati cavallereschi, dal Cinquecento al Settecento, cercando di comprendere il punto di osservazione, che gli scrittori eruditi del tempo avevano sui Canonici Regolari di Gerusalemme o sulle investiture dei francescani, e la percezione dell’Ordine del Santo Sepolcro durante l’età moderna.
La grande carestia del 1763-64 in Calabria Ultra Il 1764 fu un anno terribile nell’Italia meridionale: è stato ricordato da molti cronisti coevi come “l’anno della fame”, poiché, a causa della carestia che attanagliò Napoli e tutte le... more
La grande carestia del 1763-64 in Calabria Ultra Il 1764 fu un anno terribile nell’Italia meridionale: è stato ricordato da molti cronisti coevi come “l’anno della fame”, poiché, a causa della carestia che attanagliò Napoli e tutte le province del Regno, la mortalità toccò punte catastrofiche.
Le cause di questa grave crisi alimentare sono state rintracciate da diversi studiosi fondamentalmente in due motivi: la scarsità dei raccolti dovuti alle annate di maltempo e la volontà di alcuni grossi produttori di trarre spregiudicati profitti dalle variazioni del prezzo del grano sul mercato.
Il notevole aumento di mortalità, però, non fu dovuto esclusivamente alla classica “crisi di sussistenza” ma soprattutto alla conseguente epidemia sopraggiunta a metà del 1764, trovando una popolazione già stremata. Sulle stime di questo disastro demografico non c’è ancora oggi chiarezza: Bernardo Tanucci sostenne che il numero dei morti nel Regno ammontava a circa trecentomila, mentre altri studiosi ne hanno ridotto il numero a circa duecentomila.
Se, però, per Napoli e altre province del Regno sono stati pubblicati numerosi studi e abbiamo molte informazioni, poco sappiamo su ciò che avvenne nelle province più periferiche del Regno stesso, come la Calabria. Lo scopo di questo studio sarà, dunque, quello di analizzare l’entità di questa crisi nel Reggino, cercando di valutare sia l’intensità sia la reale diffusione del fenomeno, al fine di capirne sia le cause sia gli effetti.
La stampa degli atti del III Colloquio di Studi Storici sulla Calabria Ultra, completa un percorso che il Circolo di Studi Storici “Le Calabrie” ha avviato, 12 anni or sono, insieme alla Fondazione Bedini-Staltari, promotrice dei... more
La stampa degli atti del III Colloquio di Studi Storici sulla Calabria Ultra, completa un percorso che il Circolo di Studi Storici “Le Calabrie” ha avviato, 12 anni or sono, insieme alla Fondazione Bedini-Staltari, promotrice dei Colloqui, con il Patrocinio del Comune di Sant’Ilario dello Jonio e della Deputazione di Storia Patria per la Calabria. L’adesione del Circolo all’iniziativa è stata in linea con i fini statutari del sodalizio che sono quelli della ricerca e della divulgazione di storia, arte e archeologia della Calabria di età medievale e moderna.
Tanti anni sono passati da quando l’allora neo socio Alessio Bruno Bedini propose al direttivo e all’assemblea del Circolo lo svolgimento di questi incontri su un tema ogni volta nuovo, che coinvolgessero studiosi del Circolo e anche esterni. I Colloqui di Studi Storici sulla Calabria Ultra di Sant’Ilario-Condojanni, svoltisi in un momento di ancora precoci fermenti di rinascita dell’antico capoluogo del Comune, Condojanni, possono essere ben considerati antesignani e compartecipi del risveglio culturale del centro che ha avuto maggiore sviluppo in questi ultimi anni grazie all’iniziativa privata e pubblica. Sono nate associazioni, si sono animati centri di arte e attività culturali; inoltre c’è stato il recupero di tante abitazioni storiche prima abbandonate. Oggi il recupero dell’edilizia storica prosegue anche nel settore pubblico per l’edificio simbolo di Condojanni, cioè il suo castello medievale: grazie ai finanziamenti che il Comune ha saputo reperire, infatti, si stanno svolgendo le indagini archeologiche e diagnostiche e il restauro finalizzato alla sua valorizzazione e fruizione, del castello feudale che fu dei Ruffo, dei Marullo e dei Carafa.
Dal 2008 al 2010 si sono svolte tre riuscitissime edizioni dei Colloqui di Studi Storici sulla Calabria Ultra, salutate con molta soddisfazione dal Circolo stesso e dagli studiosi; con rammarico non si è più potuto dare seguito ad ulteriori edizioni per vari motivi organizzativi. Gli incontri sono stati seguiti dalla stampa degli atti dei primi due Colloqui in tempi piuttosto brevi, volumi che hanno avuto una certa diffusione grazie anche all’edizione on line che ne è stata fatta. Diversamente da quella dei primi due, la stampa degli atti del terzo Colloquio ha avuto una storia più tortuosa che finalmente oggi si conclude felicemente. Un sentito ringraziamento va ai relatori di allora, nonché autori di questo volume, lo stesso Alessio Bruno Bedini, Vincenzo Cataldo, Carmela Maria Spadaro; inoltre al presidente della Fondazione Bedini-Staltari, Roberto Bedini e al Comune di Sant’Ilario che ha sempre ospitato gli incontri nelle proprie strutture.
Lo svolgimento del III Colloquio di Studi Storici sulla Calabria Ultra si è posto a metà della vita stessa del Circolo che lo scorso anno ha festeggiato i venti anni dalla sua fondazione; la stampa degli atti ad esso relativo, di fatto, suggellano ulteriormente l’intensa attività legata al ventennale del sodalizio. Sono stati per il Circolo venti anni densi di incontri di studi ed attività varie, tra cui un significativo posto meritano le iniziative editoriali che vertono intorno alla pubblicazione della rivista Studi Calabresi, giunta al suo 11° numero, ai vari Taccuini di Studi Calabresi, ai suoi Supplementi. Il Circolo è oggi impegnato anche nell’edizione degli atti di importanti convegni organizzati dallo stesso sodalizio, come la recentissima pubblicazione del volume dedicato al Convegno di Studi in memoria di Mario Pellicano Castagna del 2018 su Sistema feudale e civiltà mediterranea, per i tipi di Guida Editori. Inoltre, è in corso la redazione del volume di atti del convegno che ha concluso le iniziative di celebrazione del ventennale, dal titolo La Calabria e il Mediterraneo nel Seicento. Il 22-23-24 novembre del 2019, infatti, si è svolto a Vibo Valentia, con il patrocinio di prestigiosi Atenei e Istituti culturali, un Convegno internazionale che ha visto la partecipazione di eminenti cattedratici provenienti da molte università italiane e straniere e di ricercatori di Storia Moderna; inoltre c’è stata l’esposizione del prezioso Codice Romano Carratelli (fine sec. XVI), una sorta di Atlante del sistema di fortificazione della Calabria Ultra unico nel suo genere.
Il Circolo, dunque, in questi ormai quasi ventuno anni di attività, ha raggiunto soddisfacenti e prestigiosi traguardi, ponendosi in Calabria come un riferimento nella ricerca e come partner delle principali Istituzioni culturali e accademiche calabresi (e non solo) in importanti progetti di ricerca e di valorizzazione del patrimonio storico e materiale calabrese. La sua azione nel tessuto culturale della regione spazia dalla conoscenza del territorio allo studio di manufatti e tematiche le più varie, all’organizzazione di eventi culturali quali convegni, presentazioni di volumi, organizzazione di mostre, ideazione e realizzazione di percorsi di studio e valorizzazione.
In tale prospettiva di azione si è svolta la collaborazione con la Fondazione Bedini-Staltari che si auspica possa portare all’attuazione di ancora nuovi progetti e pubblicazioni nell’ottica di scoprire e divulgare la storia sommersa di luoghi e tematiche solo apparentemente confinati in una dimensione locale. La microstoria, se basata su un metodo rigoroso, è imprescindibile nella ricostruzione delle dinamiche storiche generali; essa ben si inserisce nel panorama storiografico maggiore, contribuendo al progresso della ricerca. Per questa ragione, ben vengano ancora iniziative come i Colloqui di Studi Storici sulla Calabria Ultra che hanno assolto tale funzione con ottimi risultati, come si può giudicare dal presente volumetto.

Marilisa Morrone
La nobiltà del Regno di Napoli in età moderna è un argomento molto complesso che, seppure sia stato studiato da una moltitudine di persone, ha ancora molto da raccontarci. In particolare sebbene conosciamo il ruolo e le funzioni... more
La nobiltà del Regno di Napoli in età moderna è un argomento molto complesso che, seppure sia stato studiato da una moltitudine di persone, ha ancora molto da raccontarci. In particolare sebbene conosciamo il ruolo e le funzioni attribuite alla nobiltà, meriterebbero ancora un approfondimento le distinzioni che anche all’interno dello stesso ceto nobiliare esistevano. Spesso infatti si parla di nobiltà in modo generico senza troppo distinguere, pratica del tutto errata poiché nella mentalità del tempo esistevano diversi tipi di nobili. Le differenze tra di essi però non erano un mero dato giuridico, poiché tutti avevano i diritti che lo Stato garantiva al loro ceto, quanto piuttosto sociale: il prestigio derivante da determinati parametri. Il compito di questo mio breve studio sarà dunque quello di indagare queste qualità che il nobile doveva avere per far parte della cerchia più importante del ceto e di come l’ascrizione nell’Ordine di Malta costituisse un’ulteriore elevazione della famiglia attraverso il riconoscimento sociale della sua nobiltà.
L’età moderna fu caratterizzata da numerose epidemie che periodicamente falcidiarono la popolazione mantenendone lo sviluppo sempre circoscritto entro determinati limiti. L’ultima grande epidemia di peste che scoppiò in Europa, fu quella... more
L’età moderna fu caratterizzata da numerose epidemie che periodicamente falcidiarono la popolazione mantenendone lo sviluppo sempre circoscritto entro determinati limiti. L’ultima grande epidemia di peste che scoppiò in Europa, fu quella di Reggio e Messina nel 1743, la quale causò decine di migliaia di morti annichilendo la vita dello Stretto e di numerosi centri, che poi impiegarono molto tempo per risollevarsi. Lo scopo di questo studio è stato quello di analizzare l’entità di questa crisi nel Reggino, cercando di valutare sia l’intensità sia la reale diffusione del fenomeno al fine di capirne le cause e gli effetti. A questo fine, sono stati analizzate 21 serie parrocchiali di sepoltura, riferite a questa zona della Calabria Meridionale, ed è stato determinato il concetto di mortalità ‘normale’ nel ventennio 1740-1759. In seguito, si è stabilito per ogni anno l’aumento o il decremento percentuale rispetto alla normalità in ogni parrocchia. In questo modo è stato possibile operare confronti tra le diverse parrocchie, individuando l’intensità e la diffusione della peste del 1743-1744.


The modern age was characterized by numerous epidemics that periodically mowed down the population keeping its development always limited within certain limits. The last great plague epidemic that broke out in Europe was that of Reggio and Messina in 1743, which caused tens of thousands of deaths annihilating the life of the Strait and of many towns, which then took a long time to recover. The purpose of this study was to analyze the extent of this crisis in the Reggio Calabria area, trying to assess both the intensity and the actual spread of the phenomenon in order to understand its causes and effects. With this goal, 21 parish burial series were analyzed, referring to this area of Southern Calabria, and the concept of ‘normal’ mortality was determined in the twenty years 1740-1759. Subsequently, the percentage increase or decrease compared to normality in each parish was established for each year. In this way it was possible to make comparisons between the various parishes, identifying the intensity and spread of the plague of 1743-1744.
Un volume fondamentale per lo studio dei Cavalieri di Malta in Calabria è stato, senza dubbio, “Processi di Cavalieri Gerosolimitani Calabresi” pubblicato da Mario Pellicano Castagna nel 1978 per i tipi della Frama Sud. In questo lavoro,... more
Un volume fondamentale per lo studio dei Cavalieri di Malta in Calabria è stato, senza dubbio, “Processi di Cavalieri Gerosolimitani Calabresi” pubblicato da Mario Pellicano Castagna nel 1978 per i tipi della Frama Sud. In questo lavoro, lo studioso calabrese, non solo ha raccolto i processi dei cavalieri conservati a Malta presso la Royal Library, ma ha cercato di comprendere meglio il ruolo dei cavalieri nella società di età moderna, attraverso lo studio dei processi stessi. La sua intenzione, messa per iscritto nello stesso volume, era quella di raccogliere anche i processi conservati a Roma, Napoli e Palermo, al fine di «sottrarre alla fatale ingiuria del tempo e portare a conoscenza di quanti si occupano di studi storico-araldici un patrimonio documentario quanto mai interessante e vasto, e quasi del tutto sconosciuto», ma la prematura scomparsa gli ha impedito di portare a termine questo progetto.
A distanza di quarant’anni, seguendo, per quanto possibile, il solco tracciato da Pellicano Castagna riprendo oggi questo progetto, indagando gli Archivi Magistrali SMOM di Roma, una vera e propria miniera di documenti per buona parte ancora inediti, un immenso archivio dal quale emergono volumi, chiusi trecento anni fa e mai più aperti, che ci testimoniano come durante l’età moderna centinaia di ragazzi calabresi, insieme agli appartenenti alle famiglie nobili di tutta Europa, lasciarono le loro terre e i loro cari per dedicare, sull’isola di Malta, la loro esistenza a servire Cristo nella lotta contro gli infedeli.
Molti studiosi hanno dibattuto se fosse davvero stato possibile morire di fame durante l’età moderna. L’inglese John Graunt, padre della demografia, sosteneva la quasi impossibilità della morte per inedia, poiché, a suo dire, nel 1662 su... more
Molti studiosi hanno dibattuto se fosse davvero stato possibile morire di fame durante l’età moderna. L’inglese John Graunt, padre della demografia, sosteneva la quasi impossibilità della morte per inedia, poiché, a suo dire, nel 1662 su 229.250 defunti a Londra solamente 51 erano deceduti per fame, escludendo i neonati dati a balia la cui morte era invece da imputarsi all’incuria, all’ignoranza e alle malattie .  Furono i lavori di Jean Meuvret  e, soprattutto, di Pierre Goubert  che, a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo, posero diversi interrogativi sul rapporto tra prezzi dei cereali e incremento della mortalità. La “teoria delle crisi di sussistenza” sosteneva che fosse proprio la fame il motore demografico, determinando diffuse annate negative e quindi il riflusso della popolazione.
D’altra parte il classico modello malthusiano prevede che, raggiunto un determinato limite, il sistema produttivo è incapace di adeguare le risorse alimentari alla crescente dimensione della popolazione, generando un malessere demografico, che era acuito dalla sottoalimentazione in cui vivevano le persone. Questa interpretazione dei freni repressivi è stata però contestata da diversi storici  e ancora ne 1966 Pierre Chaunu riteneva che neppure durante l’età moderna si potesse morire esclusivamente di inedia . Athos Bellettini  e Thomas McKeown  hanno sostenuto che le grandi epidemie non possono essere correlate alle carenze alimentari, propendendo, dunque, per l’indipendenza dei grandi cicli epidemici dalle condizioni di vita delle popolazioni , mentre una critica a queste posizioni è invece arrivata da Massimo Livi Bacci .
Forse cercare chi ha maggiori responsabilità tra carestie ed epidemie nelle grandi catastrofi demografiche è poco rilevante, poiché entrambe hanno da sempre mietuto molte vittime, spesso l’una insieme all’altra. Anche analizzare il rapporto tra gli elevati prezzi del grano durante le congiunture negative e l’accrescimento di mortalità può essere poco significativo poiché eventualmente non sarebbe stato l’elevato prezzo a causare un rialzo dei decessi, quanto la scarsità di cereali. Se la merce non è presente sul mercato allora il prezzo è ininfluente per la commercializzazione. Ai fini di questa indagine, ritengo essere più importante l’analizzare la denutrizione in età moderna, che poteva essere, invece, la causa sia, in modo diretto, della morte per fame sia, in modo indiretto, del decesso per malattie, che si innestavano su una popolazione già provata da una cronica sottoalimentazione. Anche una semplice influenza può portare un corpo debilitato alla morte. In entrambi i casi, insomma, si tratta di decessi in cui la denutrizione ha un ruolo fondamentale nella causa di morte.
Questo elemento è abbastanza visibile nel Seicento del Mezzogiorno italiano, in particolare a partire dagli anni Quaranta, quando si manifestò un vero e proprio riflusso economico, demografico e sociale, dovuto a molteplici fattori. Conosciamo bene quanto accaduto nel Regno con la rivolta di Masaniello del 1647 o la gravissima peste del 1656, che sconvolse moltissime province. Anche la Calabria Reggina non fu immune da questi fenomeni globali, che percorsero tutta l’Europa, ma in questa regione il momento peggiore del XVII secolo è rappresentato dalla carestia del 1672, quando molte fonti riportano un’altissima mortalità. Il mio scopo sarà, dunque, quello di analizzare l’intensità e la diffusione di questa crisi nella Calabria Reggina, al fine di valutare meglio quanto le annate di carestia e di scarsità dei cereali hanno contribuito ad aggravare la denutrizione della popolazione e la sua conseguente decimazione.
La famiglia Ruffo fu una antica famiglia che dominò molti feudi dell’Italia meridionale, e in particolare in Calabria, le cui origini si perdono nel passato, dato che le cronache parlano di suoi appartenenti sia nel periodo bizantino, sia... more
La famiglia Ruffo fu una antica famiglia che dominò molti feudi dell’Italia meridionale, e in particolare in Calabria, le cui origini si perdono nel passato, dato che le cronache parlano di suoi appartenenti sia nel periodo bizantino, sia nel periodo normanno. Molti hanno scritto di questa importante famiglia fin dall’antichità e sicuramente sono molto interessanti gli aspetti che ne hanno caratterizzato la lunga storia.
Tra i vari rami in cui si è divisa la stirpe nel periodo a cavallo tra medioevo ed età moderna, nello specifico da molti anni sto cercando di ricostruire il filo genealogico dei Ruffo che si insediarono nel geracese, nei feudo di Condojanni , Placanica , Brancaleone  e Palizzi  e nel 2006 facemmo una bella discussione con Davide Shamà sul forum IAGI . I problemi di questo studio, però, sono molti a cominciare dalla mancanza di documenti nell’Archivio di Stato di Napoli, che per la maggior parte sono andati distrutti durante i noti ultimi eventi bellici. Inoltre, gli antichi studiosi che hanno studiato questa famiglia si sono concentrati soprattutto sulle linee di Catanzaro, Sinopoli e Montalto, lasciando a linee minori come questa solo brevi cenni, tra l’altro spesso contraddittori.
In questo breve articolo, dunque, cercherò di mettere insieme le testimonianze degli studiosi che hanno visto documenti oggi perduti, con altre fonti indirette e documenti coevi, al fine di porre all’attenzione del mondo scientifico la nascita, lo sviluppo e la fine di questa linea della famiglia Ruffo, cercando di comprendere in modo migliore la loro genealogia, le loro strategie e gli eventi che accaddero .
Il Settecento fu, nel Mezzogiorno d’Italia, un periodo ricco di vicissitudini politiche che si rifletterono anche sull’andamento economico, demografico e sociale. La storiografia classica lo considera un periodo positivo, di rinascita... more
Il Settecento fu, nel Mezzogiorno d’Italia, un periodo ricco di vicissitudini politiche che si rifletterono anche sull’andamento economico, demografico e sociale. La storiografia classica lo considera un periodo positivo, di rinascita dopo un secolo, il diciassettesimo, considerato negativamente, anche se un lasso di tempo così vasto e complesso, deve essere indagato dettagliatamente nelle sue dinamiche congiunturali al fine di carpirne meglio le sfumature. A livello demografico, infatti, anche questo secolo, come i precedenti, ebbe normali oscillazioni, in cui momenti di crescita si alternarono con gravi crisi di decessi, ed è questo che indagherò in questo articolo per quanto riguarda la Calabria reggina.
In questo territorio, nel XVIII secolo, sono note le crisi del 1743 dovute alla peste e la grande carestia del 1763, ma ad oggi non abbiamo studi dettagliati sulla cronologia completa delle crisi di mortalità e sull’intensità di tali eventi. Lo scopo di questo studio sarà, dunque, quello di analizzare gli anni esatti in cui ci furono rialzi rispetto alla normale media di decessi nel Reggino, valutando l’intensità delle crisi per capirne la gravità. Si cercherà infine di comprendere la reale diffusione del fenomeno in tutta la zona al fine di osservare se queste crisi siano state fenomeni locali o generalizzati per meglio indagarne le cause.
A partire dagli ultimissimi anni dei Cinquecento e poi soprattutto nella prima metà del Seicento si sviluppò in Calabria un processo di colonizzazione interna che rappresentò uno dei fenomeni più importanti di trasformazione del... more
A partire dagli ultimissimi anni dei Cinquecento e poi soprattutto nella prima metà del Seicento si sviluppò in Calabria un processo di colonizzazione interna che rappresentò uno dei fenomeni più importanti di trasformazione del territorio e della società. Nella Calabria reggina tirrenica nel 1617 il Principe di Gerace Girolamo Grimaldi, in quanto Duca di Terranova, chiese ed ottenne l’assenso del Consiglio Collaterale per la riedificazione di due Casali, denominati Curtuladi e San Leo, che uniti a 4 altri si trovavano distrutti e disabitati. Il seguente anno poi fu fondato Casalnuovo destinato a diventare in pochissimo tempo una città molto importante della zona. Nella Calabria reggina ionica, tra il 1591 e il 1592 ebbero vita i centri di Fabrizia, Caraffa, Turris Ciamuti, San Luca, mentre Bombile fu ripopolato dato che era deserto similmente a molti paesi tra Brancaleone e Bruzzano, con popolazioni provenienti dall’Albania.
Questo processo di rifeudalizzazione, dovuto sia ad aumenti della popolazione sia della produzione agricola, arrivò dopo che nel XV e XVI secolo la regione aveva vissuto un lungo tempo in cui, pur avvicendandosi periodi di crisi e di crescita, la popolazione non aveva mai superato determinati limiti demografici. La riedificazione di antichi casali medievali andati spopolati nel corso della prima età moderna, potrebbe quindi significare che il periodo tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento fu una svolta importante, per la storia della regione, in cui la popolazione tornò a livelli medievali, precedenti le incursioni saracene e gli impaludamenti della costa.
Indagando in questa direzione, mi sono chiesto, se anche San Paolo casale di Gerace in Calabria Ultra, studiato da molti ma con pochi risultati negli ultimi duecento anni, fosse stato nel Seicento rifondato, forse con un nuovo nome. D’altro canto sarebbe logico immaginare che un signore feudale del Seicento che avesse voluto fondare un paese avrebbe preferito costruire su strutture pre esistenti, che potevano essere di origine medievale piuttosto che ex novo, in un posto dove prima non c’era nulla. Lo scopo di questo studio sarà quindi quello di indagare ancora le vicende di San Paolo Casale di Gerace cercando di comprendere meglio la sua storia e introducendo delle nuove ipotesi.
Il XVII secolo è in genere considerato un periodo travagliato per via delle numerose vicissitudini che lo caratterizzarono specialmente nell’Italia meridionale: sono note le vicende del Regno di Napoli nel Seicento, dalle riforme del... more
Il XVII secolo è in genere considerato un periodo travagliato per via delle numerose vicissitudini che lo caratterizzarono specialmente nell’Italia meridionale: sono note le vicende del Regno di Napoli nel Seicento, dalle riforme del Conte di Lemos negli anni Dieci alla rivolta di Masaniello del 1648, dalla grande peste del 1656 alla guerra ispano-francese di Messina nel 1678. Tuttavia sbaglia chi considera questo secolo esclusivamente in modo negativo perché così non fu, né a livello demografico né economico, e la storia sociale di questo secolo dipese più dalla congiuntura del determinato momento che invece da una costante pluridecennale unica. Il secolo, quindi, ebbe normali alti e bassi, in cui momenti di crescita si susseguirono con tremende crisi di decessi, ed è questo che intendo indagare in questo articolo per quanto riguarda la Calabria reggina. E' importante in questo senso comprendere la cronologia delle crisi di mortalità, analizzando gli anni esatti in cui sono avvenute, l’intensità per capirne la gravità e infine la diffusione, al fine di osservare se si è trattato di un fenomeno locale o generalizzato per meglio indagarne le cause. Solamente in questo modo avremo un quadro più chiaro del secolo e riusciremo davvero a sapere quali furono i periodi positivi e quelli negativi.
La Calabria reggina di età moderna se da una parte non fu danneggiata dalle grandi epidemie del 1628 e del 1656, come il resto d’Italia, fu toccata da vari fenomeni di grandi crisi dovuti alla carestia nel 1591, nel 1672 e nel 1763 ma... more
La Calabria reggina di età moderna se da una parte non fu danneggiata dalle grandi epidemie del 1628 e del 1656, come il resto d’Italia, fu toccata da vari fenomeni di grandi crisi dovuti alla carestia nel 1591, nel 1672 e nel 1763 ma anche da fenomeni epidemici come la grande peste di Reggio del 1743. Accanto a queste crisi note però vi furono anche decine e decine di crisi meno note che coinvolsero il territorio in diversi modi.
Obiettivo di questo studio è dunque anzitutto elaborare il livello di mortalità normale nella Calabria reggina di età moderna e poi delineare le oscillazioni della mortalità, cioè l’intensità, la frequenza e la diffusione geografica delle crisi misurando le variazioni.
La dinamica, le componenti e le determinanti della mortalità prima della transizione demografica sono degli aspetti ancora poco studiati per la storia della popolazione della Calabria anche se molto interessanti. Infatti, una dinamica... more
La dinamica, le componenti e le determinanti della mortalità prima della transizione demografica sono degli aspetti ancora poco studiati per la storia della popolazione della Calabria anche se molto interessanti. Infatti, una dinamica demografica del tutto propria ha caratterizzato la Calabria soprattutto nella parte meridionale in età moderna, con un’assenza delle grandi crisi di mortalità, che invece hanno colpito le altre province del Regno di Napoli, compensata però da numerose piccole crisi, soprattutto locali.
Rimandando lo studio sulla dinamica demografica generale ad un lavoro più ampio in questa sede esaminerò alcune componenti e determinanti della mortalità calabrese in età moderna, attraverso la valutazione dei diversi livelli di mortalità secondo il mese di decesso. Infatti, mentre oggi la mortalità sostanzialmente non ha grandi scostamenti da un mese all’altro, in età moderna c’erano specificatamente dei mesi in cui il livello di mortalità era bassissimo ed altri in cui era altissimo. Questo perché quanto più basso è il livello di sviluppo di una società, tanto più elevata è la sua esposizione verso certe forzanti esterne.
Molti anni orsono trovai tra i numerosi documenti dell’archivio della diocesi di Locri-Gerace un volume in cui sono conservati alcuni stati d’anime redatti nel paese di Sant’Ilario del Jonio alla metà del Settecento . Questi documenti... more
Molti anni orsono trovai tra i numerosi documenti dell’archivio della diocesi di Locri-Gerace un volume in cui sono conservati alcuni stati d’anime redatti nel paese di Sant’Ilario del Jonio alla metà del Settecento . Questi documenti sono molto danneggiati poiché sono stati esposti nel corso degli ultimi secoli a molta incuria e nonostante i pregevoli tentativi di restauro di Padre Antonio Finocchiaro, direttore dell’archivio, sono di difficile comprensione. Uno dei problemi maggiori, oltre alla scrittura sciatta e disordinata o le frequenti macchie di inchiostro e acqua, è il fatto che le pagine sono state scompaginate tra loro e in seguito mentre alcune di loro sono andate perdute altre sono state assemblate in maniera diversa da come erano originariamente. Attraverso un lungo lavoro di lettura e comprensione ho individuato nelle pagine 11v-22v lo stato d’anime del 1748 che sembra l’unico ad essere arrivato fino a noi completo e nella stessa disposizione in cui era originariamente. In questo documento censuario ho individuato, attraverso la ricostruzione nominativa, 142 nuclei familiari. Successivamente ho confrontato i nominativi e i nuclei del 1748 con  quelli presenti negli altri stati d’anime ricostruendo in buona parte anche gli altri documenti. I fogli 1v-r del volume sono dello stato d’anime del 1749 e corrispondono ai nuclei 39-53 del 1748 mentre i fogli 2r-11r sono relativi al 1747 e coprono i nuclei 26-142 del 1748. I fogli 23r-25v sono ancora relativi al 1749 e ai nuclei 1-37 del 1748. Cercando ancora in vari documenti dell’archivio diocesano ho individuato in un altro volume prevalentemente di sepolture  due fogli relativi a questi stati d’anime: il primo relativo al 1747 contiene i nuclei 1-13 mentre il secondo relativo al 1749 contiene i nuclei 54-65. Dunque se lo stato d’anime del 1748 è completo, mancano per il 1747 circa 25 nuclei e per il 1749 circa 75 nuclei. Per il presente lavoro utilizzerò pertanto lo stato d’anime completo appoggiandomi però, quando sarà necessario, anche alla lettura degli altri stati d’anime.
Lo scopo di questa ricerca anzitutto è quello di portare alla luce lo spaccato della vita quotidiana di un paese calabrese alla metà del XVIII secolo attraverso la lettura dello stato d’anime di Sant’Ilario nel 1748. In secondo luogo è possibile confrontare i dati ottenuti per Sant’Ilario con quelli presenti nei catasti onciari coevi di paesi confinanti come Condojanni , Ardore , Gerace  e Canolo  in modo da trovare alcune risposte a quesiti di natura demografica sulla zona a metà settecento.
A livello metodologico occorre subito dichiarare che probabilmente le età dichiarate dal parroco non sono precise  ma in epoca in cui non esisteva stato civile e non esistevano documenti personali anagrafici  possiamo ritenere soddisfacente l’approssimazione con la quale sono state descritte le età.
Raccontare la storia è un servizio amorevole reso agli uomini, che in quanto è accaduto nel passato possono trovare alcune radici della storia presente, individuare le origini di determinate tradizioni, rendersi conto di alcuni toponimi... more
Raccontare la storia è un servizio amorevole reso agli uomini, che in quanto è accaduto nel passato possono trovare alcune radici della storia presente, individuare le origini di determinate tradizioni, rendersi conto di alcuni toponimi del proprio territorio, ammirare le gesta compiute dai propri antenati, conservare la memoria del passato, custodendo tutto ciò che di tale passato è giunto fino a noi, individuare i motivi di vanto e di incitamento ad essere costruttori attenti della storia che si costruisce e si vive.
Il II Colloquio di Studi Storici della Calabria Ultra, svoltosi a S. Ilario dello Jonio nell’aprile dello scorso anno, è una delle tante iniziative culturali promosse sul territorio della Locride per raccontare la storia del nostro passato.
Il tema trattato nel predetto Colloquio è stato: “Confraternite, ospedali e benefici nell’età moderna”.
Questo mio scritto introduce la raccolta delle relazioni che in esso hanno tenuto eminenti studiosi.
Come afferma il prof. Naymo nell’introduzione, il tema sviluppato dalle dotte relazioni degli studiosi si è rivelato importante per la ricaduta significativa che queste istituzioni hanno avuto in campo socio-economico; lo studio di esse infatti ci aiuta “a conoscere meglio l’articolazione del tessuto sociale calabrese e le dinamiche presenti al suo interno durante il periodo dell’”ancien régime”. Viene evidenziato l’impegno sociale che sempre ha caratterizzato l’azione della Chiesa sul territorio. I Vescovi che visitano le singole realtà della Diocesi di Gerace non si preoccupano solo della trasmissione delle fede genuina, del mantenimento della disciplina ecclesiastica, della regolarità e solennità del culto, ma insistono, sollecitano, rimproverano se l’assistenza ai malati non è curata con attenzione e competenza. La relazione del prof. D’Agostino sull’Assistenza ospedaliera nella diocesi di Gerace, ci offre uno spaccato di vita ecclesiale in riferimento all’assistenza ai malati veramente eccezionale.
La relazione del prof. Naymo (Benefici laicali e Giuspatronati nel circondario di Gerace: Strategie economiche, sociali e familiari), ci aiuta a darci ragione di certi privilegi che le famiglie nobiliari hanno avuto nella Chiesa fino al Concilio Vaticano II ed alla conseguente riforma del Codice di Diritto Canonico. E ci rende edotti altresì di come si potesse strumentalizzare la Chiesa per intenti economici da parte dei nobili e del ceto medio, che nei secoli XVI e XVII cominciò la sua ascesa in Calabria. Il prof. Naymo conferma il ruolo importante avuto “dai benefici e dalle istituzioni ecclesiastiche in numerose dinamiche di natura economica e sociale della Calabria di età moderna… avere uno o più benefici in paese costituì una risorsa utile alla collettività”.
La ricerca storica sul passato dei nostri centri, ora piccoli e quasi spopolati, rivela invece una ricchezza di vita sociale, economica e religiosa, veramente eccezionale. Se Gerace aveva lustro e si imponeva sul territorio perché sede vescovile, altri centri avevano anch’essi notevole importanza. E’ quanto mette in luce, a proposito di Condojanni, la relazione di Alessio Bruno Bedini (Confraternite, altari e benefici nella contea di Condojanni). Oggi questo piccolo centro risulta essere una frazione di S. Ilario allo Jonio, ma nel passato era “un vero e proprio capoluogo di contea che arrivò ad avere alla metà del XV secolo circa mille abitanti”. L’interessante studio del Bedini conferma quanto lui stesso scrive, e cioè che “il territorio (ha) alle proprie spalle molta storia da riscoprire”. Dobbiamo essere grati al giovane studioso per questo excursus storico che ci consente di fare per le chiese di quella che fu la contea di Condojanni, perché egli stesso scrive che il suo è “uno dei primi studi scientifici in assoluto su questo territorio”. Le notizie minuziose offerte su ogni chiesa e altare vanno al di là del riferimento immediato, in quanto possono essere spunto per altri studiosi di spaziare su altri temi storici ai quali si collega la storia ecclesiastica del tempo.
La relazione di Filippo Racco (Juspatronati e confraternite laicali ne La Roccella), come attesta egli stesso, “intende presentare un quadro storico degli altari e degli juspatronati istituiti, nel corso dell’Età moderna, nelle chiese di Roccella Jonica, nonché delle confraternite laicali che in esse vi ebbero sede”. Nell’analizzare i contenuti giuridici del juspatronato nella legislazione canonica con riferimenti a quella italiana, egli riporta un intero documento, redatto nel 1692 da Carlo Maria Carafa per il suo Stato della Roccella, con il quale il principe “regolamentò, giuridicamente quanto pignolescamente, anche la libertà di religiosità dei sudditi feudali”. E’ una testimonianza di altri tempi sulla commistione di poteri e di assenza di vera libertà religiosa.
Esprimo gratitudine agli organizzatori e agli esimi relatori di questo Colloquio per il contributo dato alla conoscenza della storia della Chiesa della Locride, con l’augurio che tali studi possano suscitare, soprattutto nei giovani, l’amore al territorio e spingerli a continuare sulla linea di scoperta del passato, che ci aiuterà sicuramente a vivere il presente con maggiore impegno e dignità.


                                                                            + Giuseppe Fiorini Morosini
                                                                                Vescovo di Locri – Gerace
La pubblicazione degli Atti del 1° Colloquio di Studi Storici sulla Calabria Ultra, dal titolo “Il ruolo della famiglia nel XVIII e XIX secolo”, tenutosi nel borgo antico di Condojanni, frazione di Sant’Ilario dello Jonio, nell’agosto... more
La pubblicazione degli Atti del 1° Colloquio di Studi Storici sulla Calabria
Ultra, dal titolo “Il ruolo della famiglia nel XVIII e XIX secolo”, tenutosi nel borgo antico di Condojanni, frazione di Sant’Ilario dello Jonio, nell’agosto 2008, riunisce una documentazione ricca e significativa sulla materia e, al tempo stesso, apre idealmente un vasto programma di ricerca e di promozione culturale.
Di questo appassionante percorso, che si dischiude ai nostri occhi e alle nostre menti, dobbiamo essere grati alla Fondazione “Bedini – Staltari onlus” e al Circolo di Studi Storici “Le Calabrie”, agli storici e agli studiosi che sono intervenuti e che hanno affrontato con competenza e rigore scientifico vari aspetti del ruolo della famiglia nel tempo. I loro contribuiti analitici, frutto di indagine e di riflessione, infatti, gettano nuova luce sulle relazioni parentali in età moderna e contemporanea nel nostro territorio.
Se il mondo scientifico, dunque, ha svolto e continuerà a svolgere - ne sono certo - il proprio lavoro di ricerca e approfondimento, alle istituzioni promotrici di questo convegno spetta ora il compito di dare continuità a questa iniziativa al fine di valorizzare la ricerca storica sulle nostre zone, colmando vuoti di conoscenza e di memoria su vicende e persone che rischierebbero di finire definitivamente nell’oblio, con grave danno per la ricostruzione dell’identità civile e culturale del territorio.
Si tratta certo di un progetto ambizioso, che costituisce una sfida nel complesso tentativo di definizione del rapporto dell’uomo contemporaneo con il proprio passato.
Un progetto per cui terremo alta l’attenzione su quanto la comunità scientifica continuerà a dire riguardo questa realtà ancora tutta da scoprire, alla quale l'intera comunità di Sant’Ilario dello Jonio guarda quale straordinaria occasione di crescita culturale e civile. Perché la memoria del proprio passato è la migliore proiezione verso il proprio futuro.
La stampa degli atti del III Colloquio di Studi Storici sulla Calabria Ultra, completa un percorso che il Circolo di Studi Storici “Le Calabrie” ha avviato, 12 anni or sono, insieme alla Fondazione Bedini-Staltari, promotrice dei... more
La stampa degli atti del III Colloquio di Studi Storici sulla Calabria Ultra, completa un percorso che il Circolo di Studi Storici “Le Calabrie” ha avviato, 12 anni or sono, insieme alla Fondazione Bedini-Staltari, promotrice dei Colloqui, con il Patrocinio del Comune di Sant’Ilario dello Jonio e della Deputazione di Storia Patria per la Calabria. L’adesione del Circolo all’iniziativa è stata in linea con i fini statutari del sodalizio che sono quelli della ricerca e della divulgazione di storia, arte e archeologia della Calabria di età medievale e moderna.
Tanti anni sono passati da quando l’allora neo socio Alessio Bruno Bedini propose al direttivo e all’assemblea del Circolo lo svolgimento di questi incontri su un tema ogni volta nuovo, che coinvolgessero studiosi del Circolo e anche esterni. I Colloqui di Studi Storici sulla Calabria Ultra di Sant’Ilario-Condojanni, svoltisi in un momento di ancora precoci fermenti di rinascita dell’antico capoluogo del Comune, Condojanni, possono essere ben considerati antesignani e compartecipi del risveglio culturale del centro che ha avuto maggiore sviluppo in questi ultimi anni grazie all’iniziativa privata e pubblica. Sono nate associazioni, si sono animati centri di arte e attività culturali; inoltre c’è stato il recupero di tante abitazioni storiche prima abbandonate. Oggi il recupero dell’edilizia storica prosegue anche nel settore pubblico per l’edificio simbolo di Condojanni, cioè il suo castello medievale: grazie ai finanziamenti che il Comune ha saputo reperire, infatti, si stanno svolgendo le indagini archeologiche e diagnostiche e il restauro finalizzato alla sua valorizzazione e fruizione, del castello feudale che fu dei Ruffo, dei Marullo e dei Carafa.
Dal 2008 al 2010 si sono svolte tre riuscitissime edizioni dei Colloqui di Studi Storici sulla Calabria Ultra, salutate con molta soddisfazione dal Circolo stesso e dagli studiosi; con rammarico non si è più potuto dare seguito ad ulteriori edizioni per vari motivi organizzativi. Gli incontri sono stati seguiti dalla stampa degli atti dei primi due Colloqui in tempi piuttosto brevi, volumi che hanno avuto una certa diffusione grazie anche all’edizione on line che ne è stata fatta. Diversamente da quella dei primi due, la stampa degli atti del terzo Colloquio ha avuto una storia più tortuosa che finalmente oggi si conclude felicemente. Un sentito ringraziamento va ai relatori di allora, nonché autori di questo volume, lo stesso Alessio Bruno Bedini, Vincenzo Cataldo, Carmela Maria Spadaro; inoltre al presidente della Fondazione Bedini-Staltari, Roberto Bedini e al Comune di Sant’Ilario che ha sempre ospitato gli incontri nelle proprie strutture.
Lo svolgimento del III Colloquio di Studi Storici sulla Calabria Ultra si è posto a metà della vita stessa del Circolo che lo scorso anno ha festeggiato i venti anni dalla sua fondazione; la stampa degli atti ad esso relativo, di fatto, suggellano ulteriormente l’intensa attività legata al ventennale del sodalizio. Sono stati per il Circolo venti anni densi di incontri di studi ed attività varie, tra cui un significativo posto meritano le iniziative editoriali che vertono intorno alla pubblicazione della rivista Studi Calabresi, giunta al suo 11° numero, ai vari Taccuini di Studi Calabresi, ai suoi Supplementi. Il Circolo è oggi impegnato anche nell’edizione degli atti di importanti convegni organizzati dallo stesso sodalizio, come la recentissima pubblicazione del volume dedicato al Convegno di Studi in memoria di Mario Pellicano Castagna del 2018 su Sistema feudale e civiltà mediterranea, per i tipi di Guida Editori. Inoltre, è in corso la redazione del volume di atti del convegno che ha concluso le iniziative di celebrazione del ventennale, dal titolo La Calabria e il Mediterraneo nel Seicento. Il 22-23-24 novembre del 2019, infatti, si è svolto a Vibo Valentia, con il patrocinio di prestigiosi Atenei e Istituti culturali, un Convegno internazionale che ha visto la partecipazione di eminenti cattedratici provenienti da molte università italiane e straniere e di ricercatori di Storia Moderna; inoltre c’è stata l’esposizione del prezioso Codice Romano Carratelli (fine sec. XVI), una sorta di Atlante del sistema di fortificazione della Calabria Ultra unico nel suo genere.
Il Circolo, dunque, in questi ormai quasi ventuno anni di attività, ha raggiunto soddisfacenti e prestigiosi traguardi, ponendosi in Calabria come un riferimento nella ricerca e come partner delle principali Istituzioni culturali e accademiche calabresi (e non solo) in importanti progetti di ricerca e di valorizzazione del patrimonio storico e materiale calabrese. La sua azione nel tessuto culturale della regione spazia dalla conoscenza del territorio allo studio di manufatti e tematiche le più varie, all’organizzazione di eventi culturali quali convegni, presentazioni di volumi, organizzazione di mostre, ideazione e realizzazione di percorsi di studio e valorizzazione.
In tale prospettiva di azione si è svolta la collaborazione con la Fondazione Bedini-Staltari che si auspica possa portare all’attuazione di ancora nuovi progetti e pubblicazioni nell’ottica di scoprire e divulgare la storia sommersa di luoghi e tematiche solo apparentemente confinati in una dimensione locale. La microstoria, se basata su un metodo rigoroso, è imprescindibile nella ricostruzione delle dinamiche storiche generali; essa ben si inserisce nel panorama storiografico maggiore, contribuendo al progresso della ricerca. Per questa ragione, ben vengano ancora iniziative come i Colloqui di Studi Storici sulla Calabria Ultra che hanno assolto tale funzione con ottimi risultati, come si può giudicare dal presente volumetto.

Marilisa Morrone
La pubblicazione degli Atti del 1° Colloquio di Studi Storici sulla Calabria Ultra, dal titolo “Il ruolo della famiglia nel XVIII e XIX secolo”, tenutosi nel borgo antico di Condojanni, frazione di Sant’Ilario dello Jonio, nell’agosto... more
La pubblicazione degli Atti del 1° Colloquio di Studi Storici sulla Calabria
Ultra, dal titolo “Il ruolo della famiglia nel XVIII e XIX secolo”, tenutosi nel borgo antico di Condojanni, frazione di Sant’Ilario dello Jonio, nell’agosto 2008, riunisce una documentazione ricca e significativa sulla materia e, al tempo stesso, apre idealmente un vasto programma di ricerca e di promozione culturale.
Di questo appassionante percorso, che si dischiude ai nostri occhi e alle nostre menti, dobbiamo essere grati alla Fondazione “Bedini – Staltari onlus” e al Circolo di Studi Storici “Le Calabrie”, agli storici e agli studiosi che sono intervenuti e che hanno affrontato con competenza e rigore scientifico vari aspetti del ruolo della famiglia nel tempo. I loro contribuiti analitici, frutto di indagine e di riflessione, infatti, gettano nuova luce sulle relazioni parentali in età moderna e contemporanea nel nostro territorio.
Se il mondo scientifico, dunque, ha svolto e continuerà a svolgere - ne sono certo - il proprio lavoro di ricerca e approfondimento, alle istituzioni promotrici di questo convegno spetta ora il compito di dare continuità a questa iniziativa al fine di valorizzare la ricerca storica sulle nostre zone, colmando vuoti di conoscenza e di memoria su vicende e persone che rischierebbero di finire definitivamente nell’oblio, con grave danno per la ricostruzione dell’identità civile e culturale del territorio.
Si tratta certo di un progetto ambizioso, che costituisce una sfida nel complesso tentativo di definizione del rapporto dell’uomo contemporaneo con il proprio passato.
Un progetto per cui terremo alta l’attenzione su quanto la comunità scientifica continuerà a dire riguardo questa realtà ancora tutta da scoprire, alla quale l'intera comunità di Sant’Ilario dello Jonio guarda quale straordinaria occasione di crescita culturale e civile. Perché la memoria del proprio passato è la migliore proiezione verso il proprio futuro.