Chiesa
e Storia
Rivista dell’Associazione Italiana
dei Professori di Storia della Chiesa
Anno VIII (2018) n. 8
Sommario
• Filippo Lovison
Editoriale
• Filippo Lovison
L’Associazione e l’insegnamento della
Storia della Chiesa in Italia
• Maria Lupi
L’Associazione e la «Rivista di Storia
della Chiesa in Italia»
• Roberto Regoli
La valorizzazione della conoscenza dei
beni culturali nell’insegnamento di
Storia della Chiesa
• Maurizio Tagliaferri
L’Associazione Italiana dei Professori di
Storia della Chiesa e il suo contributo
alla ricerca storica in Italia. Attività,
ricerche, pubblicazioni (1967-2007)
• Mario Sensi
La svolta del 1426 nell’Osservanza
francescana italiana
• Nicola Gadaleta
Clero, famiglie e società nel tardo
medioevo. Il Capitolo Cattedrale di
Molfetta dal 1396 al 1495
• Corrado Scardigno
Santi terapeuti e cura della rabbia
• Davide Meli
Tre relazioni “ad limina” sul Patriarcato
latino di Gerusalemme (1877, 1893,
1913)
• Gaetano Zito
Caltanissetta sede episcopale: diocesi
di provenienza ed elementi identitari
• Nicola Neri
La guerra di Pasqua.
La Santa Sede
e la guerra delle Falklands
• Alberto Belletti
Don Sirio Politi
pioniere dei preti-operai italiani
Chiesa e Storia
Rivista dell’Associazione Italiana
dei Professori di Storia della Chiesa
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Chiesa e Storia
Rivista dell’Associazione Italiana
dei Professori di Storia della Chiesa
VIII
(2018)
Chiesa e Storia
Rivista dell’Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa
Pubblicazione Annuale
Anno VIII (2018) n. 8
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Filippo Lovison
Vice Direttore
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Comitato di Redazione
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Roberto Regoli, Gaetano Zito
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F. Testaferri, Italia)
Sommario
7
Filippo Lovison, Editoriale
I Sezione
Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa 1967-2007
V Forum, 7 settembre 2007
11
35
47
79
Filippo Lovison, L’Associazione e l’insegnamento della Storia della Chiesa
in Italia
Maria Lupi, L’Associazione e la «Rivista di Storia della Chiesa in Italia»
Roberto Regoli, La valorizzazione della conoscenza dei beni culturali
nell’insegnamento di Storia della Chiesa
Maurizio Tagliaferri, L’Associazione Italiana dei Professori di Storia della
Chiesa e il suo contributo alla ricerca storica in Italia. Attività, ricerche, pubblicazioni (1967-2007)
II Sezione
Studi
95
129
169
187
255
277
299
Mario Sensi, La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
Nicola Gadaleta, Clero, famiglie e società nel tardo medioevo. Il Capitolo
Cattedrale di Molfetta dal 1396 al 1495
Corrado Scardigno, Santi terapeuti e cura della rabbia
Davide Meli, Tre relazioni “ad limina” sul Patriarcato latino di Gerusalemme (1877, 1893, 1913)
Gaetano Zito, Caltanissetta sede episcopale: diocesi di provenienza ed elementi identitari
Nicola Neri, La guerra di Pasqua. La Santa Sede e la guerra delle Falklands
Alberto Belletti, Don Sirio Politi pioniere dei preti-operai italiani
5
III Sezione
Recensioni
347
350
354
358
362
366
369
373
Matteo Braconi, Il mosaico del catino absidale di Santa Pudenziana. La
storia, i restauri, le interpretazioni (Corrado Scardigno)
«Inutile strage». I cattolici e la Santa Sede nella Prima guerra mondiale.
Raccolta di Studi in occasione del Centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale (1914-2014), a cura di Lorenzo Botrugno (Giampaolo
Romanato)
L’Ordine dei Predicatori. I Domenicani: storia, figure e istituzioni (12162016), a cura di Gianni Festa – Marco Rainini (Giovanni Grosso)
Primi testi normativi degli Ospedalieri, a cura di Luigi Michele de Palma
(Gaetano del Rosso)
L’archivio della Penitenzieria Apostolica. Stato attuale e prospettive future.
Atti della Giornata di studio. Roma, Palazzo della Cancelleria, 22 Novembre 2016, a cura di Krzystof Nykiel – Ugo Taraborelli (Alfonso V.
Amarante)
Maria Luisa Ceccarelli – Stefano Sodi, La Chiesa di Pisa dalle origini
alla fine del Duecento (Fabio Besostri)
Luigi Michele de Palma, Studiare teologia a Roma. Origini e sviluppi della
Pontificia Accademia Teologica (Angelo Giuseppe Dibisceglia)
Roberto P. Violi, Storia di un silenzio. Cattolicesimo e ’ndrangheta negli
ultimi cento anni (Francesco Sportelli)
IV Sezione
Attività sociale
379
383
385
389
397
Sergio Pagano, Paolo Prodi (1932-2016)
I lavori del Consiglio di Presidenza
Notiziario flash
Pubblicazioni
Libri ricevuti
6
Chiesa e Storia, VIII (2018), p. 95-128
Mario Sensi (†)
La svolta del 1426 nell’Osservanza
francescana italiana
Il 4 gennaio 1309 moriva Angela da Foligno, terziaria francescana che
aveva assunto il nome di soror Lella. All’epoca si stavano trascrivendo le ultime carte del codice 342, della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, che
contiene la redazione più antica del Liber, ritenuto il più importante testo
di mistica medievale1. Costituito da tre corpi – Testificatio, Memoriale, Instructiones2 –, il Memoriale, stando alla Testificatio, venne approvato dal card.
Giacomo Colonna, noto amico degli “Spirituali francescani”, prima del 10
*
Il saggio è uno degli ultimi studi rimasti inediti di mons. Mario Sensi (1939-2015),
Professore Emerito di Storia della Chiesa nella Pontificia Università Lateranense e socio
dell’Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa. Il testo è stato rivisto per la
pubblicazione da mons. Fortunato Frezza, il quale lo ha gentilmente inviato alla redazione.
Il profilo di studioso di mons. Sensi – comprendente anche la sua vastissima bibliografia (503
titoli) – viene tracciato in F. Frezza, “Pietas et civitas”. Ricordo di Mario Sensi, prete storico della
Chiesa, della pietà popolare e della religione civica, in «Picenum Seraphicum» XXX (2015-2016),
p. 111-159; ed anche in F. Bettoni, Mario Sensi (Assisi 1939 - Foligno 2015), «Bollettino della
Deputazione di Storia Patria dell’Umbria», CXII (2015), t. II, p. 488-495.
1
Si veda ora la trascrizione e la versione italiana di questo codice, che è il più antico
testimone, in F. Frezza, Liber Lelle. Il Libro di Angela da Foligno nel testo del Codice di Assisi con
versione italiana, note critiche e apparato biblico tratto dal Codice di Bagnoregio. Firenze, Edizioni
del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini, 2012. Su Angela e sul Liber si vedano:
Angèle de Foligno, le dossier, a cura di G. Barone - J. Dalarun, Rome, École Française de Rome,
1999 (Collection de l’École Française de Rome, 255); Il Liber di Angela da Foligno e la mistica
dei secoli XIII-XIV in rapporto alle nuove culture. Atti del XLV Convegno storico internazionale
(Todi, 12-15 ottobre 2008), Spoleto 2009.
2
La prima redazione del Memoriale, con “visioni” e “rivelazioni” di Angela, fu fatta da frater
A., negli anni 1292-1296, su dettatura di Angela; la Testificatio fu scritta dopo il 2 febbraio
1306; le Instructiones sono invece lettere successive, alcune anche posteriori alla stessa morte
di Angela.
95
Mario Sensi
maggio 1297, giorno in cui Bonifacio VIII destituì dalla dignità cardinalizia
Giacomo e Pietro Colonna3.
Angela era stata un’eremita della città, la quale si era sottoposta anche
all’esperienza delle “incarcerate”, rimanendo reclusa nella sua cella per
un’intera quaresima4. Sepolta a Foligno, nella chiesa di San Francesco e
venerata “ab immemorabili” con il titolo di Beata, Angela nel 2014 è stata
iscritta nel catalogo dei santi da papa Francesco, che la definisce «degnissima
sposa di Cristo e valorosa discepola di San Francesco d’Assisi»5.
3
Si apprende dalla Testificatio che il Memoriale fu approvato dal card. Giacomo Colonna
e da una commissione di 8 teologi francescani, di cui però non vengono riferiti i nomi.
Sulla destituzione del cardinale, cf H. Denifle, Die Denkschriften der Colonna gegen Bonifaz
VIII und der Kardinäle gegen die Colonna, in «Archiv für Literatur- und Kirkengeschichte des
Mittelalters» (= ALKM) V (1889), p. 509 ss.; inoltre, L. Möhler, Die Kardinäle Iakob und Peter
Colonna, Paderborn 1914; R. Lefevre, Anno 1297: il «Manifesto di Lunghezza», in Fatti e figure
del Lazio medievale, Roma, 1978, p. 445 ss. Vasta la letteratura sugli spirituali e sui fraticelli, il
cui ideale era l’Osservanza letterale (= sine glossa, spiritualiter) della Regola bollata; d’obbligo il
rimando a F. Ehrle, Die Spiritualen, ihr Verhältniss zum Franciscaneorden und zu den Fraticellen in
ALKM, I (1886); L. Oliger, Documenta inedita ad historiam fraticellorum spectantia, in «Archivum
Franciscanum Historicum» (= AFH) 3-6 (1910-1913) passim e, a parte (cit.), Quaracchi 1913;
R. Manselli, Spirituali e Beghini in Provenza, Roma 1959; Spirituali e fraticelli dell’Italia centroorientale, Atti del VI Convegno di studi, Sarnano 3-4 giugno 1974, in «Picenum Seraphicum»
(= PS) 11 (1974); Franciscains d’Oc. Les Spirituels ca 1280-1324, Toulouse 1975 (Cahiers de
Fanjeaux 10); Chi erano gli spirituali, Atti del III Convegno della Società internazionale
di Studi Francescani, Assisi 16-18 ottobre 1975, Assisi 1976; R. Manselli, “Nos qui cum eo
fuimus”. Contributo alla questione francescana, Roma 1980; G. L. Potestà, Angelo Clareno, dai
poveri eremiti ai fraticelli, Roma 1990; Angelo Clareno, Liber Chronicarum sive Tribulationum
ordinis minorum, con introduzione di F. Accrocca e traduzione italiana a fronte di p. Marino
Bigaroni, Giovanni Boccali, Assisi-Porziuncola 1999; Angelo Clareno francescano. Atti del
XXXIV Convegno internazionale Assisi, 5-7 ottobre 2006, Spoleto 2007. Per un quadro di
sintesi, G. G. Merlo, Nel nome di san Francesco: Storia dei frati minori e del francescanesimo sino
agli inizi del XVI secolo, Padova 2003, p. 232-251.
4
«Quadam vice dum eram in carcere, in quo recluseram me pro quadragesima maiori et
diligerem et meditarer in uno verbo Evangelii, quod verbum erat maxime dignationis et
excessive dilectionis, dum ego eram iuxta unum librum, scilicet missale, et sitirem videre
illud verbum saltem tantummodo scriptum, et vix, comprimens et cohercens me, timore
superbiae continuissem me ne dictum librum pre nimia siti et amore meis manibus aperirem,
quodam sompno sopita in ipso desiderio obdormivi. Et statim ducta fui in visione» (Angela
da Foligno, Memoriale, edizione critica a cura di E. Menestò, Firenze 2013, p. 11 [Mem. I,
220s]). Sul fenomeno delle incarcerate e della reclusione urbana mi permetto di rimandare
alle due mie raccolte, Storie di bizzoche tra Umbria e Marche, Roma 1995 (Storia e Letteratura.
Raccolta di Studi e Testi, 192); «Mulieres in Ecclesia». Storie di monache e bizzoche, 2 vol., Spoleto
2010.
5
Fu a partire dal terzo decennio del secolo XVI che, a Foligno, si cominciò a prestare alla
B. Angela culto pubblico, poi convalidato ufficialmente, ma senza un regolare processo
canonico, l’11 giugno 1701, da Clemente XI, per la famiglia dei frati minori conventuali.
Quindi lo stesso Clemente XI, il 14 dicembre 1709, concesse all’Ordine francescano e alla
96
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
Causa non ultima del tardivo riconoscimento della santità di questa
grande mistica fu la sua vicinanza ad esponenti degli “spirituali”, quali furono appunto fra Ubertino da Casale († 1338), che conobbe Angela forse nel
12986, e Angelo Clareno. Dall’epistolario di quest’ultimo si apprende che
a Foligno operava un importante gruppo di “spirituali”, a lui legato, di cui
facevano parte l’agostiniano Gentile, il laico Accomandolo, ambedue di Foligno, l’abate olivetano del monastero di S. Nicolò, dentro Foligno, alcune
religiose del monastero delle Todiscure e, stando allo Iacobilli, anche frati
della locale comunità francescana7. In effetti dal convento di san Francesco
di Foligno sono usciti frati, la cui scelta eremitica ha lasciato un’impronta
nel farsi dell’Osservanza8.
diocesi di Foligno la celebrazione della festa il 4 gennaio, con messa e ufficio propri; la
situazione è rimasta immutata fino al 2014, quando Angela è stata inscritta nel Catalogo dei
Santi con una canonizzazione equipollente. Le ragioni di siffatta parziale riabilitazione e
tardiva scoperta vanno ricercate nel conflitto tra istituzione e profezia a indirizzo fraticelli
ano. Il contrasto, dopo aver coinvolto la stessa Angela vivente, si acuì all’indomani della
sua morte. La decretale di canonizzazione equipollente reca la data 9 ottobre 2011, ma
l’annuncio ufficiale è stato dato a Foligno il 4 gennaio 2014, giorno della sua festa, dal
card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Per la storia del
culto, cf M. Faloci Pulignani La Beata Angela da Foligno. Memorie e documenti, in «Miscellanea
Fancescana» (= MF) 25 (1925), p. 117-132.
6
[Ubertinus De Casali], Arbor Vite Crucifixe Iesu. Et dicitur opus Ubertini de Casale qui fuit
frater professus Ordinis Minorum beati Francisci, [Impressus Venetiis: propter Andream de
Bonettis de Papia, Anno 1485, Die 12 Martii], Primus Prologus, [3a], ora anche Idem, Arbor
vitæ crucifixæ Jesu, ed. anastatica a cura di Ch. Till Davis, Torino 1961, p. 3 (Monumenta politica et philosophica rariora, I s., 4).
7
L. von Auw, Angelo Clareno et les spirituels italiens, Roma 1979 (Edizioni di Storia e Letteratura. Uomini e Dottrine, 25); Ead., Angeli Clareni opera, I, Epistole, Roma 1980, p. 356-359
(Fonti per la storia d’Italia, 103).
8
Per fra Mariano da Firenze, che scrive le Cronache dell’Osservanza francescana verso i primi
anni del sec. XVI, i prodromi di questo movimento di zelatori dell’Osservanza letterale della
regola di san Francesco risalgono ad alcuni frati del convento di san Francesco di Foligno.
Da qui infatti uscì fra Giovanni della Valle († 1351) per ritirarsi a vita eremitica nel convento
di Brogliano, sul confine tra Foligno e Camerino. Tuttavia questa esperienza iniziata intorno
al 1340 non ebbe seguito. Fu quindi la volta di fra Gentile da Spoleto. A lui Clemente VI
concesse la bolla Bonorum operum (13.12.1350), che gli permise di dare diverso impulso al
movimento “de observantia”. Questa attività però fu interrotta dai superiori dell’ordine nel
1354: «Frater Iohannes de Vallibus sanctitate fulgebat, in provincia S. Francisci precipuus
zelator observantie regularis, qui a ministro generali obtinuit asperrimum locum de Pisquia
[= S. Bartolomeo di Brogliano]... ubi cum fratribus sibi adherentibus in pura et simplici
seu litterali observantia regule vixit ... ab isto fratre Iohanne propagata est, aut originem
habuit, familia regularis observantie» (Mariano da Firenze, Compendium Chronicarum fratrum
minorum, sotto l’anno 1334, AFH, 2 [1909], p. 641); Vita inedita di fra Mariano da Firenze, in
M. Faloci Pulignani, Il beato Paolo Trinci da Foligno e i minori osservanti, documenti e discussioni,
Foligno 1926, p. 17. Mentre Bernardino Aquilano fa iniziare il moto con fra Paoluccio Trinci,
97
Mario Sensi
Santità laica e vita eremitica
Il popolo di Foligno durante il basso medioevo aveva scelto, come propri
intercessori, eremiti che erano stati propri concittadini, o che comunque
avevano operato in questa città, ragione non ultima perché, vicini nello spazio e nel tempo, siano così divenuti i “moderni” santi locali. In età altomedievale era stato scelto il monaco Fiorenzo, di gregoriana memoria9, mentre
nel basso medioevo la lista si ampliò e il primo ad essere proposto per la
canonizzazione fu il beato Pietro Crisci. “Eremita della città”, aveva scelto
come suo rifugio un vano del campanile della cattedrale di san Feliciano.
Per questo asceta, “un pazzo per Cristo”, sin dall’ultimo quarto del Trecento
si erano attivati i Trinci, signori della città10. Mentre, ad invocare come patrono il B. Tomasuccio, l’eremita di Serra Santa, in quel di Gualdo Tadino,
pur morto e sepolto a Foligno, dove, sin dal tempo in cui Sisto IV venne
in questa città, ebbe l’onore dell’elevatio, non sono stati i Folignati, ma gli
abitanti di Nocera Umbra11. Grazie al beato Tomasuccio i fraticelli “de paucf Bernardini Aquilani Chronica fratrum minorum observantiae ex codice autographo, primum
edidit fr. Leonardus Lemmens, Roma 1902 (capitolo II). Inoltre mi permetto di rimandare
a M. Sensi, Le osservanze francescane nell’Italia centrale (secoli XIV-XV), Roma 1985, p. 19-73
(Bibliotheca Seraphico-capuccina, 30); Id., Gli osservanti: da Giovanni della Valle (1334) alla
bolla “Ite vos” (1517), in «Italia Francescana» 2 (2004) 79, p. 39-102.
9
Scrive Gregorio Magno che «Florentius viro semplicitati atque orationi deditam ducebat
vitam, non longe autem erat monasterium», che era posto in Valle Castoriana, a sei miglia
da Norcia, cf Gregorii Magni Dialogi libri IV, a cura di U. Moricca, Roma 1924, p. 170 (lib.
III, cap. XV). Morto l’abate Eutichio (Eutizio), Fiorenzo si ritirò a “Fulginium”, presso il
vescovo Vincenzo, e qui visse, prima in una spelonca, la stessa in cui era vissuto Vincenzo,
poi in un cenobio costruito in onore di S. Silvestro, dove morì verso la metà del VI secolo.
Il 10 marzo 1146, a Foligno «fu celebrato un Concilio dal card. Giulio legato apostolico».
Era stata appena ampliata la cattedrale e fu colta l’occasione per consacrarla e dedicarla «a
san Giovanni Battista, san Feliciano vescovo e martire et a questo san Florentio. E se bene
oggi è rimasta la nominanza solo di detto san Feliciano, contuttociò si trova, da più secoli
in qua, eretta una cappella ad honor di esso s. Florentio», cf L. Iacobilli, Vite de’ santi e beati
dell’Umbria, I, Foligno 1647, p. 589-594.
10
Per la relativa bio-bibliografia si rimanda a Pietro Crisci, beato, confessore, compatrono di
Foligno, a cura di M. Sensi - F. Frezza, Foligno 2010.
11
Morto a Foligno il 15 settembre di un anno compreso fra il 1382, anno della morte di
Giovanna I, regina di Napoli, ricordata nelle Profezie di Tomasuccio, e il 1409. Fra Mariano
da Firenze propone l’anno 1404, che è molto probabile. Il suo corpo fu sepolto nell’ospitale
della Trinità in Foligno, da dove, prima del 1436, il 19 novembre, fu traslato in S. Agostino.
Fu questa memoria ad essere in seguito annualmente celebrata in Foligno, di certo a partire
dal 1436. Nel 1455 sul luogo della sua sepoltura, ospitale della Trinità «vulgariter detto del
beato Tomasso», fu eretto in suo onore un altare completato nel 1477. Per un quadro di
sintesi, oltre alla raccolta di conferenze su Il B. Tomasuccio da Foligno terziario francescano ed
i movimenti religiosi popolari umbri nel Trecento, in «Analecta TOR» 1979 131, rimando al mio
98
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
pere vita”, di obbedienza vescovile, rientrarono nell’ortodossia12. Tuttavia,
fatta eccezione per Angela e Angelina, i vari tentativi per farne riconoscere
il culto pubblico, prestato loro “ab immemorabili”, si sono arenati cammin
facendo. Il B. Paoluccio Trinci ha subito, in più, un umiliante destino, in
quanto le sue spoglie hanno vagato dal convento di San Francesco di Foligno, dove, fino a tutto il secolo XV i frati minori dell’Osservanza residenti
a San Bartolomeo avevano il loro piede a terra13, al Monte di S. Salvatore
di Verchiano. Da qui passarono alla parrocchiale, nel terzo decennio del
Novecento furono portate in cattedrale a Spoleto, finché, in occasione del
Grande Giubileo del 2000, sono state donate al convento di Monteluco14.
Primo agiografo umbro a far conoscere l’intensa vita religiosa vissuta da
Foligno nei secoli XIII-XIV, è stato Lodovico Iacobilli. Egli, però, non ha insistito più di tanto, come invece sarebbe stato opportuno, su quel filo rosso
che riconduce le figure di spicco della spiritualità medievale di Foligno alla
corrente degli “spirituali”, il cui “modello cristico” aveva assunto un volto
eremitico15. È in questo contesto che vanno lette le eminenti figure di asceti
Tommaso (Tomasuccio), da Siena, beato, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, IX, Roma 1997,
col. 1221-27. Per la venuta di Sisto IV a Foligno, nel 1475 per Mariano da Firenze o nell’agosto
1476 per Lodovico Iacobilli, rimando a Sensi, Le osservanze francescane, p. 122, n. 56.
12
Con la lettera Decet sanctam, il 21 agosto 1391 Bonifacio IX ingiunse ai vescovi di
Fermo, Foligno, Camerino, Spoleto, Narni, Amelia e Ascoli Piceno di prendere sotto la loro
protezione e di difenderli dalle molestie degli inquisitori dell’eretica pravità novantaquattro
eremiti che abitavano in ventitré eremi dell’Italia centrale, vivendo da cattolici, in obbedienza
al papa e senza essere invischiati in alcun errore. Ho pubblicato il relativo testo in La
storiografia di Gabriele Andreozzi TOR «Magister Ordinis», in «Analecta TOR» 2008 181, p.
493-528: 516-520. Sul rientro dei clareni nell’ortodossia, cf O. Bonmann, Die sog. Quaestio
Johannes Kapistrans über das Testament des Hl. Franziskus von Assisi (Ein Beitrag zur Geschichte der
Klarener), in «Archivio Italiano per la Storia della Pietà» IX (1996), p. 123-176.
13
Scrive Agostino da Stroncone sotto l’anno 1591, Umbria serafica, ms. c268, all’Archivio
della Porziuncola, ed. in MF, 10 (1906), p. 24: «Li nostri frati di S. Bartolomeo di Foligno,
da che morì il b. Paolo Trinci, hanno avuto stanze d’ospizio in S. Francesco di Foligno, e
confessano in chiesa, ma come che ciò spiaceva alli frati conventuali a tempo di papa Sisto
V ch’hanno levato l’uno e l’altro, onde circa quest’anno (1591) si provvedono d’altro ospizio
vicino alla Madonna di S. Lucia».
14
Rimando al mio, Storie di traslazioni in Umbria: l’esempio dei Minori osservanti e dei Riformati,
in Le silence du cloître, l’exemple des saints, XIVe-XVII e siècles, a cura di F. Meyer - L. Viallet,
Clermont-Ferrand 2011, p. 257-294 (Collection Histoires croisées. Identités franciscaines à
l’âge des réformes, II).
15
Queste sono le pubblicazioni di Lodovico Iacobilli che illustrano i campioni folignati
dell’Osservanza: Vita del Beato Tomaso detto Tomasuccio del terz’Ordine di san Francesco descritta
dal molto reverendo sig. Lodovico Iacobilli e dedicata al molt’illustre e reverendissimo
monsig. Porfirio Feliciani vescovo di Foligno, in Foligno, appresso Agostino Alterii, 1626;
Id., Vita della b. Angelina Corbara, contessa di Civitella dell’Abruzzo, institutrice delle monache
claustrali del terz’Ordine di san Francesco e fondatrice in Foligno del monastero di S. Anna, primo delli
99
Mario Sensi
che, tra XIII e XIV secolo, hanno illustrato il cammino della Chiesa di Foligno, quali la B. Angela da Foligno († 1309); il B. Pietro Crisci († 1323); il
B. Paoluccio Trinci († 1391 ca); il B. Tomasuccio († 1382/ 1404); la B. Angelina da Montegiove († 1435). Cinque laici, tutti fautori della vita eremitica.
Avevano in comune la ricerca e l’amore per la solitudine; tutti poi si erano
sforzati di rivivere, nella loro vita e nel loro corpo, le sofferenze di Cristo.
Si trattava di una santità laica, in linea con il movimento penitenziale dispiegatosi spontaneamente, in tutta Europa, durante il secolo XIII. Lo stile
di vita dei francescani fautori della vita eremitica, che agevolava la povertà
assoluta, era cominciato però a divenire sospetto e marginale a partire dal
1317, cioè dopo le condanne da parte di papa Giovanni XXII degli assertori
di un rigido pauperismo evangelico16.
Ai sopra ricordati Beati, esponenti dell’eremitismo francescano, occorre
aggiungere Palma di Vanni Merganti che Lodovico Iacobilli ricorda, insieme
sua sorella Monaldesca, per aver fondato, nel 1347, la chiesa dell’Annunziata. Invece posticipò la fondazione dell’annesso bizzocaggio assegnandola al 1370 e attribuendola a fra Paoluccio Trinci17. In realtà anche queste
sedici che ella eresse in diverse provincie descritta dal sig. Lodovico Iacobilli da Foligno et dedicata
all’illustrissimo & reverendissimo sig. cardinal Crescentio, in Foligno, appresso Agostino
Alterii, 1627; Id., Vita del B. Paolo, detto Paoluccio de’ Trinci da Fuligno, institutore della riforma
dell’osservanza di san Francesco, nominata de’ zoccolanti, descritta dal signor Lodovico Iacobilli, et
dedicata all’illustrissimo & reverendissimo monsig. Cristoforo Caetano, vescovo di Laodicea,
in Fuligno, appresso Agostino Alterii, 1627; Id., Vite de’ santi e beati di Foligno et di quelli, i
corpi de’ quali si riposano in essa città e sua diocesi descritte dal sig. Lodovico Iacobilli dell’istessa
città et dedicate all’illustrissimo et reverendissimo sig. cardinal Caetano, in Foligno, appresso
Agostino Alterii, 1628; Vite de’ santi e beati dell’Umbria e di quelli i corpi de’ quali riposano in
essa provincia, con le vite di molti servi di Dio dell’istessa descritte dal sig. Lodovico Iacobilli da
Foligno, protonotario apostolico: tomo primo, in Foligno, appresso Agostino Alterii, 1647;
tomo secondo, in Foligno, appresso Agostino Alterii, 1656; tomo terzo, in Foligno, appresso
gli heredi d’Agostino Alterii, 1661.
16
È vasta la letteratura sui fraticelli “de opinione”, i grandi avversari di Giovanni XXII. Uno
dei capifila degli oppositori di questo pontefice, da loro chiamato perfino eretico, fu Francesco
Rosso di Appignano (d’Ascoli), per il quale si veda, Francisci de Esculo ofm Improbatio,
edita a Nazareno Mariani ofm, Grottaferrata 1993 (Spicilegium Bonaventurianum, XXVIII);
Fr. Francesco di Appignano ofm, Contestazione, traduzione di N. Mariani, Appignano del
Tronto (Ascoli Piceno) 2001.
17
«Essendo nel 1348 (leggi, 1347) stato eretto da Palma e Monaldesca di Vanni Merganti
da Foligno, vicino alle mura di essa città, una chiesa ad honore della Ss. Trinità, il B. Paolo
nel 1370, con facoltà ottenuta da Urbano V, vi edificò un monastero di monache sotto il
terz’Ordine di s. Francesco […] nominossi il monastero nuovo o delle sacche […] fu questo
il primo che si eresse sotto il terz’ordine de conventuali et è differente da quelli eretti dopo
dalla B. Angelina, poiché ella instituì li suoi in più stretta regola et osservanza, con li tre voti
essenziali et che non potessero posseder cosa alcuna» (Iacobilli, Vite de’ santi e beati, p. 306-
100
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
due donne, che si erano ritirate all’Annunziata, erano eremite della città.
Avevano dato vita ad un movimento de observantia al femminile, ma vicino all’agostiniano Gentile da Foligno. Quest’ultimo, a sua volta, rimanda
all’amicizia tra Angelo Clareno e Simone Fidati. Alla visitatio et correctio di
queste bizzoche, seguaci della regola di Nicolò IV, provvedeva il Capitolo
Lateranense, che però aveva affidato la cura ordinaria di queste religiose non
ai frati minori, ma agli eremitani del locale convento di S. Agostino18.
Queste bizzoche francescane, eppure legate agli eremitani di sant’Agostino, erano “proprietarie”, a differenza delle ascritte al bizzocaggio fondato da
fra Paoluccio Trinci nel 1388, le quali, nonostante il loro rango, per essere
dette le contesse, osservavano la povertà assoluta. Costoro ottennero un riconoscimento indiretto da parte di Gregorio XI, il 24 settembre 1373, grazie ad
Alfonso Pecha che per loro impetrò, seppure oralmente, i privilegi contenuti
nella Provenit ex devotionis affectu19.
Le protezioni signorili
Tenuti a debita distanza dai superiori dell’Ordine per il timore di una scissione e dalla Curia romana che riteneva una fictio iuris la questione dell’usus
pauper, mettendo quindi l’accento sullo stato di disobbedienza degli “spirituali”, questi campioni dell’Osservanza ebbero, a livello locale, importanti
appoggi. Va in primo luogo ricordato Paolo Trinci (16.VIII. 1326 - VI. 1363),
vescovo di Foligno, che nel 1340 in veste di ambasciatore di Roberto d’Angiò, re di Sicilia, si recò ad Avignone per patrocinare, presso Benedetto XII
(1334-1342), la causa dei frati “zelanti”, intenzionati ad osservare la regola di
307). Nei recenti lavori di restauro della chiesa dell’Annunziata in Foligno in una cassettina
immurata a fianco dell’altare maggiore sono state rinvenute le reliquie di Palma, con relativa
scritta, riprova di un inizio di culto, entrato in sonno dopo la soppressione napoleonica del
convento.
18
È quanto si apprende dall’atto di fondazione di questo monastero, di iuspatronato del
Capitolo Lateranense, che ho pubblicato in I monasteri e bizzocaggi dell’osservanza francescana
nel XV secolo a Foligno, in All’ombra della Chiara Luce, a cura di A. Horowski, Roma 2005, p.
87-175: 145-146.
19
Sull’argomento rimando ai miei, Simone Fidati e gli spirituali (Angelo Clareno), in Simone
Fidati da Cascia OESA, un agostiniano spirituale tra Medioevo e Umanesimo. Atti del Congresso
internazionale in occasione dell’VIII Centenario della nascita (1295-1347) (Cascia, 2730 settembre 2006), a cura di C. M. Oser-Grote - W. Eckermann, Roma 2008, p. 51-98
(Institutum Historicum Augustinianum, Studia Augustiniana Historica, 15); Caterina da Siena
e gli eremiti dell’Italia centrale, in Virgo digna Coelo. Caterina e la sua eredità. Atti del Convegno,
Roma-Siena, p. 27-29 ottobre 2011, a cura di A. Bartolomei Romagnoli - L. Cinelli - P. Piatti,
Città del Vaticano 2013, p. 257-289.
101
Mario Sensi
s. Francesco «simpliciter et pure, ad licteram»20. La sua “missione” non ebbe
tuttavia successo21. Sortì invece l’effetto sperato il vescovo-eremita Alfonso
Pecha22, il quale, recatosi ad Avignone per conto di Brigida di Svezia, ottenne da Gregorio XI, il 28 luglio 1373, per i frati di ciascuno dei dieci/undici
conventi che avevano aderito al movimento, la bolla Provenit ex devotionis
affectu: fu un riconoscimento indiretto, ma importante23.
Non meno decisivo fu l’appoggio dato all’incipiente Osservanza dai Trinci, vicari della Chiesa per la città e contado di Foligno, e dai da Varano, duchi
di Camerino, ragione non ultima per cui Foligno e Camerino siano stati i
primi due centri di forza dell’Osservanza24. Niccolò di Ugolino Trinci sulla
20
Bullarium Franciscanum (= BF), VI, p. 76, n. 123; per le nuove fondazioni promosse a
Foligno, cf F. Marini, I vescovi di Foligno, cenni biografici, Vedelago 1948, p. 26-27.
21
M. Faloci Pulignani, Il beato Paolo Trinci da Foligno e i minori osservanti, documenti e
discussioni, Foligno 1926, p. 74-75.
22
Su questo vescovo resignato si veda, A. Jönsson, Alfonso of Jaén. His Life and Works
with Critical Editions of the “Epistola Solitarii”, the “Informaciones” and the “Epistola Servi Christi”,
Lund 1989.
23
Sono dieci le lettere “solenni” pervenute e sono state edite da Faloci Pulignani, Il Beato
Paoluccio Trinci, p. 36-39 [già in MF, 6 (1896), p. 112s]. Per fra Mariano da Firenze, undici
furono gli eremi destinatari delle lettere. Tra esse, finite all’Archivio della Chiesa Nuova
di Assisi, manca all’appello il privilegio diretto a Monteluco di Spoleto, convento che fra
Mariano menziona subito dopo Brogliano, cf ibidem, p. 22.
24
Di notevole interesse per capire il clima che si era creato a Camerino a circa dieci anni
dalla “nascita” dell’Osservanza è il testamento dettato da Donna Nanzia del fu Bartolo Cogini
da Camerino, il 1390 luglio 28: «iure legati fr. Ioanni Bartoli suo fratri carnali de ordine s.
Francisci unum vestimentum valoris duorum fl. auri pro quolibet anno usque ad septem
annos proxime venturos* si dictus fr. Ioannes non viveret * reliquit dictos vestimentos* uni
ex aliis fratribus de dicto loco et ordine qui sit de observantia regule. Item reliquit fr. Venuto
Buctari, fr. Nicolao Venantii, fr. Cicco de Fabriano et fr. Angelo Pennacchini de Camerino
de ordine predicto unum vestimentum pro quolibet, valoris duorum fl. auri pro quolibet
vestimento. Item operi ecclesie sive loci de Brugliano, videlicet pro cera opportuna dictis
fratribus et loco, duos fl. auri. Item rel. supradicto ser Ansovino, eius marito, quinquaginta
fl. auri si predictus ser Ansovinus, aliquo tempore, ipse personaliter accedet ad visitandum
sanctum sepulcrum (diversamente) expendantur dicti .50. fl. pro sclavinis pro coperturis
lectorum fratrum S. Francisci predicti, quas sclavinas reliquit operi dicti loci pro coperturis
dictorum lectorum si, tempore dicte condictionis advenientis, in dicto loco morabuntur
fratres de observantia predicta (diversamente) voluit devenire in opere fraternitatis S. Marie
Adnumptiate, videlicet pro copertoriis lectorum hospitalis dicte fraternitatis* Factum* in
sacristia eccl. loci fr. S. Francisci de Camerino* presentibus fr. Nicolao Vannutii, fr. Venantio
Telutii, fl. Plinio (lettura incerta) mag. Ugolini de Camerino, fr. Cicco Antonii de Fabriano,
fr. Ciccarello Corradi de Insula, fr. Ioannutio Lallutii de Gonessa, fr. Petro Alberti de
Mediolano, fr. Francisco Simonis de Ungaria, fr. Stephano Billi de Iano, fr. Franciscutio
Raimundi de Caucina et fr. Guillelmo Isarni de Tolosa, fratribus dicti loci et morantibus in
dicto loco, testibus» (Sez. di Archivio di Stato Camerino, Not. Giovanni Blaxioli, c. 393; ed.
B. Feliciangeli, Le memorie del convento di S. Pietro di Muralto e l’origine dell’osservanza minoritica
102
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
lapide apposta, nel 1415 al termine dei lavori, nell’atrio del convento di S.
Bartolomeo, primo convento degli Osservanti per gli Osservanti, fece scrivere che suo padre Ugolino, fin dalla fanciullezza, era stato cultore della regola
di s. Francesco25. Fu tuttavia Corrado, ultimo signore di Foligno a fregiarsi
del titolo di “difensore dell’Osservanza”. Nel 1428, fungendo da paciere tra
conventuali e fautori dell’osservanza, si dichiarò ordinis pauperrimi mirificique
Francisci devotissimus zelator26; quindi, in un contratto del 1433, a favore del
monastero di S. Lucia, monastero clariano de observantia fondato nel 1425,
lo stesso Corrado Trinci si dice patrono di questo monastero27. È lo stesso
signore che volle, sul retablo della cappella di Palazzo Trinci, il san Francesco delle stimmate, un’immagine cara ai frati minori dell’Osservanza che
avevano fatto della Verna il loro secondo santuario, dopo la Porziuncola28.
Grazie alla protezione dei da Varano l’Osservanza si affermò anche a
Camerino, sotto la cui giurisdizione era posto Brogliano, il convento eremitico dove il menzionato fra Paoluccio Trinci, cugino del signore di Foligno,
«homo ydiota, simplice et laico»29, cioè laico professo e illetterato, iniziò la
regolare Osservanza. L’assenso dei signori di Camerino fece poi sì che, nel
1394, il papa romano Bonifacio IX autorizzasse il ministro provinciale dei
minori della Marca a edificare per gli Osservanti una propria chiesa con
relativo convento all’eremo della S. Annunziata di Sperimento, a circa due
in Camerino, in PS, II [1916], p. 561-584: 569-570). Il più volte nominato «fr. Ciccus Antonii
de Fabriano» è fra Francesco da Fabriano (1352-1412), commissario di fra Paoluccio Trinci
per la provincia picena, la seconda provincia degli Osservanti.
25
«Francisci a teneris regulam veneratus ab annis», si legge nell’epigrafe più volte edita e
posta sull’ingresso del convento di S. Bartolomeo di Marano, che Ugolino iniziò a costruire
per fra Paoluccio Trinci, cf M. Faloci Pulignani, Il b. Paoluccio Trinci e i Minori Osservanti.
Documenti e discussioni, Foligno 1926, estr. da MF, 6 (1896), p. 97-128; 21 (1926), p. 65-82.
26
Archivio di Stato Foligno, fondo Notarile (= ASF, Not.) 99, Bartolomeo di Giovanni
Germani (1428-1429), f. 66-67, 1428 maggio 17.
27
ASF, Not. 106 Luca Lilli (1432-33), f. 119v, 1433 maggio 24.
28
L’intera cappella fu terminata nel 1424 da Ottaviano Nelli: «HOC OPUS FECIT FIERI
MAGNIFICUS ET POTE(N)S D(OMI)N(U)S COR(R)ADUS UGOLINI DE TRI(N)CIS
FULGINEI .MCCCCXXIIII. DIE .XXV. FEB(RUARII)». Mentre il pittore così si firma
sotto la scena dell’adorazione dei Magi: «[PINXIT MAG. OCTAVI]ANUS MARTINI DE
GUBBIO». Le scritte sono state più volte edite; tra gli ultimi interventi, C. Vadée, Gli affreschi
di Palazzo Trinci e la pittura folignate tra Trecento e Quattrocento, in Signorie in Umbria tra Medioevo
e Rinascimento: l’esperienza dei Trinci. Atti del Congresso storico internazionale (Foligno 10-13
dicembre 1986), Perugia 1989, p. 403-427. Per la Verna vedi ora, Itinerarium Montis Alvernae.
Atti del Convegno di Studi Storici, La Verna 5-8 ottobre 1999, a cura di A. Cacciotti, 2 vol.,
Firenze 2000 («Studi francescani» [= SF] 97 [2000]) 3-4).
29
La Franceschina, testo volgare umbro del sec. XV scritto dal p. Giacomo Oddi di Perugia,
a cura di N. Cavanna, I, S. Maria degli Angeli 1929, p. 86.
103
Mario Sensi
chilometri a nord-est di Camerino. Finalmente detti frati nel 1440 si trasferirono nel convento di S. Pietro di Muralto, che i confratelli di S. Francesco
a Camerino avevano per loro acquistato dalle Clarisse30.
Nel frattempo, altri signori dell’Italia centrale avevano iniziato a proteggere gli Osservanti. Tra i primi, Guido Antonio da Montefeltro, dal 1408
signore di Assisi e vicario di S. R. Chiesa per l’Umbria. Egli aveva stretto
amicizia con Giovanni da Capestrano, ancor prima che questi entrasse tra
gli Osservanti31. Successivi risvolti di questa amicizia furono, da una parte,
la mediazione di Guido Antonio tra frati del Sacro Convento e frati dell’Osservanza, che in Assisi avevano solo le Carceri; dall’altra, la partecipazione
del duca alle preghiere e ai beni spirituali degli Osservanti. I buoni uffici
di Guido Antonio sortirono un capitolato in cinque paragrafi, pervenutoci
senza data. In forza di questi accordi gli Osservanti potevano insediarsi in
S. Maria degli Angeli, fino a un massimo di dodici frati, con il compito di
pregare per il buon regime della città, ricevendo in cambio l’assicurazione
di non venir molestati dai frati del Sacro Convento32.
30
Gli Osservanti vi rimasero fino al 1504 quando, in forza del Breve di papa Alessandro VI
(20. I. 1503), lasciarono detto convento per trasferirsi in S. Francesco di Camerino; mentre i
conventuali di S. Francesco, già proprietari e di S. Francesco e di S. Pietro di Muralto, il 26
febbraio 1504 dovettero ritirarsi nel convento di S. Angelo, antica dipendenza dell’abbazia
di S. Croce di Sassovivo, cf Feliciangeli, Le memorie, p. 13.
31
Su Guido Antonio conte di Urbino e vicario di Assisi, C. Cenci, Documentazione di vita
assisana 1300-1350, I, 1300-1448, Grottaferrata 1974, 310ss; III. Indici, Grottaferrata 1976, p.
214 (Guido Antonius de Monteferetro). F. Ugolini, Storia dei Conti e Duchi di Urbino, I, Firenze
1959, p. 275. Sui rapporti di Guido Antonio con gli Osservanti, M. Bigaroni, Passaggio di S.
Maria della Porziuncola all’Osservanza, in SF, 84 (1987), p. 201-215: 205. Il primo incontro
tra Guido Antonio e Giovanni da Capestrano avvenne a Perugia nel 1413, quando questi
svolgeva l’ufficio di giudice, cf U. Nicolini, San Giovanni da Capestrano studente e giudice a
Perugia (1411-1414), in AFH, 53 (1960), p. 39-77: 50s.
32
«Primo quod per patrem generalem ministrum ibi semper duodecim fratres regule
observantes meliores Ordinis de observantia ponantur [...] Secundo: Quod pro bonu
statu illius civitatis et patrie ordinetur, quod per totum Ordinem fiat semper quotidie una
commemoratio, ut Deus dingnetur predictam civitatem et ipsam regentibus defendere ab
omnibus periculis et conservare cum omni pace et dilectione. Tertio Quod fratres in conventu
Sancti Francisci existentes non impediant se de illis bonis fratribus de aliquo vel in aliquo,
nec audeant per aliquem atemptatum fuerit, ipso facto sit, si prelatus est, privatus omni
officio, et si subditus, actibus legitimis etc.» (S. Tosti, Statuta a Guidantonio comite Montisferetri
pro conventibus S. Francisci et Portiunculae Assisii c. a. 1415-1419 condita, in AFH, 13 (1920),
p. 293-298). Sulle vicende della tassa che i frati di S. Maria erano tenuti a pagare ai frati del
convento di Assisi, cf Francesco M. Angelo da Rivotorto, Collis Paradisi amoenitas seu Sacri
Conventus assisiensis historiae libri II, opus posthumum, Montefiascone 1704, lib. I, p. 96; O.
Spader, Archivium Portiunculae id est patriarchae pauperum seraph. Franc. Portiuncola monumentis
novis et veteribus adornata per fr. Octavium a S. Francisco lectorem iubil. Aracoelit. Episcop. Assisien.,
104
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
Sulla fine del 1420, Braccio Fortebraccio da Montone, signore di Perugia
e principe di Capua, riconciliatosi con Martino V che nel mese di marzo
aveva incontrato a Firenze, scelse di celebrare alla Porziuncola le nozze con
la sorella di Berardo Varano, signore di Camerino. Erano presenti, oltre
la famiglia dei Varano, Niccolò Trinci, signore di Foligno, i signori di Fabriano, di Matelica e altri. La sposa fu accompagnata da centoquarantuno
dame33. Questo incontro costituirà una delle premesse alla svolta che, di lì a
cinque anni, l’Osservanza stava per fare: il passaggio dall’eremitismo stretto
alla “via media”, con conventi fuori della città, ma non troppo distanti, a
motivo della pastorale urbana che i seguaci di fra Paoluccio Trinci si accingevano a svolgere.
Le due stagioni dell’Osservanza francescana
di fra Paoluccio Trinci
Quando Alfonso Pecha, dopo una serie di incomprensioni, si mise da
parte34, a proteggere l’incipiente Osservanza subentrò Pietro Bohier, vicario
di Roma. Dopo questo iniziò il relativo decollo35. Illuminante è la lettera che
Gregorio XI gli inviò il 22 giugno 1374. Vi si legge che in seno alla famiglia
francescana erano sorti dei contrasti; c’era indubbiamente chi temeva che il
movimento di fra Paoluccio si trasformasse in una “separazione” dall’Ordine e per questo ostacolava l’incipiente Osservanza. Allora il pontefice, avuta
notizia dell’opposizione fatta a quei «diletti figli» dell’Ordine di s. Francesco che abitavano in certi luoghi solitari della provincia di S. Francesco e
di quella Romana, frati dei quali conosceva, per testimonianze autorevoli,
etc., a cura di E. Giusto, S. Maria degli Angeli 1916, p. 344ss; N. Papini, Storia del Perdono
d’Assisi, con documenti e osservazioni del p. maestro fra N(icola) P(apini) […], Firenze 1824, p. 13.
33
D. Dorio, Istoria della famiglia Trinci, Foligno 1638, p. 189, 199-200; A. Cristofani, Delle
storie di Assisi, terza edizione con prefazione della figlia dell’Autore, Assisi 1902 (ristampa,
Assisi 1980), quarta edizione, Venezia 1959 (cit.) I, 1959, p. 299; Agostino da Stroncone,
L’Umbria serafica, in MF, 4 (1889), p. 122. Su Braccio, signore di Perugia, P. Pellini, Dell’historia
di Perugia, II, Venezia 1664, p. 226; L. Bonazzi, Storia di Perugia, I, Perugia 1875, p. 636.
Braccio morì quattro anni dopo, mentre stava assediando la città dell’Aquila: «in pugna
letaliter vulneratus et tandem occisus fuit»; era il 5 giugno 1424, cf Bernardini Aquilani
Chronica fratrum minorum observantiae, p. 27.
34
Sul Pecha e sulle difficoltà incontrate nella sua “missione” a favore degli eremiti, mi
permetto di rimandare al mio, Alfonso Pecha e l’eremitismo italiano di fine secolo XIV, in «Rivista
di Storia della Chiesa in Italia» 47 (1993), p. 1-80.
35
Pietro Bohier abate di St.-Chinian (presso Béziers in diocesi di Saint Pons de Tomières),
era stato eletto vescovo di Orvieto il 16 nov. 1364, cf E. Petrucci, Bohier Pietro, in Dizionario
Biografico degli Italiani (= DBI), 11, Roma 1969, p. 193-203.
105
Mario Sensi
l’austerità di vita e la sincerità di spirito, gli ordinava di ammonire i ministri
provinciali, i custodi e gli officiali dell’Ordine a non molestare più quei religiosi. A loro in precedenza aveva concesso l’indulgenza plenaria in mortis
articulo, chiaro riferimento alla bolla Provenit ex devotionis affectu di neppure
un anno prima36. Austerità di vita e sincerità di spirito sono gli attributi con
cui il pontefice qualifica i seguaci di fra Paoluccio.
Inizialmente erano forse neppure cinquanta frati, quasi tutti laici, vogliosi di vivere nel silenzio e nella preghiera, senza possedere alcunché, totalmente abbandonati alla Provvidenza. Erano poveri anche nel vestire e ai
piedi non avevano scarpe, ma zoccoli, che dettero adito all’appellativo di
zoccolanti. In comune con i fraticelli di obbedienza vescovile che, per l’osservanza letterale della regola, avevano scelto di separarsi dall’Ordine, andando
a vivere sotto la protezione degli ordinari diocesani37, ebbero l’amore per la
povertà e per la vita eremitica, appunto l’Osservanza della regola ad litteram
et sine glossa. Invece ciò che, sin dagli inizi, li distinse dal resto dei frati “contestatori” fu la coscienza di appartenere all’Ordine dei frati Minori. Con
i frati della comunità non solo evitarono ogni contestazione verbale, ma
restarono nei migliori rapporti con quanti risiedevano nei comodi conventi
cittadini, anzi passavano semplicemente come membri dell’Ordine, fratres
de familia, frati “devoti” autorizzati a vivere negli eremi per quella scelta
eremitica che rimanda agli inizi della fraternita francescana38.
Banco di prova di fra Paoluccio, e dei suoi frati, fu Perugia. Si era in
tempo di scisma (1378-1415) e al ministro generale fra Leonardo de Rossi
BF VI, p. 533s, n. 1337.
È una storia tormentata quella dei seguaci di Angelo Clareno, appunto i clareni, che, dopo
la coraggiosa approvazione da parte di alcuni ordinari diocesani, ebbero il riconoscimento da
parte di Bonifacio IX, di Eugenio IV e infine di Niccolò V con Meritis piæ vitæ del 4 luglio
1447, cf BF I, p. 901, n. 1823. Mancando uno studio di ampio respiro sui “clareni ortodossi”
e sul parallelo ramo femminile, è d’obbligo il rimando a L. Oliger, Documenta inedita ad
historiam Fraticellorum spectantia, in AFH, 3 (1910) - 6 (1913), passim, in estratto, Quaracchi
1913, ma si veda anche Sensi, Le osservanze francescane, p. 137-203; 228-342; 363-71 e anche
il successivo saggio, Dal movimento eremitico alla regolare osservanza francescana, l’opera di fra
Paoluccio Trinci, Assisi 1992, p. 199-200.
38
Hubert Jedin, lo storico moderno del Concilio di Trento, ha intravisto le prime, ma
autentiche avvisaglie della riforma cattolica nelle osservanze dei Mendicanti e dei vecchi
Ordini monastici; a suo giudizio fa da battistrada l’esperienza eremitica degli “Zoccolanti” di
Foligno, cf H. Jedin, Storia del Concilio di Trento, I, Brescia 1973, p. 160. Sul contributo dato
dall’eremitismo apostolico alla Riforma cattolica vedi anche, Eremiti e pastori della Riforma
cattolica nell’Italia del ’500, Atti del VII Convegno del centro di studi avellaniti, Fonte Avellana
31 Agosto - 2 settembre 1983, Urbino 1984; G. G. Merlo, Tra eremo e città, studi su Francesco
d’Assisi e sul francescanesimo medievale, Assisi 1991, p. 131-147.
36
37
106
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
succedettero nell’ambito dell’obbedienza avignonese tre generali e sette in
quella romana, sotto la quale prosperò l’incipiente riforma, nonostante fosse ritenuta dai “frati dei conventi” un attentato all’unità dell’Ordine. Il suo
successo non va tuttavia ricercato nelle carenze di poteri centrali e periferici
della Chiesa, specie nelle terre del Patrimonio, dove appunto l’osservanza
ebbe inizio e dove città e castelli di fatto erano spartiti fra i signori locali,
quanto piuttosto nei connotati di questi religiosi. Erano “professori” della povertà evangelica e della vita eremitica, fautori appunto dell’Osservanza della regola ad litteram et sine glossa, al pari degli altri gruppi di fraticelli
dell’Italia centrale, in particolare dei fraticelli de paupere vita e dei fraticelli
de opinione. Ma, a differenza di costoro, gli eremiti di fra Paoluccio erano
assertori dell’unità dell’Ordine e zelatori tanto di Francesco d’Assisi, quanto
della Chiesa.
Lo dimostrarono sin dal 1373/74 allorché, guidati dallo stesso fra Paoluccio, questi frati, quasi tutti laici e ostili alla cultura ufficiale, affrontarono
a Perugia, in un pubblico dibattito, i fraticelli de opinione. Costoro erano
seguaci di Michele da Cesena, arroccati nei conventi di Monteripido e di
Montemalbe, i quali, godendo della protezione e dei favori del Comune
perugino, avevano cominciato a vessare i frati minori di san Francesco al
Prato. Confutati da fra Paoluccio per i loro errori e riconosciuti responsabili
della congiura ai danni di Gerard Du Puy, detto abate di Monmaggiore,
legato papale a Perugia, nel 1386 furono definitivamente espulsi dalla città e
il convento di Monteripido fu assegnato ai frati di Paoluccio Trinci39.
Una serie di provvedimenti adottati, tra il 1380 e il 1390, dai ministri
generali dell’Ordine dei Minori documenta la lenta, ma costante espansione
dell’Osservanza40. Nel 1380 fra Paoluccio è costituito commissario su dodici
L’episodio è narrato, con dettagli, da La Franceschina, p. 87-88. Per Bernardino Aquilano,
a convincere i Perugini, più che il pubblico dibattito, fu la testimonianza di vita evangelica
degli eremiti di fra Paoluccio, i quali «cum maxima devotione, fervore et observantia regulari
vivere coeperunt» (Bernardini Aquilani Chronica fratrum minorum observantiae, p. 11). Si veda
inoltre, U. Nicolini, I fraticelli di Montemalbe di Perugia nel secolo XIV, in PS, 11 (1974), p.
262-281; Id., Perugia e l’origine dell’osservanza francescana, in Il rinnovamento del francescanesimo,
l’osservanza, Atti dell’XI convegno internazionale della Società internazionale di Studi
francescani, Assisi 20-22 ottobre 1983, Assisi 1985, p. 287-299: 293; Stanislao da Campagnola,
Gli ordini religiosi e la civiltà comunale in Umbria, in Storia e arte in Umbria nell’età comunale, Atti
del VI Convengo di studi umbri (Gubbio 1968), Perugia 1971, p. 469-532: 523s.
40
Faloci Pulignani, Il beato Paoluccio, p. 41s. Per i difficili inizi dell’Osservanza, si rimanda
inoltre a L. Brengio, L’osservanza francescana in Italia nel secolo XIV, Roma 1963; D. Nimmo,
Reform and Division in the Medieval Franciscan Order. From Saint Francis to the Foundation of the
Capuchins, Roma 1987, p. 364s; si veda una sintesi in T. Jansen, Il francescanesimo tra la morte
e la canonizzazione di Giovanni da Capestrano, in Santità e spiritualità francescana fra i secoli XV
39
107
Mario Sensi
conventi riformati dell’Umbria con facoltà di inviare «simplices et devotos
de familia», cioè i propri frati «ad quecumque loca Italiae, etiam ad locum
Romanae curiae». Nel 1384 lo stesso è autorizzato a ricevere novizi nell’Ordine e può persino accogliere quei laici che gli si presenteranno, può cioè
costituire un proprio terz’Ordine secolare41. Infine nel 1388 fra Paoluccio è
autorizzato, sempre dal ministro generale dei Minori, a collocare le terziarie
nel luogo nuovo da lui edificato in Foligno: nasce così il secondo Ordine
degli Osservanti, le terziarie regolari, dette in seguito della Beata Angelina,
dalla figura carismatica che, dopo la morte di fra Paoluccio, guidò per circa
quarant’anni la comunità di Foligno42.
Detto monastero “nuovo”, da identificare non con l’Annunziata, come
ha fatto lo Iacobilli, ma con S. Anna, divenne, dal 1428, sede della congregazione delle Terziarie regolari d’Italia. Da lì prese l’avvio la prima osservanza francescana al femminile, in assoluto. Infatti la regola, approvata nel
1289 da Niccolò IV per i terziari viventi nel secolo, rimase, fino al 1436, interdetta da Giovanni XXII ai terziari che intendevano “uscire dal secolo” per
fare vita religiosa comunitaria43. Le terziarie regolari francescane, approvate
nel 1403 da Bonifacio IX, grazie all’interessamento di Agnese Trinci, moglie
di Andrea Tomacelli, quindi cognata del papa, erano “eremite della città”.
Vivevano nel monastero/bizzocaggio di Sant’Anna, che nel 1428 Martino
e XVII, Atti del Convegno storico internazionale, L’Aquila 26-27 ottobre 1990, a cura di L.
Antenucci, L’Aquila 1991, p. 35-49: 36s.
41
Faloci Pulignani, Il beato Paoluccio, p. 41ss, docc. 15-25.
42
L. Wadding, Annales Minorum, ad an. 1388, a. III, tomo IX, p. 81-82. Copia alla
Biblioteca Iacobilli, cod. B.VI.8, c. 296v, con a margine la postillata “Annunziata”. In realtà
non riguarda l’Annunziata, ma il monastero di Sant’Anna, “rifondato” dalla Beata Angelina
da Montegiove. Detta beata ha ottenuto il riconoscimento del culto pubblico da Leone
XII, l’8 marzo 1825; la sua festa si celebra il 14 luglio; sul monastero e sulla “fondatrice”
vedi ora, Il monastero di Sant’Anna a Foligno, religiosità e arte attraverso i secoli, a cura di Anna
Clotilde Filannino, Foligno 2010. Fino al 2009 l’altare della Beata Angelina da Montegiove
si trovava in San Francesco a Foligno, di rimpetto a quello di Angela da Foligno. Quindi è
stato traslato nell’oratorio semipubblico di Sant’Anna, appunto il monastero “rifondato” da
suor Angelina. Subentrata a fra Paoluccio, ottenne per questo monastero il riconoscimento
da parte dei pontefici, a cominciare da Bonifacio IX, mentre sotto Paoluccio aveva ottenuto
da parte del ministro generale dell’Ordine un riconoscimento ad tempus: «donec aliud super
hac materia per Sedem Apostolicam fuerit ordinatum». Segue la datatio: «Datum Perusii in
conventu fratrum minorum, anno Domini MCCCLXXXVIII, die .XIV. februarii». Si veda
anche Faloci Pulignani, Il beato Paoluccio, p. 47, doc. 24.
43
Sul tema M. Sensi, La regola di Niccolò IV dalla Costituzione “Periculoso” alla bolla “Pastoralis
officii” (1298-1447), in La “Supra Montem” di Niccolò IV (1289): genesi e diffusione di una regola, a
cura di R. Pazzelli - L. Temperini, Roma 1988 («Analecta TOR», 20/144), p. 147-198.
108
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
V con lettera Sacrae religionis costituì casa madre di una congregazione ramificata nell’Italia centrale, in particolare Umbria, Marche, Toscana, Lazio.
Queste donne, almeno fino al 1430, per gli atti più solenni, come le
professioni, si recavano regolarmente al convento di S. Francesco di Foligno, da cui nel passato erano usciti frati “riformatori”, assertori della vita
eremitica, per un’osservanza letterale della regola di san Francesco44. La ricerca, da parte di queste terziarie, di un proprio spazio di libertà fece sì
che la relativa cura monialium passasse per breve tempo agli Osservanti di
obbedienza vescovile, appunto i clareni e poi agli amadeiti. Invece gli Osservanti di fra Paoluccio si dedicarono al monastero di S. Lucia, divenuto
in breve faro di irradiazione dell’Osservanza, guidata da fra Bernardino da
Siena (1380-1444)45.
Era ancora vivente Paoluccio Trinci, ma ormai cieco e malandato, quando la piccola famiglia degli Osservanti ricevette, il 24 febbraio 1390, dal
ministro generale fra Enrico Alfieri da Asti i conventi di Cessapalombo o
Colfano, Camerino e Morrovalle, in aggiunta ad altri tre conventi marchigiani di Forano, Massa e Montefalcone assegnatigli dal suo predecessore.
Concesse a fra Paoluccio, su questi conventi eremitici, le stesse facoltà che
prima vi esercitava il ministro della provincia Picena46. Nel frattempo il polo
dell’Osservanza da Brogliano si era spostato al convento di Monteripido
a Perugia, dove erano stati introdotti, come già detto, gli Osservanti di fra
Paoluccio, al posto dei fraticelli, espulsi dal legato pontificio perché riconosciuti conniventi con i responsabili della congiura contro di lui47. Non sfugga il fatto che le lettere inviate tra il 1388 e il 1390, da fra Enrico Alfieri, mi-
44
M. Sensi, Angelina da Montegiove e le terziarie regolari di Foligno, in Il monastero di Sant’Anna
a Foligno, p. 19-43: 29s.
45
È d’obbligo il rimando a Ricordanze del monastero di S. Lucia osc in Foligno, Assisi 1987, con
introduzione di A. E. Scandella, S. Maria degli Angeli 1987. Per uno sguardo sull’Osservanza
al femminile, A. Fantozzi, La riforma osservante dei monasteri delle clarisse nell’Italia centrale
(documenti, sec. XV-XVI), in AFH, 23 (1930), p. 361-382; 488-550; Id., Documenti intorno alla
b. Cecilia Coppoli clarissa (1426-1500), in AFH, 19 (1926), p. 194-225; 224-384; R. Pratesi, Le
clarisse in Italia, in Santa Chiara d’Assisi. Studi e cronaca nel VII centenario 1253-1953, Perugia
1954, p. 353, 355, 360; Uno sguardo oltre: donne, letterate e sante nel movimento dell’Osservanza
francescana. Atti della I giornata di studio sull’Osservanza francescana al femminile, Foligno,
Monastero delle Clarisse di S. Lucia, 11 novembre 2006, a cura di P. Messa - A. E. Scandella,
S. Maria degli Angeli-Assisi 2007.
46
Wadding, Annales minorum, t. IX, 91, IV; Faloci Pulignani, Il beato Paoluccio, p. 49s, doc.
28.
47
La Franceschina, p. 87-88; inoltre, E. Dupré Theseider, La rivolta di Perugia nel 1375 contro
l’abate di Monmaggiore ed i suoi precedenti politici, in «Bollettino della Deputazione di Storia
Patria per l’Umbria» 25 (1938), p. 69-166: 113-115; Sensi, Dal movimento eremitico, p. 42-46.
109
Mario Sensi
nistro generale dell’Ordine, a fra Paoluccio Trinci portano tutte, come data
topica, Perugia. Da questo si ha una conferma indiretta che San Francesco
al Monte, poi detto Monteripido, dove gli Osservanti si erano insediati tra
il 1384 e il 138948, era divenuto il nuovo centro di forza dell’Osservanza49.
Fu dopo l’acquisto di questi tre eremi che fra Paoluccio nominò due suoi
commissari, ambedue frati laici. Fra Francesco da Fabriano, detto anche fra
Ciccho (1352-1412), divenuto commissario «supra certa loca sive eremitoria
solitaria et devota», nella provincia picena, andò a stabilirsi nella Romita di
Valdisasso, presso Fabriano50. La Tuscia fu affidata a fra Giovanni da Stroncone, che si trasferì in Toscana, assieme a fra Angelo da Monteleone, lettore
in teologia, passato dai conventuali alla riforma, il quale successivamente si
stabilì nel convento di Fiesole, eremo che la riforma aveva ottenuto in questa provincia da Bonifacio IX, l’8 febbraio 1399, con lettera Sacrae religionis51.
Ai due poli di irradiazione dell’Osservanza, creati da fra Paoluccio in
Foligno e Perugia si erano così aggiunti due nuovi centri di forza del movimento: Fabriano nelle Marche e Fiesole in Toscana dove fu istituito il noviziato. Qui l’8 settembre 1402 fece il suo ingresso fra Bernardino da Siena
colui che, nel giro di circa due decenni darà una svolta all’Osservanza di fra
Paoluccio52.
48
U. Nicolini, Scritti di storia, a cura di A. Bartoli Langeli - G. Casagrande - M.G. Nico
Ottaviani, Perugia 1993, p. 369: La cessione a fra Paoluccio avvenne nel 1384. Nel 1386 i priori
delle Arti gli offrirono anche Montemalbe, ma a quanto sembra i frati non vi andarono; nel
frattempo la stima che i frati di Monteripido godevano presso i Perugini era salita così in alto
che gli Statuti comunali, emanati nel 1389, affidano al guardiano del convento Observantiae
Sancti Francisci il compito di presiedere alla distribuzione annuale dell’elemosina destinata a
33 poveri, nel giorno di S. Ercolano.
49
Faloci Pulignani, Il beato Paoluccio, p. 47s, doc. 24, 25, 27, 28.
50
BF VII, p. 454; Wadding, Annales minorum, IX, p. 246, n. XLIX; cf inoltre, La Franceschina,
I, p. 217, n. 5 e 250. Fra Mariano da Firenze osserva che fra Giovanni subentrò a fra Paoluccio
solo in tre province, san Francesco, la Tuscia e la Romana, e non in quella Picena dove, nel
1390, era stato nominato commissario fra Francesco da Fabriano.
51
BF VII, p. 92, n. 271; Wadding, Annales minorum, IX, p. 457.
52
Della nobile famiglia degli Albizzeschi, Bernardino era nato a Massa Marittima l’8
settembre 1380. Rimasto orfano si trasferì nel 1391 a Siena, dove compì gli studi di retorica,
filosofia e giurisprudenza. Si dette infine allo studio della teologia. Iscritto alla Compagnia
dei Battuti, durante la peste del 1400 si dedicò per quattro mesi alla custodia degli infermi;
poco dopo fece una breve esperienza di vita eremitica. Entrato a 22 anni (8 settembre 1402)
tra i frati Minori, l’8 settembre 1403 emise la professione e l’8 settembre 1404 celebrò la
prima messa. Dopo aver dedicato ancora un anno alla preparazione teologica sulla base dei
grandi maestri francescani, inclusi gli spirituali, quali Iacopone da Todi, Ubertino da Casale
e soprattutto Pietro di Giovanni Olivi, viene abilitato alla predicazione in territorio senese
(1405). Fondato il convento di Capriola, allarga il raggio dei suoi spostamenti, predicando
in varie città della Toscana. Nel 1411 Bernardino si ammala di peste; scampato, dedica tre
110
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
All’epoca i conventi della riforma, tra Umbria e Marche, erano passati
da undici a ventidue53, e i frati, sparsi nei vari romitori, forse non erano, in
tutti, più di cento, quasi tutti laici54. Distribuiti in quattro province dell’Italia centrale, umbra o di s. Francesco, marchigiana, toscana e romana, erano
però in rapida crescita non solo quantitativa, ma soprattutto qualitativa.
Basti ricordare che il B. Alberto di Sarteano, dopo un decennio di vita tra
i frati dei conventi cittadini, passò nel 1415 tra gli Osservanti55, intanto nel
anni al raccoglimento. Nel 1415, da vicario dell’Osservanza in Toscana divide il suo tempo
fra gli impegni all’interno dell’Ordine e la predicazione. Dal 1417 si sposta nell’alta e media
Italia. Ardente predicatore della devozione al nome di Gesù, il cui trigramma (IHS), peraltro
già usato da Ubertino da Casale, fece scolpire o dipingere su tavolette, fu accusato di culto
superstizioso e deferito due volte a Roma, nel 1426 e nel 1431. Fu completamente scagionato.
Eugenio IV, in una lettera dell’8 gennaio 1432, fece amplissime lodi della sua dottrina e dei
suoi costumi, cf M. Bertagna, Vita religiosa francescano-senese sulle orme di san Bernardino, nel
sec. XV, in SF, 60 (1963), p. 231-289; inoltre, Ilarino da Milano, San Bernardino da Siena e
l’osservanza francescana, in Bernardino da Siena. Saggi e ricerche pubblicati nel Quinto Centenario
della morte (1444-1944), Milano 1955, p. 379-406: 384s; R. Manselli, Bernardino da Siena,
santo, in DBI IX, Roma 1967, p. 215-226; S. Spanò, Bernardino da Siena, in Il grande libro dei
santi. Dizionario enciclopedico, diretto da C. Leonardi - A. Riccardi - G. Zarri, I, Cinisello
Balsamo 1998, p. 297-300.
53
Ai primi undici, della provincia umbro-toscana [Pistia (Brogliano), le Carceri di Assisi,
Monteluco (diocesi di Spoleto), Giano dell’Umbria (diocesi di Spoleto), l’Eremita presso
Porteria di Cesi (nei pressi di Terni, ma in diocesi di Spoleto), la Scarzola (diocesi di
Orvieto), Montegiove della Spineta (Montione, in diocesi di Todi), Stroncone in diocesi di
Narni, tutti dell’Umbria meridionale, con un’appendice di tre conventi della valle reatina,
Greccio, Fontecolombo e Poggio Bustone, in diocesi di Rieti, del resto collegati all’Umbria
meridionale attraverso il convento di S. Francesco di Stroncone] si aggiunsero S. Francesco al
Monte in Perugia e, per breve tempo, Monte Malbe, pure in Perugia, quindi la Rocchicciola
e S. Damiano in Assisi; Farneto presso Perugia. Nella provincia marchigiana: Forano,
Montefalcone e Massa; Morro, Cessapalombo o Colfano e Camerino, cf Faloci Pulignani, Il
beato Paoluccio Trinci, p. 36-39. Si vedano inoltre Sacrae vestrae religionis del 20 marzo 1403; BF
VII, n. 454; Wadding, Annales minorum, IX, n. 258, p. 329; n. 268, p. 341.
54
In una predica tenuta dal Capestrano a Vienna, nel 1451, si legge: «quando s. Bernardinus
recepit habitum […] credo quod in tota Ytalia non erant centum fratres in observantia», cf
G. Hofer, Giovanni da Capestrano, una vita spesa nella lotta per la riforma della Chiesa, L’Aquila
1955, p. 102.
55
È lo stesso fra Alberto a riferire, nel suo epistolario, che passò all’Osservanza nel 1415,
cf F. Biccellari, Un francescano umanista. Il beato Alberto da Sarteano, in SF, 10 (1938), p.
22-48: 43. Ecco come lo descrive fra Bernardino Aquilano: «Fuit etiam in Italia vir vita,
doctrina et fama praeclarus, frater Albertus de Sarthiano, qui rex praedicatorum apellabatur
a vulgo, quem mirabiliter praedicantem audivi, quem fratres vocant beatum, quia miraculis
fulsisse referunt; in loco nostro santi Angeli de Mediolano quiescit. Hic fuit magnus orator
et plurimas epistolas scripsisse elegatissime constat» (Bernardini Aquilani Chronica fratrum
minorum observantiae, p. 19s). Su questo insigne predicatore vedi inoltre Alberto da Sarteano
nel sesto centenario della nascita (1385-1985), in SF, 82 (1985), n. 3-4, p. 201-206; A. Spicciani,
Alberto Bardini da Sarteano (1385-1450). Cronologia bibliografica, ibidem, p. 359-365.
111
Mario Sensi
1416 fecero la professione s. Giacomo della Marca alla Porziuncola e s.
Giovanni da Capestrano a Monteripido56. Quest’ultimo era ancora chierico
quando nel 1418 accompagnò a Mantova il ministro generale a dare il benvenuto a papa Martino V che dal Concilio di Costanza tornava in Italia57.
Probabilmente fu in questa circostanza che, al papa fu consegnato un rotulo
con cinque suppliche. La prima richiesta, fatta «pro parte generalis ministri,
inquisitorum et fratrum minorum ordinis B. Francisci et presertim in locis
pauperculis et devotis in Romana Provincia commorantium», auspicava, da
parte degli inquisitori heretice pravitatis un inasprimento delle pene contro i
fautori e i ricettatori dei fraticelli de opinione58. Non sfugga il fatto che la richiesta viene presentata, oltre che dal ministro generale, fra Antonio de Pereto,
dagli stessi inquisitori e dai frati minori, in particolare da quei frati dell’Osservanza residenti nei conventi paupercoli et devoti dei territori immediatamente
soggetti a Roma, appunto i conventi degli osservanti sopra elencati. Martino
V, come si apprende dai Registra supplicationum, approvò quanto richiesto,
scrivendo: «Fiat plene ut petitur O», Otto Colonna, il nome di papa Martino. Nell’ultima supplica, sottoscritta dal ministro generale e dai frati de
Observancia, si richiedeva, per i frati della provincia romana, nell’accezione
di cui sopra, i quali si erano ritirati «in locis pauperculis et devotis dicta intentione observandi predictam regulam B. Francisci», la facoltà di scegliersi
un confessore che in articulo mortis li avesse assolti da tutti i peccati. La lettera
solenne richiesta avrebbe dovuto essere simile a quella che Gregorio XI, il 24
settembre 1373, aveva elargito ai conventi che avevano aderito alla riforma
di fra Paoluccio. Ma ora la lettera Provenit ex devotionis affectu si chiedeva per
ciascun frate minore che aveva aderito alla riforma. Il papa acconsentì anche
a questa supplica, lasciando però la decisione al ministro generale e ai provinciali: «Fiat pro ministro [generali] et provinciali in forma O»59.
Hofer, Giovanni da Capestrano, p. 79-88.
O. Bonmann, Giovanni da Capestrano, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, IV, Roma
1977, col. 1212-1223: 1216
58
B. Pandžić, De ordinatione sacerdotali s. Iohannis a Capistrano, in AFH, 49 (1956), p. 77-82:
80. I fraticelli, considerati effettivamente pericolosi durante il secolo XIV, non lo erano più
agli inizi del successivo, privi com’erano di un capo carismatico capace di tradurre in vis
rivoluzionaria l’attacco alla Chiesa istituzionale; restavano tuttavia connivenze e protezioni
interessate da parte di signori locali e di alcuni centri minori dello Stato della Chiesa. Da
questa realtà dipendono gli ampi poteri inquisitoriali successivamente concessi dallo stesso
Martino V con bolla Apostolica Sedes del 27 maggio 1426.
59
Ibidem, p. 81s. Le tre altre richieste riguardavano dispense per i trascorsi civili di tre
professi dell’osservanza: fra Lorenzo di Tommaso Bartolucii da Roma, fra Giovanni di
Antonio da Capestrano e fra Francesco da Milano.
56
57
112
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
Emulo di fra Paoluccio Trinci, fra Giovanni, ancora in attesa di un regolare mandato da parte di Martino V, cominciò a predicare contro i fraticelli
de opinione. Quindi, giunto il mandato nel 1421, fra Giovanni, che forse
dallo stesso anno ricopriva la carica di vicario per l’Osservanza in Abruzzo,
combatté i Brancaleoni, signori di Belmonte nel reatino, colpevoli di aver
dato ricetto ad alcuni fraticelli e, insieme a Giacomo, contrastò i fraticelli di
Maiolati, di Massaccio e dei castelli del retroterra di Jesi60.
Altrettanto attivi furono i frati del convento di Fiesole, in Toscana, dove
Fra Giovanni da Stroncone, divenuto commissario supra certa loca sive eremitoria solitaria et devota, si era trasferito, assieme al già citato fra Angelo da
Monteleone, lettore in teologia che era passato dai conventuali alla riforma61. Giovanni ebbe, come novizi, suo nipote fra Antonio (Vici) da Stroncone e fra Tommaso (Bellacci) da Firenze, sua città natale, o da Scarlino,
con il convento da lui fondato, i quali, come già i confratelli delle Marche,
si attivarono per combattere il fraticellismo62.
60
BF VII, n. 1395. Nella lettera che fra Giovanni da Capestrano scrisse a papa Niccolò
V il 10 gennaio 1452 dichiara di aver ricevuto l’incarico di inquisitore da papa Martino
V nell’anno primo del suo pontificato, evento che rimanda alla supplica di cui sopra (cf
Annales Minorum XII, p. 154-157, n. 134). La bolla prevedeva la facoltà di assumere soci e di
suddelegare gli stessi poteri di inquisitore. Uno di questi soci fu Giacomo della Marca con
il quale Giovanni condivise la lotta contro i fraticelli di Maiolati, di Massaccio e dei castelli
del retroterra di Jesi. Stando a Nicolò da Fara, il capestranense avrebbe fatto appiccare il
fuoco a 36 residenze di fraticelli condannando al rogo i recidivi. Nel 1437 Giacomo, insieme
a Lorenzo Giustiniani, vescovo di Venezia, da Eugenio IV venne incaricato di inquisire i
gesuati accusati di simpatizzare per l’eresia del Libero Spirito. I gesuati furono prosciolti;
di fatto però circolava nei loro conventi veneti, ma anche di altre Religioni, lo Speculum
simplicium animarum, versione latina del Miroir di Margerita Porete, mandata al rogo nel
1310 dall’inquisitore Guglielmo di Parigi, testo condannato dal concilio di Vienne con il
documento Ad nostrum del 1311. Si veda, per quanto sopra, A. Sacchetti Sassetti, Giovanni
da Capestrano inquisitore a Rieti, in AFH, 49 (1956), p. 336-8; Id., Giovanni da Capestrano e
Lorenzo da Rieti, inquisitori in Sabina, ibidem, 57 (1964), p. 200-204; S. Iacobus De Marchia,
Dialoghus contra fraticellos, addita versione itala saec. XV, recensuit D. Lasić, Falconara 1975;
R. Guarnieri, Il movimento del Libero Spirito, testi e documenti, in «Archivio Italiano per la Storia
della Pietà» IV (1965), p. 353-708: 466s; G. Annibaldi, L’azione repressiva di Martino V contro
i ribelli di Jesi ed i fraticelli di Maiolati, Massaccio e Mergo, in PS, 11 (1974), p. 405-430; Mariano
d’Alatri, Eretici e inquisitori, vol. II, Roma 1987; M. Sensi, Giovanni da Capestrano francescano,
in S. Giovanni da Capestrano nella Chiesa e nella società del suo tempo. Atti del Convegno storico
internazionale per il VI centenario della nascita del santo (1386-1986) (Capestrano-L’Aquila,
8-12 ottobre 1986), a cura di Edith e Lajos Pasztor, L’Aquila 1989, p. 21-53.
61
BF VII, p. 454; Wadding, Annales Minorum, IX, p. 246, n. XLIX; cf inoltre, La Franceschina,
I, p. 217, n. 5 e 250.
62
Come Giovanni da Capestrano e Giacomo della Marca, anche Antonio Vici da Stroncone
e Tommaso da Scarlino emularono il B. Paoluccio; sulle loro azioni repressive, cf Mariano
d’Alatri, Il Beato Antonio e i fraticelli della Maremma, in Il Beato Antonio da Stroncone. Atti delle
113
Mario Sensi
Non ebbe invece seguito l’altra richiesta lasciata all’iniziativa del ministro generale e dei provinciali. Tuttavia in loro favore si attivò Antonio Correr (1369-1445), vescovo riformatore63, il quale, dopo il capitolo di Forlì
(1421), che aveva contestato il movimento de observantia, ottenne per questi
frati “devoti” la lettera Provenit ex devotionis affectu (1422), che aveva avuto
l’assenso di Martino V, ma non dei superiori dell’ordine64.
La via media
I concili di Costanza e di Basilea, perseguendo il progetto di riforma globale in capite et in membris, con la Supplicationibus personarum del 23 settembre
1415 avevano dato l’avvio al primo statuto di una Congregatio de Observantia,
quella dei francescani francesi, base giuridica per il decollo di tutte le successive Osservanze. Queste decisioni sarebbero però rimaste mere utopie se
non avessero trovato, nei pontefici, un’azione riformatrice capace di difendere le ragioni dei riformatori contro le manovre dei superiori o dei capitoli
generali. In tal senso agirono Martino V ed Eugenio IV per l’Osservanza
francescana e agostiniana; Pio II per quella domenicana; Alessandro VI per
le congregazioni di Osservanza agostiniana e domenicana65. Fu un compito
difficile in quanto, negli ordini centralizzati, quali erano quelli mendicanti,
si temeva che il successo delle congregazioni di Osservanza potesse attentare all’unità dell’ordine. Contro tale rischio, appunto, combatterono i frati
Minori dei conventi.
Fra Giovanni da Stroncone, che nel 1390 era succeduto a fra Paoluccio,
in qualità di commissario, in forza delle decisioni dei concili di Costanza
e di Basilea, aveva assunto la qualifica di vicario dell’Osservanza in Italia66.
Egli, partito da Fiesole, si trovava nella Provincia di S. Angelo in Puglia,
dove si era recato, insieme a fra Tommaso (Bellacci) da Firenze, per far conogiornate di studio (Stroncone 8 gennaio 1994 e 28 gennaio 1995), a cura di M. Sensi, Assisi
1995, p. 5-13.
63
Papa Martino V il 12 marzo 1424 nominò il Correr membro della commissione per la
riforma della Chiesa, insieme ai cardinali Pierre de Foix e Alfonso Carrillo; inoltre il 6 agosto
successivo, a seguito della morte di Braccio da Montone, lo inviò, come vicario, a Perugia, cf
F. Ch. Uginet, Correr, Antonio, in DBI 29, Roma 1983, p. 485-488.
64
La Provenit ex è la lettera “solenne” che apre la serie della corrispondenza pergamenacea
strettamente personale del Capestranense, cf A. Chiappini, Reliquie letterarie capestranensi,
L’Aquila 1921, p. 164, n. 4.
65
M. Fois, L’«osservanza» come espressione della “Ecclesia semper renovanda”, in Problemi di
storia della Chiesa nei secoli XV-XVII, Napoli 1979, p. 13-107: 17-23.
66
Wadding, Annales minorum, IX, p. 383, n. XXXV.
114
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
scere l’Osservanza, quando la morte († 8 maggio 1418) lo colse a Lucera de’
Saraceni67. Sotto di lui gli Osservanti si erano raddoppiati, da cento erano
passati a circa 200, e la riforma in Italia contava oltre 30 residenze, per lo più
eremi68. Questo l’elogio che ne fa La Franceschina:
«Si affatigò, quanto poté, esso beato Thoma [Bellacci] di ampliare et dilatare la
nova plantula della observantia quanto fo a llui possibile. Unde andava discorrendo quando per la Thoscana, quando per la Marcha, quando per la Puglia,
quando per la Calabria in compagnia della recolenda memoria de frate Iohanni
da Stroncone de la provincia de santo Francesco, successo sopra de’ poverelli
luochi devoti della observantia del dicto frate Pauluccio. Ma presto dilatando et
fundando multi lochi el dicto frate Iohanni insieme con frate Thoma, maxime
nella Marcha et nella provintia di santo Angelo, fo da quillo primo conmessario
instituito frate Thoma sopra li prefati lochi con l’autorità del Generale ministro»69.
Il Wadding dice che Giovanni era stato «egregium concionatorem et ardentem regularis observantiae zelatorem»70, elogio che Iacobilli così traduce:
«e perché desiderava far frutto nell’anime, si diede allo studio delle sacre
lettere, divenendo in breve un dotto e divoto predicatore»71. Di certo fra
Giovanni rimase frate laico e non ci sono pervenuti suoi scritti, così che
l’appellativo di predicatore potrebbe indicare che egli abbia fatto da tramite
fra la generazione dei frati osservanti di Paoluccio Trinci, tutti dediti alla vita
eremitica, e quella di Bernardino da Siena, i quali invece optarono per la
via media, distribuendo la loro vita tra l’eremo e la predicazione itinerante.
La predicazione itinerante che caratterizzerà la seconda generazione degli Osservanti inizia infatti con fra Bernardino da Siena, il quale, dal con-
67
Fu sepolto nella chiesa di S. Salvatore, davanti all’altare maggiore; sul suo sepolcro si
legge questa tardiva iscrizione: Lapis quam aspicis lector huc translata continet / ossa / B. Iohannis
a Stronconio / sanctitate vitae condita / olim / in cornu Evangelii / reformatam gubernante Provinciam
/ fr. Iosepho a S. Nicandro / A. D. 1830. L’epigrafe si riferisce all’ultima traslazione, cf La
Franceschina, p. 251, n. 1.
68
Wadding, Annales minorum, IX, p. 473, ad an. 1415, n. XXIX.
69
La Franceschina, I, p. 224. Sul problema storiografico degli insediamenti francescani
rimando a I francescani in Capitanata. Atti del Convegno di Studi, Convento di S. Matteo – S.
Marco in Lamis, 24, 25 ottobre 1980, a cura di T. Nardella - P. M. Villani - P. N. De Michele,
Bari 1982, in particolare alle relazioni di Raoul Manselli, L’insediamento dei francescani, come
problema storiografico, p. 17-26: 21s; Pasquale Corsi, La storiografia relativa alla prima presenza
francescana in Capitanata (secoli XIII-XV). Appunti e proposte, p. 27ss.
70
Wadding, Annales minorum, IX, 91, n. IV.
71
Iacobilli, Vite de’ santi e beati, I, p. 475.
115
Mario Sensi
vento di Fiesole, dove ricopriva l’incarico di guardiano, nel 1417 se ne partì
per predicare a S. Croce in Firenze, quindi, sulla fine di quell’anno, si recò a
Milano, dove gli fu affidato il prestigioso incarico di predicatore della quaresima dell’anno 141872, finché, a quanto sembra nel 1422, ormai predicatore
affermato, divenne commissario degli Osservanti73. L’apostolato travolgente
di fra Bernardino per la famiglia degli Osservanti fu il segnale di una svolta74. Se si voleva contribuire in maniera fattiva alla riforma della Chiesa,
reformatio in capite et in membris, secondo l’adagio coniato nel secolo XII e
che tanta parte ha avuto negli ultimi secoli del Medio Evo, fino al concilio
di Trento, bisognava uscire dagli eremi per dedicarsi a una mirata pastorale
urbana; e perché il piano sortisse il suo effetto occorreva superare una serie
di difficoltà.
Grande merito di fra Bernardino fu di aver intuito che i suoi sforzi sarebbero rimasti vani senza una solida formazione dei predicatori e senza fare
squadra. La maggior parte dei frati dell’Osservanza erano laici e stranieri75,
ben adatti per la vita romitoriale. I sacerdoti76, pochi anche a motivo dell’opposizione agli studi in genere e soprattutto a quelli accademici, ancora ai
Ilarino da Milano, San Bernardino da Siena, p. 387.
Fino al 1443, anno in cui l’istituto del vicario degli Osservanti fu sanzionato da Eugenio
IV (cf Wadding, Annales Minorum, ad an. 1443, n. 7), risulta problematica la ricostruzione
dei “commissari” generali e soprattutto provinciali, e dal concilio di Costanza “vicari” (cf
ibidem, ad an. 1415, n.7), che ressero la famiglia degli Osservanti. Luca Wadding riferisce
che fra Giovanni, nel 1415, nominò suo commissario per la Toscana fra Nicola da Uzano;
ma il 24 settembre dell’anno precedente Gregorio XII aveva dato licenza di ricevere luoghi
per l’Osservanza in Toscana a fra Bartolomeo Pucci d’Assisi, guardiano della Scarzuola. È lo
stesso che, nel 1425, riceverà il luogo di S. Donato di Urbino e nel 1429 quello della Trinità
di Orvieto, cf SF, 39 (1942), p. 110-122; vedi inoltre U. Nicolini, Serie dei vicari provinciali
dell’Umbria, dei guardiani di Monteripido e dei confessori del monastero di Monteluce nel secolo XV,
in C. Tabarelli, Documentazione notarile perugina sul convento di Monteripido nei secoli XIV e XV,
Perugia 1977, p. 189-195
74
«in provincia Tusciae claruit gemma praedicatorum, sanctus Bernardinus de Senis»
(Bernardini Aquilani, Chronica fratrum minorum observantiae, p. 18).
75
Dalla tavola del capitolo provinciale degli Osservanti dell’Umbria, tenutosi a Perugia
nel 1408, si apprende che i guardiani dei romitori più importanti della riforma erano tutti
stranieri di Alamannia, Inghilterra, Irlanda, Sassonia ecc., e comunque non umbri, di Lombardia, Puglie ecc., cf U. Nicolini, Le tavole dei capitoli provinciali dell’Umbria del 1408 e del
1431, in AFH, 59 (1966), p. 301-322; Id., I minori osservanti di Monteripido e lo “scriptorium”
delle clarisse di Monteluce in Perugia nei secoli XV e XVI, in PS, 8 (1971), p. 100-130. Il fatto viene
confermato dagli spogli notarili condotti da Tabarelli, Documentazione notarile.
76
La penuria di sacerdoti tra gli Osservanti della prima generazione è attestata da fra
Bernardino Aquilano da Fossa, cf Bernardini Aquilani, Chronica, p. 24, ripreso da Wadding,
Annales minorum, an. 1415, IX, p. 479s, n. 34.
72
73
116
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
tempi di Martino V e di Eugenio IV erano “ignoranti”77. Si doveva pertanto
provvedere all’organizzazione degli studi78, elevando, a tal fine, scuole per
la preparazione dei professi a Istituti, come nel caso di Monteripido che, nel
1438, fu promosso a “Istituto di teologia morale”79.
Quanto sopra avrebbe comportato il sacrificio della componente eremitico-contemplativa, che aveva contraddistinto i primi Osservanti, a vantaggio di una vita mista, contrassegnata dal diritto-dovere della predicazione. L’osservanza letterale di fra Paoluccio caratterizzata da estrema povertà,
avversione agli studi e predilezione per la vita eremitica, ragion d’essere
dell’Osservanza, veniva meno, nonostante la resistenza da parte di alcuni
gruppi80. Si cercava però di sostenere una causa ben più importante, la riforma della Chiesa portata ora avanti da un agguerrito manipolo di apostoli.
In una lettera ufficiale, scritta da Bernardino da Siena in veste di vicario
generale verso la fine della sua vita, si asserisce che il Vangelo obbligava i
frati minori solo in quanto citato nella regola e proponeva per la povertà
un usus moderatus e non l’usus pauper81. Questa scelta, che segnò il decollo
degli Osservanti, in pratica fu un’evoluzione nell’Osservanza quale era stata
realizzata da fra Paoluccio Trinci.
Nel frattempo, stante lo zelo per la riforma della Chiesa, non si poteva
rimanere in attesa. Così fra Bernardino, guida carismatica, prese l’iniziativa
di scendere in campo con quanti si fossero resi disponibili a fare squadra.
Bernardino Aquilano nell’iniziativa di fra Bernardino vede una rivisitazione di quanto, sul modello apostolico, era accaduto agli inizi del francescanesimo. Dopo averne ricordato la predicazione milanese del 1428, così
prosegue: «Hunc audivi, cum essem puer, laudari; erat enim fama, quod
quidam frater Bernardinus de paupere vita ducit secum duodecim socios ad
Cf ibidem, 1440, XI, p. 110, n. 28. Vedi, al proposito, M. Fois, La questione degli studi
nell’Osservanza e la soluzione di s. Bernardino da Siena, in Atti del simposio internazionale
cateriniano-bernardiniano, a cura di D. Maffei - P. Nardi, Siena 1982, p. 477-497: 485ss.
78
Alla soluzione del problema, oltre san Bernardino, contribuirono Giovanni da
Capestrano e Alberto da Sarteano, cf Fois, La questione, p. 489-497; inoltre A. Chiappini,
S. Iohannis de Capistrano sermones duo ad Studentes et epistula circularis de studio promovendo, in
AFH, 11 (1918), p. 93-131; F. Biccellari, Un francescano umanista. Il beato Alberto da Sarteano, p.
30; Alberto da Sarteano nel sesto centenario della nascita (1385-1985), in SF, 82 (1985), n. 3-4, p.
201-206; A. Spicciani, Alberto Bardini da Sarteano (1385-1450). Cronologia bibliografica, ibidem,
p. 359-365.
79
Cf Fois, La questione, p. 489ss.
80
Sul dibattito all’interno dei frati della famiglia in merito al diritto-dovere della
predicazione e alla presunta infedeltà alla regola da parte delle Quattro Colonne, per un
primo approccio mi permetto di rimandare al mio Giovanni da Capestrano francescano, p. 42s.
81
Wadding, Annales Minorum, ad an. 1440, n. 12.
77
117
Mario Sensi
similitudinem Jesu Christi, et omnes sunt sancti viri, et est ita excellentissimus praedicator, quod videtur angelus Dei»82. Poi ne ricorda i tre più stretti
collaboratori, Giovanni da Capestrano, il legislatore, Giacomo della Marca
e Alberto da Sarteano, acceptissimi in suis praedicationibus, definendo tutti e
quattro luminaria83, che per Mariano da Firenze sono le “Quattro colonne
dell’Osservanza”84.
Da parte loro i detrattori avevano intravisto, nell’azione pastorale di fra
Bernardino, un’opera del demonio per aver diffuso tra il popolo la devozione al Nome di Gesù, mediante una «tabulellam cum litteris, vel cum
caractere et littera YHS», con cui era solito iniziare la predica. Assai battagliero, l’agostiniano fra Andrea di Giovanni Nanni da Cascia († 1435), nella
lettera-trattato De signis adventus antichristi, diretto a Martino V, con dispregio, chiama pseudo-Christi i seguaci del predicatore senese, in tutti poco più
di una ventina di frati degli eremi85. Questi i relativi nomi che fra Mariano
da Firenze pone subito dopo le “Quattro Colonne”:
«Iacobus Primaticcius de Bononia [...], Marcus de Bononia [...], Mattheus de
Girgentie [...], Antonius de Bitonto [...], Albertus de Calabria [...], Seraphinus
de Gaeta [...], Pacificus de Roma [...], Bartholomeus de Yano [...], Paulus de
Assisio [...], Franciscus de Trevio [...], Franciscus de Spoleto [...], Antonius de
Montefalco [...], Antonius de Ariminio [...], Nicolaus de Ausimo [...], Franciscus de Platea [...], Iacobus de Donzello [...], Bapista de Levanto [...], Silvester
B. Bernardini Aquilani Chronica fratrum minorum observantiae, p. 19.
Ibidem, p. 21
84
Mariano da Firenze, Compendium Chronicarum fratrum Minorum, in AFH 3 (1910), p.
706-707.
85
«bestia Bernardinus, primus adinventor imaginis tabulellae, in quo omnes aliae bestiae
figurantur […] Mattheus (de Cicilia), Iohannes (de Capistrano) et Iacobus (de Montebrandone)
[f. 14r] quorum quilibet et discipulos habet et populos, super quos sedet [f. 22v]; praedicant
quod civitas seu castrum, domus, vel homo qui exaltabit imaginem tabulellae, numquan
habebit guerras, aut pestem aut famem [f. 38rv]; praedicant insuper quod ad invocationem
ipsorum del bon YHS etiam sanantur infirmi [f. 43v]; dicunt se non tangere pecunias et a
populis nihil velle et tamen contrarium faciunt, quia per suos confessores et procuratores
pecuniam tangunt et possident, diversis coloribus se cooperientes, aut quia volunt librum
emere, vel ecclesiam fabricare [f. 24r ]» (Biblioteca Angelica Roma, ms. 431, f. 1-53); cf inoltre
M. Vernet, Martin V et Bernardin de Sienne, in «L’Université Catholique» n. s. IV (1890), p.
563-595, cui si riferisce D. Trapp, L’archivio notarile di Santa Rita (L’ambiente agostiniano), in
Documentazione ritiana antica, IV, Cascia 1970, p. 112-143. Su fra Andrea, cf B. Feliciangeli,
Le memorie del convento di S. Pietro di Muralto e l’origine dell’osservanza minoritica in Camerino, in
PS, II (1916), p. 561-584: 572s, n. 1; III (1917), p. 3-25.
82
83
118
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
de Radicondolo [...], Iohannes de Prato [...], Hieronimus della Stupha [...], Antonius de Aretio [...], Bartholomeus de Colle [...], Herculanus de Piagale»86.
Tra i primi ad attivarsi a favore dell’apostolato che stavano svolgendo
questi frati minori degli eremi, alcuni dei quali provenienti dai conventi
cittadini, fu il sopra ricordato Guido Antonio, conte di Montefeltro, duca di
Spoleto e signore di Assisi, Spello e di altre terre, parente di Martino V. A lui
il 18 maggio 142587 aveva rivolto una supplica ottenendo per fra Bernardino
da Siena, fra Matteo da Girgenti e fra Giovanni da Capestrano, ancorché
per soli due anni, gli stessi poteri missionari già concessi, giorni prima, a
fra Matteo, ma senza limitazione di tempo88. In forza di questo indulto i
Mariano da Firenze, Compendium Chronicarum fratrum Minorum, in AFH, 3 (1910), p.
709-712; è lo stesso elenco riferito da J. M. Fonseca ab Ebora, Annales Minorum, X (14181436), p. 108-109, n. XI-XII, p. 126-127 (viri clari regularis Observantiae). Per la Chronica Nicolai
Glassberger venti frati furono alla “scuola” di san Bernardino: «claruerunt etiam in Italia
circa illa tempora in officio praedicandi optimi viri et devoti a tempore sancti Bernardini,
videlicet Matthaeus de Sicilia, Antonius de Bitonto, Andreas de S. Geminiano, Iohannes
de Prato, Iacobus de Donzellis de Bononia, Herculanus de Perusio, Franciscus de Trevio,
Silvester de Senis, Antonius de Ariminio, Michael de Mediolano, Bartholomaeus de Yano,
Antonius de Vercellis, Seraphinus de Gaieta, Cherubinus de Spoleto, Franciscus de Spoleto,
Hieronymus de Florentia, Dominicus de Gonessa, Iacobus de Callio, Bernardinus de Feltro
et Bernardinus de Bustis, omnes in generatione dicendi et praedicandi famosissimi et beati»
(Analecta Franciscana, II, Chronica Nicolai Glassberger, Ad Claras Aquas 1887, p. 396. È il
medesimo numero dato, nel 1450, da Roberto da Lecce, cf Robertus de Lycio, Sermo in
honorem S. Bernardini, in De laudibus Sanctorum, Venetiis 1489, privo di paginazione.
87
I. M. Pou y Martí, Commendatio SS. Bernardini et Iohannis de Capistrano ac B. Matthaei ab
Agrigento (1425), in AFH, 25 (1932), 555-559: 557ss; inoltre, Wadding, Annales Minorum,
1425, X, p. 18; Hofer, Giovanni da Capestrano, p. 130s; M. Bigaroni, Passaggio di S. Maria della
Porziuncola all’Osservanza, in SF 84 (1987), p. 201-215.
88
Va qui precisato che i contemporanei, fino agli anni Trenta, associavano fra Matteo di
Agrigento predicatore in Spagna e in Sicilia a fra Bernardino, ponendoli in pari grado. È
quanto si apprende, ad esempio, dal testamento olografo scritto il 18 luglio 1423 da Fra
Antonio da Montebono, eremita del terz’ordine francescano, forse fraticello «de paupere
vita», e copista. In esso dispone che i suoi libri, ben ventisette codici, fra cui la Scala Paradisi
del Climaco, testo caro ad Angelo Clareno e ai suoi seguaci, passassero alla sua morte al
monastero di S. Sisto in Piacenza, a fianco del quale era vissuto per molti anni in qualità
di romito. Il pio lascito era subordinato alla condizione che, entro due anni, in questo
monastero, allora rimasto vuoto, venissero ad abitare monaci dell’Osservanza benedettina,
cioè di S. Giustina di Padova. In caso contrario fra Antonio destinava la sua biblioteca
domestica ai frati dell’Osservanza francescana che, come si diceva, «prout fama iam multo
tempore facta est de fratribus fratris Bernardini seu fratris Mathei», stavano per costruire un
loro convento in Piacenza. Poneva la condizione che detti frati «faciant stabile residentiam et
observantiam regule sue», cf L. Oliger, S. Bernardino e l’introduzione dell’osservanza a Piacenza,
in «Bullettino di studi bernardiniani» 2 (1936), p. 265-280, p. 272s; vedi inoltre A. Amore,
La predicazione del B. Matteo d’Agrigento a Barcellona e Valenza, in AFH, 49 (1956), p. 254-335;
86
119
Mario Sensi
tre e i loro soci potevano ovunque predicare, confessare e assolvere dai casi
riservati all’Ordinario del luogo. Le citate suppliche, ancorché apparentemente si accavallino, documentano la comune attività dei tre frati minori
dell’Osservanza, attività che – dichiara Guido Antonio – era già conosciuta
«in tutta Italia».
Come abbiamo detto, ad offrire un banco di prova a fra Bernardino e
ai suoi seguaci fu il vescovo Antonio Correr, dal 6 agosto 1424 governatore
di Perugia. Per restaurare la disciplina ecclesiastica nel capoluogo umbro si
rivolse a s. Bernardino da Siena che, dalla festa del Perdono, 2 agosto 1425,
si trovava ad Assisi insieme ai suoi seguaci e a un numero imprecisato di
frati minori e di pellegrini. Terminato di predicare ad Assisi il 10 settembre,
Bernardino corse subito a Perugia dove, iniziando il 19 settembre, tenne un
ciclo di prediche che si protrasse fino al termine del mese di ottobre. Per
l’occasione indisse statuti, noti come gli Statuti bernardiniani del 1425, con
richiami al ben vivere e alla moralizzazione dei costumi, ma senza riferimenti ad argomenti suntuari89.
La Quaresima del 1426
È verosimile che, dopo il successo di Perugia, fra Bernardino abbia chiamato a raccolta i suoi seguaci, progettando un piano per la riforma religiosa
e morale della società. Si trattava di una strategia per la quaresima dell’anno
successivo 1426, da concertare con le autorità delle singole città, dove gli
Osservanti erano stati chiamati o avevano in mente di recarsi. A tale programma il piccolo manipolo si attenne sin nei dettagli90. È quanto si evince
dallo spoglio delle riformanze di alcune città, prese a campione.
Id., Nuovi documenti sull’attività del B. Matteo d’Agrigento nella Spagna ed in Sicilia, in AFH, 52
(1959), p. 12-42; F. Rotolo, Il Beato Matteo d’Agrigento e la provincia francescana di Sicilia nella
prima metà del secolo XV, Palermo 1999: M. Sensi, Il Beato Matteo da Agrigento: il dramma di un
vescovo resignato, in Francescanesimo e cultura nella Provincia di Agrigento. Atti del Convegno di
Studio, Agrigento 26-28 ottobre 2006, a cura di I. Craparotta - N. Grisanti, Palermo 2009,
p. 331-342.
89
D. Pacetti, La predicazione di s. Bernardino da Siena a Perugia e ad Assisi nel 1425, in
«Collectanea francescana» 9 (1939), p. 494-520: 515ss; 10 (1940), p. 6-28; 161-188; inoltre,
O. Bonmann, Problemi critici riguardo ai cosiddetti “Statuta” Bernardiniani di Perugia, in SF 62
(1965), p. 294-302.
90
Non va dimenticato che nel territorio di giurisdizione del Correr furono fatte rientrare
Todi e Spoleto e altre città già appartenenti alla signoria di Braccio o sottratte a Corrado
Trinci: Assisi, Nocera, Spello, Montefalco, Gualdo Cattaneo e dintorni di Foligno, cf Uginet,
Correr, Antonio, p. 486s.
120
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
Predicarono la quaresima del 1426, che quell’anno iniziò il 13 febbraio e
terminò il 31 marzo, Bernardino a Viterbo91; Giovanni da Capestrano a Terni92; Giacomo della Marca a Macerata93; Matteo da Agrigento a Palermo94;
Bernardino predicò la quaresima del 1426 a Viterbo; quindi il 2 aprile successivo, partì
alla volta di Roma, accompagnato da numerosi cittadini e popolani. Ho pubblicato l’eco che
se ne ha nelle riformanze, in S. Bernardino da Siena e la b. Angelina da Monte Giove, due versioni
della Frauenfrage, in Le terziarie francescane della beata Angelina: origine e spiritualità, a cura di E.
Menestò, p. 153-188: 153s.
92
Fra Giovanni giunse a Terni, il mercoledì delle Ceneri, 13 febbraio 1426, e il 24 marzo,
domenica delle Palme, fu tenuto un consiglio comunale straordinario, «suasione sanctarum
predicationum fr. Iohannis de Capestrano in civitate Interampne dogma fidei orthodosse ac
morum honeste vivendi purissime predicantis» (Archivio di Stato di Terni, ASC, I, Riformanze,
1645, f. 269r; E. David, Leggi suntuarie a Terni tra XV e XVI secolo, in «Memoria Storica» 6
(1995), p. 49-59). Da questo testo delle riformanze si apprende che il Capestranense toccò i
temi dell’ortodossia della fede e della moralità dei costumi, temi che, se si fa eccezione per
norme relative alla festa e fiera di S. Paolo e alla corsa del bravio, ritornano nel codice di
S. Cataldo in quel di Modena. Tale documento che apparteneva a Giovanni da Capestrano
conteneva sermoni ripresi dalla viva voce di fra Bernardino, anche in forma tachigrafica. Cito i
suddetti temi: De ludo taxillorum; De blasfemia, De vanitate mulierum, De festivitatibus celebrandis,
De nomine Jesu. Questi argomenti furono quasi sicuramente oggetto della predicazione che
Giovanni da Capestrano tenne a Terni nella quaresima del 1426; si aggiunga che i Magistrati
di Terni invitarono fra Giovanni in consiglio comunale, come esperto, per la promulgazione
di nuove leggi che favorissero il rinnovamento dei costumi.
93
Fra Giacomo predicò la quaresima del 1426 a Macerata, e il 15 marzo al Consiglio di
Credenza si disse che «frater Iacobus, pluries in suis predicationibus» aveva esortato «populum Maceratensem ad condendum certos ordines seu capitula qui vadant ad salutem anime
et corporum dictorum civium». Queste richieste, leggi suntuarie, proibizione del gioco e
regolamento del commercio nei giorni festivi, furono accolte e il giorno dopo fu approntato
da una commissione il testo degli statuti suntuari, poi inserito nel Liber Statutorum, cf
Archivio di Stato Macerata, fondo Priorale, Riformanze 13, f. 210; Liber Statutorum, n. 156, f.
68ss. Il testo fu copiato nel 1432 con un errore di trascrizione, in quanto detti statuti suntuari
hanno una doppia datazione. Riportano, infatti, i magistrati in carica nel 1426, ma si dice che
furono redatti nel 1415 tempore Martini papae V, pontefice che in realtà fu eletto nel 1417, cf
L. Paci, Ricordi maceratesi di san Giacomo, in PS, XIII (1976), p. 201-211, a p. 202s.
94
Fra Matteo, dopo aver predicato a Messina il 28 gennaio 1426, ottenne dal viceré Nicolò
Speciale la promulgazione di capitoli sull’ornato delle donne, cf F. Rotolo, Il Beato Matteo
d’Agrigento e la provincia francescana di Sicilia nella prima metà del secolo XV, Palermo 1999, p.
237-239; passò quindi a Palermo, dove predicò la quaresima del 1426, ottenendo dallo stesso
viceré la promulgazione di un capitolato ben più complesso rispetto a quello di Messina,
poiché, oltre all’ornamento delle donne, si legifera sull’osservanza dei giorni festivi, sulle
esequie per i defunti, sulla “rotella” per i giudei, sul possesso delle armi, sugli argentieri
e sui medici. Ma, come per Messina, anche in questo capitolato, promulgato il 5 marzo
1426, mercoledì della quarta settimana di quaresima, si tace su fra Matteo, cf ibidem, p. 239245. Da Palermo fra Matteo passò ad Agrigento dove il 6 giugno 1426 conseguì un’altra
promulgazione di statuti suntuari, cf ibidem, p. 251-260. Mi permetto di rimandare anche al
mio, Osservanza francescana e politica: gli esempi dei beati Matteo da Agrigento e Andrea da Faenza,
in I francescani e la politica. Atti del Convegno internazionale di studio (Palermo, 3-7 dicembre
91
121
Mario Sensi
Paolo da Assisi, già frate dei conventi, poi divenuto socio di Bernardino, a
Orvieto95, Bartolomeo da Giano a Foligno, nella cattedrale di San Feliciano.
L’attenzione è per quest’ultimo che, come Alberto da Sarteano e fra Paolo da Assisi, proveniva dai frati dei conventi96. Questi conseguì, a Foligno,
una pacificazione cittadina e la pubblicazione degli statuti suntuari97. Come,
per le altre città, anche a Foligno il predicatore non appare come protagonista, tuttavia nella memoria collettiva il suo nome è rimasto legato a detti
statuti, che vengono detti «editis et ordinatis tempore ven. fr. Bartholomei
… de Iano»98 nel 1448, quando si fecero delle aggiunte a quegli stessi statuti,
2002), a cura di A. Musco, t. II, Palermo 2007 (Biblioteca Francescana, Officina di Studi
Medievali), p. 997-1033.
95
Nel 1426, al termine di un ciclo di prediche, fra Paolo fece bruciare sulla pubblica piazza
«tabulerii, dadi, verçi». L’episodio è riferito da L. Riccetti, La loggia del Duomo e i cantieri delle
cattedrali: indirizzo di ricerca, in Il duomo di Orvieto e le grandi cattedrali, Torino-Roma 1995,
p. 273-356: 321. Su fra Paolo d’Assisi, predicatore famoso passato all’Osservanza dietro
l’esempio e l’esortazione di s. Bernardino, cf Fonseca ab Ebora, Annales Minorum, X, p. 127
(109, XII).
96
Agostino da Stroncone, L’Umbria serafica, in MF, 4 (1889), p. 123s.
97
Infra, appendice [appendice di fatto non acclusa, ndr]. Sono stati parzialmente da me
pubblicati in Predicazione itinerante a Foligno nel secolo XV, in PS, X (1973), p. 139-195: 152153. Ivi ripropongo i testi integrali, relativi a fra Bartolomeo, da considerare come specimen,
in vista di una rassegna dettagliata del modo in cui il fenomeno della predicazione itinerante
abbia inciso nella società civile del tempo. Invece, per la brevità dello spazio a disposizione,
sono costretto a rimandare ad altra sede il commento delle rubriche degli statuti suntuari. A
riprova che le autorità civili considerarono una “provvidenza” l’intervento dei predicatori per
la moralizzazione della società, cito il dono che Corrado Trinci, signore di Foligno, a distanza
di nove anni dalla venuta di fra Bartolomeo, fece al convento di S. Bartolomeo: uno splendido
codice miniato e in folio, con le sentenze di Pietro Lombardo, passato, dopo le note leggi
eversive, alla Biblioteca Comunale di Foligno, segnato C. 150, Petri Lombardi Sententiarum
libri IV. Membr. (340x240), f. 182, più due fogli di guardia. Nel verso del secondo foglio
di guardia è scritto: «Istum librum donavit loco Sancti Bartholomei magnificus dominus
Conradus de Trinciis, propria manu, fratri Bartolomeo de Jano .1435. die .15. mai». Il codice
non è più in sito, perché fu trafugato. La probabile occasione prossima del dono deve essere
stata l’imminente partenza di fra Bartolomeo per Costantinopoli, dove si stava recando
insieme ad altri cinque frati, tra cui Giovanni da Capestrano e Alberto da Sarteano, per una
missione, loro affidata da papa Martino V, presso l’imperatore Giovanni VIII Paleologo, cf
Bernardini Aquilani Chronica, p. 17s; Hofer, Giovanni da Capestrano, p. 205, 305.
98
«Consilium generale […] Propositio super reformatione vestium mulierum: item quia,
ut vir venerabilis fr. Franciscus [de Spoleto] in predicatione dixerat quod esset bonum et
salutare quod provideretur de observatione cuiusdam reformationis facte super indumentiis
et vestibus centuris et balçis mulierum et dominarum civitatis Fulginei tempore fratris
Bartholomei de Montefalcone, item quid consulendum videbantur […] mag. Iohannes
Angelilli Appogie […] fecit hanc propositione, videlicet: “Quod cum cum suasione ven.
viri fr. Francisci de Spoleto predicatoris fuerit eisdem dominis prioribus recordatum quod
ad tollendum omnem querelam civium civitatis Fulginei esset bonum, sanctam et salubre,
quod super reformationibus factis in communi Fulginei tam super ornatu dominarum,
122
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
emanati ventidue anni prima senza nome del predicatore. Sei anni dopo, a
seguito della predicazione tenuta nella quaresima del 1454 da fra Cherubino
da Nigroponte, si tornò a modificare «statuta et reformationes facta tempore
olim bone memorie fra. Bartolomei de Jano»99. Da quanto sopra si apprende
che gli Osservanti, i quali nella quaresima del 1426 erano stati chiamati a
tenere un ciclo di prediche, avevano incentrato la loro predicazione sulla
riforma morale della società.
Oltre a fra Bartolomeo da Giano, appena altri due predicatori indissero statuti suntuari e, in particolare, ordinanze contro il lusso femminile:
Matteo da Agrigento, a Messina e a Palermo, e Giacomo della Marca, a
Macerata. Indubbiamente da questi pochi dati non è possibile trarre solide
conclusioni che invece richiedono, attraverso i registri comunali, uno spoglio sistematico e una verifica dei singoli luoghi dove, durante la quaresima
del 1426, avevano predicato i suddetti collaboratori di Bernardino con i
conseguenti riflessi sulla vita civile. Pur con la precisazione che non tutti i
sopra elencati collaboratori di san Bernardino erano attivi nel 1426, essendo
alcuni di loro ancora studenti, il numero di archivi da setacciare rimane pur
sempre rilevante. Per questo ho dovuto interrompere la ricerca, fin troppe
volte deluso per gli esiti negativi, come per il silenzio sul nome del predicatore o per la perdita delle stesse riformanze dell’epoca. Così a Gubbio, per
quam aliis quibiscumque factis, editis et ordinatis tempore ven. viri fr. Bartolomei .. de Jano
scriptis et annotatis in statuto communis Fulginei manu ser Benedicti de Rocchectis, tunc
cancellarii communis Fulginei, addendum, mutandum et minuendum et confirmandum
eadem capitula et ordinamenta eligerentur cives tres boni […] mixerunt in scriptis eidem
predictaori sex cives quos idem predicator cepit deputari ad predicta”» (Sez. Archivio di Stato
Foligno [= ASF], Priorale, Riformanze 28 (1447-1450), f. 112v-119v).
99
ASF, Priorale, Riformanze 29 (1451-1453), f. 161r-165v. Fra Bartolomeo era morto nel
luglio del 1449, cf S. Nessi, La confraternita di San Girolamo in Perugia, in MF, 67 (1967), p.
98. L’errore del Wadding, che lo indica morto nel 1483, in Annales Minorum, ad an. 1483,
num. 33, viene ripetuto da A. Allecci, Bartolomeo da Giano, in DBI 6, Roma 1964, p. 723-724.
Nel 1430 fra Bartolomeo ricopre la carica di vicarius fratrum observantie nella provincia di S.
Francesco e di vicario fr. Antonii de Massa generalis ministri, cf C. Cenci, Documentazione di vita
assisana (1300-1530), I (1300-1448), Grottaferrata 1974, p. 481. Bartolomeo aveva un fratello
frate; insieme sono ricordati nel testamento dettato, l’11 maggio 1436, da «Titia filia Fortis
et uxor Laurentii Lippi de Montefalco […] item reliquid fl. centum auri, dispensandos et
distribuendos in operibus et fabrica loci fratrum observantie s. Francisci, qui locus noviter
debet fieri et fabricari in terra Montisfalconis vel eius territorio […] alias dicti centum fl.
distribuantur et convertantur in operibus et fabricis locorum fratrum dicte observantie huius
provintie s. Francisci et pro dictorum locorum reparationibus quocumque et qualitercumque
discretioni ven. patrum fratrum Bartholomei et Iacobi Iohannis de Jano, dicti ordinis melius,
salubrius et utilius valeret dispensari», (ASF, Not. 103 Pietro Paolo di Giovanni Germani
[1436]).
123
Mario Sensi
la scomparsa relativamente recente del relativo registro, non sono riuscito
a trovare chi vi tenne la quaresima, sebbene da più indizi si evinca che sia
stato un frate Minore dell’Osservanza.
Ciò nonostante ritengo che quanto sono andato raccogliendo sia sufficiente per esporre considerazioni di metà percorso. Innanzitutto si ha la
conferma che a rinverdire la stagione degli statuti suntuari non furono i frati
minori dell’Osservanza; in altri termini, non fu una innovazione patrocinata dai frati, e tanto meno da Bernardino, ma voluta dalle autorità cittadine
che approfittarono delle capacità persuasive del predicatore per reintrodurre
vecchie norme o per renderle più efficaci. Fra Salimbene da Parma ricorda,
ad esempio, che il cardinal Latino Frangipani († 1294), eletto da Niccolò III,
suo zio, nel 1278 cardinale vescovo ostiense,
«con una certa sua ordinanza diede sui nervi a tutte le donne, comandando che
le loro vesti fossero lunghe soltanto da arrivare a terra, più la giunta di un palmo.
Perocché prima traevan per terra la coda delle vesti con uno strascico d’un palmo e mezzo […] quell’ordinanza la fece pubblicare nelle chiese e l’impose alle
donne come precetto, ordinando anche che nessun sacerdote potesse assolvere
quelle che non vi si attenevano»100.
Mentre Sebastiano Ciampi, nell’introduzione agli statuti suntuari di Pistoia degli anni 1332-1333, ricorda che si tratta di un problema già presente
presso i Greci e i Romani:
«leggi suntuarie, specialmente del vestiario muliebre e funebre ebbe Atene da
Solone; Sparta da Licurgo; n’ebbero nelle XII Tavole i Romani; ed è celebre la
legge Oppia De cultu foeminarum coercendo, tanto difesa dal severo Catone contro
gli sforzi per abrogarla di C. Valerio»101.
D’altra parte le riformanze, per Foligno, ci assicurano che la città aveva
a suo tempo legiferato in materia, ma ora, per la relativa rivisitazione, si era
resa necessaria la mediazione del predicatore il quale, a sua volta, operò in
sintonia con le autorità cittadine.
100
Fra Salimbene, La Cronaca, a cura di G. Pochettino, Firenze 1926, p. 236s, per il testo
latino cf Salimbene De Adam, nuova edizione critica a cura di G. Scalia, I, Bari 1966, p. 632.
101
S. Ciampi, Statuti suntuari ricordati da Giovanni Villani circa il vestiario delle donne, i regali
e banchetti delle nozze e circa le pompe funebri ordinati dal comune di Pistoia negli anni 1332 e 1333,
Pisa 1815, p. IV.
124
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
Si comprende anche perché, al termine di affollate predicazioni, molti
frati minori dell’Osservanza, ma anche religiosi di altre osservanze, salirono
le scale del palazzo comunale per concordare con le magistrature comunali
capitolati per la riforma sociale e morale della città, norme, giova ribadirlo,
promosse dai pulpiti, ma varate in consiglio comunale, con la presenza del
predicatore, chiamatovi come esperto. Ma questo fenomeno diverrà generalizzato a partire dalla seconda metà del Quattrocento, quando, fatta eccezione per le Quattro Colonne e per Matteo d’Agrigento, si ha poi l’impressione
che, dopo il 1426, si sia fatta una pausa, durata quasi un ventennio, prima
che frati dell’Osservanza tornassero ad essere richiesti e ascoltati dalle autorità cittadine allo scopo di rinverdire precedenti statuti suntuari, o introdurne
di nuovi, ma soprattutto di promuovere pacificazioni ed emanare norme
che elevassero il livello religioso e morale della società102.
Ci si dirà, cose note! Andavano comunque chiariti i difficili inizi di
quell’impresa di pastorale urbana che ha del singolare e che va sotto il nome
di predicazione itinerante, portata avanti con grande successo dai frati Minori dell’Osservanza che avevano scelto la “via media”, svolta pastorale imitata anche da altri Ordini mendicanti103. Si aggiunga che questa svolta non
sarebbe stata possibile senza quel felice dialogo instaurato dagli Osservanti
con le magistrature comunali, quasi un connubio che, in seguito, permise
ai frati di intrecciare stretti rapporti con i casati più in vista: con gli Sforza di Milano, i Gonzaga di Mantova, gli Angiò e i Caracciolo di Napoli.
Sulla fine del 1426 nuovo campo d’azione, oltre le pacificazioni, fu la lotta contro
il fraticellismo. Giovanni da Capestrano e Giacomo della Marca combatterono i fraticelli
tornando nelle terre loro familiari: nelle Marche, fra Giacomo; in Abruzzo fra Giovanni.
Per un quadro d’insieme sull’azione repressiva degli Osservanti, cf Mariano d’Alatri, Eretici e
inquisitori, II, Il Tre e Quattrocento, Roma 1987, 193-216; 275-290. Quanto agli statuti suntuari,
resta significativa la pubblica disputa tenutasi, nel 1434, nel palazzo vescovile di Ferrara,
sull’ornato delle donne, tema su cui il Capestranense compose il Tractatus de usu cuiuscumque
ornatus. Alla disputa furono presenti quattro maestri in teologia, un domenicano, un
agostiniano e due francescani, tra cui lo stesso Giovanni da Capestrano. In quell’occasione
i francescani non sortirono la promulgazione di statuti suntuari da parte del Comune, cf A.
Chiappini, La produzione letteraria di S. Giovanni da Capestrano, Gubbio 1927, p. 58s. Si auspica
un prospetto sintetico dei predicatori itineranti dell’Osservanza della prima generazione e sui
loro spostamenti.
103
È quanto si evince dal Corpus delle leggi suntuarie, a cura del Ministero per i Beni e
le Attività Culturali, Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari, Direzione Generale per
gli Archivi, pubblicato nella Collana “Fonti”, con un volume dedicato all’Emilia Romagna,
e un altro all’Umbria, La legislazione suntuaria secoli XIII-XVI. Umbria, a cura di M. G. Nico
Ottaviani, Roma 2005 (= Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Fonti, LXLIII). Sugli Statuti
suntuari si veda M. G. Muzzarelli - A. Campanini, Disciplinare il lusso. La legislazione sunturaria
in Italia e in Europa tra medioevo ed età moderna, Roma 2003.
102
125
Mario Sensi
Costoro, comunque, se da una parte promossero l’Osservanza, dall’altra
cercarono di volgerla a loro vantaggio, con importanti risvolti in campo
storico-artistico104.
Corollario
Dell’impresa pastorale urbana del 1426, guidata da Bernardino da Siena,
fa memoria un grande affresco rinvenuto a Viterbo, nel 2007, in Via S. Antonio, all’interno di un edificio urbano, già oratorio di S. Antonio, oltre Porta
Faul. La parte centrale del dipinto rappresenta la Madonna in Trono con il
Bambino, tra sant’Antonio abate, titolare dell’ospizio degli Antoniani, e san
Lorenzo titolare della vicina cattedrale di Viterbo. In alto, al centro della
cornice, è posto il monogramma di s. Bernardino. Ai lati erano state eseguite altre due scene pervenute frammentarie: sul lato destro è raffigurata la
facciata di una chiesa con l’Agnus Dei apocalittico, mentre lungo la cornice
del timpano si legge la data Anno Domini MCCCCXXVI: probabilmente la
parte mancante dell’affresco rappresentava la predicazione che, in questo
anno, s. Bernardino da Siena tenne in piazza.
L’affresco è stato giustamente attribuito al pittore viterbese Francesco
d’Antonio Zacchi, detto il Balletta (†1476), la cui unica opera datata è il
polittico di San Giovanni in Zoccoli che risale al 1441 ed è «comunemente
assegnato ad una fase iniziale del percorso artistico del pittore»105. Va però
scartata l’ipotesi, recentemente avanzata, che l’anno 1426 inscritto nella
cornice del timpano, si riferisca alla data di esecuzione dell’affresco106. In
104
Si veda al proposito K. Elm, Riforme e osservanze nel XIV e XV secolo, in Il rinnovamento
del francescanesimo, l’Osservanza, Atti dell’XI Convegno della Società internazionale di Studi
francescani, Assisi 20, 21, 22 ottobre 1983, Assisi 1985, p. 149-167: 160. Sui rapporti dei
Gonzaga, che affidarono agli Osservanti il santuario della Madonna delle Grazie di Mantova,
cf C. Cenci, I Gonzaga e i frati Minori dal 1315 al 1430, in AFH, 58 (1965), p. 3-37, 201-279:
231-235. Mi si dispensi dal proseguire, perché ciò significherebbe ripercorrere la storia dei
singoli conventi dei frati minori dell’Osservanza sorti fra Quattro e Cinquecento.
105
G. Rebecchini, Francesco d’Antonio da Viterbo (Francesco d’Antonio Zacchi), detto il Balletta,
in DBI 49, Roma 1997; vedi inoltre A.M. Pedrocchi, Francesco d’Antonio Zacchi detto il Balletta,
in Il Quattrocento a Viterbo, Roma 1983, p. 137-146; I. Faldi, Pittori viterbesi di cinque secoli,
Roma 1970, p. 24s.
106
Sul ritrovamento di detto affresco, in via Sant’Antonio 46/48, cf G. Bentivoglio, La
Madonna “dei templari”. L’affresco del 1426 rinvenuto nell’antico insediamento degli Antoniani
di S. Antonio in Valle a Viterbo, in «“Instoria”. Rivista online di storia & informazioni», n.
XXXVI/5 (maggio 2008). Sono evidenti le affinità tipologiche e stilistiche con la Madonna
del cardellino, una Madonna in trono con Bambino, affresco che il medesimo pittore aveva
eseguito, intorno al 1440, per la Chiesa di S. Maria in Gradi e ora al Museo civico di Viterbo.
126
La svolta del 1426 nell’Osservanza francescana italiana
realtà, stante il posto di onore dato al trigramma bernardiniano, il dipinto è
posteriore alla canonizzazione del santo senese avvenuta il 24 maggio 1450
e costituisce un pro-memoria di quanto questo infaticabile predicatore aveva operato a Viterbo nella quaresima di quell’anno. L’evento, del resto, fu
subito sottolineato dalle riformanze cittadine, sotto la data 12 marzo 1426107
e quindi il 13 agosto successivo, quando furono registrate le decisioni prese
dal Consiglio comunale a favore della locale chiesa di S. Francesco, che
stava per promuovere una processione annuale da effettuarsi per l’Epifania.
Si legge nella proposta, messa ai voti, che l’iniziativa era stata presa dai
priori per i grandi benefici spirituali e socio-politici che il popolo di Viterbo aveva ricevuto dai predicatori della chiesa di S. Francesco in passato e
soprattutto, nel corrente anno, «grazie alla salutifera dottrina del ven. p. fr.
Bernardino e degli altri suoi osservanti», per cui non solo si erano potuti
sventare molti delitti, ma si era anche registrato un miglioramento del livello morale della popolazione108. Nozione quest’ultima che viene ribadita
dal cronista Nicola della Tuccia, il quale scrive che i cittadini erano rimasti
così edificati dalle prediche del Senese che «ne pareva esser divenuti tutti
santi»109. Al termine della discussione comunale fu riformato, con 73 voti,
nonostante 18 contrari, di fare annualmente, per l’Epifania, una luminaria
nella chiesa di S. Francesco, così come si era soliti fare nella chiesa della
Trinità degli agostiniani e in quella di S. Maria ad gradus dei domenicani110.
Si tratta però di una postilla, redatta in un latino incerto, di mano di Bernardino Peroni,
che fu segretario del Comune di Viterbo a partire dal 1691, cf G. Signorelli, Viterbo nella storia
della Chiesa, II/1, Viterbo 1938, p. 55, n. 7. Il 12 marzo 1426 era mercoledì della IV domenica
di quaresima, stando all’annotazione, corrisponde alla venuta a Viterbo di san Bernardino,
il quale, come si legge in dette Riformanze, «esaltò il santissimo nome di Gesù, predicò la
penitenza e condannò il lusso e gli ornamenti delle donne. Quindi, il due aprile successivo,
partì alla volta di Roma, accompagnato da numerosi cittadini et popolari» (Biblioteca Ardenti
Viterbo [= BAV], Riformanze 2/B7/3 (1423-26), f. 171v).
108
BAV, Riformanze 2/B7/3 (1423-26), f. 211 1426 agosto 13.
109
Nicola della Tuccia, Cronache di Viterbo e di altre città, in I. Ciampi, Cronache e statuti della
città di Viterbo, Firenze 1872, p. 53.
110
BAV, Riformanze 2/B7/3 (1423-26), f. 214v, 215v.
107
127
Mario Sensi
Abstract
Foligno e Camerino furono i centri di forza dell’Osservanza, cioè di quel gruppo di seguaci di Paoluccio Trinci – nella quasi totalità laici – votati a condurre una vita austera così
come prescritta dalla Regola francescana e ad abbracciarne il recuperato spirito eremitico.
Nonostante gli ostacoli frapposti dall’Ordine dei Frati Minori e i sospetti di eresia, gli Osservanti – chiamati “Zoccolanti” per le umili calzature abitualmente utilizzate – ottennero dapprima il favore di numerosi feudatari dell’Italia centrale e poi del papato. E tanto contribuì
alla loro diffusione. La seconda generazione degli Zoccolanti, capeggiata da Bernardino da
Siena, fu protagonista della “svolta” compiuta dall’Osservanza, la “via media”, cioè la scelta
di vivere una povertà meno rigorosa e di dedicarsi alla predicazione itinerante, per incidere
efficacemente sulla riforma religiosa, morale e sociale delle popolazioni. Il 1426 fu l’anno in
cui gli Osservanti vennero chiamati dalle autorità di numerose città, in particolare dell’Italia
centrale, a predicare la quaresima e a collaborare alla stesura o alla revisione degli statuti suntuari. L’occasione determinò il pieno impegno dei frati nella pastorale urbana.
Foligno and Camerino were the centers of strength of the “Osservanza”, that is of that
group of followers of Paoluccio Trinci - almost all of them lay people- devoted to leading an
austere life, as prescribed by the Franciscan Rule and embracing the new hermit spirit. Despite the obstacles placed in the way by the Order of Friars Minor and the suspicions of heresy,
the Observants – called the “Zoccolanti” for the humble shoes usually used – first obtained
the favor of numerous feudal lords of Central Europe and then of the papacy. And so much
contributed to their spread. The second generation of the Zoccolanti, led by Bernardino da
Siena, was the protagonist of the “turning point” made by the Osservanza, the “via media”,
that is the choice to live a less rigorous diversity and to dedicate oneself to itinerant preaching, in order to effectively affect the religious, moral and social reform of the populations.
1426 was the year in which the Observants were called by the authorities of many cities, especially in central Italy, to preach Lent and to collaborate in drafting or revising the sumptuary
statutes. The occasion determines the full commitment of the friars in urban pastoral care.
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Finito di stampare per conto di
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nel mese di novembre 2019