Felci dell’Emilia-Romagna Distribuzione, monitoraggio c conservazione
ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
f
elci
dell’ Emilia-Romagna
distribuzione, monitoraggio e conservazione
ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
Fausto Bonafede
Michele Vignodelli
Dino Marchetti
Alessandro Alessandrini
In copertina: Matteuccia struthiopteris
PRELLI 03 (68-Ribeauvillé, 19-07-2013)
ISBN 978-88-97281-49-8
elci
dell’Emilia-Romagna
distribuzione, monitoraggio e conservazione
Sommario
Ghillani (PR), Milandri Massimo (FC), Daniele
Autori
Fausto Bonafede, Michele Vignodelli, Dino Saiani (RA), L. Salsi (MO), Claudio Santini (MO),
Guido Sardella (PR), B. Sella (PR), Maurizio
Marchetti, Alessandro Alessandrini
Sirotti (RA), Anna Letizia Zanotti (BO), C. Zanni
(PR), Antonio Zoccola (FC).
Area comunicazione
Valeria Cicala, Carlo Tovoli, Vittorio Ferorelli
Rémy Prelli ha messo a disposizione numerose
Editoria
Isabella Fabbri
Progetto e realizzazione grafica
Beatrice Orsini
Ringraziamenti
Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza
il contributo appassionato e competente di molte
persone; in particolare ringraziamo coloro che
hanno fornito una grande quantità di dati nuovi e
controllato le stazioni per il monitoraggio:
Enrico Romani (Piacenza)
Michele Adorni (Parma)
Villiam Morelli (Reggio Emilia)
Renato Todeschini (Bologna)
Alfredo Vigarani (Bologna)
Sergio Montanari (Ravenna)
Vincenzo Gonnelli (Forli-Cesena)
immagini fotografiche, oltre a consigli, opinioni
originali e di grande utilità.
Maria Luisa Garberi del Servizio Statistica e
Informazione Geografica della Regione EmiliaRomagna ha progettato e realizzato le carte di
distribuzione.
Senza l’aiuto concreto di tutte queste persone
il volume non avrebbe visto la luce; a tutti va il
nostro sincero ringraziamento.
Referenze fotografiche; le immagini sono degli
autori, ad eccezione delle seguenti:
Michele Adorni: Diphasiastrum alpinum, Marsilea
quadrifolia, Ophioglossum vulgatum, Paragymnopteris
marantae
Innocenzo Bona: Athyrium distentifolium
Federico Mangili: Botrychium multifidum
Rémy Prelli: Asplenium cuneifolium, A. fontanum,
Hanno fornito informazioni o singole segnalazioni A. trichomanes, Azolla filiculoides, Blechnum spicant,
Botrichium matricariifolium, Cystopteris dickieana,
floristiche importanti:
C. montana, Diphasiastrum tristachyum, Dryopteris
Nevio Agostini (FC), Stefano Bassi (RA), S. borreri, D. carthusiana, D. expansa, Equisetum
Bertinelli (FC), Giacomo Bracchi (PC), Luciano sylvaticum, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium
Delfini (MO), Alessandro Fanti (BO), Filiberto clavatum, Matteuccia struthiopteris, Woodsia alpina
Fiandri (Modena), Umberto Fusini (BO), Luigi
1. Introduzione
2. Generalità sulle Pteridofite
2.1 Organizzazione e morfologia
2.2 Sistematica
2.3 Ciclo biologico
2.4 L’origine ibrida di alcuni taxa
2.5 Il fenomeno dell’apogamia nelle Pteridofite
2.6 Alcuni usi delle Pteridofite
3. Le schede
Note sui risultati del monitoraggio
Note di sistematica
4. Alcune Sintesi
4.1 Distribuzione generale dei dati raccolti
4.2 La distribuzione delle Pteridofite nelle diverse province
4.3 Le aree (quadranti) dove si concentrano le specie più rare
4.4 Risultati del monitoraggio
4.5 Il monitoraggio nei centri urbani e nelle stazioni
antropogene
4.6 Le novità per la Flora pteridologica
dell’Emilia-Romagna
4.7 Altri rinvenimenti notevoli
4.8 Le specie da proteggere
Appendice 1 Le aree più ricche di Pteridofite nei territori provinciali
Appendice 2 Le specie particolarmente rare
Bibliografia
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Dalle Felci al Territorio
Studiare il patrimonio naturale dell’Emilia-Romagna è uno dei compiti che l’Istituto Beni
Culturali svolge e che si concretizza con attive esplorazioni, collaborazioni con altri centri
di ricerca e rendendo pubblici i risultati delle indagini.
Le Felci sono oggetto di studio sia per i loro aspetti biologici e sistematici che nella
loro distribuzione geografica; sono inoltre un gruppo molto antico e anche per questo
esercitano un fascino particolare; in molti casi si tratta di piante di aspetto molto
gradevole e apprezzato.
Grazie a una ricerca durata diversi anni è stato realizzato un archivio dedicato a
questo gruppo, base per la realizzazione del lavoro qui presentato, che consiste non
solo nel catalogo aggiornato delle entità presenti in Emilia-Romagna, ma anche nella
rappresentazione della loro distribuzione geografica.
Va sottolineato che la produzione di carte di distribuzione richiede un’esplorazione
sistematica e analitica del territorio; questo lavoro è stato svolto oltre che dagli autori
anche da diversi collaboratori qualificati che hanno curato approfondimenti nella diverse
aree provinciali o subregionali. Grazie a questo metodo è possibile inoltre individuare
livelli di rarità e aree di particolare importanza per il patrimonio naturale.
Ma in più, grazie al confronto con lavori precedenti, è stato possibile anche misurare i
cambiamenti della presenza nel tempo e quindi valutare lo stato di salute di questa parte
del patrimonio naturale regionale. Sono state individuate diverse specie in rarefazione,
altre in espansione, insieme a un gruppo di specie la cui presenza è sostanzialmente
stabile.
Le Felci quindi, pur essendo un gruppo quantitativamente limitato, sono in grado di
rappresentare dinamiche generali del patrimonio naturale e in particolare della flora.
Non di rado i cambiamenti sono conseguenza diretta o indiretta di attività dell’uomo.
Ad esempio, le specie di ambienti umidi e acquatici sono in forte rarefazione a causa della
degradazione di questi habitat; un fattore di forte impatto è la presenza di specie animali
esotiche che hanno danneggiato severamente il patrimonio vegetale e animale nativo;
è stata registrata una sensibile rarefazione anche specie di climi freddi, da mettere
in relazione con il riscaldamento globale.
Ritengo che con il lavoro qui presentato l’Istituto Beni Culturali abbia reso un servizio
utile alla comunità regionale, per accrescere la consapevolezza che il patrimonio naturale
è un bene di tutti e come tale va conosciuto, rispettato e difeso.
Angelo Varni
Presidente dell’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna
1. Introduzione
Le “Felci”, sono piante molto antiche prive di fiori e di semi, rimaste fedeli (uniche tra le piante vascolari) alla
spora quale meccanismo di dispersione della specie attraverso il vento.
Il loro aspetto è in genere poco vistoso e i luoghi di crescita sono spesso umidi, ombrosi e in ogni caso lontani
dalla luce e dai colori dei prati fioriti. Forse per questo le Pteridofite sono state relativamente trascurate sia dal
botanico professionista sia da quello dilettante, anche se di recente si nota un sensibile aumento di interesse.
Eppure questo complesso gruppo di organismi esercita un fascino particolare tutto concentrato nella forma
e nella struttura della fronda, un capolavoro di adattamento alla vita nel sottobosco più folto, negli anfratti
rocciosi, sulle ceppaie degli alberi, sulla superficie dell’acqua.
Andare in cerca di Pteridofite significa quindi frequentare luoghi poco luminosi, nascosti, appartati; dove il verde
profondo e la quiete rendono straordinario il momento della scoperta di una specie rara.
Il desiderio di far conoscere e di proteggere queste piante particolari è uno dei motivi per cui è stato a suo tempo
realizzato l’Atlante regionale (Bonafede & al., 2001) e ora questo lavoro di aggiornamento e monitoraggio.
Col termine di “Pteridofite” si intendono le piante vascolari1 che non producono semi. Nella classificazione
tradizionale costituivano un rango sistematico autonomo (Divisione Pteridophyta); oggi è accertato, come verrà
spiegato meglio di seguito, che si tratta di un raggruppamento “parafiletico”, in quanto non riflette i veri rapporti
di parentela tra i diversi gruppi sistematici che lo costituiscono; da un punto di vista macroscopico e utilizzando
categorie di diverso rango sistematico sono distinguibili, con riferimento alla flora dell’Emilia-Romagna:
• le Felci comunemente intese;
• gli Equiseti, noti anche come “code di cavallo”;
• i Licopodi;
• le Selaginelle.
Per avere un quadro sinottico dei rapporti filogenetici secondo le evidenze ed ipotesi attuali, è opportuno riferirsi
a http://www2.biologie.fu-berlin.de/sysbot/poster/TPP-E.pdf.
Comunque le si intenda, si tratta comunque di piante apparse in epoche remote: i fossili più antichi risalgono
infatti al Siluriano (oltre 400 milioni di anni fa), periodo in cui si differenziarono presumibilmente da alcuni
gruppi di Briofite (note comunemente come muschi ed epatiche); la loro peculiarità consiste nella differenziazione
di tessuti di sostegno e di conduzione della linfa; grazie a questa vera e propria rivoluzione, riuscirono a ergersi
sul terreno anche per decine di metri, dando avvio alla conquista delle terre emerse.
Già nel Devoniano (395-345 milioni di anni fa), a testimonianza del loro successo evolutivo, le Pteridofite si
diversificarono in moltissime forme, alcune tra le quali risultano assai simili a quelle attuali.
Gli attuali Licopodi e Selaginelle sono considerati affini ai giganteschi Lepidodendri e Sigillarie, mentre gli
attuali Equiseti sono affini alle Calamitacee; tutte queste forme, oggi del tutto estinte, costituirono elementi
forestali assai diffusi durante il Carbonifero (345-290 milioni di anni fa circa) con forme arboree di oltre 25 metri
1
Cioè con vasi per il trasporto di soluzioni acquose.
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di altezza. I depositi di carbon fossile sono in gran parte originati da foreste a Pteridofite di questo tipo. Felci
arborescenti sono ancora presenti con alcune forme nelle foreste equatoriali e in Nuova Zelanda.
Attualmente nel mondo esistono circa 10.000 specie di Pteridofite, in Europa meno di 200 e di queste circa 120
(circa 130 con le sottospecie) vivono in Italia.
Il numero relativamente modesto delle entità specifiche europee ed italiane è in relazione con la storia climatica
che ha interessato quest’area geografica. Le glaciazioni che si sono succedute negli ultimi due milioni di anni
hanno inciso profondamente sulla flora in generale e sulla pteridoflora europea in particolare determinando
l’estinzione di interi gruppi sistematici, soprattutto nelle regioni del Nord.
Inoltre la grande maggioranza delle Pteridofite necessita di un clima con piovosità elevata senza prolungati
periodi siccitosi, dell’assenza di grandi variazioni di temperatura nel corso dell’anno, di notevole umidità
atmosferica, di bassa ventosità. Queste condizioni sono raramente riscontrabili in Europa con l’eccezione di
alcune aree geografiche della parte occidentale del continente caratterizzata da un clima fortemente influenzato
dall’Atlantico.
In Emilia-Romagna è stata rilevata la presenza, grazie anche al lavoro qui presentato, di almeno 70 entità,
includendo in questo numero anche le entità sottospecifiche e le due specie che sono note solo sotto forma di
campioni d’erbario; in Emilia-Romagna è quindi rappresentato oltre il 50% della pteridoflora italiana.
Questi dati evidenziano l’interesse della flora pteridologica di questa Regione che, pur presentando clima,
morfologia e substrati generalmente poco favorevoli a queste piante, annovera un numero rilevante di taxa, con
una specie esclusiva per l’Italia (Allosorus persicus) e alcune altre che, nella catena appenninica, hanno in EmiliaRomagna le uniche stazioni di crescita.
La lista delle entità vegetali protette all’art. 4 della Legge regionale 2 del 1977 annovera il solo Genere Phyllitis
(oggi compreso in Asplenium); questo Genere è rappresentato da due specie, di cui una tuttora presente e piuttosto
diffusa (A. scolopendrium) e una scomparsa (A. sagittatum).
Tuttavia la situazione sul territorio renderebbe utile un aggiornamento della lista delle entità tutelate; questo
studio può costituire un’utile base per le modifiche, in quanto fornisce precise indicazioni sullo status di presenza
e sui problemi di conservazione per ognuna delle specie rilevate.
Come accennato, una specie (Asplenium sagittatum), un tempo nota e documentata per una sola località della
“Vena del Gesso” romagnola, è scomparsa dal territorio regionale; molte altre si sono rivelate rare e – in base
al confronto con le conoscenze precedenti – ulteriormente in contrazione per la distruzione degli ambienti di
crescita e probabilmente anche per il cambiamento di alcuni parametri fisico-chimici e climatici cui queste piante
sono sensibili.
La cartografia floristica delle Pteridofite in Emilia-Romagna e il suo aggiornamento sono ampiamente motivati
da diversi ordini di ragioni. In primo luogo ragioni di natura scientifica; sono piuttosto numerosi i casi, infatti, nei
quali risultava necessaria la revisione dei dati noti a causa della non sempre certa identificazione in entità difficili
come ad es. il genere Polypodium, i gruppi di Dryopteris carthusiana e Asplenium adiantum-nigrum, diversi Equisetum;
sono poi evidenti anche le ragioni di natura conservazionistica; molte specie infatti risultano estremamente
rare, relegate in ambienti relittuali e fragili, con stazioni fortemente disgiunte dall’areale principale o al limite,
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soprattutto meridionale, d’areale; alcune specie sono di notevole bellezza e vistosità, quali ad esempio Osmunda
regalis, Matteuccia struthiopteris, Blechnum spicant, Asplenium scolopendrium; infine, le Pteridofite possiedono un
elevato valore di indicatori ambientali.
I risultati di questo lavoro di ricerca, durato oltre 5 anni e basato su materiale d’erbario, fonti bibliografiche e,
soprattutto, su indagini sistematiche di campagna in tutto il territorio della regione, costituiscono una buona
base per ulteriori ricerche con specifiche finalità e un utile strumento di pianificazione ambientale.
La conoscenza e la tutela degli habitat che ancora ospitano una Pteridoflora interessante sono di fondamentale
importanza per la conservazione di questi taxa in Emilia-Romagna. Naturalmente l’utilizzo reale di questo tipo
di informazioni per la gestione del territorio diventa una questione di scelta politica ed è quindi del tutto al di
fuori delle possibilità di questo lavoro.
2. Generalità sulle Pteridofite
2.1 Organizzazione e morfologia
Nella gran parte delle “Felci” dell’ordine Polypodiales, cui appartiene la maggioranza delle Pteridofite considerate,
la struttura base della pianta risulta relativamente semplice. Sono sempre presenti le radici, il fusto (rappresentato
talvolta da un rizoma) e le fronde, come tipicamente accade nelle altre piante vascolari caratterizzate dalla
presenza di veri vasi di conduzione, all’interno del fusto, per il trasposti efficiente della linfa dalle radici alle
foglie e viceversa.
Le radici hanno la funzione di assorbire l’acqua e le altre sostanze minerali nonché di fissare la pianta al terreno;
in alcuni casi le radici entrano in simbiosi con funghi del terreno (micorriza) che facilitano le funzioni di
assorbimento da parte della radici.
Il fusto, nella maggior parte delle Felci, è sotterraneo e talora si sviluppa parallelamente alla superficie del
terreno (rizoma) come accade, ad esempio, nei generi Gymnocarpium, Polypodium, Pteridium, Phegopteris; in questi
casi le fronde tendono a presentarsi singolarmente e il rizoma consente alla pianta di espandersi facilmente
per via vegetativa. Nella Felce aquilina (Pteridium aquilinum) il rizoma corre su più livelli e ciò rende la pianta
resistente anche al passaggio del fuoco; in Amazzonia proprio la Felce aquilina è tra le prime piante a colonizzare
le superfici disboscate e incendiate.
In altri casi il fusto è breve e verticale; allora la pianta assume un aspetto cespitoso (generi Asplenium, Dryopteris,
Athyrium, ecc.).
Le Pteridofite qui considerate sono per massima parte perenni; il fusto è anche organo di accumulo delle riserve
energetiche necessarie allo sviluppo di nuove fronde a primavera. Fanno eccezione Anogramma leptophylla,
Salvinia natans e Azolla filiculoides che sono annuali.
Le fronde sono costituite da una lamina con funzione fotosintetica e da un picciolo, denominato stipite, che
collega la lamina al fusto. Lo stipite può presentare squame chiamate palee, addensate generalmente verso la base
11
(Fig. 1). Figura 1: le diverse parti di una fronda di felce (Dryopteris expansa). La lamina, che presenta un asse
centrale detto rachide, può essere intera (es. Asplenium scolopendrium) oppure, frequentemente, più o meno incisa,
potendosi avere fronde 1, 2, 3, 4 volte divise. Talvolta si usano anche i termini “fronda 1, 2, 3, 4-pennatosetta”,
perfettamente corrispondenti a quelli sopra riportati.
Le giovani fronde, appena spuntate dal terreno (o dalle
fessure delle rocce), sono arrotolate in modo caratteristico e
assomigliano a un pastorale (bastone del vescovo).
Durante l’inverno alcune specie perdono completamente le
fronde (es. Athyrium filix-femina, Pteridium aquilinum), mentre
altre hanno fronde persistenti e superano l’inverno indenni
rimanendo anche per mesi sotto la neve (es. Polystichum
aculeatum).
Nella Felce maschio (Dryopteris filix-mas) le fronde sono
semipersistenti: a seconda del luogo e dell’andamento
stagionale quelle dell’anno precedente possono seccare e
andare perse durante l’inverno oppure possono persistere in
buono stato sino all’emissione delle nuove fronde primaverili.
Nel caso della Cedracca (Asplenium ceterach), le fronde si
arrotolano su se stesse nei periodi più caldi e più secchi
dell’anno, in modo da offrire all’esterno la minima superficie
possibile.
In questo modo la pianta riduce la traspirazione che è limitata
anche da un denso tomento di palee rossicce squamiformi
presenti sulla pagina inferiore della lamina. In queste
condizioni, d’estate, le piantine paiono del tutto secche, ma è
sufficiente un temporale perché la Cedracca, in poche ore, si
Figura 1. Fronda di una felce (Dryopteris expansa)
distenda
e torni a vegetare.
e sue parti.
In Polypodium cambricum, presente solo nelle “isole” calde della
regione, troviamo un perfetto adattamento al clima mediterraneo: le fronde si seccano completamente o quasi
durante l’estate, ma all’arrivo delle prime consistenti piogge, in settembre-ottobre, la pianta riprende a vegetare
emettendo i caratteristici germogli a pastorale e dispiegando le fronde sino all’inizio dell’estate successiva.
Nella pagina inferiore delle fronde si trovano gli organi riproduttori costituiti dagli sporangi, più o meno
addensati in strutture ben visibili ad occhio nudo, chiamate sori, generalmente localizzate lungo le nervature
fogliari. Gli sporangi, come si vedrà, producono le spore, che hanno la funzione di disseminare la specie per
mezzo del vento.
I sori sono spesso ricoperti da una membrana protettiva denominata indusio. Pochi gruppi ne sono completamente
privi; tra questi ricordiamo i generi Polypodium e Gymnocarpium. Spesso l’indusio ricopre solo parzialmente il soro
12
(esempio: genere Asplenium). In alcuni casi, come ad esempio in Athyrium distentifolium, l’indusio è precocemente
caduco e rudimentale.
In Adiantum e Allososus la funzione dell’indusio è assunta dal margine fogliare, ripiegato a doccia sui sori addensati
alla periferia della lamina (in questi casi si parla di pseudoindusio).
L’indusio può essere circolare e fissato alla lamina con la parte centrale che si infossa a forma di imbuto (genere
Polystichum) oppure può essere “a ferro di cavallo” e fissato lungo la curvatura interna come, ad esempio, nel
genere Dryopteris. In Athyrium filix-femina l’indusio è allungato con forma arcuata (“a banana”), sfrangiato e
fissato lungo il margine esterno. Nel genere Cystopteris ha la forma di un cappuccio ed è fissato con l’apice dello
stesso.
Generalmente non vi sono differenze morfologiche tra le fronde fertili (con presenza di sori e le fronde sterili (che
ne sono prive); fanno eccezione alcuni generi come, ad esempio, Blechnum e Cryptogramma nei quali si osserva un
netto dimorfismo fogliare con le fronde fertili costituite da stretti segmenti ripiegati a doccia che ricoprono i sori.
La conformazione dei sori e dell’indusio è di grande importanza per la classificazione delle Pteridofite e in
particolare per la determinazione dei generi.
Sinora è stata descritta l’organizzazione delle Pteridofite dell’ordine Polypodiales, cui appartiene la grande
maggioranza delle Pteridofite dell’Emilia-Romagna. In altri ordini (Equisetales, Lycopodiales, Selaginellales,
Ophioglossales, Osmundales, Salviniales), che comprendono poche o pochissime specie, si trova un’organizzazione
che differisce più o meno da quella sopra descritta e che verrà presa in esame quando si tratteranno i singoli taxa.
2.2 Sistematica
La classificazione delle felci e piante affini è stata per molto tempo incerta, in particolare a livello di famiglie
e generi. Negli ultimi duecento anni sono state proposte tante diverse classificazioni e schemi evolutivi, che
rispecchiavano le diverse interpretazioni dei dati disponibili. La collocazione di molti generi è rimasta incerta fino
all’arrivo della sistematica molecolare, che ha rapidamente affinato la comprensione delle relazioni filogenetiche.
Si è scoperto così, senza grande sorpresa, che le “Pteridofite”, come categoria collettiva, sono un gruppo
parafiletico e quindi il termine stesso dovrebbe essere abbandonato o ridefinito in senso restrittivo. Lycopodiaceae,
Selaginellaceae e Isoetaceae formano un ramo distinto da tutte le altre piante vascolari, mentre le Psilotaceae,
spesso incluse nei licopodi o associate alle prime piante vascolari, sono collegate alle Ophioglossaceae e quindi
appartengono al ramo delle felci. Anche le Equisetaceae sono membri di questo gruppo ma, nel suo ambito, la loro
collocazione è tuttora incerta. Le felci propriamente dette sono inquadrate meglio, anche se le loro ripartizioni
principali non sono ancora ben chiare. A livello di famiglie e generi si sta invece consolidando un quadro definito,
in cui famiglie come Aspleniaceae e Polypodiaceae risultano più ampie rispetto alle classificazioni precedenti.
13
• Ophioglossum
• O. vulgatum
Tabella 1
PTeridofiTe
chrisTenhusz & chase (2014)
schema Tassonomico delle
dell’emilia-romagna, PrinciPalmenTe in accordo con
Classe Equisetopsida
• Ordine Equisetales
• Famiglia Equisetaceae
• Equisetum
• E. hyemale
• E. ramosissimum
• E. fluviatile
• E. palustre
• E. sylvaticum
• E. arvense
• E. telmateia
Classe Polypodiopsida
Classe Lycopodiopsida
• Ordine Lycopodiales
• Famiglia Lycopodiaceae
• Diphasiastrum
• D. tristachyum
• D. alpinum
• Huperzia
• H. selago subsp. selago
• Lycopodium
• L. annotinum subsp. annotinum
• L. clavatum
Classe Isoetopsida
• Ordine Selaginellales
• Famiglia Selaginellaceae
• Selaginella
• S. selaginoides
• S. kraussiana
Lycopodiophytes
Classe Psilotopsida
• Ordine Ophioglossales
• Famiglia Ophioglossaceae
• Botrychium
• B. lunaria
• B. matricariifolium
• B. multifidum
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Euphyllophytes
(Pteridophyta + Spermatophyta)
• Ordine Osmundales
• Famiglia Osmundaceae
• Osmunda
• O. regalis
• Ordine Salviniales
• Famiglia Marsileaceae
• Marsilea
• M. quadrifolia
• Famiglia Salviniaceae (incl. Azollaceae)
• Azolla
• A. filiculoides
• Salvinia
• S. natans
• Ordine Polypodiales
• Famiglia Dennstaedtiaceae
• Pteridium
• P. aquilinum subsp. aquilinum
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• Famiglia Pteridaceae (incl. Adiantaceae, Cheilanthaceae, Cryptogrammaceae)
• Adiantum
• A. capillus-veneris
• Allosorus
• A. persicus (Cheilanthes persica)
• Anogramma
• A. leptophylla
• Cryptogramma
• C. crispa
• Paragymnopteris
• P. marantae (=Notholaena m.)
• Famiglia Aspleniaceae sensu lato (in precedenza eupolypods II, Blechnales, Athyriales,
Aspleniales, o Thelypteridales)
• Sottofamiglia Asplenioideae, in precedenza Aspleniaceae sensu stricto
• Asplenium
• A. trichomanes
• A. t. subsp. trichomanes
• A. t. subsp. quadrivalens
• A. t. subsp. hastatum
• A. adulterinum Milde subsp. adulterinum
• A. viride
• A. fontanum
•
•
•
•
•
•
A. onopteris
A. adiantum-nigrum subsp. adiantum-nigrum
A. cuneifolium subsp. cuneifolium
A. septentrionale subsp septentrionale
A. ruta-muraria subsp. ruta-muraria
A. ceterach
• A. c. subsp. ceterach
• A. c. subsp. bivalens
• A. scolopendrium subsp. scolopendrium (= Phyllitis sc.)
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• A. sagittatum (= Phyllitis sag.)
• Sottofamiglia Thelypteridoideae, in precedenza Thelypteridaceae
• Phegopteris
• Ph. connectilis
• Thelypteris
• Th. palustris
• Th. limbosperma
• Sottofamiglia Woodsioideae, in precedenza Woodsiaceae
• Woodsia
• W. alpina
• Sottofamiglia Blechnoideae, in precedenza Blechnaceae (incl. Onocleaceae)
• Blechnum
• B. spicant
• Matteuccia
• M. struthiopteris
• Sottofamiglia Athyrioideae, in precedenza Athyriaceae
• Athyrium
• A. filix-femina
• A. distentifolium
• Cystopteris
• C. fragilis
• C. dickieana
• C. montana
• C. alpina
• Gymnocarpium
• G. dryopteris
• G. robertianum
• Famiglia Polypodiaceae sensu lato (in precedenza eupolypods I)
• Sottofamiglia Dryopteridoideae, in precedenza Dryopteridaceae
• Cyrtomium
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• C. falcatum
• Dryopteris
• D. filix-mas
• D. borreri
• D. cambrensis
• D. oreades
• D. expansa
• D. dilatata
• D. carthusiana
• Polystichum
• P. lonchitis
• P. aculeatum
• P. setiferum
• Sottofamiglia Polypodioideae sensu stricto, in precedenza Polypodiaceae
sensu stricto
• Polypodium
• P. cambricum
• P. interjectum
• P. vulgare
La successione di famiglie, generi, specie e sottospecie tiene conto delle affinità (reali o presunte) oppure delle
differenze. Si dà priorità agli elementi di base, ossia alla morfologia delle spore e secondariamente al modello
strutturale delle piante.
Sono riportate tutte le entità accertate per l’Emilia-Romagna (sino al rango subspecifico) insieme a quelle citate
in letteratura, con esclusione dei taxa indicati per errore (Dryopteris villarii, Azolla caroliniana) e degli ibridi.
Diverse specie sono i soli rappresentanti di un intero ordine o famiglia (ad esempio Osmunda regalis, Selaginella
selaginoides, Marsilea quadrifolia) e ciò riveste una notevole importanza per la conservazione della diversità
biologica presente nel territorio.
2.3 Ciclo biologico
Il ciclo biologico delle Pteridofite (Fig. 2) presenta una tipica alternanza di generazioni con due forme (sporofito
e gametofito) nettamente distinte per significato biologico, dimensioni, morfologia ed esigenze ecologiche.
18
Per comodità il processo può essere descritto partendo dagli sporangi presenti nella fase sporofitica (1), durante
la quale la pianta produce le spore destinate a diffondere la specie attraverso il vento.
Le spore sono unicellulari, non hanno clorofilla (con l’eccezione di Osmunda regalis) e presentano forme e
dimensioni che possono risultare di grande utilità per la determinazione di taxa critici (si veda in proposito
anche Ferrarini et al., 1986).
Gli sporangi, all’interno dei sori, producono le spore (2) con un processo di meiosi che parte da una cellula
chiamata archeospora situata all’interno dello sporangio. Il processo meiotico porta al dimezzamento del numero
iniziale dei cromosomi presenti nell’archeospora, dalla quale originano tutte le spore.
La cellula che fa meiosi presenta un corredo cromosomico detto diploide ed indicato come 2n (con n numero
intero), quindi con numero sempre pari di cromosomi. Ogni cromosoma presenta sempre, nelle cellule diploidi,
un cromosoma “gemello” che ha la sua stessa conformazione; pertanto in ogni cellula diploide sono presenti un
numero n di coppie di cromosomi e gli elementi
di ogni coppia sono detti cromosomi omologhi
e presentano morfologia simile.
I cromosomi contengono, sotto forma di geni, i
caratteri ereditari, vale a dire le “informazioni”
necessarie per originare un nuovo individuo
con le caratteristiche proprie della specie.
Tutte le cellule della pianta che produce le
spore (per questo indicata come sporofito)
possiedono lo stesso corredo cromosomico
(2n) dell’archeospora.
Il processo di meiosi cui va incontro l’archeospora
si svolge schematicamente nelle seguenti tappe:
1. duplicazione di tutti i cromosomi (che si
svolge prima della vera divisione meiotica);
2. appaiamento dei cromosomi omologhi:
3. doppia divisione cellulare con formazione di
4 cellule che diventeranno poi 4 spore, ciascuna
con corredo cromosomico dimezzato rispetto a
quello presente nell’archeospora.
In realtà prima della meiosi l’archeospora si
divide con 4 serie di mitosi successive sino a
produrre 16 cellule (geneticamente uguali),
da ognuna delle quali originano 4 spore con il
processo di meiosi sopra descritto.
Figura. 2. Ciclo biologico di una felce.
Il risultato è la produzione di 64 (16 ☓ 4) spore
19
contenute in ogni sporangio e ciò avviene nella maggioranza delle Pteridofite della flora regionale.
Il meccanismo di produzione delle spore appena descritto, essendo presente anche in taxa relativamente distanti
sul piano delle affinità, deve essere comparso molto presto nella storia evolutiva delle Pteridofite.
Da notare che la meiosi si può svolgere regolarmente soltanto se ogni cromosoma può appaiarsi con il suo
omologo che presenta la sua stessa morfologia. Ciò ha notevole importanza per comprendere l’origine ibrida e
poliploide di alcuni taxa che successivamente prenderemo in esame. Le spore, come già ricordato, presentano un
corredo cromosomico dimezzato denominato aploide ed indicato come n.
La spora, quando matura, esce dallo sporangio (che si apre con varie modalità), viene trasportata dal vento ed
arriva sul terreno dove, se le condizioni chimico-fisiche (pH, temperatura, umidità ecc.) sono favorevoli, germina
e per mitosi (divisione cellulare “conservativa” in quanto mantiene il numero iniziale di cromosomi presente
nella spora) e differenziamento cellulare viene originato un organismo pluricellulare assai piccolo (lungo meno
di un centimetro) denominato protallo. Il protallo ha il significato biologico di gametofito (3) in quanto destinato
a produrre i gameti (maschili e femminili) che uniranno i loro cromosomi al momento della fecondazione, nel
corso della quale verrà ricostituito il corredo diploide.
Il protallo, privo di un’epidermide protettiva differenziata, presenta una forma a cuore e può vivere soltanto
in precise condizioni ecologiche caratterizzate da elevata umidità atmosferica, presenza di un velo liquido sul
terreno e assenza di sbalzi termici. E’ probabile che molte Pteridofite siano particolarmente sensibili a fenomeni
di inquinamento dell’acqua o del substrato o a variazioni di alcuni parametri chimico-fisici (ad esempio umidità
e pH) proprio in questa fase cruciale del loro ciclo biologico.
La fase gametofitica, maggiormente legata all’acqua, ricorda alcune Briofite (muschi ed epatiche), da cui le
Pteridofite si sono probabilmente originate.
La fissazione al suolo del protallo avviene attraverso strutture chiamate rizoidi presenti sulla faccia inferiore;
nella stessa pagina inferiore sono presenti gli anteridi, strutture riproduttive maschili destinate a produrre gli
anterozoidi (unicellulari con corredo cromosomico n) con significato di gameti maschili e mobili nell’acqua
attraverso flagelli e gli archegoni, strutture riproduttive femminili contenenti l’oospora (unicellulare anch’essa
con corredo cromosomico n), con significato di gamete femminile statico all’interno dell’archegonio (4).
Gli anterozoidi dello stesso protallo oppure, più frequentemente, di un altro protallo presente nelle vicinanze,
nuotano in un velo di acqua sino a raggiungere l’interno dell’archegonio e fecondano l’oospora. L’ oospora
fecondata diviene uno zigote (unicellulare, ma con corredo cromosomico 2n) e questo per mitosi e differenziamento
cellulare origina una nuova pianta detta sporofito.
In questo volume noi ci occuperemo degli sporofiti, molto più facilmente visibili e studiabili.
2.4 L’origine ibrida di alcuni taxa
Gli ibridi, tra le Pteridofite, sono abbastanza frequenti soprattutto nei generi Equisetum, Polypodium, Asplenium
e Polystichum e vengono originati in seguito alla fecondazione di un anterozoide con una oospora provenienti da
protalli di specie diverse.
20
Per questo i genitori si trovano spesso in prossimità dell’entità ibrida, anche se questa non è una regola assoluta.
A volte l’ibrido è cosi “invadente” da scacciare uno o entrambi i genitori, soprattutto dove la stazione di crescita è
poco estesa e la competizione risulta particolarmente forte (esempio: affioramenti rocciosi di limitata estensione).
L’entità ibrida si presenta con una morfologia intermedia tra quella dei genitori ed è sterile in quanto i cromosomi
non possono appaiarsi regolarmente al momento della meiosi: infatti ad ogni cromosoma non corrisponde il suo
“omologo”, in quanto provengono da materiale genetico di specie diverse.
Inoltre l’esame delle spore rivela la presenza di materiale abortivo con spore malformate, a contorno irregolare
e di dimensioni molto diverse.
La Figura 3 mostra un esempio di materiale sporiale abortivo confrontato con materiale normale. Per
l’osservazione, in prima battuta, può bastare un microscopio binoculare ad ingrandimento anche modesto.
Tuttavia soltanto il cariogramma (esame dell’assetto cromosomico) potrà confermare, al di là di ogni dubbio,
l’origine ibrida del reperto: infatti può accadere che anche individui appartenenti a ‘’specie buone” presentino
materiale sporiale tutto o quasi tutto abortivo per fenomeni di sporificazione difettosa.
Figura 3 Immagine al microscopio di spore normali (a destra) e abortive (a sinistra).
Tali fenomeni di sporificazione difettosa sono possibili in occasione di particolari condizioni ambientali come,
ad esempio, forti e prolungate calure estive. Questi “colpi di calore” possono risultare frequenti nel gruppo di
Asplenium adiantum-nigrum.
Pur non essendo stati svolti approfondimenti sulle entità ibride né studi di tipo cariologico, in base all’attento
esame della morfologia, del materiale sporiale dei campioni e delle stazioni di crescita, sono state osservate in
Emilia-Romagna diverse entità ibride.
Asplenium ☓ centovallense D.E. Mey. nothosubsp. centovallense (A. adiantum-nigrum subsp. adiantum-nigrum ☓ A.
cuneifolium subsp. cuneifolium), Pietra Parcellara, Travo, PC;
21
Asplenium ☓ticinense D.E. Mey. (A. onopteris ☓A. adiantum-nigrum subsp. adiantum-nigrum) nella Valle del
Savena (Monzuno, BO), a M. Sole (Marzabotto, BO), a Cà di Landino (Castiglione de’ Pepoli, BO). Ulteriori dati
distributivi per questa entità sono riportati in Marchetti (1994).
Cystopteris alpina (Lam.) Desv. ☓ C. fragilis (L.) Bernh., presso Le Malghe, lungo il Dardagna (Lizzano in
Belvedere, BO);
Equisetum ☓font-queri (Rothm.) Rothm. (E. palustre ☓ E. telmateia) Santa Caterina in Valle, presso Concordia
sulla Secchia (MO); presso Pontecchio (Sasso Marconi, BO);
Equisetum ☓moorei Newman (E. ramosissimum ☓ E. hyemale) nella valle del Savena (Pianoro, BO) e ai Boschi di
Monzone (Pavullo nel Frignano, MO);
Polypodium ☓shivasiae Rothm. (P. cambricum ☓ P. interjectum) nei gessi messiniani del Bolognese (San Lazzaro
di Savena, BO);
Polypodium ☓mantoniae Rothm. (P. vulgare ☓ P. interjectum) nei gessi messiniani del Bolognese (San Lazzaro di
Savena, BO);
Polystichum ☓bicknellii (Christ) Hahne (P. aculeatum ☓ P. setiferum) al M. Spicchione (Castel D’Aiano, BO) e sotto
Campigna (S. Sofia, FC);
Per altri interessanti ibridi recentemente rinvenuti sulle serpentine dell’Emilia-Romagna si può fare riferimento
a Marchetti (1999).
In alcuni casi l’entità ibrida può dare origine, grazie a un meccanismo che ora verrà descritto, a una nuova
specie normalmente fertile. Con ogni probabilità, la sequenza ha origine da un’irregolarità (più o meno rara a
seconda del tipo di ibrido e delle condizioni ambientali) nelle prime divisioni per mitosi dell’archeospora con il
conseguente raddoppiamento dei cromosomi esistenti (ogni cromosoma viene in un certo senso “fotocopiato”).
Il “nuovo” genoma si trova allora costituito da cromosomi a due a due omologhi ed una meiosi normale diviene
allora possibile perché nella sua fase iniziale c’è l’appaiamento dei cromosomi.
Il risultato finale è dunque la produzione di spore diploidi e di un protallo diploide, che produrrà gameti anch’essi
diploidi (2n) che, in seguito alla fecondazione, origineranno uno sporofito con quattro serie di cromosomi (2n +
2n) e per questo indicato come tetraploide.
Si utilizza il temine allotetraploide se l’individuo origina da due diverse specie e il termine autotetraploide se
origina da una sola specie che ha raddoppiato numero cromosomico con il meccanismo descritto.
Il nuovo individuo presenta alcune caratteristiche dei genitori e altre caratteristiche morfologiche ed ecologiche
completamente nuove; se riuscirà a superare la selezione imposta dalle condizioni ambientali e si diffonderà
nell’ambiente sarà nata una nuova specie.
Diversi sono i casi di specie allotetraploidi della nostra pteridoflora.
A titolo di esempio si può prendere in esame l’origine di Polystichum aculeatum (allotetraploide), che può essere
ipotizzata come segue.
Inizialmente si è formato un ibrido tra Polystichum lonchitis (diploide con un genoma che possiamo indicare come
“LoLo” e 2n = 82) e Polystichum setiferum (diploide con un genoma che possiamo indicare come “SeSe” e 2n = 82):
Polystichumxlonchitiforme (Halácsy) Bech.
22
L’ibrido avrà genoma “LoSe” con 82 cromosomi e sarà ovviamente sterile.
In caso di raddoppiamento cromosomico si avrà un individuo fertile che potrà dare origine a una nuova specie
con genoma “LoLoSeSe” e 164 cromosomi. Questa nuova specie, corrispondente a Polystichum aculeatum, verrà
indicata come allotetraploide.
Bisogna precisare che il fenomeno sopra descritto non si osserva soltanto nelle specie allotetraploidi, ma è più
generale e riguarda incroci e discendenti originati da entità che hanno diverso grado di ploidia.
Per quanto concerne l’autopoliploidia (vedasi, ad esempio, il complesso di Asplenium trichomanes), questa va
considerata fondamentalmente un’allopoliploidia tra forme (o varietà) della stessa pianta che presentano già un
genoma più o meno differenziato.
Quasi sempre la taglia delle spore è correlata al
grado di ploidia: specie allotetraploidi hanno
generalmente spore più grandi delle specie
diploidi e ciò può essere di grandissima utilità
nella determinazione di taxa critici.
Asplenium adiantum-nigrum subsp. adiantumnigrum, tetraploide, ha spore più grandi di oltre il
20% rispetto ad Asplenium onopteris entità diploide
(Ferrarini et al., 1986; Reichstein et al., 1994).
Spesso la specie allotetraploide (o, più in generale,
poliploide) presenta una maggiore amplitudine
ecologica e una più ampia diffusione rispetto ai
genitori; questo è vero anche per il caso sopra
riportato (Polystichum aculeatum) per il territorio
dell’Emilia-Romagna, per quanto riguarda sia la
distribuzione attitudinale sia quella generale.
2.5 Il fenomeno dell’apogamia nelle
Pteridofite
Figura 4 Asplenium trichomanes (Falso capelvenere),
dal “Dioscoride” di Mattioli (1573).
In alcune specie (Dryopteris gr. affinis, Phegopteris
connectilis, Cyrtomium falcatum) si ha un’alterazione
del ciclo rispetto al modello che abbiamo descritto
nel paragrafo 2.3.
In esse rimane rispettata l’alternanza tra sporofito
(produttore di spore) e gametofito (produttore di
gameti), tuttavia manca qualunque fenomeno di
23
gamia (cioè di unione tra gameti) e si parla di riproduzione per apogamia.
In questi casi lo sporofito si sviluppa direttamente da cellule vegetative del protallo senza che in esso compaiano
gli archegoni, gli anteridi sono invece generalmente presenti, producono anterozoidi e consentono a queste
specie di intervenire eventualmente nella formazione di ibridi.
Il protallo presenta cellule con lo stesso numero cromosomico dello sporofito e ciò è dovuto ad un particolare
fenomeno che avviene all’interno di alcuni sporangi durante la formazione delle spore nello sporofito: la cellula
che va incontro a meiosi raddoppia precedentemente il numero cromosomico e ciò annulla gli effetti normali
della meiosi (che invece porta a ridurre a metà il numero dei cromosomi).
Il risultato è la formazione e la diffusione di spore diploidi che, germinando, origineranno un protallo
necessariamente diploide; da questo si formerà, senza fenomeni di fecondazione, direttamente lo sporofito
anch’esso diploide.
Da notare che in una parte degli sporangi la meiosi avviene in modo irregolare con la formazione di materiale
sporiale in parte abortivo. In Dryopteris borreri (= D. affinis subsp. borreri) la percentuale di spore abortive varia
dal 10 ai 30%; in Dryopteris cambrensis (= D. affinis subsp. cambrensis) la percentuale varia dal 30 al 40% (Boudrie,
1991). Questa situazione porta a pensare ad un’origine ibrida più o meno antica delle Pteridofite apogamiche
(Prelli, 1990).
2.6 Alcuni usi delle Pteridofite
Già nell’antichità si riconoscevano notevoli proprietà medicinali a varie specie di Pteridofite.
Nel I secolo, il medico greco Dioscoride ne trattò ampiamente nella sua opera principale “Della materia medica”,
che mantenne nel tempo una grande autorevolezza sino ad essere tradotta e commentata dal senese Mattioli,
nella seconda metà del XVI sec., nel suo celebre “Dioscoride”, edito in numerose e sempre più ricche versioni
anche in francese, in tedesco e in boemo e rimasto a lungo, a sua volta, testo fondamentale in materia.
Nella maggior parte dei casi il valore officinale delle Pteridofite non è stato ritenuto tale da far trovare loro una
collocazione nella medicina moderna, anche se poche indagini sono in definitiva state fatte per capire quanto di
concreto vi fosse nelle molteplici virtù vantate per molte di queste piante nel passato.
L’estratto etereo del voluminoso rizoma di Dryopteris filix-mas (Filicis rhizoma nella Farmacopea italiana) è stato
nel passato l’antielmintico più efficace contro i cestodi, agendo come paralizzante della muscolatura radiale delle
ventose di Taenia saginata, Taenia solium e Diphyllobothrium latum, che si staccavano così dalle pareti del tubo
digerente dell’ospite e venivano eliminati grazie all’ausilio dei purganti assunti contemporaneamente al farmaco.
L’effetto medicamentoso dell’estratto di felce maschio era tuttavia accompagnato da una certa tossicità e l’uso
del farmaco è stato perciò abbandonato quando sono risultati disponibili prodotti ugualmente efficaci, ma con
effetti collaterali più lievi.
Un’azione simile a quella di D. filix-mas (anche se più blanda) è stata riconosciuta alle specie del genere Polystichum
(in alcuni casi probabilmente confuse con la felce maschio) e ad Athyrium filix-femina (il cui rizoma non è invece
confondibile in quanto assai più sottile, più scuro e meno fittamente ricoperto da palee rispetto a quello della felce
24
maschio); sono altresì state usate come antieltmintiche parti di Thelypteris palustris, di Polypodium vulgare e, in
aree geografiche più localizzate, di Pteridium aquilinum (tribù indiane dell’America settentrionale) e di Osmunda
regalis (alcuni Paesi settentrionali).
Dai rizomi del genere esotico Helmintostachys (dell’ordine Ophioglossales) si estrae invece un principio antimalarico.
I licopodi (specialmente Lycopodium clavatum, ma anche L. annotinum, Diphasiastrum complanatum e Huperzia
selago) sono stati impiegati contro malattie renali, vescicali, epatiche ed artritiche sotto forma di infusi a freddo
in quantità limitata: già il Mattioli riferiva che, “cotti nel vino, rompono le pietre dei reni e fanno orinare” e
“giovano a chi patisce le gotte calde”.
Le loro spore (facilmente acquisibili dalle spighe dei licopodi, più difficilmente dagli sporangi delle ascelle fogliari
di Huperzia) costituiscono inoltre una fittissima polvere di colore giallo pallido (denominata volgarmente “zolfo
vegetale” o “farina delle streghe” e registrata nella nostra Farmacopea con il nome di Lycopodii sporae) che è stata
usata in farmacia nella preparazione di pillole (che ne venivano ricoperte e non si attaccavano così le une alle
altre) ed anche come polvere aspersoria protettiva perché, essendo idrofuga, è in grado di curare certe forme
di eritema cutaneo causate da irritazione ed umidità; per la sua facile incendiabilità è stata altresì impiegata
nell’industria pirotecnica.
Benché in qualche luogo delle Alpi L. clavatum sia relativamente abbondante (in Carnia i pastori delle casere
lo usavano per filtrare il latte), non è comunque mai stato sufficiente al fabbisogno farmacologico italiano; le
principali raccolte sono state fatte nei Paesi dell’Europa centrale e dell’ex Unione Sovietica, dove i licopodi in
genere ed H. selago in particolare sono assai più abbondanti e dai quali il prodotto veniva esportato anche in
Italia.
La polvere di licopodio è stata nel passato talmente ricercata da risultare oggetto di sofisticazioni, in particolare
con il polline giallo di piante che ne producono in grande quantità (ad esempio pino, nocciolo o Typha) o con
sostanze minerali (talco e gesso colorati, zolfo, ecc.). Di conseguenza si sono anche sviluppate varie metodiche
empiriche che, sfruttando le proprietà della polvere, permettevano il riconoscimento delle falsificazioni:
mettendola ad esempio nell’acqua, se ne poteva accertare l’autenticità se essa continuava a galleggiare dopo
qualche scuotimento, mentre le parti che andavano a fondo erano senz’altro costituite da sostanze minerali o da
pollini. La certezza dell’autenticità del prodotto si può comunque avere con un accurato esame microscopico.
Ancora oggi sono più o meno utilizzati in erboristeria i fusti sterili di Equisetum arvense (con proprietà astringenti,
rimineralizzanti, diuretiche ed emostatiche), le fronde e i rizomi di Asplenium ceterach (diuretici e antilitiasi soprattutto per le persone affette da elevate concentrazioni urinarie di acido ossalico - tossifughi, astringenti,
antinfiammatori ed emollienti: nella medicina popolare molto usati nell’Italia meridionale), le fronde di Asplenium
trichomanes (cosiddetto “falso capelvenere”) [Fig. 4] e soprattutto quelle del vero capelvenere, Adiantum capillusveneris (le ultime due specie sono entrambe tossifughe, espettoranti, disintossicanti ed antiforforacee.
Delle quattro specie citate (due delle quali - E. arvense e A. capillus-veneris - iscritte nella Farmacopea svizzera) A.
capillus-veneris (da usarsi preferibilmente allo stato fresco perché seccandosi perde moltissime delle sue proprietà
terapeutiche) è forse quella che è stata più usata nel tempo e nei vari Paesi, risultando presente in circa 15
specialità medicinali francesi; ne è stato altresì preparato uno sciroppo dal gusto gradevole che nel XVII secolo,
25
mescolato con il te e con il latte caldi, costituiva una bevanda assai apprezzata chiamata “bavarese”.
Per Paragymnopteris marantae sono state supposte proprietà officinali simili a quelle di A. ceterach.
Le foglie di Asplenium scolopendrium, che Dioscoride consigliava di bere nel vino per trarne un “giovamento ai flussi
del corpo e alla dissenteria”, secondo gli attuali fitoterapisti sono da infondere, fresche od essiccate, in acqua o,
ancor meglio, nel latte; già ritenute utili per curare le malattie della milza per la forma vagamente rassomigliante
a quella di tale organo, hanno invece proprietà espettoranti, astringenti, diuretiche e vulnerarie (ed insieme con
altre 16 piante vulnerarie entrate perciò nella composizione della tisana denominata “tè svizzero”), che hanno
favorito l’iscrizione di A. scolopendrium nella Farmacopea francese.
Asplenium septentrionale è usato come diuretico e depurativo e contro certe affezioni della pelle in Alto Adige e
nel Tirolo; Asplenium ruta-muraria, molto usato nel passato contro la caduta dei capelli, in alcune regioni europee
viene ancora oggi dato da mangiare agli animali per guarirli da determinate malattie.
Il rizoma di Osmunda regalis è astringente, purgativo, diuretico e vulnerario; le foglie fresche hanno invece
proprietà toniche ed antireumatiche ed in alcune regioni ove la pianta è più abbondante è perciò invalsa la
consuetudine di imbottirne i materassi per curare i bambini rachitici e gli affetti da reumatismi (allo stesso fine
sono state usate anche le fronde essiccate di D. filix-mas).
Dioscoride, Plinio e altri autori greci e romani attribuivano a Botrychium lunaria virtù terapeutiche quasi
miracolose e più recentemente, anche secondo le indicazioni del Mattioli, sarebbe stato utilizzato il succo
fresco delle sue foglie per trattare ferite e piaghe dei tessuti: è difficile capire quanto ci sia di vero in queste
vecchie credenze e d’altronde la sostanziale rarità della specie, unitamente alle piccole dimensioni della pianta,
difficilmente potrebbe permettere, almeno nel nostro Paese, un approfondimento del problema. Le foglie
dell’esotico Botrychium ternatum vengono invece comunemente mangiate in alcune regioni del Giappone e della
Cina, dove sarebbero anzi particolarmente apprezzate per la morbidezza e per il sapore.
Varie altre Pteridofite sono o sono state oggetto di consumo alimentare in aree geografiche più o meno localizzate.
Tra esse si annoverano i getti giovanili di Pteridium aquilinum (soprattutto nel Giappone e in Brasile) e di
Matteuccia struthiopteris, nonché i rizomi di P. aquilinum (presso alcune tribù amerindie del Nord-Ovest, i Guanci
delle Canarie e i Maori della Nuova Zelanda) e di Osmunda regalis (per preparare surrogati del pane).
Le foglie di Blechnum spicant sono usate in California come succedaneo del tè.
I rizomi di Polypodium (noto come “felce dolce” o “liquirizia falsa” o “liquirizia dei boschi”), dotati di attività
colagoga e leggermente lassativa oltreché, come già ricordato, vermifuga, possono essere impiegati come dolce
o come condimento per il loro gradevole sapore, grossomodo simile, appunto, a quello della liquirizia. Da
raccogliersi preferibilmente nel periodo primaverile o estivo, devono essere privati delle abbondanti squame
e successivamente consumati freschi od essiccati; in quest’ultimo caso diventano però meno dolci ed anzi,
masticandoli a lungo, amarognoli. Sono stati inoltre usati, previa polverizzazione, come aromatizzanti del tabacco.
Un certo numero di specie del genere Equisetum sono entrate nell’alimentazione di diverse popolazioni: ad esempio
alcune tribù indiane del Messico mangiano le parti basali di E. arvense e alcune tribù indiane del Minnesota le
parti sotterranee tuberose di E. pratense.
I fusti fertili di E. arvense vengono ancora oggi consumati anche nel nostro Paese (e possono certo esserlo
26
tranquillamente, considerata la diffusione e l’abbondanza di questa pianta) previa asportazione della spiga
terminale e delle guaine: possono essere preparati lessati, fritti o saltati al burro.
Negli animali erbivori (e particolarmente nei bovini) i fusti sterili di vari equiseti (E. hyemale in particolare,
ma anche E. sylvaticum ed E. arvense) possono invece determinare, per il loro elevato contenuto in silice, lesioni
intestinali e potenziali infezioni secondarie; in altri casi (E. palustre, E. arvense) possono essere causa, data la
presenza di alcaloidi velenosi denominati equisetina e palustrina, di intossicazioni che rallentano lo sviluppo dei
vitelli e riducono la produzione del latte delle vaccine. Presso gli allevamenti di bestiame la crescita degli equiseti
viene pertanto ostacolata con una buona rullatura primaverile e una successiva abbondante concimazione,
favorente lo sviluppo delle altre erbe; può riuscire utile anche far precedere il pascolo delle oche (che li ricercano
e li consumano senza inconvenienti) a quello dei bovini.
In campo domestico ed industriale la stessa presenza di alte percentuali di silice ha permesso di utilizzare molti
equiseti per pulire gli articoli da bagno e i pavimenti in legno e per lucidare oggetti in metallo, legno, avorio e
alabastro.
Una rilevante tossicità per gli erbivori è anche propria di Pteridium aquilinum: essa si manifesta con sintomi
da carenza di tiamina (soprattutto nei suini e negli equini) o da diminuzione dell’attività linfocitopoietica e
piastrinopoietica del midollo osseo (nei bovini).
Alcune evidenze suggeriscono inoltre che P. aquilinum potrebbe essere una causa di alcuni tipi di leucemie e
di tumori dello stomaco e dell’esofago anche nell’uomo: i vari usi pratici anche nostrani di P. aquilinum (per
involgervi frutta, funghi, ricotta e formaggi, come lettiera per gli animali, come fertilizzante e come combustibile)
dovrebbero pertanto essere limitati e mantenuti solo con le necessarie cautele e quando effettivamente necessari.
La tossina cancerogena (ptaquiloside) è molto solubile in acqua e dove la pianta forma grandi popolamenti è in
grado di contaminare la falda acquifera oltre che il latte delle vacche al pascolo; si tratta di un problema serio in
Gran Bretagna, Svezia e Danimarca.
E’ per contro singolare osservare come dall’esotico Polypodium leucotomas siano invece estraibili particolari
sostanze con presunte attività antitumorali.
Altri usi che attualmente possono apparire curiosi sono quelli che sono stati fatti dei rizomi di Pteridium aquilinum e di
Osmunda regalis, rispettivamente per lavare la biancheria e per inamidarla (nel primo caso previa riduzione in farina e
grazie alla ricchezza in potassa, nei secondo caso, in qualche regione della Germania, mediante utilizzazione dell’acqua
di bollitura); da O. regalis i giapponesi ricavano altresì una fibra utilizzata soprattutto nella preparazione di impermeabili.
Le Pteridofite destano grande interesse anche come piante ornamentali.
In tal senso possono suddividersi in due gruppi, l’uno costituito da piante rustiche provenienti dai Paesi freddi,
indicate soprattutto per i luoghi freschi e ombrosi dei giardini; l’altro comprendente le piante dei Paesi tropicali,
da coltivarsi in serra temperata o calda, molto umida e poco luminosa. Nel primo gruppo rientrano o sono
rientrate anche specie nostrane dei generi Osmunda, Adiantum, Polypodium, Pteridium, Asplenium, Athyrium,
Cystopteris, Gymnocarpium, Matteuccia, Dryopteris, Polystichum, Blechnum.
Il fogliame reciso di A. capillus-veneris, di Polypodium, di P. aquilinum e di Dryopteris è stato altresì impiegato per
composizioni floreali e per l’imbottitura di corone.
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I rizomi di Polypodium venivano legati attorno ad armature per costituire le cosiddette “scimmiette portafortuna”,
che erano vendute a Bologna per le feste di fine anno; successivamente i rizomi vegetavano e le scimmiette si
ricoprivano di foglie.
Marsilea quadrifolia, Salvinia natans ed Azolla filiculoides vengono coltivate per la decorazione di acquari e di
specchi d’acqua all’aperto; la crescita di A. filiculoides viene in taluni posti favorita sino alla copertura di tutta
la superficie dell’acqua degli stagni, in quanto risulterebbe così di ostacolo per la respirazione delle larve delle
zanzare limitando la proliferazione di questi fastidiosi insetti.
Le radici di Osmunda regalis e di Polypodium sp. costituiscono infine ottime “terre di felce” per particolari
coltivazioni quali quelle di orchidee epifite tropicali e di Anthurium.
3. Le schede
Le schede che seguono trattano ognuna un’entità di livello specifico o sottospecifico.
da Nord, da 08 a 222 e le colonne, partendo da Ovest, da 21 a 42; quindi l’area di base più a NW è individuata con
“0821”, quella più a SE con 2242” a queste segue una ulteriore cifra, da 1 a 4, che indica il quadrante, contato a
partire da NW (quadrante 1) fino a SE (quadrante 4).
Il territorio regionale è diviso in 710 quadranti, interi o parziali (talvolta per porzioni territoriali limitatissime).
Ciascun quadrante corrisponde a un elemento in scala 1:10000 della Carta Tecnica Regionale della Regione
Emilia-Romagna ed è la base per il rilevamento del territorio. In altri termini, il territorio viene esplorato
tenendo come base i quadranti; per ciascuno di questi viene via via registrato l’elenco delle specie rilevate.
In questo modo è possibile, per ogni specie, redigere una “carta della distribuzione”, consistente nell’insieme dei
quadranti in cui la specie è stata rilevata; la presenza viene indicata con un segno grafico convenzionale, che può
rappresentare diverse modalità di presenza.
Poiché questo progetto ha per obiettivo quello di confrontare le conoscenze registrate nell’Atlante pubblicato nel
2001 (Bonafede & al., cit.), verificando la presenza delle specie e mettendo in evidenza le conferme, le mancate
conferme e i casi di scomparsa, nei diversi quadranti compaiono segni convenzionali che rappresentano queste
quattro condizioni:
L’intestazione è costituita dal nome dell’entità, dalla famiglia di appartenenza secondo il quadro sistematico
di riferimento, dal nome italiano. Nel volume in formato digitale, il nome è messo in collegamento con il
corrispondente nel repertorio Euro+Med Plantbase (http://ww2.bgbm.org/EuroPlusMed/).
presenza antica, nota solo come campione d’erbario o dato bibliografico, non confermata
dagli autori o da altri
In alcuni casi vengono fornite altre denominazioni (sinonimi) meno aggiornate ma che possono risultare più
familiari, ad esempio perché sono quelle utilizzati nella Flora d’Italia di Pignatti (1982).
E’ opportuno premettere alcune note sulle modalità di realizzazione delle carte di distribuzione, realizzate
secondo il metodo messo a punto dal progetto Cartografia floristica dell’Europa centrale (Ehrendorfer & Hamann,
1965).
Le carte di distribuzione sono state redatte secondo metodologie ampiamente utilizzate in Europa e anche in
sede regionale negli Atlanti di distribuzione delle piante protette (Alessandrini & Bonafede, 1996) e delle Felci e
piante affini (Bonafede & al., 2001).
In base a questo metodo, il territorio viene diviso in moduli geografici basati sul taglio delle cartografie nazionali
uniformate al sistema di riferimento ED50, coordinate planimetriche UTM fuso 32. Base di questo taglio è
la carta in scala 1:50000 i cui fogli, a partire da Greenwich (base della longitudine) e dall’Equatore (origine
della latitudine), coprono una ampiezza geografica di 20’ di latitudine ✕ 12’ di longitudine. I sottomultipli si
ottengono per successivi dimezzamenti dei lati; si hanno così i tagli al 25000, ciascuno corrispondente a 10’ lat
✕ 6’ long e al 10000, di 5’ lat ✕ 3’ long.
In termini di cartografia floristica, ciascun modulo al 25000 corrisponde a una “area di base” e quello al 10000
costituisce il “quadrante”.
Il territorio risulta diviso in una matrice, in cui ciascuna riga e colonna vengono individuate da un numero,
crescente da est verso ovest e da nord verso sud. Ogni modulo (area di base) viene quindi indicato dalla coppia di
cifre corrispondenti al numero della riga e della colonna; nel caso dell’Emilia-Romagna le righe vanno, partendo
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presenza rilevata dagli autori (principalmente in Bonafede & al., 2001) o da altre fonti
originali e recenti
presenza nota da fonti d’erbario o bibliografiche e confermata dagli autori
scomparsa: non più rinvenuta nelle località note in precedenza
Grazie a questa modalità di rappresentazione è possibile percepire a colpo d’occhio:
• la tipologia di presenza della specie (es. solo in alta montagna, in pianura, solo nella parte orientale o in
quella occidentale)
• la frequenza o la rarità (da specie molto diffuse fino a quelle presenti in un solo quadrante)
• la frammentazione della presenza
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In realtà i numeri completi sarebbero rispettivamente “108” e “122”, ma per brevità la prima cifra viene omessa.
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I dati sono stati archiviati in un database dal quale posso essere estratti per specie qualora si desideri rappresentare
la distribuzione di una determinata specie. I dati possono essere aggregati anche per gruppi omogenei, ad esempio
specie che condividono la stessa corologia.
La rappresentazione della distribuzione è stata realizzata da Maria Luisa Garberi del Servizio Statistica e
Informazione geografica della Regione Emilia-Romagna, utilizzando il software “ArcGis”.
Possono poi essere rappresentate classi di numerosità, in modo da rendere evidenti ad es. i quadranti più ricchi
sia per numero di specie che per gruppi omogenei di specie, ad es. quelle ad areale mediterraneo. Per meglio
percepire la collocazione della presenza in Emilia-Romagna rispetto all’Italia, in ogni scheda viene fornita
anche la carta della distribuzione nell’area italiana. La provenienza dei dati è quella dei repertori nazionali,
così come sintetizzati in Marchetti (2004) e nel forum Actaplantarum.org. Aggiornamenti derivano da
Anzalone & al. (2010) per il Lazio, Bovio (2014) per la Val d’Aosta e da Bernardo & al. (2011) per la Calabria.
I dati per la Corsica sono stati desunti da Jeanmonod & Gamisans (2007) e da Tyson & de Foucault (2014),
mentre la presenza di Azolla filiculoides in Corsica risulta nel sito del Conservatoire Botanique de Corse in
http://cbnc.oec.fr/.
Nelle carte di distribuzione italiana per regioni
la legenda dei colori è la seguente:
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schede delle felci PresenTi in emilia-romagna
Adiantum capillus-veneris
Allosorus persicus
Anogramma leptophylla
Asplenium adiantum-nigrum
Asplenium adulterinum
Asplenium ceterach
Asplenium cuneifolium
Asplenium fontanum
Asplenium onopteris
Asplenium ruta-muraria
Asplenium sagittatum
Asplenium scolopendrium
Asplenium septentrionale
Asplenium trichomanes
Asplenium viride
Athyrium distentifolium
Athyrium filix-femina
Azolla filiculoides
Blechnum spicant
Botrychium lunaria
Botrychium matricariifolium
Botrychium multifidum
Cryptogramma crispa
Cyrtomium falcatum
Cystopteris alpina
Cystopteris dickieana
Cystopteris fragilis
Cystopteris montana
Diphasiastrum alpinum
Diphasiastrum tristachyum
Dryopteris borreri
Dryopteris cambrensis
Dryopteris carthusiana
Dryopteris dilatata
Dryopteris expansa
Dryopteris filix-mas
Dryopteris oreades
Equisetum arvense
Equisetum fluviatile
Equisetum hyemale
Equisetum palustre
Equisetum ramosissimum
Equisetum sylvaticum
Equisetum telmateia
Gymnocarpium dryopteris
Gymnocarpium robertianum
Huperzia selago
Lycopodium annotinum
Lycopodium clavatum
Marsilea quadrifolia
Matteuccia struthiopteris
Ophioglossum vulgatum
Osmunda regalis
Paragymnopteris marantae
Phegopteris connectilis
Polypodium cambricum
Polypodium interjectum
Polypodium vulgare
Polystichum aculeatum
Polystichum lonchitis
Polystichum setiferum
Pteridium aquilinum
Salvinia natans
Selaginella selaginoides
Thelypteris limbosperma
Thelypteris palustris
Woodsia alpina
Adiantum capillus-veneris L. (Pteridaceae) – Capelvenere
Corologia: Pantropicale
Distribuzione in regione: frequente in Romagna diventa più rara e sporadica a ovest della valle del Reno
Habitat: l’habitat primario è costituito da rocce stillicidiose preferibilmente calcaree; specie caratteristica degli
Adiantetea, formazioni vegetali annoverate tra gli habitat di interesse comunitario (cod. 8231); la Formazione marnosoarenacea in Romagna e il Contrafforte Pliocenico nel Bolognese sembrano offrire le morfologie più favorevoli alla
specie; si può trovare all’imboccatura di caverne e inghiottitoi se umidi per la maggior parte dell’anno; colonizza
anche fontane e pozzi che costituiscono habitat secondario di grande importanza. La pianta è presente dal livello del
mare sino a 750 m.
Conservazione: nella pianura regionale, la specie è fortemente minacciata dalla chiusura dei pozzi che rappresentano
l’unico habitat di crescita a Nord della Via Emilia. Le stazioni scomparse sono elencate alla fine del capitolo.
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Allosorus persicus (Bory) Cristenh. (Pteridaceae) – Felcetta persiana
(= Cheilanthes persica (Bory) Kuhn)
Corologia: Mediterraneo-Turaniana.
Distribuzione in regione: Vena del Gesso romagnola, tra M. Mauro e M. della Volpe. Si tratta delle sole località
accertate per l’Italia. Recentemente è stata realizzata una carta di dettaglio della distribuzione della pianta.
Habitat: rupi e, più raramente, muri in gesso, preferibilmente nelle esposizioni settentrionali. Nelle esposizioni calde
si trova in corrispondenza di trasudazioni d’acqua; tra 158 e 481 m.
Conservazione: è specie di grande importanza conservazionistica e biogeografica in quanto la popolazione romagnola
è l’unica in Italia.
L’espansione del bosco potrebbe essere un potenziale fattore di minaccia in alcuni casi. Di qui l’importanza di un
attento monitoraggio e la necessità di valutare la creazione e il mantenimento di piccole discontinuità nella copertura
forestale in corrispondenza degli affioramenti gessosi in cui si trova la pianta. I risultati del monitoraggio sono
riassunti alla fine del capitolo.
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Anogramma leptophylla (L.) Link (Pteridaceae) – Felcetta annuale
Corologia: Cosmopolita-Subtropicale
Distribuzione in regione: attualmente nota soltanto per una località in Provincia di Bologna nel quadrante 1733-2.
Habitat: nell’unica stazione nota la pianta cresce su Arenarie di Loiano, formazione geologica che dà origine a suoli acidi
o molto acidi; si trova a 390 m, su una costa rocciosa-erbosa piuttosto umida e ombreggiata dove sono presenti numerose
altre Pteridoite (frequente Asplenium trichomanes s.l.) e piante di suoli acidi e caldi come per esempio Erica arborea L.
Conservazione: la stazione si trova in Val di Setta (Monzuno, BO) in un’area privata, vicino a un’abitazione il
cui proprietario è molto sensibile alla conservazione della natura e, al momento, la pianta non corre pericoli di
danneggiamenti né diretti, né dell’habitat di crescita.
Nota: la specie, nuova per l’Emilia-Romagna, è stata segnalata da A. Fanti e cresce sul terreno di sua proprietà da 6 anni;
compare in primavera (Aprile-Maggio) con pochi esemplari (3-4) di ridotte dimensioni (pochi centimetri), spesso fertili.
La zona è soggetta a battute al cinghiale e i cacciatori provengono spesso dalla vicina Toscana dove la pianta è relativamente
frequente; è possibile che A. leptophylla sia pervenuta di recente proprio dalla Toscana con queste modalità favorita
dall’aumento delle temperature medie anche nel periodo primaverile, cruciale per lo sviluppo di questa specie termoila.
Il rinvenimento, per quanto di notevole interesse per la lora regionale, non sorprende in quanto la presenza di questa
piccola felce era già nota in Italia anche più a Nord.
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Asplenium adiantum-nigrum L. (Aspleniaceae) - Adianto nero
Corologia: Subcosmopolita
Distribuzione in regione: frequente nella fascia collinare e montana di tutta la parte emiliana; più raro in Romagna;
sporadico in pianura in pozzi e muri umidi.
Habitat: rocce, boschi (su ceppaie e anche sul terreno), muri, dal livello del mare sino a 1600 m.
Conservazione: la specie, in pianura, è minacciata dalla chiusura dei pozzi, come altre pteridofite dell’ordine
Polypodiales. L’elenco delle stazioni scomparse si trova alla fine del capitolo.
Note: in Italia è accertata solo la sottospecie nominale. Sulla forma speciale delle serpentine di A. adiantum-nigrum
si rimanda a quanto esposto in Marchetti (2004).
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Asplenium adulterinum Milde subsp. adulterinum (Aspleniaceae) –
Tricomane ibrido
Corologia: Artico-Alpina (Euro-Americana)
Distribuzione in regione: rarissima, accertata di recente in due soli quadranti, nelle province di Parma
e di Piacenza al confine con la provincia di Parma.
Habitat: detriti consolidati e fessure di rupi ultrabasiche, da 1300 m a 1700 m.
Conservazione: la specie, anche se rarissima, non sembra al momento minacciata se non, potenzialmente,
dalla raccolta di campioni per collezionismo botanico.
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Asplenium ceterach L. (Aspleniaceae) – Cedracca comune
(= Ceterach officinarum Willd.)
Corologia: Euro-Asiatica Temperata
Distribuzione in regione: relativamente frequente nella fascia collinare di tutte le province e molto rara solo in
pianura. Nel Ferrarese è stata rinvenuta solo di recente.
Habitat: rocce e muri su ogni tipo di substrato, compresi quelli ultrabasici. Nella fascia collinare preferisce le
esposizioni fresche; oltre i 1000 m si trova solo nei quadranti meridionali. Si concentra nella fascia tra il livello del
mare e 900 m. Pochissime stazioni sono situate a quote superiori, fino a 1300 m.
Conservazione: al momento la specie è minacciata solo in pianura dalla distruzione diretta delle stazioni (pulizia
dei muri, chiusura dei pozzi ecc.). Le località di cui è stata accertata la scomparsa si trovano alla fine del capitolo.
Nota: in Italia e in Regione sono presenti due sottospecie: subsp. ceterach, tetraploide, cui si riferisce la cartina di distribuzione
e che rappresenta certamente il taxon più diffuso, e subsp. bivalens (D.E. Mey.) Greuter & Burdet, diploide, che sembra assai
più rara. La distinzione fra le sottospecie si basa sulla taglia delle spore, che nel tetraploide sono di circa il 20% più grandi.
Sulla presenza della subsp. bivalens, vedi in “Note di sistematica”.
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Asplenium cuneifolium Viv. (Aspleniaceae) – Asplenio del serpentino
Corologia: Orofila Centro- e Sudeuropea
Distribuzione in regione: relativamente frequente nel settore occidentale della regione (Piacentino, Parmense).
Una sola stazione isolata nel Modenese accertata alla fine degli anni ’90 (Sasso del Corvo, nel quadrante 1729-3).
Completamente assente nelle province orientali.
Habitat: fessure rupestri, detriti, muretti a secco, su rocce ultrabasiche.
Conservazione: in generale non minacciata, se non localmente dall’attività estrattiva.
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Asplenium fontanum (L.) Bernh. (Aspleniaceae) – Felce delle fonti
Corologia: Eurimediterraneo-Montana
Distribuzione in regione: rarissima; accertata di recente solo in Val Boreca (PC).
Habitat: rocce, preferibilmente calcaree, più o meno umide, talora stillicidiose, da 500 a 800 m.
Conservazione: potrebbe essere minacciata dalla scomparsa di sorgenti e stillicidi per l’inaridimento del clima.
La stazione di M. Groppo (RE), nel quadrante 1627-2, non esiste più almeno dal 1996.
Note: è una delle pteridofite più interessanti e rare del territorio regionale e perciò meritevole di tutela specifica.
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Asplenium onopteris L. (Aspleniaceae) – Asplenio maggiore
Corologia: Stenomediterraneo-Macaronesica
Distribuzione in regione: abbastanza rara e più frequente a est della valle del Reno (BO). Negli ultimi 10 anni sono
state scoperte numerose nuove stazioni nel Parmense (v. anche Adorni, 2009), dove non era nota.
Habitat: boschi termofili, muri, rocce, dal livello del mare fino a 900 m.
Conservazione: la specie è probabilmente minacciata dall’inaridimento del clima. I risultati dei monitoraggi sono
analizzati alla fine del capitolo.
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Asplenium ruta-muraria L. (Aspleniaceae) – Ruta di muro
Corologia: Circumboreale-Temperata
Distribuzione in regione: relativamente frequente nella fascia collinare e montana del settore emiliano e rara in
Romagna, dove risulta presente quasi esclusivamente in prossimità del crinale appenninico. Molto rara in pianura.
Habitat: rocce, preferibilmente calcaree, muri, pozzi. In pianura si rinviene esclusivamente in pozzi e su muri umidi
di cimiteri. La pianta è presente dal livello del mare fino a 2000 m.
Conservazione: sembra soffrire l’inaridimento del clima, soprattutto nelle stazioni di pianura e di bassa collina.
I risultati dei monitoraggi sono alla fine del capitolo.
Nota: in Emilia-Romagna è stata accertata solo la sottospecie nominale, ma non si può escludere la presenza della
subsp. dolomiticum Lovis & Reichst.
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Asplenium sagittatum (DC.) Bange (Aspleniaceae) – Scolopendrio meridionale
(= Phyllitis sagittata (DC.) Guinea & Heywood)
Corologia: Stenomediterranea
Distribuzione in regione: la pianta cresceva nella “Grotta di Re Tiberio” (Borgo Rivola, RA).
I dati della località sono i seguenti: 44° 14.355’ Lat. Nord; 11° 39.956 Long. Est; quota 158 m.
Habitat: imboccatura di grotta, su rupi gessose e umide.
Conservazione: la specie è estinta in Emilia-Romagna. Le cause della scomparsa nell’unica stazione di crescita (Grotta
di Re Tiberio, Casola Valsenio, RA, quadrante 1736-1) sono: raccolta sconsiderata di campioni per collezionismo
botanico e profonda alterazione del luogo di crescita a causa dell’attività estrattiva. Con la collaborazione del Parco
Regionale della Vena del Gesso romagnola, delle Università di Pavia e della Tuscia e del WWF è stato reintrodotto
in alcune località non lontane dalla Grotta di Re Tiberio.
Note: in Regione le documentazioni più recenti sono quelle di Pietro Zangheri (1959) per la grotta sopra citata,
situata nel versante occidentale di M. della Volpe, profondamente alterato dall’attività estrattiva. L’antica presenza
della pianta è certa, come attestano numerosi campioni d’erbario. L’immagine riproduce il campione conservato
nell’Erbario dell’Orto botanico dell’Università di Bologna, raccolto da Tassinari alla “Tana di Re Tiberio” nel 1842
e pubblicato in Bertoloni (1858).
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Asplenium scolopendrium L. (Aspleniaceae) – Lingua cervina
(= Phyllitis scolopendrium (L.) Newman)
Corologia: Circumboreale temperata
Distribuzione in regione: anche se localizzata, è abbastanza diffusa in tutta la parte orientale della regione, mentre
nel Piacentino e Parmense è piuttosto rara. Le popolazioni più abbondanti e vitali si trovano nella parte romagnola
del Parco nazionale delle Foreste casentinesi (FC). Attualmente risulta presente in 100 quadranti (81 nel 2000).
Le stazioni sono distribuite in pianura, in collina e nella bassa montagna.
Habitat: terreno con abbondante humus, in boschi umidi ed ombrosi (castagneti, faggete, boschi misti), soprattutto
sul fondo di forre e più raramente su rocce e muretti a secco. In pianura è presente in pozzi e chiuse idrauliche; tra
il livello del mare e 1300 m.
Conservazione: sull’Appennino la specie non sembra minacciata se non potenzialmente dai cambiamenti climatici.
In pianura, la specie è minacciata dal tombamento dei pozzi o dalla chiusura dell’imboccatura e dalla distruzione o
pulizia di muri umidi. Nelle stazioni di bassa quota, la minaccia è costituita dall’inaridimento del clima. Le stazioni
scomparse sono analiticamente indicate alla fine del capitolo.
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Asplenium septentrionale (L.) Hoffm. (Aspleniaceae) – Felcetta sassatile
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: relativamente frequente nella fascia montana e soprattutto suprasilvatica del crinale
appenninico, dal Corno alle Scale (BO) al M. Nero (PR-PC). Manca completamente a est della Valle del Reno. Nella
fascia collinare è limitato quasi esclusivamente agli affioramenti ofiolitici.
Habitat: rocce arenacee e ofiolitiche, in condizioni luminose, ma in contesto freddo; da 300 a 2000 m.
Conservazione: la specie non sembra minacciata se non potenzialmente dai cambiamenti climatici.
Nota: in Italia è presente solo la sottospecie nominale.
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Asplenium trichomanes L. (Aspleniaceae) – Tricomane, Falso capelvenere
Corologia: Cosmopolita
Distribuzione in Emilia-Romagna: diffusissima dalla base delle colline fino alle quote più elevate. Più rara in
pianura.
Habitat: rocce, detriti consolidati, pendii terrosi compatti, base di ceppaie, muri a secco e cementati.
Fattori di minaccia: grazie al monitoraggio piuttosto ampio, soprattutto per la Provincia di Bologna, è risultato che
20 stazioni urbane o comunque di pianura in 11 quadranti sono scomparse o per alterazione della stazione di crescita
(chiusura dei pozzi, pulizia dei muri, riparazione di grondaie) oppure, più di frequente, per motivi non evidenti e
presumibilmente legati all’inaridimento del clima. L’elenco delle stazioni scomparse è alla fine del capitolo.
Nota: sono state descritte diverse sottospecie distribuite su tre livelli di ploidia (diploide, tetraploide ed esaploide).
Lo stato delle conoscenze è riassunto nel paragrafo “Note di sistematica”.
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Asplenium viride Huds. (Aspleniaceae) – Tricomane verde
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: nel complesso rara e localizzata soprattutto in prossimità del settore più freddo del
crinale appenninico. Recentemente rinvenute 4 nuove e interessanti stazioni nell’alto Forlivese.
Habitat: fessure rocciose con esposizione prevalentemente nord e nord-est; tra 1400 e 2000 m, con maggiore
frequenza oltre i 1650 m. Molto raramente nella fascia della faggeta.
Conservazione: al momento la specie non sembra minacciata; non sono note stazioni scomparse.
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Athyrium distentifolium Tausch ex Opiz (Aspleniaceae) – Felce alpestre
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: la presenza è limitata al settore del crinale appenninico che va dal Bolognese al Lago
Santo Parmense; 3 stazioni disgiunte si trovano nel Piacentino: sopra Ferriere nel quadrante 1322-2, sul M. Megna
(1323-3) e presso Lagazzo di Cassimoreno (1323-4).
Habitat: campi di pietre a clasti medio-grossi stabilizzati (circhi glaciali), interessati da innevamento prolungato.
Più raramente in faggeta. La grande maggioranza delle stazioni si trova tra 1500 e 2000 m. Rarissimamente scende
al di sotto della fascia della faggeta.
Conservazione: al Corno alle Scale è stata notata una riduzione nel numero di individui delle popolazioni e una
sofferenza notevole delle piante nel periodo estivo. I cambiamenti climatici in atto potrebbero essere un fattore di
minaccia nel prossimo futuro. Al momento non è stata rilevata alcuna scomparsa di stazioni di crescita.
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Athyrium filix-femina (L.) Roth (Aspleniaceae) – Felce femmina
Corologia: Subcosmopolita
Distribuzione in regione: molto frequente nella fascia montana e oltre il limite degli alberi. Più sporadica nella
fascia collinare dove si localizza in corrispondenza di boschi molto freschi, soprattutto nelle forre e lungo i ruscelli.
Habitat: cresce sul terreno (soprattutto faggete e loro margini), in ogni tipo di substrato, nei campi di pietre
(macereti) a clasti medio-grandi stabilizzati, soprattutto oltre il limite degli alberi. Si trova su rocce e muri umidi
nelle pochissime stazioni di pianura, purtroppo in via di scomparsa. Dal livello del mare fino a 1900 m.
Conservazione: le due stazioni individuate a Modena (F. Bonafede, aprile 1996) nel quadrante 1331-2 (Muro umido
ai giardini pubblici e lungo la ferrovia, 500 m a SE della stazione di Modena) sono state fortemente alterate o
distrutte e la specie è scomparsa. Al momento non sono note presenze a nord della Via Emilia.
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Azolla filiculoides Lam. (Salviniaceae) – Azolla maggiore
Corologia: Neotropicale.
Distribuzione in regione: originaria dell’America tropicale e temperata, è stata introdotta in Europa nel XIX
secolo. È presente solo nella fascia di pianura in tutte le province, tranne che nel Parmense e nel Forlivese.
Habitat: idrofita eliofila, si trova in fossi e canali con acque a lento corso o ferme, con contenuto di nutrienti molto
variabile.
Conservazione: la specie ha ridotto la sua diffusione in regione. Molte stazioni infatti non sono state confermate
negli ultimi 10 anni; non è tuttavia possibile indicarle con precisione in quanto la presenza della pianta può essere
discontinua, scomparendo per anni da un sito per poi ricomparire con popolazioni irregolari e instabili. Di certo è
in fase critica come tutte le pleustofite. La causa di questo generale e macroscopico declino sembra sia soprattutto
la presenza di animali alloctoni come la nutria e il gambero rosso della Louisiana, che se ne cibano in grande
quantità e che con le loro attività e movimenti modificano le condizioni degli ambienti acquatici. Anche il generale
peggioramento della qualità delle acque di pianura è causa di questo grave impoverimento.
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Blechnum spicant (L.) Roth (Aspleniaceae) – Lonchite minore
Corologia: Euroamericana - Anfiatlantica
Distribuzione in regione: in Regione è presente nella fascia montana e suprasilvatica di tutte le province, con
esclusione di Piacenza, Ravenna e Rimini, mentre è rarissima nella fascia collinare. Molto interessante la presenza ai
Boschi di Carrega nella pianura alta parmense, 1227-3, dove è stata scoperta (Adorni, 2008) solo di recente.
Habitat: nemorale; tipicamente in boschi di faggio, spesso in conche riparate dal vento e con elevata umidità
atmosferica; di rado in vaccinieti e presso ruscelli in alta quota; tra 1100 e 1800 m. In pochissime stazioni, nel
Parmense e nel Modenese, nella fascia collinare.
Conservazione: potrebbe essere minacciata dai cambiamenti climatici e in particolare dalla diminuzione delle piogge
e dall’irregolarità delle stesse. Al Passo dei Fangacci, nell’Appennino forlivese (quadrante 2136-1), era presente con
certezza sino al 1994. In seguito è scomparsa (sopralluoghi di F. Bonafede nel 1997 e 1998), tuttavia in località e
quadranti vicini la pianta è ancora presente.
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Botrychium lunaria (L.) Sw. (Ophioglossaceae) – Botrichio lunaria
Corologia: Orofita Subcosmopolita
Distribuzione in regione: abbastanza raro e poco visibile, anche perché ha un periodo vegetativo piuttosto breve.
Presente nei settori più elevati e freddi del crinale appenninico. Nell’alto Appennino forlivese sono state accertate di
recente molte nuove stazioni.
Habitat: praterie d’altitudine (primarie e secondarie). Raramente in vaccinieti e radure delle faggete. Tra 1200 e
1900 m.
Conservazione: la specie potrebbe essere minacciata dai cambiamenti climatici e in particolare dalla riduzione del
periodo di innevamento. Al Corno alle Scale, il 18 giugno 2013, è stata ritrovata sotto il M. Cupolino, a quota 1700
m, molti anni dopo che vi era stata rilevata. Lo stesso si è verificato anche in altre zone dell’Appennino (Modenese,
Reggiano). Da notare che il 2013, quasi un’eccezione negli ultimi dieci anni, è stato un anno estremamente nevoso,
con accumuli di neve di oltre 3 m nel cuore dell’inverno.
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Botrychium matricariifolium (A. Braun ex Döll) W.D.J. Koch (Ophioglossaceae)
– Botrichio ramoso
Corologia: Artico-Alpino
Distribuzione in regione: rarissima. Nota in una sola località ubicata nell’Appennino Modenese (quadrante 18304). È stata trovata per la prima volta da F. Fiandri nel 1995 e confermata negli anni successivi.
Habitat: radura in ceduo di faggio.
Conservazione: si tratta di una specie di grande interesse conservazionistico, inclusa nella Convenzione di Berna.
Al momento non sono stati rilevati fattori di minaccia se non, potenzialmente, la raccolta per collezionismo botanico.
La pianta può comparire ad anni alterni: per esempio, nel 1998 non risultava visibile, mentre lo era nel 1999. Del
resto questo è un comportamento proprio di altre geofite rizomatose nemorali.
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Botrychium multifidum (S.G. Gmel.) Rupr. (Ophioglossaceae)
– Botrichio multifido
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: nota una sola stazione di crescita, nel Modenese (quadrante 1830-1), scoperta da L. Salsi
nel 2002, nello stesso quadrante cui si riferisce un’antica segnalazione bibliografica per il M. Maiore (Ferrarini et
al., 1986).
Habitat: praterie d’altitudine. La località sopra indicata si trova a 1650 m.
Conservazione: la specie, rarissima e di grande importanza conservazionistica e biogeografia, è citata nella
convenzione di Berna. Non sono noti, per ora, specifici fattori di minaccia. La popolazione del Modenese è stata
confermata recentemente.
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Cryptogramma crispa (L.) R. Br. ex Hook. (Pteridaceae) – Felcetta crespa
Corologia: Artico-Alpina (Eurasiatica)
Distribuzione in regione: presente esclusivamente nella parte più elevata e fredda del crinale appenninico, dal
Piacentino al Bolognese. Quasi tutte le stazioni citate in bibliografia, anche quelle molto datate, sono state confermate.
Habitat: è caratteristica della vegetazione dei macereti (campi di pietre) a clasti medi e grandi, stabilizzati, in genere
oltre il limite degli alberi, in zone a innevamento prolungato. Si rinviene tipicamente su arenaria tendenzialmente
acida, più di rado su rocce ofiolitiche ultrabasiche, da 1400 a 2000 m.
Conservazione: per ciò che è stato possibile osservare, i cambiamenti climatici in atto non hanno messo in crisi, al
momento, questa specie. Periodi di prolungato calore e mancanza di pioggia, anche se ovviamente indeboliscono la
pianta, non causano danni irreparabili anche grazie al particolare ambiente di crescita che permette alle piante di
rimanere in parte protetta dall’irraggiamento solare diretto; il suolo che si forma tra i massi inoltre rimane umido
a lungo.
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Cyrtomium falcatum (L. fil.) C. Presl (Polypodiaceae) – Felce falcata
Corologia: Asia orientale (Giappone, Cina, Vietnam)
Distribuzione in regione: accertata solo in tempi relativamente recenti (Bonafede et al., 1993); sono poi state
individuate altre stazioni di crescita; al momento è nota in poche località delle province di Bologna (presente anche
a poca distanza dal confine con la provincia di Modena), Ferrara e Forlì (al confine con la provincia di Ravenna).
Molto recentemente è stata scoperta una nuova stazione a Bologna lungo il canale Navile in Via della Beverara 123
(quadrante 1434-3).
Habitat: muri umidi, tombini e pozzi, rive di corsi d’acqua.
Conservazione: la specie, essendo alloctona, non ha grande interesse conservazionistico e nel complesso sembra in
lenta e locale espansione; peraltro non mostra comportamento invasivo in competizione con altri organismi. Come
altre Polypodiales, è potenzialmente minacciata dall’alterazione o distruzione delle stazioni (muri e soprattutto pozzi
che vengono ovunque chiusi o coperti, impedendo l’ingresso della luce). È stata accertata la scomparsa nel centro
di Bologna (pozzo presso la Chiesa di S. Francesco, nel quadrante 1534-1), tuttavia rimane la presenza in alcune
stazioni vicine, situate nello stesso quadrante.
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Cystopteris alpina (Lam.) Desv. (Aspleniaceae) – Felcetta regia
Corologia: Artico-Alpina (Europea)
Distribuzione in regione: rarissima, è stata un tempo accertata nella zona del Corno alle Scale (BO), al Lago
Scaffaiolo (MO) e, molto recentemente, nell’Appennino Piacentino. Nel 2013 è stata rinvenuta nel versante
settentrionale del Corno alle Scale (BO), nello stesso quadrante in cui era già nota (1830-4).
Habitat: fascia suprasilvatica, alla base di blocchi rocciosi umidi e ombrosi, soprattutto in corrispondenza di canaloni
e anfratti rocciosi esposti a nord, dove si accumula e permane a lungo la neve. Anche in macereti stabilizzati, sempre
in condizioni umide e fredde; tra i 1600 e 1750 m.
Conservazione: nel settembre del 2013 le colonie visitate nella zona del Corno alle Scale erano vitali e più o
meno nelle stesse condizioni di una decina di anni fa. Trattandosi di specie microterma e rarissima, potrebbe
essere minacciata dai cambiamenti climatici. È necessario effettuare monitoraggi nelle stazioni di presenza.
Nota: non sono stati riportati i dati bibliografici antichi in quanto questa entità è stata spesso confusa con Cystopteris
fragilis. Diversi exsiccata conservati nell’Erbario dell’Orto Botanico di Bologna, e indicati sotto questo binomio, sono
risultati riferibili alla ben più diffusa C. fragilis. Tra i dati bibliografici sono stati cartografati soltanto quelli che si
riferiscono a stazioni di cui Fiori (1943) ha visto direttamente i campioni.
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Cystopteris dickieana R. Sim (Aspleniaceae) – Felcetta di Dickie
Corologia: Subcosmopolita.
Distribuzione in regione: la presenza non è certa; esiste infatti una segnalazione per l’Alpe di San Pellegrino,
nell’Appennino Lucchese-Modenese (quadrante 1828-2, in Nardi, 1974), ma non è chiaro se essa riguardi il versante
emiliano o quello toscano. In base alle immagini delle spore, la determinazione è corretta; tuttavia è sorprendente
che, malgrado i ripetuti sopralluoghi nella località, non sia stato possibile confermarne la presenza.
Habitat: fessure di massi, pareti e muri in luoghi umidi e ombrosi. Mai stata osservata nel territorio regionale.
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Cystopteris fragilis (L.) Bernh. (Aspleniaceae) – Felcetta fragile
Corologia: Cosmopolita.
Distribuzione in regione: abbastanza diffusa in Emilia, soprattutto nella fascia montana. Molto più rara in
Romagna, dove si localizza in prossimità del crinale appenninico, soprattutto nell’alto Appennino forlivese. Per
il Ravennate era segnalata in letteratura, ma non c’è conferma della presenza attuale. In pianura è rarissima.
Habitat: boschi freschi e umidi, sul terreno, sul muschio e su ceppaie; rocce, in ogni tipo di substrato; più raramente
muri umidi, da 100 a 2000 m.
Conservazione: la stazioni di bassa quota (al disotto di 800 m) sono potenzialmente minacciate dall’inaridimento
del clima soprattutto nel periodo estivo. Le piante in queste situazioni disseccano completamente la parte aerea nel
periodo estivo, per poi tornare a vegetare parzialmente all’arrivo delle piogge. Tuttavia, negli anni, è stata osservata
anche una riduzione di queste popolazioni e uno stato di sofferenza più o meno accentuato. Le stazioni di pianura
sono minacciate anche dall’alterazione o distruzione di habitat secondari (muri, pozzi).
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Cystopteris montana (Lam. ) Desv. (Aspleniaceae) – Felce cicutaria
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: pianta nota per il “Vertice del Corno alle Scale”, in base a segnalazioni di fine ottocento
(Fiori, 1943), e per il Poggio delle Ignude (Gibelli e Pirotta, 1882). Le stazioni non erano più state confermate negli
ultimi 50 anni; tuttavia, nell’agosto del 1998, R. Todeschini ha ritrovato la pianta in un ripido canalone nella parete
settentrionale del Corno alle Scale (quadrante 1830-4). Le stazioni emiliane rivestono notevolissima importanza
conservazionistica e biogeografica, essendo tra le più meridionali in Italia.
Habitat: rocce di arenaria compatta (“macigno”) a quote elevate, in canaloni con esposizione a nord e soggetti
a innevamento particolarmente prolungato. La pianta è stata individuata a una quota prossima ai 1880 m.
Conservazione: minacciata quasi certamente dai cambiamenti climatici avvenuti in particolare negli ultimi 10 anni,
quando si sono succedute estati eccezionalmente calde e aride (2003, 2007, 2012), anche in alta quota, nonché
inverni con innevamento scarso o comunque fortemente irregolare. Nel 2012 e nel 2013 sono stati effettuati diversi
sopralluoghi per confermare il rinvenimento del 1998, anche in zone vicine con caratteristiche adatte. Purtroppo
la specie non è stata più ritrovata e va considerata localmente estinta.
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Diphasiastrum alpinum (L.) Holub (Lycopodiaceae) – Licopodio alpino
(= Diphasium alpinum (L.) Rothm.)
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: molto rara; la presenza è limitata a un ristretto settore del crinale appenninico tra
Bolognese e Reggiano. La segnalazione per il M. Cella (Alessandrini e Branchetti, 1997) non è stata confermata
negli ultimi 10 anni.
Habitat: brughiere a mirtillo, su suolo acido o acidificato, quasi sempre oltre il limite degli alberi, da 1600 a 1900 m.
Conservazione: D. alpinum è una specie che ha nell’Appennino Tosco-Emiliano il limite meridionale di distribuzione
in Italia.
Alcune stazioni di cresctia non sono state confermate. È molto probabile che il cambiamento delle condizioni
climatiche sia la causa della situazione osservata. Aggiornamenti derivanti da monitoraggi sono forniti alla fine del
capitolo.
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Diphasiastrum tristachyum (Pursh) Holub (Lycopodiaceae) – Licopodio cipressino
(= Diphasium tristachyum (Pursh) Rothm.)
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: molto raro, localizzato in pochissime stazioni nel Parmense e Modenese.
Habitat: boschi radi di castagno, betulla e pioppo tremulo, con sottobosco a mirtillo e brugo, su suolo povero e molto
acido, preferibilmente sabbioso.
Conservazione: specie molto interessante che trova probabilmente sull’Appennino Tosco-Emiliano il limite
meridionale di distribuzione in Italia, essendo molto dubbie le citazioni per l’Abruzzo. La specie, rarissima e al limite
di areale, potrebbe essere minacciata dal cambiamento delle condizioni climatiche; al momento non sono stati svolti
monitoraggi specifici su singole stazioni.
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Dryopteris borreri (Newman) Newman ex Oberh. & Tavel (Polypodiaceae)
– Felce di Borrer
Corologia: Eurimediterraneo-Subatlantica.
Distribuzione in regione: ben descritta solo in tempi relativamente recenti. Attualmente nota in 28 quadranti
(erano 19 nel 2000); si trova nelle fasce collinare e montana in tutte le province, con esclusione di Ravenna e Rimini.
Habitat: boschi, soprattutto in ambienti riparati e con elevata umidità atmosferica, su terreni preferibilmente acidi
(esempio: arenarie di Loiano, dove la pianta sembra trovare condizioni ideali).
Conservazione: nella Valle del Savena (BO, quadranti 1633-4 e 1733-2), dove erano presenti popolazioni
particolarmente consistenti, è stata rilevata una sensibile diminuzione nel numero di individui sebbene la stazione
non sia stata distrutta; la località è oggetto di attività estrattiva che costituisce una seria minaccia per l’intero habitat
e quindi per la specie, avendo causato la distruzione di boschi e vallecole umide. Al momento tuttavia non sono state
rilevate scomparse dai quadranti di presenza.
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Dryopteris cambrensis (Fraser-Jenk.) Beitel et W.R. Buck subsp. insubrica (Oberh.
et Tavel ex Fraser-Jenk.) Fraser-Jenk. (Polypodiaceae) – Felce dell’Insubria
Corologia: Europea
Distribuzione in regione: taxon ben descritto e circoscritto solo in tempi relativamente recenti. Rispetto al 2000,
sono state scoperte alcune nuove stazioni nel Parmense. Presente generalmente nella fascia montana e suprasilvatica,
in tutte le province, con esclusione di Ravenna e Rimini. Molto localizzata nella fascia collinare. In pianura era stata
accertata una sola stazione nel Modenese.
Habitat: macereti a clasti medi stabilizzati nella fascia suprasilvatica, preferibilmente in substrati acidi. Meno di
frequente in brughiere a mirtillo e boschi freschi (es. castagneti e faggete). A quote inferiori, è localizzata lungo corsi
d’acqua, in vallecole umide esposte a nord. Tra 1000 e 1900 m; meno del 20% delle segnalazioni si riferisce a località
situate al disotto dei 1000 m.
Conservazione: nelle stazioni situate al di fuori delle condizioni ottimali, la pianta potrebbe essere minacciata dai
cambiamenti climatici in atto. In pianura è scomparsa; era stata rinvenuta nel 1996 a Modena nel complesso delle
ex-fonderie, oggi demolite.
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Dryopteris carthusiana (Vill.) H.P. Fuchs (Polypodiaceae) – Felce certosina
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: accertata solo in tempi recenti, dapprima nel Modenese (1997) nei comuni di Sestola e
Fanano (quadranti 1730-4 e 1830-1), poi nel Reggiano (1999) in una zona umida presso M. Venere (quadrante 14284) e infine nel Parmense ai Boschi di Carrega (Adorni, 2009: quadrante 1227-3). Al momento risulta rarissima.
Habitat: boschi umidi e ombrosi, soprattutto alla base di ceppaie e rimboschimenti maturi di conifere.
Conservazione: non sono noti fattori di minaccia, né stazioni scomparse negli ultimi 10 anni.
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Dryopteris dilatata (Hoffm.) A. Gray (Polypodiaceae) – Felce dilatata
Corologia: Europeo-Caucasica
Distribuzione in regione: accertata nelle fasce montana e suprasilvatica di tutte le province con esclusione di
Ravenna e Rimini; localizzata e con popolamenti esigui al di sotto degli 800 m. Risulta presente in 69 quadranti (57
nel 2000).
Habitat: boschi freschi montani (faggete, castagneti e anche alneti a ontano nero e ontano bianco); raramente in
macereti oltre il limite degli alberi. Osservata anche in radure di boschi di aghifoglie, soprattutto alla base di ceppaie.
Presente da 400 a 1700 m.
Conservazione: non risultano fattori di minaccia, né sono stati svolti monitoraggi sulle stazioni note prima del 2000.
Nota: non sono state riportate citazioni bibliografiche precedenti il 2000, in quanto spesso errate o poco attendibili;
questa specie è infatti stata confusa con entità affini e in particolare con D. expansa.
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Dryopteris expansa (C. Presl) Fraser-Jenk. et Jermy (Polypodiaceae) – Felce
espansa
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: presente quasi esclusivamente nelle immediate vicinanze del crinale appenninico di tutte
le province. Attualmente risulta presente in 37 quadranti (32 nel 2000).
Habitat: boschi di faggio ad alto fusto e allo scoperto, generalmente oltre il limite degli alberi, dove colonizza
macereti a clasti medio-grossi stabilizzati. Tra i 1300 e 1900 m.
Conservazione: non risultano fattori di minaccia evidenti, ma non sono stati svolti monitoraggi specifici sulle
stazioni note prima del 2000.
Note: talvolta, su semplice base morfologica, non è facile la distinzione con D. dilatata.
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Dryopteris filix-mas (L.) Schott (Polypodiaceae) – Felce maschio
Corologia:Subcosmopolita
Distribuzione in regione: molto diffusa, con esclusione della pianura, dove risulta molto localizzata in
stazioni antropiche puntiformi. Piuttosto rara solo nel Ravennate. Accertata in 236 quadranti (218 nel 2000).
Habitat: è specie di grande ampiezza ecologica: boschi di diverse tipologie, rocce, macereti, muri, pozzi; dal livello
del mare a 2000 m. Anche coltivata in giardini.
Conservazione: pur essendo molto diffusa, risulta evidente una situazione critica nelle stazioni di pianura e, in
alcuni casi, anche di collina, dove spesso si presenta sofferente alla fine dell’estate. In seguito a monitoraggi specifici,
è possibile affermare che la specie è scomparsa almeno in 13 stazioni controllate. L’elenco della località scomparse
si trova alla fine del capitolo.
Va rimarcato che la distruzione diretta delle stazioni di pianura (muri, pozzi) è un fattore di minaccia notevolissimo;
per evitarne la scomparsa, sarebbe sufficiente mettere una grata ai pozzi invece di tombarli con coperture del tutto
chiuse. I pozzi costituiscono infatti attualmente uno dei pochi se non l’unico habitat di crescita di questa pianta nella
fascia planiziale.
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Dryopteris oreades Fomin (Polypodiaceae) – Felce maschio minore
Corologia:Eurimediterraneo-Subatlantica
Distribuzione in regione: presente a ridosso del crinale appenninico dal Corno alle Scale (BO) al Monte
Losanna (PR), quasi sempre oltre il limite degli alberi. Le ricerche degli ultimi 10 anni hanno consentito di
trovare diverse popolazioni non note; è stata rinvenuta in 11 quadranti (erano 4 nel 2000). Notevoli le nuove
stazioni scoperte nel Bolognese (Corno alle Scale, M. Gennaio), che ampliano verso sud-est l’areale della
specie in regione; M. Gennaio (quadrante 1831-3) costituisce il limite orientale di distribuzione in Regione.
Habitat: generalmente oltre il limite degli alberi o in radure all’estremità superiore della faggeta, dove colonizza conoidi
alla base di pareti rocciose a clasti medio-grossi stabilizzati; meno di frequente nelle brughiere a mirtillo; tra 1600 e 1900 m.
Conservazione: non risultano fattori di minaccia, né sono stati svolti monitoraggi specifici. Il particolare interesse
conservazionistico e biogeografico della specie giustificherebbe comunque il monitoraggio almeno di alcuni siti.
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Equisetum arvense L. (Equisetaceae) – Equiseto dei campi
Corologia: Circumboreale.
Distribuzione in regione: comunissimo; presente in tutte le province e in tutte le fasce altitudinali. Rinvenuto in
371 quadranti.
Habitat: colonizza ambienti diversissimi, sia antropogeni sia a più o meno elevata naturalità. In pianura è
diffusissimo lungo canali e fossi, ma anche nei campi coltivati soggetti a ristagno di umidità, dove si avvantaggia
nella competizione con altre piante, poiché è meno sensibile al diserbo chimico. Si trova anche in zone umide in
buono stato di conservazione come paludi, torbiere e sorgenti. Dal livello del mare a 1700 m.
Conservazione: specie non minacciata; anzi attualmente in espansione.
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Equisetum fluviatile L. (Equisetaceae) – Equiseto acquatico
Corologia: Circumboreale.
Distribuzione in regione: raro, con 16 quadranti di presenza (9 nel 2000). Si trova solo nelle province occidentali
(dal Modenese verso ovest).
Habitat: nettamente igrofilo, sopporta oltre mezzo metro di sommersione per la maggior parte dell’anno. Si rinviene
in zone umide (laghi e paludi) in discreto stato di conservazione, situate tra i 1000 e 1400 m.
Conservazione: l’alterazione delle zone umide (eutrofizzazione, tombamento, drenaggio) costituisce un serio
fattore di minaccia. Non sono stati svolti monitoraggi specifici sulle stazioni note prima del 2000, ma è stata notata
speditivamente la diminuzione di una popolazione (Modenese).
Nota: molto probabilmente errate le antiche segnalazioni bibliografiche per la bassa collina forlivese e per la pianura
reggiana e quindi non sono state cartografate. È stato accertato che nell’Erbario di Bologna sotto questo binomio
erano registrati diversi campioni appartenenti, invece, ad Equisetum telmateia ed E. ramosissimum.
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Equisetum hyemale L. (Equisetaceae) – Equiseto invernale
Corologia: Circumboreale.
Distribuzione in regione: molto raro e localizzato, generalmente in prossimità del crinale, è accertato in 9 quadranti;
manca nelle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini.
Habitat: pratelli umidi, al margine di corsi d’acqua in condizioni di mezzombra in faggeta, tra 1300 e 1400 m;
raramente a quote di poco inferiori.
Conservazione: non risultano fattori di minaccia, se non la distruzione delle stazioni di crescita. Non sono stati
svolti monitoraggi specifici.
Nota: nel corso dell’esame del materiale conservato negli erbari è stato rilevato che non di rado campioni attribuiti
a Equisetum hyemale sono invece da riferire a E. ×moorei Newman o E. ramosissimum. Dati bibliografici antecedenti il
2000 non sono stati riportati in quanto inattendibili e difficilmente cartografabili con sufficiente precisione; in ogni
caso si riferiscono quasi tutti ad aree di pianura (Ferrarese) o costiere (Ravennate), nelle quali la presenza di questa
specie, anche nel passato, era molto improbabile.
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Equisetum palustre L. (Equisetaceae) – Equiseto palustre
Corologia: Circumboreale.
Distribuzione in regione: rilevato in 82 quadranti (nel 2000 erano 63), distribuiti in gran parte delle province.
Confermata solo di recente nel Ravennate; rarissima nel Forlivese; manca nel Ferrarese. Decisamente raro in tutta la
pianura, dove numerose segnalazioni bibliografiche non sono confermate, soprattutto in Romagna (Ravenna, Forlì).
Habitat: prati umidi e risorgive, in situazioni luminose. Presente in tutte le fasce altitudinali e in ogni tipo di
substrato. A differenza di altri equiseti molto diffusi in regione (E. telmateia, E. arvense ed E. ramosissimum), Equisetum
palustre sembra legato maggiormente ad ambienti naturali con acque di buona qualità. Osservata dal livello del mare
sino a 1800 m.
Conservazione: non risultano fattori di minaccia, se non l’alterazione di zone umide. Non sono state rilevate
scomparse di stazioni rilevate direttamente in passato.
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Equisetum ramosissimum Desf. (Equisetaceae) – Equiseto ramoso
Corologia: Paleotemperata
Distribuzione in regione: diffusissimo, presente in tutte le province e in tutte le fasce altitudinali. Rilevato in 384
quadranti (nel 2000 erano 354).
Habitat: specie con grande ampiezza ecologica. Colonizza greti fluviali, zone umide, dune sabbiose (tollera anche
un debole grado di salinità), margini stradali, massicciate ferroviarie (qui è frequentissima), giardini, campi coltivati,
fossi, marciapiedi, cave di sabbia. La stragrande maggioranza delle stazioni si trova dal livello del mare sino a 9001000 m; solo eccezionalmente più in alto.
Conservazione: non minacciata, anzi, in espansione (vedi le considerazioni per Equisetum telmateia).
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Equisetum sylvaticum L. (Equisetaceae) – Equiseto dei boschi
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: rarissima; un solo quadrante di presenza noto, nel Modenese (1830-2); una segnalazione
per il Piacentino (Corti & al., 2009) è risultata errata.
Habitat: prati umidi, anche semi-sommersa, sia in pieno sole che in mezzombra, intorno ai 1400 m.
Conservazione: riveste un notevole interesse conservazionistico e biogeografico, in quanto in regione raggiunge il
limite meridionale (fortemente disgiunto) di distribuzione in Italia. Al momento non risultano fattori di minaccia;
fino al 2002 la pianta, anche se sostanzialmente stabile, era presente con popolazioni lievemente variabili di anno in
anno. Le microstazioni di crescita meriterebbero un monitoraggio attento e regolare.
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Equisetum telmateia Ehrh. (Equisetaceae) – Equiseto maggiore
Corologia:Eurimediterraneo-Macaronesica
Distribuzione in regione: è la pteridofita più comune nella nostra regione, con 487 quadranti di presenza! La pianta
si trova preferibilmente nella fascia di pianura (dove è concentrata la maggior parte delle osservazioni) e di collina;
più sporadica nella fascia montana inferiore. Presente in tutte le province, con popolazioni spesso abbondanti.
Habitat: si trova sia nei boschi (soprattutto nelle schiarite) sia allo scoperto. Colonizza zone umide, anche temporanee,
bordi di fossi e canali, margini stradali, scarpate, giardini, campi coltivati soggetti a ristagno di umidità. Presente da
livello del mare (dove è più frequente) sino a 1000 m di altitudine.
Conservazione: non minacciata, anzi, probabilmente in espansione. Possiede rizomi profondi, che corrono paralleli
al terreno, in grado di cercare l’umidità in profondità e di provvedere ad un’efficace e rapida riproduzione vegetativa,
quando le condizioni ambientali sono anche temporaneamente favorevoli. L’epidermide ricca di silice la difende
efficacemente dalla radiazione solare intensa. La riproduzione gamica, con l’emissione dei fusti fertili, avviene
all’inizio della primavera, evitando in questo modo il periodo più caldo e arido dell’estate. Adattamenti simili li
troviamo anche in Equisetum arvense e, parzialmente, anche in Equisetum ramosissimum, specie molto diffuse e spesso
in espansione.
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Gymnocarpium dryopteris (L.) Newman (Aspleniaceae) – Felce delle querce
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: quasi esclusivamente nei pressi del crinale appenninico di tutte le province. Attualmente
risulta presente in 42 quadranti (34 nel 2000). Nel Parmense sono state individuate diverse nuove stazioni.
Habitat: boschi di faggio ad alto fusto ma anche allo scoperto, dove colonizza macereti a clasti medio-grossi,
stabilizzati, oltre il limite degli alberi; esige substrati acidi (arenaria). Le stazioni note si collocano tra 1300 e 1900
m.
Conservazione: al momento non è nota la scomparsa di stazioni. La specie ha fronde delicate, sottili, senza
rivestimenti cerosi e coriacei, che la rendono particolarmente sensibile all’irraggiamento solare soprattutto se unito
ad aridità del suolo e dell’aria, condizioni che sembrano verificarsi con frequenza crescente anche in alta quota.
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Gymnocarpium robertianum (Hoffm.) Newman (Aspleniaceae) – Felce del calcare
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: decisamente rara e localizzata, presente in soli 13 quadranti; i dati di presenza sono
aumentati negli ultimi 10 anni (nel 2000 risultava in soli 7 quadranti). Presente in quasi tutte le province, con
distribuzione assai frammentata.
Habitat: rocce preferibilmente calcaree e, molto più raramente, muri cementati, sia in ambiente forestale sia allo
scoperto, in macereti a clasti medi stabilizzati, a quote comprese tra 500 e 1700 m. Eccezionalmente è stata osservata
quasi a livello del mare.
Conservazione: non minacciata nelle stazioni collinari e montane, lo è invece per possibile distruzione diretta delle
stazioni insediate su manufatti (ristrutturazione, pulizia o abbattimento di muri). In particolare risulta non più
presente in pianura; l’elenco delle località scomparse si trova alla fine del capitolo.
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Huperzia selago (L.) Bernh. ex Schrank et Mart. (Lycopodiaceae)
– Licopodio abietino
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: presente quasi esclusivamente nelle immediate vicinanze del crinale appenninico di tutte
le province; manca nel Ravennate e Riminese. È presente in 32 quadranti (27 nel 2000). Molto interessanti le nuove
stazioni scoperte recentemente in Romagna (Appennino forlivese).
Habitat: generalmente oltre il limite degli alberi, su rocce ombrose, spesso umide e a prolungato innevamento,
soprattutto su cenge rocciose e canaloni. Più raramente al margine dei vaccinieti (scarpate lungo i sentieri) e in
boschi di faggio (alla base dei fusti, tra il muschio). Tra 1200 e 2100 m.
Conservazione: le Lycopodiaceae sono complessivamente in contrazione in tutta Europa, anche se il grado di minaccia
è diverso a seconda della specie e dell’area geografica. La situazione di H. selago non è al momento preoccupante in
regione dove la pianta non è rarissima, anche se con popolazioni spesso di scarsa o scarsissima entità. La stazione
disgiunta rinvenuta nel quadrante 1833-2 (Alpe di Monghidoro, BO, 1250 m) probabilmente non esiste più; era
costituita da un paio di individui che crescevano alla base di un grosso faggio, ma nonostante ripetuti sopralluoghi
non è stato possibile confermare la presenza.
Nota: in Italia è presente solo la sottospecie nominale.
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Lycopodium annotinum L. (Lycopodiaceae) – Licopodio gineprino
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: rarissimo, con soli 7 quadranti di presenza in regione; la presenza è limitata soprattutto a
un ristretto settore del crinale appenninico, dal Bolognese al Parmense, dove è stato confermato di recente; rinvenuto
negli ultimi anni anche nell’alto Appennino forlivese.
Habitat: vaccinieti, a volte sul bordo di grossi massi; raramente in radure di faggeta, preferibilmente su suolo acido
o acidificato, tra 1400 e 1800 m.
Conservazione: la specie è probabilmente minacciata dai cambiamenti climatici. Negli ultimi 10-12 anni, sono state
registrate solo pochissime segnalazioni. La situazione al Corno alle Scale, dove sono state svolte ricerche specifiche
nei vaccinieti, non è cambiata rispetto a quella rilevata 20 anni fa.
Nota: in Italia è presente solo la sottospecie nominale.
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Lycopodium clavatum L. (Lycopodiaceae) – Licopodio clavato
Corologia: Subcosmopolita.
Distribuzione in regione: presente in 15 quadranti localizzati in prossimità del crinale appenninico, dal Parmense
al Bolognese. Rarissima, in una stazione puntiforme, nell’alto Appennino forlivese.
Habitat: vaccinieti e nardeti oltre il limite degli alberi, preferibilmente su substrati acidi. Raramente in schiarite dei
boschi di faggio. Le stazioni di crescita sono situate, nel 90% dei casi, tra 1500 e 1800 m.
Conservazione: ben 12 stazioni, registrate in letteratura e riferentisi per lo più alla fine dell’‘800 o all’inizio del
‘900, non sono confermate. Con esclusione del Parmense e di una sola località nel Bolognese (Corno alle Scale), non
sono stati rilevati dati di campagna posteriori al 2002. Nella zona del Corno alle Scale (BO), (novembre 2013) è stato
confermato, ma in colonia ridotta, mentre era stato osservato come abbondante all’inizio degli anni ‘90 (quadrante
1831-3). La specie, soprattutto in alta quota, è minacciata probabilmente a causa del cambiamento delle condizioni
climatiche.
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Marsilea quadrifolia L. (Marsileaceae) – Quadrifoglio d’acqua
Corologia: Eurasiatica
Distribuzione in regione: negli ultimi 15-20 anni è stata osservata in pianura nelle province di Ferrara, Modena,
Reggio Emilia e Parma, in un totale di 16 quadranti. Mai confermata per il Piacentino.
Habitat: idrofita radicante, legata ad acque a lento corso (fossi, canali). Un tempo comunissima nelle risaie, dove
creava addirittura problemi per il diserbo. Non sembra particolarmente esigente per la qualità delle acque, che
possono anche essere moderatamente eutrofiche.
Conservazione: in seguito a ripetuti e approfonditi controlli, soprattutto sulle stazioni scoperte negli anni passati
(fino al 2000), la situazione attuale si presenta come segue: Piacentino, non confermata; Reggiano, Modenese e
Bolognese, scomparsa in tempi recentissimi (da 5-15 anni); Parmense, ancora presente nei quadranti 1027-2 (San
Nazzaro di Sissa), 1027-4 (Oasi di Torrile), 1028-4 (Parma Morta) e 1127-2 (Canale di Lorno). In alcune di queste
località è stata reintrodotta nell’ambito di un progetto LIFE (2007 e anni seguenti). Marsilea rischia la totale
scomparsa dal territorio regionale a causa soprattutto della recente diffusione di animali alloctoni (nutria e gambero
rosso della Louisiana), che se ne alimentano e che modificano le condizioni degli ambienti acquatici.
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Matteuccia struthiopteris (L.) Tod. (Aspleniaceae) – Felce penna di struzzo
Corologia: Circumboreale.
Distribuzione in regione: rarissima, dove è stata rinvenuta in due stazioni adiacenti presso un torrente nella Foresta
della Lama (Appennino forlivese).
Habitat: suolo ricco di sostanza organica, pianeggiante e spesso intriso d’acqua, in foresta, intorno agli 800 m.
Conservazione: al momento non sono noti particolari fattori di minaccia.
Nota: specie molto interessante e di grande bellezza. La sua presenza nell’alto Appennino forlivese potrebbe essere
interpretata o come relitto o da colonizzazione in tempi recenti, pervenuta con materiale forestale per rimboschimenti.
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Ophioglossum vulgatum L. (Ophioglossaceae) – Lingua di serpe
Corologia: Circumboreale-Temperata
Distribuzione in regione: fascia collinare e montana di tutte le province, escluse quelle di Piacenza, Ravenna
e Rimini. Attualmente accertata in 18 quadranti (8 nel 2000), con notevole aumento dei dati. Particolarmente
interessanti le nuove stazioni scoperte nell’alto Appennino forlivese e nel Parmense.
Habitat: prati umidi allo scoperto o anche in radure, nelle schiarite dei boschi. È stata osservata anche nel
fitto di popolazioni di Pteridium aquilinum soggette a temporaneo scorrimento d’acqua superficiale. Le stazioni
osservate sono collocate tra 700 e 1300 m.
Conservazione: un tempo accertata anche in pianura e nella parte bassa della fascia collinare, ma da qui
scomparsa. Alcune stazioni del Bolognese rinvenute negli anni ’90 non sono state confermate. Nonostante le
scoperte recenti di diverse nuove località, O. vulgatum è da ritenere minacciato. Sarebbero opportune ricerche
specifiche sulla biologia della pianta, anche effettuando il monitoraggio di alcune stazioni per raccogliere
informazioni utili per la conservazione della specie.
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Osmunda regalis L. (Osmundaceae) – Felce regale, Felce florida
Corologia: Subcosmopolita
Distribuzione in regione: specie rarissima, con un solo quadrante di presenza in regione (1733-2) nella fascia
collinare della provincia di Bologna. Anticamente segnalata anche in bassure umide delle pinete lungo la costa
ravennate.
Habitat: impluvi soggetti a scorrimento d’acqua in castagneti su suolo sabbioso e molto acido (Arenarie di Loiano);
tra 377 e 655 m.
Conservazione: in base a un accurato monitoraggio (i cui risultati sono forniti alla fine del capitolo) è possibile
valutare che la pianta non corre pericoli immediati, anche se il ridotto numero di individui e l’isolamento delle due
piccole stazioni rendono incerta la sopravvivenza a lungo termine.
Note: la scoperta della stazione in sinistra idrografica del Savena (Monzuno, BO) è avvenuta nel 1986; nel 1997
nell’Erbario dell’Orto botanico di Bologna è stato esaminato un campione raccolto nel 1872 proveniente dai “Sabbioni
di Loiano” nell’Appennino bolognese. Nel 2011, su indicazione di U. Fusini, la specie venne confermata nei pressi
della stessa località; si tratta quasi certamente dello stesso luogo nel quale era stata raccolta 139 anni prima.
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Paragymnopteris marantae (L.) K.H. Shing (Pteridaceae) – Felce lanosa
(= Cheilanthes m. (L.) Domin; Notholaena m. (L.) Desv. )
Corologia: Paleosubtropicale
Distribuzione in regione: presente e abbastanza diffusa nelle province di Piacenza e Parma, dove recentemente
sono state scoperte diverse nuove stazioni. Molto rara in provincia di Modena (in soli due quadranti: 1530-2 e
1530-3); rinvenuta di recente nel Reggiano (2004, in Branchetti & al., 2006) nel quadrante 1628-2. Mai confermata
un’antica indicazione per il M. Granaglione (BO) nel quadrante 1831-4, nonostante i ripetuti sopralluoghi.
Habitat: in Emilia-Romagna è stata rinvenuta quasi esclusivamente su substrati ultrabasici (serpentino), dove cresce
tra le fenditure della roccia e su ghiaioni a clasti piccoli anche mobili, generalmente in situazioni piuttosto aride.
Altrove la pianta è nota anche per altre ofioliti (gabbro, basalto) e per rocce acide (granito, diaspro, arenaria). Le
stazioni di crescita sono situate tra 400 e 1100 m, eccezionalmente a quote di poco superiori.
Conservazione: non minacciata, se non potenzialmente dall’attività estrattiva. È considerata relitto della flora
terziaria e meriterebbe di essere tutelata a livello regionale.
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Phegopteris connectilis (Michx.) Watt (Aspleniaceae) – Felce dei faggi
(= Thelypteris phegopteris (L.) Sloss.; Ph. polypodioides Fée)
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: presente quasi esclusivamente presso il crinale appenninico di tutte le province;
rarissima nel Piacentino, dove risulta localizzata in stazioni prossime alla provincia di Parma. Attualmente è nota in
35 quadranti (31 nel 2000).
Habitat: boschi di faggio d’alto fusto, soprattutto vicino a rocce e scorrimenti d’acqua e, oltre il limite degli alberi,
in macereti a clasti medio-grossi stabilizzati. Le stazioni si trovano, nella quasi totalità dei casi, tra 1300 e 1900 m.
Conservazione: non risultano fattori di minaccia né, al momento, è stata rilevata la scomparsa di stazioni note.
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Polypodium cambricum L. (Polypodiaceae) – Polipodio meridionale
(= P. australe Fée)
Corologia: Eurimediterranea
Distribuzione in regione: complessivamente rara in regione e tende a rarefarsi da est verso ovest; è assente nel
Piacentino. Attualmente risulta presente in 33 quadranti (30 nel 2000). Alcune nuove stazioni sono state individuate
nel Parmense e nel Riminese (S. Agata Feltria, comune di Pennabilli, 2139-4), in un territorio che solo recentemente
è stato trasferito alla Regione Emilia-Romagna.
Habitat: rocce ombrose (preferibilmente calcaree o con cemento calcareo) ma in condizioni di clima non freddo
soprattutto nei mesi invernali. Più raramente vive su vecchie ceppaie di castagno e muri umidi. È localizzato tra 200
e 800 m.
Conservazione: non risultano fattori di minaccia, né sono note stazioni scomparse.
Note: in Italia presente con la sola subsp. nominale.
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Polypodium interjectum Shivas (Polypodiaceae) – Polipodio sottile
Corologia: Mediterraneo-Atlantica
Distribuzione in regione: ben distribuito nella fascia collinare di tutte le province, ad esclusione del Piacentino,
dove risulta raro. Rilevato in 171 quadranti (150 nel 2000).
Habitat: l’ambiente di crescita più frequente è costituito dai castagneti, dove si trova alla base di grossi tronchi o
ceppaie. Talvolta cresce anche a 1-2 m da terra, comportandosi come epifita. Può vegetare anche direttamente sul
terreno o, meglio ancora, su rocce o muri. Le stazioni osservate sono collocate soprattutto fra 300 e 900 m. Meno
del 5% si trovano più in basso o appena più in alto. In passato la specie era stata osservata anche in una stazione di
pianura (Modena città, quadrante 1331-2).
Conservazione: l’abbandono dei castagneti da frutto potrebbe costituire un fattore negativo per la diffusione della
specie; va tuttavia rilevato che in alcune zone (ad esempio nel Bolognese) la coltura del castagno è stata ripresa,
con nuovi impianti e ripristino di quelli vecchi abbandonati. È stata registrata la scomparsa della pianta nell’unica
località nota per la pianura (muro umido lungo i binari, 1.5 Km a Sud-Est della stazione ferroviaria di Modena,
quadrante 1331-2). La stazione, che ospitava anche altre pteridofite, è stata completamente distrutta.
Note: è stato in passato confuso con P. vulgare e perciò non sono stati riportati diversi dati bibliografici dei quali è
impossibile valutare l’attendibilità.
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Polypodium vulgare L. (Polypodiaceae) – Polipodio comune
Corologia: Paleotemperata (Subcosmopolita?)
Distribuzione in regione: sulla base dei dati di campagna, la pianta è ben distribuita nella fascia collinare, in quella
montana e anche oltre il limite degli alberi, in quasi tutte le province (è sporadica nel Ravennate). In pianura era
presente solo una stazione a Modena città (1331-2). Attualmente occupa 182 quadranti (164 nel 2000).
Habitat: generalmente in boschi freschi di tutte le tipologie (castagneti, cerrete, faggete e boschi misti).
Spesso su rocce o alla base di ceppaie; più raramente sul terreno o su muri. Le stazioni rilevate si collocano
tra 400 e 1900 m. Molto raramente (meno del 5% delle stazioni) è stato osservato al disotto dei 400 m.
Conservazione: non risultano fattori di minaccia. Potrebbe risentire dell’inaridimento del clima nelle stazioni al
disotto degli 800-900 m di quota.
Note: non sempre agevole la distinzione tra P. vulgare e P. interjectum. I caratteri micromorfologici, come la
conformazione degli sporangi, possono dare un aiuto importante.
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Polystichum aculeatum (L.) Roth (Polypodiaceae) – Felce aculeata
Corologia: Eurasiatica
Distribuzione in regione: relativamente diffusa nella fascia collinare e montana delle province di Bologna, Modena,
Reggio Emilia e Parma. Molto più localizzata nel Forlivese (dove si trova solo presso il crinale appenninico) e nel
Piacentino. Rarissima nel Ravennate (Gessi Faentini). Attualmente occupa 144 quadranti (125 nel 2000).
Habitat: boschi di faggio, soprattutto ad alto fusto, sia su terreno sia su rocce a debole inclinazione; di rado su
muri a secco. Nella fascia collinare: forre umide e ombrose. Oltre il limite degli alberi: nei pressi di grossi massi. Le
stazioni sono comprese, nel 90 % dei casi, tra 600 e 1700 m. Solo eccezionalmente è stata rinvenuta a quote inferiori
o superiori.
Conservazione: non risultano fattori di minaccia, almeno al di sopra degli 800 m, e non sono state rilevate scomparse
di stazioni di crescita.
Note: ulteriori informazioni vengono fornite alla fine del capitolo.
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Polystichum lonchitis (L.) Roth (Polypodiaceae) – Lonchite
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: presente nella fascia suprasilvatica del crinale appenninico dal Bolognese al Piacentino.
La massima diffusione si registra nel Reggiano. Molto rara in Romagna, con pochissime stazioni scoperte di recente
nell’alto Appennino forlivese; molto localizzata in provincia di Ravenna (Gessi faentini). Attualmente nota per 35
quadranti (33 nel 2000).
Habitat: specie nettamente microterma, vive oltre il limite degli alberi, in macereti a clasti medio-grandi. Spesso la
si trova sul fondo di doline o avvallamenti dove permane a lungo la neve. Più raramente in faggete fredde con massi
sparsi; si concentra soprattutto tra i 1600 e i 1900 m. Presenze a quote inferiori sono state rilevate, ad esempio, nella
parte romagnola del Parco nazionale delle Foreste casentinesi e nelle stazioni troglofile del Ravennate.
Conservazione: la pianta potrebbe essere minacciata dai cambiamenti climatici nelle stazioni di bassa quota.
Note: ulteriori informazioni sulla situazione nella Vena del Gesso sono fornite alla fine del capitolo.
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Polystichum setiferum (Forssk.) Woyn. (Polypodiaceae) – Felce setifera
Corologia: Eurimediterraneo-Subatlantica
Distribuzione in regione: prevalentemente nella fascia collinare e basso-montana, in tutte le province.
Nettamente più frequente ad est della Valle del Reno (Bolognese) e piuttosto localizzato nella parte emiliana
della regione. Recentemente tuttavia sono state scoperte molte stazioni nuove nel Parmense. Attualmente
occupa 66 quadranti (48 nel 2000), con notevole aumento delle conoscenze sulla sua distribuzione.
Habitat: boschi di latifoglie, preferibilmente ad alto fusto, e in corrispondenza di impluvi in contesto caldoumido, in terreno profondo e ben umificato. Le stazioni di presenza sono distribuite, nel 90% dei casi, tra 200 e
1100 m. Raramente a quote superiori.
Conservazione: non risultano fattori di minaccia, né è stata registrato la scomparsa di stazioni note prima del
2000.
Note: non sempre è facile la distinzione con Polystichum aculeatum (L.) Roth.
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Pteridium aquilinum (L.) Kuhn (Dennstaedtiaceae) – Felce aquilina
Corologia: Cosmopolita.
Distribuzione in regione: la pianta è ampiamente distribuita in tutta la fascia collinare e montana inferiore
di tutte le province. In pianura è rara. Piuttosto frequente nel delta del Po e localizzata sulla costa ravennate.
Attualmente la pianta risulta presente in 308 quadranti (296 nel 2000).
Habitat: boschi radi di latifoglie e anche aghifoglie, siepi, prati abbandonati, sponde stradali, su suoli diversi,
con preferenza per quelli acidi; evita solo i terreni troppo acclivi e quelli argillosi. Le stazioni si trovano tra il
livello del mare e 1200 m di quota.
Conservazione: non minacciata; anzi, in alcune zone sembra in moderata espansione, soprattutto dove si sono
verificati incendi boschivi. Anche le stazioni di pianura che sono state controllate, a distanza di 10-12 anni,
continuano ad ospitare la pianta.
Nota: in Italia è presente solo la sottospecie nominale.
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Salvinia natans (L.) All. (Salviniaceae) – Erba pesce
Corologia: Eurasiatica temperata
Distribuzione in regione: sulla base dei nostri dati di campagna, raccolti quasi interamente prima del 2000, la
pianta risulta presente solo in pianura. Le province di Reggio Emilia, Modena e Ferrara sono quelle di maggior
diffusione. I quadranti di presenza sono 51 (49 nel 2000).
Habitat: idrofita natante che colonizza acque a lento corso o stagnanti non eccessivamente eutrofiche e
preferibilmente limpide, soggette a forte riscaldamento estivo.
Conservazione: dal confronto con i dati di 10-15 anni or sono, si ricava l’impressione che questa idrofita sia
in netta diminuzione, anche se non è stato possibile indicare le stazioni non più esistenti; la pianta può infatti
scomparire da un sito per poi ripresentarsi pochi anni dopo in un punto vicino.
La presenza nelle diverse località è irregolare e instabile, ma tende a diminuire, come per tutte le pleustofite
e, più in generale, le piante legate all’acqua (elofite, idrofite radicanti). La causa di questo declino recente è da
mettere in relazione con la presenza di animali alloctoni come la nutria e il gambero rosso della Louisiana,
che se ne alimentano e con la loro attività modificano le condizioni degli ambienti acquatici. La situazione era
già compromessa in precedenza ma la recente diffusione di animali a forte impatto ha peggiorato lo stato di
conservazione di molte piante un tempo comuni.
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Selaginella selaginoides (L.) P. Beauv. ex Schrank et Mart. (Selaginellaceae) –
Selaginella alpina
Corologia: Circumboreale.
Distribuzione in regione: nota soltanto per il Cusna nel Reggiano (quadrante 1728-1), sulla base di un
campione d’erbario.
Habitat: torbiere, vallette nivali, pascoli umidi, rocce umide e a prolungato innevamento.
Conservazione: non conosciamo il luogo esatto della raccolta, quindi non possiamo valutare le minacce
per la specie; il fatto che sia comunque rarissima e abbia caratteristiche microterme, farebbe pensare che sia
potenzialmente minacciata da cambiamenti climatici, cosi come abbiamo osservato per altre piante con ecologia
simile. Non è escluso che la popolazione, verosimilmente assai esigua, sia del tutto scomparsa.
Note: D. Marchetti ha accertato la presenza di un campione di questa specie conservato all’erbario di Siena in
una raccolta di G. Sarfatti del 6.8.1963, sul M. Cusna (RE), a quota 2000 m. Diversi sopralluoghi non hanno
però mai potuto confermarne la presenza.
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Thelypteris limbosperma (Bellardi ex All.) H.P. Fuchs (Aspleniaceae) –
Felce limonina (= Oreopteris limbosperma (All.) Holub)
Corologia: Eurasiatica-temperata
Distribuzione in regione: la specie è molto rara in regione, dove è presente nelle immediate vicinanze del
crinale appenninico dal Modenese al Parmense. Nel Bolognese era presente in un solo quadrante (1832-4).
Attualmente nota per 7 quadranti (4 nel 2000).
Habitat: fascia montana (faggete) e oltre il limite degli alberi (vaccinieti) soprattutto in corrispondenza di
impluvi e attorno a grossi massi.
Conservazione: scomparsa nell’Appennino Bolognese dove era nota solo per la seguente località: castagneto
presso il Rifugio Ranuzzi-Segni, Castiglione dei Pepoli (1832-4); qui la presenza è documentata fino al 2006; la
causa della scomparsa va probabilmente ricercata nella manomissione del sottobosco.
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Thelypteris palustris Schott (Aspleniaceae) – Felce palustre
Corologia: Subcosmopolita
Distribuzione in regione: la pianta è presente sporadicamente nella fascia montana, collinare e di pianura in
tutte le province, con esclusione di quelle di Forli-Cesena e Rimini. È presente anche nella zona costiera.
Al momento attuale delle conoscenze, è presente in 12 quadranti.
Habitat: zone umide in buono stato di conservazione: torbiere, prati umidi, canneti, schiarite di boschi allagati,
margini di corsi d’acqua con suolo costantemente umido. Le stazioni sono distribuite dal livello del mare sino a
1400 m di quota e per l’80% si trovano in pianura oppure nella zona costiera.
Conservazione: la specie è sicuramente minacciata dall’alterazione delle zone umide. Inoltre le stazioni
distribuite sul territorio regionale sono pochissime e isolate sia geograficamente che geneticamente.
Note: ulteriori informazioni a fine capitolo.
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Woodsia alpina (Bolton) Gray (Aspleniaceae) – Felcetta alpina
Corologia: Circumboreale
Distribuzione in regione: sulla base dei dati di campagna, raccolti per lo più negli anni ’90, la pianta è rarissima
e localizzata in stazioni puntiformi del crinale modenese, reggiano e parmense. Nel Piacentino, la pianta è stata
osservata nella zona di Rocca Marsa (1422-2) e al M. Nero (1423-1). La specie è nota in totale per 10 quadranti.
Habitat: fessure di rupi arenacee e basaltiche, anche relativamente asciutte. A volte si rinviene in ripari sottoroccia,
dove non arriva la luce diretta del sole. Le stazioni che avevamo individuato a suo tempo si trovano tra 1500 e 1900
m, con maggior frequenza per le quote superiori.
Conservazione: sono note pochissime segnalazioni nei 10 anni più recenti; può essere considerata in
diminuzione e minacciata. È auspicabile che vengano svolte ricerche mirate, per migliorare le conoscenze
sulla fenologia e per monitorarne le 10 stazioni accertate 15-20 anni fa e di cui ora si hanno poche conferme.
Note: ulteriori informazioni vengono fornite a fine capitolo.
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Note sui risultati del monitoraggio
Sono qui riassunti i risultati analitici dei monitoraggi svolti nel corso di diversi anni per controllare lo
stato di diverse stazioni di crescita.
Adiantum capillus-veneris L. (Pteridaceae) – Capelvenere
È stata documentata la scomparsa: in Via Cappellana 8, Castel d’Argile BO (1333-2); nella Fontana
antistante la stazione ferroviaria di Parma (1127-4). A Bologna, Via Irnerio 42 dal 2009 nel muro
esterno dell’Orto Botanico (1534-1); tuttavia qui la pianta compare o meno a seconda degli anni e degli
andamenti stagionali.
Allosorus persicus (Bory) Cristenh. (Pteridaceae) – Felcetta persiana
Nell’aprile del 2013 è stato dato avvio a un monitoraggio sulle 15 microstazioni di crescita nella zona
di M. Mauro-M. Incisa e M. della Volpe. Al momento non è stata ritrovata soltanto in 2 microstazioni.
Nel complesso, la consistenza della popolazione è simile a quella riscontrata 15-20 anni fa e la situazione
può essere definita stabile.
Asplenium adiantum-nigrum L. (Aspleniaceae) - Adianto nero
È stata rilevata la scomparsa nelle seguenti stazioni: Risorgente del Rio Acqua Fredda, S. Lazzaro di
Savena (BO) (1534-1); Muro inclinato del Palazzo Comunale in Bologna (1534-1); Via Savena Vecchia
116, Baricella (BO) (1335-3); Via Larga, Castello e Pozzo di Minerbio (BO) 1334-4; Castello di Dozza
Imolese (BO) 1635-2.
Asplenium ceterach L. (Aspleniaceae) – Cedracca comune
È stata accertata la scomparsa della pianta nelle seguenti località in Bologna: Basilica di S. Petronio e
su1 muro di Palazzo d’Accursio nel quadrante 1534-1; Via Irma Bandiera 6, 1533-2.
Asplenium onopteris L. (Aspleniaceae) – Asplenio maggiore
Risulta scomparsa in 3 località di pianura: Via Massumatico, presso un rudere di casa colonica, S.
Pietro in Casale, BO (1234-3); Via delle Volte, Ferrara (1135-4); in un muro umido ai giardini pubblici
di Modena (1331-2).
Asplenium ruta-muraria L. (Aspleniaceae) – Ruta di muro
Nel centro storico di Bologna, dove è stato svolto un monitoraggio puntuale, risulta scomparsa in
quattro località, tutte situate nel quadrante 1534-1: Basilica di S. Petronio, lato ovest; Via Dè Pignattari;
Corte Galluzzi, nei pressi di P.za Galvani, su blocchi di gesso; sul vertice della Torre degli Asinelli.
Quindi, al momento, la specie è assente nel centro storico di Bologna. A Modena è scomparsa in Corso
Vittorio Emanuele (Accademia di Modena, nel quadrante 1331-4), dove era stata rinvenuta nel 1999.
L’antica stazione sulla cupola del Mausoleo di Teodorico (RA) era stata confermata (Bonafede et al.,
2001) nell’estate del 1990, quando erano stati rinvenuti due piccoli cespi sul lato settentrionale del
monumento. In seguito la pianta è scomparsa, come risulta da un controllo del 2000. Da notare che al
Mausoleo di Teodorico la pianta era stata già segnalata nel corso del XIX sec. e pubblicata in Bertoloni
(1858). La presenza è stata anche documentata da Del Testa (pubblicato nel 1903) e il campione è
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conservato presso l’Erbario “Brilli-Cattarini” di Pesaro.
Asplenium scolopendrium L. (Aspleniaceae) – Lingua cervina
È stata registrata la scomparsa nei seguenti quadranti e corrispondenti stazioni: 1331-2: 500 m a sud-est della
stazione ferroviaria di Modena (MO); 1333-2: Podere Roverbella, Castel D’Argile, BO; 1534-1: Muretto in Via
Garibaldi, presso il tribunale di Bologna; 1234-3: Via Cantone 240, S. Pietro in Casale, BO; V. Massumatico 3197,
S. Pietro in Casale, BO; Chiusa Riolo Massumatico, S. Pietro in Casale, BO; V. Massumatico, casa abbandonata,
S. Pietro in Casale, BO; Via Bassa Pieve di Cento, BO; V. Roverbella, Castel D’Argile, BO.
Asplenium trichomanes L. (Aspleniaceae) – Tricomane, Falso capelvenere
È stata accertata la scomparsa della pianta nei seguenti quadranti: 0924-1, centro storico di Piacenza in Via S.
Giuliano, in un tombino; 1331-2, muro umido nel piazzale della stazione FS di Modena e lungo la ferrovia, 500 m
a sud est della stazione FS di Modena; 1331-4, Corso Emanuele, balcone accademia di Modena; 1233-2, Via Riga
98, Crevalcore BO; 1234-1, V. Barchetta 58, Galliera BO; 1234-3, Via Massumatico (rudere di Casa colonica)
e Via Ridolfina 1440, San Pietro in Casale BO; 1234-2, Via Scorsuro 2, Chiesanuova di Poggio Renatico FE;
1335-3, Via Savena Vecchia 116, Baricella BO; 1533-2, Ponte FS di Casalecchio di Reno BO, presso la Certosa
di Bologna e in Via Orsoni, Bologna centro (BO); 1534-1, Via Irnerio 45 e presso la Montagnola BO, muretto
presso il Tribunale in Via Garibaldi BO, muro di un rudere in Viale Lenin BO; 1534-3, tetto nel cortile della ex
Maternità in Via D’Azeglio BO; 1334-4, Castello di Bentivoglio BO.
Athyrium filix-femina (L.) Roth (Aspleniaceae)
La stazione nel quadrante 1331-2 è scomparsa. Si trovava a Modena, 0,5 Km a Sud-Est della Stazione ferroviaria,
lungo la ferrovia.
Diphasiastrum alpinum (L.) Holub (Lycopodiaceae) – Licopodio alpino
In seguito a ripetuti sopralluoghi, si può affermare con certezza che la pianta non era più presente nel 2011,
2012 e 2013 nella stazione corrispondente al “Corno alle Scale nel Vallone dello Strofinatoio, a quota 1620 m,
nel quadrante 1830-4” dove uno di noi (F. Bonafede) l’aveva osservata per la prima volta nel 2003 e poi fino al
2005; tuttavia la pianta è stata ritrovata in ridottissima colonia da R. Todeschini (1/11/ 2013) su una pista da sci
sopra Capanna Tassone (MO) nello stesso quadrante (1830-4), ma in località del tutto diversa. E’ recentissimo
il rinvenimento sotto al Corno alle Scale (un solo individuo).
Dryopteris filix-mas (L.) Schott (Polypodiaceae) – Felce maschio
In seguito a monitoraggi specifici, è stata rilevata la scomparsa nei seguenti quadranti (tra parentesi le stazioni
comprese nel quadrante): 1539-1 (Pineta di S. Vitale, RA) e 1539-4 (Pineta di Porto, RA); 1331-2 (presso la
stazione ferroviaria di Modena, MO, e in un muro umido ai giardini della città, dove era stata osservata sino
alla fine degli anni ’90); 1331-4 (Chiesa di S. Giovanni Battista, a Modena); 1533-2 (V. Orsoni, centro storico
di Bologna);1534-1 (Base della Torre degli Asinelli, a 4 m da terra, Bologna. Qui la pianta era presente sino al
1995, BO), (Basilica di S. Petronio, BO), (Via Irnerio, presso la Montagnola, BO), (presso la risorgente del Rio
Acquafredda, Parco Regionale dei Gessi Bolognesi, BO); 1233-1 (Via Provanone 2863, Crevalcore, BO); 1335-3
(V. Savena Vecchia 116, Baricella, BO); 1335-1 (V. Savena Vecchia 120, Baricella, BO); 1234-3 (V. Ridolfina 1440,
S. Pietro in Casale, BO)
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Gymnocarpium robertianum (Hoffm.) Newman (Aspleniaceae) – Felce del calcare
La stazione nel quadrante 1632-4 (Terrazzo umido presso Vedegheto, Savigno, BO) è scomparsa per
ristrutturazione del terrazzo dove cresceva. Era l’unica accertata per il Bolognese. Scomparsa anche quella
presso Modena (500 m a sud-est della stazione ferroviaria di Modena, lungo i binari), nel quadrante 1331-2, per
distruzione completa dell’area. Si trattava della sola stazione di pianura accertata in regione.
Osmunda regalis L. (Osmundaceae) – Felce regale, Felce florida
Un monitoraggio puntuale è stato svolto nel 2009 da R. Todeschini su tutte le microstazioni di crescita sotto
la frazione “Tre Fasci” (Monzuno, BO), in sinistra idrografica del T. Savena, contando 39 piante. Nel 2011 le
osservazioni sono state ripetute riscontrando una situazione stabile, ancora con 39 piante, di cui 14 sporificate (6
di grandi dimensioni) e 25 sterili.
La situazione appare stabile (osservazioni nel 2011, 2012 e 2013) anche nell’altra stazione scoperta nel 2011 in
destra idrografica del Savena presso Sabbioni; qui sono stati rilevati circa 30 individui, di cui una decina
sporificanti.
Polystichum aculeatum (L.) Roth (Polypodiaceae) – Felce aculeata
Alcune località dovrebbero essere ricontrollate, come in particolare una stazione di pianura, nel quadrante 13341 (muro umido esposto a nord alla base di un vecchio hangar americano con tetto a botte, Argelato, BO), dove tra
il 1992 e il 1993 erano state osservate anche altre 5 pteridofite.
Polystichum lonchitis (L.) Roth (Polypodiaceae) – Lonchite
Nell’area dei Gessi romagnoli, l’ultimo individuo noto presso l’abisso Casella (1736-4) sembra completamente
disseccato (settembre 2014). Alcuni sopralluoghi alla Risorgente del Rio Cavinale (1736-3) non ne hanno
confermato la presenza; la specie va quindi considerata localmente scomparsa.
L’insediamento nell’area dei Gessi romagnoli, oggi ridotto a poche stazioni di rifugio accantonate in profonde
doline e risorgenti ombrose e fredde, risale probabilmente all’ultima glaciazione wurmiana. Il fatto che la pianta
tenda a ridurre le popolazioni fino a scomparire, là dove era stata osservata alla fine degli anni ’90, potrebbe
significare che le recenti condizioni climatiche hanno un carattere eccezionale su scala plurimillenaria.
Thelypteris palustris Schott (Aspleniaceae) – Felce palustre
È scomparsa ai Fontanili di Corte Valle Re (Campegine, RE, quadrante 1229-1) per cause ignote. Al contrario,
la situazione al Lago Pratignano (Appennino modenese, quadrante 1830-2) e alla palude della Chioggiola (nel
modenese, quadrante 1631-1) è simile a quella di 15-20 anni fa, cosi come è stato verificato con sopralluoghi
recenti. Nell’unica stazione bolognese (Lago di Ecchia, quadrante 1632-4) è ancora presente ma in diminuzione.
Non è stato possibile per il momento procedere a una verifica di tutte le stazioni osservate in passato. Un
monitoraggio sistematico sarebbe indispensabile per raccogliere le informazioni necessarie per la tutela della
specie e dei siti che ne consentono la sopravvivenza.
Woodsia alpina (Bolton) Gray (Aspleniaceae) – Felcetta alpina
Ricerche ripetute non hanno confermato la presenza al M. Orsaro (PR, quadrante 1525-4).
Nell’Appennino reggiano la pianta non è stata più vista da almeno 10 anni. Essendo di piccole dimensioni (alta
4-5 cm e, al massimo, arriva a 13 cm !) e vivendo in stazioni di difficile accesso, è difficile valutare se sia scomparsa.
168
In ogni caso le stazioni regionali sono poche, puntiformi e la presenza è frammentata.
L’insieme delle osservazioni e dei dati raccolti portano a ritenere che W. alpina sia minacciata sul territorio
regionale. Anche in questo caso è possibile che i cambiamenti delle condizioni climatiche negli ultimi 10-15 anni
abbiano avuto un ruolo importante.
Note di sistematica
Asplenium ceterach L. (Aspleniaceae) – Cedracca comune
Al momento la subsp. bivalens è stata accertata solo in Romagna, nelle seguenti località: Rupe di Verucchio,
Verucchio (RN), 2040-2; Capanne, Verghereto (FC), 2138-4; Monte Incisa, Riolo Terme (RA), 1736-3; Monte
Mauro, Riolo Terme (RA) 1736-3; Pineta di San Vitale, muretto, Ravenna (RA), 1539-1; Località “Pasna”, presso
Bastia, Ravenna (RA), 1738-2; Pennabilli, muro calcareo, Pennabilli (RN), 2139-4.
Asplenium trichomanes L. (Aspleniaceae) – Tricomane, Falso capelvenere
Tra le subsp. note, in regione è frequentissima la subsp. quadrivalens D.E. Mey., tetraploide con spore grandi e
presente su ogni tipo di substrato, la cui distribuzione coincide con quella della specie in senso ampio. Simile per
morfologia, ma generalmente più piccola e snella, è la subsp. trichomanes, diploide con spore piccole, propria di
substrati silicei e più di rado serpentinosi. È assai microterma e probabilmente in regione non è rara in diversi
tratti della dorsale principale. Sulla base di controlli occasionali, ne è stata accertata la presenza nei quadranti
1522-4, 1525-2, 1526-3, 1626-1 e 3, 1727-1, 1728-1, 1829-2.
Asplenium trichomanes subsp. hastatum (Christ) S. Jess. è tetraploide e calcicola, provvista di pinne dalle inferiori
fino alle medie biauricolato-astate e parte apicale della lamina in forma di largo segmento; appare come un taxon
di incerto significato. Forme con questo aspetto, più o meno marcato e sfumante verso le normali morfologie
della subsp. quadrivalens, si rinvengono in individui isolati o mescolate con quest’ultima, anche su substrati silicei.
Le spore sono grandi e l’ecologia non ha niente di insolito. Una piccola popolazione con le caratteristiche della
subsp. hastatum è presente a Boio (1325-4, Solignano, PR).
169
4. Alcune Sintesi
4.1 Distribuzione generale dei dati raccolti
Le carte di distribuzione dei dati si basano su:
9650 dati di campagna
circa 1800 dati di fonte bibliografica
circa 250 dati d’ erbario
In Figura 5a è riportata la distribuzione di tutti i dati che abbiamo raccolto nell’archivio (dati di campagna,
bibliografici e d’erbario) sino alla fine del 2014; ogni quadrante riporta il numero totale di specie rilevate nell’area.
Figura 5b: distribuzione delle Pteridofite sul territorio della Regione Emilia-Romagna (tutte le fonti dei
dati); rappresentazione con rettangoli di dimensioni proporzionate
Figura 5a: distribuzione delle Pteridofite sul territorio della Regione Emilia-Romagna (tutte le fonti dei
dati). Numeri assoluti
In figura 5b gli stessi dati rappresentati con l’opzione “Grigi” del programma MAPSDF; in ogni unità cartografica
è riportato un rettangolo di superficie proporzionale al n° di specie rilevato sulla base di classi di frequenza.
170
Dall’esame delle carte di sintesi è possibile trarre le seguenti considerazioni:
• la distribuzione dei dati è molto disomogenea; ciò dipende prevalentemente dalla differente distribuzione
di habitat idonei a questo gruppo sistematico (le Pteridofite) sul territorio indagato; secondariamente può
essere invocata la differente intensità delle ricerche sul territorio sia da parte nostra che da parte degli autori
del passato (dati bibliografici e d’erbario);
• le Pteridofite si concentrano prevalentemente in prossimità del crinale appenninico; notoriamente la diversità
vegetale (e non solo) è in stretta relazione con la quota e la differenza di quota esistente nell’area indagata;
• straordinariamente ricchi di Pteridofite risultano le aree del Modenese (M. Cimone, Libro Aperto, M. Giovo,
M. Rondinaio, Lago Santo Modenese) e del Bolognese (M. Corno alle Scale, M. La Nuda) con un numero di
specie/quadrante che supera abbondantemente le 30 specie;
• in corrispondenza di affioramenti rocciosi, soprattutto nel caso di ofioliti, le Pteridofite tendono fortemente a
concentrarsi anche in zone a quote modeste e distanti dal crinale appenninico (esempio: nel quadrante 1324-
171
•
1 che comprende M. Menegosa e M. Lama nel Piacentino) oppure nell’area di base 1736 che comprende la
vena del Gesso romagnola in provincia di Ravenna;
la fascia collinare delle argille (soprattutto le plioceniche ma anche le “scagliose”) presenta un numero di
specie generalmente basso in quanto i substrati argillosi sono del tutto inadatti alla presenza di Pteridofite;
Una situazione radicalmente diversa è quella della pianura e della costa. In questa zona, che costituisce circa metà
del territorio regionale, sono presenti poche specie; alcune sono in comune con il resto del territorio e si trovano
in habitat forestali o su manufatti (pozzi, muri); altre sono invece esclusive della pianura, soprattutto nella sua
parte più bassa, e sono igrofite ed idrofite; quest’ultimo gruppo si trova in situazione fortemente minacciata.
Per la pianura, che è in generale l’area con livelli più bassi di diversità e naturalità, è possibile osservare che:
alcune specie sono diminuite in tempi recenti e sono ancora in diminuzione a causa della chiusura dei pozzi che
costituiscono un ambiente secondario fondamentale per la conservazione di un intero ordine (Filicales);
a Nord della Via Emilia e lungo la fascia costiera la presenza delle Pteridofite, mediamente, si limita a 3-4 specie
per quadrante in tutto il territorio regionale; solo eccezionalmente si arriva a 9-10 specie; in un caso (quadrante
1331-2 in prossimità di Modena) si arriva addirittura a 16 specie (tra dati di campagna, d’erbario
e bibliografici); il basso numero di presenze è dovuto alla scarsa presenza di ambienti adatti. Le poche specie
presenti nella parte più bassa della pianura sono legate ad ambienti acquatici tutte in situazione critica;
l’ambiente urbano, specialmente centri storici e cimiteri, è favorevole all’insediamento di Pteridofite e svolge un
ruolo significativo soprattutto in aree a bassa naturalità e diversità ecologica.
In Figura 6a e 6b è rappresentata la distribuzione dei soli dati di campagna raccolti prevalentemente negli ultimi
20 anni (alcuni pubblicati).
Confrontando i dati di campagna presentati in Figura 6a e 6b con quelli presentati a pagina 157 dell’Atlante delle
Pteridofite pubblicato nel 2001 (Bonafede et al. 2001) risulta abbastanza evidente l’aumento delle conoscenze
soprattutto per alcune aree geografiche come il Parmense [esempio: quadrante 1227-3, corrispondente ai Boschi
di Carrega, che passa da 2 specie (2001) a 18 (2014)] oppure per il Forlivese (Foresta di Campigna) dove il
quadrante 2137-3 passa da 18 specie (2001) a 29 (2014); ciò in seguito alla notevole intensità delle ricerche svolte
negli ultimi 10-15 anni.
Interessante anche il confronto tra la Figura 6b e la Figura di analogo contenuto, ma relativa alla flora protetta,
presentata nell’Atlante della Flora Protetta della Regione Emilia-Romagna (Alessandrini & Bonafede 1996:
328); non può sfuggire la grande analogia della distribuzione generale dei dati raccolti anche se relativi a due
liste floristiche molto diverse: le Pteridofite (nella presente ricerca) e le specie protette (1996).
Questo fatto è spiegabile con l’ipotesi che i fattori ambientali presenti sul territorio (geomorfologia, clima,
impatto umano, ecc.) condizionano nello stesso modo, almeno a livello generale, sia il sottoinsieme costituito
dalle Pteridofite sia quello costituito dalle specie protette. Questo è importante poiché si può ipotizzare che
la distribuzione generale di un gruppo significativo e sufficientemente numeroso di specie abbia carattere
“predittivo” sulla distribuzione generale della biodiversità vegetale sul territorio; anche per questo le ricerche di
172
Figura 6a:
distribuzione delle
Pteridofite sul
territorio della Regione
Emilia-Romagna
(solo la fonte: dati di
campagna). Numeri
assoluti
Figura 6b:
distribuzione delle
Pteridofite sul
territorio della
Regione EmiliaRomagna (solo
la fonte: dati di
campagna). Rettangoli
di dimensioni
proporzionate al
numero di entità note.
173
cartografia floristica sono di fondamentale importanza per la gestione del territorio.
4.2 La distribuzione delle Pteridofite nelle diverse province
La cartografia floristica consente di individuare le aree con maggior concentrazione di Pteridofite nel territorio
indagato; ciò ha grande importanza ai fini della conservazione della biodiversità e della gestione del territorio
basata sulle conoscenze.
Considerazioni utili (vedi Figura 7) possono essere tratte anche dal numero di specie rilevato in ogni provincia e
dal confronto tra quanto noto al 2001 (anno di pubblicazione della prima edizione dell’Atlante delle Pteridofite
nella Regione Emilia-Romagna) e al 2015.
Figura 7: numero di specie di Pteridofite noto in ogni provincia nei periodi: fino al 2001 (colonna a
sinistra) e fino al 2014 (colonna a destra)
Dall’esame della figura 7 è possibile desumere le seguenti considerazioni.
In quasi tutte le province si nota un aumento del numero di specie nel 2014 rispetto a 13 anni prima; fanno
174
eccezione soltanto le province di Ferrara e Rimini che presentano valori molto bassi e sostanzialmente identici.
I risultati ottenuti sono in relazione con l’intensità delle ricerche svolte negli ultimi 15 anni soprattutto nelle
zone insufficientemente indagate.
Modena si conferma la provincia più ricca di Pteridofite con 57 specie note nel 2014; seguono Bologna (54
specie), Reggio Emilia e Parma (51 specie); il crinale appenninico che va dalla Cisa nel Parmense sino al Corno
alle Scale nel Bolognese presenta le massime concentrazioni di Pteridofite (mediamente 25 specie/quadrante con
punte di 36 specie/quadrante) dell’intero territorio regionale; nel Piacentino, pur non essendovi quadranti con
numeri particolarmente elevati, la presenza delle Pteridofite è diffusa e importante, legata prevalentemente agli
estesi affioramenti ofiolitici.
La provincia di Bologna è quella che presenta l’incremento maggiore rispetto al recente passato (54 specie sino
al 2014; 20% in più rispetto al 2001, anno in cui erano note 45 specie).
Forli-Cesena si conferma la provincia più “ricca” della Romagna con 38 specie, un numero relativamente elevato
considerando le quote modeste esistenti in questa provincia (massima elevazione: M. Falco, 1658 m) rispetto
a quelle presenti nelle province più occidentali dove il crinale appenninico, nelle province di Modena e Reggio,
supera i 2000 m; la stragrande maggioranza delle specie della provincia di Forlì-Cesena si concentra nelle foreste
di Campigna, ambiente vasto e di straordinaria importanza per la conservazione di questo gruppo sistematico
che richiede, nel complesso, condizioni mesofile con buona disponibilità idrica per gran parte dell’anno.
In provincia di Parma e di Piacenza il numero elevato di specie (paragonabile a quello di Reggio Emilia con
quote di crinale molto più elevate) è probabilmente in relazione con frequenti e vasti affioramenti ofiolitici, ma
anche calcarei, che diversificano l’ambiente e lo rendono più conservativo anche per le Pteridofite riducendo la
competizione interspecifica.
Ravenna, Rimini e Ferrara sono province poco ricche; nel Ravennate (23 specie) le Pteridofite si concentrano
soprattutto nel Faentino in corrispondenza della Vena del Gesso dove vi sono presenze straordinarie e di enorme
importanza conservazionistica (in particolare Allosorus persicus, che ha qui l’unica stazione italiana); a Rimini
le Pteridofite sono presenti in pochissimi luoghi di limitata estensione ma fondamentali per la conservazione
di questo gruppo (esempio: Gole di Onferno). A Ferrara il territorio comprende solo la pianura e la costa e
le Pteridofite sono localizzate in corrispondenza di manufatti (esempio: pozzi) oppure nelle zone umide dove
possono essere presenti alcune specie di grande importanza conservazionistica (esempi: Salvinia natans,
Thelypteris palustris).
Nell’Appendice sono indicati i quadranti che risultano di maggiore importanza nei diversi territori provinciali e
nelle diverse fasce altitudinali.
L’esame dei dati provinciali consente facilmente, per ogni provincia, di individuare le aree più ricche di Pteridofite
sulla base del quadrante in cui ricadono le segnalazioni cartografate; i toponimi delle stazioni e i comuni associati
consentono di individuare le entità amministrative competenti sul territorio.
Le aree dove si concentrano le Pteridofite coincidono, in larga parte, con le aree dove esistono emergenze
naturalistiche eccezionali, per gran parte ricadenti nei due Parchi Nazionali presenti nel territorio regionale,
dell’Alto Appennino Tosco-Emiliano e di Campigna, Monte Falterona e Foreste Casentinesi; le Pteridofite si
175
confermano pertanto un gruppo sistematico valido per la “lettura” generale del territorio e soprattutto per le sue
parti di maggior valore per naturalità e diversità; solo in alcune situazioni questo gruppo sistematico è inadatto
per individuare aree interessanti sul piano naturalistico come, per esempio, nel caso degli ambienti costieri
(Parco del Delta del Po, nel nostro caso in provincia di Ravenna e Ferrara) dove la presenza delle Pteridofite è
del tutto episodica e poco collegata all’enorme valore ambientale di queste aree.
Le Pteridofite richiedono, con pochissime eccezioni, condizioni ambientali mesofile con buona disponibilità
idrica per gran parte dell’anno; notoriamente sono proprio queste le condizioni che favoriscono un’elevata
biodiversità (Rosenzweig, 1995). Le Pteridofite inoltre si diffondono con le spore che viaggiano rapidamente e
con straordinaria efficienza potendo arrivare quasi ovunque; la mancanza di Pteridofite in un territorio deriva
dal fatto che le condizioni ambientali non sono adatte sia per le Pteridofite che per moltissime altre piante. Per
questo le Felci e “le piante affini” sono dei buoni indicatori ambientali almeno a livello generale.
Figura 8a:
distribuzione
delle Pteridofite
più rare (meno
di 20 quadranti
di presenza) nel
territorio della
Regione EmiliaRomagna (solo
dati di campagna),
numeri assoluti.
4.3 Le aree (quadranti) dove si concentrano le specie più rare
Come noto le specie più rare descrivono, meglio di altre, le caratteristiche di un territorio, la sua storia e il suo
valore naturalistico.
Una corretta strategia volta alla Conservazione della Natura deve prestare particolare attenzione alle specie
più rare che, proprio per la loro condizione di scarsa frequenza sul territorio, possono essere particolarmente
minacciate di scomparsa. Va detto che la rarità non è affatto l’unico fattore di potenziale minaccia per una specie;
anche la distribuzione frammentata, che comporta difficili scambi genetici tra le popolazioni, deve essere un
elemento da tenere in attenta considerazione; un esempio, a questo proposito, può essere quello di Thelypteris
palustris, che al di là della sua rarità sul territorio regionale (solo 13 quadranti di presenza), presenta una
distribuzione fortemente frammentata con stazioni molto distanti tra loro e a volte completamente isolate da
zone urbanizzate (esempio: palude della Chioggiola a Pavullo nel Modenese). Anche i risultati di monitoraggi
specifici nella fascia di pianura vanno tenuti in grande considerazione anche perché specie un tempo comuni sono
divenute rare in tempi molto recenti (esempio: Salvinia natans).
Nelle figure 8a e 8b è rappresentata la distribuzione dei taxa esaminati nell’Appendice 2, rispettivamente in
numeri assoluti e con rettangoli di grandezza proporzionale.
176
Figura 8b:
come sopra, ma
distribuzioni
rappresentate
con rettangoli
di estensione
proporzionale
177
Dall’esame delle figure 8a e 8b è possibile individuare i quadranti nei quali le Pteridofite particolarmente rare
tendono a concentrarsi; i quadranti più ricchi di specie rare coincidono in larga parte anche se non sempre,
con quelli con numero di specie maggiore (Figure 5a e 5b); considerando i quadranti con un numero di specie
maggiore o uguale a 5 è possibile elencare e descrivere quelli di speciale importanza da questo punto di vista
(Tabella 2).
Tabella 2: i quadranTi con un numero di sPecie rare maggiore o uguale a 5
178
Quadr.
Specie
rare
Province e Comuni
Specie rare presenti
1830-4
12
Bo: Lizzano in Belvedere
Mo: Fanano
Blechnum spicant, Botrychium lunaria, B. matricarifolium,
Cystopteris alpina, C. montana, Diphasiastrum alpinum,
Dryopteris oreades, Equisetum fluviatile, E. hyemale,
Gymnocarpium robertianum, Lycopodium annotinum, L.
clavatum
1830-1
10
Mo: Fanano, Fiumalbo;
Blechnum spicant, Botrychium lunaria, B. multifidum,
Diphasiastrum alpinum, Dryopteris carthusiana, D. oreades,
Equisetum fluviatile, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium
clavatum, Thelypteris limbosperma
1829-4
9
Mo: Fiumalbo, Pievepelago;
Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Diphasiastrum alpinum,
Diphasiastrum tristachyum, Dryopteris oreades, Gymnocarpium
robertianum, Lycopodium clavatum, Thelypteris limbosperma,
Woodsia alpina
1829-3
7
Mo: Pievepelago
Blechnum spicant, Diphasiastrum alpinum, D. tristachyum,
Dryopteris oreades, Lycopodium annotinum, L. clavatum,
Woodsia alpina
1626-2
6
Pr: Monchio delle Corti
Re: Ramiseto
Blechnum spicant, Dryopteris oreades, Equisetum fluviatile,
Lycopodium annotinum, L. clavatum, Thelypteris limbosperma
1627-3
6
Re: Collagna, Ramiseto
Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Dryopteris oreades,
Equisetum fluviatile, E. hyemale, Woodsia alpina
2136-2
6
Fc: S. Soia
Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Gymnocarpium
robertianum, Lycopodium annotinum, L. clavatum, Ophioglossum
vulgatum
1423-1
5
Pc: Ferriere; Pr: Bedonia
Asplenium adulterinum, Botrychium lunaria, Cystopteris alpina,
Equisetum hyemale, Woodsia alpina
1524-3
5
Pr: Albareto
Blechnum spicant, Diphasiastrum tristachyum, Equisetum
fluviatile, Lycopodium clavatum, Thelypteris palustris
1831-3
5
Bo: Lizzano in Belvedere,
Porretta Terme
Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Dryopteris oreades,
Lycopodium annotinum, Lycopodium clavatum
I quadranti a cavallo tra l’alto Appennino bolognese e modenese (1830-4 e 1830-1) sono i più ricchi di felci rare,
rispettivamente con 12 e 10 presenze. I quadranti 1626-2 e 1627-3, tra il Passo del Cerreto e l’alta Val Cedra
rappresentano le maggiori concentrazioni per l’Emilia centrale, con 6 specie rare ciascuno. Il quadrante 2136-2 è
il più qualificato da questo punto di vista dell’Appennino romagnolo. Il quadrante 1423-1, M. Nero e dintorni tra
il Parmense e il Piacentino ai confini con la Liguria, è più importante per l’Emilia occidentale, con 5 specie rare.
Le Figure 8a e 8b e la Tabella 3 (Appendice 2) tracciano un quadro dettagliato della distribuzione e concentrazione
delle specie più rare fornendo elementi importanti per la gestione del territorio; in particolare forniscono
informazioni utili per le priorità da dare ai fini della conservazione di entità minacciate.
In pianura come risulta dal quadro distributivo generale (Figure 5a e 5b) la presenza delle specie rare è molto
scarsa; da notare tuttavia piccoli “addensamenti” con 3 specie/quadrante cosi localizzati:
•
•
•
•
•
•
•
•
0925-1, comuni di Caorso e Monticelli d’Ongina (PC);
1130-1, comune di Novellara (RE);
1130-2, comuni di Fabbrico, Novellara e Reggiolo (RE);
1131-1, comuni di Carpi e Novi di Modena (MO);
1131-3, comuni di Carpi e Modena (MO);
1033-3, comune di Mirandola (MO);
1231-2, comuni di Carpi e Soliera (MO);
1439-3, comune di Ravenna (RA).
Queste aree sono importanti perché vi si concentrano idrofite rare e minacciate (da citare in particolare Marsilea
quadrifolia e Salvinia natans) che prioritariamente potrebbero essere oggetto di indagini finalizzate al ripristino
delle condizioni ecologiche ed ambientali delle acque che, nel recente passato, ne rendevano possibile la presenza.
179
4.4 Risultati del monitoraggio
Il monitoraggio è di fondamentale importanza per la conservazione di specie rare e minacciate; la rivisitazione di
stazioni note consente di avere informazioni importanti non solo sulle singole specie ma anche sulle condizioni
dell’ambiente, soprattutto quando i dati vengono analizzati nel loro complesso.
Inoltre soltanto con il monitoraggio delle stazioni di crescita è possibile valutare in modo oggettivo le azioni
volte alla conservazione di singole specie oppure individuare i fattori che possono averne determinato il declino.
Sarebbe importante che il monitoraggio delle stazioni di crescita fosse regolare nel tempo e poter valutare,
almeno in alcuni casi, la consistenza dei popolamenti; ciò, purtroppo, non sempre è stato possibile; in ogni caso
ritornare negli stessi luoghi 20-30 anni dopo e annotare con cura la presenza/assenza della pianta fornisce
una base conoscitiva valida visto che le stazioni rivisitate sono oltre 200. In generale non sono state prese in
considerazione le fonti bibliografiche nelle analisi quantitative per eliminare importanti cause di incertezza nella
valutazione del risultato del monitoraggio. In alcuni casi elementi di incertezza sono inevitabili, per esempio
quando la stazione di crescita non è facilmente individuabile e quindi il mancato ritrovamento non indica
necessariamente la scomparsa della pianta; in questi casi ciò è precisato e la stazione è stata indicata come “non
valutabile”.
In qualche caso (molto pochi) il mancato ritrovamento della pianta, anche nel corso di diversi anni in successione,
non significa necessariamente che la pianta sia scomparsa: per esempio una stazione di crescita di Asplenium
adiantum-nigrum a Bologna (Via Irnerio di fronte all’ingresso dell’Orto Botanico, individuata per la prima volta
nell’ottobre del 1994) non era stata osservata negli ultimi 3-4 anni poi, in modo inaspettato (novembre 2014), è
stata rilevata qualche piccola fronda dopo un anno eccezionalmente piovoso, anche in estate.
In diversi centri urbani (in particolare Bologna) si è effettuata una rivisitazione pressoché completa delle stazioni
di crescita di Pteridofite individuate nel passato (una quindicina di anni fa in generale).
Al Corno alle Scale (BO) è stato fatto un lavoro particolarmente accurato su un numero selezionato di specie (7)
localizzate in precise stazioni di crescita individuate per lo più tra gli anni ’80 e ’90.
4.5 Il monitoraggio nei centri urbani e nelle stazioni antropogene
Nella città di Bologna e nei comuni della provincia sono state rivisitate la maggior parte delle stazioni di crescita
(70) di Pteridofite (con esclusione delle Equisetaceae) direttamente note e individuate 10-30 anni fa; 3 stazioni
riguardano la città di Piacenza, 1 la città di Ferrara, 1 la provincia di Ferrara (al confine con Bologna), per un
totale di 75 stazioni di crescita di Pteridofite in ambito urbano o peri-urbano.
I monitoraggi sono stati svolti da F. Bonafede, E. Romani, R. Todeschini e A. Vigarani nel 2011 e solo in pochi
casi i controlli sono stati effettuati nel 2012 e 2014. I risultati generali del monitoraggio sono riassunti in Figura
9.
180
Non confermate
(scomparse per cause non
evidenti): 43%
Confermate:
39%
Non confermate
(distruzione della
stazione):
18%
Figura 9. Risultati del monitoraggio effettuato nel 2011 su 74 stazioni di cui 70 in provincia di Bologna,
3 in provincia di Piacenza, e 2 in provincia di Ferrara
La figura 9 rende evidente il declino delle Pteridofite in ambito urbano; il 61% delle stazioni osservate nel passato
non esistono più; le stazioni non confermate per distruzione della stazione (18%) corrispondono a luoghi dove
è stato chiuso o eliminato il pozzo oppure dove è stato abbattuto o restaurato il muro dove crescevano le piante.
Le stazioni non confermate “per cause non evidenti” (43%) corrispondono a luoghi dove la pianta è scomparsa
nonostante il luogo di crescita non abbia subito alterazioni rilevabili; in questi casi è lecito pensare che la causa
della scomparsa sia il cambiamento del clima caratterizzato da estati lunghe, caldissime e in genere aride (tranne
il 2014), condizioni che danneggiano fortemente sia la fase vegetativa che riproduttiva della maggioranza dei
taxa presi in considerazione in questo studio.
In rari casi (circa il 5% delle stazioni ri-visitate) sono state osservate nuove colonizzazioni da parte di Adiantum
capillus-veneris, Asplenium adiantum-nigrum, A. scolopendrium, A. trichomanes e Cyrtomium falcatum; ciò conferma
la straordinaria capacità di diffusione che hanno queste piante in grado di arrivare quasi ovunque, potendo
181
colonizzare luoghi dove anche solo temporaneamente ci possono essere condizioni ecologiche adatte. L’esame
complessivo dei dati raccolti induce a pensare che il declino quantitativo e generale osservato per le Polypodiales
in ambito urbano sia da attribuire al mutamento delle condizioni ambientali e in particolare delle condizioni
climatiche.
Nella Figura 10 viene analizzata la situazione dettagliata per ogni specie distinguendo le stazioni confermate
(dove la pianta era presente anche con un solo individuo), le stazioni non confermate per distruzione della
stazione e le stazioni non confermate per cause non evidenti sul luogo visitato.
Sarebbe stato interessante valutare anche i popolamenti di ogni specie presente attraverso il conteggio dei “cespi”
oppure attraverso immagini fotografiche ma purtroppo questo non è stato possibile, soprattutto perché non era
stato fatto nel passato e quindi il confronto non era possibile. Ciò detto il dato presenza/assenza della pianta è
già molto significativo.
L’esame della Figura 10 consente le seguenti valutazioni:
• Asplenium onopteris e Gymnocarpium robertianum sono scomparse nelle stazioni controllate; la stazione di
Gymnocarpium robertianum si riferisce ad una stazione distrutta (restauro del balcone);
• Asplenium ruta-muraria è una specie che ha subito una perdita imponente delle stazioni di crescita in
percentuale (83%) e in n. assoluto (5) rispetto al recente passato; A. ruta-muraria è sempre stata rara in
Pianura a sud del Po ed è specie a carattere tendenzialmente microtermo; le stazioni perse appartengono
tutte alla categoria “cause non note”, presumibilmente a causa del cambiamento del clima;
• Notevole anche la perdita di stazioni (80%) di Asplenium ceterach (= Ceterach officinarum), specie diffusissima
in collina ma molto rara in pianura, anche nel passato.
• Asplenium trichomanes e Dryopteris filix-mas sono le specie che, per numero assoluto di stazioni (10 e
7 rispettivamente) perdono il maggior numero di siti di presenza; molto significativa è anche la perdita
percentuale di stazioni per cause non note (55% per Asplenium trichomanes e 58% per Dryopteris filix-mas).
• Le specie che sembrano aver sofferto meno sono Adiantum capillus-veneris e Cyrtomium falcatum (rispettivamente
88% e 75% delle stazioni confermate); molto interessante notare che entrambe le specie sono macroterme: A.
capillus-veneris è specie a distribuzione Pantropicale e C. falcatum è alloctona, spontaneizzata e attualmente in
lenta espansione; originariamente la pianta era distribuita nelle zone temperato-calde dell’Asia orientale. A.
capillus-veneris sfrutta situazioni localizzate dove permane a lungo (anche in estate) umidità per stillicidio o
trasudazione, giovandosi degli inverni decisamente più miti degli ultimi 20-30 anni.
• Il caso di Polypodium vulgare (1 sola stazione nota e confermata) è poco significativo e si riferisce ad una
stazione a Bentivoglio (muro umido per apporto di acqua da un tetto) in cui la pianta “accartoccia” le foglie
nel periodo a lei più ostile (fine estate) per poi tornare a vegetare all’arrivo delle piogge autunnali.
4.6 Le novità per la Flora pteridologica dell’Emilia-Romagna
Figura 10: analisi per specie dei risultati del monitoraggio urbano relativo a 75 stazioni di cui 70 nel
Bolognese, 3 nel Piacentino e 2 nel Ferrarese; i numeri sulle barre rappresentano il numero di stazioni
(confermate; non confermate per distruzione della stazione; non confermate per cause non note).
182
Anogramma leptophylla (L.) Link – Felcetta annuale
La pianta era segnalata genericamente per il Bolognese (Corbetta & Marconi 2013); su segnalazione di
Alessandro Fanti, uno di noi (F. Bonafede) il 29 Maggio del 2014 ha accertato la presenza della pianta nella
seguente località: 2,2 km a nord-ovest di Monzuno, in Val di Setta, loc. S. Nicolò della Gugliara (Monzuno,
Bo), 390 mslm, su arenarie di Loiano; CFEC: 1733-2. In questa località la pianta è presente da almeno 6 anni
e vi compare in primavera (Aprile-Maggio) con pochi esemplari (3-4) di ridotte dimensioni spesso sporificati.
La zona è soggetta a battute al cinghiale e i cacciatori provengono spesso dalla vicina Toscana dove la pianta è
relativamente frequente; è possibile che A. leptophylla sia arrivata recentemente proprio dalla Toscana con queste
modalità favorita dall’aumento delle temperature medie anche nel periodo primaverile, cruciale per lo sviluppo di
questa specie termofila. Entità Cosmopolita-Subtropicale a ciclo biologico annuale (terofita), nota in precedenza
per le seguenti regioni italiane: V. d’Aosta; Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Liguria, Toscana,
Lazio, Campania, Molise, Calabria, Basilicata, Puglia, Sicilia, Sardegna.
Pteris multifida Poir. – Pteride multifida
183
La specie non era nota per l’Emilia-Romagna; su segnalazione di Letizia Zanotti, uno di noi (F. Bonafede) il 7
Novembre 2013 ha accertato la presenza della pianta nel centro storico di Bologna in Via Saragozza nel cortile
interno della chiesa di S. Caterina ad una quota di 74 m (1534-1); cresce localmente abbondante sul fondo di un
ex pozzo attualmente profondo non più di 130 cm con fondo cementato e costantemente umido per la perdita
delle tubature che prendono acqua dal basso; la pianta è localizzata in questo punto e non mostra tendenza, per
il momento, a diffondersi altrove. Il sacrestano ha riferito di non aver mai visto questo tipo di pianta coltivata nei
dintorni. La determinazione è stata confermata anche da D. Marchetti.
P. multifida è specie avventizia macroterma originaria delle zone calde della Cina; in precedenza era nota per le
seguenti regioni italiane: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia-Giulia.
Selaginella kraussiana (Kuntze) A. Braun-Selaginella di Krauss
La specie era stata segnalata recentemente in Acta Plantarum; rinvenuta da Giovanni Fontanesi il 16 marzo
2012 presso la “Casa della Carità di San Girolamo” in via S. Girolamo 24, Reggio Emilia a 58 m slm, in giardino
ombroso; CFEC: 1329-2. E’ stata poi rinvenuta anche a Ferrara al Parco Pareschi e segnalata in Piccoli & al.
(2014). S. kraussiana è specie avventizia macroterma, originaria dell’Africa orientale, nota per le seguenti regioni
italiane: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna (solo per la località indicata in Acta Plantarum) e Sicilia.
4.7 Altri rinvenimenti notevoli
Rispetto alla versione dell’Atlante delle Pteridofite del 2001 sono da segnalare diverse novità importanti; tra
queste sono da citare:
Gymnocarpium robertianum: entità molto rara (soltanto 13 quadranti di presenza in Regione), legata
prevalentemente a substrati calcarei, è stata rinvenuta nelle Foreste Casentinesi (Sasso Fratino, Pian Tombesi,
Canale del Pentolino, Poggio Rovino, Fosso del Satanasso) in comune di Santa Sofia (FC) dove non era mai stata
segnalata;
Huperzia selago: specie microterma distribuita quasi esclusivamente in prossimità del crinale appenninico
generalmente a quote elevate; molto interessante la conferma della presenza attuale in comune di Santa Sofia
alle Foreste Casentinesi (qui era stata scoperta per la prima volta nel 1996) dove sono state individuate diverse
altre stazioni quasi tutte in corrispondenza o nelle vicinanze di affioramenti rocciosi;
Lycopodium annotinum: entità microterma molto rara (soltanto 7 quadranti di presenza in Regione) confermata
in diverse località; particolarmente interessante la conferma in comune di Santa Sofia nelle Foreste Casentinesi;
Osmunda regalis: specie rarissima (soltanto 1 quadrante di presenza in Regione) legata a zone umide (substrati
acidi); recentemente ne è stata scoperta un’altra stazione (ubicata nello stesso quadrante in cui era presente la
stazione storica), in Val Savena (comune di Loiano, BO), una vallata a forte rischio di alterazione ambientale a
causa dell’attività estrattiva, in continua e pericolosa espansione.
4.8 Le specie da proteggere
Diphasiastrum tristachyum: specie rarissima, confermata la presenza in Regione; rinvenuto nel Modenese in 2
località nei comuni di Pievepelago e Pavullo nel Frignano e nel Parmense, dove non era noto in precedenza, in
una località nel comune di Albareto;
I provvedimenti di tutela per singole specie sono importanti come lo sono la protezione e la corretta gestione
degli habitat che ne consentono la sopravvivenza. Riferendosi alla Regione Emilia-Romagna, la normativa di
riferimento per la tutela di singole specie è ancora la legge 2 del 24 gennaio 1977 dove, all’articolo 4, viene
riportato l’elenco delle entità vegetali protette; l’elenco può essere aggiornato e rivisto periodicamente sulla
base delle nuove conoscenze come previsto nello stesso articolo. Questa previsione è stata utilizzata una sola
volta, per includere il genere Limonium (Decreto n° 664 del Presidente della Giunta Regionale del 25 Settembre
1989). Alcune Pteridofite, attualmente non protette, andrebbero sicuramente incluse nell’elenco che al momento
comprende soltanto Asplenium (Phyllitis) sagittatum (DC.) Bange e A. (Phyll.) scolopendrium L.; il primo è estinto nel
territorio regionale ed è in atto un progetto di reintroduzione. La pianta è stata già traslocata in 12 micostazioni
della Vena del Gesso nel marzo 2015.
Criteri per includere una specie nell’elenco possono essere i seguenti:
Dryopteris carthusiana: entità molto rara in Regione è stata rinvenuta nel Parmense (Boschi di Carrega, in comune
di Sala Baganza) dove non era stata mai segnalata;
•
•
Asplenium onopteris: specie stenomediterranea, nuova per il Parmense; rinvenuta in diverse località nei comuni di
Salsomaggiore Terme, Terenzo, Montechiarugolo, Berceto, Medesano, Baganza;
Botrichyum multifidum: entità rarissima e di grande interesse conservazionistico; molto interessante la conferma
della presenza in Regione; é stato rinvenuto in 3 località dell’alto Appennino modenese nel 2002 e nel 2010 nel
comune di Fanano e nello stesso quadrante;
Equisetum palustre: la specie da molto tempo non era stata confermata nel Ravennate dove si riteneva fosse
scomparsa; di recente (2014 e 2015) è stata invece confermata in una serie di località in comune e provincia
di Ravenna: S. Romualdo, poco a monte di Santalberto (sotto all’argine destro di Reno), presso la penisola di
Boscoforte in prossimità dell’argine sinistro del Reno, Punte Alberete; è stato rinvenuto anche in comune di
184
Bagnacavallo “lungo il Canale Naviglio (per chilometri!) e anche tra le case di Bagnacavallo fino a Villa Prati”;
la specie (o il gruppo di specie) deve essere vistosa e ben identificabile anche da non specialisti;
la specie deve presentare caratteri di rarità valutata sul territorio regionale in modo oggettivo; un criterio
potrebbe essere quello di includere l’entità floristica nella categoria “specie rara” quando la sua presenza
risulta in meno del 5% del totale dei quadranti regionali; poiché il numero dei quadranti regionali è di 700,
la specie deve essere considerata “rara” quando la sua presenza è inferiore a 35 quadranti sulla base dei dati
di campagna.
185
Altri criteri importanti da tenere in considerazione riguardano specie che presentano popolazioni formate da
numero di individui non elevato;
• hanno un habitat limitato per frequenza ed estensione (es.: piante di substrati rocciosi serpentinosi o di rocce
stillicidiose);
• hanno un habitat minacciato (esempio: zone umide);
• presentano una distribuzione frammentata (esempio: Thelypteris palustris);
• sono al limite di areale in Italia (esempio: Equisetum sylvaticum);
• hanno registrato una diminuzione delle popolazioni e/o delle stazioni di crescita (cfr. il capitolo sul
Monitoraggio);
Sulla base dei criteri elencati e dei risultati dell’indagine si propone di integrare la lista delle entità vegetali
protette dalla Legge regionale 2 del 24 gennaio 1977; a ciascuna specie sono associate eventuali indicazioni per
la conservazione delle popolazioni presenti nel territorio regionale.
Allosorus persicus (Bory) Mett. ex Kuhn - Abbastanza vistosa; non difficile da identificare; 2 quadranti di presenza
nei Gessi romagnoli (sole località in Italia); popolazioni anche abbondanti; le stazioni di presenza sono tutte nel
Parco regionale “Vena del Gesso romagnola”; la percezione dell’importanza conservazionistica di questa specie
è molto diffusa anche a livello locale. Si ritiene che i livelli di protezione siano adeguati.
Asplenium fontanum (L.) Bernh. - Abbastanza vistosa, non difficile da identificare, è presente in soli 3 quadranti
nel Piacentino, mentre una popolazione nel Reggiano è scomparsa; le popolazioni non sono particolarmente
ricche. Habitat: rupi stillicidiose. Azione proposta: monitoraggio.
Blechnum spicant (L.) Roth - Vistosa, molto facile da identificare; presente in 23 quadranti, con popolazioni scarse;
viene usato anche nei giardini (in Inghilterra molto di frequente); habitat: vallecole riparate, generalmente in
prossimità di zone umide. La distribuzione è princiaplmente montana; alcune località si trovano nella fascia
collinare (Parmense, Modenese). Azione proposta: monitoraggio.
Equisetum sylvaticum L. – Specie abbastanza vistosa e non difficile da identificare; presenza regionale limitata
a 1 quadrante (montagna modenese) e limite meridionale di distribuzione italiana, molto disgiunta dall’areale
principale. Habitat: radure e prati umidi montani. Azioni proposte: valutazione di specifiche minacce, monitoraggio
annuale; eventuale protezione del sito.
Marsilea quadrifolia L. - Vistosa; facile da identificare. E’ la specie per la quale si è registrato un vero crollo
della presenza in Regione (da 16 quadranti rilevati nel recente passato a soli 3 attualmente), tanto che è difficile
valutarne la consistenza attuale. Vive in zone umide di pianura, dove subisce la minaccia sia della qualità delle
acque che di specie animali esotiche come la Nutria e il Gambero della Louisiana. E’ la specie la cui conservazione
suscita le maggiori preoccupazioni. Azioni proposte: monitoraggio, conservazione ex-situ in orti botanici.
Matteuccia struthiopteris (L.) Tod. – Pianta molto vistosa e di facile identificazione. La presenza è accertata nel
186
Parco Nazionale delle “Foreste Casentinesi” e la sua importanza è ben nota. I livelli di protezione sono adeguati.
Osmunda regalis L. - Molto vistosa; facile da identificare. E’ rarissima, nota per 2 stazioni situate in 1 solo
quadrante, con popolazioni scarse, consistenti in un totale di poche decine di individui. Vive in zone umide in
ambiente forestale su suoli acidi; habitat non frequente. Dal monitoraggio effettuato le popolazioni sono stabili.
Non si trova in area protetta. Azione proposta: monitoraggio con cadenza annuale o biennale.
Thelypteris palustris Schott - Abbastanza vistosa; non difficile da identificare; è presente in 13 quadranri; le
popolazioni mostrano elevate oscillazioni di anno in anno. Vive in zone umide in buono stato di conservazione;
habitat non frequente. La distribuzione è frammentata. Alcune stazioni sono scomparse (es.: Fontanili di Corte
valle Re, nel Reggiano); specie sicuramente minacciata. Popolazioni ricche si trovano nella Riserva naturale
statale del Bosco della Mesola. Azione proposta: monitoraggio delle stazioni meno ricche con cadenza annuale
o biennale.
Appendice 1
Le aree più ricche di Pteridofite nei territori provinciali
Per ogni territorio provinciale sono elencati i quadranti più ricchi di Pteridofite suddivisi secondo le fasce
altitudinali, così definite:
Pianura: 0-100 m (pianura padana); la “pianura alta”, che è frammentaria e collocata alla base delle colline, è
costituita dalle paleoconoidi post-wurmiane; viene evidenziata solo nel caso dei Boschi di Carrega nel Parmense
Collina e bassa Montagna: 100-1000 m
Montagna (ed eventuale fascia suprasilvatica): altitudini oltre 1000 m
Per ogni fascia altitudinale nel territorio provinciale sono stati individuati 2-4 quadranti scelti tra quelli più
ricchi di Pteridofite sulla base dei dati rilevati direttamente nel corso delle indagini; tra i quadranti con lo stesso
numero di specie (o poco diverso) sono stati scelti quelli che comprendevano stazioni di specie rare sul territorio
regionale e/o a livello della provincia interessata dall’analisi.
Territorio della Provincia di Piacenza
Fascia di pianura
Quadrante: 0924-1, area urbana di Piacenza; Numero di specie: 6; Comune: Piacenza
Presenze notevoli (in riferimento al contesto urbano): Asplenium scolopendrium, A. trichomanes, Dryopteris
filix-mas
Quadrante: 0925-1; Numero di specie: 6; Comuni: Caorso e Monticelli d’Ongina
Presenze notevoli: Azolla filiculoides, Salvinia natans, Thelypteris palustris
187
Quadrante: 1025-4; Numero di specie: 4; Comune: Alseno
Presenze notevoli: Equisetum palustre, Pteridium aquilinum (rara per la pianura)
Fascia di collina
Quadrante: 1122-4; Numero di specie: 13; Comuni: Bobbio e Travo
Presenze notevoli: Asplenium cuneifolium, A. septentrionale, Paragymnopteris marantae
Quadrante: 1122-3; Numero di specie: 11; Comuni: Bobbio e Pecorara
Presenze notevoli: Asplenium cuneifolium, A. ruta-muraria, A. septentrionale, Paragymnopteris marantae
Quadrante: 1124-3; Numero di specie: 11; Comune: Gropparello
Presenze notevoli: Asplenium cuneifolium, Paragymnopteris marantae
Quadrante: 1125-3; Numero di specie: 10; Comune: Vernasca
Presenze notevoli: Dryopteris cambrensis
Nota: il quadrante comprende in piccola parte anche territorio parmense (M. Pietra Nera, in comune di
Salsomaggiore Terme)
Fascia di montagna e suprasilvatica
Quadrante: 1422-2; Numero di specie: 27; Comune: Ferriere
Presenze notevoli: Asplenium viride, Botrychium lunaria, Cryptogramma crispa, Dryopteris cambrensis,
Huperzia selago, Phegopteris connectilis, Polystichum lonchitis, Woodsia alpina
Nota: il quadrante comprende in piccola parte anche territorio parmense (M. Maggiorasca, in Comune di Bedonia)
Quadrante: 1423-1; Numero di specie: 26; Comune: Ferriere
Presenze notevoli: Asplenium adulterinum, A. viride, Cryptogramma crispa, Dryopteris cambrensis, D. expansa,
Equisetum hyemale, Huperzia selago, Phegopteris connectilis, Polystichum lonchitis, Woodsia alpina
Nota: il quadrante comprende in parte anche territorio parmense (M. Nero e M. Ragola versante est, in comune
di Bedonia)
Quadrante: 1324-1; Numero di specie: 23; Comune: Morfasso
Presenze notevoli: Asplenium viride, Botrychium lunaria, Huperzia selago, Polystichum setiferum
Nota: il quadrante comprende in piccola parte anche territorio parmense (Groppo di Goro, in Comune di Bardi)
Quadrante: 1323-3; Numero di specie: 22; Comune: Ferriere
Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium. Athyrium distentifolium, Equisetum fluviatile, Dryopteris
cambrensis, Woodsia alpina
Territorio della Provincia di Parma
Fascia di pianura
Quadrante: 1027-4; Numero di specie: 6; Comune: Torrile
Presenze notevoli: Asplenium trichomanes, Dryopteris filix-mas, Marsilea quadrifolia (introdotta con il progetto
Life07 NAT/IT/000499 “Pianura Parmense”).
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Quadrante: 1028-4; Numero di specie: 5; Comune: Mezzani
Presenze notevoli: Marsilea quadrifolia (introdotta, vedi sopra), Salvinia natans.
Quadrante: 0926-3; Numero di specie: 5; Comune: Polesine Parmense
Presenze notevoli: Salvinia natans
Nota: il quadrante comprende anche territorio piacentino dove sono segnalate: Asplenium trichomanes e Dryopteris
filix-mas, entrambe notevoli per la pianura (S. Agata, Parco di Villa Verdi, Comune di Villanova d’Arda)
Fascia di pianura alta
Quadrante: 1227-3; Numero di specie: 18
Comune: Sala Baganza e Collecchio (Boschi di Carrega)
Presenze notevoli: tra le specie rare o rarissime, in questo ambito, sono da citare: Asplenium onopteris, Blechnum
spicant, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. carthusiana, D. dilatata, Polystichum aculeatum, Polystichum
setiferum
Nota: i Boschi di Carrega costituiscono una stazione di straordinaria ricchezza floristica; la sua corretta gestione
è fondamentale per la conservazione delle Pteridofite nelle prime colline della Regione Emilia-Romagna; il luogo
sarebbe meritevole di un piano di gestione che tiene conto di questa situazione, unica nella Regione in questo
contesto a bassa quota
Fascia collinare
Quadrante: 1324-4; Numero di specie: 18; Comuni: Bardi e Varsi
Presenze notevoli: Asplenium cuneifolium, A. septentrionale, Dryopteris cambrensis, D. dilatata, Paragymnopteris
marantae, Polystichum setiferum
Quadrante: 1425-3; Numero di specie: 17; Comune: Borgo Val di Taro
Presenze notevoli: Asplenium cuneifolium, A. septentrionale, Equisetum palustre, Paragymnopteris marantae
Quadrante: 1325-1; Numero di specie: 15; Comune: Varsi
Presenze notevoli: Asplenium onopteris, A. scolopendrium, Cystopteris fragilis, Polystichum aculeatum, P.
setiferum
Fascia montana e suprasilvatica
Quadrante: 1626-2; Numero di specie: 29; Comune: Monchio delle Corti
Presenze notevoli: Asplenium viride, Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Cryptogramma crispa,
Dryopteris borreri, D. cambrensis, Equisetum fluviatile, Lycopodium annotinum, Lycopodium clavatum,
Polystichum lonchitis, Thelypteris limbosperma
Nota: il quadrante comprende una piccola parte di territorio reggiano dov’è segnalato Lycopodium clavatum
(Tra Passo Lagastrello e Miscoso, comune di Ramiseto)
Quadrante: 1523-1; Numero di specie: 28; Comuni: Bedonia e Tornolo
Presenze notevoli: Asplenium onopteris, A. viride, A. scolopendrium, Botrychium lunaria, Cryptogramma crispa,
Dryopteris cambrensis, Polystichum lonchitis, Polystichum setiferum, Woodsia alpina
Quadrante: 1526-3; Numero di specie: 26; Comune: Corniglio
189
Presenze notevoli: Asplenium viride, Athyrium distentifolium, Cryptogramma crispa, Dryopteris cambrensis,
Equisetum hyemale, Lycopodium clavatum, Polystichum lonchitis
Quadrante: 1626-1; Numero di specie: 26; Comuni: Corniglio e Monchio delle Corti
Presenze notevoli: Asplenium viride, Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Cryptogramma crispa,
Dryopteris cambrensis, D. oreades, Lycopodium clavatum, Polystichum lonchitis
Territorio della Provincia di Reggio Emilia
Fascia di pianura
Quadrante: 1329-2 (area urbana di Reggio Emilia); Numero di specie: 12; Comune: Reggio Emilia
Presenze notevoli: Adiantum capillus-veneris, Asplenium adiantum-nigrum, A. Ceterach, A. ruta-muraria, A.
scolopendrium, Athyrium filix-femina, Dryopteris filix-mas, Selaginella kraussiana
Nota: l’area urbana di Reggio Emilia è una delle più interessanti della Regione per le Pteridofite; Selaginella
kraussiana è un’esotica di rinvenimento recente
Quadrante: 1130-2; Numero di specie: 7; Comuni: Reggiolo, Fabbrico, Novellara e Campagnola Emilia
Presenze notevoli: Asplenium trichomanes, Azolla filiculoides, Marsilea quadrifolia, Salvinia natans
Nota: Marsilea quadrifolia non è stata ritrovata dopo il 2001
Quadrante: 1130-1; Numero di specie: 6; Comune: Novellara
Presenze notevoli: Azolla filiculoides, Marsilea quadrifolia, Salvinia natans
Nota: Marsilea quadrifolia è stata non ritrovata dopo il 2001
Quadrante: 1229-1; Numero di specie: 6; Comune: Campegine
Presenze notevoli: Equisetum palustre, Salvinia natans, Thelypteris palustris
Note: Thelypteris palustris non è confermata; da ritenere scomparsa
Fascia collinare
Quadrante: 1428-2; Numero di specie: 17; Comune: Canossa
Presenze notevoli: Asplenium onopteris, A. scolopendrium, A. septentrionale, Polypodium cambricum
Quadrante: 1428-4; Numero di specie: 16; Comune: Casina
Presenze notevoli: Adiantum capillus-veneris, Asplenium scolopendrium, Dryopteris carthusiana, D. dilatata
Quadrante: 1628-1; Numero di specie: 14; Comuni: Villa Minozzo e Busana
Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium, Dryopteris dilatata
Quadrante: 1628-2; Numero di specie: 14; Comuni: Villa Minozzo e Castelnovo ne’ Monti
Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium, Equisetum palustre, Paragymnopteris marantae
Fascia di montagna e suprasilvatica
Quadrante: 1627-3; Numero di specie: 30; Comuni: Collagna e Ramiseto
Presenze notevoli: Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Dryopteris borreri, D.
cambrensis, D. oreades, Equisetum fluviatile, E. hyemale, Woodsia alpina
Quadrante: 1627-2; Numero di specie: 28; Comuni: Busana, Collagna, Ramiseto e Ligonchio
Presenze notevoli: Athyrium distentifolium, Botrychium lunaria, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. dilatata,
190
Gymnocarpium robertianum, Ophioglossum vulgatum
Quadrante: 1728-1; Numero di specie: 26; Comuni: Ligonchio e Villa Minozzo
Presenze notevoli: Athyrium distentifolium, Botrychium lunaria, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. dilatata,
D. oreades, Thelypteris limbosperma
Territorio della Provincia di Modena
Fascia di pianura
Quadrante: 1331-2; Numero di specie: 16; Comune: Modena (area urbana)
Presenze notevoli: Asplenium adiantum-nigrum, Asplenium Ceterach, A. ruta-muraria, A. scolopendrium,
A. trichomanes, Athyrium filix-femina, Cystopteris fragilis, Dryopteris cambrensis, D. filix-mas, Equisetum
palustre, Gymnocarpium robertianum, Polypodium interjectum
Nota: è il quadrante più ricco di Pteridofite nell’area di Pianura di tutta la Regione; purtroppo le stazioni più
importanti (ex fonderie di Modena e i ruderi lungo la ferrovia) sono state completamente distrutte; dopo il
2009 quasi tutte le specie rilevate in loco non sono più esistenti; in qualche caso le piante sono state trasferite
in zona protetta. L’elenco delle specie rinvenute è straordinario per un territorio di pianura anche al di fuori
della Regione Emilia-Romagna; viene confermata l’importanza dei vecchi manufatti per la conservazione delle
Pteridofite in contesto urbano
Quadrante: 1031-4; Numero di specie: 10; Comuni: Concordia sulla Secchia e Novi di Modena
Presenze notevoli: Adiantum capillus-veneris, Asplenium scolopendrium, A. trichomanes, Dryopteris filix-mas,
Salvinia natans
Quadrante: 1231-2; Numero di specie: 6; Comuni: Carpi e Soliera
Presenze notevoli: Azolla filiculoides, Dryopteris filix-mas, Marsilea quadrifolia, Salvinia natans
Note: Marsilea quadrifolia è probabilmente scomparsa negli ultimi anni
Fascia collinare
Quadrante: 1631-2; Numero di specie: 20; Comuni: Guiglia e Zocca
Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium, A. onopteris, Blechnum spicant, Dryopteris cambrensis, D. dilatata,
Polypodium cambricum
Note: La popolazione di Asplenium scolopendrium del Rio delle Vallecchie e zone limitrofe è tra le più ricche
della Regione
Quadrante: 1530-2; Numero di specie: 15; Comune: Serramazzoni
Presenze notevoli: Adiantum capillus veneris, Gymnocarpium robertianum, Paragymnopteris marantae,
Polypodium cambricum, Polystichum setiferum
Quadrante: 1629-4; Numero di specie: 15; Comuni: Palagano e Montefiorino
Presenze notevoli: Asplenium onopteris, A. septentrionale, Gymnocarpium robertianum
Quadrante: 1630-4; Numero di specie: 15; Comuni: Pavullo nel Frignano e Lama Mocogno
Presenze notevoli: Diphasiastrum tristachyum, Dryopteris dilatata, Equisetum palustre
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Fasce montana e suprasilvatica
Quadrante: 1830-1; Numero di specie: 36; Comuni: Fanano, Fiumalbo e Sestola
Presenze notevoli: Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Botrychium multifidum,
Cryptogramma crispa, Diphasiastrum alpinum, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. carthusiana, D. oreades,
Equisetum fluviatile, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium clavatum, Thelipteris limbosperma
Nota: è il quadrante più ricco di specie di tutta la Regione Emilia-Romagna
Quadrante: 1829-4; Numero di specie: 30; Comuni: Fiumalbo e Pievepelago
Presenze notevoli: Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Cryptogramma crispa,
Diphasiastrum alpinum, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. oreades, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium
clavatum, Thelypteris limbosperma
Quadrante: 1830-2; Numero di specie: 27; Comune: Fanano
Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium, Blechnum spicant, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. dilatata,
Equisetum sylvaticum, Lycopodium clavatum, Polystichum setiferum, Thelypteris palustris
Territorio della Provincia di Bologna
Fascia di pianura
Quadrante: 1234-1; Numero di specie: 9; Comuni: Galliera e San Pietro in Casale
Presenze notevoli: Adiantum capillus-veneris, Asplenium ruta-muraria, A. scolopendrium, A. trichomanes,
Cyrtomium falcatum, , Dryopteris filix-mas, Salvinia natans
Nota: il quadrante comprende una piccola parte di territorio Ferrarese (comuni di Sant’Agostino e Poggio
Renatico)
Quadrante: 1334-1; Numero di specie: 6; Comuni: Argelato e Castello d’Argile
Presenze notevoli: Asplenium Ceterach, A. scolopendrium, A. trichomanes, Ceterach officinarum, Cystopteris
fragilis, Dryopteris filix-mas, Polystichum aculeatum
Quadrante: 1233-1; Numero di specie: 6; Comune: Crevalcore
Presenze notevoli: Asplenium adiantum-nigrum, A. trichomanes, Dryopteris filix-mas
Fascia collinare
Quadrante: 1733-2; Numero di specie: 19; Comuni: Loiano e Monzuno
Presenze notevoli: Anogramma leptophylla, Dryopteris borreri, D. dilatata, Equisetum palustre, Osmunda
regalis
Nota: si tratta dell’unico quadrante in Regione in cui sono presenti Anogramma leptophylla e Osmunda regalis
Quadrante: 1633-4; Numero di specie: 18; Comuni: Monzuno, Sasso Marconi, Loiano e Pianoro
Presenze notevoli: Asplenium onopteris, A. scolopendrium, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. dilatata
Quadrante: 1732-1; Numero di specie: 18; Comune: Castel d’Aiano
Presenze notevoli: Asplenium ruta-muraria, A. scolopendrium, Dryopteris borreri, Polypodium cambricum
Quadrante: 1734-1; Numero di specie: 17; Comuni: Loiano e Monterenzio
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Presenze notevoli: Asplenium onopteris, A. scolopendrium, Polypodium cambricum
Fasce montana e suprasilvatica
Quadrante: 1830-4; Numero di specie: 33; Comune: Lizzano in Belvedere
Presenze notevoli: Asplenium septentrionale, Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Botrychium lunaria,
Cryptogramma crispa, Cystopteris alpina, Diphasiastrum alpinum, Dryopteris cambrensis, D. oreades,
Lycopodium clavatum
Nota: il quadrante è tra i più ricchi dell’intera Regione; comprende una parte di territorio Modenese (Fanano) dove
sono state osservate le seguenti entità rare e interessanti: Asplenium septentrionale, Botrychium multifidum,
Diphasiastrum alpinum Blechnum spicant,Cystopteris alpina, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium
clavatum
Quadrante: 1830-3; Numero di specie: 33; Comuni: Granaglione, Lizzano in Belvedere e Porretta Terme
Presenze notevoli: Asplenium septentrionale, Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Botrychium lunaria,
Cryptogramma crispa, Cystopteris alpina, Diphasiastrum alpinum, Dryopteris cambrensis, D. oreades,
Lycopodium clavatum
Quadrante: 1831-4; Numero di specie: 24; Comuni: Granaglione e Porretta Terme
Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium, A. ruta-muraria, A. septentrionale, Dryopteris borreri, D.
cambrensis, D. dilatata
Quadrante: 1832-4; Numero di specie: 21; Comuni: Camugnano e Castiglione dei Pepoli
Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium, Dryopteris cambrensis, D. dilatata, Ophioglossum vulgatum,
Thelypteris limbosperma
Territorio della Provincia di Ferrara
Fascia di pianura e Zona costiera
Quadrante: 1135-4 (area urbana); Numero di specie: 7; Comune: Ferrara (area urbana)
Presenze notevoli: Asplenium Ceterach, A. ruta-muraria, A. scolopendrium, A. trichomanes, Ceterach officinarum
Dryopteris filix-mas, Pteridium aquilinum, Selaginella kraussiana
Nota: Selaginella kraussiana è specie esotica, rinvenuta di recente
Quadrante: 1135-4; Numero di specie: 7; Comune: Mirabello
Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium, A. trichomanes, Dryopteris filix-mas, Salvinia natans
Quadranti: 1139-1 e 1139-2; Numero di specie: 5 Comune: Mesola
Presenze notevoli: Asplenium ruta-muraria, A. trichomanes, Pteridium aquilinum, Thelypteris palustris
Quadrante: 1037-1; Numero di specie: 5; Comuni: Copparo e Berra
Presenze notevoli: Azolla filiculoides, Salvinia natans
Territorio della Provincia di Ravenna
193
Fascia di pianura e Zona costiera
Quadrante: 1438-1; Numero di specie: 5; Comune: Alfonsine
Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium, A. trichomanes
Quadrante: 1439-3; Numero di specie: 4; Comune: Ravenna
Presenze notevoli: Azolla filiculoides, Pteridium aquilinum, Salvinia natans, Thelypteris palustris
Nota: Asplenium ceterach subsp. bivalens è stata rinvenuta di recente nella Pineta di San Vitale
Quadrante: 1538-4; Numero di specie: 4; Comune: Ravenna
Presenze notevoli: Asplenium adiantum-nigrum, A. scolopendrium
Fascia di collina
Quadrante: 1736-3; Numero di specie: 14; Comuni: Brisighella e Casola Valsenio
Presenze notevoli: Allosorus persicus, Asplenium ceterach subsp. bivalens, A. ruta-muraria, A. scolopendrium,
Polypodium cambricum, Polystichum lonchitis
Note: recentemente alla base di M. Mauro è stato rinvenuto anche Asplenium onopteris
Quadrante: 1736-4; Numero di specie: 13; Comune: Brisighella
Presenze notevoli: Asplenium onopteris, A. scolopendrium, Polypodium cambricum, Polystichum aculeatum,
Polystichum lonchitis
Quadrante: 1736-1; Numero di specie: 10; Comuni: Casola Valsenio e Riolo Terme
Presenze notevoli: Allosorus persicus, Asplenium scolopendrium, Polystichum setiferum
Territorio della Provincia di Forlì-Cesena
Fascia di collina
Quadrante: 2138-1; Numero di specie: 11; Comune: Bagno di Romagna
Presenze notevoli: Asplenium adiantum-nigrum, Polypodium cambricum
Quadrante: 2039-4; Numero di specie: 11; Comune: Mercato Saraceno
Presenze notevoli: Asplenium ruta-muraria, A. scolopendrium, Polypodium cambricum, Polystichum aculeatum,
Polystichum setiferum
Quadrante: 2138-4; Numero di specie: 10; Comune: Verghereto
Presenze notevoli: Asplenium ceterach subsp. bivalens, Polystichum aculeatum, Polystichum setiferum
Note: il numero delle specie rilevate nel quadrante è notevole e paragonabile ai quadranti dell’alto Appennino
emiliano situati a quote molto superiori; moltissime le specie rare incluse nell’elenco. L’intera area del Parco
Nazionale è di grande importanza pteridologica, anche negli altri quadranti non esaminati in questa lista.
Quadrante: 2136-2; Numero di specie: 24; Comune: Santa Sofia
Presenze notevoli: Asplenium adiantum-nigrum, A. scolopendrium, A. viride, Blechnum spicant, Botrychium
lunaria, Dryopteris borreri, D. dilatata, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium annotinum, L. clavatum,
Ophioglossum vulgatum, Phegopteris connectilis
Quadrante: 2137-4; Numero di specie: 19; Comune: Bagno di Romagna
Presenze notevoli: Asplenium ruta-muraria, A. scolopendrium, A. viride, Dryopteris dilatata, Gymnocarpium
robertianum, Huperzia selago
Quadrante: 2238-1; Numero di specie: 18; Comune: Verghereto
Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium, A. viride, Dryopteris cambrensis, D. dilatata, D. expansa,
Gymnocarpium robertianum, Huperzia selago, Phegopteris connectilis, Polystichum lonchitis
Territorio della Provincia di Rimini
Fascia di collina
Quadrante: 2040-2; Numero di specie: 5; Comune: Verucchio
Presenze notevoli: Asplenium trichomanes, A. ceterach subsp. bivalens, Polypodium cambricum
Quadrante: 2139-4; Numero di specie: 5; Comuni: Pennabilli e Sant’Agata Feltria
Presenze notevoli: Asplenium ceterach subsp. bivalens, A. ceterach subsp. ceterach, A. scolopendrium, A.
trichomanes, Polypodium cambricum
Quadrante: 2141-1; Numero di specie: 3; Comune: Gemmano
Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium, Polypodium cambricum
Fascia di montagna
Quadrante: 2137-3; Numero di specie: 29; Comune: Bagno di Romagna
Presenze notevoli: Asplenium adiantum-nigrum, A. onopteris, A. ruta-muraria, A. scolopendrium, A. viride,
Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Dryopteris borreri , D. cambrensis, D. dilatata, Equisetum palustre,
Gymnocarpium dryopteris, Huperzia selago, Matteuccia struthiopteris, Phegopteris connectilis
194
195
Appendice 2
Le specie particolarmente rare
Vengono analizzate le entità presenti in meno di 20 quadranti nella Regione Emilia-Romagna.
Sono trattate in una tabella a parte (Tabella 4) anche 3 specie con un numero di presenze superiore, ma che
richiedono un ragionamento particolare; si tratta di:
Salvinia natans (specie fortemente minacciata nel territorio di Pianura per l’alterazione profonda del territorio);
Botrychium lunaria (specie propria delle Praterie e dei Vaccinieti d’alta quota e qui minacciata probabilmente dai
cambiamenti climatici);
Blechnum spicant (diverse stazioni disgiunte, popolamenti spesso ridotti, a volte costituiti da 1-2 individui).
Sono invece state escluse dall’analisi Asplenium ceterach subsp. bivalens in quanto la sua distribuzione è
insufficientemente conosciuta, Cyrtomium falcatum e Selaginella kraussiana in quanto alloctone e di scarso interesse
naturalistico.
Matteuccia
struthiopteris
1
FORLI-CESENA: Bagno di
Romagna
Rarissima, presente in poche stazioni
localizzate nello stesso quadrante
(Foreste Casentinesi); l’origine della
presenza è incerta.
Osmunda regalis
1
BOLOGNA: Loiano; Monzuno
Rarissima, di particolare vistosità
e bellezza, facilmente identificabile,
meritevole di essere protetta nella
Regione; le due stazioni di crescita si
trovano nello stesso quadrante in Val
Savena.
Asplenium adulterinum
2
PARMA: Bedonia, Corniglio.
PIACENZA: Ferriere
Rarissima; rinvenuta in Regione
soltanto in tempi recenti.
Cheilanthes persica
2
RAVENNA: Brisighella, Casola
Valsenio;
Rarissima, le stazioni nella mostra
Regione sono le uniche in Italia
Asplenium fontanum
3
PIACENZA: Ottone
Rarissima; non più ritrovata nel
Reggiano
Diphasiastrum alpinum
4
MODENA: Fanano, Fiumalbo,
Pievepelago; BOLOGNA:
Lizzano in Belvedere;
Molto rara, presente in Regione con
popolamenti ridotti e attualmente
localizzati in una ristretta area
dell’Alto Appennino tra Modenese e
Bolognese
Diphasiastrum
tristachyum
4
PARMA: Albareto; MODENA:
Pavullo nel Frignano,
Pievepelago
Molto rara, presente in Regione con
popolamenti ridotti e localizzati in
stazioni disgiunte dell’ Appennino
Parmense e Modenese.
Le entità trattate sono elencate per numero crescente di quadranti.
Tab. 3. sPecie ParTicolarmenTe rare, PresenTi in meno di 20 quadranTi
Entità
Botrychium
matricariifolium
196
N. di
quadranti
1
Province e Comuni di presenza
MODENA: Fanano
Note
Rarissima.
Botrychium multifidum
1
MODENA: Fanano
Rarissima
Cystopteris montana
1
BOLOGNA: Lizzano in Belvedere
Rarissima; con ogni probabilità è
scomparsa nell’unica stazione di
crescita al Corno alle Scale
Equisetum sylvaticum
1
MODENA: Fanano;
Rarissima, piuttosto vistosa, presente
in una sola località in provincia di
Modena; meritevole di essere protetta a
livello regionale
197
Tab. 3. sPecie ParTicolarmenTe rare, PresenTi in meno di 20 quadranTi (segue)
Dryopteris carthusiana
4
PARMA: Sala Baganza; REGGIO
EMILIA: Castelnovo né Monti;
MODENA: Fanano, Sestola
Molto rara, presente in Regione con
popolamenti ridotti e localizzati in
stazioni disgiunte dell’ Appennino
Parmense, Reggiano e Modenese.
Cystopteris alpina
5
PIACENZA: Ferriere;
MODENA: Fanano; BOLOGNA:
Lizzano in Belvedere;
Molto rara, accertata in Regione solo
di recente, prima nel Bolognese e
Modenese poi nel Piacentino.
PARMA: Monchio delle
Corti; REGGIO EMILIA:
Ligonchio, Ramiseto; MODENA:
Pievepelago; BOLOGNA:
Lizzano in belvedere, Porretta
Terme; FORLI-CESENA: S.
Sofia;
Rara e con stazioni disgiunte, legata ai
Vaccinieti e alle praterie d’Altitudine;
molto recentemente sono stati
individuati popolamenti di grande
consistenza al Corno alle Scale (BO).
PARMA: Albareto, Monchio
delle Corti; REGGIO EMILIA:
Ligonchio, Villa Minozzo;
MODENA: Fanano, Fiumalbo,
Pievepelago; BOLOGNA:
Castiglione de’ Pepoli
Rara con stazioni disgiunte lungo il
crinale appenninico; alcune stazioni
non sono state confermate.
PIACENZA: Ferriere, Morfasso;
PARMA: Berceto, Corniglio;
REGGIO EMILIA: Collagna;
MODENA: Fanano, Zocca;
BOLOGNA: Lizzano in Belvedere
Rara, legata a prati umidi; alcune
stazioni (Modenese, Piacentino) sono
fortemente disgiunte. L a stazione in
provincia di Bologna è vicinissima al
comune di Fanano (MO)
Lycopodium annotinum
Thelypteris limbosperma
Equisetum hyemale
198
7
7
9
Woodsia alpina
10
PIACENZA: Ferriere;
PARMA: Bedonia; REGGIO
EMILIA: Collagna, Ramiseto;
Villa Minozzo; MODENA:
Pievepelago
Microterma molto rara e forse in
ulteriore contrazione;
Dryopteris oreades
11
PARMA: Monchio delle Corti;
REGGIO EMILIA: Ligonchio;
MODENA: Fanano, Fiumalbo,
Sestola, Pievepelago; BOLOGNA:
Lizzano in Belvedere
Specie rara, di particolare interesse
biogeografico; localizzata nel settore
più elevato dell’Appenino Parmense,
Reggiano, Modenese e Bolognese.
Gymnocarpium
robertianum
13
PIACENZA: Bobbio, Ottone;
REGGIO EMILIA: Ramiseto;
MODENA: Fanano, Modena,
Palagano, Pievepelago,
Serramazzoni; BOLOGNA:
Savigno; FORLI-CESENA:
Bagno di Romagna, S. Sofia;
Specie rara, preferisce nettamente i
substrati calcarei; le stazioni di crescita
sono fortemente disgiunte; la pianta
risulta non più presente in alcune
località dove cresceva su manufatti
(Bologna, Modena).
Thelypteris palustris
13
PIACENZA: Monticelli
D’Ongina; PARMA: Albareto;
REGGIO EMILIA: Campegine;
MODENA: Fanano, Palagano,
Pavullo nel Frignano,
Pievepelago; BOLOGNA:
Vergato; FERRARA: Mesola;
Rara, legata a zone umide, con
poche stazioni fortemente disgiunte,
distribuite in un territorio vastissimo
che comprende la fascia costiera, la
Pianura,la Collina e la Fascia Montana.
Alcune stazioni di crescita sono
scomparse.
199
Tab. 3. sPecie ParTicolarmenTe rare, PresenTi in meno di 20 quadranTi (segue)
Lycopodium clavatum
15
PARMA: Albareto, Corniglio,
Monchio delle Corti; REGGIO
EMILIA: Collagna, Ligonchio,
Ramiseto; MODENA: Fanano,
Fiumalbo, Pievepelago;
BOLOGNA: Lizzano in
Belvedere, Porretta Terme;
FORLI-CESENA: S. Sofia.
Specie rara, legata ai Vaccinieti e alle
praterie d’Altitudine; diverse stazioni
non sono state confermate in tempi
recenti; molto recentemente è stata
individuata una stazione con un
popolamento consistente al Corno alle
Scale (BO).
Equisetum fluviatile
16
PIACENZA: Coli, Farini d’Olmo,
Ferriere; PARMA: Albareto,
Corniglio, Monchio delle Corti,
Tizzano Val Parma; REGGIO
EMILIA: Collagna, Villa
Minozzo; MODENA: Fanano,
Palagano, Riolunato
Specie rara, legata a zone umide
montane o alto montane in buono stato
di conservazione.
16
BOLOGNA: Malalbergo;
MODENA: Carpi, Mirandola,
Novi di Modena; PARMA:
Mezzani, Parma, Sissa, Torrile;
REGGIO EMILIA: Fabbrico,
Guastalla, Novellara, Roviglio
Legata a zone umide in buono stato di
conservazione; fortemente minacciata
di scomparsa. Quasi tutte le stazioni
a suo tempo individuate 10-15 anni fa
non sono state confermate in tempi
recenti.
RAVENNA: Ravenna;
PIACENZA: Caorso; REGGIO
EMILIA: Novellara, Reggiolo;
MODENA: Mirandola, Modena,
Novi di Modena, Carpi;
FERRARA: Argenta, Ferrara,
Ro, Berra, Copparo; BOLOGNA:
Bentivoglio;
Legata ad acque stagnanti o lente;
l’origine è incerta (esotica?); la sua
presenza è irregolare anche nella stessa
stazione; minacciata come tutte le
Idrofite.
Ophioglossum vulgatum
18
PARMA: Corniglio, Monchio
delle Corti; Palanzano, Tornolo;
REGGIO EMILIA: Collagna,
Villa Minozzo; MODENA:
Frassinoro, Lama Mocogno,
Palagano, Pievepelago;
BOLOGNA: Camugnano,
S. Benedetto Val di Sambro;
FORLI-CESENA: Bagno di
Romagna, Portico di Romagna,
Premilcuore, S. Sofia, Verghereto
Rara con distribuzione frammentata,
presente soprattutto nella parte
emiliana della Regione; alcune stazioni
non sono state confermate.
Tab. 4. sPecie con numero Più elevaTo di quadranTi, ma minacciaTe
Marsilea quadrifolia
Azolla filiculoides
200
17
e da soTToPorre a moniToraggio
Entità
Blechnum spicant
N. di
quadranti
Province e Comuni di presenza
Note
23
PARMA: Albareto, Borgo Val di
Taro, Corniglio, Monchio delle
Corti, Sala Baganza; REGGIO
EMILIA: Collagna, Ligonchio,
Ramiseto; MODENA: Fanano,
Fiumalbo, Frassinoro, Sestola,
Zocca, Pievepelago; BOLOGNA:
Lizzano in Belvedere, Porretta
Terme; FORLI-CESENA: Bagno
di Romagna, S. Sofia.
Specie abbastanza rara, vistosa e di
facile identificazione; meritevole di
essere protetta a livello regionale.
201
Bibliografia
Botrychium lunaria
Salvinia natans
202
31
51
PIACENZA: Coli, Farini d’Olmo,
Ferriere, Morfasso, Zerba;
PARMA: Bedonia; REGGIO
EMILIA: Ligonchio, Ramiseto,
Villa Minozzo; MODENA:
Fanano, Frassinoro, Pievepelago,
Riolunato; BOLOGNA: Lizzano
in Belvedere, Porretta Terme;
FORLI-CESENA: Bagno di
Romagna, Portico di Romagna, S.
Sofia, Verghereto;
I popolamenti sono spesso ridotti o
ridottissimi; negli ultimi 15-20 anni è
specie poco osservata e probabilmente
in diminuzione.
Per questi motivi, nonostante sia
discreto il numero di quadranti
di presenza, va considerata entità
probabilmente minacciata e da tenere
in attenta osservazione.
RAVENNA: Ravenna;
PIACENZA: Caorso, Monticelli
D’Ongina, Piacenza; PARMA:
Mezzani, Polesine Parmense;
REGGIO-EMILIA: Campegine,
Novellara, Guastalla, Novellara,
Reggiolo; MODENA: Carpi,
Concordia sulla Secchia,
Mirandola, Novi di Modena,
Soliera; FERRARA: Argenta,
Berra, Bondeno, Cento, Codigoro,
Copparo, Ferrara, Mesola,
Mirabello, S. Agostino, Vigarano
Mainarda, Voghiera; BOLOGNA:
Budrio, Galliera, Molinella;
La specie, legata ad acque stagnanti
oppure a lento movimento, era
relativamente diffusa nella pianura
emiliana a metà degli anni ‘90; le cose
sono cambiate drasticamente negli
ultimi 5-10 anni quando la specie non è
stata confermata in moltissime stazioni;
entità in forte crisi come tutte le
Idrofite (cfr. la scheda della pianta).
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