Arti Applicate

Alcuni pregevoli esemplari decorati a intaglio piatto scandiscono il percorso evolutivo di questo tipo di decoro del legno, dai prodromi a sola incisione d’inizio XV secolo fino alle ultime espressioni di metà Cinquecento.
La ricorrenza dantesca ha suggerito di scegliere per la mostra esemplari in cui le figure isolate e le historiæ presenti - tratte dal repertorio classico o biblico - fossero fra quelle riprese da Dante nella Commedia: Piramo e Tisbe, Didone ed Enea, Salomone… Vere ‘pagine di legno’ che ancora, dopo secoli, riescono con forza a trasmettere il loro messaggio.
Gli esemplari esposti, per la maggior parte inediti, appartengono a collezioni private e quindi ordinariamente non visibili: un’occasione per poterli apprezzare e, soprattutto, per poter riscoprire questa tradizione decorativa scomparsa da cinque secoli.

Per intaglio piatto su fondo ribassato si intende una particolare tecnica di decorazione del legno che prevede l’asporto di materiale in modo tale da articolare la superficie su soli due piani, lasciando in emergenza soltanto le figuræ  che l’artigiano voleva rappresentare, poi rifinite abulino, a punzone e, più tardi, con tratti d’inchiostro stesi a penna; le depressioni venivano alla fine riempite con paste cerose colorate, solitamente verdi o rosse.
Tale tecnica fu in voga in particolare in Friuli, Veneto, Trentino, Tirolo, con espansioni in Slovenia e, più tardi, in altri paesi dell’Est Europa, dagli inizî del XV secolo (con le prime espressioni a incisione e cere) fino alla seconda metà del XVI (con manufatti per la maggior parte realizzati unicamente a punzonature e rifiniture a inchiostro, quindi su quota unica e senza l’inserimento delle cere). Nei decennî centrali del Quattrocento, questa tecnica visse la sua stagione migliore, venendo impiegata in diverse tipologie d’arredi, con figurazioni anche complesse, a volte intere historiæ.
La superficie intagliata e disegnata, stagliandosi sulle vivaci campiture cromatiche, offriva uno straordinario impatto visivo, riprendendo modelli precedenti. In questo modo, gli artigiani riuscirono a riproporre nel legno la prassi esecutiva della scultura lapidea altomedievale unita alla raffinata cromia degli smalti limosini à champlevé, giacché le figuræ – lasciate nel colore naturale del legno – bene si stagliavano sulla campitura dovuta alle cere. Nel primo periodo, le iconografie sono spesso desunte dalla più antica produzione tessile orientale diffusa attraverso Venezia. Successivamente, invece, si distribuiscono decorazioni e historiæ assai complesse. Nelle ultime realizzazioni - con il nascente interesse per il disegno e con una tecnica grafica raffinatissima - l’intaglio vero e proprio cede il posto a una semplice punzonatura, con una sempre più massiccia realizzazione dei particolari solo a penna, spesso tracciati con tale maestria da poter venire assimilati ai corrispondenti disegni su carta o pergamena. Quindi, se da un lato ci fu una semplificazione di natura ‘meccanica’, a questa corrispose una notevole crescita dal punto di vista grafico.
Negli ultimi anni, l’intaglio piatto è stato oggetto di un progetto di ricerca del Dipartimento di studi umanistici e del patrimonio culturale (DIUM) dell’Università di Udine, che ha consentito la determinazione dei materiali e delle tecniche, la successione cronologica delle diverse prassi esecutive, l’identificazione dei motivi iconografici e il reperimento di numerosi esemplari inediti in Europa, Stati Uniti e Russia.

Con la mostra «Sia la chasa spechio del spirito»: abitare in Friuli nel Quattrocento, viene proposto un ‘viaggio’ nella dimora friulana lungo tutto il corso del XV secolo, mostrandone le differenti tipologie edilizie, gli arredi, le suppellettili, gli oggetti d’arte.
Per il Friuli, il Quattrocento fu un’epoca di grandi cambiamenti e momento di passaggio dallo stato patriarcale d’impronta feudale alla nuova dominazione vivacemente imprenditoriale e cosmopolita di Venezia. L’arrivo dalla Dominante di famiglie e maestranze influì anche sull’assetto edilizio, con l’introduzione di tipologie assolutamente nuove.
Ed è proprio in quest’epoca che le sempre più numerose acquisizioni tecnologiche (per esempio le canne fumarie, la chiusura delle finestre con ‘impannate’) riuscivano a soddisfare le altrettanto crescenti esigenze residenziali, iniziando un cammino anticipatore dell’abitazione moderna.
Nella mostra vengono resi noti i risultati di alcuni progetti di ricerca condotti presso il Dipartimento di studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine. È organizzata in collaborazione con l’Associazione Toscani in Friuli Venezia Giulia, con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia e con la partecipazione di numerosi partner anche internazionali; fra questi l’Association internationale de recherche sur les charpentes et plafonds peints médiévaux (RCPPM), il Groupe d'anthropologie historique du long Moyen Âge (AHLOMA) dell’École des hautes études en sciences sociales (EHSS), il Centro internazionale di studio sulle arti applicata (CISAA), la Fondazione Stibbert, il Consorzio per la salvaguardia dei castelli storici del Friuli Venezia Giulia.
Il progetto scientifico ha potuto avere un taglio interdisciplinare, maturato dal frequente confronto fra studiosi di discipline e di formazione diverse, consentendo di strutturare il percorso espositivo con un linguaggio nuovo così da fornire una lettura assolutamente aggiornata sugli studî più recenti.
Alla mostra, curata da Maurizio d’Arcano Grattoni e Francesco Fratta de Tomas, entrambi afferenti al Dipartimento di studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine, hanno collaborato Paolo Casadio, Sonia Daneluzzi, Lorenzo Favia, Alessandro Groppo Conte, Erica Martin, Elisa Pallavicini, Laura Pani, Maria Sguazzin, Paolo Zerbinatti, Tommaso Vidal, autori, assieme ai curatori, di 21 saggi che costituiranno un volume specifico sull’argomento la cui uscita è prevista nel prossimo autunno.
La mostra, arricchita anche da ricostruzioni di ambienti, esporrà documenti e iconografie, ma soprattutto – in originale e per la maggior parte esposti per la prima volta – arredi (cassoni, arche…), tessili (tovaglie, ‘agopitture’…), suppellettili (bruciaprofumi, vasellami da parata…), oggetti d’uso (lucerne, candelieri….). Questo per far capire come si presentavano gli interni della dimora in quel tempo e ‘accompagnare’ il visitatore lungo un percorso che lo possa ‘immergere’ nella vita quotidiana del Friuli quattrocentesco.
Inoltre, si faranno conoscere alcune attività artigianali caratteristiche del Friuli ma dimenticate da secoli (per esempio l’intaglio piatto del legno oppure i tessili ‘a capi blavi’) il cui recupero potrebbe essere possibile soprattutto grazie al dialogo iniziato fra l’istituzione accademica (alcuni docenti dell’Università di Udine) e alcune professionalità artigiane locali nello specifico connesse al settore arredo e di produzione artistica e artigiana, il che ha consentito la collaborazione fattiva e la realizzazione materiale – per ora in via sperimentale – di manufatti non costruiti almeno da cinquecento anni e presentati in mostra a confronto con gli originali.

Con la mostra «Sia la chasa spechio del spirito»: abitare in Friuli nel Quattrocento, viene proposto un ‘viaggio’ nella dimora friulana lungo tutto il corso del XV secolo, mostrandone le differenti tipologie edilizie, gli arredi, le suppellettili, gli oggetti d’arte.
Per il Friuli, il Quattrocento fu un’epoca di grandi cambiamenti e momento di passaggio dallo stato patriarcale d’impronta feudale alla nuova dominazione vivacemente imprenditoriale e cosmopolita di Venezia. L’arrivo dalla Dominante di famiglie e maestranze influì anche sull’assetto edilizio, con l’introduzione di tipologie assolutamente nuove.
Ed è proprio in quest’epoca che le sempre più numerose acquisizioni tecnologiche (per esempio le canne fumarie, la chiusura delle finestre con ‘impannate’) riuscivano a soddisfare le altrettanto crescenti esigenze residenziali, iniziando un cammino anticipatore dell’abitazione moderna.
Nella mostra vengono resi noti i risultati di alcuni progetti di ricerca condotti presso il Dipartimento di studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine. È organizzata in collaborazione con l’Associazione Toscani in Friuli Venezia Giulia, con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia e con la partecipazione di numerosi partner anche internazionali; fra questi l’Association internationale de recherche sur les charpentes et plafonds peints médiévaux (RCPPM), il Groupe d'anthropologie historique du long Moyen Âge (AHLOMA) dell’École des hautes études en sciences sociales (EHSS), il Centro internazionale di studio sulle arti applicata (CISAA), la Fondazione Stibbert, il Consorzio per la salvaguardia dei castelli storici del Friuli Venezia Giulia.
Il progetto scientifico ha potuto avere un taglio interdisciplinare, maturato dal frequente confronto fra studiosi di discipline e di formazione diverse, consentendo di strutturare il percorso espositivo con un linguaggio nuovo così da fornire una lettura assolutamente aggiornata sugli studî più recenti.
Alla mostra, curata da Maurizio d’Arcano Grattoni e Francesco Fratta de Tomas, entrambi afferenti al Dipartimento di studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine, hanno collaborato Paolo Casadio, Sonia Daneluzzi, Lorenzo Favia, Alessandro Groppo Conte, Erica Martin, Elisa Pallavicini, Laura Pani, Maria Sguazzin, Paolo Zerbinatti, Tommaso Vidal, autori, assieme ai curatori, di 21 saggi che costituiranno un volume specifico sull’argomento la cui uscita è prevista nel prossimo autunno.
La mostra, arricchita anche da ricostruzioni di ambienti, esporrà documenti e iconografie, ma soprattutto – in originale e per la maggior parte esposti per la prima volta – arredi (cassoni, arche…), tessili (tovaglie, ‘agopitture’…), suppellettili (bruciaprofumi, vasellami da parata…), oggetti d’uso (lucerne, candelieri….). Questo per far capire come si presentavano gli interni della dimora in quel tempo e ‘accompagnare’ il visitatore lungo un percorso che lo possa ‘immergere’ nella vita quotidiana del Friuli quattrocentesco.
Inoltre, si faranno conoscere alcune attività artigianali caratteristiche del Friuli ma dimenticate da secoli (per esempio l’intaglio piatto del legno oppure i tessili ‘a capi blavi’) il cui recupero potrebbe essere possibile soprattutto grazie al dialogo iniziato fra l’istituzione accademica (alcuni docenti dell’Università di Udine) e alcune professionalità artigiane locali nello specifico connesse al settore arredo e di produzione artistica e artigiana, il che ha consentito la collaborazione fattiva e la realizzazione materiale – per ora in via sperimentale – di manufatti non costruiti almeno da cinquecento anni e presentati in mostra a confronto con gli originali.