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Il presente volume ha per scopo l’analisi critica del funzionamento della Quadriennale di Roma, mostra d’arte e istituzione, dalle sue origini fino al 2013. L’intenzione era ammettere una riflessione sulle influenze politiche sull’ente, come radici del fallimento ripetuto dei tentativi d’elaborarne una forma degna e stabile – anche riconoscendo che ultimamente alcuni saggi d’un lavoro che cerchi di migliorare la manifestazione e di renderla più autonoma ci sono effettivamente stati. Nella ricerca si indaga il funzionamento degli organi amministrativi dell’istituzione, il lavoro dei curatori che hanno partecipato alle varie edizioni della Quadriennale, mettendo a fuoco il periodo che va dagli anni Ottanta fino agli anni Dieci. Essa contiene le analisi delle singole mostre, viste nel contesto dell’arte italiana ed internazionale e le testimonianze della stampa generale, e di quella specializzata. La Quadriennale di Roma potrebbe servire come una metafora dello stato dell’arte contemporanea in Italia; con i suoi intrecci con la politica, con la mescolanza degli strati nobili e meno nobili del sistema dell’arte, il confronto di vari interessi e infine con il fortissimo legame col passato che si risolve in un freno ad ogni reale rinnovamento. Il percorso di Lýdia Pribišová nel rimettere in moto la storia della Quadriennale è interessante perché dopo un’accurata ricostruzione storica dedica l’ultima parte al tentativo di offrire soluzioni e prospettive. Lo fa in un modo non scontato, per esempio mettendo la Quadriennale a confronto con un’altra istituzione nazionale che aveva gli stessi obiettivi della nostra, l’americana Whitney Biennial. L’autrice dedica un capitolo approfondito alla Biennale d’oltreoceano, facendo intuire, nemmeno in modo velato, che cosa sarebbe potuta diventare quella romana se non fosse sempre stata rallentata e appesantita dalle difficoltà che affliggono la cultura italiana. ( dall’introduzione di Chiara Bertola )
Articolo su un quadro anonimo d'arte medianica pubblicato nella rivista scientifica "Outsider Art di Palermo", edizione del 2016, scritto da Francesca Neglia con la collaborazione di Eva di Stefano, direttrice della rivista.
Rivista dell'Associazione Italiani Rimpatriati dalla Libia Onlus n. 2.2017
Master Thesis, 2018
Arte e commercio. Due mondi solo apparentemente diversi che si sfiorano e si sovrappongono ininterrottamente, continuando ad espandersi e invadendo ogni ambito della vita quotidiana. Il fil rouge che li connette è la ricerca di esperienze, sensazioni e stimoli. Dal lusso dell’oggetto si è passati al lusso dell’estetica, ma nel senso etimologico del termine: aisthesis intesa come sensazione. Ed è proprio l’estetica a guidare le tendenze della shopping experience odierna e delle installazioni artistiche, che puntano a coinvolgere i visitatori offrendo non solo oggetti e artefatti tangibili, ma emozioni e ricordi. La mia tesi è rivolta a definire i processi che hanno portato all’estetizzazione dell’arte e all’espansione del concetto di shopping per analizzare la conseguente nascita dello stretto rapporto fra di essi. Lo spazio del commercio si è legato a quello dell’esperienza artistica e ai luoghi dell’arte per eccellenza, dove prodotti commerciali vengono esposti come opere d’arte; e dove, viceversa, il museo è diventato negozio - e più in generale brand - con un semplice gift-shop o una rete di franchising. La profezia delle avanguardie di un’esteticità diffusa, cioè il passaggio definitivo dell’arte nell’estetica e la sua integrazione nella vita quotidiana, sembra ormai essere realtà. Ogni cosa prodotta viene utilizzata, sfruttata, sacralizzata nell’arte e non solo in musei o gallerie, ma ovunque, nelle strade, sui muri, nella banalità degli oggetti più comuni, proliferando all’infinito. Parallelamente, lo shopping non soltanto si è espanso, ma è riuscito a tramutarsi in un dispositivo generatore di esperienze. Acquistare una caffettiera di Alessi o una lampada di Castiglioni può far sentire chiunque un conoscitore di design, comprare una copia dei Girasoli di Van Gogh alla fine di una mostra dà l’illusione di avere in casa propria un capolavoro. Il mio progetto parte dalla constatazione che i meccanismi di acquisto e vendita hanno contribuito alla caratterizzazione dello spazio urbano, dando una forte impronta alle città. Analogamente, l’arte sta sempre di più ampliando il suo pubblico e i suoi metodi, anch’essa trasformando la cultura visiva della società. La mia visione consiste nel realizzare un esperimento che ponga il pubblico a riflettere in modo critico sul legame tra commercio e arte, spesso ignorato e banalizzato. Così come in una giornata di shopping una persona passeggia per le vie della città, nella mostra “La strada di chi compra e di chi osserva” è possibile passeggiare in un centro urbano verosimile, dove però i meccanismi d’acquisto vengono stravolti e mescolati con esperienze artistiche.
“Riga”, 39, 2019
F.A. Clerici, S. Di Alessandro, R. Maletta (a cura di), L'utopia alla prova dell'umorismo. Per una prassi e una poetica del discorso universitario, Mimesis, Milano, 2018
In corso d'opera 2. Ricerche dei dottorandi in storia dell'arte della Sapienza, a cura di Claudia Di Bello, Riccardo Gandolfi, Monica Latella, 2018
ASE Annuali di Storia dell'Esegesi, 2018
'Strumenti Critici', XXIX, 2014, 3, pp. 527-542
Tesi di Laurea Magistrale Filologia Moderna, Scienze della Letteratura, del Teatro e del Cinema (curriculum: Scritture per la scena e per lo schermo), relatrice: Federica Villa, correlatore: Paolo Jachia. Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Pavia, A. A. 2018-2019, 2019
Teatranti. Attori, autori, registi nel '900, 2013
La Rinascita degli Artist Run Spaces in Italia, 2012
Teatri del reale nella realtà del teatro: il reality trend in Italia, 2015
Annuario dell'Accademia di San Luca, 2018
Il proto cinema di Silvio Soldini negli anni Ottanta, 2005