San Girolamo

(From the cover) Se oggi la maggiore occasione professionale per gli architetti, specie se giovani, è quella di «ristrutturare» case ed uffici, ossia progettare arredamenti, il libro della Forino ne propone una chiave di lettura del tutto originale nell'ambito della letteratura architettonica. Non si tratta beninteso di un manuale, perché l'autrice traccia un sottile excursus storico-critico di un fenomeno particolare dell'arredamento, che supera l'ormai tradizionale modo di fare degli architetti-arredatori. Questi si limitano per lo più a modellare pareti, scegliere materiali e colori, aggiungere alcuni mobili e altro, mentre gli interventi più ambiziosi mirano ad articolare lo spazio interno su più livelli, con un esito chiaramente scenografico nel migliore dei casi. Viceversa, quanto si espone in questo libro consiste nel privilegiare la spazialità propria dell'architettura, quella che si lega al binomio invaso-involucro, proponendola anche nella elaborazione di un ambiente interno. Ecco allora come uno spazio arredato perde ogni aspetto rappresentativo, ogni forma di scenografia, ogni sorta di decorazione e di trompe l'oeil, per tradursi in una composizione conformativa, in qualcosa cioè che «conforma» l'invaso spaziale, obiettivo che si raggiunge attraverso la categoria – che è anche un modo di formare – di un «interno nell'interno».
Il saggio, oltre ad interessare operativamente gli addetti ai lavori, risulta di notevole utilità anche per gli storici della disciplina. Lo schema suddetto non è infatti rapportato esclusivamente alle tipologie del domestico, ma anche ad altre relative agli ambienti del passato; il tutto seguendo una rigorosa cronologia, della quale notoriamente si sostanzia la storia.

The indoor’s inside – a big object where to live – is a phenomenology characterizing the Interior Design History through the centuries. Since the 14th century until now, we can recognize, within some domestic environments, the presence of a further delimitation, physically distinct.
Throuht the spaces tinning we can have a space inside another huger one, which is smaller, articulate in a different way, and sometimes movable from its original position. It is a kind of space which has analogies with the architecture, considered as an enclosure, "a box inside box" configuration.

Index: Preface (R. De Fusco) - Introduction: A Phenomenology of Furnishing - (Domestic Spaces:) Studiolo as Single Space - The house of bed - Toilet "island" - Houses inside House - (Sacred Spaces:) Confessional - Ciborio - Between Architecture and Furnishing - A Phenomenology of Living - References - Authors Index.

Il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana di Roma conserva ed espone una grande tavola cinquecentesca rappresentante il celebre episodio di san Girolamo che cava la spina dalla zampa del leone, in passato genericamente riferita a Domenico Beccafumi.
Il restauro integrale del 2014 ha però permesso alcune riconsiderazioni sull’attribuzione dell’opera, che ne suggeriscono oggi il definitivo inserimento nel catalogo di Giorgio Vasari. A partire dall’individuazione del disegno preparatorio, si presentano in questa sede le testimonianze documentarie che collegano la pala, verosimilmente realizzata per la Vigna pontificia del Casaletto e ritenuta dispersa dalla critica, al periodo romano del grande artista aretino, ancora a lavoro nel 1572 per Papa Pio V Ghislieri. Alla ricontestualizzazione storico–artistica del dipinto, segue una sezione a parte dedicata ai quesiti rimasti purtroppo ancora aperti circa le sue vicende conservative, poiché nonostante le approfondite ricerche condotte non è chiaro quando e in che modo il quadro sia passato dalle proprietà di Pio V all’Aula Magna del Pontificio Istituto che lo custodisce tuttora.

La crisi può avere varie forme e dimensioni. Così anche, per forza le reazioni, devono essere diverse, suscitando la creatività umana e, soprattuto, mostrando la richezza e l’ampiezza dello spirito. La sensibilità e i doti personali nell’interazione con contesto portano sembre effeto desiderato, mostrando sempre nuovi gli orizzonti dello spirito.
È una cosa particolarmente bella e rara quando tale esperiena umana e spirituale si accumula in un luogo speciale, nelle stesse persone, ispirando e coinvolgendo un gruppo speciale. Questo è proprio il nostro caso, una configurazione particolare tra le qualità umana e qualità del luogo in reazione alla sfida della crisi. La straordinarietà di questo caso dobbiamo alla coniuzione rara tra la bellezza particolare del luogo e il valore delle persone: arriviamo all colle di Aventino, sempre incantante con la sua tranquillita, piena di verde e di fiori variegati. Arrivati lì incontriamo un gruppo delle donne – nobili, educate, sagge e coraggiose. È stato un momento nella storia di Roma quando, in modo molto significativo e unico, la cultura ha incrocciato la spiritualità e la storia si è intrecciata sia con la teologia, sia con la sensibilità sociale. In effetti, la doppia crisi, politica e dottrinale, che nel quarto secolo ha iniziato a scuotare l’Impero Romano, ormai cristiano, poteva essere affrontato in modo insolito.
Nonostante ch ogni aspetto della situazione che voglimo presentare sia importante, e tutti insieme mostrano giustamente la complessità del tema, è molto importante capire bene il contesto storico e culturale delle situazioni descritte. Altrimenti si rischia anachronismo, cioè la valutazione degli eventi storici secondo i nostri criteri.
Le donne che vogliamo raccontare, oltre indiscutibile ruolo storico, sono testimone di una univoca e grande cultura spirituale che, attraverso sua forma monastica mirava la santità. È la prospettiva diventata il modello per tanti secoli della storia europea che potrebbe essere considerato il modello universale del superamento di vari crisi. In realtà la loro radice ha sempre carattere spirituale, ciò è stato evidente nel cavallo di quarto e quinto secolo a Roma.

I contemporanei del pittore modenese Adeodato Malatesta (1806-1891) rimasero stupiti dal fatto che un suo capolavoro come il San Girolamo nel deserto della Calcide fosse destinato a una semplice chiesa campestre, la parrocchiale di San Girolamo di Cadecoppi, frazione di Camposanto nella bassa pianura modenese:  "... una grande tela, che non andrà sulle pareti della casa di un re, né sulle mura di un tempio di popolosa città, né in luogo di feste ed usato convegno, ma si racchiuderà in una chiesuola di paese solitario (...) dove pochi sapranno ammirarla, ed essa si farà ad aspettare la dura prova e le vicende dei secoli". Così il critico Antonio Zoncada,  commentando il dipinto commissionato dal parroco don Stefano Stefanini per conto della comunità parrocchiale, con contratto stipulato l’11 novembre 1854. La sede dell'articolo è prestigiosa: "Le Gemme d'Arti Italiane", la strenna natalizia pubblicata a Milano da Paolo Ripamonti Carpano, dal 1844 al 1860, che dava divulgazione alle più importanti opere del tempo riproducendole in incisione, e quindi solita pubblicare capolavori di un caposcuola acclamato come Malatesta... 
(per gentile concessione del Gruppo Studi Bassa Modenese)

La Vita Malchi presenta una testimonianza della storicità della tradizione umanistica - come incontro tra humanitas classica e cristiana-, in un momento fondante come è l'età patristica. Inoltre, da questa tradizione si ha una prospettiva che permette una lettura sintetica dell'opera in chiave interpretativa. I punti di contatto tra questi due oggetti di studio risultano di particolare interesse se sono esaminati dalla paideia.

Si presenta l'estratto di una tesi di lettere cristiane e classiche. La tesi rileva i punti di contatto tra la Vita Malchi di San Girolamo e la nozione di tradizione umanistica e trae le conseguenze più significative del confronto per l’educazione attuale. Necessaria si presenta in partenza la delimitazione della nozione di tradizione umanistica, compito del primo capitolo di natura storiografica e filosofica. Il secondo capitolo dal canto suo è costituito da una lettura della Vita Malchi in quanto opera sapienziale di tradizione umanistica. Questo esame dà come come risultato una validazione indiziaria della nozione di tradizione umanistica e al contempo fornisce un progresso nella comprensione del testo geronimiano. Dal materiale dei primi due capitoli si ha un punto di partenza valido per rispondere successivamente al quesito se il testo di San Girolamo sia educativo o meno. Di ciò si occupa il terzo capitolo. Tuttavia all’inizio di questo si avverte necessario definire la cornice dentro la quale capire il concetto di educazione sottostante al lavoro: nella sezione rispettiva dunque si presenta un sunto del primo capitolo, ovvero le nozioni proprie della sapienza di tradizione umanistica, ma lette in riferimento alla paideia. Una volta delimitata l’idea di educazione soggiacente al lavoro, si passa a cercare nel testo di Girolamo quanto di pedagogico possa effettivamente esserci. Da questa lettura finale si ottiene un giudizio positivo riguardo alla possibilità di proporre una lettura della Vita Malchi in chiave pedagogica e allo stesso tempo si avverte una crescita nella comprensione del testo scoprendoci, per l’appunto, degli elementi sapienziali ed educativi. Complessivamente il risultato finale del lavoro colloca la Vita Malchi come un’opera umanistica di lettura valida oggi là dove si creda nell’educazione umanista come cammino irrinunciabile.

Nell’antica letteratura monastica la presenza di figure femminili è molto parca e selezionata. In sé, la presenza della donna va esorcizzata, a meno che non si tratti di peccatrici da convertire o di donne devote che chiedono preghiere, grazie o miracoli. Luogo comune è la figura della sorella dell’asceta, secondo il modello della Vita S. Antonii di sant’Atanasio di Alessandria. San Girolamo, per la Vita S. Pauli Primi, segue inizialmente questo canone classico, ma poi per la Vita S. Hilarionis e ancor più per la Vita S. Malchi supera il genere dominante e osa la novità, piuttosto autobiografica.

Il tema dell'estasi accomuna una serie di dipinti appartenenti al Comune di Carpi e alla Diocesi di Carpi: pale d'altare, tra cui una Maddalena di Lucio Massari, dipinti "da stanza" e piccoli rami per il culto privato. Collocabili tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Settecento, recano - secondo la lettura che ne propone il saggio introduttivo - il riflesso del rinnovamento iconografico promosso dal Concilio di Trento.