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Agostino De Rosa
  • Università Iuav di Venezia
    DCP Dipartimento Culture del Progetto
    Unità di Ricerca: Rappresentazione
    Dorsoduro, 2196
    30123 VENEZIA
  • +39.0412571965
  • Agostino De Rosa (Bari, Italy 1963) is an architect and Full Professor at University Iuav of Venezia (Italy). He teac... moreedit
Molte storie delle immagini insistono sulla luce e sul tema del visivo quali elementi generatori dell'estetica figurativa occidentale. Ma è possibile ribaltare questo approccio gnoseologico e provare a ipotizzare che le immagini più... more
Molte storie delle immagini insistono sulla luce e sul tema del visivo quali elementi generatori dell'estetica figurativa occidentale. Ma è possibile ribaltare questo approccio gnoseologico e provare a ipotizzare che le immagini più prototipiche, quelle più radicate nel nostro inconscio ottico, nascano dall'ombra e utilizzino la cecità come potente metafora della "verità", non solo iconografica? Partendo dal mito della caverna platonica, nelle sue differenti declinazioni grafiche e letterarie, per poi passare allo studio della camera oscura, intesa come sovrastorica "forma simbolica", il libro rintraccia un sentiero alternativo in cui le opere di Robert Motherwell, le installazioni di James Turrell, i dipinti di Marco Tirelli, le fotografie di Abelardo Morell e di Hiroshi Sugimoto, solo per citare alcuni degli autori analizzati, sembrano stringere un legame perturbante e inedito con le immagini parastatiche preistoriche, con alcune forme di cecità congenita o acquisita e con i disturbi ottici degli acromati polinesiani, suggerendo che forse, per vedere meglio la realtà, sia necessario chiudere i propri occhi.
La luce, concreta e intangibile, permette di vedere la realtà nella sua singolarità, creando relazioni, dando profondità ai volumi, ma è anche all'origine dell'esperienza del divino che illumina e trasfigura la storia umana. In un... more
La luce, concreta e intangibile, permette di vedere la realtà nella sua singolarità, creando relazioni, dando profondità ai volumi, ma è anche all'origine dell'esperienza del divino che illumina e trasfigura la storia umana. In un affascinante percorso interdisciplinare tra arte/architettura, filosofia/scienza, teologia/liturgia, il libro, che nasce da un convegno tenutosi alla Pontificia Università Gregoriana, raccoglie i contributi dei diversi relatori, mettendo a fuoco alcune sfide di grande attualità per l'uomo contemporaneo.
Il volume propone una raccolta di saggi incentrati sul tema di ricerca dell'anamorfosi, la tecnica prospettica di defor-mazione delle immagini nota sin dal XV secolo, ma perfezionatasi nel suo rigore geometrico tra i secoli XVI e XVII.... more
Il volume propone una raccolta di saggi incentrati sul tema di ricerca dell'anamorfosi, la tecnica prospettica di defor-mazione delle immagini nota sin dal XV secolo, ma perfezionatasi nel suo rigore geometrico tra i secoli XVI e XVII. L'interesse nei confronti di questo aspetto della storia della rappresentazione oggi emerge rinvigorito, se connesso al crescente successo che le deformazioni stanno riscuotendo in ambito mediatico e progettuale. E proprio all'analisi geometrico-evolutiva di alcuni casi ritenuti paradigmatici e sviluppatisi in ambito romano è dedicata l'opera: gli stu-di raccolti abbracciano le applicazioni anamorfiche a diverse scale, iniziando dagli oggetti di più contenute dimen-sioni, che stabiliscono un rapporto tra osservatore e opera basato sulla vicinanza reciproca-fisica e psicologica-e sull'intimità percettiva (è il caso delle anamorfosi catottriche conservate presso la collezione di Palazzo Barberi-ni) (Friso), per rivolgersi poi ai più celebri esempi di applicazione anamorfica alla pittura parietale, conservati pres-so il complesso conventuale di Trinità dei Monti (De Rosa, Liva); e dedicandosi infine all'analisi di una delle opere architettoniche realizzate in "prospettiva solida" e oggetto di recenti e inediti rilievi, ovvero la galleria borromonina di Palazzo Spada (Paris, Candito), e le ornie accelerate delle finestre di Palazzo Barberini (Piccinin). Il volume rubri-ca però sotto la voce "anamorfosi" anche alcuni esempi di quadraturismo barocco che proprio sul tema della dece-zione, ottica e piscologica, concentrarono la loro sperimentazione linguistica: i decori pittorici nel corridoio antistan-te le camere di Sant'Ignazio di Loyola, presso la Casa Professa del Gesù (Romor); gli sfondati prospettici che deco-rano le coperture e le volte delle chiese di Sant'Ignazio di Loyola (Baglioni-Salvatore), del Gesù (D'Acunto-Zoer-le) e del convento di Trinità dei Monti (Calandriello-Bergamo, Ciammaichella, D'Acunto-Liva). E ancora, generate da una vera e propria applicazione proiettiva virtuosistica che "costringeva" le orbite e le traiettorie dei corpi cele-sti a collassare nello spazio di un corridoio o di una stanza, sono le meridiane catottriche le quali, convenzionalmen-te, sarebbero da almanaccare tra gli esempi di astrolabica applicata all'architettura. Tuttavia, nell'accezione qui pro-posta, oltre a esercitare il potere illusorio, tipico dell'anamorfosi, nel farci accedere a conoscenze nascoste, esse mo-strano come la logica proiettiva delle immagini iniziasse a formarsi con chiarezza sempre più crescente nel Seicento, proprio sotto l'egida della nozione di deformazione, e di come tale orizzonte esegetico fosse stato precocemente intu-ito da Girard Desargues (1591-1661) nella sua manière universelle in cui prospettiva, gnomonica e strereotomia era-no tutte accomunate sotto l'unico vessillo della proiezione: così, nel volume sono raccolti i recenti studi condotti sul-le meridiane di Palazzo Spada e Trinità dei Monti (Bortot, Monteleone). Storia dei metodi e delle forme di rappresentazione / 8 SMFR 8 Agostino De Rosa (Bari 1963), architetto e professore ordinario, insegna presso il corso di laurea in Architettura: tecniche e culture del progetto dell'Università Iuav di Venezia. Ha ricoperto docenze e tenuto conferenze presso università e istituzioni culturali in Italia e all'estero. È autore di libri e saggi incentrati sui temi della rappresentazione e della storia delle immagini, tra cui: Geometrie dell'ombra. Storia e simbolismo della teoria delle ombre (Utet/Città Studi, Milano 1996); L'infinito svelato allo sguardo. Forme della rappresentazione estremo-orientale (Utet/Cit-tà Studi, Milano 1998); La geometria nell'immagine. Storia dei metodi di rappresentazione, volume I, Dall'antichità al Medio Evo (Utet, Tori-no 2000); (con G. D'Acunto) La vertigine dello sguardo. Tre saggi sulla rappresentazione anamorfica (Cafoscarina, Venezia 2002); James Tur-rell. Roden Crater project. Geometrie di luce (Electa, Milano 2007); Dalla terra al cielo (Skira, Milano 2008); Jean François Niceron. Prospet-tiva, catottrica e magia artificiale (Aracne, Roma 2013); Cecità del vedere (in corso di stampa). Coordina scientificamente il gruppo di ricerca Imago rerum con il quale ha curato mostre presso: Università Iuav di Venezia (Venezia, Italia); Villa e Collezione Panza (Biumo Superiore, Va-rese); Galleria di Arte Moderna (Palermo, Italia); Museo della Fotografia (Alia, Palermo, Italia); Fondazione Querini Stampalia (Venezia, Ita-lia); Lichtmuseum (Unna, Germania).
Il volume costituisce un parziale ma dettagliato resoconto dell’attività di visiting professorship tenuta presso il Dipartimento di Culture del Progetto dell’Università Iuav di Venezia dall’architetto statunitense Paul O. Robinson durante... more
Il volume costituisce un parziale ma dettagliato resoconto dell’attività di visiting professorship tenuta presso il Dipartimento di Culture del Progetto dell’Università Iuav di Venezia dall’architetto statunitense Paul O. Robinson durante l’anno accademico 2014–2015. Professore presso la Fakulteta za Arhitekturo v Ljubljani, Robinson ha al suo attivo un’intensa attività sia progettuale che artistica, accompagnata da una profonda riflessione teorica sugli strumenti critici e figurativi del progettista e dell’artista contemporaneo. Durante il suo soggiorno veneziano, Robinson ha tenuto, presso la Sala Gino Valle dello Iuav, una mostra dei suoi lavori (25 maggio – 5 giugno 2015), dal suggestivo titolo “The Cella Was Empty” (La cella era vuota), e un workshop (16 ottobre – 18 dicembre 2015), intitolato programmaticamente “Forms of Absence – Radiographs | Paintings | Reliquaries”. L’attività prevista all’interno del workshop era costituita da una serie di lezioni ex–cathedra e soprattutto da laboratori in cui inediti approcci teorici e applicativi hanno permesso agli studenti di apprendere un processo non convenzionale di lettura e interpretazione critica di oggetti architettonici o artefatti artistici esistenti, attraverso nuove pratiche espressive e proiettive.
Il volume affronta, per la prima volta in ambito scientifico mondiale, l’opera prospettica ed artistica del Padre minimo Jean François Niceron (1613-1646), la cui vita si espresse in un arco temporale assai breve – solo 33 anni –, ma... more
Il volume affronta, per la prima volta in ambito scientifico mondiale, l’opera prospettica ed artistica del Padre minimo Jean François Niceron (1613-1646), la cui vita si espresse in un arco temporale assai breve – solo 33 anni –, ma denso di eventi politici e culturali, riflessi in opere che si offrono oggi agli occhi dell’osservatore contemporaneo come straordinarie sciarade, in bilico tra rigore matematico e gusto per il meraviglioso e lo stupefacente. Autore di due trattati (il secondo dei quali edito postumo) che sono divenuti pietre miliari negli studi sulla prospettiva seicentesca – La perspective curieuse (Parigi 1638) e il Thaumaturgus opticus (Parigi 1646) –, Niceron sviluppò sin da giovanissimo un suo mondo espressivo che si tradusse in opere dai forti connotati decettivi: anamorfosi catottriche, giochi rifrattivi e dipinti murari accelerati prospetticamente (l’unico sopravvissuto, ritraente San Giovanni Evangelista che scrive l’Apocalisse in Pathmos, è ora visibile presso il Convento della SS. Trinità dei Monti, Roma), per citarne solo alcune tipologie. La biografia dell’autore delinea una vita, sospesa tra Francia e Italia, impegnata sia nei dibattiti che si svilupparono nei più importanti circoli culturali e scientifici dei due paesi, che nelle incombenze teologiche e religiose previste dal suo Ordine religioso di afferenza. L’autore fu affascinato per tutta la sua esistenza dall’idea che nella natura si nascondesse un codice segreto divino di cui la matematica, e in primis l’ottica, potevano farsi interpreti, elaborando un lessico espressivo che attraverso la magia artificiale ne riproducesse la segreta natura configurativa, le leggi formanti del suo farsi e del suo divenire. Il suo percorso gnoseologico attraversò i sentieri del pensiero cartesiano e hobbesiano, le sue opere spesso divenendo uno specchio fedele di coeve posizioni filosofiche, pur tuttavia conservando una loro autonomia stilistica, sia nei contenuti che nella forma.
Research Interests:
Electa dedica un volume all’architettura di James Turrell, in occasione della laurea honoris causa che verrà conferita all’artista presso l’Università IUAV di Venezia il 1° ottobre 2007. In questa occasione, e sempre presso l’ateneo... more
Electa dedica un volume all’architettura di James Turrell, in occasione della laurea honoris causa che verrà conferita all’artista presso l’Università IUAV di Venezia il 1° ottobre 2007. In questa occasione, e sempre presso l’ateneo veneziano, verrà inaugurata la mostra dedicata al Roden Crater project, di cui il volume vuole essere diario artistico e figurativo di un’esperienza senza precedenti: la trasformazione di un cratere vulcanico estinto in un’immensa opera d’arte, che lo stesso artista definisce come un “monumento alla percezione”. Un’opera visionaria in cui architettura, ingegneria, astronomia, fisica, geologia, antropologia e archeo-astronomia si fondono a formare un luogo di luce, spazio e tempo.

Il progetto artistico che il volume illustra consiste nella realizzazione, all’interno di un cratere vulcanico spento situato nel Painted Desert (nord-est dell’Arizona), di un insieme di camere ipogee, collegate da tunnel anch’essi sotterranei, predisposte per accogliere la luce desertica sia diurna che notturna, offrendola ai visitatori secondo modalità sperimentate in vitro da James Turrell nelle sue celebri istallazioni luminose.
Tale studio di Turrell risale al 1974, anno in cui riceve una borsa di studio dalla Fondazione Guggenheim con cui finanzia una serie di voli sul territorio desertico dell’ovest americano alla ricerca di un sito naturale per proseguire le sue note ricerche espressive. Dopo sette mesi di ricerche, la scelta ricade appunto sul Roden Crater, cavità dalle straordinarie potenzialità: il clima favorevole, infatti, favorisce le diverse sperimentazioni sulla luce.
Dall’epoca di questa scoperta a oggi, il progetto prende forma e si arricchisce di installazioni, tutte ipogee e destinate all’esaltazione dei fenomeni luminosi, all’osservazione delle costellazioni e alla percezione dei suoni dell’universo.

Scopo dell’artista è di indurre una dilatazione degli organi sensoriali, così che il visitatore sappia farsi ricettivo a ogni presenza fotonica, sia nel caso che essa giunga dal Sole, che dalla Luna che da stelle lontane anni luce; ma anche ad ogni suono, proveniente sia dai dintorni terrestri che dall’immenso spazio siderale che ci circonda.

Il volume documenta il progetto e i singoli ambienti che lo costituiscono attraverso modelli digitali in grado di prefigurare non solo il compiuto aspetto finale, da un punto di vista architettonico e paesaggistico, ma anche la funzione di osservatorio a occhio nudo di particolari eventi astronomici.
Il cd-rom allegato al volume propone, attraverso complesse elaborazioni digitali, una guida alla comprensione del progetto e delle sue plurime funzioni: terresti e siderali.

Attualmente l’artista californiano risiede per metà dell’anno a New York e per l’altra metà in Arizona nella città di Flagstaff (località a 40 km dal cratere) per poter seguire da vicino i lavori presso il Roden Crater.
Research Interests:
Una raccolta di tre saggi incentrati su un comune tema di ricerca, quello dell'anamorfosi, tecnica prospettica di deformazione delle immagini nota sin dal XV sec., ma perfezionatasi nel suo rigore geometrico in Europa, tra i secoli XVI e... more
Una raccolta di tre saggi incentrati su un comune tema di ricerca, quello dell'anamorfosi, tecnica prospettica di deformazione delle immagini nota sin dal XV sec., ma perfezionatasi nel suo rigore geometrico in Europa, tra i secoli XVI e XVII. L'interesse nei confronti di questo aspetto della storia della rappresentazione oggi emerge rinvigorito, se connesso al crescente successo che le deformazioni stanno riscuotendo in ambito mediatico e progettuale. E proprio all'analisi geometrico-evolutiva di alcuni casi ritenuti paradigmatici dagli autori dedicata la presente ricerca: gli studi da loro condotti abbracciano le applicazioni anamorfiche e diverse scale, iniziando dagli oggetti di più contenute dimensioni, che stabiliscono un rapporto tra osservatore e opera basato sulla vicinanza reciproca fisica e psicologica e sull'intimità percettiva (è il caso delle 'scatole prospettiche' olandesi); per rivolgersi poi al più celebre esempio di anamorfosi pittorica, cioè al quadro di H. Holbein intitolato Gli Ambasciatori, rivelando dettagli finora sfuggiti alle analisi degli storici dell'arte e degli iconologi; concludendo con la 'vivisezione' di una negletta opera architettonica realizzata in anamorfosi solida, mai studiata in precedenza, e oggetto di un recente e inedito rilievo. I contributi si articolano dunque su un duplice registro: da un lato, il rigore delle analisi geometriche e configurative permette di discernere gli elementi più minuti delle metodiche rappresentative e costruttive impiegate dai vari artisti per ordire il loro inganno prospettico; dall'altro, la contestualizzazione storico-culturale di queste espressioni artistiche consente di ricostruire e di ipotizzare le finalità di simili complesse decezioni espressive, stabilendo legami tra l'emersione di nuove modalità fruitive e la crisi e il successivo rinnovamento dell'idea di opera d'arte tra Cinque e Seicento nel contesto europeo.
Research Interests:
dalla "Prefazione" di Anna Sgrosso: (...) Questo primo volume, redatto da Agostino De Rosa, affronta il problema dalle sue più antiche radici, quando cioè, lungi dall'essere chiaramente formulato, non era neppure percepito nella sua... more
dalla "Prefazione" di Anna Sgrosso:

(...)
Questo primo volume, redatto da Agostino De Rosa, affronta il problema dalle sue più antiche radici, quando cioè, lungi dall'essere chiaramente formulato, non era neppure percepito nella sua complessità né tantomeno nella sua unità; sappiamo infatti, e la lettura del testo ce lo conferma, come quella complessità e unità, che oggi ci appare logica ed evidente, non fosse allora neppure intuita, venendo piuttosto la materia scissa nelle due componenti essenziali, ciascuna assolutamente ignara dell'altra: da un lato la presenza di antichissime pitture rupestri dimostra l'irrinunciabile esigenza umana di esprimersi attraverso immagini talvolta narrative o simboliche, più spesso destinate a esorcizzare i molti e non sempre dominabili pericoli,  la stessa esigenza che via via ha preso sempre maggior coscienza di sé estrinsecandosi poi nella consapevolezza dell'opera d'arte; l'altra esigenza dell'uomo, quella della curiosità verso i fenomeni della natura, da sempre appannaggio dei filosofi, con le prime civiltà si fonde con quella tesa alla risoluzione dei problemi pratici legati alla misurazione. Ed è così che, sulle rive del Nilo, nasce la geometria, disciplina presto finalizzata a fornire numerose altre risposte, prime fra tutte quelle relative alle leggi visive, le leggi cioè che regolano le apparenti deformazioni della realtà.
A lungo dunque i due àmbiti della ricerca sembrano procedere su due strade parallele, restando i problemi della visione, e più in generale della geometria, appannaggio dei matematici, quelli della costruzione di immagini sempre più 'realistiche' dello spazio esclusiva competenza degli artisti, dei pittori in primis. E il lettore, dalla puntuale analisi dei dipinti antichi più significativi, potrà verificare come sia precoce l'intuizione, e talvolta assai più che un'intuizione, da parte degli artisti più sensibili, di quei procedimenti che caratterizzeranno poi la rappresentazione prospettica.
Nel testo dunque le due esperienze vengono esaminate separatamente, verificandosi in àmbiti assai diversi, e ciascuna attraverso la relativa documentazione: quella che si concretizza nelle espressioni pittoriche, e in scarse allusioni letterarie, e quella degli antichi trattati di ottica greci e arabi pervenutici attraverso traduzioni latine, il più antico dei quali si deve a Euclide. Ma dall'analisi critica condotta dall'autore emergono chiaramente gli inconsci, o forse addirittura consapevoli, precoci reciproci legami: il dubbio su tale consapevolezza deriva evidentemente dall'assenza di chiari documenti scritti che possano darci la sicurezza in un senso o nell'altro.
Research Interests:
dalla "Prefazione" di A. De Rosa (...) In questo studio si cercherà di esporre la sottile trama che lega questo approccio tradizionale di rappresentazione tipico dell'estremo-Oriente - regolato da un centro motore divino ma... more
dalla "Prefazione" di A. De Rosa

(...)
In questo studio si cercherà di esporre la sottile trama che lega questo approccio tradizionale di rappresentazione tipico dell'estremo-Oriente - regolato da un centro motore divino ma geometricamente definibile - alla predilezione sino-nipponica per l'ombra. Avulsa dalle connotazioni manichee occidentali, e depurata dalle sue applicazioni descrittive, l'ombra in Cina e Giappone torna a definire spazi e architetture mitiche, in cui viene ad esaltarsi una anelito percettivo dell'ignoto. Sarà possibile così constatare come questo culto di ciò che alligna nell'oscurità non corrisponda, nelle rappresentazioni architettoniche o figurative tout court, ad una sua traduzione grafica, il motivo di questa assenza celandosi nel carattere panteistico della forma pseudo-assonometrica, a cui prima si accennava. Si potrà constatare che quelle immagini sono sospese 'tra luce e ombra', occupando un dominio, un limbo figurativo al di là dei confini della percezione e della quotidianità, in cui albergano segreti i segni del rito e dell'altrove.
L'esegesi del sistema di proiezione sino-nipponico condurrà, dunque, attraverso un'analisi storico-critica dei 'dipinti obliqui', al problema delle 'luci senza ombre' nelle figurazioni estremo-orientali, in particolare giapponesi: qui i due elementi - assonometria e ombra - troveranno finalmente un orizzonte interpretativo comune, convergendo in un'ipotesi che, ci pare, li motiva scambievolmente nel rispetto delle contestualità storiche e filosofiche.
E' evidente che quelli qui presentati sono atti interpretativi di fenomeni e forme espressive assai distinte dal punto di vista etno-culturale rispetto a quelle occidentali, ma tutte protese a riflettere su di una accezione del disegno  qui di nuovo al suo apogeo archetipico, ovvero come proiezione grafica o pittorica di un Altrove, di un mondo di cui l'Occidente ha perso la nozione: il mondo del rito.
dalla "Introduzione" di A. De Rosa E’ difficile pensare all’idea di rappresentazione come ad un processo che implica la morte dell’oggetto rappresentato; pur tuttavia così come il rigor mortis impone il definitivo congelamento... more
dalla "Introduzione" di A. De Rosa

E’ difficile pensare all’idea di rappresentazione come ad un processo che implica la morte dell’oggetto rappresentato; pur tuttavia così come il rigor mortis impone il definitivo congelamento dell’evoluzione fisico-materica al corpo un tempo vivente, allo stesso modo nella raffigurazione geometrica del reale quel corpo sacrifica alla conoscenza del mondo la propria esistenza sempre cangiante e variabile, introducendo quindi “l’equivalenza tra rigore scientifico e rigore (rigidità) della morte”1: l’immagine di un oggetto su di un supporto bidimensionale fissa in altri termini la storia evolutiva dell’oggetto stesso in un preciso istante spazio-temporale, in bilico su di un confine semantico che da un lato è memoria della sua esistenza passata - anche se appena trascorsa -, e dall’altro è il segnale della sua sottrazione al mondo visibile in favore dell' ingresso in un universo - quello della proiezione grafica - in cui le differenziazioni fra sopra e sotto, destra e sinistra, tangibile e intangibile etc., diventano convenzioni geometriche e non condizioni fenomeniche. La singolare utilità di questo esorcismo della vita perpetrato dalla rappresentazione sortisce, ai nostri occhi, l’effetto paradossalmente contrario che gli oggetti disegnati appartengano ancora al nostro mondo, per l’unica ragione che essi sono così più facilmente dominabili - percettivamente, e  metricamente -, e di essi possiamo disporre per ricostruire e riconfigurare frammenti di realtà.
Ma il disegno - così come la scrittura - si identifica anche con una sorta di memoria artificiale, un luogo esterno alla mente in cui è sospinta la complessità del ricordare: in tal modo la memoria non abita più in noi, ma si trova, ipostatizzata, altrove, su di un foglio sotto forma di segni grafici o scritturali.
“Memoria e immanenza, ciò che è stato e ciò che può accadere, costituiscono il presente dell’opera”2
che così è destinata a descrivere uno spazio tra ciò che effettivamente vediamo e ciò che è possibile vedere: ad essa dunque il compito di rappresentare soprattutto l’irrappresentabile, di sentire il non sensibile. L’operazione rappresentativa riesce allora ad inverarsi laddove qualcosa di nuovo emerge davanti ai nostri occhi, nell’offrirci un rinnovato paesaggio popolato da forme scomparse, forme emergenti, dall’attesa che queste figure portano in sé di altre figure.
Esiste però un forma di proiezione che pur traducendo l’oggetto in un’icona sottile e piana, non si sottrae alle leggi dello sviluppo organico, non si congela nella distanza della veduta geometrica, ma si evolve con il corpo e il centro di proiezione che ne permettono l’epifania, favorendo l’apparire di quel paesaggio subliminale a cui si faceva riferimento: è questa la proiezione dell’ombra. Dal momento che, nel mondo fenomenico, l'ombra cresce, si sviluppa ma poi viene riassorbita dalle tenebre notturne, essa stessa si muove in modo sincrono con i moti assoluti dell’oggetto e della sorgente luminosa che la proietta, nonché con i moti relativi dell'uno e dell'altra: una forma di rappresentazione, l’ombra, che dunque sfugge alla legge di coercitiva rigidità fra oggetto e raffigurazione, se non nell’atto iniziale di trasmutazione dell’uno nell’altra. Già in natura l’ombra si offre come rappresentazione per eccellenza, replica, clone depurato dalle complessità stereometriche e fisiognomiche dell’oggetto, così quotidiana e presente nel nostro universo percettivo che quasi se ne trascura l’esistenza pur parallela alla nostra. Silenziosa, fedele ma capace di fraternizzare con altre aree di luminosità diminuita, l’ombra è inevitabilmente legata ad un significato escatologico che permette di studiarne le peregrinazioni semantiche anche all’interno dell’ambito del disegno, ovvero laddove la sua natura di immagine viene sublimata dalla restituzione offertane dai metodi della Geometria descrittiva. E’ questo il senso della presente ricerca, in cui si è tentato di investigare il mondo dell’ombra - nelle sue declinazioni grafico-pittoriche - attraverso un avvicinamento progressivo al suo nucleo più intimo e poetico. L’incipit è fornito da un esame dei contenuti simbolici legati all’idea di ombra da più prospettive gnoseologiche; esse forniscono un quadro generale di riferimento per orientarsi a leggere il suo dispiegarsi figurativo da una posizione non solamente essoterica. Le leggende, i miti, le valenze iniziatiche legate all’ombra quale punto di equilibrio per lo svolgersi di cosmogonie e riti suggeriscono che l’apparenza fenomenica è una pura rappresentazione, illusione, eco di una realtà più profonda e distante, spesso inattingibile nonostante i nostri ingenui tentativi di illustrarla.
Una difficoltà che certo non sfuggì a chi, nel passato, ha tentato di stabilire a quali leggi geometriche rispondesse l’ombra nel passaggio dall’evidenza fenomenica alla sua descrizione su carta o all’interno di un dipinto. La storia della teoria delle ombre (skiagraphia) esibisce - qui presente nella seconda parte del testo - racconta di errori e ripensamenti, approssimazioni e tentativi, tutti testimoni di una lenta convergenza verso una verità geometrica spesso in contraddizione dialettica con le esigenze espressive del disegnatore o del pittore. La posizione trasversale della skiagraphia rispetto a tutti i metodi di rappresentazione, il fatto che in essa si riassumano i più complessi problemi metrici e d’intersezione affrontati e risolti poi dalla Geometria descrittiva, in qualche modo fanno della “teoria delle ombre” - ancor prima della sua formalizzazione disciplinare - una sorta di archetipo dell’idea stessa di proiezione e disegno, e dunque un luogo in cui consapevolezza e prefigurazione potevano vicendevolmente misurare la propria distanza dalla risoluzione di un problema apparentemente solo geometrico. Discosti e contemporaneamente immersi in queste problematiche, gli artisti figurativi sono stati gli operatori privilegiati a cui si è offerta la possibilità di misurare questa lontananza invisibile: le loro opere sono spesso veri tour-de-force rappresentativi in cui si sommano complesse problematiche figurative, prospettiche e skiagrafiche. La concentrazione su di una limitata superficie di tali difficoltà rappresentative, rende quei dipinti oggetti di grande fascino, straordinari accumulatori di segni grafici e simbolici che trascendono la mera finalità descrittiva. Da tali premesse nasce l’idea di studiare opere pittoriche specificamente emblematiche della  messa in scena di problemi skiagrafici, in cui fosse esplicito l’impiego della prospettiva o che presupponessero comunque un tipo di fruizione sub-specie prospettico; era dunque necessario eseguire la restituzione prospettica delle ombre nelle opere prescelte, cioé la cosiddetta Pala di Brera (1472) di Piero della Francesca; Signora e Gentiluomo alla spinetta (1660) di Vermeer di Delft. Conclude la ricerca un'analisi rigorosa di alcune installazioni luminose dell’artista americano James Turrell: si scopre così che tali opere individuano un dominio figurativo in cui la luce e l’ombra disegnano un ordito fatto talvolta di rigore geometrico e puntuale osservazione della realtà fenomenica, ma talaltra di scelte trasgressive e immaginifiche, dettate da strategie espressive o da struggenti dubbi interpretativi legati all’ambiguità della percezione; gli artisti in questione infatti paiono domandarsi quale immagine abbia diritto di cittadinanza in una rappresentazione: quella sensoria o quella intellettualizzata? E’ un nodo interpretativo, quest’ultimo, che sembra lacerare con straordinaria attualità il mondo contemporaneo, disorientato dall’ossessiva dicotomia quotidiana tra immagine - assurta a quasi unico veicolo dell’informazione - e percezione, ormai sempre più narcotizzata e eterodiretta nella sua globalità sensoria.
Research Interests:
This essay is conceived in two parts: the first part deals with the perspectival and artistic work of the Minim Father Jean François Niceron (1613–1646). Niceron is the author of two volumes (the second published posthumously) that have... more
This essay is conceived in two parts: the first part deals with the perspectival and artistic work of the Minim Father Jean François Niceron (1613–1646). Niceron is the author of two volumes (the second published posthumously) that have become milestones concerning studies on perspective in the Seventeenthcentury – La perspective curieuse (Paris, 1638) and the Thaumaturgus opticus(Paris, 1646). Niceron’s expressive world developed into acutely deceptive works
at a very early stage of his life. The second part describes a digital interpretation of a non-executed project for a scientific Villa where we could have found instruments of Wonder employing mirrors and lenses commissioned by Cardinal Camillo Pamphilj (1622–1666).
The project was conceived by the architect Francesco Borromini (1599–1667) and Father Emmanuel Maignan (1601–1676) at the end of the first half of the Seventeenth century. Borromini, who is well known for his architectonical work, drew both building plan and façade using two different symmetrical solutions. Maignan wrote a list of 21 scientific games, most of them scaled architectonically, representing the experimental research in the Baroque period on optics, gnomonic, void, acoustics, magnetism and so on. As well, optical ‘games’ adopting conical mirrors that create catoptric anamorphosis, and flat mirrors conceived to project sunrays in the building and develop catoptric sundials, will also be examined. Niceron’s and Maignan’s epistemological research intersected Cartesian and Hobbesian thought. Their works often became a true reflection of contemporary philosophical positions, while nevertheless preserving their stylistic autonomy both in content and form.
This chapter addresses the problem of representing light and shadow in the artistic culture, from its uncertain beginnings, related to the studies on conical linear perspective in the Fifteenth Century, to the applications of light... more
This chapter addresses the problem of representing light and shadow in the artistic culture, from its uncertain beginnings, related to the studies on conical linear perspective in the Fifteenth Century, to the applications of light projection in the installations of contemporary art.

Here are examined in particular two works by two artists, representing two different conceptual approaches to the perception and symbolism of light and shadow. The first is the so-called Brera Madonna by Piero della Francesca, where the image projected from a luminous radiation is employed with a narrative purpose, supporting the apparently hidden script of the painting and according to the artist’s own speculations about perspective as a means to clarify the phenomenal world.

The second is one of James Turrell’s Dark Spaces installations, where quantum electrodynamics interpretation of light is taken into account: for Turrell, light is physical and thus can shape spaces where the visitors, or viewers, can “see themselves seeing.” In his body of work, perceptual deceptions are carefully produced by the interaction of the senses with his phenomenal staging of light and darkness, but a strong symbolic component is always present, often related to his own speculative interests.

In both cases, light and shadow, through their geometries, emphasize both phenomenal and spiritual contents of the work of art, intended as a device to expand the perception and the knowledge of the viewer.
L’ultimo libro di Oliver Sacks (1933-2015), The River of Consciousness (pubblicato post mortem per i tipi di Knopf, New York, nel 2017, e curato da Kate Edgar, Daniel Frank e Bill Hayes), contiene un piccolo, ma delizioso capitolo... more
L’ultimo libro di Oliver Sacks (1933-2015), The River of Consciousness (pubblicato post mortem per i tipi di Knopf, New York, nel 2017, e curato da Kate Edgar, Daniel Frank e Bill Hayes), contiene un piccolo, ma delizioso capitolo dedicato alla memoria, crux desperationis per l’intera vita del neurologo inglese. La perdita della memoria o il ricordo acuto e doloroso di uno specifico evento neurologico sono spesso i due poli intorno ai quali ha ruotato l’attività clinica e narrativa di Sacks. Per me è significativo che il saggio in oggetto si chiuda con un’osservazione critica che trovo profondamente vera, anche per chi, come me, si occupa di storia di una particolare scienza, quella della rappresentazione.
Nel pensiero di René Descartes (1596-1650) la radiazione luminosa viene assimilata ad un moto che raggiunge istantaneo e potente il nostro sistema visivo «nello stesso modo in cui il movimento o la resistenza dei corpi, che incontra un... more
Nel pensiero di René Descartes (1596-1650) la radiazione luminosa viene assimilata ad un moto che raggiunge istantaneo e potente il nostro sistema visivo «nello stesso modo in cui il movimento o la resistenza dei corpi, che incontra un cieco, si trasmetterebbe alla sua mano attraverso il bastone» (Descartes 1983). Visione e cecità dunque sono avvicinate in
questo orizzonte gnoseologico attraverso una nozione fisica e corporea dello sguardo, in cui sembra necessario chiudere gli occhi per vedere meglio e in modo certificato, a meno di non incorrere nella follia dello sguardo. I giochi anamorfici, catottrici e diottrici del padre Minimo Jean-François Niceron (1313-1636) sembrano assecondare questa interpretazione della vista come “un pensiero che decifra rigorosamente i segni del corpo” (Merleau-Ponty 1989: 33) in cui la follia è espunta e al suo posto compare un’immagine frutto di creazione artistica, palesemente artefatta, che dunque rende esplicite, nel suo farsi e mostrasi, le strutture retoriche e scientifiche che la sostengono.
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Questo saggio si intitola dunque in modo ossimorico Cecità del vedere, e il suo scopo è quello di indagare su quali processi di vicarizzazione gli artefici di immagini (e con essi i filosofi, gli antropologi etc., e non solo gli artisti)... more
Questo saggio si intitola dunque in modo ossimorico Cecità del vedere, e il suo scopo è quello di indagare su quali processi di vicarizzazione gli artefici di immagini (e con essi i filosofi, gli antropologi etc., e non solo gli artisti) abbiano sottoposto il soggetto tradizionalmente veggente, concentrando la loro attenzione su quelle immagini che in modo parastatico possano nascere da processi proiettivi o naturali meccanici. Inoltre particolare attenzione sarà rivolta a quelle opere che mettono in difficoltà il loro fruitore, sottoponendolo ad uno stress retinico e comunque relegandolo in una situazione di difficoltà, di minus habens. Tale processo come si vedrà non riguarderà solo la vista ma i sensi tutti, delineando quasi una pervicace azione di denigrazione visiva che scatena una percezione sinestetica, con lo strano fine di acuire le capacità percettive del soggetto stesso. Un’apparente contraddizione, che si risolve però in una rivelazione: rendere ciechi, perché si veda meglio ciò che ci circonda
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Il saggio di Agostino De Rosa indaga l’immaginario proto-proiettivo delle pitture murali a partire dalle rappresentazioni vetero-latine, attraversando i capolavori del quadraturismo seicentesco che diventano regola e teoria, supportati... more
Il saggio di Agostino De Rosa indaga l’immaginario proto-proiettivo delle pitture murali a partire dalle rappresentazioni vetero-latine, attraversando i capolavori del quadraturismo seicentesco che diventano regola e teoria, supportati dal fiorente sviluppo della trattatistica di settore, per giungere fino ad alcuni coerenti esempi del contemporaneo. In tutti i casi si dimostra come, con l’evoluzione delle tecniche proiettive, gli artisti abbiano mantenuto inalterato un certo tipo di approccio ottico-prospettico.
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L’architettura italiana, dal dopoguerra al 2000, presenta una tale quantità e varietà di vicende, esperienze, problematiche, articolazioni, eccezioni, successi e fallimenti da rendere difficile – se non addirittura impossibile – ridurla a... more
L’architettura italiana, dal dopoguerra al 2000, presenta una tale quantità e varietà di vicende, esperienze, problematiche, articolazioni, eccezioni, successi e fallimenti da rendere difficile – se non addirittura impossibile – ridurla a unità; e ancor meno poi all’unità di una comunità. Ciò nondimeno, denominatore comune di tutti questi elementi e fattori diversi è un territorio caratterizzato da una ricchezza di condizioni e di contraddizioni che ne fanno qualcosa di unico e d’imprescindibile. Nel corso della seconda metà del Novecento l’Italia ha così potuto produrre, accanto ad abusi e devastazioni spesso irreparabili del proprio patrimonio monumentale, paesaggistico e ambientale, figure, teorie e opere assolutamente fondamentali per lo sviluppo dell’architettura odierna, non solo nazionale, ma anche mondiale.
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Il saggio affronta lo studio critico dell’opera grafica del pittore nederlandese Hans Vredeman de Vries (1526-1609) che ha declinato, nell’ambito teologico-culturale della Riforma Protestante, il tema delle prospettive architettoniche... more
Il saggio affronta lo studio critico dell’opera grafica del pittore nederlandese Hans Vredeman de Vries (1526-1609) che ha declinato, nell’ambito teologico-culturale della Riforma Protestante, il tema delle prospettive architettoniche nelle sue stampe incise. Il soggetto di molte di esse è infatti la città (Anversa, in particolare), oltre che l’architettura in senso stretto, e l’approccio rappresentativo adottato dall’autore si inquadra in una personale e anticipata declinazione di quell’arte del descrivere cui si riferisce la studiosa statunitense Svetlana Alpers. Si è deciso di studiare una selezione delle stampe del De Vries che includessero immagini (complete o solo parziali) di parti di città olandesi note, nel tentativo – attraverso un processo di restituzione prospettica – di ricostruire gli spazi rappresentati e di individuare adesioni o licenze rispetto ai luoghi fisici che descrivono. Il processo esegetico è stato condotto con particolare attenzione ai contenuti dei trattati coevi e all’impiego intensivo e critico dei cosiddetti ‘punti di distanza’ introdotti da Jean Pèlerin, detto Le Viator (1445 circa- ante 1524) nel suo De Artificiali Perspectiva (Toul 1505). Il quadro critico che ne deriva inquadra l’opera del De Vies nella suggestiva luce della critica protestante alle immagini e offre un’idea di spazio figurativo di matrice metafisica ante-litteram.
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Scancellare i sensi, rimuovere i propri limiti fisici, uscire dal corpo: espressioni che sembrano cogliere più le istanze di un percorso iniziatico, l’incipit ad una via mistica alla conoscenza, in cui la pura trascendenza diventa – in un... more
Scancellare i sensi, rimuovere i propri limiti fisici, uscire dal corpo: espressioni che sembrano cogliere più le istanze di un percorso iniziatico, l’incipit ad una via mistica alla conoscenza, in cui la pura trascendenza diventa – in un apparente ossimoro - dominio del quotidiano, piuttosto che le coordinate con le quali esperire e interpretare lo spazio di alcuni artefatti contemporanei. La fruizione artistica, così come la genesi delle opere sulla cui analisi essa si basa, sembra oggi aver rimosso l’ingombrante astanza degli oggetti sterzando, in alcuni casi, verso forme che da essa paiono prescindere, non producendo immagini (nell’accezione convenzionale del termine), né richiedendo che qualcosa venga focalizzato dal nostro sguardo. Appare evidente come l’elemento centrale della Novecentesca civiltà delle immagini – ovvero, il domino del visivo – si stia radicalmente trasformando, invitando il fruitore ad una espansione sensoriale che dilati l’esperienza percettiva, ma che al contempo introduca ad un nuovo tipo di opacità, di cecità indotta, sia pure temporanea. E’ infatti evidente che essa richieda l’azzeramento delle tradizionali procedure di interpretazione e godimento delle opere, producendo un iniziale stato di paralisi dei nostri organi visivi ma, al contempo, scatenando una conseguente espansione (o trasformazione) degli altri sensi, denigrati o vilipesi dal precedente dominio conoscitivo. Questo tipo di denigrazione, le cui origini vanno rintracciate nel platonico disprezzo del percetto sensoriale, storicamente inizia ad essere controbattuto da Cartesio in poi, quando con lo sviluppo della scienza matematica della natura “… progressivamente si accentua il ruolo della percezione sensoriale, rendendo così possibile il sensismo nella sua forma più radicale. Il tentativo kantiano di fondare in sede gnoseologica una posizione mediana tra due estremi, in virtù di un equilibrio tra ‘elemento creativo’ ed ‘elemento passivo’ nel processo conoscitivo, pare aver perso forza di persuasione, considerando anche il crescente influsso delle scienze della natura rispetto al neopositivismo logico.”(H. Plessner, Antropologia dei sensi, Padova 2008 p. 8). La situazione percettivo-gnoseologica in cui questo nuovo modo di intendere lo spazio ci proietta appare talvolta, come si diceva, più legata a pratiche di meditazione o a stati alterati di coscienza, ma sempre con un sub-strato vigile: l’artista ci accompagna fino alla soglia di una spazio liminale nel quale ci invita ad entrare, lasciando che in noi si compia l’esperienza del luogo, l’epifania della sinestetica percezione di luci, suoni, materie e, talvolta, odori e sapori, ma ancora più spesso anche alla deprivazione sensoriale, all’incontro con l’altro da sé rappresentato dal buio e dall’ombra. L’iniziale stordimento palesa spesso come l’artista cerchi di comunicare alla parte limbica, associativa del nostro cervello, lasciando per alcuni istanti che invece quella pre-frontale, logica, sia relegata sullo sfondo. Una sorta di risveglio della parte più archetipica, animale del nostro sistema percettivo, capace di cogliere sollecitazioni sottili, oggi disperse nell’inquinamento endemico che domina il mondo contemporaneo. Tuttavia, l’attenzione, sia pure soffusa e straniata, è sempre richiesta perché l’esperienza estetica sia piena e soprattutto raccontabile, forse con un nuovo vocabolario, fatto più di allusioni, metafore e simboli che di circostanziate registrazioni di ciò che è accaduto in istallazioni di questo tipo. In tal senso, le strategie fruitive in campo sembrano assimilabili a quelle dei cosiddetti sogni lucidi, nei quali l’onironauta - di cui Fëdor Michajlovič Dostoevskij già ci fornisce, in tempi non sospetti, una descrizione-, è consapevole di stare sognando, al punto da essere in grado di orientare il proprio percorso all’interno del sogno, intervenendo addirittura nella sua sceneggiatura psichica. L’esperienza è irriducibile al linguaggio descrittivo che passa attraverso i comuni sensi, o meglio si basa su un livello comunicativo in cui essi deflagrano, si dilatano allo spasimo, divenendo massimamente ricettivi a tutte le sollecitazioni provenienti da un mondo sia pur onirico, ma pur sempre un mondo. Come nel Buddhismo Mahayana in cui l’esperienza del vuoto, raggiungibile attraverso il percorso retto additato dall’ottuplice sentiero, passa attraverso i sensi ma da essi si emancipa per arrivare alla non consapevolezza dell’azione gnostica intrapresa, anche il sognatore lucido, come il corpo percepente degli artefatti contemporanei, effrange le barriere percettive. Lo spazio della vita secolare e quello dell’esperienza artistica ed architettonica sono divenuti infatti, negli ultimi decenni, domini sempre più contigui, in cui i sensi del fruitore ora sono stati messi a dura prova, iper-sollecitati dalla volontà vessatoria dell’artista-progettista; ora invece blanditi dall’atmosfera accogliente e benevolmente immersiva di installazioni o di ambienti in cui si entra nella speranza di una palingenesi globale, non solo percettiva ma spesso anche spirituale. Oltre a mettere in palese discussione i limiti delle nostre capacità sensorie, queste opere producono nuove domande, dal momento che in esse impressioni visive, acustiche e aptiche si scambiano vicendevolmente, cancellandosi o esaltandosi: sono dunque ancora validi i consolidati parametri valutativi e rappresentativi per opere che, nel loro dispiegarsi, ci interrogano su cosa stiamo vedendo, sentendo o toccando? Intrecciati ad insospettabili approcci espressivi del passato, caratterizzati da un appeal sinestetico, questi nuovi luoghi dell’esperienza si sottopongono alla nostra attenzione privi di oggetto, immagine e fuoco su cui tentare di concentrare l’attenzione: lo spazio strutturato si dissolve in un campo percettivo totale e, ricondotti alla loro più pura struttura percettiva – quasi disincarnati e ricondotti a pure casse di risonanza del mondo fenomenico esterno -, i sensi paiono perdere la capacità di descrivere il mondo. Un nuovo modo di vedere, sentire, toccare sembra allora costituire la koinè di un altrettanto nuovo modo di immaginare lo spazio, in cui i confini tra ambiente ecologico e paesaggio interiore definiscono una nuova geografia e una nuova storia.
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A thorough analysis on painter Marco Tirelli's work from an optical and perspectival point of view.
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The essay is devoted to the artistic and perspectival work by Minim Father Jean François Niceron (1613-1646), whose life was expressed in a very short period of time - just 33 years - but full of political and cultural events, reflected... more
The essay is devoted to the artistic and perspectival work by Minim Father Jean François Niceron (1613-1646),
whose life was expressed in a very short period of time - just 33 years - but full of political and cultural events,
reflected in the works that at the eyes of a contemporary beholder appear as extraordinary charades, in the
balance between mathematical strictness and taste for the beauty and the fantastic.
Author of two treaties (the second of which, published posthumously) that have become milestones in studies
of seventeenth-century perspective - the Perspective curieuse (Paris 1638) and the Thaumaturgus opticus (Parsi
1646) - Niceron was fascinated throughout its existence from the idea that in nature is hidden a divine secret
code where the mathematics, and in primis the optics could be major interpreters, making an expressive vocabulary
that through the artificial magic could reproduce its hidden configurative nature, the laws of the making
and forming of its becoming.
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The essay deals with the subject of the origins and development of the solid perspective and perspectival accelerations applied to architecture, as part of the historical evolution of the perspective theory in Sixteenth and Seventeenth... more
The essay deals with the subject of the origins and development of the solid perspective and perspectival accelerations applied to architecture, as part of the historical evolution of the perspective theory  in Sixteenth and Seventeenth century. In particular, the paper presents an unprecedented survey of San Francesco delle Monache dell’Osservanza's stone portal (Naples),  element subjected to an unusual parallel obliquation .
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The paper describes the research work done, since 2010, by Imago rerum group at the convent of SS. Trinità dei Monti (Rome). It involved a large group of researchers belonging to the University Iuav of Venezia, focused in preparing the... more
The paper describes the research work done, since 2010, by Imago rerum group at the convent of SS. Trinità dei Monti (Rome). It involved a large group of researchers belonging to the University Iuav of Venezia, focused in preparing the digital survey and the critical interpretation of the anamorphic paintings made there in the Seventeenth century and still preserved in the convent's corridors. Les Pieux Etablissements de la France à Rome et à Lorette (France) and the Pontifical Institute of Historical Studies (Vatican) have commissioned Imago rerum group and Iuav to conduct a feasibility study concerning the virtuali-zation of these anamorphic paintings for their digital enjoyment. This project is presented here for the first time.
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Jean François Niceron: Perspective and Artificial Magic The essay deals with the perspectival and artistic work of Minim Father Jean François Niceron (1613-1646), whose life was expressed in a very short period of time-just 33 years-but... more
Jean François Niceron: Perspective and Artificial Magic The essay deals with the perspectival and artistic work of Minim Father Jean François Niceron (1613-1646), whose life was expressed in a very short period of time-just 33 years-but full of political and cultural events, reflected in works offered today to the eyes of the contemporary observer as extraordinary charades, in perfect ballance between mathematical rigor and taste for the wonderful and amazing. Author of two treaties (the second of which published posthumously) which have become milestones in studies of Seventeenth-century perspective-La perspective curieuse (Paris 1638) and the Thaumaturgus opticus (Paris 1646)-, Niceron early developed from his expressive world which he translated in acutely deceptive works: catoptric anamorphoses, refractive games and murals in accelerated perspective (the only one survived, depicting St. John the Evangelist writing the Apocalypse in Patmos, it is now visible at the Convent of SS. Trinita dei Monti, Rome), to name a few types.
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The essay deals with the perspectival and artistic work of minim Father Jean François Niceron (1613- 1646), whose life was expressed in a very short period of time - just 33 years - but full of political and cultural events, reflected in... more
The essay deals with the perspectival and artistic work of minim Father Jean François Niceron (1613- 1646), whose life was expressed in a very short period of time - just 33 years - but full of political and cultural events, reflected in works offered today to the eyes of the contemporary observer as extraordinary charades, in perfect ballance between mathematical rigor and taste for the wonderful and amazing. Author of two treaties (the second of which published posthumously) that have become milestones in studies of Seventeenth-century perspective - La perspective curieuse (Paris 1638) and the Thaumaturgus opticus (Paris 1646) -, Niceron developed from an early age his expressive world which he translated in acutely deceptive works: catoptric anamorphoses, refractive games and murals in accelerated perspective (the only one survived, depicting St. John the Evangelist writing the Apocalypse in Patmos, it is now visible at the Convent of SS. Trinita dei Monti, Rome), to name a few types. The biography of the author outlines a life, suspended between France and Italy, engaged not only in debates that developed in the most important scientific and cultural circles of the two countries, but also in theological and religious duties required by his religious Order. The author was fascinated throughout its existence from the idea that in the nature was hiding a divine secret code of which mathematics, and primarily optics, could become interpreters, creating an expressive vocabulary that through the artificial magic re-produces its absolute configurative secret nature, the laws of its making and of its development. His epistemological journey has crossed the paths of Cartesian and Hobbesian thought, his works often becoming a true reflection of contemporary philosophical positions, while nevertheless preserving their stylistic autonomy, both in content and in form.
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THE GEOMETRIAS & GRAPHICA 2015 CONFERENCE PROCEEDINGS The lecture deals with the complex nature of James Turrell's artistic work: it's based on a synchronous and innovative use of geometry, sensory perception and art, capable of inducing... more
THE GEOMETRIAS & GRAPHICA 2015
CONFERENCE PROCEEDINGS
The lecture deals with the complex nature of James Turrell's artistic work: it's based on a synchronous and innovative use of geometry, sensory perception and art, capable of inducing altered states in the viewer's perception of space and time. The team Imago rerum at IUAV University of Venice has taken about 10 years a collaboration with the American artist to create interactive digital clones of his light works. The purpose is to study in vitro the unique characteristics of his works, in particular his famous and mysterious land-formed work, the Roden Crater Proejct. The lecture explained by such operating methods worked the Venetian team, using the state-of-the-art digital modeling and chrome-luministic simulations to recreate the core of Turrell's works. The lecture ends with a presentation of the interactive model of the Roden Crater project for which it was designed a model of the celestial vault. James Turrells [1] installations and environmental scale designs establish intense co-action with the observer who, overexposed to luminous carefully studied stimuli, modifies his own perception of space. The process of interaction with the work pushes us to accept our own visual capabilities, to ask ourselves with greater insistence if that which we are perceiving actually coincides with phenomenal reality: our eye still functions in a Cartesian manner, but now an interpretative effort is demanded of the sentient capabilities of the observer so as to understand that that which he is seeing is his way of seeing. It deals with an hermeneutical approach to the subject of vision and light – from which the former is derived-, that can only briefly be fit into a well established stylistic trend like that of Light-Environment Art, whose goal is to submerge the spectator in the radiant and shady flow that is generated by light: in this expressive context, the work, " …does not represent nor cause the light, but is physically made of light " [2]. The compositive nature of James Turrell's installations restore that intangible and unique character that is typical of luminous radiation: such works cannot be purchased, displayed in one's living room or, in the traditional sense, in a museum, they occur. They have the characteristics of a happening in which many artists often interact. They are responsible for the production of sounds, noises, and smells that resonate and perceptively envelop the spectator in a fruitive sequence whose goal is to suspend the awareness of self. " This process establishes a relationship between the artist's quest and the environment that becomes the instrument with which to create the piece. This is no longer colour, brush, canvas; but walls, spaces, light, openings that lead to the exterior as
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The lecture deals with the complex nature of James Turrell's artistic work: it's based on a synchronous and innovative use of Geometry, sensory perception and Art, capable of inducing altered states in the viewer's perception of space and... more
The lecture deals with the complex nature of James Turrell's artistic work: it's based on a synchronous and innovative use of Geometry, sensory perception and Art, capable of inducing altered states in the viewer's perception of space and time. The team Imago rerum at IUAV University of Venice has taken about 10 years a collaboration with the American artist to create interactive digital clones of his light works. The purpose is to study in vitro the unique characteristics of his works, in particular his famous and mysterious land-formed work, the Roden Crater Project. The lecture explained, by such operating methods, how the Venetian team worked, using the state-of-the-art digital modeling and chrome-luministic simulations to recreate the core of Turrell's works. The essay ends with a presentation of Roden Crater project's interactive clone for which it was designed a model of the celestial vault.
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The essay deals with the theme of the relationship between contemporary art and archaeo-astronomy. In particular, they're  analyzed the works of John Luther Adams and Hannsjörg Voth in relation to the environment that hosts them.
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The works of some contemporary artists are notable for the extraordinary interest they show in landscape considered as a strong and powerful tool between chthonic forces and perceptual implications. Their works form an identifiable or... more
The works of some contemporary artists are notable for the extraordinary interest they show in landscape considered as a
strong and powerful tool between chthonic forces and perceptual implications. Their works form an identifiable or hidden alliance with
the environment, setting free the power of the genius loci, and transforming the enjoyment of the work-of-art into a spiritual and physical
experience. Some of these artists – i.e. J. Turrell, H. Voth, C. Ross, J.L. Adams – however have paid a special attention not only to the geographical
horizon that marks their works, but also to the celestial landscape that becomes such a powerful resonance chamber between
micro- and macro-cosmos. These land-formed works have their roots in ancient wisdom traditions, but they can also teach us a new way
to design and protect the landscape, the culture that embraces all cultures.
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One of the most fascinating topics in Descriptive Geometry courses is the study of how Infinity should and might be represented through the graphic tools of representation. As is well known, thousands of books and essays have been written... more
One of the most fascinating topics in Descriptive Geometry courses is the study of how Infinity should and might be represented through the graphic tools of representation. As is well known, thousands of books and essays have been written on Infinity, all well informed and circumstantial, mainly engaged in the anthropological examination of its semantic evolution.
The essay analyzes the geometric, but also the historical-figurative implications of this mysterious object, the “Horizon”, which is both an imaginary place and a philosophical figure open to scientific and representative speculation.
Starting from the work of Jean-Victor Poncelet (1788 - 1867), and from his Traité des propriétés projectives des figure (Paris 1882), the text begins with the examination of a simple perspective between the geometric plane and the perspective picture, and then delves into the maze of the graphic-theoretical work of the Dutch architect, painter and engineer Hans Vredeman de Vries (1527 - c. 1607) who in his treatise Perspective, dat is de hoogh-gheroemde const een schijnenede in oft door-siende ooghen- ghesichtes punt ... (2 vols., The Hague and Leiden, 1604-05), with the intensive use of the so-called tiers points, tackles the fundamental exercise of the perspective construction of a square inserted within a circular orbit (foll . 1r, 2r). The image seems to allude to the metaphysical figure of an observer whose incessant retinal motion scans the projective space, but perhaps also the geographical one.
The other author analyzed in the essay is the Dutch Samuel Van Hoogstraten (1627- 1678)  who, in his treatise Inleyding tot de hooge schoole der Schilderkonst anders  de Zichtbare werelt (Introduction to the high school of painting or the visible world), published in Rotterdam in 1678, insists on the action of seeing and on the consequent replicative and illusive representation that derives from it, which would be based on the painter’s understanding and mastery of the optical laws here defined as de Zichtkunst (Art of the gaze).
For the painter and essayist from Dordrecht, the eye is overwhelmed by the irriducibility, operating like a dark room, as already in Johannes Kepler (1571-1630), a mere receptor of natural images produced by light.
The horizon thus becomes not only a liminal place for environmental perception, but also a metaphysical support for our memories: the final scene of the beautiful and poignant film by director François Ozon (1967), entitled Sous la sable (Under the sand, France 2000) recalls it.
Ho accolto inizialmente con esitazione l’invito rivoltomi dall’amica e collega Francesca Fatta a riflettere sul tema Disegno: distanze, linguaggi, tecnologie in apertura della giornata di studi dell’Unione Italiana per il Disegno (UID)... more
Ho accolto inizialmente con esitazione l’invito rivoltomi
dall’amica e collega Francesca Fatta a riflettere sul tema
Disegno: distanze, linguaggi, tecnologie in apertura della
giornata di studi dell’Unione Italiana per il Disegno (UID)
tenutasi online il 18 settembre 2020. I tre (quattro per la
verità) termini evocati nel titolo del Seminario corrispondono
ad altrettante categorie esistenziali ed esperienziali
che, mai come in questi mesi di pandemia, hanno assunto
significati ambigui e contraddittori, prima inimmaginabili. Il
distanziamento fisico (ma non sociale) ci ha costretti a riflettere
su come sia importante la prossimità per il genere
umano e come questa ormai possa/debba esprimersi non
solo attraverso il contatto in presenza, ma anche mediata
da altre strutture comunicative, tutte incentrate sul visivo,
ma incapaci di sollecitare in noi una soddisfacente risposta
complessiva dei neuroni specchio e di agire in ambito sinestetico
sui nostri sensi tutti. Emergono così l’inadeguatezza
e i limiti di una tecnologia che credevamo di dominare e
che scopriamo invece dominare le nostre giornate lavorative
e le nostre relazioni, ormai remote e opacizzate in
quell’algida distanza di cui si diceva. Tuttavia, da più parti
si è sottolineato come la pandemia abbia di nuovo posto
al centro della scena comunicativa il linguaggio, nelle sue
plurime articolazioni, semantiche e segniche, divenendo il
solo locus cui affidare i nostri pensieri e i nostri desideri, ormai
disincarnati. Ho dunque provato a partire proprio da
quest’ultimo lemma, “linguaggio”, appunto, per offrire agli
amici e ai colleghi il mio punto di vista sulla questione del
disegno, passando poi a una mia personale lettura dell’idea
di distanza, privata e globale al contempo, per chiudere
infine con un esempio di archeologia tecnologica che, mi
sembra, possa risolvere le aporie suscitate dai tempi cupi
in cui viviamo.
It was with some hesitation that I initially accepted the invitation extended to me by my friend and colleague Francesca Fatta to reflect on the theme of Drawing: distances, languages, technologies during the opening of the Study Day... more
It was with some hesitation that I initially accepted the invitation
extended to me by my friend and colleague Francesca
Fatta to reflect on the theme of Drawing: distances,
languages, technologies during the opening of the Study
Day organized by UID (Italian Union for Drawing) and
held online on September 18, 2020. The three (actually
four) terms evoked in the title of the Seminar correspond
to the same number of existential and experiential categories
that, never as in these months of pandemic, have taken
on ambiguous and contradictory meanings, previously
unimaginable. The physical (but not social) distancing has
forced us to reflect on how important proximity is for the
human race and how by now this can/should be expressed
not only through in-person contact, but also mediated by
other communicative structures, all focused on the visual,
but unable to solicit in us a satisfactory overall response
of mirror neurons, and to act in the synesthetic field on all
our senses. Thus, the inadequacy and limitations emerge
of a technology that we thought we could dominate, but
that we discover, instead, to be dominating our working
days and our relationships, now remote and opaque in that
mentioned algid distance. However, many have pointed
out how the pandemic has once again placed language
at the center of the communicative scene, in its multiple
articulations, semantic and segnic, becoming the only locus
to which we entrust our thoughts and desires, now disembodied.
I have, therefore, attempted to start from this very
last lemma, ‘language,’ to offer my friends and colleagues
my point of view on the question of Drawing, moving on
to my personal interpretation of the idea of distance, private
and global at the same time, and finally closing with
an example of technological archeology which, it seems to
me, could resolve the aporias raised by the dismal times in
which we live.
Lo studio svolto sulla celebre scala elicoidale di Palazzo Mannajuolo (1909-1912), costruito a Napoli su progetto di Giulio Ulisse Arata (1881-1962), verte sull’individuazione della matrice configurativa alla base della sua struttura e... more
Lo studio svolto sulla celebre scala elicoidale di Palazzo Mannajuolo (1909-1912), costruito a Napoli su progetto di Giulio Ulisse Arata (1881-1962), verte sull’individuazione della matrice configurativa alla base della sua struttura e sull’analisi delle scelte costruttive, messe in atto dalle maestranze dell’epoca, al fine della sua realizzazione. L’indagine sulla scala è stata resa possibile grazie ai risultati ottenuti durante una campagna di rilievo e dalle ricerche documentali, che hanno fornito la base per le successive elaborazioni digitali, impieganti anche la modellazione parametrica. La ricerca è stata condotta anche sul contesto storico-culturale napoletano dei primi anni del Novecento, nella cui temperie il palazzo si inserisce, mediante il confronto con altri casi-studio, anche di epoche precedenti, presenti sul territorio.
Lo studio svolto sulla celebre scala elicoidale di Palazzo Mannajuolo (1909-1912), costruito a Napoli su progetto di Giulio Ulisse Arata (1881-1962), verte sull’individuazione della matrice configurativa alla base della sua struttura e... more
Lo studio svolto sulla celebre scala elicoidale di Palazzo Mannajuolo (1909-1912), costruito a Napoli su progetto di Giulio Ulisse Arata (1881-1962), verte sull’individuazione della matrice configurativa alla base della sua struttura e sull’analisi delle scelte costruttive, messe in atto dalle maestranze dell’epoca, al fine della sua realizzazione. L’indagine sulla scala è stata resa possibile grazie ai risultati ottenuti durante una campagna di rilievo e dalle ricerche documentali, che hanno fornito la base per le successive elaborazioni digitali, impieganti anche la modellazione parametrica. La ricerca è stata condotta anche sul contesto storico-culturale napoletano dei primi anni del Novecento, nella cui temperie il palazzo si inserisce, mediante il confronto con altri casi-studio, anche di epoche precedenti, presenti sul territorio. Qui se ne offre una breve sintesi.
In un suo recente libro 1 , la scrittrice statunitense Siri Hustvedt (1955) ha ricostruito su diversi piani narrativi la vita di Harriet Burden , artista immaginaria il cui talento non venne riconosciuto in vita dal mondo della critica a... more
In un suo recente libro 1 , la scrittrice statunitense Siri Hustvedt (1955) ha ricostruito su diversi piani narrativi la vita di Harriet Burden , artista immaginaria il cui talento non venne riconosciuto in vita dal mondo della critica a lei contemporaneo, delineando un labirinto letterario in cui si incrociano frammenti dei suoi diari (rigo-rosamente redatti secondo un assurdo ordine alfabetico) e le te-stimonianze delle persone che la amarono o che ne derisero il la-voro. L'autrice mostra di conoscere in profondità le odierne teorie filosofiche sull'arte e sulla percezione 2 , tessendo una fitta trama piena di rimandi, interni e esterni al testo, a cui il lettore si abban-dona man mano che procede nel racconto. Ma la brillante cultura e intelligenza della Hustvedt non costituiscono la parte più interes-sante del libro: è invece la pietà e l'amore per la complessa e mi-steriosa vita della protagonista che emerge, uno straziante e do-lente ritratto di una vita complicata da una fisicità ingombrante e da un talento mostruoso che il mondo non è in grado di capire, a meno che non si mascheri (come succede nel romanzo) in tre alter -ego/prestanome maschili (Anton Tish, Phineas Eldridge e Rune) a cui vengono attribuite le sue opere, ottenendo così un incredibile successo mass-mediatico. Naturalmente non è possi-bile operare nessuna proiezione psico-biografica tra la vita della protagonista del romanzo della Hustevedt e quella di Lauretta Vinciarelli (1943-2011), artista e architetto italiana che ha svolto gran parte della sua attività di disegnatrice/pittrice e progettista negli Stati Uniti, e tuttavia si delinea sullo sfondo un elemento comune, che solo in tempi recenti ha iniziato a sciogliere i suoi nodi critici: il riconoscimento del valore creativo della produzione svolta da una donna in un universo fondamentalmente maschile e In a recent book 1 , the American writer Siri Hustvedt (1955) reconstructed on various narrative levels the life of Harriet Burden, an imaginary artist whose talent was not recognised in life by the critics, sketching a literary labyrinth in which fragments of her diaries (rigorously written following an absurd alphabetical order) are mixed with the recollections of people who loved her or who scorned her work. The author has a good in-depth knowledge of contemporary philosophical theories on art and perception 2 , and weaves a dense plot full of references, both interior and exterior to the text, in which the reader is progressively involved as the tale proceeds. Yet the brilliant culture and intelligence of Siri Hustvedt are not the most interesting part of the book, but rather the compassion and love for the complex and mysterious life of the main character, a heartrending and painful portrait of a life complicated by an awkward body and by a huge talent that the world is not capable of understanding, unless it is masked (as in the novel) in the form of three male alter-ego/frontmen (Anton Tish, Phineas Eldridge and Rune) to whom her work is attributed, thus obtaining an incredible mass-media success. It is obviously not possible to carry out a psycho-biographic projection between the life of Hustvedt's heroine and of Lauretta Vinciarelli (1943-2011), the Italian artist and architect who carried out a great part of her work as a designer, as well as a draughtswoman and painter in the United States, and yet there is a common element to both lurking in the background which only recently has began to be revealed: the recognition of the creative value of a woman's production in an essentially male and chauvinist world, that of contemporary art and architecture. L'opera grafica di Lauretta Vinciarelli (1943-2011) invita l'osservatore ad entrare in un universo di visioni sospese, di luoghi archetipici in cui dominano il riflesso e la liquidità atmosferica. Architetto e docente universitario in USA, Lauretta Vinciarelli dipingeva e disegnava mossa dal desiderio di riattingere, per via figurativa, all'assolata atmosfera romana, dalla quale proveniva, ma anche alla torrida secchezza del deserto del Texas, dove visse a stretto contatto con Donald Judd. The graphic work by Lauretta Vinciarelli (1943-2011) invites the observer to enter a universe of suspended visions, of archetypal places dominated by reflections and atmospheric fluidity. An architect and university professor in the United States, Lauretta Vinciarelli painted and made drawings moved by the wish to figuratively tap into the sunny Roman atmosphere where she came from, but also into the sweltering dryness of the Texas deserts, where she lived with partner and fellow-artist Donald Judd.
What is the role played by the beholder in Modernity and in contemporary world? While we're witnessing a progressive denigration of the visual act - understood here as a cognitive and initiatory action -, the visual image has now assumed... more
What is the role played by the beholder in Modernity and in contemporary world? While we're witnessing a progressive denigration of the visual act - understood here as a cognitive and initiatory action -, the visual image has now assumed an increasingly central role in the epistemological trend of making architecture and in the artistic production. The essay tries to historically frame the slow process of regimentation of the vision, and its liberation occurred in recent times thanks to the experiments conducted in the context of the contemporary art. Thus the space of the artisic experience is redefined as a place in which seeing oneself see.
The essay offers a glimpse of the work developed by the Imago Rerum team, concerned to University of IUAV/dcP in Venice, about the critical interpretation and digital reconstruction of the renowned handscroll “Prosperous Suzhou (姑蘇繁華圖)”,... more
The essay offers a glimpse of the work developed by the Imago Rerum team, concerned to University of IUAV/dcP in Venice, about the critical interpretation and digital reconstruction of the renowned handscroll “Prosperous Suzhou (姑蘇繁華圖)”, a Chinese work of art of the XVIII century. The aforementioned team of experts carried out a complex research project, which involved both the projection and reproduction of axonometric shapes and of orography and topography to the totality of the architectural elements illustrated. Moreover, this work is noted for the combined use of oblique parallel projection, a Sino-Japanese form of representation, and linear conic perspective: a semantic integration that conveys to the scroll painting an even more suggestive and evocative power of the relations between East and West at the doorstep of modernity.
The essay reconstructs the intimate meaning of two Greek words, skenographia and skiagraphia, and their literary use in the Ancient World. These are two homophonic expressions, but characterized by very different meanings. Their history... more
The essay reconstructs the intimate meaning of two Greek words, skenographia and skiagraphia, and their literary use in the Ancient World. These are two homophonic expressions, but characterized by very different meanings. Their history is intertwined in specialized texts about architecture (see Vitruvio, De architectura libri decem) but also in some philosophical works (see Plato, Republic and Sophist; and Tito Lucrezio Caro, De Rerum Natura). The comparison between the various meanings that these terms have assumed over time has given rise to a rush of critical hypotheses on their influence in the world of pictorial (now lost) and vascular (partially available) representation, in Greek and Latin world: here we will try to synthesize and compare them, with particular attention to the history of shadow theory in the West figurative culture. This one is indissolubly linked to the origins of the drawing, through the renowned myth told by Pliny the Elder in his Naturalis Historia, where it appears to be linked to an act of love.
Research Interests:
The architect- draughtsman uses a theoreticalgraphic code whose foundations - of obvious Platonic lineage - attempt to organize and make sense to the reality. Perhaps the most powerful tool that he has in his hands to translate the... more
The architect- draughtsman uses a theoreticalgraphic
code whose foundations - of obvious
Platonic lineage - attempt to organize and make
sense to the reality. Perhaps the most powerful
tool that he has in his hands to translate the existing
world in a dense and polysemous model
and to envisage the future one, in a compelling
and creative way, becomes from descriptive geometry.
Today, the context in which the architect
works is violently changed and the “geometry”, in
the digital image, seems to have lost memory of
its projective origins. Two loci - one related to the
stonecutting’s tradition, the other to the experiences
of contemporary art - seem to be able to
bring out in a renewed way, “the figures of the
demonstration” associated with descriptive geometry.
Research Interests:
In the intellectual life of an architect, design and representation are inextricably connected terms, both in theoretical speculation and in operational practice. Indeed the drawn image is both a document of what is yet to be realized... more
In the intellectual life of an architect, design and representation are inextricably connected
terms, both in theoretical speculation and in operational practice. Indeed the
drawn image is both a document of what is yet to be realized (and in this case it assumes
a pre-figurative value), and a registration of what exists, in that way becoming an action
purporting to document. In both cases, of course, the object – the building, already
built or yet to build – will be or is elsewhere, and it is made present to our eyes through
drawing. The visionary action of Alberti’s lineamenti remains the focus of the designer’s
entire operational life, but the new digital technologies pose unprecedented issues to
the draftsman. One is autographism; yeat another is the role that the illusory forms of
mimetic rendition may take, relative to the objectivity of a concrete world that is increasingly
removed from the field of knowledge and experience. The question remains open
of how to allocate a strong linguistic identity to digital images: maybe they don’t dwell
in the technological world – the same world that enables them to be realized – but, as
proposed here, in the world of art. In this way, it might be possible to strengthen and to
renew an old link between science and figurative expression, a link that lies, through the
invention of perspective, at the very origins of the modern civilizations of the images.
Research Interests:
Research Interests:
The essay deals with the question of the forms of representation in the Far East figurative art, trying to motivate projectively why Chinese and Japenese people preferred the axxonometrical projection.
Research Interests:
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Nell’augurare un sereno anno nuovo alle ascoltatrici e agli ascoltatori di Uomini e Profeti, vi proponiamo in primo luogo un brano del teologo Romano Guardini sul tempo della fine e dell’inizio: “In ogni cosa che finisce vi è una... more
Nell’augurare un sereno anno nuovo alle ascoltatrici e agli ascoltatori di Uomini e Profeti, vi proponiamo in primo luogo un brano del teologo Romano Guardini sul tempo della fine e dell’inizio: “In ogni cosa che finisce vi è una conclusione che porta il destino ad assumere il suo senso”. Ma poi ci sposteremo, ancora, nel Seicento, per conoscere un aspetto forse poco sottolineato della vita religiosa del tempo: la convinzione che un codice segreto divino, nascosto all’interno della natura, fosse decifrabile non soltanto attraverso l’analisi dei testi sacri, ma attraverso le leggi dell’ottica e della matematica. Jean François Niceron vissuto tra la Francia e l’Italia, dove sono rintracciabili numerose sue opere, fu un interprete originalissimo di questa convinzione, gettando le basi per quel dialogo tra scienza e fede che, nei secoli, non ha ancora raggiunto un suo equilibrio. Ce ne parla Agostino De Rosa, studioso di architettura e di teoria e storia dei metodi di rappresentazione.
Research Interests:
Mostra "Jean François Niceron e Emmanuel Maignan. Due padri Minimi, tra fede e scienza" a cura di Alessio Bortot, Agostino De Rosa & Imago rerum Coordinamento, organizzazione, responsabile servizi educativi, Ester Francesca Aloise 7... more
Mostra
"Jean François Niceron e Emmanuel Maignan. Due padri Minimi, tra fede e scienza"
a cura di Alessio Bortot, Agostino De Rosa & Imago rerum
Coordinamento, organizzazione, responsabile servizi educativi, Ester Francesca Aloise
7 Ottobre 2023 › 6 Gennaio 2024
orari: 9.30 - 12.00 / 15.00 - 17.00
27 Marzo 2024 › 8 Settembre 2024
orari: 9.30 -12.30 / 15.30 -18.30
Santuario di San Francesco di Paola
Sala delle Esposizioni
Paola (CS)

La mostra affronta, per la prima volta in ambito scientifico mondiale, l’opera prospettica ed artistica dei Padri Minimi Jean François Niceron (1613-1646) e Emmanuel Maignan (1601-1676), la cui vita si espresse in un arco temporale relativamente breve – la prima metà del XVII secolo –, ma denso di eventi politici e culturali, riflessi in opere che si offrono oggi agli occhi dell’osservatore contemporaneo come straordinarie sciarade, in bilico tra rigore  matematico e gusto per il meraviglioso e lo stupefacente.
Autori di trattati che sono divenuti pietre miliari negli studi sulla prospettiva seicentesca – Niceron con "La perspective curieuse" (Parigi 1638) e il "Thaumaturgus opticus" (Parigi 1646, edito postumo) e Maignan con la "Perspectiva horaria, libri IV" (Roma 1648) –, entrambi svilupparono sin da giovanissimi un loro mondo espressivo che si tradusse in opere dai forti connotati decettivi:
anamorfosi catottriche, giochi rifrattivi e dipinti murari accelerati prospetticamente (nel caso di Niceron, l’unico sopravvissuto, ritraente San Giovanni Evangelista che scrive l’Apocalisse in Pathmos, è ora visibile presso il Convento della SS. Trinità dei Monti, Roma, accanto a quello più celebre, eseguito in grisaille e meglio conservato eseguito da Maignan e raffigurante San Francesco di Paola in preghiera), per citare solo alcune tipologie.
Le biografie dei due frati Minimi delineano vite, sospese tra Francia e Italia, impegnate sia nei dibattiti che si svilupparono nei più importanti circoli culturali e scientifici dei due paesi, che nelle incombenze teologiche e religiose previste dal loro Ordine religioso di afferenza.
Niceron e Maignan furono affascinati per tutta la loro esistenza dall’idea che nella natura si nascondesse un codice segreto divino di cui la matematica, e in primis l’ottica, potevano farsi interpreti, elaborando un lessico espressivo che attraverso la magia artificiale ne riproducesse la segreta natura configurativa, le leggi formanti del suo farsi e del suo divenire. Il percorso gnoseologico di  entrambi attraversò i sentieri del pensiero cartesiano e hobbesiano. Le loro opere, spesso divenendo uno specchio fedele di coeve posizioni filosofiche, hanno conservato tuttavia una loro autonomia stilistica, sia nei contenuti che nella forma. La mostra ricostruisce, attraverso un’analisi molto dettagliata, tutte le immaginabili declinazioni del linguaggio di Niceron e Maignan, seguendo l’affascinante esegesi degli schemi retorici presenti nelle varie  edizioni (in volgare e latino) dei loro trattati; attraversando  virtualmente il complesso dei tre corridoi pinciani che ospitano le anamorfosi ‘gemelle’ dei Padri Niceron e Maignan (nonché la meridiana catottrica delineata da quest’ultimo), e  comprendendone il valore iniziatico; percorrendo i sentieri della corrispondenza romana e francese degli autori; e infine indagando i segreti politici e ottico-geometrici dei loro giochi, inquadrabili nella poetica del dubbio elaborata da René Descartes.
Le  ricostruzioni (fisiche e virtuali) raccolte in questa mostra, mai come in questo caso, mostrano come nell’etimo della parola illusione (in ludus) si nasconda una componente giocosa, esercitata sia da Niceron che da Maignan al confine tra fede, arte e scienza.

Imago rerum:
Agostino De Rosa
(coordinatore scientifico)
Francesco Bergamo
Alessio Bortot
Antonio Calandriello
Anna Ciprian
Luca D’Elia
Eliana Fazzino
Isabella Friso
Emanuele Garbin
Giulia Lazzaretto
Gabriella Liva
Cosimo Monteleone
Giovanna Pernice
Giulia Piccinin
Andrea Salmaso

Cataloghi
- Alessio Bortot, "Emmanuel Maignan e Francesco Borromini Il progetto di una villa scientifica nella Roma barocca", LetteraVentidue, Siracusa 2020.
- Agostino De Rosa, a cura di, "Jean François Niceron. Prospettiva,
catottrica & magia artificiale", Aracne, Roma 2013.
- Agostino De Rosa, a cura di, "Roma anamorfica. Prospettiva e
illusionismo in epoca barocca", Aracne, Roma 2019.

Sonorizzazione
- Joe Frawley, "Curious perspectives", Joe Frawley Music 2012 (CD).

http://joefrawley.bandcamp.com/album/curious-perspectives.
Progetto finanziato con risorse PSC Piano di Sviluppo e Coesione 6.02.02
Progetto finanziato con risorse PAC 2014/2020 Asse VI Azione 6.8.3
Le attività sono realizzate grazie al contributo concesso dalla Direzione
Generale Educazione, ricerca e Istituti culturali del Ministero della Cultura.

Progetto grafico ed espositivo:
Alessio Bortot, Agostino De Rosa

Stampa tipografica:
Pubblidoro Service SRL
Tipografia Di F. Chiappetta & C.S.N.C.

Stampa 3D:
Francesca Fatta
Daniele Colistra
Domenico Mediati
Laboratorio multimediale
Università “Mediterranea” di Reggio Calabria
Dipartimento Architettura e Territorio (dArTe)

Allestimento:
Menniti e Mercuri. Soluzioni di arredo in legno
La cella era vuota e note sulla mostra (traduzione di Francesco Bergamo) “Ma la fantasia è vasta come l’universo moltiplicato per tutti gli esseri pensanti che lo abitano. È la prima venuta tra le cose, interpretata dal primo... more
La cella era vuota e note sulla mostra
(traduzione di Francesco Bergamo)

“Ma la fantasia è vasta come l’universo moltiplicato per tutti gli esseri pensanti che lo abitano. È la prima venuta tra le cose, interpretata dal primo venuto; e se quest’ultimo non ha l’anima che getta una luce magica e sovrannaturale sull’oscurità naturale delle cose, essa è un’inutilità orribile, è la prima venuta contaminata dal primo venuto. Qui dunque non vi è più analogia, se non per caso, ma al contrario torbidezza e contrasto, un campo variopinto per assenza di una cultura regolare.”
Charles Baudelaire

“… [nel sogno] Il segreto per penetrare nell’oggetto così da riorganizzare il modo in cui appariva era semplice quanto aprire la porta di un armadio. Forse era soltanto questione di essere lì quando la porta si apriva da sé. Eppure, dopo essermi svegliato, non riuscivo a ricordare come fosse successo e non sapevo più come entrare nelle cose.”
John Berger, “Steps Towards a Small Theory of the Invisible”, 2001

La mostra La Cella Era Vuota presso l’aula Gino Valle all’Università Iuav di Venezia indaga le relazioni tra identità e anonimato, nell’ambito della rappresentazione, come un mezzo per costruire forme basate su immagini e tridimensionali – enfolded reliquaries - che incarnano l’evidenza degli spazi occupati e dei loro artefatti, mentre neutralizzano le reciproche differenze attraverso vari processi trasformazionali. La base concettuale per questo lavoro emerge in parte dalla lente poetica di Michel Deguy, impiegata per ristabilire il contenuto narrativo all’interno di processi artistici formali.

L’enfolded reliquary è un reliquiario all’interno del quale un artefatto è incorporato nel contenuto materiale dell’oggetto invece che ospitato nel volume di uno spazio predeterminato. L’artefatto e il suo contenitore sono considerati sinteticamente. Un reliquiario è comunemente visto come un recipiente o un contenitore che ospita un artefatto significativo - una reliquia. Spesso il contenitore e il suo contenuto non hanno una vera e mutua relazione intrinseca, e tuttavia la reliquia è portatrice di un significato che travalica il contenitore e assume una forma narrativa - spesso mitologica - nelle menti di coloro che considerano importante l’artefatto; il reliquiario instaura una connessione tramite la mediazione. Per estensione (ma forse anche direttamente) un edificio è un reliquiario, e lo stesso si può affermare anche per una scultura o per un dipinto. Sono analoghi. Del tutto racchiuso nei loro processi (e nelle loro storie) corporei e in accordo con come vengono esperiti c’è uno spazio che potenzialmente connette l’oggetto e chi è presente nel suo spazio. L’enfolded reliquary è più un copro materiale che rivela il suo contenuto avviluppando la sua storia, e la storia della sua realizzazione, fino al punto in cui sia il contenitore che l’oggetto si trovano ad essere la stessa cosa.


La Cella Era Vuota
di Michel Deguy

Il vuoto come lo chiamano
Ma incastonato
Messo nella segreta dell’arca scavata
sarebbe l’assenza di parte per un tutto
E sottratta allo sguardo
La rinuncia ma pacatamente taciuta
Alla simbolizzazione possibile.

Nella poesia La Cella Era Vuota, la Cella può essere intesa come uno spazio corporeo - un corpo presente; il vuoto, posto segretamente all’interno dell’arca scavata. L’arca è scavata: un atto di rimozione il cui risultante spazio liminale incastona il vuoto. Nella Cella di Deguy l’assenza ha un ruolo, è un artefatto tenuto in risonanza al suo interno e legato al potenziale del divenire - della simbolizzazione possibile. Dentro la cella, la rinuncia è allo stesso tempo perdita e riconfigurazione, e lo spirito dell’immaginazione che genera processi di riconfigurazione.

Qui la poesia dev’essere scavata; giace al di sotto della superficie, come le ossa sotto la pelle, tramutando la morfologia di un copro in una salda atmosfera di resistenza costante, formando la forma; come la natura cellulare di una stanza nel definire l’identità e l’anonimato di una città: lo stampo allo stampato, tra l’una e l’altro – antidosis (il termine antidosis è impiegato qui nell’accezione a cui ha dato forma Michel Deguy nella sua poesia in prosa Timberline, dedicata al lavoro presente in Form of Absence: “La parte è il tutto: ciascuna delle due facce che formano il tutto rimanda all’altra: antidosis tra un linguaggio e il mondo; “scambio di una reciprocità di prove…”. Dall’omonimo trattato di Isaocrate, Antidosi (letteralmente: uno scambio). Il doppio è sempre presente, ed è un mezzo per generare processi progettuali trasformativi.

La mostra presenta immagini e talismani spaziali: artefatti dell’abitare che si trovano nel processo di essere riconfigurati; situati e preparati al riuso. Buona parte del copro artefattuale (Artefatto, sostantivo: un prodotto della concezione o dell’azione umana, che si differenzia da un elemento innato; Artefattuale, aggettivo: relativo a un artefatto e alle sue qualità) - oggetti tridimensionali, dipinti e radiografie - emerge da mesi di documentazione in situ negli spazi dell’atelier di Jože Plečnik a Lubiana, in Slovenia.

Il lavoro inizia con radiografie eseguite sul posto; spazi e artefatti sono mostrati tramite un dispositivo portatile per i raggi X. L’immagine a raggi X oltrepassa gli attributi riconoscibili - fisici - aprendo le strutture interne per l’investimento di narrazioni riconfigurate. I dipinti a olio in rilievo sono quindi deposti direttamente sulle radiografie, che sono poi nuovamente ri-eseguite. L’immagine composita stratificata - enfolded - è ricostituita sotto forma di uno stampo per gettare il reliquiario tridimensionale. Tutte le realizzazioni sono in dimensione reale. Il reliquiario non contiene l’oggetto.

Al suo interno non c’è uno spazio che lo accolga. Invece, l’oggetto originario esiste solamente come traccia processuale, incastonata come un’azione del passato; una musa generativa, che ricompone reliquiario e oggetto come un tutt’uno indecifrabile che manifesta analogia piuttosto che mimesis. Reintroducendoli in un luogo nuovo ed estraneo, i reliquiari - ora interventions - importano una storia rinnovata che funge da narrazione materiale connettendo il contesto ai reliquiari. La doppia interfaccia tra i reliquiari e il loro contesto spaziale va intesa come un’architettura che rielabora le distanze liminali - dialettiche - tra esistente ed estraneo.
Per questo il lavoro è doppiamente “site specific”; è colto da un luogo - la sua origine - e riconfigurato in relazione al suo nuovo sito, l’aula Gino Valle all’Università Iuav di Venezia. Comprende nuovi materiali realizzati appositamente per questa mostra e altri provenienti da Form of Absence, l’installazione ospitata nel 2013 presso il Contemporary Art Museum di Tampa, in Florida.
La mostra - fluttuando tra modalità e architettoniche - struttura la possibilità di interazioni dirette tra narrazioni artefattuali e spaziali che si (rap)presentano come una conseguenza sintetica: una rielaborazione dialettica - corporea - di tracce dell’abitare. Questo lavoro è da considerarsi come un punto di molteplici partenze.
Research Interests:
"Architettura incisa 3" mostra 11 > 22 maggio 2015 Spazio espositivo “Gino Valle” Cotonificio veneziano ore 9 > 19, lun > ven inaugurazione 11 maggio 2015 ore 17 a cura di Sandra Suatoni (ICG) Aldo Aymonino Agostino De Rosa Giuseppe... more
"Architettura incisa 3"
mostra
11 > 22 maggio 2015
Spazio espositivo “Gino Valle”
Cotonificio veneziano
ore 9 > 19, lun > ven

inaugurazione
11 maggio 2015
ore 17

a cura di
Sandra Suatoni (ICG)
Aldo Aymonino
Agostino De Rosa
Giuseppe Caldarola


responsabili scientifici
Sandra Suatoni (ICG)
Aldo Aymonino
Agostino De Rosa

Progetto "Architettura Incisa" ideato e curato da Sandra Suatoni, direttore Stamperia Istituto Centrale per la Grafica, promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane).

In mostra le opere grafiche di architetti, docenti e studenti dell’Università Iuav di Venezia che hanno partecipato alla terza edizione del progetto “Architettura incisa”, iniziativa promossa e organizzata dall'Istituto Centrale per la Grafica quale ideatore del progetto/programma sostenuto dal Ministero de Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e con l'Università Iuav di Venezia – Dipartimento di Culture del progetto.

La mostra “Architettura Incisa”, allestita nella sala espositiva “Gino Valle” della sede Iuav del Cotonificio veneziano a cura di Sandra Suatoni, Aldo Aymonino, Agostino De Rosa e Giuseppe Caldarola, espone i lavori dei docenti e degli studenti dell’Università Iuav di Venezia/Dcp e di quanti altri hanno voluto aderire al progetto dietro apertura di specifica call for events.

Obiettivo essenziale del progetto non è sancire l’assimilazione dei prodotti grafici degli architetti con quelli artistici, quanto perseguire situazioni di ricerca disciplinare consone all’architettura, nel recupero della plurisecolare tradizione italiana che assegna al disegno il ruolo di fulcro teorico e pratico delle arti visive.

Le matrici incise e le stampe prodotte costituiscono un ulteriore momento di arricchimento delle collezioni dell'Istituto Nazionale per la Grafica e dell’Università Iuav di Venezia. L’Istituto Nazionale per la Grafica infatti possiede già una collezione di opere grafiche di architetti contemporanei composta di matrici incise all’acquaforte, stampe, bozzetti, realizzati nel corso degli anni all’interno del progetto “Architettura Incisa”, iniziativa ideata dall'Istituto Centrale per la Grafica e promossa e sostenuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, giunta quest’anno alla sua terza edizione.

Attraverso una serie di incontri scientifici, laboratori applicativi e mostra finale, il progetto “Architettura Incisa” si è sviluppato riprendendo e attualizzando antiche modalità di presentazione dell'architettura, sull'esempio dei grandi architetti-incisori del Settecento presenti nelle collezioni dell'Istituto Nazionale per la Grafica.

Agli architetti dell'era globale e del disegno informatico viene proposto un impegnativo percorso a ritroso, attraverso tecniche antiche e procedimenti rituali che impongono il recupero della manualità e del gesto che traccia il segno: sulla carta, poi sul rame, inciso all'acquaforte e a punta secca. Misurarsi con le tecniche incisorie costituisce una sfida: essa consiste in un confronto con se stessi, con la propria volontà espressiva mediata dalla materia e dallo strumento tecnico dell’incisione.
Research Interests:
"Jean François Niceron. Prospettiva, catottrica & magia artificiale" mostra a cura di Agostino De Rosa & Imago rerum in collaborazione con Ambassade de France près le Saint-Siège, Roma Le Pieux Etablissements de la France a Rome... more
"Jean François Niceron. Prospettiva, catottrica & magia artificiale"
mostra a cura di
Agostino De Rosa
& Imago rerum

in collaborazione con
Ambassade de France près le Saint-Siège, Roma
Le Pieux Etablissements de la France a Rome et a Lorette, Roma
Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola, Roma

22 aprile > 31 maggio 2013
Spazio espositivo “Gino Valle”
Università Iuav di Venezia
Dorsoduro 2196, 30123 Venezia
Research Interests:
"Terra e luce dalla Gurfa al Roden Crater" Mostra Permanente Museo Archivio per la Fotografia della Sicilia e del Mediterraneo di Alia Via Santa Croce - ALIA (Pa) telefono 091-8219528 ufficioturisticoalia@libero.it Orario di apertura... more
"Terra e luce dalla Gurfa al Roden Crater"
Mostra Permanente
Museo Archivio per la Fotografia della Sicilia e del Mediterraneo di Alia
Via Santa Croce - ALIA (Pa)
telefono 091-8219528
ufficioturisticoalia@libero.it
Orario di apertura
dalle ore 09,00 alle ore 13,00 - dalle ore 15,00 alle ore 18,00
dal MARTEDI' alla DOMENICA                    LUNEDI' CHIUSO

Gli artisti James Turrell e Alessandro Belgiojoso, sono riusciti ad unire due luoghi tra di loro lontanissimi nel tempo e nello spazio. "Terra e luce, dalla Gurfa al Roden Crater" è il titolo della mostra permanente che il Comune di Alia ha deciso di acquistare in occasione dell'inaugurazione del nuovo Museo Archivio per la Fotografia della Sicilia e del Mediterraneo di Alia.
La mostra ""Terra e luce, dalla Gurfa al Roden Crater" era stata voluta un anno fa dall'associazione "Sole e Luna, un ponte tra le culture",  per la Galleria d'Arte Moderna di Palermo e questa mattina è stata inaugurata all'interno del museo di Alia, con la presenza, tra gli altri, dell'Assessore ai beni culturali e all'Identità Siciliana Gaetano Armao, l'artista Belgiojoso e il professor Agostino De Rosa dello IUAV di Venezia, curatore della sezione su James Turrell.
Una mostra che nasce proprio per rinforzare quel legame profondo, sostanziale, tra i luoghi del Roden Crater e le Grotte della Gurfa. Il primo,  grembo della land-art prodotta dal genio di James Turrell: Il "Roden Crater Project", opera di Turrell, che da più di trent'anni modella un covo di ceneri vulcaniche, il Roder Crater appunto,  situato a Flagstaff in Arizona, per farlo rinascere sotto giochi di luce e ombre. All'interno della mostra sono le rappresentazioni dello IUAV di Venezia  a riprodurre quello che risuta essere il più grande progetto di land-art del mondo. E poi le Grotte della Gurfa, che hanno rapito lo sguardo del fotografo Alessandro Belgiojoso e che saranno raccontate attraverso una riproduzione fotografica dell'artista: grotte rupestri, cinque ambienti ipogei scavati all'interno di una rupe di arenaria, e risalente, secondo alcuni, al periodo preistorico. L'obbiettivo di Belgiojoso ha saputo catturare queste geometrie di luce, e il loro legame con la scultura di James Turrel, una corrispondenza che va oltre il tempo e lo spazio.
Research Interests:
"Terra e luce, dalla Gurfa al Roden Crater, Palermo" a cura di Agostino De Rosa & Imago rerum Galleria d’Arte Moderna, Complesso Monumentale Sant’Anna, 6 luglio 2009 – 10 gennaio 2010, in occasione del festival SoleLuna un ponte tra le... more
"Terra e luce, dalla Gurfa al Roden Crater, Palermo"
a cura di Agostino De Rosa & Imago rerum
Galleria d’Arte Moderna, Complesso Monumentale Sant’Anna, 6 luglio 2009 – 10 gennaio 2010, in occasione del festival SoleLuna un ponte tra le culture.

Due mostre, le fotografie della Gurfa di Alessandro Belgioioso e le installazioni del progetto del Roden Crater di James Turrell sono state aperte nella settimana del festival 6/12 luglio 2009 e riunite in un’unica mostra e un unico catalogo della Skira, in lingua italiana e inglese, dal titolo TERRA e LUCE, dalla Gurfa al Roden Crater di James Turrell. La mostra è durata tre mesi, fino al 6 settembre 2009 .
A Palermo è stata organizzata, durante la settimana del festival, una tavola rotonda di approfondimento, cui ha partecipato il CNR, l’House of Lords Science and Technology Committee, archeologi e architetti in collaborazione con l’Università di Palermo. La tavola rotonda si è tenuta a Palazzo Steri.
James Turrell ha intrattenuto gli ospiti in una Lecture “Plato’s cave and the light inside” l’11 luglio 2009 al Complesso monumentale di S. Anna a Palermo.

La Gurfa di Alessandro Belgiojoso
alessandroLa Gurfa, un esempio di architettura rupestre, è un complesso di 5 ambienti scavati in una rupe di arenaria rossa nei pressi del comune di Alia in Sicilia, senza sfruttare cavità naturali già presenti. La datazione è ancora incerta ma sembra risalire, dai rilievi effettuati, al 2500 a.C. (età del rame-bronzo).
Il complesso è diviso in due piani che sfociano entrambi in una stanza a campana (tholos). Questa costruzione è un vero e proprio Pantheon, di grande interesse architettonico e culturale, probabilmente sede del consiglio.
Il nome, invece, deriva probabilmente dai tempi della dominazione araba della Sicilia: il termine Gurfa, infatti, in arabo indica una camera.

Alessandro Belgiojoso ha fotografato questo luogo arcano e misterioso,  creando suggestioni ed effetti di luce tipici della sua ricerca incentrata sul tema del “viaggio impossibile”.



Il Roden Crater project è il più grande progetto di land art del mondo. Ideata dall’artista statunitense James Turrell (Los Angeles 1943) e collocata in un remoto angolo del Painted Desert (Arizona, USA), l’opera si dispiega attraverso la realizzazione di 15 ambienti ipogei costruiti (o in fase di esecuzione) all’interno di un imponente cratere estinto, di origine strombolica, noto come Roden Crater. La mostra “Geometrie di luce” espone la ricostruzione digitale del progetto definitivo, realizzata in stretta collaborazione con James Turrell, da un’equipe dell’Università Iuav di Venezia-facoltà di Architettura, coordinata da Agostino De Rosa (professore ordinario, direttore dell’Imago rerum team).

Sole Luna ha realizzato i modellini delle 18 stanze del progetto. La mostra sarà ospitata nel 2011 all’interno dell’antologica dedicata a James Turrell dal Solomon Gugghenheim Museum di New York, con la presenza di alcune foto del Tholos della Gurfa siciliano (poi in tour mondiale).
Research Interests:
OLTRE LA LUCE. Il Roden Crater project di James Turrell Villa e Collezione Panza, Varese 16 maggio - 17 agosto 2008 Orario: 10 - 18 (tutti i giorni escluso i lunedì non festivi) Ultimo ingresso ore 17.30 “Cerco di rendere visibili i... more
OLTRE LA LUCE. Il Roden Crater project di James Turrell
Villa e Collezione Panza, Varese
16 maggio - 17 agosto 2008
Orario:
10 - 18 (tutti i giorni escluso i lunedì non festivi)
Ultimo ingresso ore 17.30

“Cerco di rendere visibili i vestiti dell'imperatore” così James Turrell definisce il suo lavoro e il mezzo al quale si affida, la luce. Dal 16 maggio al 17 agosto 2008 sarà allestita nelle Scuderie di Villa e Collezione Panza l'affascinante opera paesaggistica a cui l'artista americano James Turrell (Los Angeles, 1943) si sta dedicando, con un'ostinazione e una creatività senza pari, sin dagli inizi degli anni Settanta, affascinato dalle emozioni che la luce trasmette.

Provincia di VareseVarese Land of Tourism
Camera di Commercio di Varese
Comune di Varese
Fondazione UBI di Varese
Università IUAV di Venezia
Trony

Il progetto, situato nella zona centrale del Painted Desert, presso Flagstaff (Arizona, USA), si configura come il più grande land-formed work del mondo, interessando, in un complesso processo di rimodellazione e scavo, il corpo interno di un cono vulcanico estinto noto come Roden Crater. L'opera dell'artista statunitense, eseguita in collaborazione con architetti, ingegneri, geologi e astronomi americani, prevede la realizzazione di complesse strutture architettoniche totalmente ipogee – con aperture adeguatamente eseguite e orientate – ove sarà possibile, per il visitatore, catturare e interagire percettivamente con la luce solare, lunare e stellare. L'opera si delinea con un insieme di camere che funzionano come precisi e sofisticati osservatori astronomici a occhio nudo, ma soprattutto come spazi d'arte in cui Turrell è capace di mostrare, in tutta la loro disarmante bellezza, l'esaltante forza e visionarietà delle sue soluzioni spaziali e luministiche nel nitore del clima desertico: lì ogni sensazione – visiva, acustica e tattile – subisce una dilatazione senza precedenti, predisponendo il fruitore a un viaggio nell'altro da sé che, al contempo, è un profondo e misterioso periplo interiore.

La mostra, curata da Agostino De Rosa (Università IUAV di Venezia), offre una vasta ed esaustiva panoramica relativa sia alla orografia del sito naturale che alla configurazione di ognuno degli spazi sotterranei, attraverso il ricorso a sofisticate immagini digitali elaborate dal team Imago Rerum.. Le proiezioni multimediali permettono di comprendere le varie implicazioni scientifico-astronomiche relative a ciascuno spazio realizzato o solo ipotizzato da James Turrell, stabilendo un fitto dialogo con i primi disegni provenienti dagli archivi della collezione Panza, relativi alle fasi in cui il sostegno di Giuseppe Panza di Biumo ne permise l'avvio. La comprensione di quello che sarà il progetto finale è garantita anche dalla presenza di animazioni digitali capaci di offrire al visitatore la possibilità di svolgere un viaggio virtuale all'interno dei vari ambienti del Roden Crater project, assistendo a fenomeni celesti e luministici visibili nei vari ambienti, attraverso un alternarsi di simulazioni diurne e notturne, in vari periodi dell'anno. Il fascino degli spazi progettati nel Roden Crater e dei fenomeni in esso reperibili è anche suggerita dai preziosi modelli fisici in bronzo, ideati dall'artista e realizzati, a tiratura limitata, dall'Hausler Contemporary di Monaco, e soprattutto dal soundscape appositamente realizzato da Maria Pia De Vito, Michele Rabbia e Maurizo Giri.

La mostra dunque invita il visitatore a lasciarsi prendere dalle plurime sollecitazioni visive e sonore dell'allestimento che fanno eco a quelle implicite nell'opera di James Turrell, in una sede – quella della Villa e Collezione Panza – già di per sé luogo di elezione in cui è possibile ammirare dal vivo tre importanti installazioni dell'artista americano. Giuseppe Panza di Biumo è stato infatti uno dei primi collezionisti delle opere di Turrell, mettendo a sua disposizione la villa di Varese (ora di proprietà del FAI) già dagli anni Settanta.

La mostra è realizzata con il contributo della Provincia di Varese e della Fondazione UBI di Varese.
Research Interests:
Geometrie di luce. Il Roden Crater project di James Turrell Università Iuav di Venezia Facoltà di architettura Dipartimento di progettazione architettonica Laboratorio di architettura digitale LAR mostra "Geometrie di luce. Il Roden... more
Geometrie di luce. Il Roden Crater project di James Turrell

Università Iuav di Venezia
Facoltà di architettura
Dipartimento di progettazione architettonica
Laboratorio di architettura digitale LAR

mostra
"Geometrie di luce.
Il Roden Crater project di James Turrell"
a cura di Agostino De Rosa
& Imago rerum team

1 ottobre > 9 novembre 2007
Aula Gino Valle, primo piano
Cotonificio veneziano
Dorsoduro 2196
Venezia

dal lunedì al venerdì
orario
9.00 > 13.00
15.00 > 18.30

T +39 041 257 1926 – 1927
Research Interests:
"Geometrie segrete: l’architettura e le sue ombre" mostra a cura di A. De Rosa e G. D’Acunto presso l’Università IUAV di Venezia/dPA, aula P, 20 maggio-20 giugno 2004. Nell'ambito delle Facoltà di Architettura, le discipline... more
"Geometrie segrete: l’architettura e le sue ombre"
mostra
a cura di A. De Rosa e G. D’Acunto
presso l’Università IUAV di Venezia/dPA, aula P,
20 maggio-20 giugno 2004.

Nell'ambito delle Facoltà di Architettura, le discipline dell'area della Rappresentazione hanno assunto, soprattutto nell'ultimo decennio, un peso sempre crescente nella formazione del futuro progettista, stimolandone, attraverso la Geometria descrittiva, la capacità di comprensione e immaginazione dello spazio; sviluppandone l'attitudine analitica condotta sul manufatto esistente; potenziando nello studente la piena cognizione dei rapporti esistenti tra rappresentazione e costruzione, tra disegno ed edificio. Tuttavia, la funzione della Rappresentazione va al di là della mera descrizione di edifici reali o solo progettati: a fronte delle ovvie limitazioni del linguaggio grafico, è bene comunque tenerne in considerazione le notevoli potenzialità espressive e comunicative.
Se, allora, il compito dell'architetto è quello di prevedere gli edifici futuri attraverso la costruzione di disegni, appare fondamentale che i nuovi architetti apprendano non tanto "come disegnare" edifici, quanto piuttosto "come progettare i propri disegni". I lavori raccolti in questa mostra hanno accettato questo presupposto "ideologico", mostrando come la rappresentazione sub specie geometrica possa liberare una consapevole creatività nella ricerca. Dipinti rinascimentali, esempi di stereotomia, pannelli nipponici classici, indagini su preziosi e rari edifici storici, sono tutti temi e percorsi di ricerca che risulteranno associati dalla comune prospettiva della Rappresentazione, del suo metodo scientifico e del suo valore simbolico.
Research Interests:
eometrie del terrore. Lo spazio retorico nella letteratura fantastica. ciclo di lezioni seminariali 23 novembre > 21 dicembre 2022 cotonificio, aula F ogni mercoledì ore 8.30 > 13.30 a cura di Agostino De Rosa, Giulia... more
eometrie del terrore. Lo spazio retorico nella letteratura fantastica.



ciclo di lezioni seminariali



23 novembre > 21 dicembre 2022

cotonificio, aula F

ogni mercoledì ore 8.30 > 13.30



a cura di Agostino De Rosa, Giulia Lazzaretto e Giulia Piccinin



organizzato da Dipartimento di Culture del progetto, corso di laurea magistrale in Architettura, infrastruttura di ricerca Ir.Ide, laboratorio di Rappresentazione Vide - Vision Integral Design Environment, unità di ricerca Imago rerum



locandina >>





abstract



La serie di conferenze vuole offrire un panorama critico sullo spazio retorico nella letteratura fantastica e, nel caso specifico, in quella che ha come soggetto principale del plot narrativo il tema delle case infestate. Le lectures affronteranno il complesso rapporto tra spazio letterario e spazio fisico, fra configurazione reale e fiction, analizzando i connotati ambientali e atmosferici delle haunted houses, attraverso alcuni casi studio (H. P. Lovecraft, Shirley Jackson, Robert Aickman solo per citarne alcuni), analizzando la ricorsività di topoi come quello del genius loci, legato alla vocazione ancestrale del paesaggio e delle architetture ‘visitate’.



I conferenzieri, da differenti prospettive esegetiche, offriranno un quadro teorico ed epistemologico di riferimento al tema, mostrando come lo spazio retorico di questo genere letterario si sia innervato storicamente (e ancora si innervi nella letteratura contemporanea) di metafore spaziali e prossemiche in cui scrittori e studiosi hanno utilizzato il modello della casa, luogo degli affetti e dell’intimità familiare, come focus in cui possano esporsi in evidenza processi antropologici già in atto nelle società, ma con modalità ancora carsiche: la letteratura mostra qui il suo potere di slatentizzare paure ancestrali e di farci riflettere sul nostro incerto futuro, anche da prospettive ultramondane.
Research Interests:
Attraverso lo sguardo. Rappresentazione e percezione dello spazio giornata di studi sui temi della rappresentazione e della percezione dello spazio 6 novembre 2017 Tolentini aula magna ore 9.30 a cura di Agostino De Rosa Renzo Dubbini... more
Attraverso lo sguardo. Rappresentazione e percezione dello spazio
giornata di studi
sui temi della rappresentazione e della percezione dello spazio

6 novembre 2017
Tolentini
aula magna
ore 9.30

a cura di
Agostino De Rosa
Renzo Dubbini
Angelo Maggi


saluti di
Renzo Dubbini, Iuav
Martina Frank, Universita Ca’ Foscari di Venezia

interventi
Agostino De Rosa e Angelo Maggi, Iuav
Daniele Calisi, Università degli studi di Roma 3
Ruggero Pierantoni, biofisico e psicologo


in collaborazione con
Dottorato Internazionale in Storia delle Arti, Università Ca' Foscari Venezia

Nell’ambito della mostra Spazialità Minima. Fotografie di Francesco Barasciutti, si svolgerà la giornata di studi Attraverso lo sguardo sui temi della rappresentazione e della percezione dello spazio.
Durante il pomeriggio è previsto incontro con i dottorandi in Storia delle Arti dell’Università Ca' Foscari di Venezia e i dottorandi del dottorato di ricerca in Architettura, città e design, Scuola di dottorato Iuav, insieme a Francesco Barasciutti e Ruggero Pierantoni.
Research Interests:
Il prossimo primo aprile 2017 verrà presentato, presso villa Valier (Via G. Di Vittorio, 1, 30034 Mira Taglio VE), il bellissimo libro curato da Massimiliano Ciammaichella e Francesco Bergamo, intitolato "Prospettive architettoniche... more
Il prossimo primo aprile 2017 verrà presentato, presso villa Valier (Via G. Di Vittorio, 1, 30034 Mira Taglio VE), il bellissimo libro curato da Massimiliano Ciammaichella e Francesco Bergamo, intitolato "Prospettive architettoniche dipinte nelle Ville Venete della Riviera del Brenta in provincia di Venezia" (Aracne 2017). Interverrò anch'io, con una comunicazione dal titolo "Tecniche proiettive del quadraturismo".
Segnalo il Convegno “Conoscere, conservare, valorizzare. Il patrimonio religioso culturale” che avrà luogo a Verona il 9 marzo 2017 e a Vicenza dal 10 all’11 marzo 2017. Molte le relazioni previste, tra le quali vi segnalo la mia... more
Segnalo il Convegno “Conoscere, conservare, valorizzare. Il patrimonio religioso culturale” che avrà luogo a Verona il 9 marzo 2017 e a Vicenza dal 10 all’11 marzo 2017. Molte le relazioni previste, tra le quali vi segnalo la mia (intitolata: "ll complesso conventuale di Trinità dei Monti (Roma): scoperta, riscoperta e fruizione digitale degli apparati anamorfici pinciani"), prevista per il pomeriggio dell 9 marzo, a Verona, alle ore 16.30 in sede da confermare.
Research Interests:
DUE GIORNATE DEDICATE ALLA GEOMETRIA DESCRITTIVA
Seminario a cura di Riccardo Migliari
organizzazione Laura Carlevaris
GIOVEDI 18 FEBBRAIO 2016
GIOVEDI 25 FEBBRAIO 2016
Research Interests:
Giornata di studi su La pratica della perspettiva di Daniele Barbaro
Biblioteca Nazionale Marciana, venerdì 29 gennaio 2016
Research Interests:
Conferenza presso il Politecnico di Milano (Milano Città Studi, Edificio 12 - Cesare Chiodi/Via Bonardi, 3 - 20133 - Milano, aula V.1) il giorno 6 maggio 2016, dal titolo: Cecità del vedere. Per una storia anti-proiettiva delle immagini".
Research Interests:
Conferenza presso Ca' dei Ricchi Treviso, 6 aprile 2016
Research Interests:
Conferenza (su invito) dal titolo "Passi nell’infinito: le opere dei Padri Emmanuel Maignan e Jean François Niceron a Trinità dei Monti, Roma", presso il Politecnico di Milano, in seno corso Corso di "Rilievo e Rappresentazione... more
Conferenza (su invito) dal titolo "Passi nell’infinito: le opere dei Padri Emmanuel Maignan e Jean François Niceron a Trinità dei Monti, Roma", presso il Politecnico di Milano, in seno corso Corso di "Rilievo e Rappresentazione dell'architettura" (prof. Andrea Donelli) e al
"Laboratorio di Restauro" (prof.Gianfranco Pertot), aula C.E.3. edificio n.7, Milano 8-05-2014.
Research Interests:
Partecipazione, in qualità di relatore (su invito), alla Conferenza internazionale intitolata Micro-Macro: scale jumping in the arts, Università Cafoscari/Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali, LISaV, Université de Luxemburg, Faculté... more
Partecipazione, in qualità di relatore (su invito), alla Conferenza internazionale intitolata Micro-Macro: scale jumping in the arts, Università Cafoscari/Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali, LISaV, Université de Luxemburg, Faculté des Lettres, des Sciences humaines, des Arts et des Sciences de l’Education Identités.Politiques, Sociétés, Espaces (IPSE), Auditorium del Teatro Santa Margherita, Venezia, 5 maggio 2015 (relatore de: Small visual labyrinths).

La comunicazione verte sul complesso rapporto tra immaginario ottico, di matrice kepleriana, e la produzione delle cosiddette perrspektifkass, devices prospettici elaborati in ambito nederlandese nella prima metà del XVII secolo. Basandosi su una citazione indiretta delle celebri tavolette brunelleschiane (di inizio Quattrocento) andate perdute, la scatole prospettiche declinano il gusto tipicamente olandese per la rappresentazione dell’interieur borghese con il tema genderico, esposto in evidenza attraverso una serie di affascinanti soluzioni ottiche e simboliche. Minuti meccanismi in cui l’osservatore è “ridotto all’altezza di un pollice” (per dirla con le parole di uno dei loro maggiori realizzatori, Samuel Van Hoogstraten), questi oggetti filosofici interrogano ancora l’osservatore contemporaneo, come quello a loro coevo, sui rapporti tra il microcosmo domestico e il macrocosmo del mondo fenomenico, tra intimità e spazio pubblico, tra spazio privato e regime scopico.
Research Interests:
Partecipazione, in qualità di relatore (su invito), al Workshop di studi internazionale intitolato Le tecniche e i repertori figurativi nelle prospettive d’architettura tra 400 e 700, Università degli Studi di Firenze/Dipartimento di... more
Partecipazione, in qualità di relatore (su invito), al Workshop di studi internazionale intitolato Le tecniche e i repertori figurativi nelle prospettive d’architettura tra 400 e 700, Università degli Studi di Firenze/Dipartimento di Architettura, 16/17 aprile 2015, Chiesa di Santa Verdiana, Firenze (relatore de: Lost cities: lo spazio metafisico delle prospettive architettoniche di Hans Vredeman de Vries)

Lost cities: lo spazio metafisico delle prospettive architettoniche di Hans Vredeman de Vries
La conferenza affronta lo studio critico dell’opera grafica del pittore nederlandese Hans Vredeman de Vries (1526-1609) che ha declinato, nell’ambito teologico-culturale della Riforma Protestante, il tema delle prospettive architettoniche nelle sue stampe incise. Il soggetto di molte di esse è infatti la città (Anversa, in particolare), oltre che l’architettura in senso stretto, e l’approccio rappresentativo adottato dall’autore si inquadra in una personale e anticipata declinazione di quell’arte del descrivere cui si riferisce la studiosa statunitense Svetlana Alpers. Si è deciso di studiare una selezione delle stampe del De Vries che includessero immagini (complete o solo parziali) di parti di città olandesi note, nel tentativo – attraverso un processo di restituzione prospettica – di ricostruire gli spazi rappresentati e di individuare adesioni o licenze rispetto ai luoghi fisici che descrivono. Il processo esegetico è stato condotto con particolare attenzione ai contenuti dei trattati coevi e all’impiego intensivo e critico dei cosiddetti ‘punti di distanza’ introdotti da Jean Pèlerin, detto Le Viator (1445 circa- ante 1524) nel suo De Artificiali Perspectiva (Toul 1505). Il quadro critico che ne deriva inquadra l’opera del De Vies nella suggestiva luce della critica protestante alle immagini e offre un’idea di spazio figurativo di matrice metafisica ante-litteram.

Lost cities: the metaphysical space of Vredeman Hans de Vries’s architectural perpspectives.
The lectures deals with the critical study of the graphic work of the Dutch painter Hans Vredeman de Vries (1526-1609) who has declined, in the theological and cultural context of the Protestant Reformation, the theme of the architectural perspectives in his engraved prints. The subject of many of them is in fact the cities (Antwerp, in particular), as well as the architecture in the strict sense, and the representative approach adopted by the author is part of a personal and advanced declination of that ‘art of describing’ postulated by American scholar Svetlana Alpers. It was decided to study a selection of De Vries’s prints that included images (complete or only partial) of Dutch cities, in an attempt - through a process of perspectival restitution - to rebuild the spaces represented and to identify accessions or licenses compared to physical places they describe. The exegetical process was conducted with particular attention to the contents of the contemporary Treaties and to the critical and intensive use of so-called 'points of distance’ introduced by Jean Pelerin, said Viator (1445 about- ante 1524) in his De Artificial Perspectiva (Toul 1505). The resulting critical approach frames the work of De Vies in the uncanny light of the Protestant critic of the images and it offers a figurative space’s idea hinged on ante-litteram metaphysical matrix.
Research Interests:
Il seminario internazionale Rappresentazioni 2.0 intende fornire un’ampia panoramica sulle ricerche condotte da alcuni rinomati studiosi nell’ambito della rappresentazione architettonica in alcune università italiane e straniere. Gli... more
Il seminario internazionale Rappresentazioni 2.0 intende fornire un’ampia panoramica sulle ricerche condotte da alcuni rinomati studiosi nell’ambito della rappresentazione architettonica in alcune università italiane e straniere. Gli interventi mireranno a descrivere le premesse teoriche, lo sviluppo speculativo e le conclusioni – anche pratiche – cui sono giunti gli studiosi nell’elaborazione critica del loro tema di ricerca, indicando ai dottorandi e agli studenti possibili strategie metodologiche.



Il seminario è anche l’occasione per presentare alla comunità scientifica Iuav il programma della nuova Unità di Ricerca Imago rerum-Teoria e storia delle forme di Rappresentazione. Con essa si intende approfondire l'ambito degli studi teorici e storici dedicati ai metodi di rappresentazione, la cui evoluzione – dai primitivi approcci intuitivi fino alle rigorose elaborazioni incardinate su coerenti conoscenze di ottica e di geometria – esibisce i forti legami intercorrenti tra l'esperienza artistica e l'elaborazione scientifica del problema. L'Unità costituenda intende inserirsi all'interno di un più ampio panorama critico internazionale, sottolineando come le attuali tendenze della ricerca, di cui il Seminario Rappresentazioni 2.0 è un riflesso, si stiano orientando verso un approccio multi-disciplinare al problema.



L'Unità Imago rerum intende stringere forti alleanze con alcuni campi specialistici di indagine, per corroborare la sua attitudine 'meticcia', pur all'interno di uno statuto fortemente caratterizzato in termini scientifico-disciplinari. I campi di indagine che verranno promossi saranno orientati ad approfondire alcuni ambiti speculativi sondati sia in ricerche nazionali, sia attraverso alcune attività di ricerca in corso di respiro europeo.



L’attività dell’Unità è dunque rivolta a collocare lo sviluppo dei metodi di rappresentazione nella temperie storico-antropologica che ne ha visto lo sviluppo ma che ne ha segnato anche i momenti di crisi: le discipline dell'ottica e della geometria – intesa in una accezione più ampia – saranno dunque chiamate in causa, come già la produzione pittorica, architettonica e cinematografica, quali utili elementi di contestualizzazione. L’attività di divulgazione scientifica sarà sostenuta dalla pubblicazione di una rivista specialistica online (basta su piattaforma Iuav), intitolata Imago rerum, da inserire nel circuito internazionale di settore, e con l’aspirazione di divenire organo editoriale di riferimento per gli studi critici specialistici.
Research Interests:
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Il testo affronta l'opera del fotografo veneziano Franceco Barasciutti individuandone i legami con la storia della teoria delle ombre
Il saggio di Agostino De Rosa indaga l\u2019immaginario proto-proiettivo delle pitture murali a partire dalle rappresentazioni vetero-latine, attraversando i capolavori del quadraturismo seicentesco che diventano regola e teoria,... more
Il saggio di Agostino De Rosa indaga l\u2019immaginario proto-proiettivo delle pitture murali a partire dalle rappresentazioni vetero-latine, attraversando i capolavori del quadraturismo seicentesco che diventano regola e teoria, supportati dal fiorente sviluppo della trattatistica di settore, per giungere fino ad alcuni coerenti esempi del contemporaneo. In tutti i casi si dimostra come, con l\u2019evoluzione delle tecniche proiettive, gli artisti abbiano mantenuto inalterato un certo tipo di approccio ottico-prospettico
Il volume propone una raccolta di saggi incentrati sul tema di ricerca dell\u2019anamorfosi, la tecnica prospettica di deformazione delle immagini nota sin dal XV secolo, ma perfezionatasi nel suo rigore geometrico tra i secoli XVI e... more
Il volume propone una raccolta di saggi incentrati sul tema di ricerca dell\u2019anamorfosi, la tecnica prospettica di deformazione delle immagini nota sin dal XV secolo, ma perfezionatasi nel suo rigore geometrico tra i secoli XVI e XVII. L\u2019interesse nei confronti di questo aspetto della storia della rappresentazione oggi emerge rinvigorito, se connesso al crescente successo che le deformazioni stanno riscuotendo in ambito mediatico e progettuale. E proprio all\u2019analisi geometrico\u2013evolutiva di alcuni casi ritenuti paradigmatici e sviluppatisi in ambito romano \ue8 dedicata l\u2019opera: gli studi raccolti abbracciano le applicazioni anamorfiche a diverse scale, iniziando dagli oggetti di pi\uf9 contenute dimensioni, che stabiliscono un rapporto tra osservatore e opera basato sulla vicinanza reciproca \u2014 fisica e psicologica \u2014 e sull\u2019intimit\ue0 percettiva (\ue8 il caso delle anamorfosi catottriche conservate presso la collezione di Palazzo Barberini) (Fr...
Nel pensiero di Ren\ue9 Descartes (1596-1650) la radiazione luminosa viene assimilata ad un moto che raggiunge istantaneo e potente il nostro sistema visivo \uabnello stesso modo in cui il movimento o la resistenza dei corpi, che incontra... more
Nel pensiero di Ren\ue9 Descartes (1596-1650) la radiazione luminosa viene assimilata ad un moto che raggiunge istantaneo e potente il nostro sistema visivo \uabnello stesso modo in cui il movimento o la resistenza dei corpi, che incontra un cieco, si trasmetterebbe alla sua mano attraverso il bastone\ubb (Descartes 1983). Visione e cecit\ue0 dunque sono avvicinate in questo orizzonte gnoseologico attraverso una nozione fisica e corporea dello sguardo, in cui sembra necessario chiudere gli occhi per vedere meglio e in modo certificato, a meno di non incorrere nella follia dello sguardo. I giochi anamorfici, catottrici e diottrici del padre Minimo Jean-Fran\ue7ois Niceron (1313-1636) sembrano assecondare questa interpretazione della vista come \u201cun pensiero che decifra rigorosamente i segni del corpo\u201d (Merleau- Ponty 1989: 33) in cui la follia \ue8 espunta e al suo posto compare un\u2019immagine frutto di creazione artistica, palesemente artefatta, che dunque rende esplicite...
Le pi\uf9 antiche espressioni artistiche documentano una gran variet\ue0 d\u2019approcci tra gli operatori che, nel tentativo di rendere plausibili le immagini che andavano realizzando, inevitabilmente dovettero affrontare la questione... more
Le pi\uf9 antiche espressioni artistiche documentano una gran variet\ue0 d\u2019approcci tra gli operatori che, nel tentativo di rendere plausibili le immagini che andavano realizzando, inevitabilmente dovettero affrontare la questione non banale di decidere se esprimere quella terza dimensione di cui la superficie pittorica, litica o fittile \ue8 evidentemente priva, affidandosi a mezzi pi\uf9 o meno rudimentali, ma in ogni caso consoni alla loro visione del mondo. Il problema, sentito come irrinunciabile, del superamento della disomogeneit\ue0 tra lo spazio reale (tridimensionale) e quello illusorio (bidimensionale per la natura del suo supporto materico), si tradusse cos\uec in ricerche e risultati diversi all\u2019interno delle singole comunit\ue0 etno-culturali
Questo saggio si intitola in modo ossimorico Cecit\ue0 del vedere, e il suo scopo \ue8 quello di indagare su quali processi di vicarizzazione gli artefici di immagini (e con essi i filosofi, gli antropologi etc., e non solo gli artisti)... more
Questo saggio si intitola in modo ossimorico Cecit\ue0 del vedere, e il suo scopo \ue8 quello di indagare su quali processi di vicarizzazione gli artefici di immagini (e con essi i filosofi, gli antropologi etc., e non solo gli artisti) abbiano sottoposto il soggetto tradizionalmente veggente, concentrando la loro attenzione su quelle immagini che in modo parastatico possano nascere da processi proiettivi o naturali meccanici. Inoltre particolare attenzione sar\ue0 rivolta a quelle opere che mettono in difficolt\ue0 il loro fruitore, sottoponendolo ad uno stress retinico e comunque relegandolo in una situazione di difficolt\ue0, di minus habens. Tale processo, come si vedr\ue0, non riguarder\ue0 solo la vista ma i sensi tutti, delineando quasi una pervicace azione di denigrazione visiva che scatena una percezione sinestetica, con lo strano fine di acuire le capacit\ue0 percettive del soggetto stesso. Un\u2019apparente contraddizione, che si risolve per\uf2 in una rivelazione: render...
Le tematiche di ricerca sviluppate nel volume sono state oggetto di approfondimento del seminario Geometry, architecture and construction tenuto da Jos\ue9 Calvo\u2013Lopez durante il suo periodo di visiting professorship... more
Le tematiche di ricerca sviluppate nel volume sono state oggetto di approfondimento del seminario Geometry, architecture and construction tenuto da Jos\ue9 Calvo\u2013Lopez durante il suo periodo di visiting professorship (marzo\u2013maggio 2019) presso il Dipartimento di Culture del Progetto e il laboratorio VIDE dell\u2019Universit\ue0 Iuav di Venezia. I saggi, redatti da professori, dottorandi, assegnisti di ricerca invitati a partecipare al ciclo di incontri, articolano il volume in pi\uf9 parti: nella prima si concentrano i contributi legati all\u2019analisi di trattati e di manufatti relativi alle tecniche stereotomiche, antica pratica costruttiva basata sulla realizzazione di complesse strutture lapidee attraverso il mutuo contrasto dei conci, sbozzati con rigore geometrico, che ne definivano il congiunto. Nella seconda sezione, invece, compaiono alcuni saggi che, in un pi\uf9 ampio contesto disciplinare, affrontano tematiche connesse alla stretta relazione tra linguaggio gra...
Quali meccanismi che sovraintendono al processo mnemonico, quello stesso processo su cui si basano \u2018le storie\u2019, anche quella delle immagini? Risale al 1885 un disegno di Sigmund Freud (1856-1939) in cui lo psicanalista tenta di... more
Quali meccanismi che sovraintendono al processo mnemonico, quello stesso processo su cui si basano \u2018le storie\u2019, anche quella delle immagini? Risale al 1885 un disegno di Sigmund Freud (1856-1939) in cui lo psicanalista tenta di graficizzare il meccanismo neurologico che presiede alla rimozione dei ricordi indesiderati; \ue8 innegabile che una simile illustrazione racchiuda una complessit\ue0 di significati che va anzitutto riferita al non trascurabile peso che invece l\u2019emersione mnemonica del trauma, secondo Freud, gioca nella soluzione del proprio handicap emotivo, della propria patologia psichica. Tuttavia una sua prima analisi suggerisce un\u2019ulteriore duplice riflessione: anzitutto quella relativa al paradossale compito che qui il disegno assume all\u2019interno della sua funzione didascalica, vale a dire che Freud fissa nella sua e nella nostra memoria \u2013 attraverso le linee tracciate dal suo lapis - l\u2019atto della dimenticanza: in altri termini, disegn...
Lo studio svolto sulla celebre scala elicoidale di Palazzo Mannajuolo (1909-1912), costruito a Napoli su progetto di Giulio Ulisse Arata (1881-1962), verte sull’individuazione della matrice configurativa alla base della sua struttura e... more
Lo studio svolto sulla celebre scala elicoidale di Palazzo Mannajuolo (1909-1912), costruito a Napoli su progetto di Giulio Ulisse Arata (1881-1962), verte sull’individuazione della matrice configurativa alla base della sua struttura e sull’analisi delle scelte costruttive, messe in atto dalle maestranze dell’epoca, al fine della sua realizzazione. L’indagine sulla scala è stata resa possibile grazie ai risultati ottenuti durante una campagna di rilievo e dalle ricerche documentali, che hanno fornito la base per le successive elaborazioni digitali, impieganti anche la modellazione parametrica. La ricerca è stata condotta anche sul contesto storico-culturale napoletano dei primi anni del Novecento, nella cui temperie il palazzo si inserisce, mediante il confronto con altri casi-studio, anche di epoche precedenti, presenti sul territorio. Qui se ne offre una breve sintesi.
The architect- draughtsman uses a theoretical–graphic code whose foundations - of obvious Platonic lineage - attempt to organize and make sense to the reality. Perhaps the most powerful tool that he has in his hands to translate the... more
The architect- draughtsman uses a theoretical–graphic code whose foundations - of obvious Platonic lineage - attempt to organize and make sense to the reality. Perhaps the most powerful tool that he has in his hands to translate the existing world in a dense and polysemous model and to envisage the future one, in a compelling and creative way, becomes from descriptive geometry. Today, the context in which the architect works is violently changed and the "geometry", in the digital image, seems to have lost memory of its projective origins. Two loci - one related to the stonecutting's tradition, the other to the experiences of contemporary art - seem to be able to bring out in a renewed way, "the figures of the demonstration" associated with descriptive geometry.
Researches in the field of architecture and paintings have always faced the problem of modelling and representing hunched surfaces or, more in generai, double curvature surfaces. In the seventeenth and especially in the eighteenth century... more
Researches in the field of architecture and paintings have always faced the problem of modelling and representing hunched surfaces or, more in generai, double curvature surfaces. In the seventeenth and especially in the eighteenth century the experiments in this area of interest bring to the construction and representation of virtuous artefacts. There are two main explanation: first reason is the spread of architectonical treatises about stereotomy able to suggest many study cases of intersection among surfaces and complex vault system. The second reason is connected to painting: virtuous anamorphic images allow to visualize twisted and deformed shapes before theirs realization. A key scientist in this field is the French Minim Friar Charles Plumier (1646-1704), mostly known for his works about botanic but also for his treatise L 'art de tourner en perfection (Paris 17 49). Plumier has also indirect relation with Francesco Borromini (1599-1667)
This chapter addresses the problem of representing light and shadow in the artistic culture, from its uncertain beginnings, related to the studies on conical linear perspective in the Fifteenth Century, to the applications of light... more
This chapter addresses the problem of representing light and shadow in the artistic culture, from its uncertain beginnings, related to the studies on conical linear perspective in the Fifteenth Century, to the applications of light projection in the installations of contemporary art. Here are examined in particular two works by two artists, representing two different conceptual approaches to the perception and symbolism of light and shadow. The first is the so-called Brera Madonna by Piero della Francesca, where the image projected from a luminous radiation is employed with a narrative purpose, supporting the apparently hidden script of the painting and according to the artist’s own speculations about perspective as a means to clarify the phenomenal world. The second is one of James Turrell’s Dark Spaces installations, where quantum electrodynamics interpretation of light is taken into account: for Turrell, light is physical and thus can shape spaces where the visitors, or viewers, can “see themselves seeing.” In his body of work, perceptual deceptions are carefully produced by the interaction of the senses with his phenomenal staging of light and darkness, but a strong symbolic component is always present, often related to his own speculative interests. In both cases, light and shadow, through their geometries, emphasize both phenomenal and spiritual contents of the work of art, intended as a device to expand the perception and the knowledge of the viewer.
This paper analyses the history, cultural background, geometric configuration and stereotomic apparatus of one of the most interesting buildings in the urban landscape of Paris between the eighteenth and nineteenth centuries, the Halle au... more
This paper analyses the history, cultural background, geometric configuration and stereotomic apparatus of one of the most interesting buildings in the urban landscape of Paris between the eighteenth and nineteenth centuries, the Halle au Ble in Rue de Viarmes, also known in English as Corn Exchange. This building, which over the years underwent several formal, functional and structural transformations, is particularly interesting to scholars because of the innovations researched and designed by the French architect Nicolas Le Camus de Mezieres, who tried to solve some novel geometric and constructive issues drawing from available treatises, probably most of all that of Frezier. His contribution to the Halle au Ble includes the invention of particular vaulted surfaces assembled by blending stone ashlars and bricks.
The graphic work by Lauretta Vinciarelli (1943-2011) invites the observer to enter a universe of suspended visions, of archetypal places dominated by reflections and atmospheric fluidity. An architect and university professor in the... more
The graphic work by Lauretta Vinciarelli (1943-2011) invites the observer to enter a universe of suspended visions, of archetypal places dominated by reflections and atmospheric fluidity. An architect and university professor in the United States, Lauretta Vinciarelli painted and made drawings moved by the wish to figuratively tap into the sunny Roman atmosphere where she came from, but also into the sweltering dryness of the Texas deserts, where she lived with partner and fellow-artist Donald Judd.
What is the role played by the beholder in Modernity and in contemporary world? While we're witnessing a progressive denigration of the visual act - understood here as a cognitive and initiatory action -, the visual image has now... more
What is the role played by the beholder in Modernity and in contemporary world? While we're witnessing a progressive denigration of the visual act - understood here as a cognitive and initiatory action -, the visual image has now assumed an increasingly central role in the epistemological trend of making architecture and in the artistic production. The essay tries to historically frame the slow process of regimentation of the vision, and its liberation occurred in recent times thanks to the experiments conducted in the context of the contemporary art. Thus the space of the artisic experience is redefined as a place in which seeing oneself see.
The lecture deals with the complex nature of James Turrell’s artistic work: it’s based on a synchronous and innovative use of geometry, sensory perception and art, capable of inducing altered states in the viewer’s perception of space and... more
The lecture deals with the complex nature of James Turrell’s artistic work: it’s based on a synchronous and innovative use of geometry, sensory perception and art, capable of inducing altered states in the viewer’s perception of space and time. The team Imago rerum at IUAV University of Venice has taken about 10 years a collaboration with the American artist to create interactive digital clones of his light works. The purpose is to study in vitro the unique characteristics of his works, in particular his famous and mysterious land-formed work, the Roden Crater Project. The lecture explained, by such operating methods, how the Venetian team worked, using the state-of-the-art digital modeling and chrome-luministic simulations to re-create the core of Turrell’s works. The essay ends with a presentation of Roden Crater project’s interactive clone for which it was designed a model of the celestial vault. 02.10.2015 MANHA / MORNING ARTIGO 007 / PAPER 007 (Apresentado em Ingles / Presented...
The essay offers a glimpse of the work developed by Imago Rerum team, concerned to University of IUAV/dCP in Venice, about the critical interpretation and digital reconstruction of the renowned handscroll “Prosperous Suzhou (姑蘇繁華圖)”, a... more
The essay offers a glimpse of the work developed by Imago Rerum team, concerned to University of IUAV/dCP in Venice, about the critical interpretation and digital reconstruction of the renowned handscroll “Prosperous Suzhou (姑蘇繁華圖)”, a Chinese work of art of the XVIII sec, depicting the Chinese city of Suzhou and its surroundings. The aforementioned team of experts carried out a complex research project which involved both the projection and reproduction of axonometric shapes and of orography and topography to the totality of the architectural elements illustrated. The original scroll is 12,41 mt long and 36,5 cm high and it is currently housed in Liaoning Provincial Museum, Shenyang, China. The author was Xu Yang, a court painter of the Qing Dynasty who spent 24 years working on the scroll. Only one section of the long handscroll is presented here, yet, the analysis of the chosen area allowed for the reveal of unprecedented details characterizing this work. One remark evaluates how...
Il volume costituisce un parziale ma dettagliato resoconto dell’attività di visiting professorship tenuta presso il Dipartimento di Culture del Progetto dell’Università Iuav di Venezia dall’architetto statunitense Paul O. Robinson durante... more
Il volume costituisce un parziale ma dettagliato resoconto dell’attività di visiting professorship tenuta presso il Dipartimento di Culture del Progetto dell’Università Iuav di Venezia dall’architetto statunitense Paul O. Robinson durante l’anno accademico 2014–2015. Professore presso la Fakulteta za Arhitekturo v Ljubljani, Robinson ha al suo attivo un’intensa attività sia progettuale che artistica, accompagnata da una profonda riflessione teorica sugli strumenti critici e figurativi del progettista e dell’artista contemporaneo. Durante il suo soggiorno veneziano, Robinson ha tenuto, presso la Sala Gino Valle dello Iuav, una mostra dei suoi lavori (25 maggio – 5 giugno 2015), dal suggestivo titolo “The Cella Was Empty” (La cella era vuota), e un workshop (16 ottobre – 18 dicembre 2015), intitolato programmaticamente “Forms of Absence – Radiographs | Paintings | Reliquaries”. L’attività prevista all’interno del workshop era costituita da una serie di lezioni ex–cathedra e soprattutto da laboratori in cui inediti approcci teorici e applicativi hanno permesso agli studenti di apprendere un processo non convenzionale di lettura e interpretazione critica di oggetti architettonici o artefatti artistici esistenti, attraverso nuove pratiche espressive e proiettive.
During the last Congress of the Unione Italiana per il Disegno, held in Naples, the 2017 UID Gold Medal was awarded to Anna Sgrosso with the aim of rewarding the complex of scientific and cultural activities promoted at the University of... more
During the last Congress of the Unione Italiana per il Disegno, held in Naples, the 2017 UID Gold Medal was awarded to Anna Sgrosso with the aim of rewarding the complex of scientific and cultural activities promoted at the University of Naples Federico II over a long and prestigious career. Thanks to her studies, both in architectural and mathematical fields, Anna Sgrosso has revitalized Descriptive Geometry, finding new expressive and communicative impulse in the study of its projective roots and in the links that this discipline establishes with the world of figuration and art [...]
Il quaderno IMMAGINI, RAPPRESENTAZIONI. Metamorfosi mutazioni ombre (a cura di Malvina Borgherini) descrive i profili e le attivita di due unita di ricerca, quella del Laboratorio di teoria delle immagini LABIM e quella di... more
Il quaderno IMMAGINI, RAPPRESENTAZIONI. Metamorfosi mutazioni ombre (a cura di Malvina Borgherini) descrive i profili e le attivita di due unita di ricerca, quella del Laboratorio di teoria delle immagini LABIM e quella di Rappresentazione, vicine per temi affrontati e tuttavia distinte per le loro diverse storie e per i loro specifici progetti di ricerca. Il Laboratorio di teoria delle immagini riunisce studiosi provenienti da diversi orizzonti disciplinari i cui interessi e attivita – sia teorici che progettuali – incrociano l'ampio ambito di riflessione sulle immagini, oggi al centro di un dibattito internazionale che attraversa differenti tradizioni tra cui la Bildwissenschaft di area germanofona, i Visual Studies e Visual Culture Studies di area anglosassone, la tradizione francese di storia e teoria dell’arte e del linguaggio cinematografico che ha accolto istanze di tipo antropologico, cosi come la semiotica dell’immagine. Si tratta di un vasto orizzonte di studi che inda...
La luce, concreta e intangibile, permette di vedere la realtà nella sua singolarità, creando relazioni, dando profondità ai volumi, ma è anche all'origine dell'esperienza del divino che illumina e trasfigura la storia... more
La luce, concreta e intangibile, permette di vedere la realtà nella sua singolarità, creando relazioni, dando profondità ai volumi, ma è anche all'origine dell'esperienza del divino che illumina e trasfigura la storia umana. In un affascinante percorso interdisciplinare tra arte/architettura, filosofia/scienza, teologia/liturgia, il libro, che nasce da un convegno tenutosi alla Pontificia Università Gregoriana, raccoglie i contributi dei diversi relatori, mettendo a fuoco alcune sfide di grande attualità per l'uomo contemporaneo.
Critical texts: Topographies of ghost towns: drawings by Emmanuele Lo Giudice The essential design Towards a gaseous body. Three rooms: Torre rossa, Racconto Veneziano, Una finestra azzurra
... Liber Memoriae Artificialis (Padova [?], 1429) del frate minore Bartolomeo da Mantova, ove una selva di immagini dipinte (100) a piena pagina su ... tutto lo scibile umano compare già nei Flores aurei sive Sacratissima ars notoria,... more
... Liber Memoriae Artificialis (Padova [?], 1429) del frate minore Bartolomeo da Mantova, ove una selva di immagini dipinte (100) a piena pagina su ... tutto lo scibile umano compare già nei Flores aurei sive Sacratissima ars notoria, opera attribuita ad Apollonio di Tiana e di cui ...

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