San Bonaventura
ANNO VI - Nº 61
informa
In questo numero:
Editoriale
Tutto parte dall’Amore e tende all’Amore
La celebrazione della Quaresima ci offre una preziosa occasione per meditare sul rapporto tra fede e carità: tra il
credere in Dio, nel Dio di Gesù Cristo, e l’amore, che è
frutto dell’azione dello Spirito Santo e ci guida in un cammino di dedizione verso Dio e verso gli altri.
Già nella mia prima Enciclica ho offerto qualche elemento per cogliere lo stretto legame tra queste due virtù teologali, la fede e la carità. Partendo dalla fondamentale
affermazione dell’apostolo Giovanni: «Abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16),
ricordavo che «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una
decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un
avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo
orizzonte e con ciò la direzione decisiva... Siccome Dio ci
ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10), l’amore adesso non è più
solo un “comandamento”, ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro» (Deus caritas est, 1).
La fede costituisce quella personale adesione - che include tutte le nostre facoltà - alla rivelazione dell’amore
gratuito e «appassionato» che Dio ha per noi e che si manifesta pienamente in Gesù Cristo.
L’incontro con Dio Amore che chiama in causa non solo
il cuore, ma anche l’intelletto: «Il riconoscimento del Dio
vivente è una via verso l’amore, e il sì della nostra volontà
alla sua unisce intelletto, volontà e sentimento nell’atto
totalizzante dell’amore. Questo però è un processo che
rimane continuamente in cammino: l’amore non è mai
“concluso” e completato» (ibid., 17). […]
L’esistenza cristiana consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio per poi ridiscendere, portando
l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire
i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio. […]
In sostanza, tutto parte dall’Amore e tende all’Amore.
L’amore gratuito di Dio ci è reso noto mediante l’annuncio del Vangelo. Se lo accogliamo con fede, riceviamo
quel primo ed indispensabile contatto col divino capace
di farci «innamorare dell’Amore», per poi dimorare e crescere in questo Amore e comunicarlo con gioia agli altri.
Benedetto XVI
Messaggio per la Quaresima 2013
FEBBRAIO 2018
focus del mese: quaresima, tempo per
riaccendere l’amore - pag. 2
#giovane sinodo: convocare le
generazioni - pag. 5
le richieste dei giovani missionari - pag. 8
storia e personaggi: la vera storia
della “preghiera semplice” - pag. 11
testimoni del vangelo: centenario
della morte di fra mansi - pag. 15
lessico francescano: s come scandalo
pag. 18
il tesoro dello scriba: omelie sulle
parabole - pag. 20
cineforum: chiamami col tuo nome
pag. 22
novità editoriali: miscellanea su p. ossanna
e proposte di lettura - pag. 24
novità in biblioteca: san giuseppe da
copertino e martin benedict - pag. 27
appuntamenti:
pag. 28
un
mese
di
iniziative
francescanamente parlando: presente
e futuro delle missioni e “in parole
francescane” - pag. 32
1
focus del mese
RIACCENDERE L’AMORE
vIvERE LA quAREsIMA CON IL MEssAggIO DEL pApA
di Domenico Paoletti*
Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti (Mt 24,12): è un versetto del Vangelo
di Matteo a dare il titolo al messaggio di papa Francesco per la Quaresima. Per comprenderlo nella
sua giusta portata occorre tener presente quello che precede: «Sorgeranno molti falsi profeti e
inganneranno molti» (v.11).
È interessante notare come queste frasi vengano pronunciate da Gesù dopo che i discepoli l’hanno
invitato ad ammirare l’imponenza delle mura del tempio; e Gesù risponde inducendoli a rilettere
sulla fragilità delle opere prodotte dagli uomini, che dalla stessa insania degli uomini possono venire
distrutte.
Siamo nel discorso escatologico: la rovina di Gerusalemme appare indistinguibile dalla ine dei tempi.
La ine di un mondo ben conosciuto e la ine del mondo sono la stessa cosa. Confusione e angoscia
saranno aggravate dal sorgere dei falsi profeti che strumentalizzeranno la stessa attesa messianica per
ingannare le coscienze.
Questo non è forse quanto già avviene nella storia oggi, in modo ancora più subdolo e pervasivo?
Non sorgono di continuo persone che si spacciano per
“profeti” e legittimano ogni tipo di violenza - politica,
economica, religiosa - e in cambio di violenza promettono
salvezza?
Qui Gesù inserisce il riferimento al “gelo dell’amore”.
In un contesto di corruzione dilagante, l’amore non solo
si raffredda ma scompare, non essendoci più il terreno
fecondo che gli consente di attecchire, vivere ed esprimersi.
La violenza intorno a noi, che giunge ino al disprezzo della
vita, è particolarmente spietata verso chi è più debole e ha
più bisogno - i bambini, le donne, i poveri -, e soprattutto
nelle nostre società cosiddette “progredite” e del
ben-essere. Il gelo dell’amore è la ine dell’humanum.
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Il papa stigmatizza come “ciarlatani” e “incantatori di serpenti” i falsi profeti che stanno prosciugando
l’amore illudendo le persone più deboli e strumentalizzando il loro bisogno di felicità.
Gli incantatori di serpenti sono quelli che promettono felicità a buon mercato, lucrano sulle
passioni ed emozioni e sulle frustrazioni, rendendo gli esseri umani schiavi di piaceri efimeri,
creando sempre nuove “dipendenze”.
I ciarlatani, falsi profeti in senso proprio, sono quelli che, come dice papa Francesco, «offrono
soluzioni semplici e immediate alle sofferenze», soluzioni che in realtà si rivelano non solo
ineficaci ma vere schiavitù spacciate e vendute come liberazione.
Così la droga, le relazioni “usa e getta”, i guadagni facili e spesso disonesti; così l’attrattiva di «una
vita completamente virtuale,
in cui i rapporti sembrano più
semplici e veloci per rivelarsi
poi drammaticamente privi di
senso».
Ciarlatani e falsi profeti oggi non
sono pochi truffatori isolati, ma
insiemi ramiicati di persone,
con ufici lussuosi e telematici,
con pubblicità massmediale
asservita ai loro interessi; gruppi
di potere economico e politico i cui modi talvolta gentili e persuasivi rivestono in realtà la più
arrogante presunzione. Mentre dicono di offrire benessere, in realtà «tolgono invece ciò che è più
prezioso come la dignità, la libertà e la capacità di amare».
La Quaresima è il tempo opportuno per ricentrare il cammino dell’uomo sull’amore di Dio e del
prossimo, indissolubile dalla stessa incarnazione del Figlio di Dio. Non è un relitto del passato,
come ritengono alcuni sedicenti illuministi che, chiudendosi al Mistero, iniscono col credere un
po’ a tutto; ma è un tempo per riscoprire e vivere il senso cristiano della vita e delle relazioni,
nella consapevolezza che il senso cristiano corrisponde al profondo desiderio che abita il cuore di
ciascuno.
La Quaresima, come tempo che prepara a vivere la Pasqua, riapre il tempo alla grazia della sua
destinazione.
Tempo di grazia e di conversione per riconoscere con gioia che Dio ha creato l’uomo per la vita,
per la risurrezione e la vita eterna, e solo questa verità dona la dimensione autenticamente umana e
deinitiva alla storia degli uomini e del creato. Un tempo, quello quaresimale, per riaprire la storia
alla speranza attiva di un futuro migliore e superare la tristezza di chi fa incetta di piaceri senza
aver mai conosciuto la gioia.
Afinché quello quaresimale sia un vero cammino di liberazione e di riscoperta del vero senso della
vita la Chiesa ricorda le pratiche classiche della Quaresima - il digiuno, la preghiera e l’elemosina -,
non per ostentazione ma per amore e con amore.
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Il digiuno come relazione con il nostro io per una rinnovata relazione con l’altro/Altro, per ritrovare
la propria interiorità, per riascoltare i desideri più profondi; per fare spazio all’altro e dismettere
spazi di potere. «Il digiuno ci sveglia, ci fa più attenti a Dio e al prossimo», facendoci “dimagrire”
dall’obesità di abitudini pigre e insaziabili che generano insensibilità.
Il digiuno afila la mente, rende acuto lo sguardo e ingentilisce il gesto. Il distacco dalle cose ci
ridona sensibilità all’essenziale.
La preghiera come ascolto, dialogo e comunione con Dio, con gli altri e con il creato come
relazione autentica e profonda con Dio che ci
rende capaci di «scoprire le menzogne segrete con
le quali inganniamo noi stessi» e riconoscerci nel
suo progetto di salvezza.
L’elemosina come frutto del digiuno e veriica
della preghiera; la Quaresima come tempo per
ritrovare la gioia del condividere tempo, parole e
cibo con il nostro prossimo, specialmente con chi
non ha da ricambiare.
Allora la Quaresima ben intesa è tempo di disgelo
del cuore per un amore che torna ad ardere e
così permette di salvare e rafforzare l’humanum. L’amore si riaccende nel fuoco della Pasqua fondamento, oggetto e motivo della nostra fede cristiana, verità del reale.
*OFMConv, docente di Teologia fondamentale e vicario della Custodia del Sacro Convento di Assisi
@fraterdominicus
Il testo del Messaggio di papa Francesco
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#giovanesinodo
CONvOCARE LE gENERAzIONI
pER uNA CHIEsA RIvOLTA ALLE DINAMICHE gENERAzIONALI
di Vincenzo Rosito*
La XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi che riletterà sul tema “I giovani, la
fede e il discernimento vocazionale” si svolgerà a cinquant’anni esatti dal Sessantotto. È impossibile
ignorare la concomitanza di un evento ecclesiale tanto importante con le molteplici iniziative che
ricorderanno i movimenti studenteschi e operai degli anni sessanta. Tuttavia l’anniversario del
Sessantotto non è soltanto memoria celebrativa di un evento, ma un invito alla rilessione su chi è
cresciuto o si è formato alla luce di quell’evento.
Il vero tema è pertanto lo spazio generazionale che separa le rivendicazioni studentesche di quegli
anni dall’attuale generazione di giovani e studenti. Il Sessantotto coincide anche con la generazione
che ha prodotto. Esso non è soltanto un momento storico di riappropriazione dei signiicati sociali.
Per questo l’occorrenza su cui vorremmo soffermarci è capace di parlare anche al di fuori degli
ambienti politici e istituzionali.
La stessa vita ecclesiale non può ignorare come, dopo cinquant’anni, la questione della generazione
o del rapporto tra generazioni non
sia solo un’eredità rappresentativa
del Sessantotto, ma costituisca una
questione centrale su cui rilettere e
dalla quale occorre ripartire.
All’indomani del Maggio francese
Michel de Certeau così commentava
gli eventi e le manifestazioni a
cui aveva partecipato: «Lo scorso
maggio, la parola è stata presa come
nel 1789 è stata presa la Bastiglia.
La piazzaforte occupata è quel sapere detenuto dai dispensatori di cultura, destinato a
mantenere l’integrazione o la reclusione di studenti lavoratori e operai entro un sistema che
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prestabilisce la loro funzione. Dalla presa della Bastiglia alla presa della Sorbona, tra questi
due simboli vi è una differenza essenziale che marca l’evento del 13 maggio 1968: oggi è la parola
a essere stata liberata» (M. de Certeau, La presa della parola e altri scritti politici, Meltemi, Roma 2007, 37).
Con empatia ed enfasi il gesuita francese osserva gli eventi dalla prospettiva del linguaggio,
attraverso la potenza creativa e istitutiva della lingua quando viene padroneggiata, conquistata,
usata. La “presa della parola” rivendica così un valore storico e culturale.
Con essa il linguaggio di una generazione viene collettivamente e consapevolmente esercitato in
quanto pratica sociale e autentica esperienza poetica.
Un’intera generazione si accorse che l’uso della parola è in grado di istituire nuovi immaginari
sociali. «Quanto si è prodotto di inaudito è questo: ci siamo messi a parlare. Sembrava fosse la
prima volta. Da ogni dove uscivano tesori, addormentati o silenziosi, di esperienze mai nominate.
Mentre i discorsi a verità garantita si zittivano e le “autorità” si facevano silenziose, esistenze
congelate si schiudevano in un mattino proliico» (M. de Certeau).
Occorrerebbe dunque ripartire dalla lingua e dal linguaggio delle generazioni non per esaminare
in maniera analitica e distaccata cosa dicono o pensano i “giovani d’oggi”. Occorre abbandonare
una certa sociologia della generazione, quella che ha la pretesa di capire dall’esterno i tratti di
un gruppo in apparenza omogeneo e coeso, quella che preferisce parlare in maniera retorica e
supericiale di “gioventù”.
Intere generazioni sono state in questo modo musealizzate e ridotte all’inedia espressiva.
I Millennials attendono ancora una loro antropologia, non chiedono di essere identiicati né
coninati dentro rigidi
cliché sociali.
I
Baby
boomers
attendono invece una
loro storiograia.
I igli del postbellico
boom
economico
sono nelle condizioni
di poter raccontare,
sinceramente
e
generosamente,
insoddisfazioni,
rancori e attese.
Il
rapporto
tra
generazioni è una questione ecclesiale non perché produce un edulcorato e acritico irenismo, ma
perché la Chiesa contemporanea, nella sua pluralità, ha oggi bisogno di confrontarsi credibilmente
con i linguaggi e con le pratiche collettive, con le oper-azioni condivise, con l’afidabilità del
sentire comune che afiora sorprendentemente da culture diverse.
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Occorre che alla generazione, in quanto gruppo sociale ad azione pratica, venga riconosciuto un
ruolo centrale. Non si tratta semplicemente di favorire un colloquio libero e schietto tra padri e igli,
ma di chiamarli a convegno.
Bisogna convocarli così come la Chiesa-madre sa fare quando promuove, per tutti, un clima fecondo
e ospitale.
Mettere al centro la generazione non signiica occuparsi dei giovani, signiica piuttosto occuparsi
di ciascuno in quanto membro di una comunità generativa. I giovani non sono una “porzione” della
Chiesa, né soltanto una componente speciica e parziale. Assegnare loro aspettative e carichi eccessivi
signiica rimarcare inutili steccati intergenerazionali.
Potremmo invece “metterci a parlare” nel senso caro a Michel de Certeau, non per conoscerci meglio
o per formulare desideri e speranze
trasversali, ma per rinnovare lo
spazio delle imprese comuni, per
abitare in maniera consapevole e
creativa il linguaggio di tutti, non
solo quello della propria fascia di
età.
L’immagine che meglio esprime
questa prospettiva non è il
dialogo tra le generazioni, ma la
convocazione della generazione.
La Chiesa, comunità dei con-vocati,
diventa comunità con-vocante.
Foto: diocesipistoia.it
Si scopre interessata alla creatività
delle dinamiche generazionali e generative, non soltanto ai rapporti strettamente familiari, ma ai
processi che erompono nella pluralità sociale, nella ricchezza di coinvolgimenti inediti.
*Docente di Filosoia teoretica
Suggerimenti bibliografici per un approfondimento del tema: MArCo MArzANo, NAdIA UrbINAtI,
La società orizzontale. Liberi senza padri, Feltrinelli, Milano 2017; MARICA TOLOMELLI, Il Sessantotto.
Una breve storia, Carocci, Roma 2008.
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gIOvANI MIssIONARI: ECCO COsA CHIEDONO
AL sINODO DEI vEsCOvI
di Elisabetta Lo Iacono*
Una Chiesa missionaria, un Chiesa capace di fare rete e una Chiesa attenta alla formazione. Sono le
richieste che i giovani missionari, partecipanti alla XXIX Assemblea missionaria francescana, rivolgono
al Sinodo dei Vescovi, in programma nel prossimo mese di ottobre.
Un’importante occasione di incontro e di confronto quella vissuta al Seraphicum dal 31 gennaio al 3
febbraio, promossa dal Centro missionario francescano, diretto da fra Paolo Fiasconaro (OFMConv).
Giorni ricchi di testimonianze, di emozioni e di progetti condivisi.
Nel programma anche una tavola rotonda sul tema “Giovani, testimoni della speranza, missionari in
Perù”, dedicata a ragazzi che - dal 6 al 30 agosto del 2017 hanno vissuto una intensa esperienza missionaria in Perù,
nei luoghi e tra le popolazioni che hanno conosciuto il
servizio e il martirio di due giovani frati minori conventuali
polacchi, Michael Tomaszek e Zbigniew Strzalkowski
(nella foto) uccisi nel 1991 (come don Sandro Dordi) dai
guerriglieri di “Sendero Luminoso” in quanto ritenuti
scomodi per la loro opera di evangelizzazione e di aiuto
alla gente.
Sui passi di questi martiri, beatiicati il 5 dicembre del
2015, si sono messi Francesca Lion, Marco Padroni, Luigi
Di Martino e Juan Risco, un ritorno a casa per quest’ultimo,
di nazionalità peruviana ma attualmente impegnato in
studi teologici in Spagna.
Betlemme è stata, invece, la meta di Elisa Pieri dove ha
trascorso tre mesi di volontariato.
La tavola rotonda ha dato ai giovani voce anche per esprimere le loro richieste ai Vescovi che
parteciperanno al Sinodo sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.
Dal cuore del Perù, come emergenza della società ispano-americana, si alza la richiesta di Juan Risco
perché venga sempre e comunque messa al centro di ogni azione, anche di sensibilizzazione, la dignità
delle persone, di tutte le persone.
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Ad auspicare una Chiesa sempre più missionaria è Francesca Lion (al centro, nella foto) che intravede
l’urgenza di portare il Vangelo in ogni realtà che ci circonda, anche quelle più vicine a noi.
Sul piano della missionarietà nelle periferie del mondo, per usare una espressione cara a papa Francesco,
la richiesta è di incentivare veri e
propri percorsi che consentano sia la
formazione sia l’accompagnamento
nel periodo successivo a una
missione.
Una richiesta che nasce dall’esperienza
vissuta in prima persona: «i frutti
da raccogliere dopo una missione
- precisa Francesca - sono sempre
tanti ma il rischio e la paura che io
ho provato quando sono tornata, sono
stati di perdermi qualcosa, di non riuscire a fare pienamente tesoro di quanto vissuto. Per questo lavorare
a un accompagnamento, proprio in questa fase del rientro, sarebbe estremamente importante”.
A Francesca, così come a Marco Padroni (nella foto sotto) - impegnato a Brescia nel cammino di postulantato
tra i frati minori conventuali - non sfugge la necessità di una maggiore comunicazione tra le diverse realtà.
Una richiesta che viene avanzata coralmente, con l’auspicio che nei lavori sinodali - oltre a trovare spazio
adeguato la realtà missionaria come cammino per una maturazione
di vita e di fede per tanti giovani - si possa andare verso un sistema
improntato a un collegamento e a una proicua collaborazione tra le
varie organizzazioni.
Una richiesta che in Marco nasce da esperienze dirette nella
quali ha constatato la mancanza di un collante e coordinamento
tra le tante realtà - religiose e laiche - impegnate nelle missioni,
in ogni parte del mondo. «Sarebbe un grande frutto del Sinodo
- sottolinea - se, partendo proprio dall’impegno di noi giovani,
si riuscisse a dare un forte segnale in questo senso, una svolta
attesa per costruire una rete di realtà religiose, diocesane,
organizzazioni non governative e via dicendo, impegnate in
modo coordinato nella creazione di nuovi progetti missionari».
Il Sinodo viene insomma percepito come una grande occasione
per richiamare attenzione anche sui giovani missionari che non
vogliono essere dipinti come supereroi ma che sono sicuramente
persone con un cuore grande.
«Quando racconto la mia esperienza a qualcuno che è un po’ più
grande di me - spiega Luigi Di Martino - si sorprende, quasi fossi appunto un supereroe. Eppure siamo
tanti, conosco molti giovani che hanno fatto esperienze simili, a livello missionario o di volontariato».
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Un vero e proprio patrimonio che attende un crescente lavoro di regia da parte della Chiesa, al di là
dell’ottimo supporto formativo e organizzativo svolto da tante singole realtà, come quella dei frati
minori conventuali.
«Quello che, personalmente, mi sento di chiedere al Sinodo - aggiunge Elisa Pieri - è che la Chiesa
abbia la pazienza di continuare a provocare noi giovani per far sì che il desiderio di adoperarci
in prima persona, che tutti abbiamo più o meno marcato, possa essere avvertito da ognuno come
qualcosa di cui non si può fare più a meno».
Che la missione rappresenti una strada per consentire ai giovani di
iniziare un percorso di impegno veramente signiicativo, lo sottolinea
anche Valerio Folli (nella foto), frate minore conventuale, segretario del
Centro missionario provinciale della Provincia Italiana di Sant’Antonio.
«Ci sono tanti giovani che cercano di dare un senso alla loro vita - spiega
- e che vogliono essere nella Chiesa senza protagonismo ma in modo
vivo, vero e autentico. La missione è appunto un prezioso strumento
per questi giovani che la scoprono come una parte importante del loro
cammino di fede. In attesa del Sinodo, credo che il nostro impegno sia
di ascoltarli e di accompagnarli stando - come si legge nella Evangelii
Gaudium - qualche volta davanti a loro per indicare la strada, a volte in
mezzo in segno di vicinanza e talvolta dietro, per aiutare chi rimane indietro ma anche per osservare
le strade che l’istinto consiglia loro».
*Giornalista, docente di Mass media
@eliloiacono
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storia e personaggi
LA preghiera semplice: NON DI sAN FRANCEsCO MA DEL bEATO EgIDIO
ORIgINI DI uNA pREgHIERA TANTO FAMOsA quANTO INAuTENTICA
di Pietro Messa*
La vicenda storica di frate Francesco d’Assisi termina sabato 3 ottobre 1226 sera e già con la sua
morte comincia quel processo di costruzione della memoria che avrà un passaggio importante con
la canonizzazione, ossia il riconoscimento canonico della santità, da parte di papa Gregorio IX nel
1228. Con il passare del tempo vi fu una crescita non solo dell’aspetto soprannaturale – visioni,
profezie, allocuzioni e quant’altro – nelle agiograie ma anche della sua fama.
Di conseguenza, come già accadde nel passato ad
esempio con sant’Agostino, per accreditare scritti, idee e
opinioni varie vennero attribuite a san Francesco dando
origine a tutta una serie di apocrii. E questo avvenne
non solo nel medioevo ma anche nei secoli successivi
e persino ai giorni d’oggi: così negli ultimi anni hanno
cominciato a circolare espressioni virgolettate – come
se fossero vere e proprie citazioni testuali di scritti di
frate Francesco – quali “Predicate sempre il Vangelo e,
se fosse necessario, anche con le parole!” e “Cominciate
col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E
all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”.
Ma il falso più famoso attribuito all’Assisiate è la
preghiera per la pace, meglio conosciuta, almeno per il
pubblico italiano, come “Preghiera semplice”; un testo
tanto diffuso quanto non autentico.
Giustamente sorge la domanda da dove abbia avuto
origine e a questa cerca di rispondere lo studio di
Christian Renoux, La preghiera per la pace attribuita a san Francesco, un enigma da risolvere
(Padova 2003).
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Tale preghiera appare per la prima volta in Francia con il titolo Belle prière à faire pendant la Messe
nel 1912 sulla La Clochette, rivista di una pia associazione avente come inalità la diffusione della
partecipazione alla Messa, soprattutto domenicale, tra i cattolici.
tra coloro che ebbero modo di conoscerla vi fu il canonico Louis boissey (1859-1932) che la
ripubblicò nel bollettino gli Annales de Notre-Dame de la Paix e così giunse tra le mani di Stanislas de
la Rochethulon et Grente che, vantando legami con il Vaticano, ritenne bene inviarla quale preghiera
per implorare la pace al Segretario di Stato vaticano, il cardinal Pietro Gasparri.
Questi da parte sua ringraziò sottolineando l’interesse di papa Benedetto XV e il 20 gennaio 1916
l’Osservatore Romano pubblicò tale scritto, con una traduzione italiana, preceduta dal titolo Le preghiere
del «Souvenir Normand» per la pace, nella quale vennero introdotte altre varianti rispetto all’originale
del 1912.
In questo modo la nostra preghiera ottiene una grande diffusione e viene ripresa da La Croix che la
pubblica il 28 gennaio 1916 deinendola «une prière très ancienne».
Sempre nel periodo della Prima guerra mondiale il cappuccino Étienne Benôit da Parigi pubblicò
la preghiera dietro a una immaginetta rafigurante san Francesco intitolandola Prière pour la paix e
spiegando che riassume meravigliosamente la isionomia del vero seguace del Santo d’Assisi.
A questo punto vi prestarono attenzione anche i protestanti che non solo avevano superato l’avversione
di Martin Lutero all’Assisiate ma vedevano nel francescanesimo persino un precursore della loro
riforma.
Il pastore Rambaud, in un lavoro di riconciliazione tra riformati francesi e tedeschi scopre la nostra
preghiera e la diffonde con la menzione «Attribuée a St. François d’Assise» in migliaia di esemplari
in diversi Paesi d’Europa, soprattutto in Svizzera e in belgio. ormai tutto è pronto perché si diffonda
capillarmente grazie anche alla traduzione nelle varie lingue.
Se è vero che il 27 ottobre 1986 Giovanni Paolo II, durante la giornata di preghiera, pellegrinaggio
e digiuno per la pace con
tutti rappresentanti delle
religioni, citò tale orazione,
è pure vero che la scelta di
Assisi per quel raduno fu
determinato in parte pure alla
attribuzione a san Francesco
di questa preghiera.
Anche nell’incontro di
invocazione per la pace
svoltosi nei Giardini Vaticani
domenica 8 giugno 2014
alla presenza di papa Francesco, dei presidenti Shimon Peres e Abu Mazen, con la partecipazione del
patriarca Bartolomeo, i cristiani hanno recitato la “Preghiera semplice”.
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Ma allora non c’è nessun rapporto di questa prece con il Santo d’Assisi? Sinceramente si deve prendere
atto di no, anche per la ripetizione del pronome “io”, modalità molto distante dallo stile, pensiero e
spiritualità di frate Francesco.
Tuttavia se nulla accomuna il suddetto testo conosciuto come “Preghiera semplice” si deve ammettere
che in esso vi sono reminiscenze dei Detti del beato
Egidio d’Assisi, uno dei primi unitisi alla fraternità
minoritica.
Infatti frate Egidio afferma: «Beato chi ama e non
desidera solo essere amato; beato chi teme e non desidera
solo essere temuto; beato chi serve e non desidera solo
essere servito; beato chi agisce bene verso gli altri e
non desidera che gli altri agiscano bene verso di lui»
(Egidio d’Assisi, Detti, in Fonti agiograiche dell’ordine
francescano, Editrici Francescane, Padova 2014, p. 487).
Nel 1901 in Durenda. Revue catholique d’art et de
littérature apparve una traduzione francese di questo
brano: «Mais bienheureux est celui qui aime vraiment,
et ne désire pas être aimé».
Come detto sopra, undici anni dopo, ossia nel 1912, su La Clochette apparve il testo che dopo vari
passaggi sarà conosciuto come la “preghiera semplice” del Santo d’Assisi, la cui seconda parte afferma:
«Ô Maître, que je ne cherche pas tant à être consolé qu’à consoler, à être compris qu’à comprendre, à
être aimé qu’à aimer».
Nel confronto tra i due testi si deve ammettere che se non vi sia una intertestualità, ossia vera e propria
citazione dei Detti del beato Egidio, vi è però certamente una interdiscorsività o, detto più semplicemente,
reminiscenza visto che alcuni termini ed espressioni “fanno sistema”.
Pertanto se è falso deinire la “preghiera semplice” di frate Francesco corrisponde in parte al vero
deinirla del beato Egidio d’Assisi.
*OFM, docente di Storia del Francescanesimo alla Pontiicia Università Antonianum
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ANTEpRIMA EuROpEA
ALL’AuDITORIuM sERApHICuM
Mercoledì 9 maggio - ore 18
Via del Seraico, 1 - angolo via Laurentina a roma
ingresso gratuito
testimoni del vangelo
CENTO ANNI FA MORIvA FRA ANTONIO MANsI
COFONDATORE DELLA MILIzIA DELL’IMMACOLATA
LA CITTà DI RAvELLO sI pREpARA A RICORDARE IL COMpAgNO DI p. KOLbE
di Gianfranco Grieco*
Cento anni fa, fra Antonio Mansi (nella foto), alunno della Pontiicia Facoltà teologica “San
bonaventura”, moriva nel collegio seraico internazionale in via san teodoro al Palatino 41 F, colpito
da febbre spagnola. Era il 31 ottobre 1918. Aveva solo 22 anni. Era stato con fra Massimiliano Maria
Kolbe cofondatore della Milizia di Maria Immacolata (16 ottobre 1917) e insieme condivisero la scelta
di vita francescana dal 12 novembre 1915 al 31 ottobre 1918.
Negli anni della sua formazione romana, era rettore del collegio padre Stefano Ignudi, genovese,
noto studioso di Dante e confessore di Benedetto XIV, il quale, nel
trigesimo della morte, sulla immaginetta ricordo lo additava come
“santo chierico” che nel corso della breve esistenza (era nato a Londra
il 9 maggio 1986 da genitori di Ravello - Salerno) coltivava in «modo
eccellente le virtù dell’umiltà, dell’obbedienza, dell’abnegazione
dell’amor proprio, della mortiicazione, della pazienza, della
semplicità, della povertà religiosa, della carità fraterna, della diligenza
e della precisione nell’osservanza delle regole, della fede più viva e
della pietà più tenera, riguardo alla preghiera, al culto, alla Chiesa, al
Papa, al suo Ordine».
Era caldo a Roma, giovedì 8 luglio 2004, quando, dopo le 16, le
spoglie mortali di fra Antonio Mansi raccolte nella nuova urna lignea
venivano portate dal cimitero Verano alla chiesa di Santa Dorotea in
Porta Settimiana aTrastevere per un momento di intensa preghiera.
Nel primo pomeriggio di sabato 10 luglio, la piccola salma veniva portata nel cimitero di Ravello,
dove alle ore 19.05 veniva collocata nella tomba di Colombina Palumbo (1907-1990). ritornava fra
Antonio, a “respirare” l’aria di casa, tra la sua famiglia naturale, tra la sua gente, dopo 86 anni. Dopo
oltre quattro mesi - era il 25 novembre 2004 - le spoglie mortali di fra Antonio dal cimitero di ravello
venivano portate al santuario del beato Bonaventura da Potenza. Così, i resti mortali dei due fratelli
Mansi - Antonio e Bonaventura Mansi già custode del sacro convento di Assisi, procuratore e vicario
generale dell’ordine, ministro provinciale di Napoli dal 1954 al 1961 - venivano raccolti in un unico
luogo sacro, sotto la statua del seraico padre san Francesco, a sinistra, prima di entrare in sagrestia.
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Per la ricorrenza centenaria verranno promosse a Ravello, gemma della divina costiera, dal 28 al 31
ottobre 2018, solenni celebrazioni: un convegno storico-culturale-spirituale e la pubblicazione della
prima biograia di fra Antonio Mansi, tanto desiderata sia da san
Massimiliano Kolbe che dal fratello minore padre Bonaventura.
Tre anni dopo - dicembre 2007 - veniva pubblicato il volume Fra
Antonio Mansi (1896-1918) Diario spirituale e Scritti autograi
(Editoriale Comunicazioni Sociali, Napoli 2007, pp.300), a cura di
padre Bonaventura Danza, storico bibliotecario del Seraphicum (da
cui è tratta la copertina del Diario spirituale, nella foto a sinistra).
Ciò che era nei voti diventava gioiosa e consolante realtà, sabato 18
ottobre 2008, quando nella chiesa di san Francesco a Ravello, a due
passi dalla tomba del Beato, e del sepolcro che raccoglie i resti mortali
dei fratelli Antonio e Bonaventura Mansi, si presentava il volume
alla presenza della famiglia Mansi e di un folto pubblico di Ravello
e della Costa d’Amali. La mostra degli Scritti autograi arricchiva la
celebrazione di un evento che dalla cronaca passava alla storia.
Negli Scritti Kolbiani il nome di fra Antonio Mansi ricorre ben diciotto volte. Riprendiamo alcuni passi
dagli Appunti di cronaca e dagli Articoli scritti dal Kolbe : «… E quella riunione della Milizia si svolse
con il permesso dei superiori, proprio nella cella di uno di essi, precisamente di fra Antonio M. Mansi
…, poeta valente, musico, parlava bene non solo la lingua materna, ma anche l’inglese, il francese, il
latino classico. Ma soprattutto era un religioso esemplare. Questo avvenne il 16 ottobre 1917» (SK,
1040, p.1827). E continuava: «… La febbre spagnola inieriva sempre di più. tornai a roma.
Appena entrato nella portineria del collegio venni a sapere che il chierico Antonio Mansi era stato
assalito da febbre spagnola. Nonostante la proibizione generale di intrattenersi con gli ammalati, per
timore di contagio, ottenni il permesso di fargli visita …» (SK, 1040, p. 1828). Ad una anno dalla morte,
in data 31 ottobre 1919, annotava tra le pagine degli Appunti di cronaca: «Anniversario della morte di fra
Mansi. terza riunione della M.I., durante la quale fra Valente ha letto la traduzione polacca della biograia
di fra Antonio» (SK, 998 G,p. 1622). Nel corso della calda estate del 1919 - 4 giugno- 9 luglio - padre
Kolbe sceglieva la città di Ravello per «raccogliere qualche documentazione riguardante la fanciullezza di
fra Antonio», «visitare la sua casa» e «conoscere lo zio parroco di fra Antonio, mons. Mansi.
Il 5 luglio veniva anche a sapere della morte del padre di fra Antonio, avvenuta a causa del vaiolo, mentre
la madre è gravemente ammalata e due sorelle sono a letto» (SK, Appunti di cronaca, 988 G, pp. 16171618). A Ravello, nel vedere il giovane Kolbe, la gente esclamava: «Somiglia a fra Mansi» (SK, p.1617).
Nel corso della seconda parte dei lavori capitolari (24-28 luglio 2017) i confratelli della Provincia di
Napoli votavano all’unanimità la proposta di preparare la necessaria documentazione per la beatiicazione
di fra Antonio, devoto cantore del beato Bonaventura da Potenza. Con la sua ispirata poesia: Dinanzi
alla miriica arca dei tuoi portenti, musicata dal grande maestro padre Domenico Stella, direttore della
cappella musicale della basilica di san Francesco in Assisi, lasciava anche tra la sua gente di Ravello il
segno della sua arte poetica e della sua spiritualità francescana e bonaventuriana.
*OFMConv, giornalista e scrittore
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lessico francescano
S come Scandalo
I pECCATI CHE susCITAvANO sCANDALO
sECONDO sAN FRANCEsCO
di Emil Kumka*
La voce elaborata dall’autore, il cappuccino Andrzej derdziuk, è divisa in soli due punti: 1. Signiicato
teologico di “scandalo”; 2. Come san Francesco intendeva il termine. Lo scandalo scaturisce
dall’omissione oppure dall’azione che inluisce negativamente su altri e provoca l’abbandono del
bene da parte loro. Così lo scandalo può condurre all’abbassamento della vita morale e costituire la
giustiicazione per peccare.
Etimologicamente la parola latina scandalum proviene dall’offendiculum, che signiica l’ostacolo
messo sulla via. Il termine include le parole e le opere che creano al prossimo la possibilità di una
caduta spirituale. Nello scandalo la sostanza è costituita dal dare l’occasione, perciò ha un valore
morale oggettivamente negativo, anche se l’altra persona non commette il peccato.
Lo scandalo è il reato contro l’amore del prossimo e contro la giustizia, che obbliga a dare un buon
esempio, specialmente quando un individuo svolge la missione di guida o di responsabilità di qualsiasi
gruppo o società. Questo è anche un crimine contro la cura della bontà spirituale dell’altro.
Il fondamento della valutazione negativa di questo peccato sono le parole di Gesù Cristo: «È inevitabile
che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!» (Mt 18,7).
San Francesco guardava con ripugnanza il peccato dello scandalo e avvertiva i suoi frati di non
commetterlo. Soffriva tanto a causa di questo reato,
quando lo vedeva, e credeva, che se non ci fosse la
grazia di Dio, lo scandalo fatto dai frati lo avrebbe
condotto alla morte (cf. LM 8,3).
Anche se non deiniva cosa fosse lo scandalo, tuttavia
forniva osservazioni concrete sugli atteggiamenti
scandalosi. Nella regola non bollata ordinava: «né
accettino alcun uficio che generi scandalo o che
porti danno alla loro anima… » (Rnb 7,1). Tommaso
da Celano testimonia che i primi frati: «Non volevano esercitare nessun lavoro che potesse dar adito a
scandalo, ma sempre si occupavano di cose sante e giuste, oneste e utili, dando esempio di umiltà e di
pazienza a tutti coloro con i quali si trovavano» (VbF 39).
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San Francesco annoverava come fatto scandaloso, per fare un esempio, l’essere padrino (cf. Rb 11,4), poiché
ciò comportava il possesso di beni utili per aiutare il nipote.
Nei peccati che suscitavano lo scandalo san Francesco includeva l’ozio, l’avidità, la calunnia, la
disobbedienza e la mormorazione, perché possono risvegliare
la volontà di possedere i beni, di essere indipendenti dai
superiori e di gettare una cattiva luce sugli altri.
La suscettibilità verso lo scandalo fu giudicata da san Francesco
come l’immaturità e l’instabilità che si rivelano di fronte alle
dificoltà e persecuzioni. L’inclinazione verso questo è il segno
di volatilità e caratterizza la condotta, che il santo indicò come
la mancanza di radice in sé (cf. Rnb 22,15), ossia moralmente
la mancanza di “spina dorsale”, quella che permette di rimanere
fermo nel bene nonostante le circostanze.
Siccome l’uomo è debole, deve pregare perché riesca a vedere il bene del prossimo, gioire di questo e
sfuggire l’occasione di scandalo: «…spendendo tutte le nostre energie e i sensi dell’anima e del corpo
in offerta di lode al tuo amore e non per altro; e afinché amiamo i nostri prossimi come noi stessi,
attirando tutti secondo le nostre forze al tuo amore, godendo dei beni altrui come fossero nostri e nei
mali soffrendo insieme con loro e non recando alcuna offesa a nessuno» (OrPat 5).
Per evitare lo scandalo, l’Assisiate propone ai confratelli la confessione sincera (cf. Mem 28,11-14);
il mantenimento di pace, serenità, gentilezza e pudore verso tutti: «Ma mentre erano così severi con se
stessi, il loro contegno era sempre garbato e paciico con tutti; e attendevano solo a opere di ediicazione e
di pace, evitando con grande cura ogni motivo di mal esempio» (VbF 41,2); l’astensione dai propri piaceri e
dall’amore peculiare, specialmente quando è superiore alla fraternità: «Deve essere – proseguì – un uomo di
vita quanto mai austera, di grande discrezione e lodevole fama. Un uomo che non conosca simpatie particolari,
perché, mentre predilige una parte, non generi scandalo in tutta la comunità» (Mem 185,2).
Invitando a non cedere alla tentazione dello scandalo, san Francesco avvertiva i frati di non indignarsi
del peccato altrui, e comandava di declinare l’ira e l’ansia per il reato compiuto da qualcun altro.
Non accettando il peccato, un frate minore dovrebbe fuggire dal giudizio del peccatore: «Al servo di
Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato. E in qualunque modo una persona peccasse e,
a motivo di tale peccato, il servo di Dio, non più guidato dalla carità, ne prendesse turbamento e ira,
accumula per sé come un tesoro quella colpa» (Adm 11, 1-2).
*OFMConv, docente di Francescanesimo
Autore della voce: ANDRzEJ DERDzIuK OFMCap, Scandalo, in: Leksykon duchowości franciszkańskiej, coll.
2215-2218.
bibliograia scelta: A. dErdzIUK, Aretologia w podręcznikach moralistów kapucyńskich w okresie między
Soborem Watykańskim I a Watykańskim II, Lublin 2001, 350-353; S. dUrANtI, Francesco ci parla. Commento
alle ammonizioni, Assisi 1992; B. HÄRING, La legge di Cristo; Trattato di teologia morale, vol. II, Brescia 1969;
L. IRIARTE, Vocazione francescana. Sintesi degli ideali di san Francesco e di santa Chiara, Roma 1987.
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il tesoro dello scriba
OMELIE suLLE pARAbOLE
di Emanuele Rimoli*
Questo piccolo libro, estratto di una pubblicazione più voluminosa (L’intelligenza spirituale delle
Scritture, EDB 2008), propone un itinerario di comprensione delle parabole evangeliche tenendo
conto di due elementi, una disposizione per l’intelligenza della Scrittura e un vero e proprio metodo di
intelligenza.
La disposizione è data da una constatazione: «senza domanda la Scrittura non parla». Individuare la
domanda sottesa al racconto evangelico costituisce, infatti, la chiave per cogliere più in profondità ciò
che davvero è in gioco nella narrazione, ovvero la rivelazione di una «esperienza possibile che può fare
il nostro cuore» dell’amore di dio, mettendoci al riparo da una lettura supericiale.
In questa prospettiva si comprende l’invocazione di Isacco il Siro prima di accostarsi alle parole della
Scrittura: «Signore, concedimi di sentire la potenza che esse contengono!», dove con “potenza” si
allude all’esperienza di incontro e di salvezza che la Parola di Dio manifesta e comunica. Ma per noi
uomini intasati dal continuo brusio di informazioni, precomprensioni e preoccupazioni, non è così
semplice né facile dialogare con la Scrittura e scoprire le domande pertinenti da porle.
Se poi consideriamo l’abitudine a mettersi davanti al testo avendo come iltro il “cosa dice a me”,
l’orizzonte di accoglienza e di comprensione della vitalità della Parola si riduce drasticamente alla
pretesa che la Scrittura “parli a me e di me come io credo di sapere mi si debba parlare”. Ma, in verità,
le parabole evangeliche non parlano tanto del cuore dell’uomo, quanto invece illustrano l’agire di Dio
nella rivelazione del suo amore in Gesù per tutti gli uomini. E l’invito, di conseguenza, è a entrare in
quella dinamica di rivelazione più che a capire dei contenuti – poiché questi possono emergere solo da
una dinamica di relazione.
Da qui allora la necessità di un metodo per l’intelligenza della Parola che l’autore p. Elia individua
nella liturgia della Chiesa con i suoi continui rimandi alle Scritture, poiché «se è vero che la bibbia si è
costituita ed è stata tramandata nel contesto della celebrazione liturgica, allora deve esser vero anche il
corollario che l’intelligenza delle Scritture avviene specialmente nella celebrazione liturgica» (Citterio,
L’intelligenza spirituale, 16).
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La scelta dipende da diversi fattori: innanzitutto la liturgia è il luogo originario della lettura delle
Scritture, pur non essendo l’unico; inoltre, pur non escludendo altri approcci al testo biblico, la liturgia
ne costituisce l’asse portante, poiché essa è l’esperienza del Corpo dei credenti radunati dal Capo-Cristo
per ascoltare e accogliere la sua Parola non tanto come una dottrina costruita su più o meno accettabili
opinioni, quanto come la celebrazione della vita condivisa (cf. rm 12,5), la quale ha un linguaggio e
un’intelligenza. È un dato acquisito dalla tradizione: l’esperienza della fede della Chiesa e i desideri
personali dei cuori convergono verso una intelligenza che tiene assieme, come dei vasi comunicanti,
ciò che si prega come Corpo e ciò che si crede come membra del Corpo. Ne deriva un principio che è
anche il frutto dell’intelligenza delle Scritture e la ragione dell’agire: «Ascoltare la parola con il cuore
signiica stare solidali con coloro i quali hanno reagito alla Parola lasciandosi compenetrare dalla grazia
di salvezza che cela, esperienza che ha intessuto l’intelligenza della Parola da parte della Chiesa orante».
Elia CITTERIO, Omelie sulle parabole. Quattordici riflessioni
sui racconti di Gesù
EDB 2014, pp. 80
* OFMConv, docente di Antropologia teologica
@fratemanu
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cineforum
AMORE, DEsIDERIO, EMpATIA, AMICIzIA, DOLORE IN chiamami cOl TUO NOme
IL FILM DI guADAgNINO CANDIDATO A quATTRO OsCAR
di Vincenzo Laurito*
buio in sala. titoli di coda. Luce. È appena inita la proiezione di Chiamami col tuo nome e il primo
commento che viene spontaneo al pubblico dei non addetti ai lavori è: «non è un ilm dove si parla di
omosessualità!». Al contrario, davanti ai nostri occhi abbiamo appena visto, la pregevole opera d’un
regista - Luca Guadagnino - che sussurra alle nostre orecchie cos’è l’amore. Come ha poi dichiarato lo
stesso autore dopo l’uscita del ilm, quest’ultimo chiude idealmente una trilogia ideale del desiderio
(dopo A Bigger Splash e Io sono l’amore).
Amore, desiderio, empatia, amicizia, ma anche dolore. Sono questi alcuni dei sentimenti contrastanti
vissuti dal protagonista diciassettenne Elio, interpretato con
sorprendente bravura dal giovane thimothée Chalamet (nella
foto) candidato all’Oscar il 4 marzo, che nell’arco di tre settimane
a cavallo dell’estate del 1983, compirà il fatidico passaggio
generazionale, dall’adolescenza all’età adulta. Sarà questo un rito
iniziatico insolito, che avrà come altro protagonista, il maturo
Oliver, neolaureato, venuto dall’America ospite dei genitori di
Elio, per compiere un viaggio post-lauream alla ricerca della
bellezza perduta, tra i fondali della campagna cremasca (ove il ilm
è in larga parte girato). Il misterioso e tenebroso Oliver, incanta
Elio come un dio greco, lo stesso rafigurato dalle diapositive
degli scavi che il prof. Perlman, padre di Elio, mostra al giovane
studente (il bravissimo e già affermato Harmie Hammer, visto in
Hoover di Clint Eastwood). Ne nasce prima un’amicizia virile,
che però ben presto si tramuta in tumultuosa passione, un vortice
inevitabile che farà sprofondare i due, ma che sarà altrettanto necessario per la crescita dell’adolescente.
Amore, dicevamo in precedenza, ma anche dolore. Duplice quello che proverà il ragazzo, innanzitutto
perdendo l’innocenza, la ragazza precedentemente amata, e nel contempo subendo l’abbandono del suo
“Humbert/Oliver (capovolgendo i termini di paragone, con il celebre capolavoro di Nabokov Lolita,
ove invece era il maturo professore a cadere nell’oblio e inine nella perdita dell’amata).
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Sarà inevitabile ma non vano tutto ciò, come del resto fa capire il saggio prof. Perlman (una grande
prova interpretativa per il celebre Michael Stuhlbarg) al iglio a cui lascerà queste parole, una sorta di
inno alla vita e di buon viatico per l’età adulta: «Stai male e ora vorresti non provare nulla, forse non
hai mai voluto provare nulla, ma ciò che ora provi io lo invidio... Soffochiamo così tanto di noi per
guarire più in fretta, così tanto che a trenta anni siamo già prosciugati e ogni volta che ricominciamo
una nuova storia con qualcuno diamo sempre di meno, ma renderti insensibile così da non provare
nulla, è uno sbaglio».
Ma nonostante tutto non è un ilm a tematica gay. Il merito va innanzitutto alla bravura del regista
Luca Guadagnino (anch’egli candidato all’Oscar, come
miglior regista), che ha sapientemente dosato gli elementi
della storia, anche con il supporto e la forza evocativa
emanata dall’omonimo romanzo di Andrè Aciman, da cui
il ilm è tratto. Altro merito va senz’altro dato alla scrittura
lieve, che accompagna gesti ed emozioni e le tante parole
sussurrate dai personaggi, e che vedono la mano d’un
mostro sacro del cinema mondiale, il regista James Ivory
(Camera con vista, Quel che resta del giorno), che ha
irmato la sceneggiatura non originale.
Sono altresì importanti le inluenze avute dal regista, una
fra tutte, la più esplicita, è quella di un altro indiscusso
maestro, Bernardo Bertolucci. La sua aura si avverte nella
costruzione di alcune immagini molto forti del ilm di
Guadagnino, che inconsapevolmente evocano i capolavori
del regista parmense. La scena con la pesca, il frutto eletto
a elemento erotico in un momento molto esplicito tra
Elio e Oliver, ha ricordato ad esempio quella del burro e
dell’amplesso reso celebre da Marlon Brando e Maria Schneider in Ultimo Tango a Parigi, che scatenò
infatti le ire e i tagli della censura.
Ma anche l’ambientazione e i personaggi, che fanno da contorno alle vicende dei protagonisti
di Guadagnino, ricordano la sincera genuinità dell’Emilia contadina, rappresentata dai “Paisan”
di Novecento. Un ultimo plauso va alla scelta delle musiche, eccellenti nel sottolineate i momenti
fondamentali del ilm e le emozioni dei personaggi.
Volendo inine parafrasare il titolo, sperando sia di buon auspicio, vorremmo dire al pubblico che
ancora non ha visto il ilm Chiamami col tuo nome di chiamarlo con il suo: Oscar!”.
Un augurio, una speranza per i prossimi Academy Awards. Lo sapremo il 4 marzo a Los Angeles.
* Collaboratore del Cineforum Seraphicum
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novità editoriali
magNiFicaT! miscellanea in memoria di p. Faustino Tullio Ossanna OFmconv
a cura di Raffaele Di Muro e Dinh Anh Nhue Nguyen
Magniicat! L’esclamazione che spesso p. Faustino ossanna innalzava al Signore per lodarlo e
ringraziarlo dei tanti beneici ricevuti nel suo percorso di francescano,
pastore e studioso.
Con tale espressione mariana ci sembra opportuno introdurre questo volume
dedicato all’illustre teologo scomparso un anno fa.
Detta invocazione è anche indice del suo legame con la Beata Vergine
Maria, alla quale era unito mediante una preghiera costante e una serie di
approfondimenti su di Lei. Con questo libro vogliamo sottolineare proprio
la «marianità» di p. Faustino, un tratto tipico del suo vissuto spirituale, che
ha dato tono e sostanza ad un ricchissimo percorso accademico-pastorale.
Altro aspetto importante che il presente volume vuole evidenziare è la
poliedricità dello studioso trentino. Il suo sapere si è affermato in vari campi
della teologia, offrendo contributi di ottimo livello, che hanno fatto epoca.
Come non ricordare il suo apporto agli studi su S. Massimiliano Kolbe, di cui ha evidenziato il signiicato
del martirio con passione e grande intuizione? Come non ricordare il Dizionario di Mariologia, alla
cui edizione ha attivamente lavorato? Come non
ricordare le vibranti e appassionate lezioni di
teologia morale, che hanno formato generazioni
di studenti? La poliedricità di p. Faustino era
proverbiale anche in campo pastorale. Assumeva
volentieri i panni del direttore spirituale e
del confessore, avendo una notevole capacità
introspettiva. […] La sua sapienza spirituale
è stata apprezzata da san Giovanni Paolo II,
al quale ha avuto l’onore di tenere un corso di
esercizi spirituali.[…]
Nel presente volume, il proilo di p. Faustino,
dotto studioso e zelante «pastore con l’odore
delle pecore», emerge particolarmente chiaro dai contributi della prima sezione, che raccoglie vari
documenti e discorsi in ricordo del Nostro.
La seconda sezione propone sei studi accademici in memoria di p. Faustino e si apre con il contributo di
Francesco Costa, costituito dalla bio-bibliograia del Nostro. Esso offre dettagli preziosi sul composito
interesse accademico-pastorale di Ossanna (dalla presentazione).
Casa Editrice Miscellanea Francescana, Roma 2018
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FraNcescO il riBelle - il linguaggio, i gesti e i luoghi di un uomo che ha segnato il corso
della storia di Enzo Fortunato
San Francesco è oggi più che mai uno dei personaggi chiave per comprendere come si vada conigurando il
cristianesimo in questo inizio di terzo millennio, a partire dalle parole con cui papa
Bergoglio ha spiegato la scelta del suo nome: «Come vorrei una Chiesa povera e
per i poveri! Per questo mi chiamo Francesco, come Francesco da Assisi».
Con la semplicità, la mitezza e l’intenso fuoco interiore che hanno contraddistinto
la sua vita, ancora dopo otto secoli attrae nella Basilica dedicata al Santo di Assisi
milioni di persone ogni anno. Ma «perché scrivere un altro proilo biograico?
Non bastavano le tante biograie, alcune delle quali eccellenti, uscite negli ultimi
anni?» si domanda nella Prefazione il cardinale Pietro Parolin, Segretario di
Stato vaticano. «La risposta è che questo lavoro ha una sua caratterizzazione
speciica. Si potrebbe dire che si tratta di una lettura ecclesiale del santo di Assisi.
Padre Enzo Fortunato ha voluto mostrarci tutta l’attualità del pensiero e dell’azione
di Francesco, mentre la Chiesa cerca ogni giorno di compiere quel cammino in “uscita” chiestole da
papa Francesco, di non essere cioè chiusa nelle sue istituzioni, ma povera e aperta all’incontro, capace di
proporre il Vangelo con la parola e con la vita» (dalla presentazione).
Mondadori, 2018
la cONTea FraNca di edessa - Fondazione e proilo storico del primo principato crociato
nel levante (1098-1150) di sergio Ferdinandi
Questo studio sul Levante in epoca crociata risponde all’esigenza, già emersa a partire dalla ine del
XIX secolo, di una maggiore e più puntuale attenzione alla fondazione e alla
straordinaria esperienza franco-armena della Contea di Edessa, sovente relegata
ai margini della storiograia crociata. Il 10 marzo 1098, mentre la grande armata
crociata dopo l’attraversamento dell’Asia minore era impegnata nel dificile
assedio di Antiochia, Baldovino di Boulogne, fratello cadetto di Goffredo di
Buglione, alla guida di uno sparuto contingente di cavalieri provenienti soprattutto
dall’area delle Ardenne, fondava la Contea di Edessa, il primo principato franco
in Oriente. Edessa, città Santa della cristianità, oltre a custodire le spoglie degli
Apostoli tommaso e Giuda taddeo, ospitò ino al 944 il Mandylion, telo con
l’immagine acheropita del Cristo, da molti studiosi identiicata con la Sindone
di Torino. La costruzione politica della Contea, realizzata in pochi mesi nella regione compresa tra la
Siria del Nord e la Mesopotamia a cavallo tra le due rive dell’Eufrate, era stata compiuta con il concorso
determinante delle popolazioni e delle élites armene della regione che vedevano nei franchi, “fratelli
nella fede”, i liberatori dal duro giogo turco. Si è spesso sottovalutata l’importanza strategica di questo
sorprendente quanto repentino successo politico-militare, decisivo nel concorrere all’esito vittorioso della
Prima crociata e della storia della presenza latina in Oriente.
Antonianum, Roma 2017
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giOrNalismO, VOcaZiONe, missiONe – ricordando giuseppe de carli
a cura di Elisabetta Lo Iacono e giovanni Tridente
Associare giornalismo a vocazione e missione è frutto di una profonda convergenza tra una speciica
visione della professione e la testimonianza di vita offerta da Giuseppe De Carli,
il quale considerava l’informazione religiosa come «una missione di cui farsi
carico con convinzione, competenza e dedizione, come si trattasse di un vero e
proprio apostolato». Chi svolge questo mestiere-missione-vocazione-missione
con scrupolo, ben conosce la responsabilità che richiede, sia per le ricadute
dirette che indirette, dato che tutti, protagonisti e fruitori dell’informazione,
hanno diritto di accedere a “prodotti” credibili.
oltre agli atti dell’edizione 2015 del Premio “Giuseppe de Carli”, il testo
raccoglie cinque contributi che rilettono sull’informazione etica, sui suoi
presupposti e sul contributo che ciascun professionista può dare nell’informe magma comunicativo
nel quale viviamo quotidianamente immersi. Ne scrivono Cristiana Caricato, Sabina Fadel, Alessandro
Gisotti, Domenico Paoletti e Sergio Tapia-Velasco.
EDUSC, 2017
lasciÒ deTTO il pOVerO NONNO – saggezza antica nei proverbi de i malavoglia di verga
di Italo spada
Proverbi e motti degli antichi si inseriscono nel linguaggio e nella vita di un paese con l’autorità
della legge che sancisce un fatto, non ha bisogno di consensi e non ammette
discussioni. È così che gli insegnamenti degli antenati diventano punti fermi
indimostrabili (non perché non si possono dimostrare, ma perché non hanno
bisogno di dimostrazione) che regolano rapporti e azioni. C’è, in essi, qualcosa
di ilosoico e di sacro: chi li ha creati e pronunciati per la prima volta era un
saggio e un uomo di giudizio e la sua autorità non va messa in dubbio o criticata,
ma accettata nell’inevitabilità del suo avverarsi. I proverbi sono ricchezza
lasciata in eredità da chi non c’è più a chi ha preso il loro posto.
Come ricorda Italo Spada, i proverbi raccolgono la saggezza dei popoli che
imparano la lezione della natura e della storia. Alla violenza del destino i pescatori di Trezza reagiscono
con la rassegnazione e trovano conforto più nella famiglia che nella religione, soprattutto se gli affari
e la fortuna non sono favorevoli. Ma almeno sfuggono alla miseria dell’ignoranza con i proverbi, una
sorta di magma sotterraneo alle pendici del vulcano dove matura la rilessione sulla vita (dalla premessa
e prefazione).
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novità in biblioteca
e lO VedemmO VOlare – la vera vita di san giuseppe da copertino
di Roberto brunelli
Fra Giuseppe diede un grido e lo vedemmo volare per aria da quegli scalini sopra l’altare della Madonna,
che era distante circa tre canne. Si poggiò con le ginocchia sopra il taglio
dell’altare, con le braccia aperte e con la faccia verso la Madonna, inché
non venne un frate a svegliarlo. Dopo svegliato si stroinava gli occhi con
le mani e diceva: “Perdonatemi, che questo frate asino vuole sempre che
dorma”.
(brigida Priete, Processo di beatiicazione di Nardò)
Questo libro raccoglie le deposizioni giurate dei testimoni ai processi di
beatiicazione di san Giuseppe da Copertino, il santo che più di ogni altro
ha ricevuto da Dio il dono della levitazione, insieme a quelli della profezia,
della bilocazione, della lettura dei cuori.
È la storia affascinante di un umile frate incompreso dagli uomini e innalzato dalla Chiesa a patrono
degli studenti e degli aviatori (Dalla quarta di copertina).
Guerrino Leardini, Centro Missionario Francescano, 2017
QUaNdO la Fede pUÒ cOsTare la ViTa - la storia del medico francescano martin Benedict
di Antonio Montonati
“Martin Benedict, discreto messaggero della speranza, ha coltivato questa virtù fragile, con la forza
dell’amore. Da medico dei corpi è diventato, coraggiosamente, anche medico
delle anime; anche se non poteva svelarsi apertamente nella sua condizione
di sacerdote, le persone hanno riconosciuto in lui la vocazione e l’opera di
Dio. In questo modo, Martin Benedict, perseguitato, sofferente e costretto
dal regime a non manifestare la sua identità, appare come un esempio di
pazienza nel fare la volontà di Dio, offrendosi senza condizioni nel servire
il suo prossimo”.
(Bogdan Titaru-Cazaban, Ambasciatore della Romania presso la, Santa Sede
[2010-2016]). (Dalla quarta di copertina)
Salomone Belforte & C., Livorno, 2017
segnalazioni a cura di fra emil Kumka, direttore della Biblioteca del seraphicum
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appuntamenti
CATECHEsI quAREsIMALI
“No all’accidia egoista” è la seconda catechesi quaresimale che sabato 3 marzo terrà fra Orlando
todisco, docente di Filosoia francescana, alla parrocchia dello
Spirito Santo alla Ferratella, in via Rocco Scotellaro, 11 a Roma
(zona Eur). Il ciclo di catechesi previste per la Quaresima, su invito
rivolto dalla Diocesi di Roma a tutte le realtà parrocchiali, verte sul
tema “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”.
Dopo l’incontro con il preside del Seraphicum, fra Dinh Anh Nhue
Nguyen su “No alla guerra tra noi!”, sabato 24 febbraio, e con fra
Orlando Todisco, saranno ancora due docenti della Facoltà impegnati in questo cammino quaresimale,
sabato 10 e 17 marzo.
CINEFORuM sERApHICuM
Si apre un altro mese di proiezioni del Cineforum Seraphicum, presso l’Auditorium di via del Seraico, 1
- angolo via Laurentina a Roma. Queste le prossime pellicole per gli
appuntamenti del sabato alle ore 16:
sabato 3 marzo: La battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson.
Con Andrew Garield, teresa Palmer, Hugo Weaving, rachel
Grifiths, Luke bracey. titolo originale: Hacksaw Ridge (Australia USA, 2016);
sabato 10 marzo: Il cittadino illustre di Gastón Duprat e Mariano Cohn.
Con oscar Martínez, dady brieva, Andrea Frigerio, belén Chavanne, Nora Navas. titolo originale: El
ciudadano ilustre (Argentina - Spagna, 2016);
sabato 24 marzo: Lasciati andare di Francesco Amato. Con Toni Servillo, Verónica Echegui, Carla
Signoris, Luca Marinelli, Pietro Sermonti (Italia, 2017).
Per info: tel. 06 515031; e-mail: cineforum@seraphicum.org; http://www.seraphicum.org/cineforum.asp
IMpRENDITORIA E pENsATORI FRANCEsCANI
“Non c’è buona economia senza buoni imprenditori” è il tema del convegno in programma sabato 10
marzo alle ore 17 ad Asti, presso l’Auditorium degli Oblati di San Giuseppe (corso
Vittorio Alieri, 384), promosso dall’Associazione “San Giuseppe imprenditore”.
Nel corso dell’appuntamento è prevista anche una relazione del professor Oreste
bazzichi, docente di Filosoia sociale ed etico-economica che interverrà su
“La funzione imprenditoriale vista dai pensatori francescani”.
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Convegno
“I FRATI MINORI CONvENTuALI IN AFRICA. pREsENzE, FRuTTI E spERANzE”
uN EsEMpIO DI sINERgIA TRA vANgELO, CARITà E INCuLTuRAzIONE:
IL CENTRO MEDICO DI sAbOu IN buRKINA FAsO
SAbAto 10 MArzo orE 9.30 - SErAPHICUM (SALA SISto V)
In Burkina Faso, nel comune rurale di Sabou, opera dal 2003 il Centro medico “San Massimiliano Kolbe”
che offre assistenza sanitaria gratuita ad oltre 110mila abitanti del posto. Emergenza Sorrisi opera a ianco
dei Frati Francescani per fronteggiare l’emergenza sanitaria in un territorio caratterizzato da notevoli
problematiche fornendo competenze e formando i medici locali. Il centro medico offre una serie di servizi
che vanno dal pronto soccorso a un reparto di medicina generale con 25 posti letto per adulti e 30 per
bambini, un reparto maternità con 12 posti letto e un centro di recupero nutrizionale per i bambini malnutriti.
Attualmente sono in fase di costruzione un’area destinata alla radiologia e un centro chirurgico. Soltanto
nello scorso anno 2.456 bambini hanno usufruito del servizio di assistenza nutrizionale, mentre sono stati
8.287 gli adulti e 3.725 i bambini che hanno beneiciato di una visita.
Programma
Moderatore – Lucas Duran | Radio Vaticana
Saluti istituzionali
s.E. Madame Josephine Ouedraigo | Ambasciatrice del Burkina Faso
Fra Jerzy Norel | Vicario Generale OFM Conventuale
Fra Felice Flasconaro | Guardiano del Collegio Seraphicum
Interverranno
Fra Taddeusz Świątkowski | Assistente Generale dell’AFCOF OFM Conv.
Fra Jarosław Wysoczanski | Segretario Generale Animazione Missionaria Ofm Conv.
Fabio Massimo Abenavoli | Presidente Emergenza Sorrisi
Fra Tomasz Kret | Direttore Centro Medico Maximiliano Kolbe
Massimiliano Mallardo | Responsabile Segretariato Sociale Rai
Paolo Rufini | Direttore Tv 2000
s.E. Mons. gianrico Ruzza | Segretario Generale Vicariato di Roma
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LA TEOLOgIA DI pApA FRANCEsCO
Sarà presentata lunedì 12 marzo, alle ore 17.30 presso la Sala Marconi di Palazzo Pio in piazza Pia n.3
a Roma, la collana “La teologia di papa Francesco”, edita dalla Libreria Editrice
Vaticana. Dopo i saluti di fra Giulio Cesareo, OFMConv, responsabile editoriale
della LEV, interverranno S. Em. Card. Walter Kasper, Presidente emerito del
Pontiicio Consiglio per l’Unità dei Cristiani; S. E. mons. Luis Francisco Ladaria,
S.I., Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e don Roberto Repole,
Presidente dell’Associazione Teologica Italiana e curatore della collana.
Modera Elisabetta Lo Iacono, giornalista e responsabile dell’Uficio stampa della
Pontiicia Facoltà teologica “San bonaventura”.
FEsTA DELLA FACOLTà
È in programma mercoledì 14 marzo la Festa della Pontiicia Facoltà teologica “San bonaventura”
Seraphicum.
Il programma prevede alle ore 9.30 la celebrazione eucaristica nella
cappella “San Bonaventura”, presieduta da mons. Roberto Carboni,
OFMConv, vescovo di Ales-Terralba (nella foto).
Alle ore 11 si terrà l’appuntamento accademico con il saluto e
l’introduzione del Preside fra Dinh Anh Nhue Nguyen, cui seguiranno
gli interventi di p. Pedro Barrajón sul tema “La sapienza cristiana
secondo san Bonaventura: la sua attualità teologica ed ecclesiale” e
di fra Enzo Galli, OFMConv, su “Dal triplex Verbum alla iliazione
divina: un tentativo di attualizzazione del pensiero cristologico di san Bonaventura”.
svEgLIA FRANCEsCANA
Ancora due appuntamenti in calendario per la Sveglia francescana, il gruppo di evangelizzazione di
strada dei frati-studenti del Seraphicum. Il 17 marzo sarà
l’Ospedale “San Giovanni” a Roma (nella foto una precedente
visita) ad accogliere i frati in alcuni suoi reparti, per un
momento di preghiera, di rilessione sulla Quaresima ma anche
di animazione. dal 13 al 15 aprile, poi, è prevista un’uscita in
Puglia, dove il gruppo sarà ospite della Basilica di San Martino
a Martina Franca (Taranto). La Sveglia francescana può essere
seguita anche su Facebook e YouTube dove si possono trovare,
ogni settimana, i video di commento al Vangelo.
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LA MIssIONE FRANCEsCANA ALLA CORTE DEI MONgOLI
“Prima di Marco Polo: la missione di Benedetto Polacco e Giovanni da Pian del Carpine alla corte di
Khan dei Mongoli, 1245 – 1247” è il tema della mostra promossa
dall’Istituto polacco di roma, visitabile sino a ine marzo nella sede
di via Vittoria Colonna, 1 - nei pressi di piazza Cavour - a Roma.
La mostra è stata inaugurata nel corso di una conferenza, lo scorso
20 febbraio, alla quale ha partecipato fra Emil Kumka, docente di
Francescanesimo al Seraphicum (a sinistra, nella foto), assieme
al professor Mariusz ziółkowski, presidente del consiglio di
amministrazione della sezione polacca di The Explorers Club e al
prof. Jerzy Miziołek, storico dell’arte e archeologo.
La mostra, articolata in esplicativi pannelli, intende gettare luce
sulla storia di un incredibile viaggio - per molti aspetti non conosciuto - e sui suoi protagonisti.
uN ApERITIvO… spECIALE
Un aperitivo con Haydn, Mozart e beethoven è il tema dello spettacolo in programma domenica 25
marzo alle ore 18 all’Auditorium Seraphicum, a via del Seraico, 1 – angolo
via Laurentina a Roma.
L’appuntamento, che abbina questa volta “Musica & Cucina”, rientra
nel calendario della rassegna “Al di là del concerto”, promossa sotto la
direzione artistica di Pamela Gargiuto e Paola Pegan.
Tra i protagonisti dello spettacolo, Francesco Cappelletti al violino, Rositsa
Ruseva al violoncello, Paola Pegan al pianoforte, Pamela Gargiuto agli
interventi storici e critici e, curatore del catering, lo chef Mauro Poddesu.
I successivi appuntamenti sono in programma, il 22 aprile e 20 maggio.
Prezzo del concerto con aperitivo a tema: 20 euro. Per info: tel. 06 515031.
vIDEO DEL CONgREssO su sAN bONAvENTuRA
Sono disponibili on line, sul canale Youtube della Pontificia Università Gregoriana, i video
degli interventi integrali e in lingua originale del congresso internazionale
“Deus summe cognoscibilis - L’attualità teologica di san Bonaventura”.
L’importante evento, promosso nell’ottavo centenario della nascita del Dottore
Seraico e svoltosi dal 15 al 17 novembre dell’anno scorso, era stato organizzato
dalla Pontiicia Università Gregoriana, assieme alla Pontiicia Facoltà teologica
“San bonaventura” e alla Pontiicia Università Antonianum e si era tenuto nelle
sedi delle tre realtà accademiche.
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francescanamente parlando
IL pREsENTE E IL FuTuRO DELLE MIssIONI
“Laici, protagonisti della missione” è stato il tema della XXIX Assemblea missionaria francescana,
promossa dal Centro Missionario francescano, e svoltasi
dal 31 gennaio al 3 febbraio al Seraphicum.
L’Assemblea, a carattere formativo e informativo, ha visto
la partecipazione degli animatori provinciali dell’area
FIMP (Federazione Inter-mediterranea Ministri Provinciali,
con l’intervento del presidente, fra Mauro Gambetti), dei
collaboratori laici dei Centri Missionari, di frati e di quanti
si interessano di animazione missionaria.
Tra i diversi incontri, quello con il prof. Marco Bartoli,
docente universitario, francescanista e membro della
Comunità di Sant’Egidio e con fra Jaroslaw Wysoczynski, segretario generale oFMConv per l’Animazione
Missionaria. L’Assemblea si è conclusa con una relazione del direttore, fra Paolo Fiasconaro, su attività,
prospettive e programmazione.
IN pAROLE FRANCEsCANE
«Egli (Francesco), come un carbone ardente, pareva tutto divorato dalla iamma dell’amor divino,
Al sentir nominare l’amor del Signore, subito si sentiva stimolato, colpito, iniammato:
quel nome era per lui come un plettro, che gli faceva vibrare l’intimo del cuore».
«E molto si deve amare l’amore di Colui che molto ci ha amato» (san Francesco).
Leggenda maggiore di san Bonaventura (FF 1161)
san Bonaventura informa è il mensile della Pontiicia Facoltà teologica “San bonaventura” Seraphicum
preside: Dinh Anh Nhue Nguyen (OFMConv)
Direttore responsabile: Elisabetta Lo Iacono
Redazione: Oreste Bazzichi, Giulio Cesareo (OFMConv), Francesco Costa (OFMConv), Raffaele Di Muro
(OFMConv), Felice Fiasconaro (OFMConv), Emil Kumka (OFMConv), Domenico Paoletti (OFMConv), Emanuele
Rimoli (OFMConv), Germano Scaglioni (OFMConv), Roberto Tamanti (OFMConv), Orlando Todisco (OFMConv)
Hanno collaborato a questo numero: Franciszek Czarnowski (OFMConv), Gianfranco Grieco (OFMConv), Emil
Kumka (OFMConv), Vincenzo Laurito, Elisabetta Lo Iacono, Pietro Messa (OFM), Domenico Paoletti (OFMConv),
Emanuele Rimoli (OFMConv), Vincenzo Rosito
Direzione e Redazione: c/o Pontiicia Facoltà teologica “San bonaventura” Seraphicum
Via del Seraico, 1 – 00142 roma
tel: 06 51503209 - Fax : 06 5192067 – Email: sanbonaventurainforma@gmail.com
Registrazione Tribunale di Roma n. 219 del 07/12/2016
(Anno II / n.14)
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