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DOCUMENTAZIONE VARIA Domenico AmAto SENTINELLE DEL MATTINo I giovani alla scuola del Servo di Dio Antonio Bello «Sentinella, quanto resta della notte?»1. Questa domanda, mutuata dal profeta Isaia, identifica l’anelito alla speranza che ha attraversato la vita e la testimonianza evangelica di don Tonino. Egli, infatti, come il profeta era certo della risposta: «resta poco della notte»2. Questa certezza egli la riponeva proprio nei giovani, cui affidava questo compito profetico di essere «sentinelle del mattino». Don Tonino, però, non era un ottimista a buon mercato, egli aveva chiara la situazione in cui i giovani si trovano a vivere. Nel progetto pastorale egli sottolinea, a proposito della situazione giovanile, che «a questa fascia di età dobbiamo dedicare più impegno e maggiore attenzione pastorale, se è vero che circa i due terzi dei nostri giovani hanno nei confronti del problema religioso un comportamento né pregiudizialmente negativo, né esplicitamente impegnato»3. In una diagnosi riguardante l’ondata di secolarizzazione che ha investito il nostro tempo, egli non si attarda su questioni esteriori e di carattere sociale, ma scende più a fondo: «La città soffre oggi di una profonda crisi di vita interiore»4. Ecco il vero problema, non sono le induzioni esterne ad abbassare la soglia etica, ma la crisi della vita interiore crea lo sconquasso della società. E continua dicendo che la città «accusa un vuoto preoccupante di spiritualità. Il vento della secolarizzazione l’ha investita in pieno. Sbanda sul piano delle antiche certezze di fede. Ma sbanda soprattutto sul piano delle convinzioni morali. Calo di entusiasmo. Raffreddamento di passione religiosa. Assenza di silenzio. Enfasi dell’immagine. Trionfo dell’indifferenza. Corsa al consumo. Giostra Relazione tenuta al Convegno Regionale promosso dalla Conferenza Episcopale Pugliese - Servizio Regionale di Pastorale Giovanile, il 20 aprile 2010 presso l’Auditorium Regina Pacis - Molfetta 1 A. Bello, L’audacia di mettersi il grembiule, in Id., «Scritti vari, interviste, aggiunte», Mezzina, Molfetta 2007, p. 364 (Scritti di Mons. Antonio Bello vol. 6). 2 Ibidem. 3 A. Bello, Insieme alla sequela di Cristo sul passo degli ultimi, in Id., «Diari e Scritti pastorali», Mezzina, Molfetta 2005, p. 171 (Scritti di Mons. Antonio Bello vol. 1). 4 Id., Per non addormentarsi sotto il ginepro, «Scritti vari», p. 276. * 54 Domenico AmAto dell’esteriorità. Insoddisfazione diffusa. Deficit di pace. Ricerca disorganica di rimedi». Questo è il quadro entro cui siamo chiamati ad operare. «Eppure, – continua il Vescovo – tra le arterie di questa città che rassomiglia sempre più a Babele e sempre meno a Gerusalemme, soffia il vento dell’attesa. Non si sa bene di che. Ma è certo un’attesa di significati. C’è domanda di sale. Di sapori perduti. Di gusti profondi. Nei giovani, soprattutto. I quali, se l’insostenibile leggerezza dell’essere impedisce loro di immergersi nel cuore delle cose e li tiene lì a galleggiare sulla superficie dei fenomeni come su di una lastra di cristallo, avvertono, però, il fascino dei grandi valori e sentono il profumo di un pane di cui non sanno presso quale forno fare la provvista»5. La necessità allora non sta nel rincorrere i giovani nei loro ritrovi, si tratta piuttosto di dare loro i grandi valori di cui sentono urgente bisogno. C’è una convinzione di fondo che attraversa il cuore del pastore, che non ci sia luogo, nemmeno il più peccaminoso, che ostacoli la presenza di Dio. Infatti egli è persuaso che «Dio solo è il Signore dell’universo, e che la terra non è oggetto di spartizione tra l’impero del bene e l’impero del male. Non ci sono paletti catastali che segnino il limite delle sue proprietà. Non c’è riserva di caccia che gli impedisca di scavalcare il filo spinato della nostra cattiveria»6. Questo permette a don Tonino di avere un raggio di azione pastorale veramente a 360 gradi, dove nessuno è precluso a priori. I primi ad essere chiamati a diventare protagonisti di questa azione pastorale sono proprio i giovani. Essi non sono semplicemente i destinatari di un annuncio, ma sono chiamati ad essere testimoni nei confronti dei loro coetanei. Così esorta i giovani di una parrocchia alla fine della visita pastorale: «A voi, giovani, ora vorrei rivolgere un invito pressante. Vedete: la chiesa del Sacro Cuore si affaccia sul Corso principale della città, che la sera diventa il salotto festoso dei vostri coetanei. Ebbene, fate in modo di esprimere in mezzo ad essi una presenza gioiosa, audace, intelligente, propositiva. Dopo che avrete fatto il pieno di luce davanti al Signore e dopo che vi sarete arricchiti di coraggio nel reciproco confronto di gruppo, vi affascini sempre di più il compito della testimonianza e vi seduca sempre di meno la tentazione di starvene tra le pareti rassicuranti della sacrestia. Ricordatevi che l’assiduità liturgica nel tempio non vi riscatterà dalla latitanza missionaria sulla strada»7. 5 Ibidem. A. Bello, Quanto è grande il tuo nome su tutta la terra, in Id., «Scritti mariani, Letere ai catechisti, Visite pastorali, Preghiere», Mezzina, Molfetta 2005, p. 204 (Scritti di Mons. Antonio Bello vol. 3). 7 Ibidem, p. 267. 6 Sentinelle del mattino. I giovani alla scuola del Servo di Dio Antonio Bello 55 Sedotti dal compito della testimonianza, ma dopo aver fatto il pieno di luce davanti al Signore. Ed è proprio su questo primato di Dio che don Tonino si impegna a dare ai giovani una traccia sicura di formazione. Egli lo fa rivolgendosi ai catechisti, ben sapendo che una buona fetta di questi è costituita da giovani impegnati nelle parrocchie nel cammino di catechesi e nei gruppi parrocchiali di adolescenti. In una intervista del 1989 così dichiarava: «È grazie ai giovani che oggi nelle comunità parrocchiali portiamo avanti tutto il lavoro della catechesi, del volontariato, della Caritas»8. Questi insegnamenti saranno poi raccolti in gran parte nel volume Lettere ai catechisti, ma in prima istanza avevano presenti proprio i giovani della sua diocesi. Egli dà due coordinate precise per la formazione: la Scrittura, e il Concilio. Concretamente egli commenta il prologo della prima lettera di Giovanni e il Salmo 8, mentre si sofferma sulla Gaudium et spes. Da qui emergono le linee di riferimento per una testimonianza cristiana autentica. Egli immediatamente, senza mezzi termini, dice la necessità di ritornare al luogo dell’incarnazione, a Nazaret, lì dove la salvezza si è fatta storia, luogo da cui deve partire ogni itinerario di fede9. Per cui il Vescovo esorta: «di Gesù Cristo, possiamo trasmettere agli altri solo ciò che abbiamo sperimentato», questa, sottolinea, «è una verità sacrosanta. Perché il Maestro non si lascia descrivere dagli specialisti del semplice “per sentito dire”. Non tollera il racconto sulla sua persona, se chi lo fa non avvalora quel che dice con le stigmate luminose di ciò che vive»10. È diventato ormai un luogo comune rifarsi al vocabolario di don Tonino. Il rischio però è quello di estrapolare certe parole o frasi e farle entrare nel gergo rinnovato del nostro ecclesialese. Una di queste parole, certamente nota a molti, è «contemplattività». Solo che la sottolineatura è sempre posta sulla seconda parte della parola: «attività», e invece don Tonino si sofferma, e in modo rimarchevole, proprio sulla prima parte. Contemplare, egli dice, significa due cose: «Anzitutto, scrutare la presenza di Dio, origliando la sua imprevedibilità, e bruciando dal desiderio di fissare gli occhi su di lui: “Il tuo volto, Signore, io cerco. Fammi scorgere il tuo volto”. In secondo luogo, vivere questa esperienza insieme con gli altri. Quasi per evitare il sospetto che, vissuta in solitudine, possa scadere nell’intimismo, o incagliarsi nelle secche dell’astrattezza, o, peggio, favorire la fuga dalla realtà»11. Il primato perciò è posto proprio nella esperienza di Dio. Infatti «solo quando avremo le pupille abbacinate per l’attesa che Dio si riveli, e A. Bello, Puntiamo sulla qualità dei giovani, «Scritti vari», p. 433. Cf Id., Ciò che era fin da principio, «Scritti mariani», p. 151-153. 10 Id., Ciò che abbiamo udito, «Scritti mariani», p. 154. 11 Id., Ciò che abbiamo contemplato, «Scritti mariani», p. 159. 8 9 56 Domenico AmAto ci rimarranno dilatate perché al suo apparire avremo fatto il pieno della luce, solo allora potremo parlare di Lui»12. Ora, solo «chi contempla Gesù, senza rincorrere suggestioni di fuga dal mondo, senza accarezzare evasioni dal terribile quotidiano, senza rinchiudersi a giocare il solitario di una spiritualità narcisista, ma anzi lasciandosi trascinare da una incontenibile voglia di annunciare il Regno, diventa necessariamente “contemplattivo”. Avete letto bene: “contemplattivo”, con due consonanti. Sì, perché l’urto del contatto esperienziale con Gesù provoca prima o poi uno squarcio nella vostra vita, e la colata di grazia, fuoriuscendo con prepotenza da questa diga, allargherà necessariamente le fiancate della storia, anzi della cronaca, perfino della cronaca nera. Preghiera e azione, cioè, si coniugheranno a tal punto in voi e faranno tanta sintesi armonica, che tutta la vostra vita sarà la dimostrazione vivente di come amare Dio non significa diffidare del mondo»13. In una intervista apparsa su Avvenire il 7 marzo 1993, a meno di due mesi dalla morte, alla domanda del giornalista che gli chiedeva: «Ai laici che dicono di non aver tempo per pregare, cosa suggerisce?». Rispondeva in modo inequivocabile: «Se non ci persuade che chi prega mette le mani sul timone della storia, non ci può essere progresso spirituale. Ai cattolici più impegnati, convinti a volte che il loro affaccendarsi sia un’offerta gradita a Dio, direi: fermatevi un poco sotto la tenda di Dio, perché ripensare il cammino vale molto più che percorrere chilometri di strada»14. L’azione nei confronti del mondo non può che nascere dalla contemplazione, ma ogni attenzione all’uomo, anche all’ultimo deve tener conto che la sua dignità nasce da Dio. Infatti, commentando il versetto del salmo 8 in cui si dice «di gloria e di onore lo hai coronato», don Tonino confida: «A volte, quando leggo questo versetto del salmo, e penso ai bambini denutriti dell’Etiopia, o ai lebbrosi respinti dal consorzio umano, o ai nomadi resi tali dall’inospitalità della gente, o ai profughi dell’Albania ammucchiati sul molo di Brindisi, o a quelle donne anziane, sudice e maleodoranti, che ti russano accanto nella sala d’aspetto delle stazioni ferroviarie, o a coloro che per colpa propria o per cattiveria altrui convivono con lo sfruttamento e con la miseria, mi sorprendo a spiare dove abbiano nascosto la corona. È inutile: non mi riesce di scorgerla. Eppure ce l’hanno!»15. Si tratta di fare proprio l’insegnamento del Concilio quando afferma nella Gaudium et spes che «le gioie e le speranze degli uomini di oggi… sono le gioie e le speranze dei discepoli di Cristo…». E don Tonino commenta: «non ci sono Ibidem, p. 160. Ibidem, p. 160-161. 14 A. Bello, Dalla cattedra del dolore, «Scritti vari», p. 538. 15 Id., Di gloria e di onore lo hai coronato, «Scritti mariani», p. 196. 12 13 Sentinelle del mattino. I giovani alla scuola del Servo di Dio Antonio Bello 57 aneliti paralleli, ansie simmetriche, tensioni bilaterali, attese diverse: da una parte quelle del mondo, dall’altra quelle della Chiesa. No! Le speranze universali degli uomini sono le stesse coltivate dai credenti, anche se queste, giunte ai confini del tempo, sfondano il muro e si prolungano verso l’ulteriorità»16. C’è qui l’indicazione di quel di più di speranza che si apre al trascendente e all’eterno che è proprio del cristiano e che questi è chiamato a testimoniare agli uomini e alle donne che incontra sul proprio cammino. In fondo don Tonino sembra anticipare quello che Benedetto XVI indicherà nella Spe salvi. «L’uomo - scrive il Papa – ha, nel succedersi dei giorni, molte speranze – più piccole o più grandi – diverse nei diversi periodi della sua vita. A volte può sembrare che una di queste speranze lo soddisfi totalmente e che non abbia bisogno di altre speranze. Nella gioventù può essere la speranza del grande e appagante amore; la speranza di una certa posizione nella professione, dell’uno o dell’altro successo determinante per il resto della vita. Quando, però, queste speranze si realizzano, appare con chiarezza che ciò non era, in realtà, il tutto. Si rende evidente che l’uomo ha bisogno di una speranza che vada oltre. Si rende evidente che può bastargli solo qualcosa di infinito, qualcosa che sarà sempre più di ciò che egli possa mai raggiungere»17. Per don Tonino compimento di questa testimonianza e di questa speranza è la santità. In modo inequivocabile mons. Bello afferma ai suoi giovani: «non c’è che una sola tristezza: quella di non essere santi abbastanza»18. È questa infatti «la radice ultima da cui si diramano tutte le tristezze spicciole che appesantiscono il mondo: il deficit di santità»19. È questa la meta alta che egli indica, non mezze misure, non traguardi intermedi dove arenarsi, non fa sconti, essere uomini fino in cima significa essere santi. Ma proprio perché santi, nel cuore dei credenti si riverberano le tristezze della terra, giacché «le tristezze degli uomini d’oggi… sono pure le tristezze dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Per questo il discepolo di Cristo «per neutralizzarne il carico deve assoggettarsi a una terapia intensiva di santità»20. Ecco allora che essere testimoni D.O.C. significa vivere nella pienezza le virtù teologali, perché, continua mons. Bello, «ci sono prediche che gli uomini d’oggi vogliono vedere con gli occhi e non ascoltare con le orecchie. Il rispetto dell’altro: ma vero, non fittizio. Il riconoscimento della dignità di ogni essere umano: ma por- Id., Squilli di trombe e rintocchi di campane, «Scritti mariani», p. 233. Benedetto XVI, Spe salvi, n. 30. 18 A. Bello, E la tristezza si muterà in gioia, «Scritti mariani», p. 234. 19 Ibidem. 20 Ibidem, p. 236. 16 17 58 Domenico AmAto tato fino in fondo, e non di facciata soltanto. Il rifiuto di ogni violenza: ma radicale, fino a pagarne il prezzo con la propria pelle. L’impegno a favore di un mondo più giusto e più libero: ma tenace e disinteressato, non fatto di parole soltanto. Ecco i valori “genuinamente” cristiani che trovano eco nel cuore degli uomini d’oggi. Che poi sono riassumibili nella fede in Dio, nella speranza di un futuro migliore, e, soprattutto, nella carità per i fratelli più poveri. Perché, se la fede ci fa essere credenti e la speranza ci fa essere credibili, è solo la carità che ci fa essere creduti»21. Mons. Bello esprime la sua attenzione al mondo giovanile entrando nei vissuti quotidiani delle tante persone che lo avvicinano o che incrociano la sua strada. Ne è esempio significativo la lettera che scrive «a Massimo, ladro, ucciso a Molfetta la notte dell’8 gennaio 1985». Da tener conto che il 1985 era stato dichiarato dall’ONU anno internazionale della gioventù. Forte emerge il contrasto tra questa situazione limite e la retorica che spesso accompagna questi eventi. Questo l’incipit di un testo tra i più conosciuti: «Caro Massimo, ho saputo per caso della tua morte violenta, da un ritaglio di giornale. Mi hanno detto che ti avrebbero seppellito stamattina, e sono venuto di buon’ora al cimitero a celebrare le esequie per te. Ma non ho potuto pronunciare l’omelia. Perché alla mia messa non c’era nessuno. Solo don Carlo, il cappellano, che rispondeva alle orazioni. E il vento gelido che scuoteva le vetrate. Sulla tua bara, neppure un fiore. Sul tuo corpo, neppure una lacrima. Sul tuo feretro, neppure un rintocco di campana. […] Perdonaci, Massimo. Il ladro non sei solo tu. Siamo ladri anche noi perché, prima ancora che della vita, ti abbiamo derubato della dignità di uomo. Perdonaci per l’indifferenza con la quale ti abbiamo visto vivere, morire e seppellire. Perdonaci se, ad appena otto giorni dall’inizio solenne dell’anno internazionale dei giovani, abbiamo fatto pagare a te, povero sventurato, il primo estratto conto della nostra retorica. Addio, fratello ladro. Domani verrò di nuovo al camposanto. E sulla tua fossa senza fiori, in segno di espiazione e di speranza, accenderò una lampada. Tuo + Don TONINO, Vescovo»22. A. Bello, Testimoni D.O.C., «Scritti mariani», p. 257-258. Id., Lettera a Massimo, ladro, ucciso a Molfetta la notte dell’8 gennaio 1985, in Id., «Articoli, Corrispondenze, Lettere, Notificazioni», Mezzina, Molfetta 2003, p. 275-276 (Scritti di Mons. Antonio Bello vol. 5). 21 22 Sentinelle del mattino. I giovani alla scuola del Servo di Dio Antonio Bello 59 Ma non è facile convincere di questo la gente. Essa rimane chiusa nelle sue convinzioni manichee. In una intervista ad un giornale locale così lo incalza il direttore: «L’anno scorso è apparso un suo articolo su «Luce e Vita» nel quale Lei chiamava un ladro «fratello ladro». Su ciò io non sono d’accordo». Il Vescovo ribadisce la sorgiva e fondamentale dignità che l’uomo ha e risponde: «Io ti invito, quando vai al Cimitero, ad andare sulla destra al n. 14. C’è una croce. L’ha messa non so chi subito dopo il mio articolo. Portagli un fiore. Quella è stata una vicenda tra le più dolorose e dolci della mia vita perché l’ho vissuta in maniera particolare quell’8 gennaio dell’anno scorso. La lettera è stata tradotta in parecchie lingue. Tutti quanti sono nostri fratelli. Anche gli ubriachi, i tossicodipendenti, le prostitute, la gente più umile e misera, la gente che ti urta il cofano della macchina». L’interlocutore, però, non è convinto, e ribadisce: «Ma se non c’è possibilità di redimerli?». E qui c’è un’insorgenza da parte di mons. Bello, un esprimere quella fiducia evangelica che solo gli uomini di Dio possono manifestare: «Ma come no? C’è la possibilità. Io avrei un piccolo segreto, quello dell’accoglienza come ha fatto Gesù che, al momento della sua morte, aveva proprio un ladro sulla croce accanto, al quale promise il Regno dei Cieli. Ed è l’unico personaggio, in tutto il Vangelo, a chiamare Gesù per nome. Gli altri lo chiamavano “maestro”, “profeta”. Il ladro, invece, lo chiama “Gesù”»23. Anche oggi nei confronti dei giovani si continua a nutrire una sfiducia di fondo, non diversa da quella di 20 anni fa. «È il nichilismo il compagno di banco a scuola. La cultura occidentale ha chiuso il futuro davanti ai giovani che non lo percepiscono più come possibilità, ma come minaccia… Lo stato di sofferenza delle nuove generazioni è provato dal fatto che i giovani non sanno nemmeno nominare il disagio che provano [… ] perché non hanno il vocabolario delle emozioni, non vedono futuro»24. Ad affermarlo è stato qualche giorno fa a Rovereto il filosofo Umberto Galimberti. Tali affermazioni indicano il pessimismo con cui oggi si guarda ai giovani. È con occhi diversi che don Tonino guarda al mondo giovanile. In una intervista del 1989 all’interlocutore che gli spiattellava i mali del pianeta giovani egli rispondeva: «Nonostante i molti segnali preoccupanti, penso che i giovani d’oggi, dal momento che intuiscono più di una volta i valori della solidarietà, della pace, della qualità della vita, costituiscono per la Chiesa e per il mondo una grossa riserva di speranza. Vale la spesa scommettere su di loro. Non si va in perdita. Ci sapranno 23 24 Id., Dipingiamo tutti un quadro alla vita, «Scritti vari», p. 396-397. CoronA PePer, Quel cattivo compagno di banco, «Settimana», n. 14, 11 aprile 2010, p. 14. 60 Domenico AmAto ripagare. Per cui i progetti pastorali, più che oggetto del nostro impegno ecclesiale li devono sempre più vedere come protagonisti»25. Per questo nella preghiera di affidamento a Maria, a conclusione del Congresso Mariano nel 1988 dice: «Santa Maria, vergine del mattino, Aiutaci a scommettere con più audacia sui giovani, e preservaci dalla tentazione di blandirli con la furbizia di sterili parole, consapevoli che solo dalle nostre scelte di autenticità e di coerenza essi saranno disposti ancora a lasciarsi sedurre. Moltiplica le nostre energie perché sappiamo investirle nell’unico affare ancora redditizio sul mercato della civiltà: la prevenzione delle nuove generazioni dai mali atroci che oggi rendono corto il respiro della terra. Dai alle nostre voci la cadenza degli alleluia pasquali. Intridi di sogni le sabbie del nostro realismo. Rendici cultori delle calde utopie dalle cui feritoie sanguina la speranza sul mondo. Aiutaci a comprendere che additare le gemme che spuntano sui rami vale più che piangere sulle foglie che cadono. E infondici la sicurezza di chi già vede l’oriente incendiarsi ai primi raggi del sole»26. È a partire da questa autentica fiducia nei giovani nutrita da don Tonino che egli traccia le linee operative per la pastorale giovanile. Egli ha una grande intuizione quando nel progetto pastorale accomuna in una stessa realtà: pastorale giovanile e pastorale della scuola, istituendo l’«Ufficio Pastorale della Gioventù e della Scuola». Esso, nelle intenzioni del Vescovo «non solo deve esorcizzare l’idea torpida che non è possibile far nulla, ma deve mettere in atto tutto un lavoro articolato che «defatalizzi» l’ineluttabilità della situazione. Di qui, la necessità di collegare gli operatori dei Movimenti e delle Associazioni ecclesiali. Di qui, l’urgenza di studiare credibili progetti missionari a favore di chi ha già preso il largo. Di qui, lo sforzo di studiare, per quel che riguarda la scuola, non solo programmi unitari e organici, ma anche iniziative corpose che abbiano senso in una contestualità globale di formazione. Di qui, l’attenzione al mondo dei giovani lavoratori molto spesso estranei alla sfera del nostro interessamento pastorale»27. A. Bello, Puntiamo sulla qualità dei giovani, «Scritti vari», p. 432. Id., Santa Maria, compagna di viaggio, «Scritti mariani», p. 322. 27 Id., Insieme alla sequela di Cristo sul passo degli ultimi, «Diari», p. 272. 25 26 Sentinelle del mattino. I giovani alla scuola del Servo di Dio Antonio Bello 61 Le linee del progetto di pastorale giovanile poi si sviluppano su tre direttrici: Il primato dello spirituale28; La dimensione missionaria29; Vissuto testimoniale30. È chiaro che don Tonino non abbassa mai la guardia, e non rincorre i miti del tempo. Anzi è sempre attento a mettere in guardia, proprio nell’ottica di quella necessità di chiedere ai giovani «qualcosa di più costoso» che egli sviluppò una forte critica nei confronti della cultura corrente che tendeva a blandire il mondo giovanile. Non bisogna dimenticare che don Tonino oltre che una forte cultura teologica aveva anche una buona cultura filosofica, si era iscritto infatti alla facoltà di filosofia di Lecce negli anni in cui era vicerettore nel Seminario a Ugento. Questo gli permetteva di criticare quelle linee di pensiero che attraversavano la società degli anni ‘70 e ’80 e che minavano alla base la sostanza delle relazioni umane, erano gli antecedenti di quella che sarebbe diventata la questione antropologica. Don Tonino con acribia mostrò e denunciò quei “maestri del pensiero” che contrastavano il Vangelo, e lo faceva quando parlava soprattutto ai giovani, per metterli in guardia da una fagogitazione che li portasse ad adeguarsi alla mentalità del secolo. Egli fu «L’ascolto della Parola di Dio, il ritmo della preghiera, le celebrazioni sacramentali, l’impegno concreto per la crescita personale, il servizio reso agli altri… devono essere i cardini su cui impostare l’azione educativa all’interno dei gruppi ecclesiali. Forse occorrerà puntare il dito, senza mezze misure, sui limiti che connotano le nostre associazioni giovanili: scarsa passione culturale, superficiale conoscenza della Parola di Dio, distaccata accoglienza del Magistero della Chiesa, denutrita abitudine alla preghiera personale, trascuratezza dei sacramenti, dicotomia preoccupante tra convinzioni teoriche e vita morale. Se vogliamo che i nostri gruppi giovanili siano segno per gli altri, è necessario chiedere ad essi qualcosa di più costoso» (Ibidem, p. 171-172). 29 «La dimensione missionaria torna anche qui, tenuto conto soprattutto del fatto che i giovani di oggi non sono meno generosi di quelli di ieri e che, anche inconsapevolmente, avvertono marcatissimo il bisogno di Cristo. È opportuno, pertanto, nei momenti forti dell’anno (avvento, quaresima, periodo antecedente la Pentecoste) organizzare nelle cattedrali degli incontri di spiritualità e di approfondimento aperti a tutti i giovani della città. In questi incontri, l’invito, l’accoglienza, l’annuncio, la testimonianza, il confronto… faciliteranno l’approccio con Cristo, che è sempre in agguato sulla strada di ogni uomo» (Ibidem, p. 172). 30 «Se è vero che bisogna restituire i giovani, distratti oggi da tanti messaggi, a una spiritualità più robusta e a una vita interiore meno dissipata, è anche vero che devono essere allenati a esporre alle provocazioni della Parola di Dio gli aspetti esistenziali più importanti della loro vita: i problemi di crescita fisiologica e di maturazione umana, il loro vissuto affettivo, la dimensione politica del loro impegno, la valenza della gratuità nelle esperienze di volontariato, il confronto con le culture, le istanze del loro inserimento nel mondo del lavoro, la lotta per la pace e per la giustizia. Le nostre comunità dovranno studiarsi di trovare i luoghi privilegiati dove questa “fotosintesi” esistenziale diventi possibile» (Ibidem, p. 172). 28 62 Domenico AmAto critico in modo particolare con Martin Heidegger e i suoi sentieri interrotti; con la filosofia del rizoma e del nomadismo di Gilles Deleuze; e con il pensiero debole di Gianni Vattimo. Con i giovani fu critico nei confronti di autori come Milan Kundera e la sua leggerezza dell’essere; individuò subito anche il sincretismo di Paulo Coelho e il pericolo della New age. Anche di cantautori come Franco Battiato, che tanto infervoravano i giovani con canzoni che sembravano in linea con una ricerca del divino, basti qui ricordare la canzone E ti vengo a cercare, egli ne denunciò un intimismo che aveva poco o nulla di evangelico. Proprio perché formati a questa scuola i giovani si sentivano in sintonia con don Tonino, e questi li esortava a farsi testimoni e missionari. «L’ultima parola voglio dirla a voi giovani. Ci siamo incontrati più volte: nella associazione per discutere e in chiesa per pregare. Ma l’esperienza più significativa l’ho vissuta la sera in cui mi son recato con don Nino nella sala giochi di un bar. È stato difficile staccare l’attenzione dei tantissimi giovani incollati ai «video-games» per farla dirottare sulla nudità della parola. Ma quando, superata la lusinga delle luci multicolori dei «flippers», hanno cominciato a prender parte alla discussione sui problemi fondamentali della loro età, ho intuito l’incredibile fame che i vostri coetanei avvertono: non solo di lavoro, ma di ideali, di significati, di amicizia vera, di sentimenti duraturi, di felicità, di Vangelo insomma. Tocca a voi allora, giovani credenti nel Risorto, farvi protagonisti di una appassionata pastorale che preservi tanti vostri compagni dai pericoli della strada, della droga, della superficialità… e li seduca finalmente con le luci verdi della speranza»31. E così risponde ancora ad un giornalista che gli chiede se Ci sono in giro segni di speranza? Dove li scorge più promettenti?: «Oggi, grazie a Dio, c’è un sommerso di speranza, di luce e di grazia che è veramente incredibile. Ed è costituito dai giovani. Ogni tanto, questo sommerso esce in superficie. Non si tratta di polarizzazioni effimere dell’entusiasmo giovanile che si articola attorno a determinati luoghi e in determinati tempi, per poi dissolversi nel grigiore di tutti i giorni in attesa di ulteriori sussulti. No. Si tratta, invece, dell’emergere di falde nascoste, concrete e permanenti, che ogni tanto escono allo scoperto e si visibilizzano, soprattutto nelle forme del volontariato e del servizio nella Chiesa e nel mondo: forse anche per dare coraggio a coloro, adulti soprattutto, che praticano un po’ troppo la cultura del lamento. Andando in giro a parlare, mi vado accorgendo che nella Chiesa e nella società oggi, alimentata dai giovani, c’è una straordinaria riserva di speranza che prelude a tempi migliori, a dispetto di tutte le letture di segno negativo che i mass media ci costringono a fare. 31 A. Bello, Tra schemi su carta lucida e volti su pelle ruvida, «Scritti mariani», p. 283-284. Sentinelle del mattino. I giovani alla scuola del Servo di Dio Antonio Bello 63 Peccato che i mezzi di comunicazione non abbiano imparato a dare i resoconti della cronaca bianca: ne rimarremmo travolti!»32. Questo è l’insegnamento di don Tonino ai giovani. Una lezione che rimane punto di riferimento per noi oggi. E se vogliamo camminare su questi sentieri non ci resta che ascoltare quest’ultimo insegnamento di questo grande Maestro e Testimone del nostro tempo che è stato e continua ad essere don Tonino: «I giovani sono molto sensibili, a volte anche tormentati. Bisogna aiutarli a essere autentici: per questo nella Chiesa c’è grande bisogno di credibilità, una grazia che dobbiamo implorare dal Signore per essere coerenti fino all’eroismo. Se i giovani trovano testimoni credibili, li seguono ovunque»33. 32 33 Id., Quando la pace non lascia dormire, «Scritti vari», p. 474. Id., Dalla cattedra del dolore, «Scritti vari», p. 539. Luce&Vita DOCUMENTAZIONE 2010/1 Semestrale - Ufficiale per gli atti di Curia per la Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi Supplemento Redazionale - Spedizione in abb. post. Legge 662/96, art. 2, comma 20/c - Fil. di Bari Abbonamento annuale: Euro 23,00 Settimanale – Euro 35,00 Settimanale + Documentazione Vescovo: LUIGI MARTELLA Responsabile della documentazione: LUIGI MICHELE dE PALMA – Redattori: TOMMASO AMATO - FABIO TANGARI Responsabile del settimanale: dOMENICO AMATO Stampa: LA NUOVA MEZZINA - MOLFETTA Direzione e amministrazione: Piazza Giovene, 4 - 70056 Molfetta - C.C.P. 14794705 - Tel e Fax 0803355088 - www.diocesimolfetta.it SOMMARIO ATTI DEL VESCOVO * Scritti Luogo e segno di speranza. Messaggio per la Giornata del Seminario (24-1-2010) . . . . . Digiuno, elemosina e preghiera. Indicazioni all’inizio dell’itinerario quaresimale (21-2-2010) . . . . . . . . . . . . . . . Risurrezione nella vita di tutti i giorni. Messaggio per la Pasqua (4-4-2010) Otto per mille: il valore della trasparenza (2-5-2010) . . . . . . La Chiesa che amo. Intervista per “Luce e Vita” (27-6-2010) . . . . . Pag. 3 . . . . » » » » 4 5 6 7 . . . . . . . . . . » » » » » 12 15 17 21 23 . . . » 27 . . . . . . . . . . . . . . . . . . » » » » » » 30 32 34 36 45 46 * Discorsi Omelia per la Giornata Mondiale della Vita Consacrata (2-2-2010) . Omelia per la Festa di San Corrado (9-2-2010) . . . . . . . Riconoscenti per la missione. Omelia per la Messa Crismale (1°-4-2010) Omelia per le esequie di don Vincenzo Boragine (19-4-2010) . . . Omelia per la Madonna di Sovereto. Mater Divini Pastoris (23-4-2010) ATTI DIOCESANI * Dalla Curia Diocesana . . . . . . . . . . . . * Causa di Canonizzazione del Servo di Dio Antonio Bello, Vescovo Rescritto (23-3-2008) . . . . . . . . . . . . Insediamento del Tribunale Diocesano (30-4-2010) . . . . Saluto del Vescovo Mons. Luigi Martella (30-4-2010) . . . . Omelia di S.E. Mons. Angelo Amato sdb (30-4-2010) . . . . * Proroga validità Statuto Diocesano delle Confraternite (1°-2-2010) * Approvazione Direttorio Liturgico-pastorale esequie (27-2-2010) . 2 Sommario Ammettili a godere la luce del tuo volto. Direttorio Liturgico-pastorale per la celebrazione delle esequie nella città di Molfetta (27-2-2010) . . . . * Riapertura Fraternità di San Domenico (24-4-2010) . . . . . . . * Erogazione delle somme derivanti dall’Otto per mille dell’IRPEF per l’esercizio 2009 (2-5-2010) . . . . . . . . . . . . . . . . . * Ufficio Diocesano della Pastorale sociale e del lavoro Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese. Tracce per un discernimento comunitario in vista della 46a Settimana sociale a Reggio Calabria (18-4-2010) . . . . . . . . . . . . . pag. 47 » 55 » 56 » 58 » » 65 77 DOCUMENTAZIONE VARIA * Domenico AmAto, Sentinelle del mattino. I giovani alla scuola del Servo di Dio Antonio Bello . . . . . . . . . . . . . . . * Luigi micheLe De PALmA, La Settimana Santa tra fede, arte e turismo . . . .