Didattica Metacognitiva Zappaterra
Didattica Metacognitiva Zappaterra
Didattica Metacognitiva Zappaterra
La mia attività come insegnante di sostegno e come formatrice (SVT) nei corsi
universitari per docenti di sostegno mi ha indotto ad approfondire in
particolar modo il metodo dell’ insegnamento basato sulla metacognizione,
come quello che offre concrete possibilità, affinché si possano realizzare in
tutti gli studenti, anche quelli con difficoltà e/o limitate capacità intellettive,
apprendimenti significativi accompagnati da un incremento di capacità a livello
cognitivo.
L’utilizzo della metacognizione, intesa come capacità di essere cosciente dei
propri stati mentali ed anche emozionali, si fonda ormai su innumerevoli studi
da parte della psicologia e delle neuroscienze.
La giustificazione di tale metodo da parte mia è forse più modesta e di natura
pedagogica, in quanto si fonda su un assunto esperenziale, che risale a Maria
Montessori, e cioè che ciò che giova ai bambini “frenastenici” vada ancora
meglio per quelli normali1.
Non sono in possesso di dati sperimentali, ma questi vengono forniti dalle
équipes degli psicologi del gruppo MT di Padova che lavorano sulla
metacognizione. Quello che propongo è frutto di conferme quotidiane da parte
degli alunni stessi, che nel loro percorso scolastico si accorgono di riuscire ad
imparare con maggiore facilità e soddisfazione personale, che si dimostrano
più responsabili e capaci di rielaborazione e riflessione personale oltreché di
pensiero critico. Non voglio spingermi troppo oltre, ma oserei dire che un
insegnante perseguendo questo metodo fornisce veramente strumenti efficaci
di pensiero che a loro volta diventano premessa ad un’educazione attiva e
democratica.
1
Cfr M. Montessori, in L’autoeducazione, Garzanti, Milano 2000
2
Cfr K. R. Popper- J. C. Eccles L’io e il suo cervello Armando Editore, Roma
1978- J. Bruner La mente a più dimensioni, Laterza, Bari 1993
3
Popper- Eccles Op. cit. p.569
4
Popper- Eccles Op. cit. p. 578
1
permettendo di “vedere” il pensiero lo organizza, secondo schemi logici e lo
sviluppa con processi che implicano immaginazione, fantasia ed inventiva.
5
Cfr: J. Bruner " La mente a più dimensioni" Ed Laterza: Roma 2000, cap.V:
L'intuizione di Vygotskij.
6
In J. Bruner " La mente a più dimensioni" : Op. cit. p. 84
2
un'ottica di metacognizione, quale obiettivo cognitivo trasversale
all'apprendimento disciplinare e come strumento per il conseguimento di altri
obiettivi importanti, come l'acquisizione di abilità utili all'autonomia personale
e alla capacità di collaborare alla costruzione delle conoscenze.
In che modo sviluppare ciò nella didattica quotidiana?
Prima di tutto attraverso l'intenzionalità delle proposte, con una
"metadidattica", cioè una didattica consapevole e funzionale allo sviluppo del
pensiero, che si concentri più sul processo che sui risultati. Per questo si deve
insegnare ad osservare da diversi punti di vista ed anche cercare di osservare
se stessi e facendo esercitare l’osservazione e l’ascolto insieme. Si fa inoltre
esperienza di altre possibili sinestesie: del tatto e dell’olfatto, del corpo in
movimento e della vista, della vista e del sapore.
Nei laboratori di didattica per il sostegno, a cui ho collaborato, abbiamo capito
che in questo modo oltre ad affinare la capacità dell’osservazione si dà la
possibilità agli studenti di comprendere le difficoltà di alcuni e di mettersi nei
panni di chi non può vedere od esplorare nei modi in cui comunemente si
intendono tali termini. L’importanza del cambiare punto di vista è data dal
principio che la metacognizione è una strutturazione del pensiero che riflette
su se stesso nella misura in cui si esce dal proprio egocentrismo.
Si organizzeranno perciò attività di osservazione (con i diversi sensi) grafiche,
pittoriche, plastiche, linguistiche, chiedendo di cambiare punto di vista
(interno, esterno, di lato, dall’alto, dal basso, vicino , lontano) di individuare
errori percettivi, di giocare con le ombre cinesi, con le forme gestaltiche,
con le figure impossibili, con il Tangram, con il nastro di Moebius). Si faranno
immaginare ed ipotizzare cambiamenti di forma (omotetia), di stato/
materia, di dimensione, si useranno le costanti della creatività e della
fantasia, come l’unione dei contrari, il capovolgimento, la moltiplicazione dei
particolari, il cambiamento d’uso. Con questi effetti si potranno realizzare
produzioni varie, come racconti, disegni, giochi.
Le azioni pratiche e/o mentali che generano apprendimento e sulle quali ho
cercato di mediare la metacognizione sono state: percepire,
osservare/selezionare, imitare/ riprodurre, confrontare, simbolizzare,
analizzare, astrarre, categorizzare, ordinare, collegare per categorie ( tempo,
spazio, causa, conseguenza, somiglianza, differenza, ecc.), seguire percorsi di
induzione o percorsi deduttivi, sintetizzare, valutare, riflettere in rapporto a
diversi fattori: emozioni, sentimenti, idee, scopi e risultati.
Già nella scuola materna l'insegnante conosce il ruolo che le attività
psicomotorie e lo sviluppo del linguaggio svolgono nell'attivazione di strutture
cognitive e come la curiosità nell'esplorare l'ambiente circostante sia la molla
per apprendimenti "significativi".
Appena è possibile al bambino si deve chiedere di raccontare come ha
imparato qualcosa. Le domande diventeranno sempre più specifiche, adeguate
allo stadio di sviluppo dell'alunno, ma tese al raggiungimento di quello
successivo. Si faranno esercizi sul come si osserva, in rapporto ai diversi
sensi, in rapporto ad uno scopo, su come si descrive ciò che si è osservato.
La costruzione, l'ideazione di giochi e di attività, sono da privilegiare, perché
solamente quando si costruisce qualcosa si fanno i conti con gli strumenti del
pensiero, con le regole di coerenza in rapporto ai fini e con la loro congruenza
interna.
Un ragazzo attiva processi di metacognizione, allorché capisce come
funziona, quali regole permettono certi sviluppi, ecc.
L'insegnante può mediare la metacognizione in molteplici modi, ad esempio :
Propone obiettivi e chiede agli alunni come si possano raggiungere.
L'insegnante comunica ai ragazzi quello che ha in mente, perché ritiene
importante proporre certi argomenti e certi esercizi, ma accetta anche di
ascoltare ed accogliere eventuali modifiche o nuove proposte.
Pone domande che suscitino una curiosità che spinga all’azione e alla
rielaborazione personale. Non ci si deve mai lasciar sfuggire un dubbio, la
3
possibilità di mettere in risalto un' incongruenza. Chiede il perché delle
risposte, sia giuste che sbagliate ed utilizza al massimo la valenza positiva
degli errori (il che toglie anche la paura di intervenire a molti alunni che si
sentono insicuri e temono il giudizio degli altri). Allorché l’insegnante si
accinge a spiegare un argomento, anche complesso come può esserlo uno
di storia, presenta lo strumento libro come un punto di partenza per la
soluzione di situazioni problematiche. Si chiede ai ragazzi di riconoscere
tutto ciò che a prima vista non capiscono, si confrontano i dubbi , si chiede
se qualcuno conosce eventuali risposte, si formulano ipotesi e a questo
punto si cercano risposte in quel testo o su altri, se necessario. Stimola,
attraverso l'analogia, la ricerca di strutture concettuali comuni a situazioni
diverse.
Fa in modo che gli alunni partecipino attivamente alla costruzione delle
conoscenze.
4
sua volta favorirà la consapevolezza cognitiva necessaria per gli
apprendimenti ulteriori.
BIBLIOGRAFIA
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Pubblicato nel sito della FADIS - Federazione Associazioni di Docenti per l'Integrazione
Scolastica http://www.integrazionescolastica.it/article/264 il 30 gennaio 2004