Appalti e criminalità organizzata*
di Giuseppe Di Gaspare**
21 maggio 2020
Sommario: 1. Il nuovo quadro normativo in materia di contratti pubblici. ‒ 1.1. Semplificazione, qualità
e trasparenza nelle procedure. ‒ 1.2. Le novità in tema di contrasto alla corruzione e alla mafia. ‒ 2. La
normativa sugli appalti e il sistema delle fonti. ‒ 2.1. La sovrapposizione di legislazione statale e regionale
in materia di contratti pubblici. ‒ 2.2. L’innesto della soft law nella normativa sugli appalti. ‒ 3. Criticità
croniche del sistema degli appalti. ‒ 3.1. La persistenza di sacche speculative di un mercato non
concorrenziale. ‒ 3.2. La perversa interazione tra surplus finanziario e criteri discrezionali di
aggiudicazione degli appalti. ‒ 3.3. Il ricorso al general contractor nel settore delle grandi opere. ‒ 3.4.
La separazione tra progettazione ed esecuzione - i progetti di fattibilità. ‒ 3.5. La deresponsabilizzazione
mediante compliance. ‒ 3.6. La responsabilità della stazione appaltante e quella dell’impresa appaltatrice.
‒ 3.7. Trasparenza e diffusione delle banche dati. ‒ 4. Alcune proposte per rafforzare il contrasto alla
corruzione e alla mafia. ‒ 4.1. Il rafforzamento del progetto e il ruolo delle stazioni appaltanti. ‒ 4.2.
Misure di contrasto alla revisione della spesa. ‒ 4.3. Un coerente sistema dei controlli preventivi e
successivi. ‒ 4.4. Un Osservatorio nazionale e una banca dati trasparente, completa e interoperabile. ‒ 5.
Conclusioni. Una riconfigurazione funzionale del sistema degli appalti pubblici.
1. Il nuovo quadro normativo in materia di contratti pubblici
Con l’approvazione del decreto correttivo1 al nuovo Codice degli appalti2 si è
chiusa la prima fase di definizione della normativa di riferimento generale per la
disciplina a livello nazionale del settore degli appalti e delle concessioni.
*
Relazione per la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle Mafie e sulle altre
associazioni criminali, anche straniere, XVII Legislatura, dicembre 2018.
Il presente saggio riproduce il testo della relazione rimessa alla Commissione Antimafia e agli atti della
Commissione, integrato da riferimenti normativi. Con l’occasione della pubblicazione ho ritenuto utile
corredare il testo con note “glosse” tratte da miei scritti precedenti sul tema al fine di illustrare in modo
più circostanziato le criticità rilevate nel testo. Si ringrazia il Prof. Pietro Falletta per la collaborazione
nella ricostruzione sintetica della normativa vigente (punti 1 e 2 ) e le ricercatrici del Centro Vittorio
Bachelet della LUISS G. Carli, dottoresse Federica Notari, Michela Tresca e Simona Sannino per la
sistemazione dei riferimenti normativi, della giurisprudenza e delle note
**
Professore ordinario di Diritto dell’economia, LUISS Guido Carli.
1
D.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, pubblicato nella G.U. n. 103 del 5 maggio 2017 ed entrato in vigore il 20
maggio 2017.
2
D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, pubblicato nella G.U. n. 91 del 19 aprile 2016 ed entrato in vigore lo stesso
giorno della pubblicazione.
1
È in corso d’opera la seconda fase, volta a mettere a punti l’articolato mosaico
degli atti di regolazione sub primaria previsti dal legislatore delegante. Nel nuovo codice
si è chiaramente optato per il superamento del modello rigido del regolamento unico a
favore di un sistema attuativo più snello e flessibile demandato però ad una pluralità di
strumenti normativi ed amministrativi, e in particolare, ad almeno tre tipologie di linee
guida, nonché a decreti ministeriali, interministeriali, e D.P.C.M, con il rischio, da
monitorare, del riproporsi, a valle, di incertezze conseguenti a sovrapposizioni di fonti
o a lacune normative.
Nella dicotomia tra rigidità e flessibilità, il Codice ha chiaramente scelto la
seconda opzione. Semplificazione, qualità e trasparenza sono i principi ispiratori della
riforma, nella conclamata prospettiva di maggiore legalità e minore corruzione da
perseguire attraverso la profonda revisione e il rafforzamento di strumenti volti ad
arginare fenomeni corruttivi.
1.1. Semplificazione, qualità e trasparenza nelle procedure
La semplificazione, tanto formale quanto sostanziale, è la cornice essenziale della
nuova disciplina sui contratti pubblici.
Sotto il profilo formale, si è già accennato alla scelta di un codice - non in sé
conchiuso - che si limitasse al recepimento delle direttive e a un “riordino complessivo”
della materia, demandando, eminentemente, a linee guida i dettagli operativi.
Dal punto di vista sostanziale, la proliferazione della normativa, generata da un
codice a schema attuativo aperto, dovrebbe essere contenuta da un principio di portata
semplificatoria generale costituito dal divieto di gold plating ossia dal divieto di
introduzione di livelli di regolazione maggiori o più incisivi rispetto a quelli contenuti
nelle disposizioni oggetto di recepimento che possono cagionare maggiori oneri
amministrativi per i destinatari3. Nel dettaglio, i singoli istituti dovrebbero favorire la
diminuzione di tempi e costi della procedura, la riduzione del numero delle stazioni
appaltanti4, la standardizzazione delle procedure attraverso bandi tipo5 e la piena
L’art. 1 della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11, ha stabilito, tra i criteri e principi direttivi per
l’attuazione delle deleghe in materia di attuazione delle direttive europee sui contratti e sulle concessioni
pubbliche, anche il divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli imposti dalle direttive
europee da recepire, facendo salva la tutela di interessi e obiettivi ritenuti dal Parlamento più meritevoli,
quali, ad esempio, la prevenzione della corruzione e la lotta alla mafia.
4
L’art. 37, comma 3, d.lgs. n. 50/2016, impone alle stazioni appaltanti non in possesso della necessaria
qualificazione di cui all’articolo 38 di procedere all'acquisizione di forniture, servizi e lavori ricorrendo a
una centrale di committenza ovvero mediante aggregazione con una o più stazioni appaltanti aventi la
necessaria qualifica. Il comma successivo prevede ulteriori ipotesi di aggregazione in relazione a stazioni
appaltanti che siano Comuni non capoluoghi di provincia.
5
Art. 71, d.lgs. n. 50/2016, in base al quale al fine di agevolare l’attività delle stazioni appaltanti
omogeneizzandone le condotte, successivamente alla adozione da parte dell'ANAC di bandi tipo, i bandi
di gara sono redatti in conformità agli stessi.
3
2
informatizzazione delle procedure di gara6. La semplificazione viene ricercata con la
previsione di una maggiore flessibilità, in particolare per i contratti sotto soglia
comunitaria. La flessibilità troverebbe maggiore applicazione nelle diverse ipotesi di
partenariato pubblico privato per l’esigenza di lasciare spazi alla negoziazione paritetica
cui fa riferimento la IV parte del Codice ove viene enucleato il suo ambito operativo e
contenutistico nonché le sue forme esplicative quali il project financing, la concessione
di costruzione e gestione, la concessione di servizi, la locazione finanziaria di opere
pubbliche. Tutte formule organizzative da monitorare adeguatamente nella loro concreta
applicazione in quanto non esenti, nel passato7, da profili di criticità dal punto di vista
dei controlli e dal rischio di infiltrazioni illegali8.
Sul versante della qualità della progettazione e della realizzazione delle attività
oggetto di appalto, numerose disposizioni del Codice insistono su una migliore idoneità
tecnica ed economica di strumenti e soggetti coinvolti nelle procedure. Sotto il profilo
soggettivo, la nuova disciplina è più esigente nel riconoscimento dei requisiti di
qualificazione degli operatori economici9, introducendo anche differenti e più elevati
requisiti di qualificazione delle stazioni appaltanti, sul presupposto che la preparazione
e la competenza professionale di quanti siano preposti alle relative incombenze
rappresenti una delle più valide forme di difesa preventiva contro la corruzione. Sul
versante oggettivo della disciplina, si segnala l’importante principio secondo cui gli
appalti relativi ai lavori debbono essere affidati ponendo a base di gara il progetto
esecutivo, il cui contenuto appare maggiormente idoneo a garantire la rispondenza
dell’opera a parametri di qualità predeterminati e il rispetto dei tempi previsti e dei costi
preventivati10.
In merito alla trasparenza11, il Codice si pone in sintonia con le più recenti
innovazioni in tema di pubblicità e accessibilità degli atti amministrativi, specie a
seguito della maggiore coerenza impressa da alcune disposizioni del decreto correttivo
in tema di accesso agli atti e informazione ai candidati12. Nella stessa direzione di una
maggiore apertura delle procedure di gara alla partecipazione ai cittadini, va la
6
Art. 58, d.lgs. n. 50/2016.
Soprattutto la disciplina del project financing, contenuta nel previgente art. 153 del d.lgs. 163/2006,
viene ampiamente riscritta dagli art. 183 ss., d.lgs. n. 50/2016, attraverso una considerevole riduzione e
semplificazione della fattispecie.
8
Sul punto, v. infra, par. 3.3.
9
Art. 83, d.lgs. n. 50/2016.
10
L’art. 23, comma 8, specifica che il progetto esecutivo, redatto in conformità al progetto definitivo,
determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare, il relativo costo previsto, il cronoprogramma coerente
con quello del progetto definitivo, e deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale che ogni
elemento sia identificato in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo. Il progetto esecutivo deve
essere, altresì, corredato da apposito piano di manutenzione dell'opera e delle sue parti in relazione al
ciclo di vita.
11
Artt. 29 e 53, d.lgs. n. 50/2016.
12
Cfr. le modifiche al comma 4 dell’art. 29, e l’aggiunta del comma 4-bis, da parte dell’art. 19, d.lgs. n.
56/2017.
7
3
previsione del dibattito pubblico obbligatorio13 sulle grandi opere, e l’introduzione di
modelli di partenariato “latu sensu sociale”, quali gli interventi di sussidiarietà
orizzontale14 e il baratto amministrativo15. La decisa spinta verso una completa
digitalizzazione degli appalti attesta, infine, l’intento del legislatore di rendere aperte,
accessibili e partecipate le procedure di gara, con vantaggi su tempi, costi e qualità del
loro svolgimento.
1.2. Le novità in tema di contrasto alla corruzione e alla mafia
Evidentemente, un quadro normativo così ambizioso ed innovativo non può non
prendere in considerazione il contrasto alla corruzione e alle infiltrazioni mafiose, tema
cruciale che fa sempre da sfondo ad ogni valutazione in ordine al buon funzionamento
delle procedure di appalto.
Il Codice affronta la questione in modo sia diretto che trasversale.
Tra le disposizioni che puntano immediatamente ad accrescere le garanzie di
legalità delle procedure di gara, rilevano particolarmente quelle sui requisiti di ordine
generale degli operatori economici estesi anche ai subappaltatori16. Al riguardo, il nuovo
Codice intende segnare il passaggio da un sistema “statico” dei requisiti formali, quale
quello assai controverso delle SOA, a un sistema “dinamico” di requisiti sostanziali di
tipo reputazionale, oggettivi e misurabili, che esprimano la capacità strutturale e
l’affidabilità dell’impresa.
Particolarmente articolata è anche la disciplina dei motivi di esclusione contenuta
nell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 che ripropone, in parte, la disciplina del precedente
codice17 precisandola, tuttavia, in alcuni punti attesa la maggiore analiticità delle nuove
cause di esclusione.
13
Sul punto, si rinvia a G. Di Gaspare, Il dibattito pubblico tra democrazia rappresentativa e democrazia
partecipativa, in Amministrazione in Cammino, 30 settembre 2017.
14
L’art. 189, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, prevede che per la realizzazione di opere di interesse locale,
gruppi di cittadini organizzati possono formulare all’ente locale territoriale competente proposte operative
di pronta realizzabilità, nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti o delle clausole di salvaguardia
degli strumenti urbanistici adottati, indicandone i costi ed i mezzi di finanziamento senza oneri per l’ente
medesimo. L’ente locale provvede sulla proposta, con il coinvolgimento, se necessario, di eventuali
soggetti, enti ed uffici interessati fornendo prescrizioni ed assistenza.
15
L’art. 190, d.lgs. n. 50/2016, dispone che gli enti territoriali definiscono con apposita delibera i criteri
e le condizioni per la realizzazione di contratti di partenariato sociale, sulla base di progetti presentati da
cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione ad un preciso ambito territoriale. I contratti
possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze o strade, ovvero la
loro valorizzazione mediante iniziative culturali di vario genere, interventi di decoro urbano, di recupero
e riuso con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati. In relazione alla tipologia
degli interventi, gli enti territoriali individuano riduzioni o esenzioni di tributi corrispondenti al tipo di
attività svolta dal privato o dalla associazione ovvero comunque utili alla comunità di riferimento in
un’ottica di recupero del valore sociale della partecipazione dei cittadini alla stessa.
16
Art. 83, d.lgs. n. 50/2016.
17
Cfr. art. 38 d.lgs. n. 163/2006.
4
Altro punto fermo della riforma, in coerenza con l’obiettivo di correlare
indissolubilmente legalità e appalti, è il rafforzamento e potenziamento del ruolo
dell’ANAC nel quadro delle sue funzioni di vigilanza, promozione e sostegno delle
migliori pratiche e di facilitazione allo scambio di informazioni tra stazioni appaltanti18.
L’ANAC in questo ambito è chiamato, inoltre, ad adottare atti di indirizzo quali linee
guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile,
fornendo costante supporto nell’interpretazione ed applicazione del Codice.
Sono, tuttavia, le norme che modificano istituti e strumenti tradizionali quelle che
impattano maggiormente sugli obiettivi di legalità, sia pure trasversalmente.
In questo senso, con riferimento alla scelta del contraente, si spinge per una più estesa
applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa basata sul miglior
rapporto qualità/prezzo, che in precedenza rappresentava solo una delle alternative a
disposizione delle stazioni appaltanti19 Tale metodo di aggiudicazione assurge a criterio
preferenziale per tutte le procedure di appalto divenendo obbligatorio per gli appalti dei
servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica e per quei servizi
in cui è fondamentale l’apporto di manodopera nei settori in cui prevale l’esigenza di
qualità o di tutela dei lavoratori20. Settori nei quali, in concomitanza, e per una effettiva
tutela del lavoro, dovrebbe regolarsi in fase di emanazione della normativa sub primaria,
con particolare attenzione, il ricorso al subappalto a organismi non tenuti per loro
conformazione giuridica al rispetto della normativa a tutela dei lavoratori (cooperative)
ove si è avuto modo maggiormente di riscontrare infiltrazioni della criminalità
organizzata.
Si è, inoltre, già fatto cenno alla particolare attenzione che il legislatore ha riposto
sui sistemi di qualificazione, tanto delle imprese quanto delle stazioni appaltanti, con
l’obiettivo non celato di assicurare in tal modo procedure più limpide, oltre che
prestazioni più efficienti. In questa direzione, vanno anche l’istituzione dell’albo dei
componenti delle commissioni giudicatrici21 e dell’albo nazionale obbligatorio dei
soggetti che possono ricoprire rispettivamente il ruolo di direttore dei lavori e di
collaudatore22. Tutte misure volte a garantire che, tanto dalla parte del committente
quanto da quella dell’appaltatore, vi sia una “patente” certificata di moralità pubblica,
oltre che di affidabilità.
Tra le disposizioni che segnano la centralità dell’ANAC, vanno segnalate: quella contenuta nell’art. 38,
in base a cui presso l’ANAC viene tenuto l’elenco delle stazioni appaltanti; la previsione di cui all’articolo
211, secondo cui l’ANAC potrà esprimere pareri di precontenzioso su questioni sorte durante lo
svolgimento della procedura di gara che, in caso di assenso di entrambe le parti, potranno divenire
vincolanti; in termini generali, i compiti di vigilanza, controllo e regolazione previsti dall’art. 213, commi
da 1 a 17-bis.
19
Fino al 1994 la regola generale era l’offerta economicamente più vantaggiosa. Cfr. G. Di Gaspare, La
grande occasione degli appalti, in La Voce, 21 novembre 1994. La normativa comunitaria impone che
l’appalto venga aggiudicato all’impresa che offre il prezzo più vantaggioso. Non si può quindi escludere
un’offerta perché troppo bassa, senza averne prima, verificato i costi in contradditorio.
20
Art. 95, d.lgs. n. 50/2016.
21
Art. 78, d.lgs. n. 50/2016.
22
Art. 196, d.lgs. n. 50/2016.
18
5
Va, comunque evidenziato che, sull’opportunità e sull’efficacia pratica di
ciascuno di questi interventi sussistono perplessità - espresse, tra l’altro, a più riprese
dal Consiglio di Stato in sede consultiva23 e, solo in parte, superate - nonché repentine
retromarce in sede di correttivo, su segnalazione della stessa ANAC.
Nello specifico, il Consiglio di Stato ha espresso non poche riserve sul sistema del
rating d’impresa rilevando che le cause di esclusione per difetto di requisiti morali
necessitano d’una formulazione più chiara e immediatamente fruibile da parte delle
stazioni appaltanti, nonché di un migliore raccordo con il codice penale e la legislazione
antimafia. Lo stesso legislatore ha dovuto modificare in sede di correttivo il carattere
obbligatorio del rating nonché la previsione di un sistema sanzionatorio in capo
all’ANAC, considerato l’elevato rischio di gold plating, previamente segnalato dalla
stessa ANAC24.
Inoltre, un sistema basato sulla presenza di albi ed elenchi, specie per l’accesso ai
lavori pubblici, rischia di essere una riproposizione, per la sua valenza eminentemente
formale, di espedienti utilizzati in passato a partire dall’albo dei costruttori che, più che
disincentivare le infiltrazioni criminali, si sono risolte in barriere all’ingresso di nuovi
operatori per cui tali misure incorporino un potenziale limite alla promozione del
confronto concorrenziale25.
Critiche di segno analogo sono state mosse nei confronti dei sistemi di
qualificazione e certificazione, che rischiano di risolversi in mere attestazioni cartacee
di qualità e affidabilità inidonee a garantire una verifica sostanziale sulla struttura e sulla
condotta finanziaria delle “imprese”, soprattutto tenendo conto della conformazione
giuridica di società di capitale nonché di gruppi finanziari - piuttosto che la veste di
gruppi industriali - che molti operatori del settore assumono, riproducendosi così con
le certificazioni quel sistema statico di controllo formale dal quale il Codice, nella
formulazione dei suoi principi, avrebbe invece voluto distaccarsi integralmente26.
Altro punto critico è rappresentato dalla commistione di competenze dell’ANAC,
sia in chiave regolatoria, sia rispetto ai poteri di vigilanza. Nel primo senso, il massivo
ricorso a strumenti di regolazione flessibile (c.d. soft law) pone non pochi interrogativi
sulla collocazione di tali regole all’interno del sistema delle fonti, anche rispetto al
procedimento di formazione e agli effetti di una disciplina così rilevante. Rispetto ai
poteri di vigilanza si può segnalare il rischio di un loro eccessivo accentramento in capo
all’ANAC: lo stesso responsabile dell’Autorità richiama l’attenzione sul carattere non
23
Consiglio di Stato, parere del 21 marzo 2016 su Schema di decreto legislativo recante Codice degli
appalti pubblici e dei contratti di concessione, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 28 gennaio
2016, n.11.
24
Art. 83, comma 10, d.lgs. n. 50/2016, come modificato dall’art. 52, d.lgs. n. 56/2017.
25
Alla legge 10 febbraio 1962, n. 57, istitutiva dell’albo dei costruttori, si può far risalire l’avvio della
recinzione del mercato nazionale delle opere pubbliche. Cfr. G. Di Gaspare, Diritto dell’economia e
dinamiche istituzionali, Padova, 1° ed., 2003, p.176.
26
Sulla scarsa efficacia del sistema delle certificazioni, cfr. l’audizione del Presidente dell’ANIEM del
17 gennaio 2015 dinanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle
altre associazioni criminali, anche straniere, p. 6.
6
particolarmente penetrante dei predetti poteri confinati nella sostanza in un controllo
sulla legittimità degli atti, seppur esteso in alcuni casi (EXPO) con convenzione ad hoc
alla attività di gestione di diritto privato27.
In definitiva, benché siano evidenti gli sforzi per creare un sistema complessivo
più snello e trasparente, rimangono allo stato nel nuovo Codice degli appalti non pochi
nodi irrisolti, alla luce, tra l’altro, delle indiscusse peculiarità del contesto italiano e della
storica stratificazione di norme, prassi e istituti difficili da rimuovere solo attraverso
disparati interventi di semplificazione, qualificazione e trasparenza.
In altri termini, rimangono sullo sfondo della nuova disciplina questioni insolute
o risolte con modalità che non tengono in debita considerazione la complessità del
contesto fattuale e regolamentare del sistema degli appalti, specie in relazione al tema
costantemente critico della inadeguatezza del mero rispetto della legalità formale delle
procedure e dei controlli di legittimità a fungere da efficace surrogato nella prevenzione
e nel contrasto delle infiltrazioni criminali.
2. La normativa sugli appalti e il sistema delle fonti
2.1. La sovrapposizione di legislazione statale e regionale in materia di contratti
pubblici
Un primo profilo di complessità della disciplina sugli appalti pubblici attiene alla
tradizionale disarticolazione del quadro normativo, considerata la sovrapposizione di
competenze multilevel in materia e la frenetica e variegata stratificazione di fonti di
produzione del diritto nello specifico settore.
A rendere ancor più complicato il predetto assetto delle fonti ha contribuito la
riforma del Titolo V della Costituzione incidendo sul riparto delle competenze
legislative tra Stato e Regioni in materia di appalti pubblici. La Corte costituzionale è
intervenuta sulla questione con diverse pronunce volte a far rientrare la materia “lavori
pubblici”, di volta in volta, tra quelle di potestà legislative esclusive dello Stato o
concorrenti28 attraverso una restrizione dell’ambito di competenza del legislatore
regionale, anche con riguardo alle Regioni a statuto speciale29. Nonostante gli interventi
del giudice costituzionale, volti a dare disciplina più omogenea a livello nazionale al
fine di contrastare la segmentazione del mercato degli appalti pubblici, le Regioni hanno
comunque continuato ad introdurre disposizioni difformi dal quadro normativo
nazionale, come attestano recenti provvedimenti legislativi della Regione Sicilia che, in
Sulla natura formale dei controlli da parte dell’ANAC, cfr. audizione del Presidente dell’ANAC del 14
ottobre 2014 dinanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre
associazioni criminali, anche straniere, p. 8.
28
Corte cost. 25 settembre 2003, n. 303.
29
Cfr., ex multis, Corte cost. 17 dicembre 2008, n. 411, e Corte cost. 23 novembre 2007 n. 401.
27
7
forza della propria specialità, ha introdotto una disciplina con tratti di originalità, anche
con riserva di deroga, rispetto a quella codicistica30.
2.2. L’innesto della soft law nella normativa sugli appalti
Un altro profilo di criticità da segnalare è relativo agli ampi spazi di regolazione
concessi all’ANAC per l’attuazione del Codice. Al riguardo, l’obiettivo della
semplificazione in fase attuativa viene perseguito, principalmente, attraverso un
massivo ricorso a strumenti di regolazione flessibile (c.d. soft law) in particolare
attraverso gli svariati rinvii “in bianco” del Codice a “linee guida” dell’ANAC per
l’applicazione della stessa disciplina codicistica31. In particolare andranno prese in
esame, in fase di implementazione del Codice, l’impatto di tali misure, sostanzialmente
a contenuto regolamentare ma che, tuttavia, evitano le scansioni procedimentali, i
controlli e gli obblighi di partecipazione previsti per l’emanazione dei regolamenti veri
e propri. Rimane, inoltre, aperto, sullo sfondo, il problema dell’incidenza delle suddette
fonti di soft law, della loro efficacia vincolante verso i soggetti estranei alla
amministrazione nonché del possibile conflitto tra norme eterogenee, della loro
riconduzione alla tipologia delle direttive amministrative e dei conseguenti eventuali
spazi di autonomia da riconoscersi alle stazioni appaltanti.
3. Criticità croniche del sistema degli appalti
3.1. La persistenza di sacche speculative di un mercato non concorrenziale
Non si può non richiamare l’attenzione sul fatto che, già nel 1992, l’AGCM
segnalava il settore degli appalti come scarsamente competitivo e dunque a rischio
corruzione. L’irrompere di Tangentopoli avrebbe di lì a poco confermato in pieno la
bontà di tale rilievo. La prima risposta del legislatore ai gravi fenomeni corruttivi ivi
svelati aveva cominciato a segnare un cambio di rotta con consistenti riduzioni dei
30
L.r. n. 12/2011, come modificata dalla l.r. n. 8/2016 e dalla l.r. n. 1/2017.
Non si può fare a meno di ricordare come la semplificazione sia stato un obiettivo tanto astrattamente
perseguito quanto di fatto disatteso. Cfr. G Di Gaspare, Diritto dell’economia e dinamiche istituzionali,
Padova, 1° ed., 2003, p. 142 in cui si evidenzia che «Anche la gestione degli appalti pubblici per
l’esecuzione delle opere pubbliche di ricostruzione è all’epoca celere ed efficiente, benché gli appalti
vengano realizzati tramite una legislazione che, successivamente, giudicata farraginosa, verrà
variamente modificata e rimossa. Siamo ancora lontani dagli anni ’70, quando si innesca un trend di
interventi legislativi cosiddetti di accelerazione e semplificazione delle procedure di gare per le opere
pubbliche al quale si accompagna, con lo stesso crescendo di intensità, un risultato di segno opposto: la
continua diminuzione di efficienza, un allungamento dei tempi e un esorbitante incremento dei costi
di realizzazione delle opere pubbliche».
31
8
prezzi di aggiudicazione degli appalti a seguito dell’approvazione della legge n.
109/1994 (legge Merloni nella prima formulazione).32
La normativa successiva, a partire dalle modifiche (ter, quater) della stessa legge,
e le stratificazioni normative degli ultimi vent’anni hanno segnato più un’inversione di
rotta che un miglioramento 33. Il Codice degli appalti approvato nel 2006 può
considerarsi il punto di arrivo di tale controtendenza avendo eliminato definitivamente
i due cardini positivi pro-concorrenziali della legge Merloni, ossia l’aggiudicazione
dell’appalto unicamente con il metodo del prezzo più basso e la separazione netta tra
progettazione ed esecuzione dei lavori.34
L’abbandono di questi due principi portanti per un sistema degli appalti orientato
in senso pro concorrenziale ha generato il ricorso sempre più indifferenziato a criteri di
aggiudicazione altamente discrezionali e conseguentemente ha provocato una tendenza
al rialzo fuori controllo di prezzi e tariffe, specie con riferimento a quelle tipologie di
lavori e di opere con interventi altamente complessi ed intricati, come nel caso delle
opere strategiche e di preminente interesse nazionale, favorendo di risulta l’affermarsi
di una logica a-concorrenziale intrinsecamente collusiva per i conflitti di interesse e di
ruolo.
Si sono, così, consolidate prassi che hanno reso particolarmente appetibile alla
criminalità organizzata soprattutto il settore degli appalti di lavori, per il formarsi di
ingenti extraprofitti dovuti alla concomitante interazione di fenomeni distorsivi della
concorrenza e della legalità.35
Specialmente nel settore delle grandi opere, i costi e i rischi della realizzazione
dell’opera per le imprese, data la loro ricercata complessità, non possono essere calcolati
Sull’abbattimento dei costi di aggiudicazione degli appalti per un breve periodo subito dopo
tangentopoli, si v. G. Di Gaspare, La grande occasione degli appalti, in La Voce, 21 novembre 1994.
33
Sul successivo cambio di rotta e ripresa della lievitazione dei costi, ibidem.
34
G. Di Gaspare, Diritto dell’economia e dinamiche istituzionali, Padova, 2°ed., 2017, p. 345 ss in cui si
evidenzia che «Il codice degli appalti del 2006 elimina, inoltre, definitivamente i due cardini positivi proconcorrenziali della legge 109/1994: l’aggiudicazione dell’appalto unicamente con il metodo del
massimo ribasso (rendendo in più complicate ed opache le modalità di gara) e la separazione netta tra
progettazione ed esecuzione dei lavori che possono essere affidati allo stesso soggetto».
35
Si rinvia ancora a G. Di Gaspare, Diritto dell’economia e dinamiche istituzionali, Padova, 1° ed., 2003,
p.185 in cui si evidenzia che «Nel settore degli appalti, i criteri di aggiudicazione non concorrenziali,
l’effetto cumulativo al rialzo nel tempo dei prezzi inefficienti contenuti nei capitolati di appalto (i listini
ufficiali dei prezzi di base per definire i costi di base delle gare), i metodi di realizzazione a lotti, la prassi
di revisione dei prezzi in corso d’opera, il rifinanziamento delle opere non interamente realizzate e il
largo ricorso al subappalto, creano sacche speculative che attirano la criminalità organizzata
soprattutto per i lavori pubblici in quelle zone del Paese ove la stessa è in grado di esercitare una qualche
forma di controllo territoriale. Fenomeni analoghi si registreranno in altri mercati ad accesso ristretto
e con tariffe complesse che creano margini per spregiudicate speculazioni, come nel settore del
trattamento e dello smaltimento dei rifiuti in particolare di quelli nocivi e pericolosi (le discariche
abusive e la cosiddetta ecomafia). Nelle mani della criminalità organizzata sono le transazioni che si
svolgono su beni e prestazioni il cui commercio è vietato dalla legge (res extra commercium): dalla droga
alla prostituzione, dal traffico di armi all’esportazione illegale di valuta e al trasporto clandestino di
persone. Traffici destinati a svilupparsi anche nei decenni successivi e che destano ancora notevoli
preoccupazioni. Secondo stime della Confcommercio, riferite al 2000, il volume di affari della criminalità
ammonta al 15% del PIL».
32
9
preventivamente, e legittimano, quindi, continue revisioni del progetto seguendo gli stati
di avanzamento delle opere con spese impreviste e imprevedibili a carico
dell’amministrazione appaltante.
Il surplus di costo che si produce intorno alle grandi infrastrutture – superiore
anche del 50% rispetto alla spesa preventivata dalla stazione appaltante – rappresenta
inevitabilmente un richiamo fortissimo per la criminalità organizzata.36 Un richiamo
talmente pericoloso e ricorrente da avere indotto in un passato non troppo lontano
esponenti qualificati delle istituzioni a dichiarazioni accomodanti circa l’opportunità, se
non la necessità, di convivere con le infiltrazioni mafiose.
Fenomeni analoghi si possono riscontrare in mercati ad accesso ristretto basati
sulle concessioni di servizi di pubblica utilità e con prestazioni remunerate con tariffe
differenziate e complesse che creano margini per spregiudicate prese di beneficio
scaricando sulle esternalità ambientali i maggiori profitti conseguenti a riduzioni o
eliminazioni di costi per fasi essenziali delle procedure di realizzazione del servizio,
come, ad esempio, non eseguendo le bonifiche preliminari all’istallazione delle opere,
oppure come nel ciclo della raccolta e del trattamento dei rifiuti, riducendo il costo
degli smaltimenti con sversamenti e interramenti dei rifiuti. Tossici in particolare,
delegandoli se non subappaltandoli e avvalendosi di operatori in relazione con
organizzazioni criminali che dispongono di fatto del controllo del territorio.37
Discorso in parte analogo rischia di riprodursi nel comparto degli appalti misti con
accentramento della domanda ed esperimento della gara per ambiti nazionali che finisce
per attribuire all’aggiudicatario un potere di mercato esercitabile in modo abusivo nei
confronti degli operatori del settore tramite commesse e subappalti in cui
l’aggiudicatario assume la veste di un market maker cioè di colui che ha il potere di
imporre il prezzo a qualsiasi controparte interessata ad inserirsi nella filiera dell’appalto
38
.
Ibidem, «La forbice tra il 50% di riduzione dei prezzi d’asta ed il 15% di riduzione dei contratti in corso
(decreto legge 537/93 lascia intravedere una bolla finanziaria di circa il 30% di sovrapprezzo nel
mercato complessivo degli appalti pubblici».
37
Sul controllo del territorio e le modalità di contrasto, cfr. G. Di Gaspare, Diritto dell’economia e
dinamiche istituzionali, Padova, 2° ed., 2015, p. 401 ss, in particolare quando si evidenziano gli effetti
eversivi anche del potere fiscale dello Stato: «L’esazione monetaria della criminalità organizzata (pizzo)
e da parte della corruzione politico/amministrativa (tangente) sui redditi e sui patrimoni costituiscono,
a ben vedere, anche una forma concorrenza illecita da parte di “sistemi impositivi” privati e criminali
nei confronti dell’imposizione fiscale dello Stato e riducono il gettito complessivo. Il loro cumulo sulle
attività economiche deprime gli investimenti nell’economia nazionale: il prelievo illecito, sommato a
quello legale, può spingere le imprese al fallimento».
38
Si fa riferimento, al ricorso consolidato ad affidamenti, tramite Consip, di grossi appalti aventi ad
oggetto un sistema integrato ed eterogeneo di servizi e forniture. Sul punto, cfr. la deliberazione del 25
maggio 2017, n. 6/2017/G della Corte dei conti, Sezione centrale di controllo sulla gestione delle
amministrazioni dello Stato, sul global service immobiliare nelle amministrazioni centrali dello Stato, che
ha rimarcato la scarsa economicità delle convenzioni di facility management stipulate da Consip, oltre
che la bassa qualità dei servizi resi. Sui rischi per la concorrenza di tali affidamenti, cfr., altresì, la
Relazione dell’Autorità Antitrust sull’attività svolta nel 2016, dove si segnala la lotta ai cartelli che si
generano, nell’ambito delle gare Consip, intorno agli appalti pubblici integrati, come, nel caso sanzionato,
del cartello tra imprese nella gara per la pulizia delle scuole.
36
10
3.2. La perversa interazione tra surplus finanziario e criteri discrezionali di
aggiudicazione degli appalti
Come accennato, il primo fattore che incide sull’indebita creazione di sacche
speculative nell’esecuzione degli appalti è il generalizzato ricorso a criteri non
pienamente concorrenziali di aggiudicazione degli appalti pubblici. In quest’ottica, va
preso in esame l’ambito di utile esperibilità del criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa che sembra prestarsi, più del criterio del massimo ribasso, a logiche di
formazione di prezzi generanti margini speculativi, considerata la discrezionalità più
ampia dell’amministrazione ma anche dell’impresa nella presentazione dell’offerta.
Tale discrezionalità facilita il riproporsi
di criticità storicamente consolidatesi
nell’esecuzione dei singoli appalti, ossia: l’effetto cumulativo al rialzo dei prezzi
inefficienti contenuti nei capitolati di appalto, i metodi di realizzazione a lotti, la prassi
di revisione dei prezzi in corso d’opera, il rifinanziamento delle opere non interamente
realizzate, il largo ricorso al subappalto.
Bisogna, quindi, porre particolare attenzione su misure di segno alternativo che
riducano, anzitutto, la perversa combinazione tra criteri discrezionali di aggiudicazione
e un sistema complesso di formazione prezzi che, favorisce, anche attraverso revisioni
successive dei meccanismi di spesa, il formarsi di sacche speculative incentivanti
sistemi di corruzione e appetite dalla criminalità organizzata.
3.3. Il ricorso al general contractor nel settore delle grandi opere
Gli effetti speculativi sopra accennati risultano ancora più evidenti e gravi in relazione
al settore delle grandi opere laddove si è concretizzato un vero e proprio trasferimento
del rischio contrattuale per la realizzazione dell’opera dall’appaltatore privato allo Stato.
Il largo ricorso alle figure del general contractor e del fiduciario, strettamente
collegate all’impresa aggiudicataria capofila, può consentire, infatti, a quest’ultima di
aumentare la redditività dell’appalto e, al contempo, di far gravare sullo Stato le
incognite di costi e rischi in corso d’opera. In sostanza, all’interno di questo
meccanismo, l’aggiudicatario non è più controparte contrattuale ma un “fiduciario”
dell’Amministrazione che assume artatamente un ruolo “neutralizzato” dalla qualifica
di general contractor. 39
Più diffusamente al riguardo, cfr. G. Di Gaspare, Diritto dell’economia e dinamiche istituzionali,
Padova, 2° ed., 2017, p. 394, in cui si mette in luce che «Il Codice degli appalti del 2006 innovava anche
la disciplina delle opere strategiche e di preminente interesse nazionale (d.l.190/2002), per cui l’appalto
viene aggiudicato nelle grandi opere non a chi offre il prezzo più basso ma a chi dimostra di avere le
migliori capacità progettuali ed organizzative. E’ un’impostazione anticoncorrenziale ed
intrinsecamente collusiva. L’aggiudicatario dell’appalto non è più controparte contrattuale, ma “un
39
11
Nella vigenza della “legge obiettivo” e del precedente Codice, tale artificio ha
prodotto conseguenze ancor più gravi considerato, tra l’altro, che il general contractor
poteva assumere anche le vesti di direttore dei lavori, incaricato di collaudare le opere a
tutela dell’interesse pubblico ma con ovvie influenze di interessi privati40.
Si è, quindi, posto in essere un conflitto d’interessi legalizzato, giacché è stato lo
stesso appaltatore a controllare la conformità e la regolarità dell’opera realizzata; e lo
stesso contraente privato ha risolto le incognite progettuali accertabili, in lavori
complessi come quelli infrastrutturali, solo in corso di esecuzione dell’opera.
Il nuovo Codice degli appalti ha rivisitato la figura del contraente generale,
superando, in parte, alcune criticità della precedente disciplina, introducendo maggiori
contrappesi al precedente strapotere organizzativo e gestionale del contraente generale.
In primo luogo, già la legge delega ha specificato, con disposizione autonoma e
immediatamente precettiva, che al contraente generale non spetta più la direzione dei
lavori, in quanto è il soggetto aggiudicatore che nomina il direttore dei lavori e i
collaudatori41. Viene, altresì, previsto un costante monitoraggio dei lavori anche
mediante
un comitato
permanente,
costituito
dai rappresentanti
sia
42
dell’amministrazione sia del contraente generale . Infine, viene demandata al
contraente generale solo la progettazione esecutiva e non più quella definitiva43, anche
se è consentito l’appalto integrato per appalti di importi pari o inferiori a 100 milioni di
euro44. Cifra sicuramente di tutto rilievo e che potrebbe prestarsi ad aggiramenti in caso
di interventi infrastrutturali con ricorso ad una pluralità di appalti sotto quella soglia.
Rimane, peraltro invariata la disciplina relativa all’affidamento a terzi dei lavori
da parte del contraente generale, che conferma pedissequamente le disposizioni del
previgente d.lgs. 163/2006, permettendo, di fatto, al soggetto privato l’affidamento a
terzi dei lavori nei limiti e alle condizioni previste per gli appaltatori di lavori pubblici.
fiduciario” e come tale si sostituisce all’appaltatore come general contractor. Contro la figura del
general contractor (di fatto una riesumazione del concessionario già vietato dalla normativa
comunitaria negli anni ’80) si appuntano le critiche della Commissione UE per contrasto con la direttiva
lavori 93/37/CE. La Commissione UE apre una procedura di infrazione in quanto le regole italiane
“consentono un’area troppo ampia di arbitrio”. La situazione è critica soprattutto per le grandi opere
nelle quali il direttore dei lavori – che deve collaudare le opere a tutela dell’interesse del committente
che paga, cioè dello Stato – non è più nominato dallo Stato – committente, come in qualsiasi altro
appalto pubblico e privato, ma è nominato dalla controparte contrattuale, camuffata dietro la qualifica
di “general contractor”. Insomma, è l’appaltatore stesso che realizza l’opera e che si sostituisce allo
Stato, dal quale deve essere pagato, che decide e verifica la conformità e regolarità dell’opera che ha
realizzato e chiede conseguentemente allo Stato – cioè alla collettività – di pagare. Un palese conflitto
di interessi legalizzato che può risolversi in danno dello Stato e dei contribuenti».
40
Sulle storture provocate dal meccanismo dell'affidamento dei lavori con il general contractor, cfr.
intervento del Sen. Stefano Esposito durante la seduta del 4 febbraio 2016 della Commissione
parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere,
pp. 18-19.
41
Art. 1, comma 3, lett. ll), l. n. 11/2016.
42
Art. 194, comma 3, lettera b), d.lgs. n. 50/2016.
43
Art. 194, comma 2, lettera a), e art. 195, comma 2, d.lgs. n. 50/2016.
44
Sul punto, v. infra, par. 3.4.
12
In tal senso, rimane, comunque, assai elevato il livello di discrezionalità del
contraente generale - specie nei casi in cui è consentito ricorrere all’appalto integrato in misura tale da non scongiurare affatto i fenomeni corruttivi già verificatisi in passato.
3.4. La separazione tra progettazione ed esecuzione - i progetti di fattibilità
Un ulteriore profilo essenziale e connesso ai precedenti risiede nelle regole sul
rapporto tra progettazione ed esecuzione dell’appalto, specie nel settore delle grandi
opere. Il nuovo Codice, nella sua versione originaria, intendeva procedere verso una
netta separazione, stabilendo il divieto dell’affidamento congiunto della progettazione e
dell’esecuzione.
Si ripropongono tuttavia, alcune perplessità in ordine alle eccezioni previste dal
Codice, in particolare a seguito degli interventi correttivi. E’ così consentito
l’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori nei casi di:
affidamento a contraente generale, anche in questo caso – con la stessa soglia prevista
per l’appalto integrato - qualora l’importo dell’affidamento sia pari o inferiore a 100
milioni di euro; finanza di progetto; affidamento in concessione; partenariato pubblico
privato; contratto di disponibilità.
Aldilà di tali ipotesi derogatorie, che aprono comunque larghi varchi nella
concreta applicazione dell’opzione per il progetto esecutivo, rimane il principio che
nella vigenza del nuovo Codice il progetto deve essere portato al livello esecutivo prima
dell’avvio della gara, e spetta all’impresa il compito, e la relativa responsabilità, di
indicare modalità e costi di esecuzione. Ne dovrebbe conseguire, come avviene del resto
negli appalti tra privati (art. 1665 c.c.) che l’assunzione del rischio in fase di esecuzione
e sui costi dell’opera viene a gravare sull’impresa stessa. In questo modo il trasferimento
del rischio, se effettivamente perseguito e generalizzato, comporterebbe nella prassi un
forte disincentivo al ricorso alle varianti e riserve in quanto non potrebbero più innescare
aumenti dei costi attualmente tanto inopinati quanto prevedibili 45.
Altro strumento introdotto dal Codice nella medesima prospettiva di un controllo
dei prezzi è quello del progetto di fattibilità che sostituisce i progetti preliminari. In
particolare, il progetto di fattibilità tecnica ed economica deve individuare «tra più
soluzioni, quella che presenta il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività,
in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e prestazioni da fornire»46. Quindi,
rispetto al passato, il primo livello di progettazione appare più focalizzato sull’impatto
concreto dell’opera e sulle sue conseguenze in termini economici. Da chiarire, peraltro,
le conseguenze di tale scelta in ordine all’effettiva realizzazione dell’opera - le diverse
45
Sul rapporto tra variabilità delle spese di un appalto e introduzioni di varianti e riserve, cfr. audizione
del Presidente dell’ANAC del 14 ottobre 2014 dinanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sul
fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, pp. 18-19.
46
Art. 23, d.lgs. n. 50/2016.
13
fasi progettuali dovrebbero essere inserite in un sistema di programmazione 47che
consentisse chiaramente di espungere dalla fase di realizzazione opere che non superano
il vaglio di un previo esame costi benefici 48; si dovrebbe, in questi casi, introdurre,
come riscontrabile nelle migliori pratiche in materia nella legislazione comparata, il
cosiddetto progetto di pre-fattibilità al fine di escludere o ridimensionare l’opera e
dunque l’appalto sulla base del rapporto tra costi e benefici attesi49.
3.5. La deresponsabilizzazione mediante compliance
Va considerato inoltre che, allorquando si far riferimento alle “imprese” nel codice
degli appalti, siamo in presenza normalmente di imprese costituite in forma di società
di capitali nelle quali è più complesso e a volte arduo individuare, sotto lo schermo della
personalità giuridica dell’ente, specifiche responsabilità individuali. In questo ordine di
idee bisogna prendere attentamente in considerazione il ruolo svolto dai meccanismi
della compliance. Un sistema procedurale che innesca e legittima forme di
deresponsabilizzazione all’interno dell’imprese, incentivando la formazione di zone
opache in cui la responsabilità personale viene diluita attraverso il vaglio della
compliance, ossia una procedura standard per l’individuazione e valutazione del rischio
di non conformità alle regole da parte delle società di capitali. Questo sistema, di
derivazione anglosassone e adottato in via generalizzata attraverso il d.lgs. n. 231/2001,
può dar luogo ad un inutile palliativo giacché trasferisce ad un soggetto interno
all’impresa il compito di vigilare sulle aree di attività a rischio di responsabilità penale.
La compliance di prevenzione, si risolve - nella nostra concezione formale dei controlli
- spesso nella compilazione burocratica di appositi formulari con diverse tipologie di
certificazione esternalizzate a professionisti abilitati o rilasciate da amministrazioni
47
G. Di Gaspare, Il dibattito pubblico tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa, in
Amministrazione in Cammino, 30 settembre 2017, p. 7: «Certo non si può non rimpiangere la chiarezza
della versione originaria della legge Merloni (art. 14 della legge n. 109/1994 sulla programmazione dei
lavori pubblici) che disciplinava la programmazione triennale delle opere, nella quale potevano essere
inclusi solo i lavori di cui sia stato redatto almeno il progetto preliminare e la cui utilità sia stata
accertata sulla base di una verifica delle esigenze cui i lavori devono corrispondere delle caratteristiche
generali degli stessi, della stima sommaria dei relativi costi nonché dei benefici economici e sociali
conseguibili».
48
Il rilievo è risalente, cfr. G. Di Gaspare, Appunti per un primo bilancio sull’attuazione della legge
64/86, in Rivista giuridica del Mezzogiorno, n. 2. 1989, p. 414 in cui si è evidenziato che «invece di
effettuare un incongruo e nella prassi evanescente sbarramento di ammissibilità, per cui il progetto deve
essere corredato di tutti gli assensi, i pareri, gli atti amministrativi necessari alla sua realizzazione, si
sarebbe potuto […] considerare come fase di ammissibilità, proprio la valutazione dell’impatto
economico sociale dei progetti, e cioè l’analisi costi benefici […]. Sarebbe tuttora sufficiente che il
progetto presenti tutti gli elementi necessari in termini di costi benefici […] senza per questo dover
scendere nel dettaglio di un progetto esecutivo».
49
Sul punto, v. infra, par. 5.
14
competenti, sul tipo della certificazione antimafia.50 Se alla valenza eminentemente
formale di tale onere burocratico si aggiunge il dato per cui il soggetto interno
responsabile della vigilanza è solo apparentemente in una condizione di autonomia,
dipendendo in realtà economicamente da chi gli conferisce l’incarico, si chiarisce il
rischio altamente deresponsabilizzante della metodologia in questione, in particolare
all’interno delle imprese appaltatrici ad architettura complessa costituite nella forma di
gruppo societario.
Un meccanismo del genere si rivela quindi inefficace sia in termini di prevenzione,
visto il suo scarso rilievo sostanziale, sia in chiave sanzionatoria, giacché esso consente
tendenzialmente all’impresa di escludere la presunzione di illecito in capo ai propri
vertici una volta dimostrata la regolarità delle procedure messe in atto in conformità alla
disciplina dei settori a rischio, qual è, ovviamente, anche quello degli appalti.
3.6. La responsabilità della stazione appaltante e quella dell’impresa appaltatrice
Altro aspetto critico da riconsiderare è quello della responsabilità
dell’amministrazione in caso di comportamenti illeciti nell’ambito dell’appalto. Le
riforme di fine anni novanta non hanno, infatti, intaccato l’idea che dietro l’atto
amministrativo rimangano schermati i comportamenti del funzionario responsabile della
procedura.
In questo senso, si appalesa oltremodo inadeguata la fattispecie della denuncia per
omissione di atti d’ufficio del responsabile del procedimento in base alla legge n. 241/90
tuttora vigente anche se scarsamente applicata mentre sarebbe auspicabile nei settori a
forte rilevanza economica sostituirla con un’azione per risarcimento del danno per
illecito civile verso terzi.
Nello stesso senso, andrebbero rivisti tempi e modi del processo amministrativo
specie in rapporto alla responsabilità del funzionario e al tema del risarcimento,
procedendo sulla strada appena intrapresa dal nuovo codice di giustizia
amministrativa51, ancora però parametrato alla gravità dell’annullamento piuttosto che
a quella del danno provocato ai terzi o all’erario. Andrebbe infine, anche sotto il profilo
del danno erariale, riconsiderato l’incerto confine della separazione delle responsabilità
gestionali tra politica e amministrazione, nella configurazione della cosiddetta
“esimente politica” della responsabilità amministrativa per danno erariale dei vertici
politici delle amministrazioni pubbliche ex art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 e
successive integrazioni ed estensioni.
Sulla deresponsabilizzazione mediante compliance, cfr. G. Di Gaspare, Diritto dell’economia e
dinamiche istituzionali, Padova, 2° ed., 2015, p. 386.
51
Cfr. art. 30, d.lgs. n. 104/2010.
50
15
Anche nei confronti dell’impresa appaltatrice il sistema di responsabilità dovrebbe
essere riconsiderato in modo da garantire in via preventiva la certezza della sanzione, e,
in via successiva, la rapidità dell’escussione della somma dovuta a titolo sanzionatorio.
Al riguardo, una prima questione si pone per effetto della rimodulazione di alcuni
istituti, come il soccorso istruttorio52, che lasciano ampi spazi di interpretazione in
ordine alle conseguenze previste in caso di irregolarità più o meno gravi commesse dal
concorrente nell’ambito di una procedura di gara.
Un altro ordine di problemi riguarda l’escussione da parte delle stazioni appaltanti
delle garanzie presentate dalle imprese. In proposito, Banca d’Italia ha segnalato un
fenomeno «allarmante» rappresentato dalle gravi difficoltà incontrate dalle stazioni
appaltanti, anche quelle attive nei settori ordinari, nell’escussione della garanzia prestata
da alcuni intermediari finanziari. Si tratta della copertura di rischi assunta da
intermediari non commisurata alle proprie strutture patrimoniali ed organizzative, o
anche da soggetti non autorizzati a svolgere tali attività in quanto non iscritti nell’elenco
speciale di cui al richiamato art. 106 del TUB, né assoggettati a vigilanza prudenziale
da parte di Banca d’Italia bensì sottoposti a forme di controllo più blande. Un rimedio
auspicabile a tale criticità può consistere nella previsione di un sistema assicurativo che
copra, a monte, i rischi delle imprese, e di una garanzia bancaria che tuteli, a valle, le
stazioni appaltanti53.
3.7. Trasparenza e diffusione delle banche dati
Un’altra criticità di fondo del sistema dei contratti pubblici consiste nella
mancanza di disponibilità dei nuovi sistemi tecnologici necessari per supportare i nuovi
processi, primo tra tutti la creazione della BDOE, la Banca Dati unica degli Operatori
Economici prevista dall’art. 81 del Codice. Tale banca dati avrebbe dovuto e dovrebbe
– nelle intenzioni del legislatore e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti –
superare la farraginosità del processo di comprova e controllo dei requisiti di
partecipazione alle gare tuttora svolto dall’Autorità Anticorruzione all’interno di
AVCpass. La BDOE sarà istituita, almeno nei primi elementi essenziali, nella prima
parte del 2018 ammesso che siano resi effettivamente disponibili, da parte dei soggetti
che li detengono, i dati previsti dalla nuova disciplina.
Evidentemente, la creazione di una banca dati aggiornata periodicamente, se non
quotidianamente, potrà risolvere gli annosi deficit informativi delle stazioni appaltanti
e delle stesse imprese, creando un circolo virtuoso anche in termini di legalità perché
consentirebbe sia all’amministrazione che agli operatori di conoscere e rendere
52
Art. art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50/2016.
Sul punto, cfr. l’audizione del Presidente dell’ANIEM del 17 gennaio 2015 dinanzi alla Commissione
parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, p.
8.
53
16
conoscibili fatti e circostanze rilevanti nell’ambito della gestione degli appalti54.
Restano, tuttavia, ancora incerti i tempi e, soprattutto, i sistemi tecnologici che siano in
grado di supportare il funzionamento di uno strumento così ambizioso.
In particolare, il Governo dovrà porre in essere le condizioni tecniche e giuridiche
indispensabili per il buon funzionamento di tale banca dati in modo da garantirne la
massima trasparenza, completezza e interoperabilità delle informazioni ivi contenute. In
questo senso, la banca dati dovrebbe essere unica, open access e pienamente fruibile
anche da parte degli operatori economici e non solo delle stazioni appaltanti, e la sua
gestione andrebbe affidata a un soggetto pubblico indipendente che assicuri e verifichi
interoperabilità, accessibilità e continuo aggiornamento dei dati immessi55.
4. Alcune proposte per rafforzare il contrasto alla corruzione e alla mafia
4.1. Il rafforzamento del progetto e il ruolo delle stazioni appaltanti
Il progetto esecutivo deve essere il fulcro del nuovo sistema di aggiudicazione dei
contratti pubblici. La pubblica amministrazione dovrebbe superare il principio del
project financing, mettendo sullo stesso piano i competitori ed evitando quel
meccanismo di prelazione che oggi condiziona pesantemente sia la qualità, sia la
competizione. Nel settore delle grandi opere, in particolare, occorre abbandonare la
stagione dei preliminari sostituendoli con i progetti di pre-fattibilità in modo che siano
messi a gara progetti esecutivi accettati dall’impresa in modo da ridurre il rischio di
variazioni in corso d’opera e conseguentemente contenere gli incrementi della spesa. In
questa direzione, l’affidamento dei lavori con metodo del general contractor va evitato
perché legittima una palese situazione di conflitto di interessi dell’appaltatore rispetto
alla direzione dei lavori.
4.2. Misure di contrasto alla revisione della spesa
Occorre affidarsi alla concorrenza e all’efficienza dei mercati competitivi che,
abbassando i prezzi, abbattono all’origine il formarsi di extra profitti. Le incognite su
tempi e costi dell’appalto, alimentate dagli strumenti della concessione di costruzione e
del general contractor, creano potenziali sacche speculative che andrebbero eliminate
alla radice. Andrebbero, quindi, spostati, come avviene nei contratti di appalto tra
Sull’opportunità di una banca dati aggiornata quotidianamente nel settore dei contratti pubblici, cfr.
l’audizione del Presidente dell’ANAC del 14 ottobre 2014 Commissione parlamentare di inchiesta sul
fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, p. 17, nonché l’audizione del
Presidente dell’ANIEM del 17 gennaio 2015 dinanzi alla stessa Commissione, p. 5.
55
Sul punto, v. infra, par. 4.4.
54
17
privati, i rischi degli aumenti dei costi dell’esecuzione dell’appalto dalla stazione
appaltante pubblica all’impresa appaltatrice privata attraverso regole, anche contrattuali,
chiare che eliminino sensibilmente lo spazio per riserve e varianti a carico della parte
pubblica per difetti o carenze del progetto messo a base di gara. Tali regole devono
riguardare, anzitutto, i criteri di aggiudicazione che non possono lasciare margini di
discrezionalità tali da consentire agevolmente, all’indomani dell’aggiudicazione,
variazioni al rialzo dei prezzi. Nella stessa direzione, l’impresa aggiudicataria avrebbe
il compito, e la relativa responsabilità, di indicare modalità e costi di esecuzione,
attraverso l’accettazione del progetto esecutivo, da cui non può discostarsi, in sede di
realizzazione dell’appalto salvo per circostanze impreviste e imprevedibili. Va, infine,
assicurato un trattamento rigoroso del ricorso all’avvalimento e al subappalto, istituti
che storicamente si sono dimostrati veicoli di infiltrazioni da parte della criminalità
giacché innescano più agevolmente l’accennato meccanismo di revisione dei prezzi,
favorendo, altresì, maglie più larghe nei controlli sostanziali sui lavori demandati a tali
operatori economici apparentemente marginali.56
4.3. Un coerente sistema dei controlli preventivi e successivi
Va messo a punto un sistema efficiente e coerente di controlli preventivi e
successivi sulla gara. Il ruolo di ANAC è fondamentale ma non può essere esclusivo e
onnicomprensivo. Vanno responsabilizzate le stazioni appaltanti e i funzionari preposti
all’aggiudicazione in prima persona. Occorre rafforzare la qualificazione di questi
ultimi - data la nuova centralità da riconoscersi al progetto - nonché il ruolo di vigilanza
del committente nei confronti dell’impresa. Il sistema di qualificazione non deve,
tuttavia, basarsi, quasi eminentemente su elenchi e certificati che spesso si risolvono in
una garanzia solo formale di legalità. In realtà, il rafforzamento della prevenzione sui
fenomeni criminali nel settore dei contratti pubblici necessita di una revisione delle
regole mirata ad evitare il formarsi di potenziali conflitti d’interesse nell’esecuzione
dell’appalto e a volta ad un efficace e trasparente controllo su prezzi da ottenersi
essenzialmente tramite un confronto concorrenziale aperto.
Di pari passo, vanno anche introdotte misure effettive e più certe di responsabilità.
Il rafforzamento delle centrali di committenza, volto principalmente a semplificare e
digitalizzare le procedure di gara, non deve, infine, agevolare un sistema di
neutralizzazione dei controlli e delle responsabilità. In questo ordine di idee un sistema
informativo che facilità la comparazione tra prezzi e tipologie standardizzare di contratti
G. Di Gaspare, Diritto dell’economia e dinamiche istituzionali, Padova, 2° ed., 2015, p. 401 in cui si
mette in luce che «Le sacche di rendite speculative sono l’altro versante dell’assenza di concorrenza e si
accompagnano a fenomeni di corruzione e concussione. Gli alti profitti negli appalti, aggiudicati con
metodi scarsamente concorrenziali, continuano ad attirare la criminalità economica organizzata che
partecipa ai subappalti inutilmente contrastati dai certificati antimafia».
56
18
renderebbe il mercato degli appalti pubblici più aperto, più contendibile e con prezzi di
aggiudicazione meno onerosi per la committenza pubblica.
4.4. Un Osservatorio nazionale e una banca dati trasparente, completa e
interoperabile
In questo senso occorre sfruttare a pieno le potenzialità offerte dalle nuove
tecnologie attraverso la creazione di una banca dati nazionale che tracci costantemente
non solo i profili e le attività delle imprese, come nell’istituenda banca dati, ma anche
l’attività delle stazioni appaltanti in funzione della gara, monitorando anche
l’andamento dei contratti di appalto pubblici.57
La piena interoperabilità della banca dati ridurrebbe costi e tempi della burocrazia
giacché consentirebbe alle amministrazioni di conoscere in tempo reale il track record
delle singole aziende, garantendo, al contempo, alle imprese modalità più veloci e sicure
per il rafforzamento della propria qualificazione. Elenchi e certificati richiesti a queste
ultime assumerebbero, peraltro, un rilievo sostanziale in quanto inseriti in un sistema
reputazionale complessivo e dinamico, utile sia per i controlli da parte delle stazioni
appaltanti, sia per l’effettiva auto-qualificazione dell’azienda interessata, ma anche per
la possibilità di verifica offerte alle altre imprese candidate e concorrenti nelle procedure
di gara.
La gestione dinamica di tale banca dati andrebbe affidata ad un Osservatorio
nazionale istituito ad hoc, incluso nella struttura ANAC, con il compito di assicurare e
verificare interoperabilità, accessibilità e continuo aggiornamento dei dati immessi.
A tal fine, sarebbe anche necessario introdurre un obbligo di comunicazione dei
dati ed in particolare dei contratti di appalto (di lavori forniture e servizi, misti) e loro
modifiche e revisioni, pena la nullità dei contratti stessi in modo da assicurare la piena
Una prima ipotesi dell’Osservatorio e del suo funzionamento si ritrova in G. Di Gaspare, Nuove forme
di regolazione e controllo, trasparenza nei contratti pubblici, in Rivista della Corte dei Conti, n. 2, 1992,
ora ripubblicato in www.amministrazioneincammino.luiss.it/wp-content/uploads/2014/07/Di-GaspareTrasparenza-contratti-pubblici_riv_doc.pdf. Nell’articolo, a p. 7, si evidenzia che: «In sintesi, si pensa
ad una procedura congegnata nel modo seguente. Presso l’Osservatorio dovrebbero affluire tutti gli
atti unilaterali o plurilaterali riguardanti opere pubbliche, forniture e servizi, nonché gli atti di
disposizione dei beni pubblici di un certo rilievo per tutto il settore pubblico allargato. Sarebbe
auspicabile, infatti, estendere il controllo sul buon andamento dell’attività contrattuale anche agli atti
di disposizione del patrimonio immobiliare pubblico e del demanio, come deterrente per usi impropri
o scarsamente remunerativi ed anche per monitorare, come si dice, la politica di alienazione del
patrimonio immobiliare pubblico. La trasmissione degli atti all’Osservatorio si dovrebbe basare su di
un meccanismo coattivo: registrazione obbligatoria – a tassa fissa – e successiva trasmissione a cura
delle parti, pena la nullità dell’atto e le conseguenti responsabilità dirette dei firmatari, in primo luogo
ovviamente i pubblici funzionari. Insieme agli atti relativi a contratti, appalti e concessioni, dovrebbero
essere trasmessi sia quelli presupposti (avvisi di gara, deliberazioni di alienazione, sia, successivamente
e di volta in volta, sempre a pena di nullità, quelli conseguenziali (subappalti, variazioni in corso
d’opera, successivi lotti di aggiudicazione, etc.)».
57
19
ed integrale alimentazione della banca dati. Tale trasmissione andrebbe effettuata con
utilizzo di format standardizzati facilmente fruibili in modo da consentire la
comparazione tra dati relativi alle stesse tipologie di appalti. La fruibilità
dell’Osservatorio da parte di chiunque interessato verrebbe a realizzare una forma di
controllo aperto e incrociato sugli stessi dati. Differenze e anomalie di formule
contrattuali, di costi, di tempi e di prezzi per tipologie di appalti comparabili verrebbero
evidenziate, trattando i dati con sistemi statici e quantitativi, con riferimento alle
medie formulate sui dati trasmessi rafforzandosi in questo modo una conoscenza
diffusa del settore in primo luogo tra le stazioni appaltanti ma anche da parte della
platea dei soggetti - imprese amministrazioni ma anche cittadini - interessati al buon
andamento del sistema degli appalti pubblici.58
Il funzionamento dell’Osservatorio fornirebbe al contempo all’ANAC
indicazioni utili per
l’esercizio della propria attività di vigilanza concentrando
l’attenzione verso le situazioni che palesano evidenti criticità di prezzo e/o di modalità
contrattuali.
5. Conclusioni. Una riconfigurazione funzionale del sistema degli appalti pubblici
58
Ivi, p. 8. Sul funzionamento di tale Osservatorio sembra tuttora valida la seguente formulazione: «Si
può pensare, al riguardo, ad un sistema informativo “a rete” dell’Osservatorio, con terminali presso le
conservatorie oltre che presso le sedi centrali e periferiche della Corte dei conti.
Gli atti dovrebbero essere archiviati e consultabili secondo parametri predeterminati (oggetto del
contratto, ubicazione, nome delle parti, tipo di fornitura od opera, tempi di esecuzione previsti, importi,
etc.), in modo comunque da averne integrale contezza.
Il diritto d’accesso dovrebbe essere garantito in modo assoluto a chiunque, intendendo per “chiunque”
ogni cittadino o impresa che avrebbe diritto alle informazioni immesse nella banca dati del sistema
informativo, in modo da assicurare la piena trasparenza dell’Osservatorio, tutelando altresì lo stesso
contro eventuali interferenze (quis custodiet custodes?).
È questo dell’accesso, comunque, un primo e forte contrappeso, ci sembra, per bilanciare la
concentrazione di funzioni dell’Osservatorio. Per alcune categorie di appalti a rischio, le società
anonime verrebbero assoggettate all’obbligo di comunicazione di un prospetto informativo sull’assetto
proprietario e su eventuali collegamenti (tipo quello previsto per la quotazione in borsa): entrato a
regime l’Osservatorio, quest’obbligo di redazione del prospetto potrebbe essere progressivamente
ridotto per ambito di estensione e reso più mirato nelle informazioni.
Questa basilare funzione di raccolta e di catalogazione degli atti, oltre che strumentale all’esercizio del
diritto di accesso, è fondamentale per l’attività di regolazione e controllo.
In altri termini, a partire dalla documentazione archiviata l’Osservatorio dovrebbe elaborare i dati
raccolti ai fine di formulare medie e parametri di valutazione degli oneri contrattuali, sulla base anche
di raffronti con il settore privato e con quello pubblico europeo.
Una funzione ispettiva, organizzativamente autonoma all’interno dell’Osservatorio, dovrebbe poi
verificare, a campione e a sondaggio, i casi di scostamento rispetto alle medie e ai parametri di costo
elaborati.
Questa specie di ispettorato, comunque, dovrebbe avere poteri di indagine di polizia giudiziaria.
L’avvio del procedimento a campione, un meccanismo automatico dunque, andrebbe mirato attraverso
meccanismi di concentrazione del campione su fasce a rischio individuate sulla base di parametri
statisticamente predeterminati. Il ricorso agli automatismi avrebbe il pregio di azzerare tendenzialmente
ogni valutazione discrezionale nella fase di apertura del procedimento ispettivo. Un correlato obbligo
di comunicazione dei risultati alla magistratura, anche in caso di proposta di archiviazione, ridurrebbe
inoltre la discrezionalità nella fase di chiusura dell’indagine».
20
I contratti pubblici per opere, forniture e servizi rappresentano annualmente più
del 15% del PIL italiano59. A tali percentuali, vanno ragguagliati i costi diretti della
corruzione, stimati nel 2009 dalla Corte dei Conti in 60 miliardi di euro l’anno (pari a
circa il 4% del PIL). Nel solo caso delle grandi opere pubbliche, la corruzione (comprese
le perdite indirette) è stimata a ben il 40% del valore totale dell’appalto60.
Grandi opere di costruzione come quelle per la ricostruzione a l’Aquila dopo il
terremoto del 2009, per l’Expo Milano 2015 o per la futura linea ferroviaria ad alta
velocità Torino-Lione sono state quelle maggiormente esposte al rischio di distrazione
di fondi pubblici e infiltrazioni criminali. L’alta velocità, in particolare, è tra le opere
infrastrutturali più costose e criticate per gli elevati costi unitari rispetto a opere simili.
Al riguardo, essa è costata 47,3 milioni di euro al chilometro nel tratto Roma-Napoli,
74 milioni di euro tra Torino e Novara, 79,5 milioni di euro tra Novara e Milano e 96,4
milioni di euro tra Bologna e Firenze, contro gli appena 10,2 milioni di euro al
chilometro della Parigi-Lione, i 9,8 milioni di euro della Madrid-Siviglia e i 9,3 milioni
di euro della Tokyo Osaka. Queste differenze di costo possono rivelarsi una spia, da
verificare alla luce di altri indicatori, di un malaffare derivante da una carente gestione
o da irregolarità delle gare per gli appalti pubblici61.
In sostanza, in Italia, specie nel settore delle infrastrutture, il rischio di corruzione
e di infiltrazioni criminali negli appalti rimane particolarmente elevato soprattutto a
causa dei cospicui extraprofitti che si generano nella fase successiva all’aggiudicazione,
in sede di controlli della qualità o di completamento dei contratti. In contesti normativi
e amministrativi complessi, in presenza di complicazioni procedurali e di bandi di gara
molto articolati e al contempo lacunosi, solo pochi sperimentati e assuefatti prestatori
sono in grado di fornire le opere, le forniture e i servizi richiesti mantenendo un dialogo
constante con le stazioni appaltanti e gli organismi di controllo.
Per contrastare questa tendenza alla realizzazione degli extraprofitti che
costituisce il bacino colturale e culturale in cui allignano potenzialmente corruzione e
criminalità organizzata, il sistema degli appalti dovrebbe riposizionarsi con più
decisione su due cardini essenziali ed interconnessi: lo spostamento consapevole dei
rischi di esecuzione del contratto in capo all’appaltatore, alla stregua del contratto
59
Cfr. Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla lotta alla corruzione,
allegato sull’Italia, 3 febbraio 2014.
60
Cfr. Corte dei conti, Giudizio sul rendiconto generale dello Stato 2011. Memoria del Procuratore
generale, udienza del 28 giugno 2012. La tendenza era peraltro evidente da tempo cfr. G. Di Gaspare,
Diritto dell’economia e dinamiche istituzionali, Padova, 1° ed., 2003.
61
La stretta correlazione tra corruzione e opere strategiche è evidenziata all’interno delle Relazioni redatte
dal Procuratore generale della Corte dei Conti negli anni 2015, 2016 e 2017 che rilevano la presenza di
fenomeni corruttivi in importanti interventi strutturali - EXPO, MOSE, Mondiali di nuoto, G8 - o ambiti
di amministrazione locale.
21
privato di appalto regolato nel codice civile 62; e la piena ed effettiva apertura del settore
alla concorrenza.
Nel primo senso, è fondamentale la responsabilizzazione dell’impresa in sede di
progettazione esecutiva: abbattere l’eventuale successivo extraprofitto, trasformandolo
nel caso in un costo aggiuntivo a carico dell’appaltatore responsabile della fase esecutiva
del progetto, riduce evidentemente, indebiti margini lucrativi disincentivando
l’attrattività degli appalti per la criminalità organizzata. In particolare nella realizzazione
delle grandi opere, l’abbattimento a monte del rischio di extraprofitti può essere
garantito dall’introduzione di una fase di “pre-design” attraverso lo strumento dello
“studio di pre-fattibilità”. Nei progetti europei e internazionali, il ciclo di vita del
progetto inizia proprio con uno studio di pre-fattibilità, affidato con procedure
concorsuali a consulenti di grande esperienza. Esso consente di individuare la domanda
da soddisfare e le caratteristiche del contesto territoriale, le strategie progettuali e le
alternative esistenti, gli elementi principali di sostenibilità finanziaria, economica ed
istituzionale-amministrativa, i principali stakeholders coinvolti, nonché di decidere se il
progetto è meritevole di ulteriore approfondimento attraverso studi e progettazioni. In
questo modo, il committente ha tutte le informazioni utili per valutare la soluzione
preliminarmente prescelta ed impostare le successive fasi del progetto63.
A valle, risulta essenziale, ai fini del controllo del formarsi di indebiti extraprofitti
e della piena assunzione del rischio da parte dell’appaltatore, un sistema di nomina degli
organi di collaudo atto ad evitare qualsiasi potenziale conflitto di interessi64.
Rispetto all’innalzamento del livello di concorrenza nel settore, assumono un
ruolo centrale il controllo e la trasparenza dei prezzi. In tal senso, l’analisi di prefattibilità e la chiarezza del progetto esecutivo riducendo i margini di discrezionalità
nell’esecuzione dell’opera permettono un’effettiva concorrenza sul prezzo dell’appalto.
In altri termini, creare le condizioni per un mercato aperto sui costi di esecuzione,
favorendo il metodo del prezzo più basso, può consentire di abbattere gli extraprofitti e
specularmente arrivare ad elevate riduzioni sui costi della prestazione appaltata con
evidente sollievo anche per la finanza pubblica.
Ulteriori benefici in termini di riduzione dei costi e di contrasto alla rarefazione
della concorrenza nel mercato degli appalti possono derivare dalla scelta di
dimensionare, per quanto possibile, le prestazioni oggetto dell’appalto favorendo la
partecipazione diretta alla gara di piccole e medie imprese, evitando in questa
62
Ex art. 1655 del Codice civile, per la opzione «a favore di una struttura contrattuale di diritto privato
nella quale in definitiva il rischio dell’inadempimento graverebbe sull’appaltatore piuttosto che sullo
Stato» (in G. Di Gaspare, Nuove forme di regolazione e controllo, trasparenza nei contratti pubblici, in
Amministrazione in Cammino, 19 maggio 2014, p. 9).
63
Sulla necessità di un’analisi sull’utilità del progetto, cfr. intervento dell’On. Andrea Vecchio durante
la seduta del 4 febbraio 2016 della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e
sulle altre associazioni criminali, anche straniere, p. 16.
64
Cfr. l’art. 102, d.lgs. n. 50/2016, che circoscrive la possibilità di nominare quali collaudatori soggetti
esterni alla stazione appaltante alla sola ipotesi di accertata carenza, nell’organico della stazione
appaltante ovvero di altre amministrazioni pubbliche, di personale qualificato allo scopo.
22
prospettiva e a maggior ragione, il ricorso agli appalti misti. Gli accorpamenti misti
dovrebbero essere limitati solo in presenza di precise economie di scala. Un appunto
critico in questo senso va fatto al ricorso a centrali uniche di committenza per
l’aggiudicazione di appalti su scala nazionale. Tale sistema non ha prodotto sin qui i
risparmi di spesa auspicati ed ha, invece, sacrificato il livello di concorrenza in molti
settori favorendo, anziché economie di scala, effetti distorsivi tali da generare situazioni
oligopolistiche e comportamenti anticoncorrenziali. Mettere a gara le specifiche
prestazioni per singoli appalti, in presenza di prezzi trasparenti e monitorati
dall’Osservatorio, contribuirebbe a creare un mercato aperto e concorrenziale,
riducendo avvalimenti e subappalti e allontanando al contempo corruzione e le correlate
aspettative di lucro della criminalità organizzata65.
Benché il nuovo Codice degli appalti abbia introdotto una serie di accorgimenti
che vanno nel senso di mutare le misure di contrasto alla corruzione alla criminalità
organizzata - come le citate disposizioni sulla separazione tra progettazione ed
esecuzione dell’opera, sulla standardizzazione e informatizzazione delle procedure di
gara, sulla nomina dell’organo di collaudo – la bonifica del settore non può considerarsi
ancora conchiusa.
Si è insistito ancora troppo su requisiti e certificazioni che, seppur utili per
accrescere la qualificazione di imprese e stazioni appaltanti, non contribuiscono di per
sé ad accrescere l’apertura del sistema in termini di accessibilità ai dati e alla
concorrenza.66
Le stesse interdittive antimafia risultano sì funzionali a tamponare situazioni di
malaffare emergenti in corso d’opera, ma non suppliscono all’esigenza di un’indagine
preliminare più approfondita sulle distorsioni e opacità nella cangiante governance di
aziende incluse in gruppi a natura finanziaria, piuttosto che industriale, che operano con
le carte apparentemente in regola ma a volte con capitali in rientro con passaggi offshore
non sempre tracciabili e spesso imputabili a soggetti coperti dall’anonimato. Queste
entità finanziarie operano con compiti, nella sostanza, di intermediazione nell’appalto e
con conseguente ricorso a forme di subappalto manifestando carenze organizzative e
gestionali presenza o supplenze della criminalità organizzata che possono prendere
forma solo nella fase esecutiva dell’appalto. In questa prospettiva, il ricorso ai
commissariamenti delle imprese oggetto di indagine per infiltrazioni criminali si
appalesa essere più una modalità compromissoria e anomala di amministrazione
65
Aspettative consolidatesi, cfr. G. Di Gaspare, Amministrazione e promozione economico-sociale del
Mezzogiorno, in Rivista giuridica del Mezzogiorno, n. 4, 1996, p.1000: «un sistema quindi
strutturalmente in squilibrio che per mantenersi distrugge le risorse ambientali…che si alimenta
prevalentemente attraverso risorse trasferite, anche con il ricorso alla criminalità organizzata».
66
Anzi, possono piuttosto costituire un ostacolo all’accesso al mercato. Si v. G. Di Gaspare, Diritto
dell’economia e dinamiche istituzionali, Padova, 2° ed., 2015, p. 345 in cui si evidenzia anche «
la certificazione è richiesta per la partecipazione a bandi di gara e appalti pubblici che, qualora
prevedano che le imprese certificate abbiano già una presenza attiva nel settore, possono costituire una
barriera di fatto all’accesso per nuovi concorrenti, come nel caso degli appalti per le certificazioni SOA
(art. 42 codice degli appalti 2006)”.
23
controllata a salvaguardia di interessi di lavoratori e di terzi nonché della realizzazione
dell’opera. Un rimedio sintomatico di riduzione dei danni ex post, più che una misura
di prevenzione e di contrasto alle infiltrazioni criminali negli appalti.
La circolarità del sistema andrebbe inoltre portata a regime tramite la obbligatorietà di
garanzie assicurative e bancarie poste a carico delle imprese appaltatrici e tali da
consentire l’immediata escussione delle somme in caso di inadempienti da parte della
stazione appaltante. Tale obbligatorietà avrebbe il pregio di innescare
conseguentemente il controllo, sulla correttezza della progettazione al fine del buon
esito dell’opera, anche da parte del soggetto finanziario richiesto di rilasciare le
coperture assicurative o bancarie ad hoc. Quest’ultimo infatti assumendosi l’onere
della copertura del rischio dell’ appalto, sarebbe indotto necessariamente a verificarne
la fattibilità sotto il profilo oggettivo e soggettivo e quindi ad aumentare, nel caso, il
premio richiesto per la copertura assicurativa - se non ad escluderla - in carenza di
adeguate garanzie reputazionali e/o patrimoniali dell’impresa e in ragione dell’effettiva
realizzabilità dell’appalto per la cui esecuzione è richiesta la specifica prestazione
assicurativa 67. La necessità di copertura assicurativa finirebbe in questo modo per
promuovere in modo sistemico la bonifica del mercato degli appalti mettendo ai margini
imprese senza adeguate competenze e patrimonio e fuori dal quadro della cantierabilità
improbabili progetti infrastrutturali con costi - ed esiti - non chiaramente preventivabili.
67
Si rinvia ancora a G. Di Gaspare, Nuove forme di regolazione e controllo, trasparenza nei contratti
pubblici, in Amministrazione in Cammino,19 maggio 2014, p. 2 in cui si evidenzia che «Lo spostamento
del rischio a carico dell’appaltatore induce effetti virtuosi [...] l’obbligo dell’appaltatore di assicurarsi
per i danni conseguenti alla sua responsabilità contrattuale fidejussione bancaria o assicurativa […]Le
compagnie di assicurazione a loro volta per non trovarsi esposte […] dovrebbero svolgere un’attività di
due diligence sui progetti e contratti […] finirebbero per garantire solo imprese affidabili e per opere
con progetti realmente fattibili sulla base dei costi programmati […]».
24