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San Bonaventura ANNO VI - Nº 61 informa In questo numero: Editoriale Tutto parte dall’Amore e tende all’Amore La celebrazione della Quaresima ci offre una preziosa occasione per meditare sul rapporto tra fede e carità: tra il credere in Dio, nel Dio di Gesù Cristo, e l’amore, che è frutto dell’azione dello Spirito Santo e ci guida in un cammino di dedizione verso Dio e verso gli altri. Già nella mia prima Enciclica ho offerto qualche elemento per cogliere lo stretto legame tra queste due virtù teologali, la fede e la carità. Partendo dalla fondamentale affermazione dell’apostolo Giovanni: «Abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16), ricordavo che «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva... Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10), l’amore adesso non è più solo un “comandamento”, ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro» (Deus caritas est, 1). La fede costituisce quella personale adesione - che include tutte le nostre facoltà - alla rivelazione dell’amore gratuito e «appassionato» che Dio ha per noi e che si manifesta pienamente in Gesù Cristo. L’incontro con Dio Amore che chiama in causa non solo il cuore, ma anche l’intelletto: «Il riconoscimento del Dio vivente è una via verso l’amore, e il sì della nostra volontà alla sua unisce intelletto, volontà e sentimento nell’atto totalizzante dell’amore. Questo però è un processo che rimane continuamente in cammino: l’amore non è mai “concluso” e completato» (ibid., 17). […] L’esistenza cristiana consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio per poi ridiscendere, portando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio. […] In sostanza, tutto parte dall’Amore e tende all’Amore. L’amore gratuito di Dio ci è reso noto mediante l’annuncio del Vangelo. Se lo accogliamo con fede, riceviamo quel primo ed indispensabile contatto col divino capace di farci «innamorare dell’Amore», per poi dimorare e crescere in questo Amore e comunicarlo con gioia agli altri. Benedetto XVI Messaggio per la Quaresima 2013 FEBBRAIO 2018 focus del mese: quaresima, tempo per riaccendere l’amore - pag. 2 #giovane sinodo: convocare le generazioni - pag. 5 le richieste dei giovani missionari - pag. 8 storia e personaggi: la vera storia della “preghiera semplice” - pag. 11 testimoni del vangelo: centenario della morte di fra mansi - pag. 15 lessico francescano: s come scandalo pag. 18 il tesoro dello scriba: omelie sulle parabole - pag. 20 cineforum: chiamami col tuo nome pag. 22 novità editoriali: miscellanea su p. ossanna e proposte di lettura - pag. 24 novità in biblioteca: san giuseppe da copertino e martin benedict - pag. 27 appuntamenti: pag. 28 un mese di iniziative francescanamente parlando: presente e futuro delle missioni e “in parole francescane” - pag. 32 1 focus del mese RIACCENDERE L’AMORE vIvERE LA quAREsIMA CON IL MEssAggIO DEL pApA di Domenico Paoletti* Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti (Mt 24,12): è un versetto del Vangelo di Matteo a dare il titolo al messaggio di papa Francesco per la Quaresima. Per comprenderlo nella sua giusta portata occorre tener presente quello che precede: «Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti» (v.11). È interessante notare come queste frasi vengano pronunciate da Gesù dopo che i discepoli l’hanno invitato ad ammirare l’imponenza delle mura del tempio; e Gesù risponde inducendoli a rilettere sulla fragilità delle opere prodotte dagli uomini, che dalla stessa insania degli uomini possono venire distrutte. Siamo nel discorso escatologico: la rovina di Gerusalemme appare indistinguibile dalla ine dei tempi. La ine di un mondo ben conosciuto e la ine del mondo sono la stessa cosa. Confusione e angoscia saranno aggravate dal sorgere dei falsi profeti che strumentalizzeranno la stessa attesa messianica per ingannare le coscienze. Questo non è forse quanto già avviene nella storia oggi, in modo ancora più subdolo e pervasivo? Non sorgono di continuo persone che si spacciano per “profeti” e legittimano ogni tipo di violenza - politica, economica, religiosa - e in cambio di violenza promettono salvezza? Qui Gesù inserisce il riferimento al “gelo dell’amore”. In un contesto di corruzione dilagante, l’amore non solo si raffredda ma scompare, non essendoci più il terreno fecondo che gli consente di attecchire, vivere ed esprimersi. La violenza intorno a noi, che giunge ino al disprezzo della vita, è particolarmente spietata verso chi è più debole e ha più bisogno - i bambini, le donne, i poveri -, e soprattutto nelle nostre società cosiddette “progredite” e del ben-essere. Il gelo dell’amore è la ine dell’humanum. FEBBRAIO 2018 2 Il papa stigmatizza come “ciarlatani” e “incantatori di serpenti” i falsi profeti che stanno prosciugando l’amore illudendo le persone più deboli e strumentalizzando il loro bisogno di felicità. Gli incantatori di serpenti sono quelli che promettono felicità a buon mercato, lucrano sulle passioni ed emozioni e sulle frustrazioni, rendendo gli esseri umani schiavi di piaceri efimeri, creando sempre nuove “dipendenze”. I ciarlatani, falsi profeti in senso proprio, sono quelli che, come dice papa Francesco, «offrono soluzioni semplici e immediate alle sofferenze», soluzioni che in realtà si rivelano non solo ineficaci ma vere schiavitù spacciate e vendute come liberazione. Così la droga, le relazioni “usa e getta”, i guadagni facili e spesso disonesti; così l’attrattiva di «una vita completamente virtuale, in cui i rapporti sembrano più semplici e veloci per rivelarsi poi drammaticamente privi di senso». Ciarlatani e falsi profeti oggi non sono pochi truffatori isolati, ma insiemi ramiicati di persone, con ufici lussuosi e telematici, con pubblicità massmediale asservita ai loro interessi; gruppi di potere economico e politico i cui modi talvolta gentili e persuasivi rivestono in realtà la più arrogante presunzione. Mentre dicono di offrire benessere, in realtà «tolgono invece ciò che è più prezioso come la dignità, la libertà e la capacità di amare». La Quaresima è il tempo opportuno per ricentrare il cammino dell’uomo sull’amore di Dio e del prossimo, indissolubile dalla stessa incarnazione del Figlio di Dio. Non è un relitto del passato, come ritengono alcuni sedicenti illuministi che, chiudendosi al Mistero, iniscono col credere un po’ a tutto; ma è un tempo per riscoprire e vivere il senso cristiano della vita e delle relazioni, nella consapevolezza che il senso cristiano corrisponde al profondo desiderio che abita il cuore di ciascuno. La Quaresima, come tempo che prepara a vivere la Pasqua, riapre il tempo alla grazia della sua destinazione. Tempo di grazia e di conversione per riconoscere con gioia che Dio ha creato l’uomo per la vita, per la risurrezione e la vita eterna, e solo questa verità dona la dimensione autenticamente umana e deinitiva alla storia degli uomini e del creato. Un tempo, quello quaresimale, per riaprire la storia alla speranza attiva di un futuro migliore e superare la tristezza di chi fa incetta di piaceri senza aver mai conosciuto la gioia. Afinché quello quaresimale sia un vero cammino di liberazione e di riscoperta del vero senso della vita la Chiesa ricorda le pratiche classiche della Quaresima - il digiuno, la preghiera e l’elemosina -, non per ostentazione ma per amore e con amore. FEBBRAIO 2018 3 Il digiuno come relazione con il nostro io per una rinnovata relazione con l’altro/Altro, per ritrovare la propria interiorità, per riascoltare i desideri più profondi; per fare spazio all’altro e dismettere spazi di potere. «Il digiuno ci sveglia, ci fa più attenti a Dio e al prossimo», facendoci “dimagrire” dall’obesità di abitudini pigre e insaziabili che generano insensibilità. Il digiuno afila la mente, rende acuto lo sguardo e ingentilisce il gesto. Il distacco dalle cose ci ridona sensibilità all’essenziale. La preghiera come ascolto, dialogo e comunione con Dio, con gli altri e con il creato come relazione autentica e profonda con Dio che ci rende capaci di «scoprire le menzogne segrete con le quali inganniamo noi stessi» e riconoscerci nel suo progetto di salvezza. L’elemosina come frutto del digiuno e veriica della preghiera; la Quaresima come tempo per ritrovare la gioia del condividere tempo, parole e cibo con il nostro prossimo, specialmente con chi non ha da ricambiare. Allora la Quaresima ben intesa è tempo di disgelo del cuore per un amore che torna ad ardere e così permette di salvare e rafforzare l’humanum. L’amore si riaccende nel fuoco della Pasqua fondamento, oggetto e motivo della nostra fede cristiana, verità del reale. *OFMConv, docente di Teologia fondamentale e vicario della Custodia del Sacro Convento di Assisi @fraterdominicus Il testo del Messaggio di papa Francesco FEBBRAIO 2018 4 #giovanesinodo CONvOCARE LE gENERAzIONI pER uNA CHIEsA RIvOLTA ALLE DINAMICHE gENERAzIONALI di Vincenzo Rosito* La XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi che riletterà sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” si svolgerà a cinquant’anni esatti dal Sessantotto. È impossibile ignorare la concomitanza di un evento ecclesiale tanto importante con le molteplici iniziative che ricorderanno i movimenti studenteschi e operai degli anni sessanta. Tuttavia l’anniversario del Sessantotto non è soltanto memoria celebrativa di un evento, ma un invito alla rilessione su chi è cresciuto o si è formato alla luce di quell’evento. Il vero tema è pertanto lo spazio generazionale che separa le rivendicazioni studentesche di quegli anni dall’attuale generazione di giovani e studenti. Il Sessantotto coincide anche con la generazione che ha prodotto. Esso non è soltanto un momento storico di riappropriazione dei signiicati sociali. Per questo l’occorrenza su cui vorremmo soffermarci è capace di parlare anche al di fuori degli ambienti politici e istituzionali. La stessa vita ecclesiale non può ignorare come, dopo cinquant’anni, la questione della generazione o del rapporto tra generazioni non sia solo un’eredità rappresentativa del Sessantotto, ma costituisca una questione centrale su cui rilettere e dalla quale occorre ripartire. All’indomani del Maggio francese Michel de Certeau così commentava gli eventi e le manifestazioni a cui aveva partecipato: «Lo scorso maggio, la parola è stata presa come nel 1789 è stata presa la Bastiglia. La piazzaforte occupata è quel sapere detenuto dai dispensatori di cultura, destinato a mantenere l’integrazione o la reclusione di studenti lavoratori e operai entro un sistema che FEBBRAIO 2018 5 prestabilisce la loro funzione. Dalla presa della Bastiglia alla presa della Sorbona, tra questi due simboli vi è una differenza essenziale che marca l’evento del 13 maggio 1968: oggi è la parola a essere stata liberata» (M. de Certeau, La presa della parola e altri scritti politici, Meltemi, Roma 2007, 37). Con empatia ed enfasi il gesuita francese osserva gli eventi dalla prospettiva del linguaggio, attraverso la potenza creativa e istitutiva della lingua quando viene padroneggiata, conquistata, usata. La “presa della parola” rivendica così un valore storico e culturale. Con essa il linguaggio di una generazione viene collettivamente e consapevolmente esercitato in quanto pratica sociale e autentica esperienza poetica. Un’intera generazione si accorse che l’uso della parola è in grado di istituire nuovi immaginari sociali. «Quanto si è prodotto di inaudito è questo: ci siamo messi a parlare. Sembrava fosse la prima volta. Da ogni dove uscivano tesori, addormentati o silenziosi, di esperienze mai nominate. Mentre i discorsi a verità garantita si zittivano e le “autorità” si facevano silenziose, esistenze congelate si schiudevano in un mattino proliico» (M. de Certeau). Occorrerebbe dunque ripartire dalla lingua e dal linguaggio delle generazioni non per esaminare in maniera analitica e distaccata cosa dicono o pensano i “giovani d’oggi”. Occorre abbandonare una certa sociologia della generazione, quella che ha la pretesa di capire dall’esterno i tratti di un gruppo in apparenza omogeneo e coeso, quella che preferisce parlare in maniera retorica e supericiale di “gioventù”. Intere generazioni sono state in questo modo musealizzate e ridotte all’inedia espressiva. I Millennials attendono ancora una loro antropologia, non chiedono di essere identiicati né coninati dentro rigidi cliché sociali. I Baby boomers attendono invece una loro storiograia. I igli del postbellico boom economico sono nelle condizioni di poter raccontare, sinceramente e generosamente, insoddisfazioni, rancori e attese. Il rapporto tra generazioni è una questione ecclesiale non perché produce un edulcorato e acritico irenismo, ma perché la Chiesa contemporanea, nella sua pluralità, ha oggi bisogno di confrontarsi credibilmente con i linguaggi e con le pratiche collettive, con le oper-azioni condivise, con l’afidabilità del sentire comune che afiora sorprendentemente da culture diverse. FEBBRAIO 2018 6 Occorre che alla generazione, in quanto gruppo sociale ad azione pratica, venga riconosciuto un ruolo centrale. Non si tratta semplicemente di favorire un colloquio libero e schietto tra padri e igli, ma di chiamarli a convegno. Bisogna convocarli così come la Chiesa-madre sa fare quando promuove, per tutti, un clima fecondo e ospitale. Mettere al centro la generazione non signiica occuparsi dei giovani, signiica piuttosto occuparsi di ciascuno in quanto membro di una comunità generativa. I giovani non sono una “porzione” della Chiesa, né soltanto una componente speciica e parziale. Assegnare loro aspettative e carichi eccessivi signiica rimarcare inutili steccati intergenerazionali. Potremmo invece “metterci a parlare” nel senso caro a Michel de Certeau, non per conoscerci meglio o per formulare desideri e speranze trasversali, ma per rinnovare lo spazio delle imprese comuni, per abitare in maniera consapevole e creativa il linguaggio di tutti, non solo quello della propria fascia di età. L’immagine che meglio esprime questa prospettiva non è il dialogo tra le generazioni, ma la convocazione della generazione. La Chiesa, comunità dei con-vocati, diventa comunità con-vocante. Foto: diocesipistoia.it Si scopre interessata alla creatività delle dinamiche generazionali e generative, non soltanto ai rapporti strettamente familiari, ma ai processi che erompono nella pluralità sociale, nella ricchezza di coinvolgimenti inediti. *Docente di Filosoia teoretica Suggerimenti bibliografici per un approfondimento del tema: MArCo MArzANo, NAdIA UrbINAtI, La società orizzontale. Liberi senza padri, Feltrinelli, Milano 2017; MARICA TOLOMELLI, Il Sessantotto. Una breve storia, Carocci, Roma 2008. FEBBRAIO 2018 7 gIOvANI MIssIONARI: ECCO COsA CHIEDONO AL sINODO DEI vEsCOvI di Elisabetta Lo Iacono* Una Chiesa missionaria, un Chiesa capace di fare rete e una Chiesa attenta alla formazione. Sono le richieste che i giovani missionari, partecipanti alla XXIX Assemblea missionaria francescana, rivolgono al Sinodo dei Vescovi, in programma nel prossimo mese di ottobre. Un’importante occasione di incontro e di confronto quella vissuta al Seraphicum dal 31 gennaio al 3 febbraio, promossa dal Centro missionario francescano, diretto da fra Paolo Fiasconaro (OFMConv). Giorni ricchi di testimonianze, di emozioni e di progetti condivisi. Nel programma anche una tavola rotonda sul tema “Giovani, testimoni della speranza, missionari in Perù”, dedicata a ragazzi che - dal 6 al 30 agosto del 2017 hanno vissuto una intensa esperienza missionaria in Perù, nei luoghi e tra le popolazioni che hanno conosciuto il servizio e il martirio di due giovani frati minori conventuali polacchi, Michael Tomaszek e Zbigniew Strzalkowski (nella foto) uccisi nel 1991 (come don Sandro Dordi) dai guerriglieri di “Sendero Luminoso” in quanto ritenuti scomodi per la loro opera di evangelizzazione e di aiuto alla gente. Sui passi di questi martiri, beatiicati il 5 dicembre del 2015, si sono messi Francesca Lion, Marco Padroni, Luigi Di Martino e Juan Risco, un ritorno a casa per quest’ultimo, di nazionalità peruviana ma attualmente impegnato in studi teologici in Spagna. Betlemme è stata, invece, la meta di Elisa Pieri dove ha trascorso tre mesi di volontariato. La tavola rotonda ha dato ai giovani voce anche per esprimere le loro richieste ai Vescovi che parteciperanno al Sinodo sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Dal cuore del Perù, come emergenza della società ispano-americana, si alza la richiesta di Juan Risco perché venga sempre e comunque messa al centro di ogni azione, anche di sensibilizzazione, la dignità delle persone, di tutte le persone. FEBBRAIO 2018 8 Ad auspicare una Chiesa sempre più missionaria è Francesca Lion (al centro, nella foto) che intravede l’urgenza di portare il Vangelo in ogni realtà che ci circonda, anche quelle più vicine a noi. Sul piano della missionarietà nelle periferie del mondo, per usare una espressione cara a papa Francesco, la richiesta è di incentivare veri e propri percorsi che consentano sia la formazione sia l’accompagnamento nel periodo successivo a una missione. Una richiesta che nasce dall’esperienza vissuta in prima persona: «i frutti da raccogliere dopo una missione - precisa Francesca - sono sempre tanti ma il rischio e la paura che io ho provato quando sono tornata, sono stati di perdermi qualcosa, di non riuscire a fare pienamente tesoro di quanto vissuto. Per questo lavorare a un accompagnamento, proprio in questa fase del rientro, sarebbe estremamente importante”. A Francesca, così come a Marco Padroni (nella foto sotto) - impegnato a Brescia nel cammino di postulantato tra i frati minori conventuali - non sfugge la necessità di una maggiore comunicazione tra le diverse realtà. Una richiesta che viene avanzata coralmente, con l’auspicio che nei lavori sinodali - oltre a trovare spazio adeguato la realtà missionaria come cammino per una maturazione di vita e di fede per tanti giovani - si possa andare verso un sistema improntato a un collegamento e a una proicua collaborazione tra le varie organizzazioni. Una richiesta che in Marco nasce da esperienze dirette nella quali ha constatato la mancanza di un collante e coordinamento tra le tante realtà - religiose e laiche - impegnate nelle missioni, in ogni parte del mondo. «Sarebbe un grande frutto del Sinodo - sottolinea - se, partendo proprio dall’impegno di noi giovani, si riuscisse a dare un forte segnale in questo senso, una svolta attesa per costruire una rete di realtà religiose, diocesane, organizzazioni non governative e via dicendo, impegnate in modo coordinato nella creazione di nuovi progetti missionari». Il Sinodo viene insomma percepito come una grande occasione per richiamare attenzione anche sui giovani missionari che non vogliono essere dipinti come supereroi ma che sono sicuramente persone con un cuore grande. «Quando racconto la mia esperienza a qualcuno che è un po’ più grande di me - spiega Luigi Di Martino - si sorprende, quasi fossi appunto un supereroe. Eppure siamo tanti, conosco molti giovani che hanno fatto esperienze simili, a livello missionario o di volontariato». FEBBRAIO 2018 9 Un vero e proprio patrimonio che attende un crescente lavoro di regia da parte della Chiesa, al di là dell’ottimo supporto formativo e organizzativo svolto da tante singole realtà, come quella dei frati minori conventuali. «Quello che, personalmente, mi sento di chiedere al Sinodo - aggiunge Elisa Pieri - è che la Chiesa abbia la pazienza di continuare a provocare noi giovani per far sì che il desiderio di adoperarci in prima persona, che tutti abbiamo più o meno marcato, possa essere avvertito da ognuno come qualcosa di cui non si può fare più a meno». Che la missione rappresenti una strada per consentire ai giovani di iniziare un percorso di impegno veramente signiicativo, lo sottolinea anche Valerio Folli (nella foto), frate minore conventuale, segretario del Centro missionario provinciale della Provincia Italiana di Sant’Antonio. «Ci sono tanti giovani che cercano di dare un senso alla loro vita - spiega - e che vogliono essere nella Chiesa senza protagonismo ma in modo vivo, vero e autentico. La missione è appunto un prezioso strumento per questi giovani che la scoprono come una parte importante del loro cammino di fede. In attesa del Sinodo, credo che il nostro impegno sia di ascoltarli e di accompagnarli stando - come si legge nella Evangelii Gaudium - qualche volta davanti a loro per indicare la strada, a volte in mezzo in segno di vicinanza e talvolta dietro, per aiutare chi rimane indietro ma anche per osservare le strade che l’istinto consiglia loro». *Giornalista, docente di Mass media @eliloiacono FEBBRAIO 2018 10 storia e personaggi LA preghiera semplice: NON DI sAN FRANCEsCO MA DEL bEATO EgIDIO ORIgINI DI uNA pREgHIERA TANTO FAMOsA quANTO INAuTENTICA di Pietro Messa* La vicenda storica di frate Francesco d’Assisi termina sabato 3 ottobre 1226 sera e già con la sua morte comincia quel processo di costruzione della memoria che avrà un passaggio importante con la canonizzazione, ossia il riconoscimento canonico della santità, da parte di papa Gregorio IX nel 1228. Con il passare del tempo vi fu una crescita non solo dell’aspetto soprannaturale – visioni, profezie, allocuzioni e quant’altro – nelle agiograie ma anche della sua fama. Di conseguenza, come già accadde nel passato ad esempio con sant’Agostino, per accreditare scritti, idee e opinioni varie vennero attribuite a san Francesco dando origine a tutta una serie di apocrii. E questo avvenne non solo nel medioevo ma anche nei secoli successivi e persino ai giorni d’oggi: così negli ultimi anni hanno cominciato a circolare espressioni virgolettate – come se fossero vere e proprie citazioni testuali di scritti di frate Francesco – quali “Predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole!” e “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”. Ma il falso più famoso attribuito all’Assisiate è la preghiera per la pace, meglio conosciuta, almeno per il pubblico italiano, come “Preghiera semplice”; un testo tanto diffuso quanto non autentico. Giustamente sorge la domanda da dove abbia avuto origine e a questa cerca di rispondere lo studio di Christian Renoux, La preghiera per la pace attribuita a san Francesco, un enigma da risolvere (Padova 2003). FEBBRAIO 2018 11 Tale preghiera appare per la prima volta in Francia con il titolo Belle prière à faire pendant la Messe nel 1912 sulla La Clochette, rivista di una pia associazione avente come inalità la diffusione della partecipazione alla Messa, soprattutto domenicale, tra i cattolici. tra coloro che ebbero modo di conoscerla vi fu il canonico Louis boissey (1859-1932) che la ripubblicò nel bollettino gli Annales de Notre-Dame de la Paix e così giunse tra le mani di Stanislas de la Rochethulon et Grente che, vantando legami con il Vaticano, ritenne bene inviarla quale preghiera per implorare la pace al Segretario di Stato vaticano, il cardinal Pietro Gasparri. Questi da parte sua ringraziò sottolineando l’interesse di papa Benedetto XV e il 20 gennaio 1916 l’Osservatore Romano pubblicò tale scritto, con una traduzione italiana, preceduta dal titolo Le preghiere del «Souvenir Normand» per la pace, nella quale vennero introdotte altre varianti rispetto all’originale del 1912. In questo modo la nostra preghiera ottiene una grande diffusione e viene ripresa da La Croix che la pubblica il 28 gennaio 1916 deinendola «une prière très ancienne». Sempre nel periodo della Prima guerra mondiale il cappuccino Étienne Benôit da Parigi pubblicò la preghiera dietro a una immaginetta rafigurante san Francesco intitolandola Prière pour la paix e spiegando che riassume meravigliosamente la isionomia del vero seguace del Santo d’Assisi. A questo punto vi prestarono attenzione anche i protestanti che non solo avevano superato l’avversione di Martin Lutero all’Assisiate ma vedevano nel francescanesimo persino un precursore della loro riforma. Il pastore Rambaud, in un lavoro di riconciliazione tra riformati francesi e tedeschi scopre la nostra preghiera e la diffonde con la menzione «Attribuée a St. François d’Assise» in migliaia di esemplari in diversi Paesi d’Europa, soprattutto in Svizzera e in belgio. ormai tutto è pronto perché si diffonda capillarmente grazie anche alla traduzione nelle varie lingue. Se è vero che il 27 ottobre 1986 Giovanni Paolo II, durante la giornata di preghiera, pellegrinaggio e digiuno per la pace con tutti rappresentanti delle religioni, citò tale orazione, è pure vero che la scelta di Assisi per quel raduno fu determinato in parte pure alla attribuzione a san Francesco di questa preghiera. Anche nell’incontro di invocazione per la pace svoltosi nei Giardini Vaticani domenica 8 giugno 2014 alla presenza di papa Francesco, dei presidenti Shimon Peres e Abu Mazen, con la partecipazione del patriarca Bartolomeo, i cristiani hanno recitato la “Preghiera semplice”. FEBBRAIO 2018 12 Ma allora non c’è nessun rapporto di questa prece con il Santo d’Assisi? Sinceramente si deve prendere atto di no, anche per la ripetizione del pronome “io”, modalità molto distante dallo stile, pensiero e spiritualità di frate Francesco. Tuttavia se nulla accomuna il suddetto testo conosciuto come “Preghiera semplice” si deve ammettere che in esso vi sono reminiscenze dei Detti del beato Egidio d’Assisi, uno dei primi unitisi alla fraternità minoritica. Infatti frate Egidio afferma: «Beato chi ama e non desidera solo essere amato; beato chi teme e non desidera solo essere temuto; beato chi serve e non desidera solo essere servito; beato chi agisce bene verso gli altri e non desidera che gli altri agiscano bene verso di lui» (Egidio d’Assisi, Detti, in Fonti agiograiche dell’ordine francescano, Editrici Francescane, Padova 2014, p. 487). Nel 1901 in Durenda. Revue catholique d’art et de littérature apparve una traduzione francese di questo brano: «Mais bienheureux est celui qui aime vraiment, et ne désire pas être aimé». Come detto sopra, undici anni dopo, ossia nel 1912, su La Clochette apparve il testo che dopo vari passaggi sarà conosciuto come la “preghiera semplice” del Santo d’Assisi, la cui seconda parte afferma: «Ô Maître, que je ne cherche pas tant à être consolé qu’à consoler, à être compris qu’à comprendre, à être aimé qu’à aimer». Nel confronto tra i due testi si deve ammettere che se non vi sia una intertestualità, ossia vera e propria citazione dei Detti del beato Egidio, vi è però certamente una interdiscorsività o, detto più semplicemente, reminiscenza visto che alcuni termini ed espressioni “fanno sistema”. Pertanto se è falso deinire la “preghiera semplice” di frate Francesco corrisponde in parte al vero deinirla del beato Egidio d’Assisi. *OFM, docente di Storia del Francescanesimo alla Pontiicia Università Antonianum FEBBRAIO 2018 13 ANTEpRIMA EuROpEA ALL’AuDITORIuM sERApHICuM Mercoledì 9 maggio - ore 18 Via del Seraico, 1 - angolo via Laurentina a roma ingresso gratuito testimoni del vangelo CENTO ANNI FA MORIvA FRA ANTONIO MANsI COFONDATORE DELLA MILIzIA DELL’IMMACOLATA LA CITTà DI RAvELLO sI pREpARA A RICORDARE IL COMpAgNO DI p. KOLbE di Gianfranco Grieco* Cento anni fa, fra Antonio Mansi (nella foto), alunno della Pontiicia Facoltà teologica “San bonaventura”, moriva nel collegio seraico internazionale in via san teodoro al Palatino 41 F, colpito da febbre spagnola. Era il 31 ottobre 1918. Aveva solo 22 anni. Era stato con fra Massimiliano Maria Kolbe cofondatore della Milizia di Maria Immacolata (16 ottobre 1917) e insieme condivisero la scelta di vita francescana dal 12 novembre 1915 al 31 ottobre 1918. Negli anni della sua formazione romana, era rettore del collegio padre Stefano Ignudi, genovese, noto studioso di Dante e confessore di Benedetto XIV, il quale, nel trigesimo della morte, sulla immaginetta ricordo lo additava come “santo chierico” che nel corso della breve esistenza (era nato a Londra il 9 maggio 1986 da genitori di Ravello - Salerno) coltivava in «modo eccellente le virtù dell’umiltà, dell’obbedienza, dell’abnegazione dell’amor proprio, della mortiicazione, della pazienza, della semplicità, della povertà religiosa, della carità fraterna, della diligenza e della precisione nell’osservanza delle regole, della fede più viva e della pietà più tenera, riguardo alla preghiera, al culto, alla Chiesa, al Papa, al suo Ordine». Era caldo a Roma, giovedì 8 luglio 2004, quando, dopo le 16, le spoglie mortali di fra Antonio Mansi raccolte nella nuova urna lignea venivano portate dal cimitero Verano alla chiesa di Santa Dorotea in Porta Settimiana aTrastevere per un momento di intensa preghiera. Nel primo pomeriggio di sabato 10 luglio, la piccola salma veniva portata nel cimitero di Ravello, dove alle ore 19.05 veniva collocata nella tomba di Colombina Palumbo (1907-1990). ritornava fra Antonio, a “respirare” l’aria di casa, tra la sua famiglia naturale, tra la sua gente, dopo 86 anni. Dopo oltre quattro mesi - era il 25 novembre 2004 - le spoglie mortali di fra Antonio dal cimitero di ravello venivano portate al santuario del beato Bonaventura da Potenza. Così, i resti mortali dei due fratelli Mansi - Antonio e Bonaventura Mansi già custode del sacro convento di Assisi, procuratore e vicario generale dell’ordine, ministro provinciale di Napoli dal 1954 al 1961 - venivano raccolti in un unico luogo sacro, sotto la statua del seraico padre san Francesco, a sinistra, prima di entrare in sagrestia. FEBBRAIO 2018 15 Per la ricorrenza centenaria verranno promosse a Ravello, gemma della divina costiera, dal 28 al 31 ottobre 2018, solenni celebrazioni: un convegno storico-culturale-spirituale e la pubblicazione della prima biograia di fra Antonio Mansi, tanto desiderata sia da san Massimiliano Kolbe che dal fratello minore padre Bonaventura. Tre anni dopo - dicembre 2007 - veniva pubblicato il volume Fra Antonio Mansi (1896-1918) Diario spirituale e Scritti autograi (Editoriale Comunicazioni Sociali, Napoli 2007, pp.300), a cura di padre Bonaventura Danza, storico bibliotecario del Seraphicum (da cui è tratta la copertina del Diario spirituale, nella foto a sinistra). Ciò che era nei voti diventava gioiosa e consolante realtà, sabato 18 ottobre 2008, quando nella chiesa di san Francesco a Ravello, a due passi dalla tomba del Beato, e del sepolcro che raccoglie i resti mortali dei fratelli Antonio e Bonaventura Mansi, si presentava il volume alla presenza della famiglia Mansi e di un folto pubblico di Ravello e della Costa d’Amali. La mostra degli Scritti autograi arricchiva la celebrazione di un evento che dalla cronaca passava alla storia. Negli Scritti Kolbiani il nome di fra Antonio Mansi ricorre ben diciotto volte. Riprendiamo alcuni passi dagli Appunti di cronaca e dagli Articoli scritti dal Kolbe : «… E quella riunione della Milizia si svolse con il permesso dei superiori, proprio nella cella di uno di essi, precisamente di fra Antonio M. Mansi …, poeta valente, musico, parlava bene non solo la lingua materna, ma anche l’inglese, il francese, il latino classico. Ma soprattutto era un religioso esemplare. Questo avvenne il 16 ottobre 1917» (SK, 1040, p.1827). E continuava: «… La febbre spagnola inieriva sempre di più. tornai a roma. Appena entrato nella portineria del collegio venni a sapere che il chierico Antonio Mansi era stato assalito da febbre spagnola. Nonostante la proibizione generale di intrattenersi con gli ammalati, per timore di contagio, ottenni il permesso di fargli visita …» (SK, 1040, p. 1828). Ad una anno dalla morte, in data 31 ottobre 1919, annotava tra le pagine degli Appunti di cronaca: «Anniversario della morte di fra Mansi. terza riunione della M.I., durante la quale fra Valente ha letto la traduzione polacca della biograia di fra Antonio» (SK, 998 G,p. 1622). Nel corso della calda estate del 1919 - 4 giugno- 9 luglio - padre Kolbe sceglieva la città di Ravello per «raccogliere qualche documentazione riguardante la fanciullezza di fra Antonio», «visitare la sua casa» e «conoscere lo zio parroco di fra Antonio, mons. Mansi. Il 5 luglio veniva anche a sapere della morte del padre di fra Antonio, avvenuta a causa del vaiolo, mentre la madre è gravemente ammalata e due sorelle sono a letto» (SK, Appunti di cronaca, 988 G, pp. 16171618). A Ravello, nel vedere il giovane Kolbe, la gente esclamava: «Somiglia a fra Mansi» (SK, p.1617). Nel corso della seconda parte dei lavori capitolari (24-28 luglio 2017) i confratelli della Provincia di Napoli votavano all’unanimità la proposta di preparare la necessaria documentazione per la beatiicazione di fra Antonio, devoto cantore del beato Bonaventura da Potenza. Con la sua ispirata poesia: Dinanzi alla miriica arca dei tuoi portenti, musicata dal grande maestro padre Domenico Stella, direttore della cappella musicale della basilica di san Francesco in Assisi, lasciava anche tra la sua gente di Ravello il segno della sua arte poetica e della sua spiritualità francescana e bonaventuriana. *OFMConv, giornalista e scrittore FEBBRAIO 2018 16 CASA PER F E R I E SErAPHICUM Un’oasi di pace e bene per i tuoi soggiorni a Roma Novità: nuove camere con aria condizionata e televisore Per info, visita il nostro sito web tel. 06 515031 http://www.seraphicum.org/accoglienza.asp Seguici anche su Facebook TripAdvisor lessico francescano S come Scandalo I pECCATI CHE susCITAvANO sCANDALO sECONDO sAN FRANCEsCO di Emil Kumka* La voce elaborata dall’autore, il cappuccino Andrzej derdziuk, è divisa in soli due punti: 1. Signiicato teologico di “scandalo”; 2. Come san Francesco intendeva il termine. Lo scandalo scaturisce dall’omissione oppure dall’azione che inluisce negativamente su altri e provoca l’abbandono del bene da parte loro. Così lo scandalo può condurre all’abbassamento della vita morale e costituire la giustiicazione per peccare. Etimologicamente la parola latina scandalum proviene dall’offendiculum, che signiica l’ostacolo messo sulla via. Il termine include le parole e le opere che creano al prossimo la possibilità di una caduta spirituale. Nello scandalo la sostanza è costituita dal dare l’occasione, perciò ha un valore morale oggettivamente negativo, anche se l’altra persona non commette il peccato. Lo scandalo è il reato contro l’amore del prossimo e contro la giustizia, che obbliga a dare un buon esempio, specialmente quando un individuo svolge la missione di guida o di responsabilità di qualsiasi gruppo o società. Questo è anche un crimine contro la cura della bontà spirituale dell’altro. Il fondamento della valutazione negativa di questo peccato sono le parole di Gesù Cristo: «È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!» (Mt 18,7). San Francesco guardava con ripugnanza il peccato dello scandalo e avvertiva i suoi frati di non commetterlo. Soffriva tanto a causa di questo reato, quando lo vedeva, e credeva, che se non ci fosse la grazia di Dio, lo scandalo fatto dai frati lo avrebbe condotto alla morte (cf. LM 8,3). Anche se non deiniva cosa fosse lo scandalo, tuttavia forniva osservazioni concrete sugli atteggiamenti scandalosi. Nella regola non bollata ordinava: «né accettino alcun uficio che generi scandalo o che porti danno alla loro anima… » (Rnb 7,1). Tommaso da Celano testimonia che i primi frati: «Non volevano esercitare nessun lavoro che potesse dar adito a scandalo, ma sempre si occupavano di cose sante e giuste, oneste e utili, dando esempio di umiltà e di pazienza a tutti coloro con i quali si trovavano» (VbF 39). FEBBRAIO 2018 18 San Francesco annoverava come fatto scandaloso, per fare un esempio, l’essere padrino (cf. Rb 11,4), poiché ciò comportava il possesso di beni utili per aiutare il nipote. Nei peccati che suscitavano lo scandalo san Francesco includeva l’ozio, l’avidità, la calunnia, la disobbedienza e la mormorazione, perché possono risvegliare la volontà di possedere i beni, di essere indipendenti dai superiori e di gettare una cattiva luce sugli altri. La suscettibilità verso lo scandalo fu giudicata da san Francesco come l’immaturità e l’instabilità che si rivelano di fronte alle dificoltà e persecuzioni. L’inclinazione verso questo è il segno di volatilità e caratterizza la condotta, che il santo indicò come la mancanza di radice in sé (cf. Rnb 22,15), ossia moralmente la mancanza di “spina dorsale”, quella che permette di rimanere fermo nel bene nonostante le circostanze. Siccome l’uomo è debole, deve pregare perché riesca a vedere il bene del prossimo, gioire di questo e sfuggire l’occasione di scandalo: «…spendendo tutte le nostre energie e i sensi dell’anima e del corpo in offerta di lode al tuo amore e non per altro; e afinché amiamo i nostri prossimi come noi stessi, attirando tutti secondo le nostre forze al tuo amore, godendo dei beni altrui come fossero nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando alcuna offesa a nessuno» (OrPat 5). Per evitare lo scandalo, l’Assisiate propone ai confratelli la confessione sincera (cf. Mem 28,11-14); il mantenimento di pace, serenità, gentilezza e pudore verso tutti: «Ma mentre erano così severi con se stessi, il loro contegno era sempre garbato e paciico con tutti; e attendevano solo a opere di ediicazione e di pace, evitando con grande cura ogni motivo di mal esempio» (VbF 41,2); l’astensione dai propri piaceri e dall’amore peculiare, specialmente quando è superiore alla fraternità: «Deve essere – proseguì – un uomo di vita quanto mai austera, di grande discrezione e lodevole fama. Un uomo che non conosca simpatie particolari, perché, mentre predilige una parte, non generi scandalo in tutta la comunità» (Mem 185,2). Invitando a non cedere alla tentazione dello scandalo, san Francesco avvertiva i frati di non indignarsi del peccato altrui, e comandava di declinare l’ira e l’ansia per il reato compiuto da qualcun altro. Non accettando il peccato, un frate minore dovrebbe fuggire dal giudizio del peccatore: «Al servo di Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato. E in qualunque modo una persona peccasse e, a motivo di tale peccato, il servo di Dio, non più guidato dalla carità, ne prendesse turbamento e ira, accumula per sé come un tesoro quella colpa» (Adm 11, 1-2). *OFMConv, docente di Francescanesimo Autore della voce: ANDRzEJ DERDzIuK OFMCap, Scandalo, in: Leksykon duchowości franciszkańskiej, coll. 2215-2218. bibliograia scelta: A. dErdzIUK, Aretologia w podręcznikach moralistów kapucyńskich w okresie między Soborem Watykańskim I a Watykańskim II, Lublin 2001, 350-353; S. dUrANtI, Francesco ci parla. Commento alle ammonizioni, Assisi 1992; B. HÄRING, La legge di Cristo; Trattato di teologia morale, vol. II, Brescia 1969; L. IRIARTE, Vocazione francescana. Sintesi degli ideali di san Francesco e di santa Chiara, Roma 1987. FEBBRAIO 2018 19 il tesoro dello scriba OMELIE suLLE pARAbOLE di Emanuele Rimoli* Questo piccolo libro, estratto di una pubblicazione più voluminosa (L’intelligenza spirituale delle Scritture, EDB 2008), propone un itinerario di comprensione delle parabole evangeliche tenendo conto di due elementi, una disposizione per l’intelligenza della Scrittura e un vero e proprio metodo di intelligenza. La disposizione è data da una constatazione: «senza domanda la Scrittura non parla». Individuare la domanda sottesa al racconto evangelico costituisce, infatti, la chiave per cogliere più in profondità ciò che davvero è in gioco nella narrazione, ovvero la rivelazione di una «esperienza possibile che può fare il nostro cuore» dell’amore di dio, mettendoci al riparo da una lettura supericiale. In questa prospettiva si comprende l’invocazione di Isacco il Siro prima di accostarsi alle parole della Scrittura: «Signore, concedimi di sentire la potenza che esse contengono!», dove con “potenza” si allude all’esperienza di incontro e di salvezza che la Parola di Dio manifesta e comunica. Ma per noi uomini intasati dal continuo brusio di informazioni, precomprensioni e preoccupazioni, non è così semplice né facile dialogare con la Scrittura e scoprire le domande pertinenti da porle. Se poi consideriamo l’abitudine a mettersi davanti al testo avendo come iltro il “cosa dice a me”, l’orizzonte di accoglienza e di comprensione della vitalità della Parola si riduce drasticamente alla pretesa che la Scrittura “parli a me e di me come io credo di sapere mi si debba parlare”. Ma, in verità, le parabole evangeliche non parlano tanto del cuore dell’uomo, quanto invece illustrano l’agire di Dio nella rivelazione del suo amore in Gesù per tutti gli uomini. E l’invito, di conseguenza, è a entrare in quella dinamica di rivelazione più che a capire dei contenuti – poiché questi possono emergere solo da una dinamica di relazione. Da qui allora la necessità di un metodo per l’intelligenza della Parola che l’autore p. Elia individua nella liturgia della Chiesa con i suoi continui rimandi alle Scritture, poiché «se è vero che la bibbia si è costituita ed è stata tramandata nel contesto della celebrazione liturgica, allora deve esser vero anche il corollario che l’intelligenza delle Scritture avviene specialmente nella celebrazione liturgica» (Citterio, L’intelligenza spirituale, 16). FEBBRAIO 2018 20 La scelta dipende da diversi fattori: innanzitutto la liturgia è il luogo originario della lettura delle Scritture, pur non essendo l’unico; inoltre, pur non escludendo altri approcci al testo biblico, la liturgia ne costituisce l’asse portante, poiché essa è l’esperienza del Corpo dei credenti radunati dal Capo-Cristo per ascoltare e accogliere la sua Parola non tanto come una dottrina costruita su più o meno accettabili opinioni, quanto come la celebrazione della vita condivisa (cf. rm 12,5), la quale ha un linguaggio e un’intelligenza. È un dato acquisito dalla tradizione: l’esperienza della fede della Chiesa e i desideri personali dei cuori convergono verso una intelligenza che tiene assieme, come dei vasi comunicanti, ciò che si prega come Corpo e ciò che si crede come membra del Corpo. Ne deriva un principio che è anche il frutto dell’intelligenza delle Scritture e la ragione dell’agire: «Ascoltare la parola con il cuore signiica stare solidali con coloro i quali hanno reagito alla Parola lasciandosi compenetrare dalla grazia di salvezza che cela, esperienza che ha intessuto l’intelligenza della Parola da parte della Chiesa orante». Elia CITTERIO, Omelie sulle parabole. Quattordici riflessioni sui racconti di Gesù EDB 2014, pp. 80 * OFMConv, docente di Antropologia teologica @fratemanu FEBBRAIO 2018 21 cineforum AMORE, DEsIDERIO, EMpATIA, AMICIzIA, DOLORE IN chiamami cOl TUO NOme IL FILM DI guADAgNINO CANDIDATO A quATTRO OsCAR di Vincenzo Laurito* buio in sala. titoli di coda. Luce. È appena inita la proiezione di Chiamami col tuo nome e il primo commento che viene spontaneo al pubblico dei non addetti ai lavori è: «non è un ilm dove si parla di omosessualità!». Al contrario, davanti ai nostri occhi abbiamo appena visto, la pregevole opera d’un regista - Luca Guadagnino - che sussurra alle nostre orecchie cos’è l’amore. Come ha poi dichiarato lo stesso autore dopo l’uscita del ilm, quest’ultimo chiude idealmente una trilogia ideale del desiderio (dopo A Bigger Splash e Io sono l’amore). Amore, desiderio, empatia, amicizia, ma anche dolore. Sono questi alcuni dei sentimenti contrastanti vissuti dal protagonista diciassettenne Elio, interpretato con sorprendente bravura dal giovane thimothée Chalamet (nella foto) candidato all’Oscar il 4 marzo, che nell’arco di tre settimane a cavallo dell’estate del 1983, compirà il fatidico passaggio generazionale, dall’adolescenza all’età adulta. Sarà questo un rito iniziatico insolito, che avrà come altro protagonista, il maturo Oliver, neolaureato, venuto dall’America ospite dei genitori di Elio, per compiere un viaggio post-lauream alla ricerca della bellezza perduta, tra i fondali della campagna cremasca (ove il ilm è in larga parte girato). Il misterioso e tenebroso Oliver, incanta Elio come un dio greco, lo stesso rafigurato dalle diapositive degli scavi che il prof. Perlman, padre di Elio, mostra al giovane studente (il bravissimo e già affermato Harmie Hammer, visto in Hoover di Clint Eastwood). Ne nasce prima un’amicizia virile, che però ben presto si tramuta in tumultuosa passione, un vortice inevitabile che farà sprofondare i due, ma che sarà altrettanto necessario per la crescita dell’adolescente. Amore, dicevamo in precedenza, ma anche dolore. Duplice quello che proverà il ragazzo, innanzitutto perdendo l’innocenza, la ragazza precedentemente amata, e nel contempo subendo l’abbandono del suo “Humbert/Oliver (capovolgendo i termini di paragone, con il celebre capolavoro di Nabokov Lolita, ove invece era il maturo professore a cadere nell’oblio e inine nella perdita dell’amata). FEBBRAIO 2018 22 Sarà inevitabile ma non vano tutto ciò, come del resto fa capire il saggio prof. Perlman (una grande prova interpretativa per il celebre Michael Stuhlbarg) al iglio a cui lascerà queste parole, una sorta di inno alla vita e di buon viatico per l’età adulta: «Stai male e ora vorresti non provare nulla, forse non hai mai voluto provare nulla, ma ciò che ora provi io lo invidio... Soffochiamo così tanto di noi per guarire più in fretta, così tanto che a trenta anni siamo già prosciugati e ogni volta che ricominciamo una nuova storia con qualcuno diamo sempre di meno, ma renderti insensibile così da non provare nulla, è uno sbaglio». Ma nonostante tutto non è un ilm a tematica gay. Il merito va innanzitutto alla bravura del regista Luca Guadagnino (anch’egli candidato all’Oscar, come miglior regista), che ha sapientemente dosato gli elementi della storia, anche con il supporto e la forza evocativa emanata dall’omonimo romanzo di Andrè Aciman, da cui il ilm è tratto. Altro merito va senz’altro dato alla scrittura lieve, che accompagna gesti ed emozioni e le tante parole sussurrate dai personaggi, e che vedono la mano d’un mostro sacro del cinema mondiale, il regista James Ivory (Camera con vista, Quel che resta del giorno), che ha irmato la sceneggiatura non originale. Sono altresì importanti le inluenze avute dal regista, una fra tutte, la più esplicita, è quella di un altro indiscusso maestro, Bernardo Bertolucci. La sua aura si avverte nella costruzione di alcune immagini molto forti del ilm di Guadagnino, che inconsapevolmente evocano i capolavori del regista parmense. La scena con la pesca, il frutto eletto a elemento erotico in un momento molto esplicito tra Elio e Oliver, ha ricordato ad esempio quella del burro e dell’amplesso reso celebre da Marlon Brando e Maria Schneider in Ultimo Tango a Parigi, che scatenò infatti le ire e i tagli della censura. Ma anche l’ambientazione e i personaggi, che fanno da contorno alle vicende dei protagonisti di Guadagnino, ricordano la sincera genuinità dell’Emilia contadina, rappresentata dai “Paisan” di Novecento. Un ultimo plauso va alla scelta delle musiche, eccellenti nel sottolineate i momenti fondamentali del ilm e le emozioni dei personaggi. Volendo inine parafrasare il titolo, sperando sia di buon auspicio, vorremmo dire al pubblico che ancora non ha visto il ilm Chiamami col tuo nome di chiamarlo con il suo: Oscar!”. Un augurio, una speranza per i prossimi Academy Awards. Lo sapremo il 4 marzo a Los Angeles. * Collaboratore del Cineforum Seraphicum FEBBRAIO 2018 23 novità editoriali magNiFicaT! miscellanea in memoria di p. Faustino Tullio Ossanna OFmconv a cura di Raffaele Di Muro e Dinh Anh Nhue Nguyen Magniicat! L’esclamazione che spesso p. Faustino ossanna innalzava al Signore per lodarlo e ringraziarlo dei tanti beneici ricevuti nel suo percorso di francescano, pastore e studioso. Con tale espressione mariana ci sembra opportuno introdurre questo volume dedicato all’illustre teologo scomparso un anno fa. Detta invocazione è anche indice del suo legame con la Beata Vergine Maria, alla quale era unito mediante una preghiera costante e una serie di approfondimenti su di Lei. Con questo libro vogliamo sottolineare proprio la «marianità» di p. Faustino, un tratto tipico del suo vissuto spirituale, che ha dato tono e sostanza ad un ricchissimo percorso accademico-pastorale. Altro aspetto importante che il presente volume vuole evidenziare è la poliedricità dello studioso trentino. Il suo sapere si è affermato in vari campi della teologia, offrendo contributi di ottimo livello, che hanno fatto epoca. Come non ricordare il suo apporto agli studi su S. Massimiliano Kolbe, di cui ha evidenziato il signiicato del martirio con passione e grande intuizione? Come non ricordare il Dizionario di Mariologia, alla cui edizione ha attivamente lavorato? Come non ricordare le vibranti e appassionate lezioni di teologia morale, che hanno formato generazioni di studenti? La poliedricità di p. Faustino era proverbiale anche in campo pastorale. Assumeva volentieri i panni del direttore spirituale e del confessore, avendo una notevole capacità introspettiva. […] La sua sapienza spirituale è stata apprezzata da san Giovanni Paolo II, al quale ha avuto l’onore di tenere un corso di esercizi spirituali.[…] Nel presente volume, il proilo di p. Faustino, dotto studioso e zelante «pastore con l’odore delle pecore», emerge particolarmente chiaro dai contributi della prima sezione, che raccoglie vari documenti e discorsi in ricordo del Nostro. La seconda sezione propone sei studi accademici in memoria di p. Faustino e si apre con il contributo di Francesco Costa, costituito dalla bio-bibliograia del Nostro. Esso offre dettagli preziosi sul composito interesse accademico-pastorale di Ossanna (dalla presentazione). Casa Editrice Miscellanea Francescana, Roma 2018 FEBBRAIO 2018 24 FraNcescO il riBelle - il linguaggio, i gesti e i luoghi di un uomo che ha segnato il corso della storia di Enzo Fortunato San Francesco è oggi più che mai uno dei personaggi chiave per comprendere come si vada conigurando il cristianesimo in questo inizio di terzo millennio, a partire dalle parole con cui papa Bergoglio ha spiegato la scelta del suo nome: «Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! Per questo mi chiamo Francesco, come Francesco da Assisi». Con la semplicità, la mitezza e l’intenso fuoco interiore che hanno contraddistinto la sua vita, ancora dopo otto secoli attrae nella Basilica dedicata al Santo di Assisi milioni di persone ogni anno. Ma «perché scrivere un altro proilo biograico? Non bastavano le tante biograie, alcune delle quali eccellenti, uscite negli ultimi anni?» si domanda nella Prefazione il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. «La risposta è che questo lavoro ha una sua caratterizzazione speciica. Si potrebbe dire che si tratta di una lettura ecclesiale del santo di Assisi. Padre Enzo Fortunato ha voluto mostrarci tutta l’attualità del pensiero e dell’azione di Francesco, mentre la Chiesa cerca ogni giorno di compiere quel cammino in “uscita” chiestole da papa Francesco, di non essere cioè chiusa nelle sue istituzioni, ma povera e aperta all’incontro, capace di proporre il Vangelo con la parola e con la vita» (dalla presentazione). Mondadori, 2018 la cONTea FraNca di edessa - Fondazione e proilo storico del primo principato crociato nel levante (1098-1150) di sergio Ferdinandi Questo studio sul Levante in epoca crociata risponde all’esigenza, già emersa a partire dalla ine del XIX secolo, di una maggiore e più puntuale attenzione alla fondazione e alla straordinaria esperienza franco-armena della Contea di Edessa, sovente relegata ai margini della storiograia crociata. Il 10 marzo 1098, mentre la grande armata crociata dopo l’attraversamento dell’Asia minore era impegnata nel dificile assedio di Antiochia, Baldovino di Boulogne, fratello cadetto di Goffredo di Buglione, alla guida di uno sparuto contingente di cavalieri provenienti soprattutto dall’area delle Ardenne, fondava la Contea di Edessa, il primo principato franco in Oriente. Edessa, città Santa della cristianità, oltre a custodire le spoglie degli Apostoli tommaso e Giuda taddeo, ospitò ino al 944 il Mandylion, telo con l’immagine acheropita del Cristo, da molti studiosi identiicata con la Sindone di Torino. La costruzione politica della Contea, realizzata in pochi mesi nella regione compresa tra la Siria del Nord e la Mesopotamia a cavallo tra le due rive dell’Eufrate, era stata compiuta con il concorso determinante delle popolazioni e delle élites armene della regione che vedevano nei franchi, “fratelli nella fede”, i liberatori dal duro giogo turco. Si è spesso sottovalutata l’importanza strategica di questo sorprendente quanto repentino successo politico-militare, decisivo nel concorrere all’esito vittorioso della Prima crociata e della storia della presenza latina in Oriente. Antonianum, Roma 2017 FEBBRAIO 2018 25 giOrNalismO, VOcaZiONe, missiONe – ricordando giuseppe de carli a cura di Elisabetta Lo Iacono e giovanni Tridente Associare giornalismo a vocazione e missione è frutto di una profonda convergenza tra una speciica visione della professione e la testimonianza di vita offerta da Giuseppe De Carli, il quale considerava l’informazione religiosa come «una missione di cui farsi carico con convinzione, competenza e dedizione, come si trattasse di un vero e proprio apostolato». Chi svolge questo mestiere-missione-vocazione-missione con scrupolo, ben conosce la responsabilità che richiede, sia per le ricadute dirette che indirette, dato che tutti, protagonisti e fruitori dell’informazione, hanno diritto di accedere a “prodotti” credibili. oltre agli atti dell’edizione 2015 del Premio “Giuseppe de Carli”, il testo raccoglie cinque contributi che rilettono sull’informazione etica, sui suoi presupposti e sul contributo che ciascun professionista può dare nell’informe magma comunicativo nel quale viviamo quotidianamente immersi. Ne scrivono Cristiana Caricato, Sabina Fadel, Alessandro Gisotti, Domenico Paoletti e Sergio Tapia-Velasco. EDUSC, 2017 lasciÒ deTTO il pOVerO NONNO – saggezza antica nei proverbi de i malavoglia di verga di Italo spada Proverbi e motti degli antichi si inseriscono nel linguaggio e nella vita di un paese con l’autorità della legge che sancisce un fatto, non ha bisogno di consensi e non ammette discussioni. È così che gli insegnamenti degli antenati diventano punti fermi indimostrabili (non perché non si possono dimostrare, ma perché non hanno bisogno di dimostrazione) che regolano rapporti e azioni. C’è, in essi, qualcosa di ilosoico e di sacro: chi li ha creati e pronunciati per la prima volta era un saggio e un uomo di giudizio e la sua autorità non va messa in dubbio o criticata, ma accettata nell’inevitabilità del suo avverarsi. I proverbi sono ricchezza lasciata in eredità da chi non c’è più a chi ha preso il loro posto. Come ricorda Italo Spada, i proverbi raccolgono la saggezza dei popoli che imparano la lezione della natura e della storia. Alla violenza del destino i pescatori di Trezza reagiscono con la rassegnazione e trovano conforto più nella famiglia che nella religione, soprattutto se gli affari e la fortuna non sono favorevoli. Ma almeno sfuggono alla miseria dell’ignoranza con i proverbi, una sorta di magma sotterraneo alle pendici del vulcano dove matura la rilessione sulla vita (dalla premessa e prefazione). FEBBRAIO 2018 26 novità in biblioteca e lO VedemmO VOlare – la vera vita di san giuseppe da copertino di Roberto brunelli Fra Giuseppe diede un grido e lo vedemmo volare per aria da quegli scalini sopra l’altare della Madonna, che era distante circa tre canne. Si poggiò con le ginocchia sopra il taglio dell’altare, con le braccia aperte e con la faccia verso la Madonna, inché non venne un frate a svegliarlo. Dopo svegliato si stroinava gli occhi con le mani e diceva: “Perdonatemi, che questo frate asino vuole sempre che dorma”. (brigida Priete, Processo di beatiicazione di Nardò) Questo libro raccoglie le deposizioni giurate dei testimoni ai processi di beatiicazione di san Giuseppe da Copertino, il santo che più di ogni altro ha ricevuto da Dio il dono della levitazione, insieme a quelli della profezia, della bilocazione, della lettura dei cuori. È la storia affascinante di un umile frate incompreso dagli uomini e innalzato dalla Chiesa a patrono degli studenti e degli aviatori (Dalla quarta di copertina). Guerrino Leardini, Centro Missionario Francescano, 2017 QUaNdO la Fede pUÒ cOsTare la ViTa - la storia del medico francescano martin Benedict di Antonio Montonati “Martin Benedict, discreto messaggero della speranza, ha coltivato questa virtù fragile, con la forza dell’amore. Da medico dei corpi è diventato, coraggiosamente, anche medico delle anime; anche se non poteva svelarsi apertamente nella sua condizione di sacerdote, le persone hanno riconosciuto in lui la vocazione e l’opera di Dio. In questo modo, Martin Benedict, perseguitato, sofferente e costretto dal regime a non manifestare la sua identità, appare come un esempio di pazienza nel fare la volontà di Dio, offrendosi senza condizioni nel servire il suo prossimo”. (Bogdan Titaru-Cazaban, Ambasciatore della Romania presso la, Santa Sede [2010-2016]). (Dalla quarta di copertina) Salomone Belforte & C., Livorno, 2017 segnalazioni a cura di fra emil Kumka, direttore della Biblioteca del seraphicum FEBBRAIO 2018 27 appuntamenti CATECHEsI quAREsIMALI “No all’accidia egoista” è la seconda catechesi quaresimale che sabato 3 marzo terrà fra Orlando todisco, docente di Filosoia francescana, alla parrocchia dello Spirito Santo alla Ferratella, in via Rocco Scotellaro, 11 a Roma (zona Eur). Il ciclo di catechesi previste per la Quaresima, su invito rivolto dalla Diocesi di Roma a tutte le realtà parrocchiali, verte sul tema “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”. Dopo l’incontro con il preside del Seraphicum, fra Dinh Anh Nhue Nguyen su “No alla guerra tra noi!”, sabato 24 febbraio, e con fra Orlando Todisco, saranno ancora due docenti della Facoltà impegnati in questo cammino quaresimale, sabato 10 e 17 marzo. CINEFORuM sERApHICuM Si apre un altro mese di proiezioni del Cineforum Seraphicum, presso l’Auditorium di via del Seraico, 1 - angolo via Laurentina a Roma. Queste le prossime pellicole per gli appuntamenti del sabato alle ore 16: sabato 3 marzo: La battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson. Con Andrew Garield, teresa Palmer, Hugo Weaving, rachel Grifiths, Luke bracey. titolo originale: Hacksaw Ridge (Australia USA, 2016); sabato 10 marzo: Il cittadino illustre di Gastón Duprat e Mariano Cohn. Con oscar Martínez, dady brieva, Andrea Frigerio, belén Chavanne, Nora Navas. titolo originale: El ciudadano ilustre (Argentina - Spagna, 2016); sabato 24 marzo: Lasciati andare di Francesco Amato. Con Toni Servillo, Verónica Echegui, Carla Signoris, Luca Marinelli, Pietro Sermonti (Italia, 2017). Per info: tel. 06 515031; e-mail: cineforum@seraphicum.org; http://www.seraphicum.org/cineforum.asp IMpRENDITORIA E pENsATORI FRANCEsCANI “Non c’è buona economia senza buoni imprenditori” è il tema del convegno in programma sabato 10 marzo alle ore 17 ad Asti, presso l’Auditorium degli Oblati di San Giuseppe (corso Vittorio Alieri, 384), promosso dall’Associazione “San Giuseppe imprenditore”. Nel corso dell’appuntamento è prevista anche una relazione del professor Oreste bazzichi, docente di Filosoia sociale ed etico-economica che interverrà su “La funzione imprenditoriale vista dai pensatori francescani”. FEBBRAIO 2018 28 Convegno “I FRATI MINORI CONvENTuALI IN AFRICA. pREsENzE, FRuTTI E spERANzE” uN EsEMpIO DI sINERgIA TRA vANgELO, CARITà E INCuLTuRAzIONE: IL CENTRO MEDICO DI sAbOu IN buRKINA FAsO SAbAto 10 MArzo orE 9.30 - SErAPHICUM (SALA SISto V) In Burkina Faso, nel comune rurale di Sabou, opera dal 2003 il Centro medico “San Massimiliano Kolbe” che offre assistenza sanitaria gratuita ad oltre 110mila abitanti del posto. Emergenza Sorrisi opera a ianco dei Frati Francescani per fronteggiare l’emergenza sanitaria in un territorio caratterizzato da notevoli problematiche fornendo competenze e formando i medici locali. Il centro medico offre una serie di servizi che vanno dal pronto soccorso a un reparto di medicina generale con 25 posti letto per adulti e 30 per bambini, un reparto maternità con 12 posti letto e un centro di recupero nutrizionale per i bambini malnutriti. Attualmente sono in fase di costruzione un’area destinata alla radiologia e un centro chirurgico. Soltanto nello scorso anno 2.456 bambini hanno usufruito del servizio di assistenza nutrizionale, mentre sono stati 8.287 gli adulti e 3.725 i bambini che hanno beneiciato di una visita. Programma Moderatore – Lucas Duran | Radio Vaticana Saluti istituzionali s.E. Madame Josephine Ouedraigo | Ambasciatrice del Burkina Faso Fra Jerzy Norel | Vicario Generale OFM Conventuale Fra Felice Flasconaro | Guardiano del Collegio Seraphicum Interverranno Fra Taddeusz Świątkowski | Assistente Generale dell’AFCOF OFM Conv. Fra Jarosław Wysoczanski | Segretario Generale Animazione Missionaria Ofm Conv. Fabio Massimo Abenavoli | Presidente Emergenza Sorrisi Fra Tomasz Kret | Direttore Centro Medico Maximiliano Kolbe Massimiliano Mallardo | Responsabile Segretariato Sociale Rai Paolo Rufini | Direttore Tv 2000 s.E. Mons. gianrico Ruzza | Segretario Generale Vicariato di Roma FEBBRAIO 2018 29 LA TEOLOgIA DI pApA FRANCEsCO Sarà presentata lunedì 12 marzo, alle ore 17.30 presso la Sala Marconi di Palazzo Pio in piazza Pia n.3 a Roma, la collana “La teologia di papa Francesco”, edita dalla Libreria Editrice Vaticana. Dopo i saluti di fra Giulio Cesareo, OFMConv, responsabile editoriale della LEV, interverranno S. Em. Card. Walter Kasper, Presidente emerito del Pontiicio Consiglio per l’Unità dei Cristiani; S. E. mons. Luis Francisco Ladaria, S.I., Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e don Roberto Repole, Presidente dell’Associazione Teologica Italiana e curatore della collana. Modera Elisabetta Lo Iacono, giornalista e responsabile dell’Uficio stampa della Pontiicia Facoltà teologica “San bonaventura”. FEsTA DELLA FACOLTà È in programma mercoledì 14 marzo la Festa della Pontiicia Facoltà teologica “San bonaventura” Seraphicum. Il programma prevede alle ore 9.30 la celebrazione eucaristica nella cappella “San Bonaventura”, presieduta da mons. Roberto Carboni, OFMConv, vescovo di Ales-Terralba (nella foto). Alle ore 11 si terrà l’appuntamento accademico con il saluto e l’introduzione del Preside fra Dinh Anh Nhue Nguyen, cui seguiranno gli interventi di p. Pedro Barrajón sul tema “La sapienza cristiana secondo san Bonaventura: la sua attualità teologica ed ecclesiale” e di fra Enzo Galli, OFMConv, su “Dal triplex Verbum alla iliazione divina: un tentativo di attualizzazione del pensiero cristologico di san Bonaventura”. svEgLIA FRANCEsCANA Ancora due appuntamenti in calendario per la Sveglia francescana, il gruppo di evangelizzazione di strada dei frati-studenti del Seraphicum. Il 17 marzo sarà l’Ospedale “San Giovanni” a Roma (nella foto una precedente visita) ad accogliere i frati in alcuni suoi reparti, per un momento di preghiera, di rilessione sulla Quaresima ma anche di animazione. dal 13 al 15 aprile, poi, è prevista un’uscita in Puglia, dove il gruppo sarà ospite della Basilica di San Martino a Martina Franca (Taranto). La Sveglia francescana può essere seguita anche su Facebook e YouTube dove si possono trovare, ogni settimana, i video di commento al Vangelo. FEBBRAIO 2018 30 LA MIssIONE FRANCEsCANA ALLA CORTE DEI MONgOLI “Prima di Marco Polo: la missione di Benedetto Polacco e Giovanni da Pian del Carpine alla corte di Khan dei Mongoli, 1245 – 1247” è il tema della mostra promossa dall’Istituto polacco di roma, visitabile sino a ine marzo nella sede di via Vittoria Colonna, 1 - nei pressi di piazza Cavour - a Roma. La mostra è stata inaugurata nel corso di una conferenza, lo scorso 20 febbraio, alla quale ha partecipato fra Emil Kumka, docente di Francescanesimo al Seraphicum (a sinistra, nella foto), assieme al professor Mariusz ziółkowski, presidente del consiglio di amministrazione della sezione polacca di The Explorers Club e al prof. Jerzy Miziołek, storico dell’arte e archeologo. La mostra, articolata in esplicativi pannelli, intende gettare luce sulla storia di un incredibile viaggio - per molti aspetti non conosciuto - e sui suoi protagonisti. uN ApERITIvO… spECIALE Un aperitivo con Haydn, Mozart e beethoven è il tema dello spettacolo in programma domenica 25 marzo alle ore 18 all’Auditorium Seraphicum, a via del Seraico, 1 – angolo via Laurentina a Roma. L’appuntamento, che abbina questa volta “Musica & Cucina”, rientra nel calendario della rassegna “Al di là del concerto”, promossa sotto la direzione artistica di Pamela Gargiuto e Paola Pegan. Tra i protagonisti dello spettacolo, Francesco Cappelletti al violino, Rositsa Ruseva al violoncello, Paola Pegan al pianoforte, Pamela Gargiuto agli interventi storici e critici e, curatore del catering, lo chef Mauro Poddesu. I successivi appuntamenti sono in programma, il 22 aprile e 20 maggio. Prezzo del concerto con aperitivo a tema: 20 euro. Per info: tel. 06 515031. vIDEO DEL CONgREssO su sAN bONAvENTuRA Sono disponibili on line, sul canale Youtube della Pontificia Università Gregoriana, i video degli interventi integrali e in lingua originale del congresso internazionale “Deus summe cognoscibilis - L’attualità teologica di san Bonaventura”. L’importante evento, promosso nell’ottavo centenario della nascita del Dottore Seraico e svoltosi dal 15 al 17 novembre dell’anno scorso, era stato organizzato dalla Pontiicia Università Gregoriana, assieme alla Pontiicia Facoltà teologica “San bonaventura” e alla Pontiicia Università Antonianum e si era tenuto nelle sedi delle tre realtà accademiche. FEBBRAIO 2018 31 francescanamente parlando IL pREsENTE E IL FuTuRO DELLE MIssIONI “Laici, protagonisti della missione” è stato il tema della XXIX Assemblea missionaria francescana, promossa dal Centro Missionario francescano, e svoltasi dal 31 gennaio al 3 febbraio al Seraphicum. L’Assemblea, a carattere formativo e informativo, ha visto la partecipazione degli animatori provinciali dell’area FIMP (Federazione Inter-mediterranea Ministri Provinciali, con l’intervento del presidente, fra Mauro Gambetti), dei collaboratori laici dei Centri Missionari, di frati e di quanti si interessano di animazione missionaria. Tra i diversi incontri, quello con il prof. Marco Bartoli, docente universitario, francescanista e membro della Comunità di Sant’Egidio e con fra Jaroslaw Wysoczynski, segretario generale oFMConv per l’Animazione Missionaria. L’Assemblea si è conclusa con una relazione del direttore, fra Paolo Fiasconaro, su attività, prospettive e programmazione. IN pAROLE FRANCEsCANE «Egli (Francesco), come un carbone ardente, pareva tutto divorato dalla iamma dell’amor divino, Al sentir nominare l’amor del Signore, subito si sentiva stimolato, colpito, iniammato: quel nome era per lui come un plettro, che gli faceva vibrare l’intimo del cuore». «E molto si deve amare l’amore di Colui che molto ci ha amato» (san Francesco). Leggenda maggiore di san Bonaventura (FF 1161) san Bonaventura informa è il mensile della Pontiicia Facoltà teologica “San bonaventura” Seraphicum preside: Dinh Anh Nhue Nguyen (OFMConv) Direttore responsabile: Elisabetta Lo Iacono Redazione: Oreste Bazzichi, Giulio Cesareo (OFMConv), Francesco Costa (OFMConv), Raffaele Di Muro (OFMConv), Felice Fiasconaro (OFMConv), Emil Kumka (OFMConv), Domenico Paoletti (OFMConv), Emanuele Rimoli (OFMConv), Germano Scaglioni (OFMConv), Roberto Tamanti (OFMConv), Orlando Todisco (OFMConv) Hanno collaborato a questo numero: Franciszek Czarnowski (OFMConv), Gianfranco Grieco (OFMConv), Emil Kumka (OFMConv), Vincenzo Laurito, Elisabetta Lo Iacono, Pietro Messa (OFM), Domenico Paoletti (OFMConv), Emanuele Rimoli (OFMConv), Vincenzo Rosito Direzione e Redazione: c/o Pontiicia Facoltà teologica “San bonaventura” Seraphicum Via del Seraico, 1 – 00142 roma tel: 06 51503209 - Fax : 06 5192067 – Email: sanbonaventurainforma@gmail.com Registrazione Tribunale di Roma n. 219 del 07/12/2016 (Anno II / n.14) Sito web Twitter Instagram Facebook Google+ YouTube FEBBRAIO 2018 32