Magnanimità e umiltà sono due termini a prima vista antitetici, l’uno associato all’antichità, l’altro alla cultura giudaico-cristiana: da un lato esaltazione dell’individuo e delle sue capacità umane, dall’altro abnegazione e...
moreMagnanimità e umiltà sono due termini a prima vista antitetici, l’uno associato all’antichità, l’altro alla cultura giudaico-cristiana: da un lato esaltazione dell’individuo e delle sue capacità umane, dall’altro abnegazione e sottomissione a Dio. Eppure, soprattutto durante il Duecento, alcuni teologi e filosofi tentarono di recuperare il concetto antico di magnanimità, in particolare nella sua definizione aristotelica, e di coniugarlo – non senza fatica e forzature! – alla virtù propriamente cristiana dell’umiltà .
Negli stessi anni in cui Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, Bonaventura e Sigeri di Brabante discutevano i concetti di magnanimità e di umiltà, opponendo o cercando di conciliare il pensiero aristotelico e la dottrina cristiana, si poteva osservare un forte dinamismo nella costruzione di monumenti funebri, che in Italia si collegava alle profonde mutazioni politiche e sociali allora in corso. Senza avere l’intenzione di stabilire rapporti meccanici tra un contesto filosofico-teologico e il campo artistico, mi sembra tuttavia rilevante sottolineare che le nuove forme sepolcrali create nel Duecento, in particolar modo in Italia, portano in sé la stessa tensione, indagata da filosofi e teologhi, tra grandezza e umiltà.
Se la ricchezza di esperienze sviluppatesi nell’Italia duecentesca nel campo dell’arte funeraria non ha mancato di suscitare numerosi studi, manca però un’analisi complessiva delle testimonianze coeve che permettono di avvicinarsi allo sguardo dei contemporanei sul fenomeno. Questo contributo propone quindi alcune riflessioni in tal senso, con lo scopo di guardare le innovazioni nel campo dell’arte funeraria, e dunque della monumentalizzazione dell’individuo, attraverso gli occhi di alcuni autori noti, laici ed ecclesiastici, tra cui in particolare il professore di ars dictaminis Boncompagno da Signa, il cardinale francese Eudes de Châteauroux, o il frate minore Salimbene de Adam. Vedremo come il loro giudizio era guidato dai concetti di magnanimità e di umiltà, la cui definizione, com’è stato accennato prima, era allora tanto dibattuta.