Late Antique Latin Poetry

Die Psychomachia des Prudentius stellt das erste vollkommen allegorische Epos des Abendlandes dar. Es ist insbesondere in der Kunst und Literatur des Mittelalters vielfältig rezipiert worden. Magnus Frisch legt nun erstmals einen Gesamtkommentar zu diesem Werk aus der Spätantike vor, der lange ein Desiderat der Forschung war. Er berücksichtigt die Erkenntnisse der philologischen, theologischen und mediävistischen Forschung der letzten Jahrzehnte.

https://www.degruyter.com/view/title/543630

Inés Warburg. – De Lerina insula: Manuscript
tradition, texts and edition (p. 143-153)
The poem De Lerina insula, attributed to
Dinamius of Marseille († 595 c.), celebrates
in elegiac couplets the Christian foundation of
Saint Honoratus, through a series of traditional
topics about the “holiness” of the island and its
inhabitants. The collection of Roman inscriptions known as Sylloge Turonensis is included
in two manuscripts of Isidore of Seville (ms.
Klosterneuburg 723 of the 12th century and
ms. Göttweig 64 (78) of the 13th century; the
poem—not epigraphic nor Roman—is preserved
in the appendix to this sylloge). This work offers
a critical edition of the poem based on both
witnesses, since the two editions of the 19th
century are alternatively based on copies of
one of the two manuscripts: the first edition of
1888, on a copy of Klosterneuburg 723, and the
second edition of 1897, on a copy of Göttweig
64. The witnesses are derived from a common
predecessor, but both texts are independent
and complementary.

Il presente volume offre uno dei possibili itinerari di riscoperta della figura di Didone - dalle riscritture tardoantiche degli autori latini di area africana (Apuleio, Draconzio, gli autori della "Anthologia Latina") ad una curiosa declinazione del mito nel secolo XVII (il "Lamento di Didone" del poeta umbro Francesco Melosio) e ad alcune considerazioni intorno al coevo commento virgiliano del gesuita Juan Luis De la Cerda. I criteri su cui si impianta questo studio - e la selezione a monte delle 'riscritture' - sono di natura essenzialmente estetica: in tal senso, il termine 'barocco' viene inteso non tanto nell’accezione vulgata di precisa demarcazione storico cronologica, quanto piuttosto nel valore tipologico di categoria stilistica ed estetica, paradigmatica e fuori dal tempo.
Coerentemente con una delle probabili etimologie del termine - che rinvia al portoghese aljofre barroco (‘perla irregolare’) - ‘barocco’ è ritenuto, infatti, tutto ciò che appa-re lambiccato e concettoso, giocato sul ricorso alla metafora e al paradosso. Di "barocco letterario" si è parlato per certa produzione degli autori latini (dal Seneca tragico ai toni drammatici di Lucano e all'orrido di Stazio), soprattutto tardoantichi: anche alcune sezioni della produzione epigrammatica o enigmistica di "Anthologia Latina", per il fatto di essere poesia breve e generalmente male contestualizzata - e quindi, spesso, oscura -, hanno ricevuto infatti la medesima definizione.
Riscritture ‘barocche’ di Didone saranno quindi le molteplici declinazioni del personaggio all'interno della produzione letteraria del Tardoantico e, in un secondo momento, dell’epoca propriamente barocca (nell’uso storico convenzionalmente attribuito al termine).

The eleven books of poetry by Venantius Fortunatus include well-loved hymns, figure poems, epigrams on miracles, and elegies in the voices of abandoned or exiled women. The sixth-century poet began his career in northern Italy before moving to Gaul, where he wrote for the remainder of his life—praising kings and elites of the Merovingian dynasty and describing the natural scenery and society of his adopted homeland during the transition from late antiquity to the early Middle Ages. In his lively and inventive style, Fortunatus also addressed verses to religious figures such as his patron Gregory of Tours and to holy women such as Radegund, founder of the Convent of the Holy Cross in Poitiers, and Agnes, the Convent’s first abbess.

Fortunatus’s imaginative metaphors and wry, self-mocking humor ensure his place in the canon of Christian Latin poets. This volume presents for the first time in English translation all of his poetry, apart from a single long saint’s life in verse.

La Literatura Latina Antigua, nacida en el siglo III a. C., tuvo un rápido desarrollo a partir de una imitación consciente de los modelos griegos. Tras esos primeros pasos, gracias a ese hábil proceso de imitación y emulación, se forjó una vigorosa literatura, cuyo devenir estuvo influido necesariamente por los cambios sociales y políticos experimentados por Roma y su Imperio. En este tema se realiza un sucinto recorrido por los principales periodos en que podemos dividir esa rica literatura, desde sus remotos orígenes hasta alcanzar el siglo V d. C.

This is a lightly edited and footnoted version of a talk given at Brown University at the conference 'Renewing the Classics: Latin Poetry of Late Antiquity' (10/11/11). It examines the imitation and reinvention of late antique Latin literature in the work of the American poets Thomas Parkinson and Kenneth Rexroth and the Australian poet Peter Porter. It won't be published in any other form, so I put it here for the curious.

La monografia prevede l’edizione critica, la traduzione italiana ed il commento di Drac. Romul. 8. Si tratta di un epillio mitologico di 655 esametri, avente per soggetto il ratto di Elena e redatto da Blossio Emilio Draconzio, insegnante, avvocato e poeta africano di lingua latina vissuto tra V e VI secolo. La prima parte del lavoro si intitola Conspectus siglorum et principia editoris: in essa, redatta come da tradizione in latino, si trovano l’elenco dei codici manoscritti considerati, le precedenti edizioni prese in esame ed i contributi filologici finora pubblicati, nonché l’enunciazione dei criteri e dei segni di punteggiatura, di ecdotica, di traduzione, di ordo verborum e di grafia utilizzati per il lavoro. La seconda parte è intitolata Testo ed apparato critico: si propone qui un testo soltanto in parte nuovo dell’epillio draconziano, avendo di base quello di É. WOLFF, Poèmes profanes VI-X. Fragments, dans Dracontius. Oeuvres, publié par J. BOUQUET - ID., Paris, Les Belles Lettres, 1996, vol. 4, pp. 13-40, con tuttavia alcuni ripristini di contributi tralasciati, la correzione di evidenti e spiacevoli errori, l’assunzione di nuove ed aggiornate proposte ed alcune divinationes del sottoscritto curatore. La terza parte si chiama Traduzione: presenta la prima traduzione italiana della lirica che sia in poesia e sia aderente al testo, finora integralmente convertito solo in francese e spagnolo, con l’aggiunta di qualche breve estratto in tedesco, inglese ed italiano, ma sempre in prosa e molto liberamente, pur non trattandosi della prima traduzione italiana in assoluto, dato che, a stesura completata, è stata pubblicata quella lodevole, seppur prosaica, di DRACONZIO, I carmi profani, a cura di A. GRILLONE, Messina, EDAS, 2015, pp. 64-99, che ad un certo punto non si è più potuta ignorare. La quarta e più corposa parte del lavoro è il Commento: esso è non soltanto grammaticale ed esegetico, comprensivo di evidenti spunti didattici, ma soprattutto stilistico, toccando la lingua, l'etimologia, la retorica, l’intertestualità e la metrica, ed è il primo in assoluto che esamina il testo in forma continua e completa, soppesandolo parola per parola. La quinta ed ultima parte sono i Riferimenti bibliografici: essi sono esaustivi, ma inerenti alla lirica soltanto, e non all’autore.

Lo studio indaga la continuità e l’innovazione nei modi e nelle forme dei generi letterari dell’Antichità tarda rispetto ai modelli classici.
Partendo dall’esame del de bello Gildonico di Claudiano si chiarisce come la ripresa nella poesia politica del V secolo di procedimenti squisitamente artistici (quanto a contenuti e quanto a lexis) dalla tradizione epica sia indotta da un consapevole disegno ideologico e denoti una ristrutturazione e una rifunzionalizzazione in chiave propagandistica.

This paper is devoted to De excidio Thoringiae, a poem written by Venantius Fortunatus in the voice of queen Radegund, an ex-wife of the king Chlothar I and, at the time of its composition, a nun at the Abbey of the Holy Cross at Poitiers. As in his many other poems, also in this text Fortunatus reuses the poetics of one of his favorite literary models, Ovid. Now it is the poetics of the héroïde, a letter of a mythical heroine to her absent lover. Yet what makes Fortunatus’s De excidio unique is the fact that the Ovidian paradigm, rather than properly reapplied, is only ‘echoed’: the ‘love’ between the female protagonist and her male addressee (Radegund’s last surviving cousin, Amalafrid) is described non as an actual experience but merely as a remote, quasi-mythical past, an affair that did not really take place because the two would-be lovers were much too young then. Similarly, the figure of Radegund as pictured in De excidio is wholly fictionalized (hence it cannot derogate from the reputation Radegund-the nun deserves) and, indeed, used only as a literary ‘costume’: a careful reader can easily notice that the speaking ego does not fully identify with the role of a ‘lovelorn maiden’. This ostentatious literariness makes the whole situation justifiable and attractive for the readership.

Quest’articolo è dedicato al De excidio Thoringiae, un poemetto scritto da Venanzio Fortunato con la voce della regina Radegonda, l’ex-moglie del re Clotario I e, nel momento che ci interessa, una monaca presso l'Abbazia di Santa Croce di Poitiers. Come è solito, anche in questo testo Fortunato si ispira alla poetica di uno dei suoi modelli letterari preferiti, Ovidio. Qui si tratta della poetica dell’héroïde, cioè la lettera di un'eroina mitica al suo amante assente. Ma ciò che rende particolare il De excidio di Fortunato è il fatto che il paradigma ovidiano non è riapplicato con precisione ma solo 'riecheggiato': l’ 'amore' tra la protagonista femminile e il suo destinatario (l'unico cugino superstite di Radegonda, Amalafrido) è descritto non come un’esperienza reale, ma come un passato remoto, quasi mitico, un rapporto mai realizzato, perché i due amanti erano all’epoca troppo giovani. Allo stesso modo, la figura di Radegonda quale protagonista del De excidio è del tutto fittizia (quindi non viene meno alla reputazione di cui deve godere in quanto monaca) e serve solo da 'costume' letterario: un lettore attento può facilmente notare che l’io parlante non si immedesima pienamente nel suo ruolo di ‘fanciulla abbandonata’. Ė proprio questa letterarietà ostentata a rendere l’intera situazione giustificabile ed attraente per i lettori.

Il volume offre un compendio ragionato intorno alle principali questioni e agli studi critici relativi alle 'imagines' di Didone, ovvero alle diverse ‘storie’ del personaggio che, nei secoli successivi a Virgilio, sono state variamente recuperate e, spesso, ‘combinate’ tra loro. Gli spunti relativi alle sopravvivenze del mito negli autori cristiani d’Africa costituiscono un ulteriore strumento utile allo studio del 'Fortleben' di Didone.
La sezione dei “Materiali” offre inoltre una galleria di testi (con traduzioni in lingua italiana) raccolti allo scopo di fornire un quadro esaustivo non solo delle fonti principali ma anche delle successive riscritture del mito didoniano nella poesia latina classica e tardoantica.

Ausonius' Mosella represents a river that is a matrix of multi-species relationalities--spatial, legal, sympathetic, antipathetic, cosmological, economic, and filial. Reading the river as relational unlocks new perspectives on the alluvial nature of late antique intertextuality, broadening our hermeneutic horizons from other texts to the wider living world.

L’eros nuziale nel Cento e il disagio che gli interpreti provano di fronte alla imminutio (vv. 101-131), la sezione che descrive la prima notte d’amore tra i coniugi come fosse un atto di violenza sessuale. La tecnica centonaria, maneggiata con abilità, permette di conferire al materiale virgiliano nuovi significati grazie al potenziale allusivo ad altri generi ed autori: si mette in scena uno ‘spettacolo di potenza’ letteraria, da parte di un membro dell’élite socioculturale come Ausonio (che ha ricevuto l’incarico di comporre il centone direttamente da Valentiniano I), per cui il controllo di tutti i diversi registri e generi letterari passa attraverso la padronanza completa degli strumenti filologici, retorici e letterari che presiedono al riuso dei classici. In tale operazione, deve essere recuperato anche l’ambito dell’oscenità e del burlesco: con gesto padronale (anche se con tutta l’ambiguità e l’ipocrisia che deriva dall’ostentazione di un potere culturale, sociale e sessuale), Ausonio vuol dimostrare che solo colui che è in grado di ludere in poesia su ‘certe cose’, mantenendosi nell’alveo di una raffinata ed esclusiva tradizione letteraria (che trae all’infinito ogni suo elemento dal testo dei classici, e di Virgilio in particolare, e dalla letteratura erudita ad esso connessa) è immune dal loro fascino lubrico nella realtà della sua vita proba e signorile, ciò che naturalmente non riesce alle grottesche figure dei filologi-Curii e dei filologi-priapi, che nella loro insipienza e mancanza di controllo culturale confondono i due piani della vita e della letteratura.

ENEIDE Book VI selected passages, translation into hendecasyllables and adaptation to Ottavio Costa's reading aloud.
The inspiring criteria of the choices made during the translation work, or "lyrical version", were essentially two: respect for the musicality of the verse, which in each language is the foundation of the poetic form, and the choice of suggestion as prominent element in the Virgi-Liana poetry. The first element responds to the need for exposure in recital form and to the love for the harmony of the word; the second, suggestion, underlines that writers and poets rather than invent remember, and precisely through suggestion "suggest" to memory what Virgil would say: "In the deep darkness of each one is hidden". Since it was not possible for obvious reasons of time to carry out an integral reading of Book VI of the Aeneid, it was deemed appropriate to privilege the descriptive moments of the initial part of the book, reducing the enumerative and didactic ones; the author's "word" was respected as much as possible, avoiding additions or cuts justified only by the Italian form and trying to enhance the spirit of the text, when the literal translation was meaningless or poor in expressiveness in our language. In any case, the elements of collective memory have been the guide, with the author himself, to the textual drafting that is presented to you tonight.
ENEIDE Libro VI brani scelti, traduzione in endecasillabi ed adattamento alla Lettura ad Alta Voce di Ottavio Costa.
I criteri ispiratori delle scelta operate nel corso del lavoro di traduzione, ovvero "versione lirica", sono stati essenzialmente due: il rispetto per la musicalità del verso, che in ogni lingua è fondamento della forma poetica, e la scelta della suggestione come elemento preminente nella poesia virgiliana. Il primo elemento risponde alla necessità di esposizione in forma recitativa ed all'amore per l'armonia della parola; il secondo, la suggestione, sottolinea che scrittori e poeti più che inventare ricordano, ed attraverso appunto la suggestione "suggeriscono" alla memoria ciò che Virgilio direbbe: "Nella profonda oscurità di ciascuno è nascosto". Non potendosi per ovvi motivi di tempo realizzare una lettura integra-le del Libro VI dell'Eneide, si è ritenuto opportuno privilegiare i momenti descrittivi della parte iniziale del libro, riducendo quelli enumerativi e didascalici; si è rispettata il più possibile la "parola" dell'autore, evitando aggiunte o tagli giustificati solo dalla forma italiana e cercando di esaltare lo spirito del testo, quando la traduzione letterale fosse priva di significato o povera di espressività nella nostra lingua. In ogni caso gli elementi di memoria collettiva sono stati la guida, con l'autore stesso, alla stesura testuale che vi viene presentata stasera.

This paper examines some epigrams of Ausonius’ Bissula, underscoring the literary dimension in which the biographical relationship between the poet-patronus and his young slave-alumna is rewritten in these verses. The girl is seen as an erotic subject and elegiac domina, whose ambiguous identity results in an ideal combination of perfect Latin upbringing and natural German beauty (see in particular the indigenous feature of the blonde hair), which makes her superior to the Latiae pupae and, implicitly, to the puellae of the elegiac tradition (Biss. 3-4). The theme of Bissula’s beauty, which needs no artifice, becomes central in Biss. 5-6, in connection with the subject of the portrait, in which Ausonius proposes again, in a new and original way, some conventions of ecfrastic poetry. The highlighted models make it possible to establish what the general tone of the collection must have been and to reconsider hypotheses about its incompleteness.

The object of this study is two-fold: 1) to show that the Liber Cathemerinon of Prudentius Aurelius Clemens is not just a series of unrelated hymns, but a poetic breviarium, or handbook, of fundamental Nicene Christian belief. Behind the literal narrative lies a salvation history, running through the chief elements of the Old and New Testaments. 2) To examine how Prudentius not only presents the salvation-history narrative, but also translates it into the Augustan poetic idiom through intertextual dialogue with Augustan pagan authors, primarily Vergil, Horace, and Ovid. By reinterpreting and refuting pagan religious sentiment through developed intertextual dialogue, Prudentius produces a hybrid world-view that is both Roman and Christian.

After a brief bloom in the Hellenistic period, didactic epigrams remain rather episodic and marginal in the Greek poetry, while in Latin they seem to be even absent until late antiquity. Conversely, in late Latin literature the didactic epigram – especially, but not only, in the form of catalogue poem – has a remarkable flourishing with a wide and manifold production, which this paper aims to investigate in its development, formal variety, and thematic range. Texts and authors involved are: Carmina XII sapientum, Argumenta Vergiliana and other poems of the Anthologia Latina, Ausonius’ Caesares and Eclogae, Isidore of Seville's Versus and many didactic poems by Eugenius of Toledo.

Résumé. – Venance Fortunat, au début de la Vita Martini, et Isidore de séville, dans le célèbre poème "Si Maro, si Flaccus, si Naso et Persius horret", ont énuméré une série d’écrivains chrétiens qui ont narré en poésie les gesta du christ, des apôtres et des saints : ils sont présentés comme un groupe avec ses propres caractéristiques, qui se distingue non seulement des écrivains en prose, mais aussi des poètes classiques qui traitent de sujets païens. Quelques-uns parmi eux, par exemple Sédulius, font l’objet de plusieurs épigrammes, qui témoignent de la notoriété dont ils jouissaient dans l’antiquité tardive.
La célébrité de ces auteurs est également confirmée par des cas de possibles réminiscences et des échos textuels des œuvres des auteurs de l’épopée biblique dans les épigrammes d’Ennode de Pavie, de Venance Fortunat et d’Isidore de Séville : parfois il s’agit simplement de souvenirs involontaires, mais parfois aussi cette recherche, qui n’a aucune prétention à l’exhaustivité, nous a amené à y reconnaître des allusions intentionnelles à Juvencus, Sedulius, «Cyprien gallu », Dracontius, Avit de Vienne et Arator. Ces souvenirs sont généralement des exemples d’imitation contrastive ou bien ils sont des moyens que le poète utilise pour établir un parallèle entre la source, visible en filigrane, et son texte.
La présence de ces auteurs dans les épigrammes analysées d’une part démontre la diffusion rapide de leurs poèmes, d’autre part nous oblige à évaluer soigneusement l’importance effective des œuvres classiques dans la poésie des ve et vie siècles, qui est riche en références à l’antiquité classique mais aussi au passé récent.

Riassunto. – Venazio Fortunato, all’inizio della Vita Martini, e isidoro di siviglia, nel celebre carme "Si Maro, si Flaccus, si Naso et Persius horret", elencano una serie di autori cristiani che hanno narrato in poesia le imprese di cristo, degli apostoli e dei santi: essi, evidentemente, sono percepiti come un gruppo con caratteristiche proprie, distinto non solo dai prosatori, ma anche dai poeti classici che affrontano temi di stampo pagano. singoli personaggi, come per esempio Sedulio, sono oggetto di vari epigrammi, che testimoniano ulteriormente la fama di cui essi godevano nella tarda antichità.
La celebrità di questi autori è confermata anche da casi di possibili reminiscenze testuali ed echi, negli epigrammi di Ennodio di Pavia, Venanzio Fortunato e Isidoro di siviglia, delle opere degli autori dell’epos biblico: molte volte si tratta semplicemente di ricordi involontari, altre volte l’indagine effettuata, senza pretesa di completezza, ha portato a riconoscervi delle allusioni intenzionali a Giovenco, Sedulio, “Cipriano Gallo”, Draconzio, Avito ed Aratore. Queste reminiscenze in genere si inseriscono all’interno dell’imitazione di tipo contrastivo oppure sono strumenti di cui il poeta si serve per costruire un parallelismo tra il testo di partenza, visibile in filigrana, e quello d’arrivo.
La presenza di questi autori negli epigrammi analizzati da un lato testimonia la rapida diffusione dei loro poemi, dall’altro ci spinge a valutare con attenzione anche il peso che le reminiscenze delle opere classiche hanno all’interno della poesia prodotta nel V e VI secolo, ricca di rimandi tanto all’antichità classica quanto al passato recente.

Dopo un rapido sguardo all’epistola dedicatoria in prosa all’amico Assio Paolo e ai carmi introduttivi del libellus per Bissula, la schiavetta sveva di Ausonio (Biss. praef., 1 e 2), il presente contributo prende in esame i primi due componimenti a lei dedicati (Biss. 3 e 4). Dall’analisi emerge che questi rinviano insistentemente al lessico e a motivi della poesia ‘minore’ epigrammatica, elegiaca, comica, rivelandosi perfettamente rispondenti alle linee programmatiche delle prefazioni e agli ipotesti in esse presenti. In particolare la presenza di certi temi di ascendenza elegiaca – la puella vista come domina ed elogiata per la sua naturale bellezza – colloca la Bissula nel solco della poesia amorosa improntata alla sublimazione dell’eros e all’idealizzazione dell’amata, che è cantata con accenti anche lascivi ma non osceni. D’altra parte la sequela di epiteti affettuosi con cui si apre Biss. 4 e che ha un suo modello privilegiato nel lessico erotico plautino, accosta l’io-poetico all’innamorato della commedia, giustificando l’autoironica evocazione del personaggio del canus amator che si è ravvisata in Biss. 1. È dunque evidente la trasfigurazione letteraria del rapporto tra Bissula e il suo patrono, qualunque fosse la realtà biografica di tale rapporto. In questa prospettiva si dovrà interpretare anche l’elogio della duplice identità, latina e germanica, dell’alumna; esso, infatti, più che a un fine di propaganda politica volta a favorire l’integrazione delle popolazioni barbare nell’impero romano, sembra rispondere a un’esigenza culturale e letteraria: l’ambigua puella da un lato rivela l’orgoglio del provinciale colto, pienamente romanizzato e integrato che diviene maestro di lingua e costumi latini, dall’altro incarna, con i suoi i tratti etnici originari e l’educazione perfetta, l’ideale connubio di bellezza naturale e di raffinatezza della puella elegiaca.

This chapter examines the reception of Ovid’s erotic and exilic elegies in the Latin literature of late antiquity (fourth to sixth centuries CE). Revising Hermann Fränkel’s thesis of Ovid as a “poet between two worlds,” it draws particular attention to a number of examples in which late antique authors allude to Ovid as a means of reflecting on the transitions taking place in their own time, with the emergence of Christianity and the disintegration of the Roman Empire. Texts discussed include Rutilius Namatianus, De Reditu; Dracontius, Satisfactio; Orientius, Commonitorium; and the elegiac collection of Maximianus.

This note analyzes Ausonius’ Bissula 5 and 6. Three basic interpretative alternatives are discerned and explored: (1) “Bissula cannot be represented,” (2) “Bissula can be represented but only by a poet,” and (3) “Bissula can be represented after all.” It is argued that we cannot reduce the poems’ meaning to any of these alternatives, but the poet exploits polysemy, allusions and prosodic patterning to encourage each of them. The ruse lives up to Ausonius’ promise of an annoying, intoxicated, and dreamlike game for this ambigua puella.

Cet article examine le long excursus sur les héros antiques qui sont pris comme exempla scelerum dans les Louanges de Dieu, 3, v. 251-530. Ces exempla, tirés de sources païennes comme Valérius Maxime, ou chrétiennes comme Tertullien, Augustin et Orose servent de repoussoirs, car ces héros sont considérés comme des criminels pour s’être suicidés ou avoir tué des membres de leur famille. La comparaison entre les Romulea et les Louanges de Dieu permet d’établir qu’il n’y a pas de différences d’approche. Le poète s’intéresse aux passions humaines et aux paradoxes de la destinée humaine.

It is common knowledge that Sidonius Apollinaris’ imitative
technique is extremely complex. In Poem 6 – the preface to the Panegyric on Avitus – the constant and fundamental Ovid’s influence is coupled with that of a number of writers. This creates a close and often intricate intertextual net which, going well beyond mere linguistic revivals, involves significant artistic and ideological values.

Embedded within the transition from life to death, epitaphs reveal aspects about important boundaries in life, and for Roman women in Late Antiquity this boundary was between childhood and womanhood. Early Christianity accepted girls into marriage with either a man or with Christ. Marital imagery surrounds the epitaphs of young women whether or not they were in one of these two states. Verse epitaphs dedicated to young women demonstrate parents lamenting their daughters (ICUR 7.18944, ICUR 9.24125, ICUR 8.20819) or men grieving their wives (ICUR 10.27296, ICI 6.41, ICI 9.14). This paper will discuss the boundaries between childhood and womanhood, as defined by their role in a marital relationship, through means of verse funerary epitaphs. In looking at six poetic epitaphs in the third and fourth centuries CE, the boundary between life and death illuminates the collective and individual expectations thrust upon girls as they transitioned from childhood to womanhood.

The prose and poetry of Ennodius show that he is a careful reader of classical authors and in the last years critics have clearly demonstrated this aspect of the culture of the bishop of Pavia. The present study aims to illustrate the importance of Ovid’s poetry in the literary memory of Ennodius, demonstrating that in his works there are direct references according to the usual criteria of intertextuality, but, especially in his poetic works, Ennodius assimilates the Ovidian stylistic lesson using of various linguistic and phraseological elements from his model and so adopting a recognizable “ovidian color”.

In this paper the author presents a study on the poetical inclusion of the biblical matters and themes in Sidonius Apollinaris’ carm. 16 (especially vv. 6-39) and Alcimus Avitus’ de spiritalis historiae gestis, focusing on the same tales and topics.The analysis will show the similarities, the different approaches used by these authors (linked by the same cultural background) and their strategies to include the biblical subjects in the poetical fabric, and also the connection between Poetry and Exegesis.

I versi 37-43 del carme 189 Sh. B. del codice Salmasiano dell'Anthologia Latina (una ethopoiia relativa al periodo di Sciro del mito di Achlle) rappresentano una sezione coesa che anticipa l'esperienza troiana dell'eroe. Analisi della struttura, dei modelli poetici e dell'intertestualità in materia di lessico per ricostruire la fisionomia culturale e letteraria dell'anonimo autore, pienamente inserito nel panorama della sua epoca.