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MASSIMO FOGLIA Diritto a non nascere (se non sano) Estratto da: DIGESTO delle Discipline Privatistiche Sezione Civile Aggiornamento XI diretto da Rodolfo Sacco Copyright 2018 Wolters Kluwer Italia S.r.l. Via Dei Missaglia n. 97 - Edificio B3 - 20142 Milano, Italia UTET GIURIDICA1 è un marchio registrato e concesso in licenza da De Agostini Editore S.p.A. a Wolters Kluwer Italia S.r.L. I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi. Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni diverse da quelle sopra indicate (per uso non personale – cioè, a titolo esemplificativo, commerciale, economico o professionale – e/o oltre il limite del 15%) potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da EDISER Srl, società di servizi dell’Associazione Italiana Editori, attraverso il marchio CLEARedi Centro Licenze e Autorizzazioni Riproduzioni Editoriali. Informazioni: www.clearedi.org. L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali errori o inesattezze. Composizione: Sinergie Grafiche S.r.l. - Corsico (MI) Finito di stampare nel mese di settembre 2018 dalla Stamperia Artistica Nazionale S.p.A. Via Massimo D’Antona, 19 – 10028 Trofarello (TO) INDICE Agroenergia (diritto dell’Unione europea e interno) di MARIARITA D’ADDEZIO . . . . p. 1 Arbitro per le controversie finanziarie di GIANFRANCO LIACE . . . . . . . . . . . . . » 27 Azione revocatoria breve di PAOLO GALLO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 33 Biotecnologie in agricoltura di ELEONORA SIRSI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 51 Compartecipazione agraria (contratto di) di NICOLA LUCIFERO . . . . . . . . . . . . » 73 Contatto sociale di ALESSIO ZACCARIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 85 Danni punitivi di CRISTIANO CICERO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 99 Debito (successione nel) di CRISTIANO CICERO e MARIANNA RINALDO . . . . . . . . . » 109 Diffusione dei modelli giuridici italiani nell’Africa Sub-sahariana di SALVATORE MANCUSO Diffusione del modello giuridico italiano in India di DOMENICO FRANCAVILLA Diritto a non nascere (se non sano) di MASSIMO FOGLIA » 121 . . . . . » 127 . . . . . . . . . . . . . . . » 135 Diritto al cibo di LUIGI COSTATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 165 Diritto italiano in Ungheria (1861-2018) di TIBOR TAJTI (THAYTHY) . . . . . . . . . . » 183 Domini collettivi di ALBERTO GERMANÒ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 203 Donazione di bene altrui (e futuro) di ALBERTO GIANOLA . . . . . . . . . . . . . . » 211 Filiera agroalimentare di SONIA CARMIGNANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 221 Fonti delle obbligazioni di FRANCESCO GAMBINO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 229 Forma del contratto bancario e dei mercati finanziari di GIANFRANCO LIACE . . . . . . » 273 Legittimari (tutele dei) di CRISTIANO CICERO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 285 Lex informatica di PASQUALE LAGHI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 305 Merger Clause di MASSIMO FOGLIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 321 Meritevolezza dell’interesse di ATTILIO GUARNERI . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 341 Organizzazione dei produttori agricoli di IRENE CANFORA . . . . . . . . . . . . . . » 355 Paternità (ricerca biologica della) di MARIANO ROBLES . . . . . . . . . . . . . . . . » 371 # Wolters Kluwer Italia XVIII INDICE Rapporti tra responsabilità civile, assicurazione e previdenza sociale di PAOLO GALLO . » 401 Sconto bancario di GIUSEPPE WERTHER ROMAGNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 415 Segni degli alimenti: DOP, IGP e STG di MARIANNA GIUFFRIDA . . . . . . . . . . . » 435 Trascrizione degli acquisti per causa di morte di LUCA SITZIA . . . . . . . . . . . . . » 453 Usi civici di SILVIA ORRÙ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 479 # Wolters Kluwer Italia Diritto a non nascere (se non sano) Bibliografia: F. ALCARO, Riflessioni critiche intorno alla soggettività giuridica. Significato di una evoluzione, Milano, 1976; G. ALPA, Status e capacità. La costruzione giuridica delle differenze individuali, Bari, 1993; G. ALPA-A. ANSALDO, Le persone fisiche2, sub art. 5, Comm. Schlesinger, diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2013, 229 ss.; M.P. BACCARI, Il concepito: un concetto antico per il terzo millennio, in ROSSANO-SIBILLA, La tutela giuridica prenatale, Torino, 2005, 1 ss.; ID., La difesa del concepito nel diritto romano. Dai Digesta dell’imperatore Giustiniano, Torino, 2006; F. BACCHINI, Il diritto di non esistere, Milano, 2002; G. BALDINI, Il nascituro e la soggettività giuridica, DFP, 2000, II, 334 ss.; M. BESSONE-G. FERRANDO, «Persona fisica (diritto privato)», in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, 193 ss.; C.M. BIANCA, Diritto civile2, La norma giuridica e i soggetti, I, Milano, 2002, 135 ss., e ivi, La responsabilità, V (2012) 627 ss.; A. BIANCHI, Danno e modernità, DR, 2009, 353 ss.; M. BONA, «Danni al nascituro e da procreazione», in Digesto/civ., XVIII, Agg. II, Torino, 2003, 600 ss.; A. BRAUN (a cura di), Dalla disgrazia al danno, Milano, 2002; F.D. BUSNELLI, Lo statuto del concepito, DD, 1988, 216 ss.; ID., Bioetica e diritto privato. Frammenti di un dizionario, Torino, 2001; ID., L’inizio della vita umana, RDC, 2004, I, 533 ss.; ID., Il problema della soggettività del concepito a cinque anni dalla legge sulla procreazione medicalmente assistita, NGCC, 2010, II, 185 ss.; ID., Cosa resta della legge 40? Il paradosso della soggettività del concepito, RDC, 2011, I, 459 ss.; ID., Verso una giurisprudenza che si fa dottrina. Considerazioni in margine al revirement della Cassazione sul danno da c.d. «nascita malformata», RDC, 2013, 1519 ss.; ID., Nascere (o anche ‘‘morire’’) con dignità: un traguardo problematico per l’embrione, NGCC, 2017, II, 393 ss.; S. CACACE, Autodeterminazione in salute, Torino, 2017; O. CAYLA-Y. THOMAS, Il diritto di non nascere. A proposito del caso Perruche, trad. it. L. Colombo, Milano, 2004; P. CAPPELLO, Sui concetti di vita e vitalità, RDC, 1942, 224 ss.; F. CARNELUTTI, Postilla, FI, 1951, I, 989 ss.; ID., Nuovo profilo dell’istituzione dei nascituri, FI, 1954, IV, 57 ss., e negli Studi per Voleri, I, Milano, 1955, 211 ss.; F. CARRESI, «Nascituri (dir. vig.)», in NN.D.I., XI, Torino, 1965, 14 ss.; D. CARUSI (a cura di), Tutela giuridica della vita prenatale e risarcimento del danno nell’illecito plurioffensivo, Rass. DC, 1992, 422 ss.; ID., Responsabilità contrattuale ed illecito anteriore alla nascita del danneggiato, GI, 1994, I, 549 ss.; ID., Fallito intervento d’interruzione di gravidanza e responsabilità medica per omessa informazione: il «danno da procreazione» nella giurisprudenza della cassazione italiana e nelle esperienze straniere, Rass. DC, 1996, 342 ss.; ID., Contraccezione, aborto e «danno da procreazione»: di un’importante sentenza del tribunale costituzionale tedesco e di alcune questioni in materia di responsabilita` del medico, RCP, 1999, 1173 ss.; ID., L’ordine naturale delle cose, Torino, 2011; ID., ‘‘Revirement’’ in alto mare: il ‘‘danno da procreazione’’ si ‘‘propaga’’ al procreato?, GI, 2013, 809 ss.; ID., Chiamati al mondo. Vite nascenti ed autodeterminazione procreativa, Atti del Convegno di Genova 24-5-2013, Torino, 2015; M. CASINI, Si può considerare la nascita un danno risarcibile, Medicina e morale, 2016, 69 ss.; F. CASSONE, Il danno da nascita indesiderata, in La responsabilità in medicina, a cura di Belvedere-Riondato, Tratt. Biodiritto, Milano, 2011, # Wolters Kluwer Italia 371 ss.; C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile3, Milano, 2006; ID., Eclissi del diritto civile, Milano, 2015; N. COVIELLO, La tutela della salute dell’individuo concepito (note introduttive alla riflessione giuridica sull’aborto), DFP, 1978, 245 ss.; G. CRICENTI, Il diritto di non nascere, RCDP, 2007, 105 ss.; ID., Il concepito soggetto di diritto e i limiti dell’interpretazione, NGCC, 2009, I, 1268 ss.; ID., Breve critica della soggettività del concepito. I ‘‘falsi diritti’’ del nascituro, DFP, 2010, II, 465 ss.; ID., Il concepito ed il diritto di non nascere, GI, 2013, 813 ss.; G. CRISCUOLI, Il problema del risarcimento del danno da procreazione «non programmata»: le risposte della giurisprudenza di «common law», Rass. DC, 1987, 442 ss.; A. DALMARTELLO, Postilla, T, 1952, 122 ss.; A. D’ANGELO (a cura di), Un bambino non voluto e` un danno risarcibile?, Milano, 1999; A. DE CUPIS, Il danno. Teoria generale della responsabilità civile3, I, Milano, 1979; ID., I diritti della personalità2, in Tratt. Cicu-Messineo, Milano, 1982, 101 ss.; R. DE MATTEIS, Nascite indesiderate, interessi protetti, danni risarcibili, DR, 1999, 1031 ss.; ID., Wrongful life: problemi e falsi dilemmi, GI, 2003, 1064 ss.; ID., La responsabilita` medica per omessa diagnosi prenatale: interessi protetti e danni risarcibili, NGCC, 2003, I, 630 ss.; A. DI MAJO, La tutela civile dei diritti4, Problemi e metodo del diritto civile, 3, Milano, 2001; M. DOGLIOTTI, Interruzione della gravidanza e autonomia del minore, GI, 1982, I, 1499; ID., Le persone fisiche2, in Tratt. Rescigno, Torino, 1999, II, 3 ss.; J.A. EATON, Wrongful Life Claims: A Comparative Analysis (2005) 35 Hong Kong L.J. 671 ss.; G. FACCI, I nuovi danni nella famiglia che cambia2, Nuovi percorsi di diritto di famiglia, Collana diretta da M. Sesta, Torino, 2009; A. FALZEA, Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939; ID., La condizione e gli elementi dell’atto giuridico, nelle Pubblicazioni dell’Università di Messina, Milano, 1941, 296 ss.; R. FAVALE, Genitori contro volontà e risarcimento per i danni da nascita, DR, 2001, 484 ss.; C. FAVILLI, Il danno non patrimoniale da c.d. nascita indesiderata, in Il danno non patrimoniale. Principi, regole e tabelle per la liquidazione, a cura di Navarretta, Milano, 2010, II, 493 ss.; G. FERRANDO, Libertà, responsabilità e procreazione, Padova, 1999, spec. 187 ss.; ID., Nascita indesiderata, situazioni protette e danno risarcibile, in Un bambino non voluto e` un danno risarcibile?, a cura di A. D’Angelo, cit., 209 ss.; ID., Nascere per il diritto. Grandi prematuri e decisioni di inizio vita, NGCC, 2009, II, 97 ss.; A. FERRARIO, Il danno da nascita indesiderata, in Teoria e pratica del diritto – Civile e Processo, Milano, 2009; G. FERRI, Sulla qualificazione giuridica del concepito nei codici degli Stati italiani preunitari e nelle stagioni della codificazione unitaria, RDC, 2009, 227 ss.; L. 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GORGONI, Il danno da procreazione: profili civilistici (del se, del quando e del come essere chiamati al mondo), in Chiamati al mondo, a cura di Carusi, cit., 36 ss.; ID., Individuo o persona: problemi di qualificazione e tutela giuridica alle soglie della vita, DFP, 1994, 337 ss.; ID., Nascere sani o non nascere affatto: verso un nuovo capitolo della storia della ‘‘naissance d’enfants sains non de´sire´s’’, DR, 2001, 475 ss.; ID., La nascita va accettata senza ‘‘beneficio d’inventario’’?, RCP, 2004, 1349 ss.; ID., Nascituro e responsabilità sanitaria, RCP, 2009, 2075 ss.; A. GUAR`be´ prejudice e il discusso diritto a nascere NIERI, Wrongful life, be sano...o a non nascere, RCP, 2001, 499 ss.; E. IORIATTI FERRARI, Tutela della vita prenatale nel contesto della gravidanza, in Il governo del corpo, a cura di S. Canestrari-G. Ferrando-C.M. Mazzoni-S. Rodotà-P. Zatti, II, Trattato di Biodiritto, diretto da S. Rodotà-P. Zatti, Milano, 2011, 1605 ss.; E.W. 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MINOLI, Responsabilità civile dei genitori verso il figlio, in Studi in memoria di B. Donati, nelle pubblicazioni della Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Modena, Bologna, 1954, 211 ss.; P.G. MONATERI, ‘‘La marque de caı¨n’’, la vita sbagliata, la vita indesiderata, e le reazioni del comparatista al distillato del dell’alambicco, in Un bambino non voluto e` un danno risarcibile?, a cura di A. D’Angelo, cit., 290 ss.; ID., Il danno al nascituro e la lesione della maternità cosciente e responsabile, CorG, 2003, 59 ss.; ID., La responsabilità civile, Torino, 2006; P. MOROZZO DELLA ROCCA, Il danno morale al concepito, ovvero il «già e non ancora» nella responsabilita` civile, CorG, 2001, 348; A. MUSATTI, Ancora sulla responsabilita` da procreazione, FI, 1952, IV, c. 15 ss.; E. NAVARRETTA, Ingiustizia del danno e nuovi interessi, in Dir. civile, diretto da Lipari-Rescigno, IV, III, Milano, 2009, 171 ss.; G. OPPO, Note sull’istituzione dei non concepiti, RTDPC, I, 1948, 66 ss.; ID., L’inizio della vita umana, RDC, 1982, I, 499 ss.; ID., Procreazione assistita e sorte del nascituro, RDC, 2005, 99 ss.; ID., Ancora su persona umana e diritto, RDC, 2007, II, 259 ss.; S. ORRÙ, Il nascituro, in I nuovi danni alla persona. I soggetti deboli, a cura di Cendon-S. Rossi, I, Roma, 2013, 211 ss.; L. PALAZZANI, Il concetto di persona tra bioetica e diritto, Torino, 1996; E. PELLECCHIA, Dal figlio indesiderato al desiderio di un figlio (e di un fratello): brevi note su ingiustizia del danno, danni riflessi e vittime secondarie, DR, 1998, 895 ss.; P. PERLINGIERI, La personalità umana nell’ordinamento giuridico, Napoli, 1972; B. PEZZINI, Inizio e interruzione della gravidanza, in Trattato di Biodiritto, Il governo del corpo, II, cit., 1655 ss.; E. PICKER, Schadensersatz für das unerwünschte eigene Leben: ‘‘Wrongful Life’’ (1995), trad. it. di D. Canale, Il danno della vita: risarcimento per una vita non desiderata, a cura di Zatti-Canale, Milano, 2004; A. PIZZORUSSO, Persone fisiche, Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1988, 1 ss.; A. PRINCIGALLI, Quando la nascita non e` un lieto evento. Una nuova frontiera dell’errore medico, RCDP, 1984, 833 ss.; ID., Nascere infermo o non nascere: quale tutela per il nuovo nato?, RCDP, 2001, 675 ss.; R. PUCELLA, Responsabilità medica per la lesione del diritto a nascere sani: tutela del nascituro e dei prossimi congiunti, NGCC, 1991, I, 370 ss.; ID., La causalità «incerta», Torino, 2007; ID., Autodeterminazione e responsabilità nella relazione di cura, Milano, 2010; H. REIS, Das Lebensrecht des ungeborenen Kindes als Verfassungsproblem, Tübingen, 1984; P. RESCIGNO, Situazione e status nell’esperienza del diritto, RDC, 1973, I, 209; ID., «Capacità giuridica», in Digesto/civ., IV, Torino, 1988, 218 ss.; ID., «Personalità (diritti della)», in Enc. giur., XXIV, Roma, 1991; ID., «Nascita», in Digesto/civ., XII, Torino, 1995, 1; ID., Il danno da procreazione, RDC, 1956, I, 614 ss., ora in ID., Danno da procreazione e altri scritti tra etica e diritto, Milano, 2006, 49 ss.; ID., La nascita, in Il governo del corpo, II, cit., 1735 ss.; G. RESTA, Il diritto, la libertà, la tecnica, RCDP, 2001, 79; S. RODOTÀ, La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, Milano, 2006; ID., Tecnologie e diritti, Bologna, 1985; ID., Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964; S. ROSSI, «Contatto sociale (fonte di obbligazione)», in Digesto/civ., Agg. V, Torino, 2010, 346 ss.; A. RUDA, ‘‘I Didn’t Ask to be Born’’: Wrongful Life from a Comparative Perspective (2010) 1 JECTL 204 ss.; F. SALARIS, In tema di danno ingiusto al nascituro, GI, 1974, I, 1931; C. SALVI, Capitalismo e diritto civile. Itinerari giuridici dal Code civil ai Trattati europei, Bologna, 2015; F. SANTORO PASSARELLI, Su un nuovo profilo dell’istituzione dei nascituri, FP, 1954, IV, c. 65 (e negli Scritti per il centenario della Casa editrice Jovene, Napoli, 1954, 291 ss.); ID., Dottrine generali del diritto civile9, Napoli, 1981; F. SCARDULLA, «Nascita (dir. civ.)», in Enc. dir., XXVII, Milano, 1977, 520; P. SCHLESINGER, Il concepito e l’inizio della persona, in AA.VV., Liber amicorum per F.D. Busnelli, II, Milano, 2008, 83 ss.; A. SHAPIRA, ‘‘Wrongful life’’ Lawsuits for Faulty Genetic Counselling: Should the Impaired Newborn be Entitled to Sue?, 24 Journal of Medical Ethics, 1998, 369; R. SCOTT, Reconsidering ‘‘Wrongful life’’ in England After Thirty Years: Legislative Mistakes and Unjustifiable Anomalies, C.L.J. 2013, 72(1), 115 ss.; R. SIMONE, Procreazione e danno, DFP, 2003, I, 1148 ss.; ID., Danno alla persona per nascita indesiderata, DR, 2002, 469 ss.; P. STANZIONE, «Persona fisica (dir. civ.)», Enc. giur., XXIII, Roma, 1990; B.C. STEININGER, Wrongful Birth and Wrongful Life: Basic Questions (2010) 1 JECTL 125; C. STOLKER, Wrongful life: the limits of liability and beyond, I.C.L.Q. 1994, 43(3), 521 ss.; A. TRABUCCHI, Il figlio, nato o nascituro, inaestimabilis res, e non soltanto res extra commercium, RDC, 1991, I, 211 ss.; ID., Istituzioni di diritto civile46, a cura di G. Trabucchi, Padova, 2013; G. TRAVAGLINO, La questione dei nessi di causa, Milano, 2012; K.A. WARNER, Wrongful life goes down under (2007) 123 L.Q.R. 209 ss.; B. WINIGER-H. KOZIOL-B.A. KOCH-R. ZIMMERMANN (eds), Digest of European Tort Law, Vol. 2: Essential Cases on Damage, Berlin/Boston, 2011; P. ZATTI, Quale statuto per l’embrione?, RCDP, 1990, 437 ss.; ID., «Capacità», nel Glossario del Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 1994, 55 ss.; ID., Diritti dell’embrione e capacità giuridica del nato, RDC, 1997, 107 ss.; ID., Diritti del non nato e immedesimazione del feto della madre, NGCC, 1999, 113 ss.; ID., La tutela della vita prenatale: i limiti del diritto, NGCC, 2001, II, 149 ss.; ID., Corpo nato, corpo nascente, capacità, diritti: l’art. 1 cod. civ. e la vita prenatale, ora in ID. Maschere del diritto volti della vita, Milano, 2009, 163 ss.; ID., I dilemmi della nascita, in Studi in onore di P. Rescigno, Milano, 1998, 897 ss., ora in ID., Maschere del diritto, cit., 179 ss.; ID., Il duttile rigore: l’approccio di Giorgio Oppo al diritto della vita nascente, RDC, 2010, I, 458 ss.; V. ZENO-ZENCOVICH, La responsabilità per procreazione, GI, 1986, IV, 231 ss.; ID., Il danno al nascituro, NGCC, 1994, I, 695 ss.; ID., «Personalità (diritti della)», in Digesto/civ., XIII, 1995, 434 ss. Legislazione: artt. 2, 13, 31, 32 Cost.; artt. 1, 1223, 1226, 2043, 2056, 2059, 2236 c.c.; l. 22-5-1978, n. 194 (norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza); l. 19-22004, n. 40 (norme in materia di procreazione medicalmente assistita). Sommario: 1. Una premessa. – 2. Il dilemma del danno ingiusto al nascituro e l’interesse a non nascere se gravemente malato. – 3. Autodeterminazione procreativa e diritto alla vita. – 4. I soggetti potenzialmente coinvolti nella vicenda risarcitoria della nascita malformata. – 5. La lesione della maternità cosciente e responsabile. – 6. Questioni di vita nascente: l’esistenza della persona e il problema della soggettività. – 7. Il nascituro nel diritto vivente. – 8. Il nascituro come ‘‘oggetto di tutela’’. – 9. Il nato malato contro il medico e/o l’istituzione sanitaria: qua causa? – 10. La tesi negazionista del cosiddetto diritto a non nascere se non sano nella giurisprudenza. – 11. Il revirement di Cass., 2-10-2012, n. 16754 e l’intervento delle S.U. # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) 22-12-2015, n. 25767. – 12. L’interesse protetto e la situazione soggettiva lesa: quale danno risarcibile in capo al nascituro? – 13. Nesso causale e onere della prova: menomazioni del neonato causalmente collegabili a malpractice medica. – 14. Conclusioni. 1. Una premessa. La riflessione prende avvio da vicende del diritto che coinvolgono il vivere quotidiano, dense come sono di risvolti ed implicazioni etiche, morali, filosofiche. Viene, in particolare, in gioco il fragile equilibrio tra diritto a nascere, diritto a non nascere, diritto a nascere solo in condizioni di piena salute biologica (1). In questo delicato conflitto tra valore della vita in quanto tale e pretesa all’euritmia biologica, la nascita, se foriera per il nascituro di dolore e sofferenza, diviene teatro di possibili richieste risarcitorie (2). Lo straordinario progresso della scienza medica (3), grazie al quale è oggi possibile prevedere con estrema sicurezza la nascita di un soggetto affetto da grave malformazione fisica o deficit mentale, porta con sé preoccupazioni mai conosciute prima e offre, al contempo, le premesse per immaginare nuove pretese risarcitorie (4). Differenti sono le fattispecie di danno che orbitano attorno alla nascita (5). Trattasi sovente di ipotesi di danno scaturenti dalle cosiddette nascite indesiderate (6), ma è possibile più nello specifico ulteriormente distinguerle, com’è d’uso anche nell’esperienza di common law, in differenti situazioni-tipo (7). Quelle che, ad esempio, riguardano l’azione promossa dal figlio nei confronti dei genitori per averlo messo alla luce, sussumibili sotto la categoria del cosiddetto danno da procreazione (8); oppure l’azione dei genitori nei confronti del medico o dell’istituzione sanitaria per non aver impedito, come richiesto, il concepimento o la nascita non programmata di un figlio (wrongful conception o wrongful pregnancy) (9). Altro sono i casi di danno al feto, cagionato dai sanitari che hanno in cura la gestante e lesivo del diritto alla salute del futuro nato (10). Ipotesi inquadrabili nello schema generale della responsabilità medica per lesioni prenatali, con conseguente risarcibilità del danno subito dal nato, allorché i medici abbiano direttamente provocato l’insorgenza della malattia o dell’handicap in un bambino altrimenti sano (11). Tutt’altro ancora sono le doglianze, che qui ci si propone di esaminare (12), riscontrabili nelle situazioni di mancata o errata diagnosi del medico che, chiamato nella fase prenatale ad accertare eventuali malformazioni del feto, abbia colposamente mancato di rilevare la presenza di una patologia congenita. Errore medico che, in presenza delle condizioni legittimanti l’esercizio della facoltà della gestante di interrompere volontariamente la gravidanza, preclude alla donna la possibilità di abortire, generando cosı̀ «la nascita colposa di un essere umano» (13). # Wolters Kluwer Italia 137 Un caso paradigmatico riguarda, ad esempio, il bambino nato con sindrome di Down in seguito all’errore diagnostico del medico che non abbia posto la gestante nella condizione di chiedere, se correttamente informata, l’interruzione della gravidanza (14). La questione centrale, sotto il profilo dell’interesse ad agire per il risarcimento del danno, è se l’accesso alla tutela risarcitoria sia riservato solo ai genitori per via della lesione del proprio diritto all’autodeterminazione procreativa, o se anche il bambino stesso possa, una volta nato, avanzare autonome pretese risarcitorie legate alla nascita non voluta, se, considerato il male incurabile che lo affligge, si sarebbe dovuta interrompere la gravidanza e dunque impedire un’esistenza disgraziata. È vero che in casi di tal genere la malformazione di cui è affetto il bambino può definirsi, nel linguaggio anglosassone, una pre-existing condition, giacché essa non è causata né aggravata dalla condotta, seppur illecita (15), del medico. L’interesse che si assume leso – è bene sin d’ora sottolinearlo – non può dunque essere la salute del bambino in quanto segnata dalla malattia o dalla disabilità, che è insita già nel suo corredo genetico, ma sembrerebbe quello a non vivere piuttosto che a vivere in condizioni di menomazione (16). La salute minorata, o in altri termini il dover vivere una vita inferma, non corrisponde alla situazione soggettiva lesa, ma rappresenta piuttosto il danno-conseguenza della nascita non voluta. Posto che un danno arrecato alla vita o all’integrità fisica del bambino non può dirsi esistente, vi è chi coglie una difficoltà concettuale nell’argomentare che il pregiudizio possa derivare dal non aver impedito che una vita venisse soppressa (17). Se cosı̀ fosse si giungerebbe alla paradossale conclusione per cui l’evento di danno si identificherebbe nella salvaguardia della vita in arrivo, laddove essa fosse dolorosamente colpita da una condizione patologica insopportabile per il bambino che la sperimenta sulla propria pelle. Viene cosı̀ in gioco, in sintesi, l’alternativa tra santità e qualità della vita, intesi quali beni alternativi da tutelare nell’ottica della protezione degli interessi del bambino menomato (18). Ad ogni modo, resta chiaro che l’omissione del sanitario si inserisce nella concatenazione di eventi che, sul piano causale, portano alla nascita non voluta. E, cosı̀, il nuovo nato è «chiamato al mondo» (19), consegnato alla vita tra le braccia di genitori impreparati a riceverlo per via della sua esistenza menomata. L’esame è dedicato principalmente alla richiesta risarcitoria avanzata dal bambino, ovverosia alla lesione di diritti e interessi del nato, più che alla tutela dei genitori e degli altri soggetti della comunità familiare coinvolti (20). Si esaminano ipotesi di responsabilità verso il nascituro, sovente racchiuse, nell’ottica del danno prospetticamente subito dal concepito, nel 138 DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) controverso sintagma «vita ingiusta», laddove per wrongful life nella terminologia giuridica di common law (21) s’intende «l’azione nella quale un soggetto lamenta il fatto di essere stato messo al mondo, generalmente in una situazione di svantaggio fisico, mentale o morale» (22). Va sin d’ora evidenziato che nei casi di danno al feto causato dalla condotta negligente di terzi è riconosciuto, nella maggior parte degli ordinamenti europei, un autonomo diritto al risarcimento azionabile direttamente dal nato malato per la lesione del diritto alla salute (23). Per contro, nei casi di wrongful life in senso stretto, e cioè allorché la condotta del medico non incide sulla salute del nascituro ma, per via dell’omessa informazione (24), soltanto in ordine alla potenziale mancata interruzione della gravidanza (25), la tendenza in Europa è, con poche eccezioni (26), di escludere il diritto al risarcimento iure proprio del nato per la violazione di un asserito interesse a non nascere se gravemente malato. (1) Il termine interesse (a non nascere) deve senz’altro preferirsi a diritto (di non nascere). Tuttavia, poiché l’espressione più in auge sembra quest’ultima, si è condivisa la scelta di usare, nel contesto di un’opera enciclopedica, ambedue i termini nell’identificare il medesimo concetto. (2) Sulla nascita come concetto giuridico v. P. CAPPELLO, Sui concetti di vita e vitalità, RDC, 1942, 224 ss.; F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, I, 1957, 206 ss.; F. CARRESI, «Nascituri (dir. vig.)», in NN.D.I., XI, Torino, 1965, 14 ss.; F. SCARDULLA, «Nascita (dir. civ.)», Enc. dir., XXVII, Milano, 1977, 520 ss.; G. OPPO, L’inizio della vita umana, RDC, 1982, I, 499 ss.; A. PIZZORUSSO, Persone fisiche, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1988, 1 ss.; P. STANZIONE, «Persona fisica (dir. civ.)», Enc. giur., XXIII, Roma, 1990, 1 ss.; P. RESCIGNO, «Nascita», in Digesto/civ., IV, XII, Torino, 1995, 1 ss., ora nella raccolta ID., Danno da procreazione, Milano, 2006, 83 ss.; ID., La nascita, in Il governo del corpo, a cura di S. Canestrari-G. Ferrando-C.M. Mazzoni-S. Rodotà-P. Zatti, II, Trattato di Biodiritto, diretto da S. Rodotà-P. Zatti, Milano, 2011, 1735 ss.; P. SCHLESINGER, Il concepito e l’inizio della persona, in AA.VV., Liber amicorum per F.D. Busnelli, II, Milano, 2008, 83 ss.; G. FERRANDO, Nascere per il diritto. Grandi prematuri e decisioni di inizio vita, NGCC, 2009, II, 97 ss.; P. ZATTI, I dilemmi della nascita, in Studi in onore di P. Rescigno, Milano, 1998, 897 ss., ora in ID., Maschere del diritto, Milano, 2009, 179 ss.; ID., Il duttile rigore: l’approccio di Giorgio Oppo al diritto della vita nascente, RDC, 2010, I, 458 ss.; ID., Corpo nato, corpo nascente, capacità, diritti: l’art. 1 cod. civ. e la vita prenatale, ora in ID. Maschere del diritto volti della vita, Milano, 2009, 163 ss.; MAZZONI-PICCINNI, La persona fisica, Milano, 2016, 69 ss.; F.D. BUSNELLI, Nascere (o anche ‘‘morire’’) con dignità: un traguardo problematico per l’embrione, NGCC, 2017, II, 393 ss. (3) Sul ruolo del diritto e sulla necessità per l’uomo di governare i cambiamenti della società e del mondo sotto la spinta di una innovazione scientifica e tecnologica incessante, v. S. RODOTÀ, La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, Milano, 2006; ID., Tecnologie e diritti, Bologna, 1985; D. CARUSI, L’ordine naturale delle cose, Torino, 2011, passim e, per le tematiche inerenti alle questioni in esame, 275 ss., 480 ss.; G. RESTA, Il diritto, la libertà, la tecnica, RCDP, 2001, 79 ss. (4) Di questa tendenza ne danno efficacemente conto, tra gli altri, D. MESSINETTI, Recenti orientamenti sulla tutela della persona. La moltiplicazione dei diritti e dei danni, RCDP, 1992, 173 ss.; A. BIANCHI, Danno e modernità, DR, 2009, 354 ss.; E. NAVARRETTA, Ingiustizia del danno e nuovi interessi, in Dir. civile, diretto da Lipari-Rescigno, IV, III, Milano, 2009, 171 ss. (5) Sottolinea che la nascita non è invariabilmente un lieto evento e sempre più spesso è all’origine di una vicenda risarcitoria, M. GORGONI, Il danno da procreazione: profili civilistici (del se, del quando e del come essere chiamati al mondo), in Chiamati al mondo. Vite nascenti ed autodeterminazione procreativa, a cura di Carusi, Atti del Convegno di Genova 24-5-2013, Torino, 2015, 36 ss.; A. PRINCIGALLI, Quando la nascita non e` un lieto evento. Una frontiera dell’errore medico, RCDP, 1984, 833 ss. (6) Con l’espressione danno da ‘‘nascita indesiderata’’ si ricomprendono, generalmente, tre ipotesi tipiche di illecito: a.) l’inefficace interruzione della gravidanza; b.) il fallimento di un intervento di sterilizzazione; c.) la nascita di bambini affetti da gravi malformazioni non diagnosticate. Per un ampio quadro v. G. FACCI, I nuovi danni nella famiglia che cambia2, in Nuovi percorsi di diritto di famiglia, Collana diretta da M. Sesta, Torino, 2009, III, 277 ss.; C. FAVILLI, Il danno non patrimoniale da c.d. nascita indesiderata, in Il danno non patrimoniale. Principi, regole e tabelle per la liquidazione, a cura di Navarretta, Milano, 2010, II, 493 ss. a cui si rinvia anche per la ricca rassegna giurisprudenziale. (7) Un chiaro elenco è proposto da V. ZENO ZENCOVICH, La responsabilita` per procreazione, GI, 1986, IV, 235. Va da sé, come puntualmente evidenziato anche in F. CASSONE, Il danno da nascita indesiderata, in La responsabilità in medicina, a cura di Belvedere-Riondato, Tratt. Biodiritto, Milano, 2011, 371 ss., che le ipotesi di responsabilità legate alla nascita non programmata variano in relazione all’interesse leso, al tipo di condotta lesiva, al suo collegamento causale, al danno risarcibile. Cfr. anche B.C. STEININGER, Wrongful Birth and Wrongful Life: Basic Questions (2010) 1 JECTL 125; A. PRINCIGALLI, Nascere infermo o non nascere: quale tutela per il nuovo nato?, RCDP, 2001, 675 ss. (8) Nell’esperienza nord-americana, il primo caso che si registra è Zepeda v. Zepeda, 41 Ill. App. 2d 240, 190 N.E. 2d 849 (1963); 77 Harv. L. Rev. 1349 (1964) e 49 Iowa L. Rev. 1005. Il caso affrontato dalla Corte dell’Illinois riguardava l’azione risarcitoria promossa nei confronti del padre da un figlio nato da una relazione adulterina. L’uomo, tacendo di essere già sposato, avrebbe sedotto la madre per avere con lei una relazione sessuale, con la promessa, poi non mantenuta, di un matrimonio. La donna, sedotta e abbandonata, dava alla luce un figlio illegittimo che, a distanza di anni, decideva di agire contro il padre per essere stato messo al mondo in uno stato di illegittimità che lo metteva in grave svantaggio sociale, e lo esponeva, in quanto «bastardo», al disprezzo della comunità. La Corte dell’Illinois, tuttavia, rigettava la domanda sulla base di considerazioni d’ordine giuridico, sociale e giudiziario, sostenendo che ammettere un tort di wrongful life sarebbe stato al di fuori delle competenze giurisdizionali e spetterebbe semmai agli organi legislativi. Nella giurisprudenza italiana è, ad esempio, danno da procreazione quello lamentato dal figlio nato in condizioni di salute minorata nell’ipotesi di un’infezione trasmessa dal padre all’atto del concepimento (i.e. il trasmettere attraverso la generazione una grave malattia venerea). V. T. Piacenza, 31-7-1950, FI, 1951, I, c. 987, con commenti di M. ELIA, Responsabilità del genitore verso il figlio eredoluetico? e F. CARNELUTTI, Postilla, ivi. La pronuncia, che accolse la domanda risarcitoria di una minore alla quale i genitori avevano trasmesso durante il concepimento la lue, ha suscitato un vivace dibattito. Per alcuni interventi v. G. PUGLIESE, Responsabilità morale e responsabilità giuridica per la procreazione di figli eredoluetici, GCCC, 1951, III, 1093; AUR. CANDIAN, L’azione di danno dell’eredoluetico contro i genitori, T, 1952, 119; S. LENER, Mero delitto civile la paternità?, FI, 1952, IV, 18; A. DALMARTELLO, Postilla, T, 1952, 122; P. RESCIGNO, Il danno da procreazione, RDC, I, 1956, 614 ss. e ora nella raccolta Danno da procreazione e altri scritti tra etica e diritto, Milano, 2006, 50 ss. # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) Diversa è l’ipotesi di azione del figlio nei confronti del genitore per averlo messo alla luce, nonostante la conoscenza dei suoi handicap fisici e/o mentali, o dell’alto rischio del loro verificarsi: a differenza del caso di trasmissione del male con l’atto stesso della generazione, qui può venire in rilievo la diversa ipotesi d’infezione trasmessa, attraverso la madre, al già concepito: infezione dapprima trasmessa alla madre, che in epoca successiva (con lo stesso autore del contagio o con un terzo) concepisce un figlio. In quest’ultimo caso, alla responsabilità civile del genitore o del terzo non vale opporre che al momento dell’illecito non fosse ancora presente un soggetto capace di subire un’ingiusta aggressione (lo rileva già P. RESCIGNO, Il danno da procreazione, cit., 60 s.; ma cfr. anche G. PUGLIESE, Responsabilità morale e responsabilità giuridica per la procreazione di figli eredoluetici, cit., 1094 s.). Favorevole, nel caso di specie, alla risarcibilità del danno in favore del già concepito, è E. MINOLI, Responsabilità civile dei genitori verso il figlio, in Studi in memoria di B. Donati (nelle pubblicazioni della Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Modena), Bologna, 1954, 214 ss. (9) Trattasi di fattispecie di responsabilità derivanti da casi di errore medico nell’esecuzione di interventi di sterilizzazione o abortivi, in cui l’interesse leso consiste nella violazione del diritto della madre e del padre ad una genitorialità cosciente e responsabile, nel caso di specie manifestamente non voluta. V. Cass., 24-10-2013, n. 24109, RCP, 897 ss., con nota di A. BORRETTA, Responsabilità medica da omesso o insufficiente consenso informato e onere della prova: «Sussiste la responsabilità professionale del medico per inadempimento dell’obbligo informativo, relativamente ad un intervento di sterilizzazione: infatti la corretta informazione avrebbe non solo evitato la violazione del diritto all’autodeterminazione della paziente, resa consapevole circa la non definitività della sterilizzazione ed informata quindi in maniera completa ed esaustiva, sul bilancio rischi-vantaggi derivante dall’intervento – non sussistendo alcuna valida autodeterminazione senza l’informazione cui la paziente aveva diritto – ma le avrebbe altresı̀ consentito di adottare, nel successivo decorso del tempo, le opportune misure nonché gli utili accertamenti e controlli clinici, atti ad impedire ulteriori gravidanze non volute». Nella giurisprudenza di merito v. T. Tolmezzo, 2-9-2011, FM, 2011, fasc. 9, 57, con nota di F. BILOTTA; T. Tolmezzo, 7-62011, FD, 2012, 272, con nota di G. BILÒ; T. Cagliari, 15-52010, RGSarda, 2012, I, 29, con nota di F. CORONA; T. Venezia, 10-9-2002, DeG, 2002, fasc. 39, 61, con nota di G. CASSANO; T. Busto Arsizio, 17-7-2001, RCP., 2002, 441, con nota di F. BILOTTA; T. Padova, 9-8-1985, NGCC, 1986, I, 115 ss., con nota di P. ZATTI. Per una comparazione v. Bundesverfassungsgericht [Germania], 12-11-1997, DR, 1998, 419, con nota di F.B. D’USSEAUX: «La giurisprudenza delle corti civili in materia di responsabilità medica per sterilizzazione fallita ed errata consulenza genetica prima del concepimento non contrasta con l’art. 1 I della legge fondamentale»; Court of appeal [Gran Bretagna] Londra, 1610-1985, DF, 1987, 627, con nota di V. CRISCUOLI GRIPPAUDO: «Nell’ipotesi di un intervento chirurgico di sterilizzazione, compiuto da un ginecologo su donna maritata, rimasta, tuttavia, successivamente incinta, deve ritenersi, in mancanza di esplicita diversa pattuizione fra le parti, che sia implicita ed immanente nel contratto acceso tra la paziente ed il sanitario solo l’intesa che il medico avrebbe compiuto l’intervento convenuto con ragionevole cura ed adeguata diligenza professionale, e non anche l’intesa di garanzia circa il risultato dell’operazione; la dichiarazione precontrattuale del ginecologo alla cliente circa la «irreversibilità» del risultato dell’intervento non poteva costituire garanzia circa il sicuro buon esito dell’operazione». (10) F. GALGANO, Danno da procreazione e danno al feto, ovvero quando la montagna partorisce un topolino, CeI, 2009, 537 ss. (11) Ad esempio, il danno al feto cagionato dalla somministrazione alla madre di medicinali diretti a favorire la gravidanza, ma suscettibili di arrecare al feto gravi malformazioni. V. per tutte # Wolters Kluwer Italia 139 Cass., 11-5-2009, n. 10741, DR, 2009, 1167, con nota di S. CACACE, Figli indesiderati nascono. Il medico in tribunale; RCP, 2009, 2075, con nota di M. GORGONI, Nascituro e responsabilità sanitaria; DF, 2009, 1180 ss., con nota di G. BALLARANI, La Cassazione riconosce la soggettività giuridica del concepito: indagine sui precedenti dottrinali per una lettura ‘‘integrata’’ dell’art. 1 c.c.; CorG, 2010, 365, con nota di A. LISERRE, In tema di responsabilità del medico per il danno al nascituro. Il caso riguardò la richiesta di danni di un bambino nato con gravi malformazioni, associate alla somministrazione alla madre di una sostanza, il clomifene, con accertate proprietà teratogene. L’accusa di negligenza fu diretta nei confronti della struttura sanitaria che, incautamente e in violazione dei doveri informativi, prescrisse alla donna il farmaco Clomid per stimolarne l’ovulazione, senza però avvertire della pericolosità di proseguire la cura a concepimento avvenuto. La Supr. Corte, distinguendo i fatti di causa da quelli che per solito danno luogo alle azioni per wrongful life, inquadrò la fattispecie nell’ambito della responsabilità medica per lesioni prenatali, con conseguente risarcibilità del danno subito dal nato. Cfr. F. CASSONE, Il danno da nascita indesiderata, cit., 418 ss. (12) Va sin d’ora anticipato che la vicenda paradigmatica – oggetto della presente disamina – su cui si appunta la pretesa risarcitoria del nuovo nato, è quella della donna che invochi la responsabilità del medico per averle precluso, mancando di informarla debitamente circa la presenza di patologie del feto, l’interruzione volontaria della gravidanza. Ipotesi in cui la condotta negligente del medico (i.e. l’errata o mancata diagnosi della patologia) influisce certamente sulla libertà di scelta che la madre aveva di ricorrere all’aborto o meno, senza però incidere direttamente, in quanto congenita, sulla malformazione del feto. (13) E. PICKER, Schadensersatz für das unerwünschte eigene Leben: ‘‘Wrongful Life’’ (1995), trad. it. di D. CANALE, Il danno della vita: risarcimento per una vita non desiderata, a cura di Zatti-Canale, Milano, 2004, 10 (corsivo dell’A.). (14) È la vicenda sottostante alle più recenti pronunce in materia: in particolare, Cass., 2-10-2012, n. 16754, CorG, 2013, 45, con nota di P.G. MONATERI; FI, 2013, I, 181, con nota di A.L. OLIVA; NGCC, 2013, I, 175, con nota di E. PALMERINI; GI, 2013, 796, con note di D. CARUSI e G. CRICENTI; RCP, 2013, 124, con nota di M. GORGONI; e Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, FI, 2016, I, 494, con nota di C. BONA, Sul diritto a non nascere e sulla sua lesione; GI, 543, con nota di D. CARUSI, Omessa diagnosi prenatale: un contrordine...e mezzo delle Sezioni Unite; NGCC, 2016, I, 443, con nota di F. PIRAINO, I confini della responsabilità civile e la controversia sulle malformazioni genetiche del nascituro: il rifiuto del c.d. danno da vita indesiderata; ivi, II, 461, con commento di C.M. MAZZONI, Vita e non vita in Cassazione. A proposito di Cass., n. 25767/2015; CorG, 2016, con nota di G. BILÒ, Nascita e vita indesiderate: i contrasti giurisprudenziali all’esame delle Sezioni Unite; RCP, 2016, 162, con commento di M. GORGONI, Una sobria decisione ‘‘di sistema’’ sul danno da nascita indesiderata; JusCiv., 2016, 13 ss., con commento di M. FRANZONI, Riflessioni a margine della sentenza sul ‘‘diritto a nascere sani’’. (15) Non vi sono ormai più dubbi che la violazione da parte del medico dell’obbligo di informazione sia autonoma fonte di responsabilità da inadempimento: v., da ultimo, Cass., 20-5-2016, n. 10414, Ragiusan, fasc. 387, 148. (16) D. CARUSI, L’ordine naturale delle cose, cit., 482. (17) V. E. PICKER, Il danno della vita, cit., 10 ss. (18) V. E.W. KEYSERLINGK, Sanctity of Life or Quality of Life in the Context of Ethics, Medicine and Law, Ottawa, 1979. (19) D. CARUSI (a cura di), Chiamati al mondo. Vite nascenti ed autodeterminazione procreativa, cit., passim. (20) Un recente indirizzo della giurisprudenza di legittimità riconosce, nei casi di danno al feto, il risarcimento del danno anche in favore del padre e dei collaterali. Il riferimento, in particolare, è a Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit. (21) Osserva V. ZENO ZENCOVICH, La responsabilità per procrea- 140 DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) zione, cit., 236, che le espressioni «wrongful life», «wrongful birth» e «wrongful pregnancy», pur intraducibili nella loro letteralità, stanno ad indicare un «atto illecito connesso rispettivamente alle generali condizioni di vita (life), alla nascita (birth) in sé e per sé considerata, e alla gravidanza (pregnancy)». (22) V. ZENO ZENCOVICH, La responsabilità per procreazione, cit., 236. In breve, la locuzione wrongful-birth-action viene oggi utilizzata in riferimento alla domanda risarcitoria avanzata dai genitori; la locuzione wrongful-life-action si riferisce invece alla corrispondente domanda avanzata dal bambino. Cfr. anche A. GUARNIERI, Wrongful life, be`be´ prejudice e il discusso diritto a nascere sano...o a non nascere, RCP, 2001, 499 ss. (23) V. B. WINIGER-H. KOZIOL-B.A. KOCH-R. ZIMMERMANN (eds), Digest of European Tort Law, Vol. 2: Essential Cases on Damage, Berlin/Boston, 2011, 958 nelle considerazioni finali di B.A. Koch in chiave comparatistica. (24) È pacifico che un certo obbligo informativo gravi sul medico. V., per tutte, Cass., 2-2-2010, n. 2354, DR, 2011, 384, con nota di R. SIMONE, Nascite dannose: tra inadempimento (contrattuale) e nesso causale (extracontrattuale): «L’obbligo di informare pienamente il paziente, prescritto dall’art. 29 codice di deontologia medica approvato nel giugno 1995, pur con le dovute cautele, non è soggetto a nessuna valutazione discrezionale e perciò comprende tutti gli aspetti diagnostici e prognostici dello stato di salute del paziente e quindi anche i rischi meno probabili, purché non del tutto anomali, in modo da consentirgli di capire non solo il suo attuale stato, ma anche le eventuali malattie che possono svilupparsi, le percentuali di esito fausto ed infausto delle stesse, nonché il programma diagnostico per seguire l’evoluzione delle condizioni del paziente e l’indicazione delle strutture specializzate ove svolgerlo, ovvero di specialisti esperti per formularlo, pur se a tal fine il paziente si deve allontanare dal luogo ove è in cura; tale obbligo ha rilevanza giuridica perché integra il contenuto del contratto e qualifica la diligenza del professionista nell’esecuzione della prestazione e la violazione di esso può determinare la violazione di diritti fondamentali ed inviolabili». (25) In tali casi si lamenta che la mancata o errata informazione data ai genitori non abbia consentito loro di scegliere l’interruzione volontaria della gravidanza ed abbia quindi condotto alla nascita – che altrimenti non sarebbe avvenuta – di un bambino handicappato. Ipotesi, anch’esse di filiazione indesiderata, in cui il bambino nasce in cattive condizioni di salute non tempestivamente diagnosticate; fattispecie caratterizzate dall’assenza di responsabilità per lesioni prenatali, giacché la patologia di cui è affetto il nascituro non è direttamente provocata dall’azione o dall’omissione medica, bensı̀ congenita. La violazione, dunque, consiste nella mancata possibilità per i genitori di esercitare la facoltà di interrompere la gravidanza. (26) V., ad esempio, nella giurisprudenza belga le decisioni del Tribunal de premie`re instance, Bruxelles 7-6-2002 e Tribunal de premie`re instance, Bruxelles 21-4-2004 nel report di B. DUBUISSON-I.C. DURANT-N. SCHMITZ in B. WINIGER-H. KOZIOL-B.A. KOCH-R. ZIMMERMANN (eds), Digest of European Tort Law, cit., 942 ss.; e per la giurisprudenza olandese la pronuncia Hoga Raad (Suprema Corte), 18-03-2005 nel report di S. LINDENBERGH, ivi, 945 s. Con particolare riferimento al diritto olandese v. anche I. GIESEN, The Use and Influence of Comparative Law in ‘‘Wrongful Life’’ Cases, (2012) 8 Utrecht Law Review, 2, 35 ss. 2. Il dilemma del danno ingiusto al nascituro e l’interesse a non nascere se gravemente malato. La lesione di interessi ravvisabili in capo ai genitori, nei casi di mancata o errata diagnosi prenatale, desta meno perplessità, benché tali vicende risarcitorie sollevino pur sempre un interrogativo di fondo, giuridicamente ed eticamente scomodo, che conduce a sti- mare se un bambino possa essere qualificato direttamente o anche indirettamente come un danno (27). La pretesa risarcitoria avanzata dai genitori è strettamente connessa al rifiuto della nascita non programmata (28). La nascita (non la menomazione) è riconducibile causalmente alla condotta illecita del terzo. Quando è provato che la gestante, se correttamente informata, avrebbe esercitato la facoltà di interrompere la gravidanza, risulta chiara la violazione di un diritto di autodeterminazione procreativa (29). Tale violazione può, anzitutto, tradursi in un danno alla salute in senso psico-fisico della madre e nelle spese necessarie per prevenire tale danno (30). Danno di natura non patrimoniale che interessa anche il padre, e che spesso viene identificato nella diminuita vita di relazione, nonché nel trauma subı̀to da entrambi i genitori per «essersi trovati senza alcuna preparazione psicologica di fronte alla realtà di un figlio menomato» (31). Il mutamento del progetto di vita dei genitori potrebbe inoltre giustificare un diritto al risarcimento del peso economico rappresentato dalla vita non desiderata, sub specie di danno patrimoniale derivante dall’aggravamento dei costi di mantenimento del figlio malato (32). Un orientamento più recente ha altresı̀ riconosciuto un danno non patrimoniale legato al turbamento degli equilibri familiari di chi già c’è e che in ipotesi godrà in misura ridotta delle attenzioni e delle cure familiari (33). Del pari, venendo alla più controversa posizione del nato, il diritto del bambino (o di chi lo rappresenta) al risarcimento è – come già rilevato – riconosciuto pacificamente quando la malformazione è dovuta all’errore medico (34). Situazione in cui la condotta medica incide sul bene salute e si traduce, anzitutto, in un danno biologico del bambino. Più ostico, invece, si presenta il diritto del bambino malato ad agire nei confronti del medico, cui sia imputabile di aver impedito la scelta della madre di interrompere la gravidanza, per la lesione di un (mero) interesse a non nascere. Si intuisce che il problema si focalizza sulla pretesa (Anspruch) (35). Le questioni più controverse riguardano i profili di ingiustizia del danno e la sua risarcibilità, oltre che la ricerca del nesso causale. Non è più in dubbio, invece, la legittimazione attiva del nato, ormai riconosciutagli anche dalla giurisprudenza di legittimità (36). Un aspetto centrale, alla base della pretesa configurabilità di un interesse a non nascere, è chiarire se la responsabilità civile possa tutelare l’interesse a non venire in vita; un interesse che – come è stato scritto – mette in scacco il concetto di danno (37). Il figlio o chi lo rappresenta può imputare al medico che abbia omesso di informare la gestante delle possibili malformazioni al feto, soltanto «il fatto di essere nato», # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) di certo non la patologia congenita e, conseguentemente, la vita malformata. Ed a molti sembra «arduo concepire il non venire al mondo come un ‘‘bene della vita’’ di cui il diritto abbia modo di considerare la privazione sotto specie di danno, patrimoniale o meno» (38). Se non è immediato identificare la lesione di una situazione giuridica soggettiva in capo al nascituro, ancor più complesso è determinare il danno risarcibile movendo dall’assunto che non può lamentare una perdita subita – presupposto per l’accesso alla tutela risarcitoria – chi consegue «dal destino una vita tra i cui beni non vi fu mai il bene della salute fisica» (39). Diversa, però, è l’opinione di chi nella sintesi «nascita malformata» sembra individuare uno specifico evento di danno che si riporta causalmente alla condotta medica negligente: «una situazione esistenziale che, in presenza di tutti gli elementi della fattispecie astratta dell’illecito, consente e impone al diritto di intervenire in termini risarcitori affinché quella condizione umana ne risulti alleviata, assicurando al minore una vita meno disagevole» (40). Il danno risarcibile, secondo questa opinione, consisterebbe dunque nel patimento subı̀to dal nato per essersi trovato in un ambiente familiare impreparato ad accoglierlo, nonché nella sofferenza derivante, oltre che da un’esistenza diversamente abile, dal disamore manifestato da genitori che non lo avrebbero voluto (41). (27) E. PICKER, Il danno della vita, cit., 12. Va evidenziato – come scrive P. ZATTI nella nota di commento a T. Padova, 9-8-1985, NGCC, 1986, I, 121 – che il problema di considerare la nascita come evento dannoso e antigiuridico, e dunque suscettibile di risarcimento, non implica attribuire un segno negativo all’evento nascita in sé: «Per affermare che un evento determina, nella vita di una persona, la lesione di un interesse protetto, e rappresenta perciò per quella persona un accadimento con conseguenze negative, non occorre riconoscere nell’evento stesso un disvalore su tutti i piani dell’esperienza e della qualificazione giuridica». (28) V. G. FERRANDO, Nascita indesiderata, situazioni protette e danno risarcibile, in Un bambino non voluto e` un danno risarcibile?, a cura di A. D’Angelo, Milano, 1999, 209 ss. che osserva come non la nascita né la vita stessa del bambino è fonte di danno, bensı̀ al centro della vicenda risarcitoria vi sarebbe la lesione dell’interesse dei genitori a pianificare le dimensioni e la crescita della famiglia; P.G. MONATERI, ‘‘La marque de caı¨n’’, la vita sbagliata, la vita indesiderata, e le reazioni del comparatista al distillato del dell’alambicco, in Un bambino non voluto e` un danno risarcibile?, a cura di A. D’Angelo, cit., 290: «Il bambino non solo non è un danno risarcibile, il bambino non è un danno. La sua nascita può però ingenerare degli altri danni, ed è quindi di questi che bisogna discorrere» (corsivo dell’A.). (29) V. F.D. BUSNELLI, Riflessioni in margine a una tempestiva ‘‘provocazione’’, in Chiamati al mondo, a cura di Carusi, cit., 125 ss.; G. FERRANDO, Libertà, responsabilita`e procreazione, Padova, 1999, spec. 187 ss. Specialmente nella giurisprudenza di merito, con riferimento alla violazione dell’autodeterminazione procreativa dei genitori, e segnatamente della madre, il danno è stato anche qualificato come perdita della astratta possibilità di abortire (perdita di chance), da risarcire quindi in misura percentuale in considerazione dell’esistenza di qualche possibilità che l’abor- # Wolters Kluwer Italia 141 to non venga compiuto. V., ad esempio, T. Bergamo, 2-11-1995, DR, 1996, 249, con nota di C. PALUMBO, Errore diagnostico e mancata interruzione della gravidanza; più di recente, T. Pesaro, 26-5-2008, GC, 2008, 2273, con nota di D. AMOROSO. Nello stesso senso anche una sentenza australiana (Veivers v. Connolly [1995] 2 Qd R 326) relativa al caso di una donna cui non fu diagnosticata la rosolia in tempo utile per permetterle di abortire e che partorı̀ un bambino affetto da embriopatia congenita. La Corte australiana concesse il risarcimento dei danni nella misura del 95% (pari a circa 860.000 dollari), tenuto conto della pur remota possibilità che l’aborto non venisse compiuto. In alternativa, senza fare ricorso al criterio della perdita di chance, l’evento di danno può invece essere identificato nella nascita tout court. Sulla tematica del danno da perdita di chance v. per tutti R. PUCELLA, La causalità «incerta», Torino, 2007, 81 ss. e la ricca bibliografia ivi contenuta. (30) In tal senso A. TRABUCCHI, Il figlio, nato o nascituro, «inaestimabilis res», e non soltanto «res extra commercium», RDC, 1991, I, 221 ss.; P. ZATTI, nota a T. Padova, 9-8-1985, NGCC, 1986, I, 121; D. CARUSI, Fallito intervento d’interruzione della gravidanza e responsabilità medica per omessa informazione: il ‘‘danno da procreazione’’ nella giurisprudenza della Cassazione italiana e nelle esperienze straniere, Rass. DC, 1996, 342 ss. Nella giurisprudenza di legittimità v., ad esempio, Cass., 4-1-2010, n. 13, Contr., 662, con nota di A. DE FEO: «Il danno risarcibile non può essere limitato solo al danno alla salute in senso stretto della gestante; qualora l’imperizia del medico impedisca alla donna di esercitare il proprio diritto all’aborto, e ciò determini un danno alla salute della madre è ipotizzabile che da tale danno derivi un danno alla salute anche del marito; poiché si tratta di contratto di prestazione di opera professionale con effetti protettivi anche nei confronti del padre del concepito che, per effetto dell’attività professionale dell’ostetrico-ginecologo, diventa o non diventa padre (o diventa padre di un bambino anormale), il danno provocato da inadempimento del sanitario costituisce una conseguenza immediata e diretta anche nei suoi confronti e, come tale, è risarcibile a norma dell’art. 1223 c.c.». (31) Cass., 10-5-2002, n. 6735, FI, 2002, I, 3115, con note di A. PALMIERI e R. SIMONE; GI, 2003, 884, con nota di C. PONCIBÒ, La nascita indesiderata tra Italia e Francia. Il risarcimento del danno non patrimoniale per lo shock emotivo derivante dall’impreparazione dei genitori alla nascita di un figlio non sano è confermato, pur nella sua connotazione omnicomprensiva, anche da Cass. S.U., 11-11-2008, n. 26972, cit., in ragione del fatto che la nascita di un figlio gravemente malformato «impone comunque al danneggiato di condurre giorno per giorno, nelle occasioni più minute come in quelle più importanti, una vita diversa e peggiore, di quella che avrebbe altrimenti condotto». (32) V. Cass., 10-5-2002, n. 6735, cit., in cui si evidenzia che il danno patrimoniale è configurabile sia in termini di danno emergente, e cioè nelle spese mediche, presenti e future, per le cure costanti del figlio invalido, sia in termini di lucro cessante, ossia nella diminuzione del reddito conseguente al sacrificio dell’attività professionale in favore dell’assistenza del figlio. Più di recente, v. Cass., civ., 05-6-2012, n. 8984, Ragiusan, 2013, fasc. 345, 23: «In tema di responsabilità del medico (o della struttura sanitaria) per omessa diagnosi di malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata, trattandosi di inadempimento contrattuale, il danno al cui risarcimento il debitore è tenuto è anche il danno economico che sia conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento in termini di causalità adeguata, quale il danno consistito nelle ulteriori spese di mantenimento della persona nata con malformazioni, pari al differenziale tra la spesa necessaria per il mantenimento di un figlio sano e la spesa per il mantenimento di un figlio affetto da gravi patologie». In senso contrario si è invece espressa Cass., 8-7-1994, n. 6464, RCP, 1994, 1029, con nota di M. GORGONI: «Nel caso di responsabilità del sanitario per la mancata interruzione della gravidanza nei casi previsti dalla l. 22 maggio 1978 n. 194, il danno risarcibile 142 DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) è solo quello dipendente dal pregiudizio alla salute fisio-psichica della donna specificamente tutelata dalla predetta legge, e non quello più genericamente dipendente da ogni pregiudizievole conseguenza patrimoniale dell’inadempimento del sanitario, quale il costo della nascita del figlio indesiderato o del suo allevamento, che di per sé non sono considerati un fatto ingiustamente dannoso neppure in presenza di precarie condizioni economiche della madre, le quali sono assunte come condizione giustificatrice della interruzione della gravidanza solo per la loro possibile influenza sulle condizioni fisio-psichiche della donna». (33) Un autonomo diritto al risarcimento del danno in capo ai fratelli e alle sorelle del nato malformato è stato recentemente riconosciuto da Cass., 2-10-2012, n. 16754: «La legittimazione ad agire in giudizio per far valere la responsabilità sanitaria da omessa diagnosi di malformazioni fetali e conseguente nascita indesiderata, deve riconoscersi, oltre che alla madre e al padre, anche ai fratelli e alle sorelle del bambino nato malformato». V. M. GORGONI, Nascituro e responsabilità civile, RCP, 2009, 2075. V. infra par. 4. (34) V., da ultimo, Cass., 11-5-2009, n. 10741, cit. Il principio di risarcibilità delle lesioni subite dall’individuo durante la vita prenatale è stato perfezionato da Cass., 22-11-1993, n. 11503, NGCC, 1994, I, con nota di V. ZENO ZENCOVICH, Il danno al nascituro; GI, 1995, I, 317 ss., con nota di A. PINORI, Contratto con effetti protettivi a favore del terzo e diritto a nascere sano e, ivi, 550 ss., con nota di D. CARUSI, Responsabilita`contrattuale ed illecito anteriore alla nascita del danneggiato; CorG, 1994, 479 ss., con nota di A. BATÀ, La tutela del concepito e il diritto a nascere sano; RCP, 1994, 403 ss., con nota di E. IORIATTI, La tutela del nascituro: la conferma della Cassazione. (35) Per una ricostruzione dogmatica del concetto v. A. GENTILI, Il diritto come discorso, Milano, 2013, 261 ss. (36) Cass., 22-11-1993, n. 11503, cit.: «Con il contratto di ricovero ospedaliero della gestante l’ente ospedaliero si obbliga non soltanto a prestare alla stessa le cure e le attività necessarie al fine di consentirle il parto, ma altresı̀ ad effettuare, con la dovuta diligenza, tutte quelle altre prestazioni necessarie al feto (ed al neonato), sı̀ da garantirne la nascita evitandogli – nei limiti consentiti dalla scienza – qualsiasi possibile danno; detto contratto, intercorso tra la partoriente e l’ente ospedaliero, si atteggia come contratto con effetti protettivi a favore di terzo nei confronti del nato, alla cui tutela tende quell’obbligazione accessoria, ancorché le prestazioni debbano essere assolte, in parte, anteriormente alla nascita; ne consegue che il soggetto che, con la nascita, acquista la capacità giuridica, può agire per far valere la responsabilità contrattuale per l’inadempimento delle obbligazioni accessorie, cui il contraente sia tenuto in forza del contratto stipulato col genitore o con terzi, a garanzia di un suo specifico interesse». V. infra par. 6. (37) P. ZATTI, Verso un diritto per la bioetica: risorse e limiti del discorso giuridico, RDC, 1995, I, 49. Cfr. anche D. CARUSI, Revirement in alto mare: il ‘‘danno da procreazione’’ si «propaga» al procreato?, GI, 2013, 812. (38) D. CARUSI, Chiamati al mondo, cit., 7. (39) A. DALMARTELLO, Postilla, cit., 124 s. Anche sul piano dei valori, fa vigorosamente notare G. PUGLIESE, Responsabilita`morale e responsabilità giuridica per la procreazione di figli eredoluetici, cit., 1097 che la vita è fondamentalmente un dono: «l’ordinamento giuridico non concepisce l’interesse a non essere nati o a morire (...); l’uomo è vita, ha la misura della vita, non sa nulla della non vita; sicché, giuridicamente parlando, l’interesse alla non vita è un assurdo (...), non è un bene la non vita. E non essendo un bene, né patrimoniale né morale, ne riesce impossibile la valutazione, sia pure equitativa, in base all’art. 1226 c.c.». (40) Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit. Cfr. G. TRAVAGLINO, La questione dei nessi di causa, Milano, 2012, 78 ss. Favorevole alla tesi della risarcibilità, in favore del nato, della lesione di un interesse a non nascere se gravemente malato è anche A. SHAPIRA, ‘‘Wrongful life’’ Lawsuits for Faulty Genetic Counselling: Should the Impaired Newborn be Entitled to Sue? (1998) 24 Journal of Medical Ethics 369 ss. (41) V. infra par. 11. 3. Autodeterminazione procreativa e diritto alla vita. Discorrendo di autodeterminazione procreativa, se da un lato è considerato un fattore positivo che l’ordinamento giuridico favorisca e tenda a promuovere l’assunzione consapevole della condizione di genitore (42), per altro verso si avverte il rischio che il progredire delle possibilità predittive della consulenza genetica possa diventare «pretesto di astensioni futili, di rinunce al proposito procreativo o di sua dilatazione per ragioni di conformismo e di moda, e cosı̀ alla lunga fattore di omologazione degli individui della specie umana» (43). Viene dunque sottolineato il timore di una deriva eugenetica, in cui l’interruzione della gravidanza diviene strumento di selezione delle nascite, espulsa dalla sua autentica dimensione di legittimità (44). Condizioni legittimanti che, si dirà, la vigente legge sull’aborto appunta fondamentalmente sulla salute della gestante e sulla sua possibilità di condurre a termine la gravidanza senza particolari rischi per la propria incolumità fisica e psichica (45). Del resto va ricordato che la legge 194/1978 sancisce «il diritto del concepito alla vita (...) che può essere sacrificato solo nel confronto con quello, pure costituzionalmente protetto e da iscriversi tra i diritti inviolabili, della madre alla salute e alla vita» (46). Il diritto alla vita del nascituro (47) va considerato anch’esso un diritto inviolabile che incontra un limite nella vita e nella salute della donna (48). Ammettere la tutela risarcitoria di nuove doglianze, direttamente riconducibili pure al nascituro, sarebbe per alcuni un segnale dello slittamento verso quella deriva eugenetica poc’anzi ricordata. Un disagio atavico si avverte nel porsi dinnanzi alla vita non più accettandola per quel che è, ma guardandola «alla stregua di un prodotto che se, dal confronto con lo standard di un’esistenza pienamente funzionale, risulta scadente può essere in un certo qual modo ‘‘rifiutata’’ o almeno alleviata per via risarcitoria» (49). Cosı̀ come a molti inquieta che, per le regole del diritto, possa concepirsi il paradosso di una «vita ingiusta»: espressione che, quandanche ritenuta ‘‘infelice’’ (50), perché suggerirebbe l’idea per cui, alla base del torto, vi sia il fatto che al bambino non sia stato impedito di venire al mondo, si ritrova sia negli ordinamenti di matrice anglosassone (wrongful life) (51) sia, in termini analoghi, in altri sistemi di civil law, come in Germania (Kind als Schaden) (52) e in Francia (bébé préjudice). Le questioni etiche e le ragioni sentimentali vanno calate nel discorso giuridico, e in esso pare siano destinate a intiepidirsi, poiché si debbono irrinuncia- # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) bilmente inserire nei più stretti meccanismi di funzionamento delle norme. È cosı̀ che, anche rispetto a tali nuove prospettive di danno, il diritto della responsabilità civile, attraverso le sue regole e le sue funzioni, è chiamato a discernere ciò che merita compensazione da quanto, invece, non superando il giudizio di responsabilità, non può che restare ai margini dell’area del danno risarcibile (53). (42) L’art. 1 della l. 22-5-1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza) enuncia nel suo 1º comma le finalità della legge: «Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio» (corsivo mio). (43) D. CARUSI, Chiamati al mondo, cit., 8. E, del resto, il 2º comma dell’art. 1 della legge n. 194/1978 precisa che «L’interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite». (44) Esclude che l’interruzione della gravidanza sia utilizzata come mezzo per il controllo delle nascite, C. Cost., 10-2-1997, n. 35, FI, 1997, I, 653 ss., con nota di R. ROMBOLI. (45) Occorre sin d’ora distinguere tra interruzione della gravidanza e aborto: «Con il primo termine si intende semplicemente indicare la cessazione del processo della gravidanza, prima del suo termine fisiologico. Esso, pertanto, non può essere considerato sinonimo di aborto, termine che comporta, oltre all’interruzione della gravidanza, anche la morte del prodotto del concepimento. Ogni aborto è quindi conseguente ad un’interruzione della gravidanza non necessariamente esita in aborto, potendo consentire – in relazione alla sua età – la nascita e anche la sopravvivenza del neonato» (APRILE-BENCIOLINI, Gravidanza, parto, nascita: questioni medico-legali nell’ottica del biodiritto, in Il governo del corpo, II, cit., 1769 s.). Sulle condizioni legittimanti previste dalla legge sull’aborto v. infra par. 5. (46) C. Cost., 10-2-1997, n. 35, FI, 1997, I, 348 ss., con nota di R. ROMBOLI. (47) Su cui si tornerà più diffusamente infra par. 12. (48) V. E. NAVARRETTA, Ingiustizia del danno e nuovi interessi, cit., 175 ss.; C. SALVI, Capitalismo e diritto civile. Itinerari giuridici dal Code civil ai Trattati europei, Bologna, 2015, 112 s.; E. IORIATTI FERRARI, Tutela della vita prenatale nel contesto della gravidanza, in Il governo del corpo, II, cit., 1605 ss.; M. DOGLIOTTI, Interruzione della gravidanza e autonomia del minore, GI, 1982, I, 1499. (49) M. GORGONI, Il danno da procreazione, cit., 35. (50) A. RUDA, ‘‘I Didn’t Ask to be Born’’: Wrongful Life from a Comparative Perspective (2010) 1 JECTL 205. (51) Ne sono testimonianza i saggi di R. SCOTT, Reconsidering ‘‘Wrongful life’’ in England After Thirty Years: Legislative Mistakes and Unjustifiable Anomalies, C.L.J. 2013, 72(1), 115 ss.; K.A. WARNER, Wrongful life goes down under (2007) 123 L.Q.R. 2007 209 ss.; M. FORDHAM, A Life Without Value? (2005) Sing. J. Legal Stud. 395 ss.; J.A. EATON, Wrongful Life Claims: A Comparative Analysis (2005) 35 Hong Kong L.J. 671 ss.; C. STOLKER, Wrongful life: the limits of liability and beyond, I.C.L.Q. 1994, 43(3), 521 ss. (52) H. REIS, Das Lebensrecht des ungeborenen Kindes als Verfassungsproblem, Tübingen, 1984. Più di recente, v. E. PICKER, Il danno della vita, cit. La giurisprudenza tedesca nega, in principio, che possa la nascita di un bambino considerarsi come un danno. V. BGH 16-11-1993, BGHZ, 124, 128: «da un punto di vista giuridico né l’esistenza di un bambino né il suo mantenimento possono essere considerati un danno, pena la violazione della dignità umana tutelata dall’art. 1 della Legge Fondamentale, dal Grundgesezt». Cfr. F.B. D’USSEAUX, Lo Schmerzensgeld # Wolters Kluwer Italia 143 nell’ordinamento tedesco, in Un bambino non voluto e` un danno risarcibile?, a cura di A. D’Angelo, spec. 143 ss. (53) L’indagine sull’ingiustizia del danno s’impone, naturalmente, solo quando la vicenda risarcitoria s’insedia nel campo della responsabilità aquiliana; se invece la prospettiva fosse quella di responsabilità contrattuale, entra in gioco la valutazione dell’inadempimento di controparte. V. infra par. 9. 4. I soggetti potenzialmente coinvolti nella vicenda risarcitoria della nascita malformata. Il tema della procreazione solleva interessi e problematiche che riguardano una pluralità di soggetti. La donna, anzitutto, in virtù della sua facoltà di esercitare la scelta abortiva, a tutela della sua salute psicofisica e in favore di una maternità cosciente e responsabile. Il partner della gestante che con lei condivide l’esperienza della ‘‘genitorialità’’, oltre agli oneri di mantenimento del figlio, e che partecipa affettivamente all’evento della nascita. Talvolta anche i fratelli e le sorelle del nascituro, che fanno parte della comunità familiare e che vivono anch’essi l’avvento del nuovo nato, subendone, nei casi di nascita malformata, tutti i potenziali riflessi negativi (54). Infine il nascituro, perché, tacendo per un istante sull’antico problema della sua soggettività (55), è discusso se egli possa vantare un’autonoma pretesa risarcitoria connessa al sorgere di una ‘‘vita menomata’’, seppur sempre vita, che si lega indissolubilmente – anche sotto l’aspetto eziologico – all’interesse ad una maternità cosciente e responsabile, onde l’esercizio del diritto corrispondente spetta inevitabilmente soltanto alla madre, la quale «decide presuntivamente per il meglio anche nei confronti del figlio» (56). Si intuisce che, anche nella prospettiva risarcitoria, un filo rosso collega la posizione della donna nella fase della gestazione a quella di colui che porta in grembo (57). La configurabilità di qualsivoglia pretesa risarcitoria in capo al concepito dipenderà, al pari dell’esistenza stessa di quest’ultimo, da scelte in qualche modo imputabili alla madre (i.e. la volontà stessa – in ipotesi – di non voler generare un figlio menomato, e quindi la preferenza accordata alla non-vita in luogo di una vita-menomata, appartiene, seppur nei limiti di legittimità fissati dalla legge, soltanto al genitore). Sono dunque i genitori, e soltanto loro, che possono farsi portatori di istanze e interessi che tuttavia attengono alla sfera soggettiva del nato, evidentemente non in grado di manifestare una propria e autonoma determinazione (58). Occorre allora ragionare anche sulla tesi della ‘‘propagazione del danno in capo al nuovo nato’’ (59), e cioè sulla possibilità di ammettere che la responsabilità per il danno da nascita indesiderata (wrongful birth) si ‘‘propaghi’’ nei confronti, oltre che della madre e del padre, del nuovo nato, attentando cosı̀ alla propria sfera giuridica sotto il profilo di una autonoma pretesa risarcitoria per wrongful life (60). 144 DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) (54) Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit.: «(...) anche ai fratelli e alle sorelle del neonato, dei quali non può non presumersi l’attitudine a subire un serio danno non patrimoniale, anche a prescindere dagli eventuali risvolti e delle inevitabili esigenze assistenziali destinate ad insorgere, secondo l’id quod plerumque accidit, alla morte dei genitori. Danno intanto consistente, tra l’altro nella inevitabile, minor disponibilità dei genitori nei loro confronti, in ragione del maggior tempo necessariamente dedicato al figlio affetto da handicap, nonché nella diminuita possibilità di godere di un rapporto parentale con i genitori stessi costantemente caratterizzato da serenità e distensione». Di recente, cfr. anche Cass., 20-4-2016, n. 7768, RCP, 2016, 1570, con nota di S. NOBILE DE SANTIS. (55) V. infra par. 6. (56) Cosı̀ P.G. MONATERI, Il danno al nascituro e la lesione della maternità cosciente e responsabile, CorG, 2013, 60 (il corsivo è dell’A.), riprendendo le argomentazioni di Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit. (57) Con riferimento alla relazione madre-nascituro, Cass., 2-102012, n. 16754, cit., si è spinta a parlare di rapporto di ‘‘immedesimazione organica’’. (58) V. sul punto anche Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit., ove si afferma che del danno patito dal concepito-nascituro «si farebbero interpreti unilaterali i genitori nell’attribuire alla volontà del nascituro il rifiuto di una vita segnata dalla malattia; come tale, indegna di essere vissuta (quasi un corollario estremo del c.d. diritto alla felicità)». (59) V. infra parr. 7 e 8. (60) In tal senso, Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit. 5. La lesione della maternità cosciente e responsabile. La l. 22-5-1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza) ha introdotto in Italia la possibilità di ricorrere legalmente all’interruzione volontaria della gravidanza (61), riconoscendo in capo alla donna una facoltà condizionata in ordine alla propria autodeterminazione procreativa, a tutela della sua salute, e non solo della sua vita, seppur nel rispetto di rigorose condizioni (62). Il dettato normativo esprime un bilanciamento tra opposte esigenze che, secondo l’orientamento della Corte costituzionale, non equivalgono però sul piano assiologico: la salvezza della madre, già persona, e quella dell’embrione, che persona deve ancora diventare (63). In questa cornice l’interruzione di gravidanza non è, nelle intenzioni del legislatore, uno strumento lasciato alla libera discrezione della madre, tale da consentire una programmazione delle nascite; al contrario è consentito alla gestante di optare per la soluzione abortiva soltanto quando la tutela della vita in arrivo si ponga in conflitto con l’interesse alla salute fisica o psichica della donna e la prosecuzione della gravidanza comporti una situazione di serio pericolo per la madre. La legge distingue le condizioni per l’interruzione della gravidanza entro i primi novanta giorni, regolata agli artt. 4 e 5, specificandone i presupposti: quando la donna «accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità com- porterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito»; dalle ipotesi di aborto legale dopo i novanta giorni, subordinata a condizioni più rigorose e specifiche: «a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna» (art. 6). Inoltre, nella fase più avanzata della gravidanza, quando sussiste «la possibilità di vita autonoma del feto», l’interruzione della gravidanza è ammessa solo nel caso di grave pericolo per la vita della madre (art. 7, 3º co.). Perché l’omessa informazione del medico possa dar luogo, sotto il profilo della sua antigiuridicità, ad un danno risarcibile, è indispensabile la sussistenza delle condizioni legittimanti appena ricordate (64). La gestante, infatti, non potrebbe lamentare alcun danno se, per legge, ella non avrebbe comunque avuto la possibilità di richiedere l’interruzione della gravidanza quandanche fosse stata correttamente informata circa possibili malformazioni del feto. Ciò detto, la madre deve in ogni caso essere posta nelle condizioni di esercitare appieno e consapevolmente la propria scelta di interrompere o meno la gravidanza (65). Nei casi giurisprudenziali in esame, per contro, la determinazione della gestante verso un’eventuale decisione abortiva, in presenza delle condizioni di legge, risulta ostacolata o viziata da una carenza informativa imputabile al medico curante (66). La negligenza del medico nell’esecuzione di esami prenatali o nell’interpretazione delle relative risultanze impedisce alla donna di avere contezza del reale decorso della gestazione e, al contempo, priva la coppia della possibilità di prepararsi psicologicamente alla nascita di un bambino handicappato (67). In questi termini la mancata o errata diagnosi prenatale innesca la sequenza causale che porta alla nascita indesiderata, nella misura in cui la mancata informazione escluderebbe in radice la possibilità per la donna di interrompere la gravidanza, provocando una lesione del diritto alla maternità cosciente e responsabile suscettibile di risarcimento (68). Resta inteso che il medico potrà liberarsi da responsabilità soltanto se in grado di provare l’assenza di colpa (69), e cioè, ad esempio, l’oggettiva impossibilità di individuare le malformazioni nonostante il corretto impiego di tutti gli strumenti a disposizione. Lo snodo della questione che qui interessa indagare è tuttavia incentrato sulla posizione del nato malato, # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) quale possibile ulteriore danneggiato sulla scena risarcitoria. È vero che il nascituro, al momento della condotta del medico (in ipotesi, antigiuridica), non era ancora soggetto di diritto (70), in virtù del principio consacrato all’art. 1 c.c.: «La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita». Nella fattispecie in parola la questione è però superata in partenza, perché l’evento di danno – per coloro che lo considerano tale – si manifesta con la nascita, quando la persona esiste, e non conta, nel giudizio di responsabilità, che il fatto lesivo (i.e. l’omessa informazione del sanitario) fosse anteriore alla nascita del soggetto. Ad ogni modo, sempre in casi di danno da nascita indesiderata, il problema della soggettività ha impegnato per diverso tempo tanto la dottrina quanto la giurisprudenza. È opportuno per tale motivo ricostruire, seppur brevemente, le principali teorie che hanno riguardato la titolarità di diritti nell’ottica di una vita nascente. (61) Per un’approfondita analisi dei criteri e dei principi posti a fondamento della legge sull’aborto v. MAZZONI-PICCINNI, La persona fisica, cit., 93 ss.; B. PEZZINI, Inizio e interruzione della gravidanza, in Il governo del corpo, cit., II, 1655 ss. (62) La scelta abortiva, sotto il profilo delle situazioni giuridiche soggettive, non corrisponde – secondo l’opinione dominante – all’esercizio di un diritto soggettivo. V. C. CASTRONOVO, Eclissi del diritto civile, Milano, 2015, 93, in cui si parla di ‘‘facoltà condizionata’’; E. NAVARRETTA, Ingiustizia del danno e nuovi interessi, cit., 174 ss.: «In definitiva, non esiste un diritto all’interruzione della gravidanza, ma una disciplina legale del bilanciamento di interessi fra la vita dell’embrione e la vita o la salute della madre, da cui si evince l’obiettivo di una procreazione cosciente e responsabile, nel senso di non mettere a rischio la vita e la salute della madre a fronte della nuova vita, salvo che la stessa madre desideri accettare tale rischio. (...) Se non esiste un diritto all’interruzione della gravidanza a fortiori non può teorizzarsi un diritto di autodeterminazione procreativa (...)»; B. PEZZINI, Inizio e interruzione della gravidanza, cit., 1659, la quale osserva: «L’interruzione volontaria della gravidanza non è espressamente qualificata né come facoltà né come diritto; è una prestazione medico-sanitaria, una cura (in senso lato) ammessa dall’ordinamento alle condizioni fissate dalla legge; in quanto tale corrisponde ad una prestazione che concretizza il diritto alla salute (ed in questo senso parlare di diritto all’aborto non sarebbe più congruo che parlare di diritto all’appendicectomia), tutelato nella concreta situazione di donna in stato di gravidanza che si trovi nelle condizioni definite rispettivamente dagli artt. 4 e 6 [della l. n. 194/1978]». (63) C. Cost., 18-2-1975, n. 20. (64) Cfr. Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit., ove si puntualizza, ad esempio, la necessità che sussistano e siano accertabili mediante appropriati esami clinici: «... le rilevanti anomalie del nascituro e il loro nesso eziologico con un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna – giacché, senza il concorso di tali presupposti, l’aborto integrerebbe un reato; con la conseguente esclusione della stessa antigiuridicità del danno, dovuto non più a colpa professionale, bensı̀ a precetto imperativo di legge». (65) Speculare al diritto della donna è l’obbligo di informare gravante in capo al medico. Cfr. Cass., 2-2-2010, n. 2354, cit.: «Il sanitario curante che accerti l’esistenza, a carico della gestante, di una patologia tale da poter determinare l’insorgenza di # Wolters Kluwer Italia 145 gravi malformazioni a carico del nascituro, è tenuto ad informare la donna di tale situazione e della possibilità di svolgere indagini prenatali, benché rischiose per la sopravvivenza del feto, onde consentire l’esercizio della facoltà di procedere all’interruzione della gravidanza». (66) R. PUCELLA, Autodeterminazione e responsabilità nella relazione di cura, Milano, 2010, spec. 120. La sussistenza, non solo in astratto, delle condizioni legittimanti il ricorso all’aborto terapeutico è, infatti, presupposto indefettibile affinché l’evento di danno possa riferirsi, sul piano causale, alla condotta negligente del sanitario. In assenza dei presupposti di legge per l’esercizio dell’interruzione volontaria della gravidanza, la mancata colposa informazione può determinare il risarcimento del danno solamente per il trauma dovuto alla scoperta della condizione del figlio. V., per tutte, Cass., 2-2-2010, n. 2354, cit. È ormai principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello per cui il danno da mancata informazione del medico sia ontologicamente diverso dal danno alla salute. V. Cass., 12-62015, n. 12205, Ragiusan, 2015, fasc. 379, 13: «In tema di attività medico-chirurgica, è risarcibile il danno cagionato dalla mancata acquisizione del consenso informato del paziente in ordine all’esecuzione di un intervento chirurgico, ancorché esso apparisse, ex ante, necessitato sul piano terapeutico e sia pure risultato, ex post, integralmente risolutivo della patologia lamentata, integrando comunque tale omissione dell’informazione una privazione della libertà di autodeterminazione del paziente circa la sua persona, con riguardo alla preclusione della possibilità di esercitare tutte le opzioni riguardanti l’espletamento dell’atto medico e di beneficiare della conseguente diminuzione della sofferenza psichica, senza che detti pregiudizi vengano in alcun modo compensati dall’esito favorevole dell’intervento»; in senso conforme Cass., 20-5-2016, n. 10414, DeG, secondo cui l’acquisizione del consenso informato del paziente costituisce evidentemente una prestazione differente rispetto all’intervento terapeutico, «di talché l’errata esecuzione di quest’ultimo da luogo ad un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell’obbligo di informazione, anche in ragione della diversità dei diritti – rispettivamente all’autodeterminazione delle scelte terapeutiche ed all’integrità psicofisica – pregiudicati nelle due differenti ipotesi». (67) V. C. FAVILLI, Il danno non patrimoniale da c.d. nascita indesiderata, cit., 508. (68) Cass., 10-5-2002, n. 6735, cit.: «in tema di responsabilità del medico per omessa diagnosi di malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata, l’inadempimento del medico rileva in quanto impedisce alla donna di compiere la scelta di interrompere la gravidanza». In senso conforme, Cass., 10-11-2010, n. 22837, NGCC, 2011, I, 464, con nota di E. PALMERINI; Cass., 2-102012, n. 16754, cit. Più di recente, v. Cass., 11-4-2017, n. 9251, FI, 2017, I, 3120; RespMed, 2017, 511, con nota di M. FONTANA VITA DELLA CORTE, Nascita indesiderata e aborto terapeutico: l’indefettibile presupposto del grave pericolo per la salute della gestante: «Posto che la mancanza della mano sinistra del nascituro non è una malformazione idonea a determinare un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, necessario per far luogo all’interruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni dal suo inizio, non può derivare alcun danno risarcibile dall’omessa diagnosi dell’anomalia fetale da parte dei medici, in occasione dell’ecografia morfologica effettuata dopo il suddetto termine». (69) Argomentando, in particolare, ex art. 1176, 2º co., e art. 1218 c.c. (70) Cosı̀, da ultimo, Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit. 6. Questioni di vita nascente: l’esistenza della persona e il problema della soggettività. In passato ci si è posti la questione se, nel campo della responsabilità civile e dell’accesso alla tutela risarcitoria, sia titolare di diritti (i.e. soggetto giuridi- 146 DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) co) soltanto il concepito; oppure se lo sia già il nascituro, un essere umano che «persona deve ancora diventare» (71). Nell’aderire alla tesi maggioritaria secondo cui l’embrione non è a tutti gli effetti ‘‘persona’’, ci si è inoltre chiesti se possa il concepito, una volta nato, esercitare comunque un’azione risarcitoria per un fatto anteriore alla sua nascita (72). Gli ostacoli dogmatici che tradizionalmente vengono affrontati sono, da un lato, la difficoltà di attribuire al nascituro-concepito una ‘‘piena’’ soggettività giuridica e il godimento di autonomi diritti connessi al fatto della (propria) nascita; dall’altro, il nodo della configurabilità di un ‘‘diritto’’ (rectius, interesse) del concepito a non nascere se gravemente malato, ossia a pretendere – iure proprio – un ristoro a fronte della propria stessa ‘‘nascita indesiderata’’ (73). Rispetto al primo profilo, concernente il tema della soggettività (74), occorre comprendere se l’essere soggetto di diritto sia davvero un presupposto indefettibile per l’attribuzione del diritto al risarcimento, originato da fatto anteriore alla nascita ma attuabile ed azionabile dopo la nascita del soggetto. Oppure se la tutela del nascituro-concepito possa ritenersi svincolata dal problema della soggettività, e possa questi – senza elevarlo a soggetto di diritto dotato di capacità giuridica – vantare comunque, una volta nato, una legittimazione attiva rispetto al danno anteriore alla sua stessa nascita. La disputa, come detto, sta nell’individuazione del momento di acquisto della capacità giuridica, posto che in teoria la mancanza di personalità escluderebbe la configurabilità di un diritto in capo al nascituro e cosı̀ la legittimazione di chiunque volesse agire per danni che ancora non si sa se avranno o no un soggetto passivo. La nascita è il fatto naturale indicato dall’art. 1 del c.c. italiano quale momento di acquisto della capacità giuridica (75). Ciò a prescindere dalla sua durata, breve o lunga che sia (76). L’evento della nascita, intesa come distacco del feto dal corpo materno (77), determina la configurabilità dei diritti che la legge riconosce a favore del concepito (78). Più specifica è la formula prevista dall’art. 1 del c.c. tedesco, sotto la rubrica «inizio della capacità giuridica», in cui si dichiara: «la capacità giuridica dell’uomo comincia al compimento [Vollendung] della nascita» (79). Ancor più esplicita – come è stato fatto notare (80) – è la formula dell’art. 31 del c.c. svizzero: «La personalità comincia con la vita fuori dall’alvo materno e finisce con la morte. Prima della nascita il nascituro è giuridicamente capace a condizione che nasca vivo». Se dunque ad ogni persona fisica vivente è riconosciuta la capacità giuridica generale (81), intesa come idoneità o attitudine ad essere titolare di diritti e doveri (82), nonché come ‘‘presupposto’’ della tito- larità di posizioni giuridiche soggettive (83), il punto è capire quando per il diritto l’individuo-persona viene ad esistenza e, in quanto tale, diviene destinatario di situazioni giuridiche. Il riconoscimento della titolarità di posizioni giuridiche è, infatti, subordinato all’esistenza della persona. È vero che nel diritto moderno è un’affermazione acquisita quella per cui l’ordinamento non considera più la persona soltanto come centro di imputazione di situazioni giuridiche, ma anche e soprattutto come valore in sé (84). Tuttavia, con riguardo al nascituro, è in discussione la sua stessa qualità di ‘‘persona’’, tanto che in dottrina si è parlato di paradosso della soggettività del concepito: «come soggetto che non si sostanzia ancora in una persona ma ne prefigura l’esistenza» (85). Rimanendo ancorati al diritto positivo, occorre di nuovo soffermarsi sulla norma di riferimento, secondo cui la capacità di diritto «si acquista dal momento della nascita» (art. 1, 1º co., c.c.). Il dato formale della disposizione suggerisce che la capacità giuridica sia riconducibile soltanto all’evento naturale della nascita (86) e come tale sia espressione di una ‘‘concessione’’ da parte dell’ordinamento (87). Tuttavia la legge riconosce alcuni diritti, di carattere patrimoniale e subordinati all’evento nascita, sia a favore del nascituro, sia a favore del concepito (88). Si è posto cosı̀ il problema se il concepimento segni il momento di acquisto di una sia pur parziale o provvisoria capacità giuridica (89). Sotto l’aspetto della costruzione di status dell’embrione, alcuni interpreti, in conformità del dato formale della legge, riconducono soltanto alla nascita il momento di acquisto della capacità giuridica (90). Altri ritengono invece che il momento di acquisto della capacità giuridica sia segnato già dal concepimento (91), basandosi, in una visione di stampo giusnaturalistico, sulla premessa che la capacità di diritto – come è stato scritto – sarebbe una «‘‘qualità innata’’ (angeborene) dell’uomo, comprendendola nel novero di quei diritti che preesistono e si impongono alla legge positiva» (92). Infine, in una posizione intermedia si colloca chi afferma una capacità giuridica prenatale, cosiddetta anticipata o provvisoria, in capo al nascituro (93). Neppure il quadro normativo extracodicistico sembra fornire una soluzione immediata, benché offra qualche riferimento ulteriore. La legge sull’aborto dichiara che «lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile e tutela la vita umana dal suo inizio» (94), con evidente richiamo al concepimento. In tempi più recenti, la legge sulla procreazione assistita ha fatto espresso riferimento alla tutela dei diritti «di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito» (95). Anche il diritto sovranazionale è intervenuto sul te- # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) ma della tutela anticipata della vita umana. Il preambolo della Dichiarazione dei diritti del fanciullo, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, sancisce che «il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale, necessita di una protezione e di cure particolari, compresa un’adeguata protezione giuridica, sia prima che dopo la nascita» (96). Analogamente, la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948, nonché l’art. 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, affermano che il diritto alla vita spetta «ad ogni individuo». (71) C. Cost., 18-2-1975, n. 27, GiC, 1975, 117 ss. Per notizie di carattere storico sulla tutela del concepito v. M.P. BACCARI, La difesa del concepito nel diritto romano: Dai Digesta dell’imperatore Giustiniano, Torino, 2006; ID., Il concepito: un concetto antico per il terzo millennio, in ROSSANO-SIBILLA, La tutela giuridica prenatale, Torino, 2005, 1 ss.; G. FERRI, Sulla qualificazione giuridica del concepito nei codici degli Stati italiani preunitari e nelle stagioni della codificazione unitaria, RDC, 2009, 227 ss. (72) Per un quadro sulle diverse opinioni dottrinali al riguardo, v. G. BALDINI, Il nascituro e la soggettività giuridica, DFP, 2000, II, 334 ss. (73) Ripercorre le principali tappe giurisprudenziali sul tema, A. FERRARIO, Il danno da nascita indesiderata, nella collana Teoria e pratica del diritto – Civile e Processo, Milano, 2009. (74) V. F. ALCARO, Riflessioni critiche intorno alla soggettività giuridica. Significato di una evoluzione, Milano, 1976; N. COVIELLO, La tutela della salute dell’individuo concepito (note introduttive alla riflessione giuridica sull’aborto), DFP, 1978, 245 ss.; F.D. BUSNELLI, Il problema della soggettività del concepito a cinque anni dalla legge sulla procreazione medicalmente assistita, NGCC, 2010, II, 185 ss.; ID., Bioetica e diritto privato. Frammenti di un dizionario, Torino, 2001, 17 s., 85 ss.; ID., Lo statuto del concepito, DD, 1988, 216 ss.; N. LIPARI, Spunti problematici in tema di soggettività giuridica, in La civilistica italiana dagli anni Cinquanta ad oggi tra crisi dogmatica e riforme legislative, Padova, 1991, 55 ss.; G. OPPO, Procreazione assistita e sorte del nascituro, RDC, 2005, 99 ss.; P. ZATTI, La tutela della vita prenatale: i limiti del diritto, NGCC, 2001, II, 149 ss.; ID., Diritti del non nato e immedesimazione del feto della madre, NGCC, 1999, 113 ss.; ID., Diritti dell’embrione e capacità giuridica del nato, RDC, 1997, 107 ss.; ID., «Capacità», nel Glossario del Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 1994, 55 ss.; ID., Quale statuto per l’embrione?, RCDP, 1990, 437 ss.; G. CRICENTI, Breve critica della soggettività del concepito. I ‘‘falsi diritti’’ del nascituro, DFP, 2010, II, 465 ss.; ID., Il concepito soggetto di diritto e i limiti dell’interpretazione, NGCC, 2009, I, 1268 ss.; ID., Il diritto di non nascere, RCDP, 2007, 105 ss.; E. GIACOBBE, Il concepito come persona in senso giuridico, Torino, 2003; M. GORGONI, Individuo o persona: problemi di qualificazione e tutela giuridica alle soglie della vita, DFP, 1994, 337 ss.; S. ORRÙ, Il nascituro, in I nuovi danni alla persona. I soggetti deboli, a cura di Cendon-Rossi, I, Roma, 2013, 211 ss. (75) Si rinvia alle elaborazioni di A. DE CUPIS, I diritti della personalità2, in Tratt. Cicu-Messineo, Milano, 1982, 101 ss.; A. FALZEA, Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939. Per la dottrina più recente v. P. RESCIGNO, La nascita, cit., 1735 ss.; G. ALPA, Status e capacità. La costruzione giuridica delle differenze individuali, Bari, 1993, passim; M. BESSONE-G. FERRANDO, «Persona fisica (diritto privato)», in Enc. dir., XXXIII, Milano, 193 ss. (76) Cfr. F. SCARDULLA, «Nascita (dir. civ.)», cit., 520. Per giunta il codice attuale non richiede più, per l’attribuzione della capacità giuridica, il requisito della vitalità, intesa come l’attitudine a # Wolters Kluwer Italia 147 continuare a vivere fuori dall’alvo materno, come faceva il codice previgente. (77) V. G. OPPO, L’inizio della vita umana, cit., 499 ss. (78) Cosı̀ si esprime l’art. 1, c.c., cpv.: «I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita». In letteratura si è fatto notare che il linguaggio legislativo è quello usato in materia di condizione. Cfr. F. SANTORO PASSARELLI, Su un nuovo profilo dell’istituzione dei nascituri, FP, 1954, IV, c. 65 (e negli Scritti per il centenario della Casa editrice Jovene, Napoli, 1954, 291 ss.). Alcuni Autori, in particolare, hanno sostenuto che la nascita mancata funzionerebbe come condizione risolutiva dell’acquisto dei diritti eventuali del nato (A. MUSATTI, Ancora sulla responsabilità da procreazione, FI, 1952, IV, c. 17). La dottrina maggioritaria ritiene invece che la fattispecie sia al di fuori del campo della condizione e delle concause accidentali, e che si tratterebbe piuttosto di un coelemento necessario di efficacia (in tal senso v. P. RESCIGNO, Il danno da procreazione, cit., 72 ss.; F. CARNELUTTI, Nuovo profilo della istituzione dei nascituri, FI, 1954, IV, c. 57, e negli Studi per Voleri, I, Milano, 1955, 211). Altri affermano che la nascita della persona fisica rappresenti la fonte di qualificazione soggettiva dell’effetto, e ancorché la fattispecie sia perfetta, sarebbe necessario sotto il profilo soggettivo che fosse «imputata funzionalmente ad un soggetto: cioè che quest’ultimo venga riconosciuto come attuale punto di collegamento dell’atto giuridico concreto in rapporto alla situazione che il diritto fa da esso scaturire» (cosı̀ A. FALZEA, La condizione e gli elementi dell’atto giuridico, nelle Pubblicazioni dell’Università di Messina, Milano, 1941, 296 ss., 256). Sostiene che l’esistenza del destinatario sarebbe elemento di perfezione della fattispecie anche G. OPPO, Note sull’istituzione di non concepiti, I, La disposizione testamentaria, RT, 1948, 66 ss. (79) Cfr. P. RESCIGNO, La nascita, cit., 1735 s. (80) P. RESCIGNO, Il danno da procreazione, cit., 65. (81) Cenni alle varie teorie sviluppatesi intorno al concetto di capacità giuridica si possono leggere in A. FALZEA, Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, cit. (82) F. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile9, Napoli, 1981, 24; A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile46, a cura di G. Trabucchi, Padova, 2013, 65, 256 ss. (83) G. ALPA-A. ANSALDO, Le persone fisiche2, sub art. 5, Comm. Schlesinger, diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2013, 232. Il concetto di capacità giuridica è stato anche qualificato come «idoneità a fungere da termine di riferimento di fatti e di atti giuridici, per il collegamento di fattispecie giuridiche» (P. ZATTI, «Capacità», nel Glossario del Tratt. Iudica-Zatti, cit., 62, corsivo dell’A.). (84) G. ALPA-A. ANSALDO, Le persone fisiche2, cit., 231: «se si sia in presenza di un valore ‘‘pre’’-giuridico, ovvero di un valore riconosciuto e garantito dall’ordinamento giuridico è discussione non ancora sopita, di difficile, forse impossibile soluzione, attesa la irriducibilità ad un unico metro delle due concezioni opposte, giusnaturalistica l’una, giuspositivistica l’altra». Per la concezione di persona umana come valore fondamentale su cui poggia l’ordinamento v. A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, cit., 256 ss.: «L’intera organizzazione giuridica è destinata alla persona umana (hominum causa omne ius constitutum est). L’uomo, come persona, oltre che il destinatario, è anche di regola il soggetto attivo del diritto: centro di interessi, il soggetto uomo è visto anche come motore di azioni dirette al soddisfacimento di tali interessi»; L. PALAZZANI, Il concetto di persona tra bioetica e diritto, Torino, 1996; P. PERLINGIERI, La personalità umana nell’ordinamento giuridico, Napoli, 1972, 12 ss.; P. RESCIGNO, «Personalità (diritti della)», in Enc. giur., XXIV, Roma, 1991, 2; A. DE CUPIS, I diritti della personalità, cit., 101 ss.; M. DOGLIOT2 TI, Le persone fisiche , in Tratt. Rescigno, Torino, 1999, II, 3 ss.; V. ZENO ZENCOVICH, «Personalità (diritti della)», in Digesto/civile, XIII, Torino, 1995, 434 ss. Di recente v. anche G. OPPO, Ancora su persona umana e diritto, RDC, 2007, II, 259 ss. 148 DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) (85) F.D. BUSNELLI, Cosa resta della legge 40? Il paradosso della soggettività del concepito, RDC, 2011, I, 459 s., 462 s. Per una nozione di persona, con particolare attenzione alla distinzione tra soggetto e persona, v. anche P. RESCIGNO, La nascita, cit., 1735; C.M. BIANCA, Diritto civile2, La norma giuridica e i soggetti, I, Milano, 2002, 135 ss. e ivi, La responsabilità, V, 2012, 627 ss.; M. BESSONE-G. FERRANDO, «Persona fisica (diritto privato)», cit., 193; C.M. MAZZONI, «Persona fisica», in Digesto/civ., XIII, Torino, 1995, 379; ID., Le persone, I, Persone fisiche, nella collana Il diritto privato nella giurisprudenza, a cura di P. Cendon, Torino, 2000. (86) Per la giurisprudenza contraria alla soggettività del nascituro, v. Cass., 28-12-1973, n. 3467, FI, 1974, I, 668, con nota di V.M. CAFERRA, Il danno morale del nascituro per l’uccisione del genitore, sull’azione di una bambina per ottenere il risarcimento del danno morale per la morte del padre, avvenuta anteriormente alla nascita, in cui si legge l’assunto secondo cui «il concepito non ha perduto nulla perché non è soggetto». (87) In questi termini si esprime P. RESCIGNO, «Capacità giuridica», in Digesto/civ, IV, 1988, Torino, 218 ss. Per contro, si sono in passato registrate dottrine, di stampo giusnaturalistico, tese a qualificare la capacità giuridica come un diritto originario o innato, che, preesistendo alla realtà giuridica, si imporrebbe alla legge positiva. Per un approfondimento v. P. RESCIGNO, «Nascita», cit., 1 ss. e la bibliografia ivi indicata. (88) Le norme cui fa riferimento l’art. 1, cpv., c.c., sono quelle che riguardano, rispettivamente, il potere di rappresentanza e di amministrazione dei beni spettante ai genitori nei confronti dei figli nati e nascituri (art. 320); la capacità di succedere per causa di morte (art. 462, 1º co.); la capacità di ricevere per donazione (art. 784, 1º co.). Fuori dalla previsione dell’art. 1, cpv., c.c., diritti subordinati all’evento nascita sono attribuiti altresı̀ ai nascituri non concepiti: essi – ad esempio – sono capaci di ricevere per testamento e per donazione, nei limiti degli artt. 462, 3º co., e 784, 1º co. Cfr. Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit.: «Natura eccezionale (...) rivestirebbero le norme che riconoscono diritti in favore del nascituro, concepito o non concepito, subordinati all’evento della nascita (art. 1 c.c., 2º co.): quale deroga al principio generale secondo cui non può reclamare un diritto chi, alla data della sua genesi, non era ancora esistente (artt. 254, 320, 462, 784), o non era più (arg. ex art. 4 cod. civ.). Di qui la definizione, nella fattispecie in esame, di diritto adespota, la cui configurazione riuscirebbe, ‘‘prima facie’’ in contrasto con il principio generale sopra richiamato». (89) C.M. BIANCA, Diritto civile2, La norma giuridica e i soggetti, cit., 135 ss., 221 ss. (90) F. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, cit., 26 ss.: «L’attribuzione di diritti a favore del concepito, subordinati all’evento della nascita (art. 1, cpv.), non deve far pensare ad una anticipazione della personalità sulla nascita. Infatti la legge ammette a favore del concepito soltanto l’attribuzione e la conservazione di diritti in relazione all’eventualità della nascita, ma, se questa non segue, non si determina alcuna delle conseguenze che si verificherebbero per effetto dell’estinzione di un soggetto di diritti. Deve piuttosto pensarsi alla costituzione di un centro autonomo di rapporti giuridici, in previsione ed attesa della persona»; A. FALZEA, Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, cit., 44 s.: «... è perciò veramente semplicistico il modo in cui viene risolto il problema della personalità del nascituro mediante ricorso al concetto di capacità giuridica condizionata, perché ammettere la esistenza condizionale di un effetto giuridico significa negarne la esistenza attuale». In questi termini v. anche A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, cit., 259: «Il nascituro concepito, che è un uomo in fieri, una spes hominis, non ha una vera e propria capacità giuridica»; A. DE CUPIS, I diritti della personalità, cit., 107 ss. Sul tema cfr. anche P. RESCIGNO, Situazione e status nell’esperienza del diritto, RDC, 1973, I, 209. (91) In tal senso v. L. FERRI, Alcune considerazioni sulla capacità di succedere dei nascituri, T, 1963, 817 ss; ID., Tutela giuridica del nascituro, RTPC, 1980, 48: «(...) la nostra tradizione giuridica è nel senso che il nascituro concepito debba godere protezione e tutela come essere umano: che egli è pertanto soggetto di diritti e quindi persona». (92) Ne riferisce P. RESCIGNO, La nascita, cit., 1737. (93) G. OPPO, L’inizio della vita, cit., 502 ss.; ID., Ancora su persona umana e diritto, cit., 259 ss.: «l’embrione non è una persona ma ciò nulla toglie alla dignità di una realtà nella quale vi è già tutto l’uomo futuro»; C.M. BIANCA, Diritto civile2, La norma giuridica e i soggetti, cit., 221 ss., 224: il nascituro «è dotato di capacità giuridica, seppur caducabile, ed è quindi persona»; G. BONILINI, Trattato di diritto delle successioni e donazioni: La successione ereditaria, Milano, 2009, 890 ss. (94) Art. 1, l. 22-5-1978, n. 194 (corsivo mio). (95) Art. 1, l. 19-2-2004, n. 40. (96) Corsivo mio. 7. Il nascituro nel diritto vivente. Sul piano del diritto vivente, la riflessione sulla rilevanza giuridica dell’inizio della vita umana ha interessato la giurisprudenza già a metà del secolo scorso, sollecitata da una nota pronuncia del Tribunale di Piacenza, che accolse la domanda risarcitoria di una minore alla quale i genitori avevano trasmesso, attraverso il concepimento, una grave malattia venerea (97). Il tema della pronuncia riguardava il danno da procreazione, lamentato dal figlio verso i genitori che gli avevano trasmesso una «condizione morbosa che ne menomava l’efficienza fisica». Le motivazioni addotte dai giudici piacentini, come è stato osservato (98), si appuntavano sui fondamenti pre-giuridici della tutela dell’individuo: «L’ordinamento giuridico (...) ha per presupposto la persona soggetto di diritto, persona che nasce, cresce, si muove, opera, si estingue, entro un alone di protezione che ne garantisce l’individualità, la dignità, il raggiungimento di fini liberamente propostisi entro l’ambito della vita sociale e civile e col rispetto delle uguali libertà degli altri membri della convivenza (...). Ora il trasmettere attraverso la generazione, quando la causalità (...) è dimostrata, una condizione morbosa che questo grande dono trasformi in una immensa infelicità è illecito, è fatto contrario al diritto, contrario al comportamento della persona quale le è imposto dall’ordinamento giuridico che la riconosce e che la eleva. Né è difficoltà a cosı̀ ritenere la circostanza che l’azione non si rivolga contro un soggetto di diritto già esistente, ma si compia nell’atto stesso di dare la vita al futuro soggetto del diritto. Se è fatto illecito trasmettere la lue a persona già esistente, non si vede perché non lo debba essere ugualmente la trasmissione ad una persona futura, sempre che il legame causale esista» (99). Come si vede, nella trama della decisione emergono suggestioni che fanno riferimento alla morale tradizionale e al diritto naturale, nonché ad una concezione religiosa della vita. Motivi che, se per un verso rischiano di offuscare il problema giuridico della re- # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) sponsabilità civile del genitore, certamente offrono una fotografia del tempo; con le parole di un Autore: «una dolorosa testimonianza del valore che l’ambiente sociale attribuisce alla vita», atteso che «la vita non è più apprezzata in sé, l’individuo disconosce il significato che ciascuna esistenza, anche la più infelice, racchiude nell’economia del mondo e della creazione» (100). La questione della ‘‘vita’’ quale bene protetto dall’ordinamento e suscettibile di risarcimento resta un tema centrale nel discorso che si va affrontando. Tema sul quale si dovrà tornare più avanti (101). È però negli anni Settanta che, in tema di danno ingiusto al nato, si accende il dibattito sulla tutela giuridica del nascituro e sulla sua legittimazione ad agire per il risarcimento del danno. In quegli anni la Supr. Corte di Cassazione si pronunciò su un caso di risarcibilità del danno non patrimoniale in favore di una minore per la morte del padre deceduto anteriormente alla sua nascita (102). La sentenza dichiarò inammissibile la domanda di risarcimento del danno sul presupposto che il diritto al risarcimento fosse condizionato all’esistenza del danneggiato al momento in cui si è verificato il fatto dannoso (103): «la risarcibilità del danno presuppone che il soggetto danneggiato sia già venuto ad esistenza al momento del fatto lesivo, per cui la relativa azione non spetta al soggetto che si pretenda leso da fatti dannosi verificatesi anteriormente alla sua nascita» (104). Pur ammettendo che la lesione o la malattia procurata al nascituro, mediante comportamento omissivo o commissivo, è fonte di responsabilità, si riteneva che le conseguenze negative della condotta dolosa o colposa fossero soltanto a danno dei genitori (105), e non anche del figlio (106). A ciò si è opposto – come già rilevato – che anteriore alla nascita è l’azione lesiva, non l’evento di danno, che si manifesta al momento della nascita (107). Sicché, stando al caso del padre ucciso prima della nascita del figlio, è stato osservato che quest’ultimo «subisce l’evento lesivo del proprio diritto non già al momento della morte del padre, bensı̀ a partire dal momento della propria nascita, ossia da quando avverte privazioni economiche sotto il profilo del diritto al mantenimento» (108). La discussione che ne seguı̀ fu nel segno di un progressivo e parziale riconoscimento della soggettività del nascituro, mediante un’interpretazione adeguatrice delle norme positive al dettato costituzionale, favorevole ad una sostanziale tutela del concepito (109). In seguito, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità consentı̀ l’accesso alla tutela risarcitoria quandanche tra il fatto generatore del danno e il danno stesso non fosse esistito un vincolo di coincidenza temporale (110). La lesione del diritto, si è infatti giunti a dire, si configura con la nascita, # Wolters Kluwer Italia 149 poiché «in quel momento s’è verificata la propagazione intersoggettiva dell’effetto dell’illecito per la lesione del diritto della figlia (non del feto) al rapporto col padre; e nello stesso momento è sorto il suo diritto di credito al risarcimento, del quale è dunque diventato titolare un soggetto fornito della capacità giuridica per essere nato» (111). (97) T. Piacenza, 31-7-1950, cit. La pronuncia suscitò un certo scalpore tra gli studiosi e nell’opinione pubblica. In dottrina, tranne qualche eccezione, gli autori hanno manifestato un netto dissenso. V. supra in nt. 8 e più di recente anche G. OPPO, L’inizio della vita umana, cit., 499 ss. e ID., Note sull’istituzione dei non concepiti, I, RTDPC, 1948, 66 ss. Il problema della responsabilità aquiliana dei genitori – ne riferisce già P. RESCIGNO, Il danno da procreazione, cit., 49 ss. – si era presentato in quegli anni anche nell’ordinamento tedesco: v. Bundesgericht, 20-121952, in Juristenzeitung, 1953, 307: «Se una donna coniugata, paziente in una clinica, viene contagiata di lue per negligenza di un dipendente dell’ospedale, e successivamente concepisce un figlio che viene al mondo con lue congenita in conseguenza dell’infezione della madre, al figlio spetta contro la clinica l’azione di risarcimento del danno a norma del § 823, comma 1º, codice civile»; Bundesgericht, 14-6-1951, in Juristenzeitung, 1951, 758: «non può fondarsi sulla violazione della salute un’azione di risarcimento del danno quando un soggetto nasce luetico perché il padre ha contagiato la madre prima del concepimento del figlio che agisce in giudizio». Per un approfondimento nell’ottica comparatistica v. A. BRAUN (a cura di), Dalla disgrazia al danno, Milano, 2002, 153 ss. (98) V. per tutti, P. RESCIGNO, Il danno da procreazione, cit., 56. (99) T. Piacenza, 31-7-1950, cit. (100) P. RESCIGNO, Il danno da procreazione, cit., 58. (101) V. infra par. 11. (102) Cass., 28-12-1973, n. 3467, cit. La Supr. Corte nega che chi sia nato dopo l’uccisione del padre abbia diritto a che l’uccisore gli risarcisca il danno, adducendo che nei suoi confronti il danno non può essere qualificato come ingiusto, ossia come lesivo di un suo diritto, giacché egli non ha mai acquistato diritti verso il padre, morto prima della sua nascita. In senso conforme tra le corti di merito v. T. Roma, 12-4-1977, RIPS, 1979, 995; T. Monza, 28-10-1997, RCP, 1998, 1102. Ripercorre le tappe del complesso itinerario giurisprudenziale sul tema, M. BONA, «Danni al nascituro e da procreazione», in Digesto/civ., XVIII, Agg. II, Torino, 2003, 600 ss. (103) Cass., 28-12-1973, n. 3467, cit. (104) Cass., 28-12-1973, n. 3467, cit. (105) Cass., 10-5-2002, n. 6735, FI, 2002, I, 3115, con note di R. SIMONE e A. PALMIERI: «L’inadempimento del ginecologo, il quale erroneamente non rilevi una malformazione del feto, determina il diritto, non solo della donna, ma anche del marito, al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, compreso quello derivante dal trauma dovuto alla scoperta della condizione del figlio». (106) Cass., 29-7-2004, n. 14488, CorG, 2004, 1431, con nota di A. LISERRE, Mancata interruzione della gravidanza e danno da procreazione; GI, 2005, 2069, con nota di P. DIGREGORIO, Il diritto a non nascere: una nuova selezione della specie?; GC, 2005, I, 136, con nota di E. GIACOBBE, Wrongful life e problematiche connesse; VN, 2005, 1395 ss., con nota di S. MIRANDA, Diritto a non nascere: essere o non essere e ‘‘ricerca della felicita`’’; NGCC, 2005, I, 433, con nota di E. PALMERINI, La vita come danno? No..., sı`..., dipende: «Il sanitario che non abbia informato i genitori sui rischi di malformazione del nascituro, precludendo alla madre la scelta d’interrompere la gravidanza, risponde dei danni, conseguenti alla nascita del neonato malformato, nei confronti dei genitori, ma non nei confronti del minore non essendo 150 DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) concepibile nel nostro ordinamento un diritto a non nascere del minore malformato». Successivamente, a favore del diritto al risarcimento del danno subito dal minore, v. Cass., 11-5-2009, n. 10741, cit.: «Gli effetti del contratto debbono essere individuati avendo riguardo anche alla sua funzione sociale, e tenendo conto che la costituzione antepone, anche in materia contrattuale, gli interessi della persona a quelli patrimoniali; ne consegue che il contratto stipulato tra una gestante, una struttura sanitaria ed un medico, avente ad oggetto la prestazione di cure finalizzate a garantire il corretto decorso della gravidanza, riverbera per sua natura effetti protettivi a vantaggio anche del concepito e del di lui padre, i quali in caso di inadempimento, sono perciò legittimati ad agire per il risarcimento del danno»; Cass., 22-11-1993, n. 11503, cit.: «Con il contratto di ricovero ospedaliero della gestante l’ente ospedaliero si obbliga non soltanto a prestare alla stessa le cure e le attività necessarie al fine di consentirle il parto, ma altresı̀ ad effettuare, con la dovuta diligenza, tutte quelle altre prestazioni necessarie al feto (ed al neonato), sı̀ da garantirne la nascita evitandogli – nei limiti consentiti dalla scienza – qualsiasi possibile danno; detto contratto, intercorso tra la partoriente e l’ente ospedaliero, si atteggia come contratto con effetti protettivi a favore di terzo nei confronti del nato, alla cui tutela tende quell’obbligazione accessoria, ancorché le prestazioni debbano essere assolte, in parte, anteriormente alla nascita; ne consegue che il soggetto che, con la nascita, acquista la capacità giuridica, può agire per far valere la responsabilità contrattuale per l’inadempimento delle obbligazioni accessorie, cui il contraente sia tenuto in forza del contratto stipulato col genitore o con terzi, a garanzia di un suo specifico interesse». (107) F. GALGANO, Danno da procreazione e danno al feto, cit., 538. (108) F. GALGANO, Danno da procreazione e danno al feto, cit., 539. In questo senso, tra le altre, v. Cass., 13-11-2000, n. 11625, RCP, 2001, 327; Cass., 3-5-2011, n. 9700, NGCC, 2011, I, 1270, con nota di E. PALMERINI: «Anche il soggetto nato dopo la morte del padre naturale, verificatasi per fatto illecito di un terzo durante la gestazione, ha diritto nei confronti del responsabile al risarcimento del danno per la perdita del relativo rapporto e per i pregiudizi di natura non patrimoniale e patrimoniale che gli siano derivati». (109) V. C. Cost., 18-2-1975, n. 27, cit. (110) Il nascituro è titolare di posizioni giuridiche soggettive anche per rapporti diversi da quelli indicati dalla legge: in particolare, fra i diritti che la legge riconosce al concepito può essere compreso anche quello della nascita come individuo sano: v. T. Verona, 15-10-1990, FI, 1991, I, 261, e NGCC, 1991, 1, 357, con nota di R. PUCELLA. Nella giurisprudenza di legittimità va segnalata Cass., 22-11-1993, n. 11503, cit. Nel caso di specie la Supr. Corte si è pronunciata su un caso di responsabilità medica per lesioni in cui i genitori chiedevano il risarcimento del danno subito dal figlio neonato, concretatosi in una cerebropatia irreversibile, determinata dall’errato trattamento praticato all’atto della nascita. Si trattava, nella specie, del diritto al risarcimento del soggetto nato con delle malformazioni eziologicamente riconducibili ad una asfissia neonatale. La Supr. Corte ha affermato: «Con il contratto di ricovero ospedaliero della gestante l’ente ospedaliero si obbliga non soltanto a prestare alla stessa le cure e le attività necessarie al fine di consentirle il parto, ma altresı̀ ad effettuare, con la dovuta diligenza, tutte quelle altre prestazioni necessarie al feto (ed al neonato), sı̀ da garantirne la nascita evitandogli – nei limiti consentiti dalla scienza – qualsiasi possibile danno; detto contratto, intercorso tra la partoriente e l’ente ospedaliero, si atteggia come contratto con effetti protettivi a favore di terzo nei confronti del nato, alla cui tutela tende quell’obbligazione accessoria, ancorché le prestazioni debbano essere assolte, in parte, anteriormente alla nascita; ne consegue che il soggetto che, con la nascita, acquista la capacità giuridica, può agire per far valere la responsabilità contrattuale per l’inadempimento delle obbligazioni accessorie, cui il contraente sia tenuto in forza del contratto stipulato col genitore o con terzi, a garanzia di un suo specifico interesse». Più di recente v. Cass., 35-2011, n. 9700, cit.: «Anche il soggetto nato dopo la morte del padre naturale, verificatasi per fatto illecito di un terzo durante la gestazione, ha diritto nei confronti del responsabile al risarcimento del danno per la perdita del relativo rapporto e per i pregiudizi di natura non patrimoniale e patrimoniale che gli siano derivati». (111) Cosı̀ Cass., 3-5-2011, n. 9700, cit. 8. Il nascituro come ‘‘oggetto’’ di tutela. La dottrina maggioritaria sembra convergere sulla soluzione del superamento della questione della soggettività del nascituro, convenendo che quest’ultimo, a prescindere dalla sua soggettività, debba comunque essere protetto, in quanto «titolare di diritti fondamentali che reclamano la loro attuale tutela da parte dell’ordinamento» (112). Egli deve dunque essere tutelato fin dal concepimento (113), poiché la lesione della sua sfera di interessi è fonte di responsabilità (114) anche in difetto di un rapporto intersoggettivo ab origine tra danneggiato e danneggiante. A tale riguardo è stato osservato che il linguaggio dell’art. 1, 1º co., c.c. opererebbe una ‘‘semplificazione empirica’’ nel subordinare taluni diritti all’evento naturale della nascita (115). Il limite della nascita è «limite della capacità, della soggettività, della qualità giuridica di ‘‘persona’’; non limite per la protezione dei valori propri all’uomo neppure con lo strumento dell’ascrizione di diritti ed obblighi» (116). Ciò rivela, secondo questa tesi, che la norma «non ha ... il senso di escludere la protezione di interessi primari del non nato, anche attraverso lo strumento, proprio all’uomo, dell’ascrizione di diritti» (117). Sul terreno patrimoniale è in effetti possibile parlare di subordinazione di taluni diritti spettanti al nascituro-concepito al rilievo empirico dell’evento nascita; mentre sul versante non patrimoniale sembra più opportuno ascrivere alla nascita la condizione per il solo riconoscimento dei diritti spettanti al soggetto (118). In giurisprudenza si registra un indirizzo secondo cui la tutela del nascituro passerebbe necessariamente per il riconoscimento della sua autonoma soggettività (119). Un altro orientamento, che sembra oggi il maggioritario, ravvisa invece una tutela oggettiva a favore del nuovo nato, che prescinde dalla sua qualificazione o meno in termini di persona (120). In questo modo si è superato l’ostacolo dogmatico espresso nella formula ‘‘non può reclamare un diritto chi, alla data della sua genesi, non era ancora esistente o non era più’’ (121), e si va sempre più affermando l’idea per cui per proteggere una certa entità non occorre necessariamente qualificarla come soggetto di diritto (122). L’argomento è stato superato senza elevare il nascituro a soggetto di diritto, ma al figlio disabile è stata concessa la legittimazione attiva ad agire per il risarcimento di un danno cagionatogli # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) durante la gestazione, in virtù del principio della «propagazione intersoggettiva degli effetti diacronici dell’illecito» (123). Che il fatto colposo si fosse verificato anteriormente alla nascita non è stato ritenuto motivo di esclusione del diritto al risarcimento (124). Il nascituro, astraendo dalla sua pretesa soggettività, va in ogni caso considerato oggetto di tutela; una ‘‘entità’’ che, come tale, può essere o non essere persona (125). Si è parlato in questo senso di ‘‘ontologizzazione’’ dell’interesse alla procreazione cosciente e responsabile (126). Conclusione sotto questo profilo avallata, da ultimo, anche dalle Sez. Un. del 2015: «... non è indispensabile elevare il nascituro a soggetto di diritto, dotato di capacità giuridica – contro il chiaro dettato dell’art. 1 c.c. – per confermare l’astratta legittimazione del figlio disabile ad agire per il risarcimento di un danno le cui premesse fattuali siano collocabile in epoca anteriore alla sua stessa nascita. Al fondo di tale ricostruzione dogmatica vi è, infatti, il convincimento tradizionale, da tempo sottoposto a revisione critica, che per proteggere una certa entità occorra necessariamente qualificarla come soggetto di diritto» (127). La giurisprudenza ammette come regola generale l’azione del minore, volta al risarcimento di un danno che assume ingiusto, cagionatogli durante la gestazione (128). Tuttavia, mentre non sembrano frapporsi ostacoli alla risarcibilità del danno nell’ipotesi in cui la condotta commissiva del medico si pone come sicuro antecedente causale dell’evento di danno, come nel caso di responsabilità del medico verso il nato disabile per omessa comunicazione ai genitori della pericolosità di un farmaco somministrato per stimolare l’attività riproduttiva (129) o di una malattia della gestante suscettibile di ripercuotersi sulla salute del feto (130), diversa appare la situazione in cui il medico sia soltanto l’autore ‘‘mediato’’ o indiretto del danno, per aver privato la madre di una facoltà riconosciutale dalla legge, tramite una condotta omissiva che si pone nella successione causale in rapporto con la nascita indesiderata (i.e. i casi in esame di responsabilità sanitaria per errore diagnostico). In quest’ultima circostanza, infatti, la giurisprudenza sembra ravvisare un resiliente ostacolo alla risarcibilità del danno in capo al nascituro, proprio in virtù ora della asserita mancanza di un nesso causale giuridicamente rilevante tra la condotta negligente del medico e l’evento dannoso, ora del difetto di uno specifico interesse a non nascere se non sano e di un danno risarcibile. Il riconoscimento della titolarità di un diritto, oltre che della legittimazione attiva, del figlio handicappato non è ormai più precluso dall’anteriorità alla nascita del fatto illecito (o dell’inadempimento contrattuale). Oggi la questione su cui l’attenzione della giurisprudenza di legittimità si è appuntata concerne # Wolters Kluwer Italia 151 «il contenuto stesso del diritto che si assume leso ed il rapporto di causalità tra condotta del medico ed evento di danno» (131). (112) C.M. BIANCA, Diritto civile2, La norma giuridica e i soggetti, cit., 223; G. OPPO, L’inizio della vita umana, cit., 504: «... mentre sul terreno patrimoniale e della tutela della personalità non può ravvisarsi se non una tutela anticipata di interessi del nato, giacché il feto non ha interessi e bisogni di tal genere (...), invece sul terreno dell’integrità, della crescita, della nascita, cioè della salute del concepito e della sua naturale evoluzione verso la vita perfetta, possono ben configurarsi bisogni ed interessi (non parlo di diritti) attuali di quella entità vivente che è il feto a prescindere dalla sua qualificazione come ‘‘persona’’». (113) C.M. BIANCA, Diritto civile2, La responsabilità, V, Milano, 2012, 628: «Le persone fisiche possono essere vittime di illecito civile fin dal momento del concepimento. Fin da tale momento, infatti, la persona è portatrice di interessi che esigono l’altrui rispetto. In particolare, il nascituro concepito ha un diritto attuale all’integrità fisica, e la violazione dolosa o colposa di tale diritto importa l’obbligo di risarcimento del danno. (...) Sul piano concettuale si conferma allora l’idea che il nascituro non è una cosa, ma un soggetto umano dotato di capacità provvisoria, destinata a divenire definitiva con la nascita». Analogamente, G. ALPA-A. ANSALDO, Le persone fisiche2, cit., 239: «Il concepito è considerato titolare di posizioni giuridiche soggettive aventi una propria rilevanza anche prima dell’evento della nascita: la posizione soggettiva che gli si riconosce è formulata in termini di ‘‘legittima aspettativa’’ alla nascita; tale legittima aspettativa si estende alle qualità psico-fisiche, perché il concepito si attende di nascere sano». (114) G. OPPO, L’inizio della vita umana, cit., 505: «Non vale dire che prima della nascita non è configurabile la lesione di un diritto, giacché al risarcimento basta la lesione di una sfera di interessi protetta». (115) P. ZATTI, Diritti dell’embrione e capacità giuridica del nato, Relazione dell’incontro di Studi su Fecondazione assistita: una proposta di legge da discutere, Pisa, 30-1/1-2-1997, RDC, II, 1997, 108. (116) P. ZATTI, Diritti dell’embrione e capacità giuridica del nato, cit., 109. (117) Ibidem. (118) Ibidem. (119) Cass., 11-5-2009, n. 10741, cit. (120) Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit.; Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit. (121) Cfr. Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit. (122) V. in particolare le argomentazioni di Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit., in cui si afferma: «È tanto necessario quanto sufficiente, di converso, considerare il nascituro oggetto di tutela, se la qualità di soggetto di diritto (evidente astrazione rispetto all’essere vivente) è attribuzione normativa funzionale all’imputazione di situazioni giuridiche e non tecnica di tutela di entità protette». La tesi è confermata – da ultimo – in Cass. S.U., 2212-2015, n. 25767, cit. (123) Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit.: «(...) la propagazione intersoggettiva dell’illecito legittima un soggetto di diritto, quale il neonato, per il tramite del suo legale rappresentante, ad agire in giudizio per il risarcimento di un danno che si assume in ipotesi ingiusto». (124) Cass., 22-11-1993, n. 11503, cit.: «All’esclusione del diritto al risarcimento sul solo presupposto che il fatto colposo si sia verificato anteriormente alla nascita è sottesa l’erronea concezione che, al fine del risarcimento del danno extracontrattuale, sia necessaria la permanenza di un rapporto intersoggettivo tra danneggiante e danneggiato, che non può essere affatto condivisa. Non è tanto, infatti, il rapporto intersoggettivo che consente la tutela (di un interesse), quanto, viceversa, l’esistenza stessa di 152 DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) un centro di interessi giuridicamente tutelato, che non può essere legittimamente contestato al concepito. (...) una volta accertata l’esistenza di un rapporto di causalità tra un comportamento colposo, anche se anteriore alla nascita, ed il danno che ne sia derivato al soggetto che con la nascita abbia acquistato la personalità giuridica, sorge e dev’essere riconosciuto in capo a quest’ultimo il diritto al risarcimento». Tale orientamento è confermato anche da Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit., che giudica erronea la concezione secondo cui sarebbe necessaria la sussistenza di un rapporto intersoggettivo ab origine tra danneggiante e danneggiato. (125) V. la teorica civilistica di A. DI MAJO, La tutela civile dei diritti4, Problemi e metodo del diritto civile, 3, Milano, 2003, sulla tutela disgiunta dalla sequenza classica ‘‘soggetto-diritto-pretesaazione’’. In giurisprudenza v. C. Cost., 18-2-1975, n. 27, cit.; Cass., 3-5-2011, n. 9700, cit.; Cass., 9-5-2000, n. 5881, DR, 2001, 169, con nota di A. D’ANGELO). (126) P.G. MONATERI, Il danno al nascituro e la lesione della maternità cosciente e responsabile, cit., 59 s., il quale, nel commentare Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit., osserva che «la ‘‘questione del soggetto’’ viene riportata alla metafisica del soggetto, in quanto i soggetti esistono solo come ‘‘enti’’, mentre la ‘‘questione del nascituro’’ viene ricondotta nell’ontologia degli oggetti sociali, per i quali l’ordinamento appronta una tutela, la cui attuazione è semplicemente ‘‘delegata’’ a determinati soggetti concreti» (ivi, 61). (127) Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit. In senso conforme ai precedenti, v. C. Cost., 18-2-1975, n. 27, cit.; Cass., 3-5-2011, n. 9700, cit.; Cass., 9-5-2000, n. 5881, cit.). (128) In questo senso anche Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit. (129) V. Cass., 11-5-2009, n. 10741, cit.: «Stanti la soggettività giuridica – entro determinati limiti – del concepito e il suo diritto a nascere, nei confronti di questo e dei suoi genitori rispondono per i danni, patrimoniali e non, connessi a rilevanti patologie del feto, i sanitari che abbiano mancato di informare la madre (il cui rapporto con i medici produce effetti protettivi nei confronti del nascituro) dei probabili rischi connessi all’assunzione di farmaci per facilitare il concepimento, quando tali sostanze abbiano determinato l’insorgenza di gravi malformazioni del nascituro». (130) In questi termini si esprime Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit. (131) Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit. (corsivo mio). 9. Il nato malato contro il medico e/o l’istituzione sanitaria: qua causa? Le ulteriori questioni dogmatiche sottese al problema della risarcibilità del cosiddetto ‘‘diritto a non nascere’’ si potranno mettere a fuoco soltanto dopo aver chiarito, per sommi capi, le relazioni giuridiche che intercorrono tra i protagonisti della vicenda risarcitoria. Il nascituro, si è detto, non esiste come soggetto al momento del verificarsi della condotta illecita del medico. La mancata o errata diagnosi prenatale, questo è il caso paradigmatico su cui si va ragionando, si colloca infatti nell’ambito della relazione giuridica che intercorre tra i genitori, nello specifico la gestante, e il medico, insieme eventualmente alla struttura sanitaria. Occorre anzitutto distinguere l’ipotesi in cui la gestante si rivolge direttamente al proprio medico ginecologo per ricevere una diagnosi al feto, dalla situazione in cui la paziente si affidi alla struttura sanitaria che poi metterà a disposizione il proprio per- sonale medico per effettuare la prestazione richiesta. Nel primo caso la donna conclude un contratto di prestazione d’opera professionale con il proprio medico di fiducia; nel secondo caso, invece, la gestante sottoscrive un contratto con l’istituzione sanitaria, benché il trattamento medico venga poi somministrato dai sanitari incaricati di effettuare la prestazione in favore della paziente. Nella relazione diretta tra gestante e medico di fiducia, la non corretta informazione circa la possibile presenza di danni al feto costituisce un chiaro inadempimento contrattuale del medico che dà luogo ad una responsabilità ex art. 1218 c.c. La paziente potrà cosı̀ agire nei confronti del professionista, sulla base del contratto stipulato, per tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dall’inadempimento. Meno evidente si presenta la fattispecie allorché la prestazione fosse effettuata dal medico strutturato in forza del contratto stipulato tra la gestante e l’istituzione ospedaliera, per via dell’assenza di un contratto tra chi, in concreto, esegue e riceve la prestazione sanitaria. La giurisprudenza maggioritaria, sino al recente intervento legislativo, ascriveva il rapporto inter partes anch’esso all’area del contratto in virtù dell’applicazione della teoria del cosiddetto ‘‘contatto sociale’’ (132). Con la legge Gelli-Bianco (133) il legislatore ha ripristinato il vecchio regime del «doppio binario». L’art. 7, 3º co., della legge dispone chiaramente che l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente (134). Se tra la gestante ed i sanitari è dunque ravvisabile più facilmente una qualificata relazione giuridica di tipo contrattuale, non sfugge come gli altri protagonisti della vicenda risarcitoria, e segnatamente il nascituro, che con la nascita acquista la titolarità delle sue legittime pretese, oltre che il padre ed eventualmente i fratelli e le sorelle del nuovo nato, restino al di fuori del rapporto contrattuale. La giurisprudenza ha ciononostante riconosciuto loro un autonomo diritto al risarcimento in virtù degli effetti protettivi che il contratto tra il medico e/o l’istituzione sanitaria da un lato, e la gestante dall’altro, produrrebbe anche nei confronti dei terzi (135). Principalmente nei confronti del padre (136), che peraltro condivide con la madre gli oneri del mantenimento; e, seppur suscitando maggiori perplessità da parte della dottrina, anche nei confronti dei fratelli e delle sorelle (137). Analogo risultato, tuttavia, potrebbe essere raggiunto anche nell’ottica extracontrattuale. Un danno contra ius è, nei confronti della madre e per taluni aspetti del padre, ravvisabile nella lesione del diritto alla salute psico-fisica, derivante dalla violazione della # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) libertà procreativa; meno agevole è individuare, sul piano del diritto positivo, la lesione di un diritto nei confronti dei fratelli e delle sorelle del nascituro, quali vittime di rimbalzo dell’illecito, che faccia da pendant alla «inevitabile, minor disponibilità dei genitori nei loro confronti, in ragione del maggior tempo necessariamente dedicato al figlio affetto da handicap, nonché nella diminuita possibilità di godere di un rapporto parentale con i genitori stessi costantemente caratterizzato da serenità e distensione» (138). Resta da ultimo sulla scena il protagonista su cui sono accesi i riflettori della disamina qui proposta, ossia il nascituro. Sulla pretesa risarcitoria, e sul suo esatto contenuto si dovrà tornare più avanti, ma occorre ancor prima chiarire a quale titolo il nascituro potrà agire nei confronti dell’autore del danno, e cioè quale sia la fonte dell’asserito obbligo risarcitorio in favore del nascituro. Vi è da comprendere se la soluzione debba essere cercata nello schema dell’art. 2043 c.c. oppure nelle norme che regolano l’inadempimento. La distinzione è, di regola, utile per impostare correttamente il giudizio di responsabilità (139). Se di responsabilità aquiliana si tratta occorre valutare la sussistenza di tutti gli elementi strutturali dell’illecito e, in particolare, ragionare in termini di ingiustizia del danno. Al contrario, se si imposta il problema in termini di responsabilità contrattuale, basterebbe la prova dell’inadempimento per fondare la responsabilità del professionista. I sostenitori della tesi dell’inesistenza di un interesse a non nascere se gravemente malati, suscettibile di risarcimento, mettono in luce tanto l’assenza di un danno ingiusto quanto la mancanza di un interesse del terzo (il nascituro) da proteggere con il contratto (tra la gestante e il medico e/o l’istituzione sanitaria) (140). Si fa ad esempio notare che nell’ordinamento tedesco nessun risarcimento è riconosciuto al bambino nato handicappato, sul presupposto che, sul fronte extracontrattuale, non esiste un dovere di evitare la vita di un bambino in ipotesi malformato, dal momento che la vita è considerata bene supremo (141); parimenti, nell’ottica contrattuale, è escluso che il risarcimento possa derivare dall’inadempimento del contratto stipulato dalla gestante con il medico, non sussistendo alcun effetto di protezione (Schutzwirkung) nei confronti del non nato. La facoltà di interrompere la gravidanza, infatti, sarebbe attribuita alla madre e nel suo esclusivo interesse, sicché il suo mancato esercizio non giustificherebbe l’ammissibilità di un preteso diritto a non nascere in capo al bambino. La giurisprudenza italiana, in casi in cui la malformazione sia stata causata dal medico nel corso delle operazioni propedeutiche al parto, è giunta ad am- # Wolters Kluwer Italia 153 mettere che il minore potesse agire a titolo di responsabilità per inadempimento nei confronti e del sanitario e della struttura, sulla base della qualificazione del contratto di assistenza alla gestante come contratto con effetti di protezione per il terzo (142). È però discusso se – mutato quel che c’è da mutare – l’azione per inadempimento sia ammissibile anche quando l’errore medico non incida sulla salute del neonato, ma interferisca solamente sulla scelta procreativa della donna (143). In ogni caso, per quanto è qui d’interesse, ossia indagare il contenuto della pretesa risarcitoria e la sussistenza del nesso causale, è possibile giungere a conclusioni del tutto analoghe astraendo dall’esatto titolo di responsabilità. (132) A partire da Cass., 22-1-1999, n. 589, con nota di A. THIENE, NGCC, 2000, 343; commentata anche da V. CARBONE, DR, 1999, 299; A. DI MAJO, CorG, 1999, 446; M. FORZIATI, RCP, 1999, 661; G. GIACALONE, GiC, 1999, 1007; F.G. PIZZETTI, GI, 2000, 740. Per un quadro d’insieme v. S. ROSSI, «Contatto sociale (fonte di obbligazione)», in Digesto/civ., Agg. V, Torino, 2010, 346 ss. e la bibliografia ivi indicata. (133) L. 8-3-2017, n. 24 («Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie»). (134) Anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa (cfr. art. 7, 1º co., della legge 24/2017). Resta ferma la natura contrattuale della responsabilità facente capo alla struttura sanitaria (pubblica o privata) che risponde, ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c., delle condotte dolose o colpose degli esercenti la professione sanitaria che eseguono la prestazione sanitaria per conto della struttura stessa (Art. 7, 1º co.). (135) Il riferimento è alla figura del Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte, su cui v. C. CASTRONOVO, La nuova responsabilita` civile3, Milano, 2006, 481 ss.; AA.VV., Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi nella prospettiva storico-comparatistica, a cura di L. Vacca, Torino, 2001; AA.VV., Effetti del contratto nei confronti dei terzi, a cura di Alpa-Fusaro, Milano, 2000. Per la giurisprudenza v. Cass., 28-11-2007, n. 24742, RIML, 2009, 468; Cass., 14-6-2007, n. 13953, FI, 2008, I, 1990; Cass., 26-1-2006, n. 1698, MGI, 2006, 260. Tra le corti di merito, v. T. Perugia, 10-12008, RGU, 2008, 8; in senso contrario v. Pretura Tolmezzo, 214-1998, RCP, 1998, 1550, con nota di P. SANNA. (136) Cass., 4-1-2010, n. 13, cit.: «Il danno risarcibile non può essere limitato solo al danno alla salute in senso stretto della gestante; qualora l’imperizia del medico impedisca alla donna di esercitare il proprio diritto all’aborto, e ciò determini un danno alla salute della madre è ipotizzabile che da tale danno derivi un danno alla salute anche del marito; poiché si tratta di contratto di prestazione di opera professionale con effetti protettivi anche nei confronti del padre del concepito che, per effetto dell’attività professionale dell’ostetrico-ginecologo, diventa o non diventa padre (o diventa padre di un bambino anormale), il danno provocato da inadempimento del sanitario costituisce una conseguenza immediata e diretta anche nei suoi confronti e, come tale, è risarcibile a norma dell’art. 1223 c.c.». (137) In tal senso Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit. (138) Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit. (139) È tuttavia noto come la responsabilità medica configuri una sorta di sottosistema della responsabilità civile, in cui le regole applicate dalla giurisprudenza sono tendenzialmente uniformi a prescindere dalla qualificazione dell’azione come contrattuale o aquiliana. Anche in presenza di un’azione contrattua- 154 DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) le, la giurisprudenza spesso non si sottrae all’indagine sulla situazione soggettiva protetta. (140) Cfr. E. NAVARRETTA, Ingiustizia del danno e nuovi interessi, cit., 177 ss. (141) BGH 18-1-1983, BGHZ 86, 240. Per un quadro sulla giurisprudenza tedesca sul tema v. E. PICKER, Il danno della vita, cit., 15 ss. V. anche D. CARUSI, Contraccezione, aborto e «danno da procreazione»: di un’importante sentenza del tribunale costituzionale tedesco e di alcune questioni in materia di responsabilita` del medico, RCP, 1999, 1173 ss. (142) Cass., 22-11-1993, n. 11503, cit.: «Con il contratto di ricovero ospedaliero della gestante l’ente ospedaliero si obbliga non soltanto a prestare alla stessa le cure e le attività necessarie al fine di consentirle il parto, ma altresı̀ ad effettuare, con la dovuta diligenza, tutte quelle altre prestazioni necessarie al feto (ed al neonato), sı̀ da garantirne la nascita evitandogli – nei limiti consentiti dalla scienza – qualsiasi possibile danno; detto contratto, intercorso tra la partoriente e l’ente ospedaliero, si atteggia come contratto con effetti protettivi a favore di terzo nei confronti del nato, alla cui tutela tende quell’obbligazione accessoria, ancorché le prestazioni debbano essere assolte, in parte, anteriormente alla nascita; ne consegue che il soggetto che, con la nascita, acquista la capacità giuridica, può agire per far valere la responsabilità contrattuale per l’inadempimento delle obbligazioni accessorie, cui il contraente sia tenuto in forza del contratto stipulato col genitore o con terzi, a garanzia di un suo specifico interesse». (143) V. ad esempio Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit., ove, in un caso di questo genere, i giudici sembrano riferirsi all’illecito e, quindi, ad una responsabilità aquiliana. 10. La tesi negazionista del cosiddetto diritto a non nascere se non sano nella giurisprudenza. L’attenzione della giurisprudenza si è inizialmente focalizzata sul cosiddetto diritto a nascere o a nascere sani, riconoscendone gradualmente la perfetta configurabilità e piena tutela. La profonda discussione che ha occupato la Supr. Corte italiana sul tema (144) si è incentrata, in particolare, sul valore della ‘‘giurisprudenza normativa’’ in seno alla teoria delle fonti e della loro gerarchia, ma anche sulla rivisitazione della ‘‘interessenjurisprudenz’’ in quanto volta alla ricostruzione degli ‘‘oggetti’’ di tutela (145). Una delle più note e meglio articolate decisioni sul punto è la sentenza Cass. 29-7-2004 n. 14488 (146), con la quale i giudici di legittimità respinsero il ricorso avanzato nell’interesse di una minore che, lamentando l’inosservanza del dovere informativo del medico (147), rivendicava il diritto per il nascituro di ‘‘nascere sano’’ o di ‘‘non nascere affatto’’. Nella specie, il medico, nonostante accertamenti clinici evidenziassero la presenza di una tara talassemica in entrambi i genitori, non aveva dato alcun avvertimento circa i rischi di trasmissione della malattia ereditaria, e cosı̀ di una malformazione congenita della nascitura, che, dopo il parto, risultava affetta da talassemia maior. La Supr. Corte, da un lato, confermava il risarcimento del danno in favore di entrambi i genitori (148), che, nello specifico, lamentavano il pregiudizio conseguente alla mancata informazione della malforma- zione fetale, in quanto la gestante avrebbe potuto scegliere tra il continuare la gravidanza o richiedere l’aborto terapeutico; dall’altro, tuttavia, rigettava la domanda di risarcimento dei danni dalla minore subiti per la ‘‘vita ingiusta’’ che le era toccata a seguito della mancata interruzione della gravidanza. Esclusa la liceità dell’aborto eugenetico, la Supr. Corte si soffermò sul problema giuridico se – ferma la sussistenza di un pericolo per la salute della madre – «possa il concepito malformato, una volta nato, richiedere il risarcimento del danno per la ‘‘vita ingiusta’’ che egli ha avuto in conseguenza del comportamento omissivo o errato del medico nei confronti della propria genitrice, per mancata o errata informazione» (149). La pronuncia, pur sottolineando che il dictum a cui era pervenuta era applicabile soltanto ai casi in cui la patologia del nascituro non fosse addebitabile al medico, rispose negativamente al quesito in esame. Benché fosse riconosciuta la legittimazione ad agire del nascituro (150) nella prospettiva di un diritto (positivo) a nascere sano, la Supr. Corte escluse l’esistenza nell’ordinamento italiano di un interesse a non nascere (se non sano). A fortiori in considerazione del fatto che, nel caso di specie, la malattia non era addebitabile al medico, la cui condotta professionale non avrebbe comunque potuto impedire l’insorgenza della patologia ereditaria. A questa conclusione, tuttavia, più di recente si oppone che la mancata informazione da parte del sanitario in ordine alla malattia della nascitura impedisce alla madre di poter esercitare la facoltà di richiedere l’aborto e, di conseguenza, rende il medico stesso unico responsabile della vita non sana o ‘‘ingiusta’’ della minore, che invece aveva come alternativa quella di non nascere (151). Per contro, la Supr. Corte nella decisione 14488/2004 ebbe a sancire che se è vero che «l’ordinamento italiano tutela l’embrione fin dal concepimento», può parlarsi soltanto di un ‘‘diritto a nascere sani’’, locuzione intesa nella sua portata positiva e non negativa: «Il ‘‘diritto a nascere sani’’ significa solo che, sotto il profilo privatistico della responsabilità contrattuale, extracontrattuale, e da ‘‘contatto sociale’’, nessuno può procurare al nascituro lesioni o malattie (con comportamento omissivo o commissivo colposo o doloso), e, sotto il profilo – in senso lato – pubblicistico, che siano predisposti quegli istituti normativi o quelle strutture di tutela, di cura ed assistenza della maternità, idonei a garantire, nell’ambito delle umane possibilità, la nascita sana. Non significa invece che il feto, che presenti gravi anomalie genetiche, non deve ‘‘essere lasciato nascere’’» (152). Non mancò inoltre il riferimento, da parte dei giudici di legittimità, alle esperienze straniere. In Francia, in particolare, si era in quegli anni presentato un caso # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) del tutto analogo, passato alla cronaca giornalistica e divenuto presto celebre come il caso Perruche (153), in cui la Cour de Cassation, con un mutamento d’indirizzo rispetto alla giurisprudenza precedente, ebbe a dichiarare che «quando gli errori commessi da un medico e dal laboratorio in esecuzione del contratto concluso con una donna incinta impedirono a quest’ultima di esercitare la propria scelta di interruzione della gravidanza, al fine di evitare la nascita di un bambino handicappato, questi può domandare il risarcimento del danno consistente nel proprio handicap, causato dai predetti errori». La sentenza della Corte francese riaprı̀ il dibattito sul diritto dell’handicappato a ‘‘non nascere se non sano’’, che però fu immediatamente stroncato dal legislatore francese che, con l. 4-3-2002, n. 303 (c.d. Loi Kouchner sui ‘‘droits des malades et à la qualité du système de santé’’), sancı̀ che nulla può essere richiesto dall’handicappato per il solo fatto della nascita, quando l’handicap non è stato provocato o aggravato da errore medico. Sull’onda delle esperienze oltre confine, anche la Supr. Corte italiana negò l’esistenza di un diritto a non nascere in capo al nascituro, evidenziando una diversa posizione rispetto ai genitori: mentre per questi ultimi il danno consiste – in definitiva – nella ‘‘genitorialità’’ non voluta, giacché «l’inadempimento del medico ha dato origine alla sequenza causale, passata attraverso la non possibilità di autodeterminazione della donna all’aborto nelle condizioni previste dalla legge, che si conclude con l’avere un figlio malformato», per il concepito malformato «l’evento finale della sequenza causale si pone in maniera differente rispetto ai genitori e consiste nella sua vita non voluta (sia pure perché non sana), per cui occorre esaminare se una tale facoltà gli è riconosciuta dall’ordinamento» (154). Al diniego di un diritto a non nascere la Supr. Corte giunse attraverso vari argomenti, tra cui in principio quello fondato sulla mancanza di capacità giuridica del concepito: «(...) detto diritto di ‘‘non nascere’’ sarebbe un diritto adespota (letteralmente: senza padrone), in quanto a norma dell’art. 1 c.c. la capacità giuridica si acquista al momento della nascita, ed i diritti che la legge riconosce a favore del concepito (artt. 462, 687, 715 c.c.) sono subordinati all’evento della nascita, ma appunto esistenti dopo la nascita» (155). La pronuncia sottolineava che il diritto di non nascere non avrebbe, fino alla nascita, un soggetto titolare dello stesso; e con la nascita detto ‘‘diritto di non nascere’’ sarebbe definitivamente scomparso (156). E concludeva sancendo che l’ordinamento positivo «tutela il concepito e quindi l’evoluzione della gravidanza esclusivamente verso la nascita e non verso la non nascita, per cui se di diritto # Wolters Kluwer Italia 155 vuole parlarsi, deve parlarsi di diritto a nascere» (157). La tesi negazionista trovò conferma anche negli anni successivi, quando la Supr. Corte fu chiamata a pronunciarsi su un caso di responsabilità medica, in parte diverso da quello sino ad ora esaminato, derivante dalla somministrazione di farmaci per indurre l’ovulazione con rischio di possibili proprietà teratogene, e dall’omessa informazione circa il pericolo per la paziente di dare alla luce un bambino malformato (158). Anche tale pronuncia riconobbe un diritto a nascere sano e affermò la soggettività del nascituro che, con la nascita, acquista l’ulteriore diritto patrimoniale al risarcimento (159); tuttavia, anche in tale occasione, la Supr. Corte ribadı̀ la non configurabilità in capo al nascituro di un diritto a non nascere (se non sano) (160). (144) Vanno segnalate le principali e più recenti pronunce: Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit. Hanno fatto seguito altre importanti pronunce sul tema: Cass., 11-5-2009, n. 10741, cit. (145) Per un quadro critico sul ruolo attuale della giurisprudenza nel sistema delle fonti v. C. CASTRONOVO, Eclissi del diritto civile, cit., spec. 33 ss., 87 ss., in cui si censura l’eccessiva creatività delle corti, a causa di un improprio sfruttamento della valenza costituzionale di talune questioni e della applicazione ritenuta sconfinata della c.d. Drittwirkung. Pronunce portate a testimonianza di tale creatività sono, tra le altre, proprio quelle relative alla questione del nascituro come oggetto di diritto: v. per tutte Cass., 11-5-2009, n. 10741, cit. (146) FI, 2004, I, 3327, con nota di A. BITETTO, Il diritto a «nascere sani»; RCP, 2004, 1349, con nota di M. GORGONI, La nascita va accettata senza ‘‘beneficio d’inventario’’?. In senso conforme, Cass., 14-7-2006, n. 16123, CorG, 2006, 1691, con nota di A. LISERRE: «Il sanitario che non abbia informato i genitori sui rischi di malformazione del nascituro precludendo alla madre la scelta d’interrompere la gravidanza, risponde dei danni, conseguenti alla nascita del neonato malformato, nei confronti dei genitori, ma non nei confronti del minore non essendo concepibile nel nostro ordinamento un diritto a non nascere del minore malformato». (147) Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit.: «Secondo la corte di appello era compito del medico disporre tutti gli accertamenti del caso in modo da poter fornire alla coppia una completa informazione per le future decisioni, ivi compresa quella di un’interruzione di gravidanza, tenuto conto, che questa era appena iniziata; che, anche a voler escludere il rimedio dell’aborto, i genitori avevano il diritto ad essere informati della futura condizione del nascituro e prepararsi adeguatamente alla drammatica situazione, con un supporto psicologico e materiale più adeguato; che l’inosservanza del dovere di informazione costituiva inadempimento contrattuale e nel contempo fonte di responsabilità extracontrattuale». (148) Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit.: «Quanto ai danni subiti dai genitori, riteneva la corte di merito che, per effetto della nascita della bambina gravemente ammalata, essi erano caduti in uno stato di stress ed affaticamento e che, con giudizio ex ante, tale stato patologico della madre era pronosticabile; che il padre certamente non aveva il diritto di interrompere la gravidanza, competendo tale facoltà solo alla madre, ma che il danno alla salute della moglie si era riflesso sulla sua salute; che fattispecie il danno era sia biologico che patrimoniale; che detta liquidazione non poteva che essere equitativa; che congrua era la somma liquidata in L. 350 milioni; che detta somma non poteva ritenersi irrisoria, come assunto dagli appellanti principali». 156 DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) (149) Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit. (corsivo mio). (150) Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit.: «Il contratto, intercorso tra la gestante ed il sanitario, si atteggia come ‘‘contratto con effetti protettivi a favore di terzo’’ (figura individuata dalla dottrina tedesca, Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte) nei confronti del neonato, alla cui tutela tende quell’obbligazione accessoria, ancorché le prestazioni debbano essere assolte in tutto o in parte, anteriormente alla nascita. (...). Ne consegue che il soggetto, che con la nascita acquista la capacità giuridica, può agire per far valere la responsabilità contrattuale per l’inadempimento delle obbligazioni accessorie, cui il contraente sia tenuto in forza del contratto stipulato col genitore o con terzi, a garanzia di uno specifico interesse (cfr. Cass., 22-11-1993, n. 11503)». (151) V., infra nel testo, Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit. L’assunto però non è valso a superare le argomentazioni della Supr. Corte nella sentenza n. 14488/2004 in parola, in cui si è osservato che, anche con riferimento ai diritti della personalità, «non si può invocare dall’ordinamento tutela per il non acquisto della condizione umana e contro il fatto che rende il nato soggetto all’ordinamento», dal momento che «l’alternativa sarebbe quella di non nascere affatto e non quella diversa tra nascere sano o nascere malato per colpe altrui». In dottrina, considerazioni analoghe sono svolte, tra altri, da G. OPPO, L’inizio della vita umana, cit., 503 ss. (152) Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit. Cfr. sul punto M. FRANZONI, Errore medico, diritto di non nascere, diritto di nascere sano, Ragiusan, 2006, 230 ss. (153) Cour de Cassation 17-11-2001, NGCC, 2001, I, 209 ss., con commento di E. PALMERINI, Il diritto a nascere sani e il rovescio della medaglia: esiste un diritto a non nascere affatto? e postilla di F.D. BUSNELLI. V. anche A. GUARNERI, Wrongful life, be´be´ pre´judice e il discusso diritto a nascere sano... o a non nascere, RCP, 2001, 497 ss.; P. ZATTI, La tutela della vita prenatale: i limiti del diritto, NGCC, 2001, 155 ss. La vicenda riguardava un’azione promossa da una donna nei confronti dei sanitari per il risarcimento del danno patito dal figlio nato malformato. I medici rassicurarono erroneamente la madre circa l’impossibilità di contrarre il virus della rosolia durante la gravidanza, che invece fu la causa di gravi malformazioni del bambino venuto alla luce. La madre, peraltro, aveva espresso ai sanitari la sua intenzione di abortire in caso di diagnosi di patologia fetale. Sulla questione v. ampiamente O. CAYLA-Y. THOMAS, Il diritto di non nascere. A proposito del caso Perruche, trad. it. L. Colombo, Milano, 2004 con considerazioni introduttive di F.D. BUSNELLI e ID., L’inizio della vita umana, RDC, 2004, I, 535. Per un precedente, sempre nel sistema francese, v. M. GORGONI, Nascere sani o non nascere affatto: verso un nuovo capitolo della storia della ‘‘naissance d’enfants sains non de´sire´s’’, DR, 2001, 475 ss. (154) Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit. (155) Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit. (156) Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit.: «Sotto altro profilo, ma nella stessa ottica, ipotizzare il diritto del concepito malformato di non nascere significa concepire un diritto che, solo se viene violato, ha, per quanto in via postuma, un titolare, ma se tale violazione non vi è (e quindi non si fa nascere il malformato per rispettare il suo diritto di non nascere), non vi è mai un titolare. Il titolare di questo presunto diritto non avrà mai quindi la possibilità di esercitarlo». (157) Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit. (158) Trattasi di Cass., 11-5-2009, n. 10741, cit. (159) Cass., 11-5-2009, n. 10741, cit.: «Stanti la soggettività giuridica – entro determinati limiti – del concepito e il suo diritto a nascere, nei confronti di questo e dei suoi genitori rispondono per i danni, patrimoniali e non, connessi a rilevanti patologie del feto, i sanitari che abbiano mancato di informare la madre (il cui rapporto con i medici produce effetti protettivi nei confronti del nascituro) dei probabili rischi connessi all’assunzione di farmaci per facilitare il concepimento, quando tali sostanze abbiano determinato l’insorgenza di gravi malformazioni del nascituro». (160) Cass., 11-5-2009, n. 10741, cit.: «Il nascituro ha soggettività giuridica ed ha diritto a nascere sano, con il conseguente obbligo dei sanitari di risarcirlo (diritto al risarcimento che per il nascituro, avente carattere patrimoniale, è condizionato, quanto alla titolarità, all’evento nascita ex art. 1, 2º comma, c.c., ed azionabile dagli esercenti la potestà) per mancata osservanza sia del dovere di una corretta informazione (ai fini del consenso informato) in ordine alla terapia prescritta alla madre (e ciò in quanto il rapporto instaurato dalla madre con i sanitari produce effetti protettivi nei confronti del nascituro), sia del dovere di somministrare farmaci non dannosi per il nascituro stesso; il nascituro, diversamente, non ha diritto al risarcimento qualora il consenso informato necessiti ai fini dell’interruzione di gravidanza (e non della mera prescrizione di farmaci), stante la non configurabilità del diritto a non nascere (se non sano)». 11. Il revirement di Cass., 2-10-2012, n. 16754 e l’intervento delle S.U. 22-12-2015, n. 25767 Nessuno sembra davvero sostenere la configurabilità per il diritto italiano di un interesse a non nascere se gravemente malati. Neppure Cass., 2-10-2012, n. 16754 che, analogamente a quanto accaduto in Francia con l’arrêt Perruche, è giunta ad ammettere per la prima volta in Italia (161) la pretesa risarcitoria del nato con gravi malformazioni genetiche nei confronti del medico che, a causa di una errata diagnosi al feto, aveva impedito alla madre di avvalersi della possibilità di esercitare la scelta abortiva (162). La pronuncia, ad oggi rimasta isolata, è stata vivacemente criticata dalla dottrina (163), che non ritiene ammissibile nell’ordinamento italiano la risarcibilità di tale interesse. Il caso riguardava proprio l’errata diagnosi prenatale del medico, che, a seguito di accertamenti, escludeva possibili malformazioni del feto. Cosı̀ rassicurata, la donna portava avanti la gravidanza, ma dava alla luce una bambina affetta da sindrome di Down. In tale occasione i giudici della Supr. Corte ravvisavano nella nascita malformata un pregiudizio esistenziale che avrebbe colpito il bambino nel dipanarsi della vita quotidiana, cosicché, fondando la domanda risarcitoria avanzata personalmente dal minore negli artt. 2, 3, 29, 30 e 32 della Costituzione, la Supr. Corte ammetteva il diritto del nato al risarcimento del danno per la lesione della sua salute (164): «Il vulnus lamentato da parte del minore malformato, difatti, non è la malformazione in sé considerata – non è, in altri termini, l’infermità intesa in senso naturalistico (o secondo i dettami della scienza medica), bensı̀ lo stato funzionale di infermità, la condizione evolutiva della vita handicappata intese come proiezione dinamica dell’esistenza che non è semplice somma algebrica della vita e dell’handicap, ma sintesi di vita ed handicap, sintesi generatrice di una vita handicappata». La pronuncia fa esplicito riferimento al ‘‘diritto alla salute’’, quale situazione soggettiva tutelata (165), coerentemente con l’idea di salute intesa non soltan- # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) to nella sua dimensione statica di assenza di malattia, ma come condizione dinamico/funzionale di benessere psicofisico (166). Per quanto attiene al danno subı̀to dal nato, i giudici del collegio sembrano, in sintesi, alludere al disamore o al minor affetto che il figlio handicappato riceverà da genitori che non lo avrebbero voluto; alla situazione di disagio esistenziale che il bambino proverà nel vivere in un ambiente familiare malpreparato ad accoglierlo. L’obiettivo appare cioè quello di compensare sul piano risarcitorio una vita handicappata, e perciò meno agevole, ma non necessariamente meno meritevole di essere vissuta (167). Con le parole dei giudici di legittimità «l’interesse giuridicamente protetto, del quale viene richiesta tutela da parte del minore (...), è quello che gli consente di alleviare, sul piano risarcitorio, la propria condizione di vita, destinata a una non del tutto libera estrinsecazione (...)» (168). La soluzione prospettata dalla pronuncia in esame, in controtendenza rispetto all’orientamento precedente, induceva in seguito la Supr. Corte a rimettere in analoga controversia la questione alle Sezioni Unite, che, nel 2015, smentivano l’arresto della Terza sezione del 2012, negando che il medico cui sia imputabile di aver impedito la scelta di interrompere la gravidanza possa rispondere per danni nei confronti del bambino malato. Segnatamente, le Sezioni Unite sancivano che «il nato disabile non può agire per il risarcimento del danno, neppure sotto il profilo dell’interesse ad avere un ambiente familiare preparato ad accoglierlo, giacché l’ordinamento non conosce il ‘‘diritto a non nascere se non sano’’, né la vita del bambino può integrare un danno-conseguenza dell’illecito omissivo del medico» (169). Le Sezioni Unite del 2015 muovono dal concetto di danno-conseguenza, consacrato all’art. 1223 c.c. («riassumibile, con espressione empirica, nell’avere di meno, a seguito dell’illecito») (170), e ne affermano l’inesistenza per effetto della mancata interruzione della gravidanza, argomentando che «il danno riuscirebbe legato alla stessa vita del bambino; e l’assenza di danno alla sua morte» (171). Perciò, secondo questa tesi, non vi è danno ingiusto in quanto «il secondo termine di paragone, nella comparazione tra le due situazioni alternative, prima e dopo l’illecito, è la non vita, da interruzione della gravidanza. E la non vita non può essere un bene della vita; per la contraddizion che nol consente. Tanto meno può esserlo, per il nato, retrospettivamente, l’omessa distruzione della propria vita (in fieri), che è il bene per eccellenza, al vertice della scala assiologica dell’ordinamento» (172). Altrimenti, proseguono i giudici delle Sezioni Unite, si finirebbe per concludere implicitamente che la vita di un bambino disabile possa considerarsi un danno, e che essa abbia minor valore # Wolters Kluwer Italia 157 di quella di un bambino sano (173). Riconoscere il diritto a non nascere (se non sano) – rileva sempre la pronuncia in esame – comporterebbe il rischio di una «reificazione dell’uomo, la cui vita verrebbe ad essere apprezzabile in ragione dell’integrità psico-fisica: deriva eugenica, certamente lontanissima dalla teorizzazione dottrinaria del cd. diritto di non nascere». (161) In verità una prima apertura verso la configurabilità di un tale interesse fu, seppur incidentalmente, proposta nel 2011 dai giudici della terza Sezione civile nella sentenza Cass., 3-5-2011, n. 9700, cit. La vicenda riguardava il diritto di credito vantato dalla figlia in quanto nata orfana, come tale destinata a vivere senza la figura paterna, a seguito della morte del padre avvenuta per un incidente stradale causato dalla condotta colposa del terzo. La Corte, in un passaggio della sentenza in parola, rilevava: «La diversa costruzione che il collegio ritiene corretta consentirebbe invece, (...) una volta esclusa l’esigenza di ravvisare la soggettività giuridica del concepito per affermare la titolarità di un diritto in capo al nato, di riconoscere il diritto al risarcimento anche al nato con malformazioni congenite e non solo ai suoi genitori, come oggi avviene, sembrando del tutto in linea col sistema e con la diffusa sensibilità sociale che sia esteso al feto lo stesso effetto protettivo (per il padre) del rapporto intercorso tra madre e medico; e che, come del resto accade per il padre, il diritto al risarcimento possa essere fatto valere dopo la nascita anche dal figlio il quale, per la violazione del diritto all’autodeterminazione della madre, si duole in realtà non della nascita ma del proprio stato di infermità (che sarebbe mancato se egli non fosse nato)». (162) Nella pronuncia Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit., si afferma: «Chi nasce malato per via di un fatto lesivo ingiusto occorsogli durante il concepimento non fa valere un diritto alla vita né un diritto a nascere sano né tantomeno un diritto a non nascere. Fa valere la lesione della sua salute, originatasi al momento del concepimento. Oggetto della pretesa e della tutela risarcitoria è, pertanto, sul piano morfologico, la nascita malformata, su quello funzionale (quello, cioè, del dipanarsi della vita quotidiana) il perdurante e irredimibile stato di infermità. Non la nascita non sana. O la non nascita». (163) La maggior parte degli interventi hanno manifestato un netto dissenso verso la pronuncia, v., tra i molti, F.D. BUSNELLI, Riflessioni in margine a una tempestiva ‘‘provocazione’’, in Chiamati al mondo, a cura di Carusi, cit., 125 ss.; ID., Verso una giurisprudenza che si fa dottrina. Considerazioni in margine al revirement della Cassazione sul danno da c.d. «nascita malformata», RDC, 2013, 1519 ss.; D. CARUSI, Revirement in alto mare: il ‘‘danno da procreazione’’ si «propaga» al procreato?, cit., 809 ss.; M. GORGONI, Dalla sacralità della vita alla rilevanza della qualità della vita, RCP, 2013, 148 ss.; C. SALVI, Capitalismo e diritto civile, cit., 111. Meno critici sono i commenti di P.G. MONATERI, Il danno al nascituro e la lesione della maternità cosciente e responsabile, cit., 59 ss.; G. CRICENTI, Il concepito ed il diritto di non nascere, GI, 2013, 813 ss. (164) Idea di salute non intesa solamente come assenza di malattia, bensı̀ come presenza di benessere. V., per tutti, R. PUCELLA, Autodeterminazione e responsabilità nella relazione di cura, cit., 80 ss. (165) Tra i vari commenti alla pronuncia n. 16754/2012, vi è chi legge – precisamente – ‘‘danno biologico’’, giacché il pregiudizio corrisponde alla ‘‘vita handicappata’’, anch’essa ontologizzata. V., ad esempio, P.G. MONATERI, Il danno al nascituro e la lesione della maternità cosciente e responsabile, cit., 59 ss. (166) V. la definizione di ‘‘salute’’ contenuta nel d.lg. 9-4-2008, n. 81 all’art. 2, lett. o). (167) Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit.: «La legittimità dell’istanza risarcitoria iure proprio del minore deriva, pertanto, da una 158 DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) omissione colpevole cui consegue non il danno della sua esistenza, né quello della malformazione in sé sola considerata, ma la sua stessa esistenza diversamente abile, che discende a sua volta dalla possibilità legale dell’aborto riconosciuta alla madre in una relazione con il feto non di rappresentante-rappresentato, ma di includente-incluso». (168) Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit. (169) Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit. (170) Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit. (171) Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit. (172) Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit., in cui si aggiunge che la tesi opposta, quella favorevole all’affermazione di una responsabilità del medico verso il nato, «aprirebbe, per coerenza, la strada ad un’analoga responsabilità della stessa madre, che nelle circostanze contemplate dall’art. 6 L. 194/1978, benché correttamente informata, abbia portato a termine la gravidanza: dato che riconoscere il diritto di non nascere malati comporterebbe, quale simmetrico termine del rapporto giuridico, l’obbligo della madre di abortire». (173) Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit., richiamando una sentenza della Corte federale tedesca del 28-5-1993 (BVerfGE 88, 203). 12. L’interesse protetto e la situazione soggettiva lesa: quale danno risarcibile in capo al nascituro? La questione centrale, come detto, è quella di riconoscere, a fronte della ‘‘nascita malformata’’, un diritto al risarcimento del danno in capo al minore handicappato. E segnatamente, quella di individuare l’interesse protetto dall’ordinamento giuridico che si assume leso e, cosı̀, il danno risarcibile (174). La vicenda risarcitoria presa a riferimento presenta nei fatti condizioni chiare. L’errata diagnosi non ha cagionato la malattia del bambino: una diagnosi corretta non lo avrebbe fatto guarire né avrebbe alleviato la sua condizione, ma avrebbe piuttosto – in ipotesi – condotto all’interruzione della gravidanza, cosicché il bambino non sarebbe nato affatto. Ci si interroga allora se sia riconoscibile al bambino il risarcimento del danno perché non gli è stata risparmiata una vita di inevitabile sofferenza, posto che dalla nascita malformata si schiude un’esistenza obiettivamente menomata. In dottrina vi è chi ritiene che il figlio sia chiuso nell’alternativa tra la vita menomata e il non esistere affatto (la non-vita) e che la soluzione si imponga univocamente a favore della vita, quale dono inestimabile e prezioso. Un primo ostacolo al risarcimento di un preteso diritto di non nascere è dunque l’argomento che muove dalla considerazione del bene vita quale valore base della società, tale per cui – afferma anche una risalente pronuncia americana – ritenere che «la non esistenza sia preferibile all’esistenza, sia pure resa miserevole da severe limitazioni e difetti, significa contraddire precisamente il postulato dal quale si parte, quello della santità della vita umana» (175). Il principio della santità della vita umana ha certamente influenzato tanto la giurisprudenza quanto la dottrina. In letteratura è stato sottolineato come non sia possibile prescindere dalla centralità della vita, quale bene giuridico di grado superiore, giacché: «l’ordinamento giuridico non concepisce l’interesse a non essere nati o a morire (...); l’uomo è vita, ha la misura della vita, non sa nulla della non vita; sicché, giuridicamente parlando, l’interesse alla non vita è assurdo (...), non è un bene la non vita. E non essendo un bene, né patrimoniale né morale, ne riesce impossibile la valutazione, sia pure equitativa, in base all’art. 1226 c.c.» (176). Questo genere di obiezione all’ammissibilità della responsabilità civile non è però andato esente da critica, giacché esso appare fondato su valutazioni non giuridiche, e dunque «strettamente legate all’idea che la vita sia un valore assoluto ed un dono inestimabile, e che sia un non senso l’alternativa posta tra il non essere e la malattia, dal momento che il diritto non protegge l’interesse a non esistere» (177). Del resto, per fondare una pretesa risarcitoria occorre individuare un bene giuridicamente protetto e un danno arrecato al bambino handicappato, provocato dalla lesione di tale bene. Il danno postula una perdita, sicché – come è stato scritto – è necessario superare il vaglio dell’ipotesi differenziale (Differenzhypothese), che pone a confronto la situazione esistente prima e dopo il verificarsi dell’evento di danno (178). Lo spinoso quesito che si pone dinanzi è se la vita menomata, messa a confronto con il non-essere, possa essere ritenuta più svantaggiosa e quindi valutata alla stregua di un danno (179). Ciò è anche una delle premesse che, in ossequio al modello differenziale, debbono essere soddisfatte per dirsi fondata la pretesa risarcitoria. La complessità della vicenda è poi legata al fatto che tale giudizio di valore circa la preferenza accordata alla non-vita in luogo di un’esistenza minorata debba per necessità essere demandato ai genitori ovvero a chi rappresenta il minore, che decideranno presuntivamente per il meglio del figlio. Per essere giuridicamente qualificabile come danno, l’ordinamento dovrebbe sancire che la condizione di malato sia uno svantaggio rispetto al non-essere (180). Vi è chi sostiene che la non-vita non è un bene protetto dall’ordinamento, e per contro chi afferma la tesi secondo cui la non-vita può anche essere considerata un non-male, e forse questo basterebbe a rendere configurabile un interesse (181). In giurisprudenza la tesi favorevole ad un ipotetico interesse a non nascere non ha superato lo scoglio della sussistenza del danno risarcibile per il bambino quale conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento medico, secondo i principi di cui all’art. 1223 c.c., sul presupposto che il danno è sempre una perdita ovvero una diminuzione rispetto ad uno stato anteriore; perdita che il risarcimento deve in qualche # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) modo reintegrare, mentre l’omessa o errata informazione non avrebbe «apportato per il concepito una posizione peggiore rispetto a quella che precedeva l’inadempimento informativo da parte del medico nei confronti della gestante» (182). Un ragionamento a contrario, secondo la tesi in parola, condurrebbe ad un’inaccettabile comparazione tra la vita malata con quella sana, aprendo cosı̀ – con le parole dei giudici di legittimità – ad una ‘‘insolubile aporia’’, poiché «la vita sana non ci sarebbe comunque stata, e neppure la vita, per quanto malata, con la non nascita (o morte del concepito), che costituisce perdita assoluta» (183). Per sfuggire a quest’incongruenza, data la difficoltà di individuare l’interesse protetto e il danno conseguente, non resterebbe che affermare che «il vivere una vita malformata è di per sé una situazione esistenziale negativa, indipendentemente dalle alternative a disposizione» (184). Va, in altri termini, concepita come ‘‘danno’’ l’obiettività del vivere male, se è comunque conseguenza di un’azione colpevole altrui (185). Oltre a chiedersi se il nascituro abbia effettivamente subito un pregiudizio riconducibile all’errore medico, occorre ancora domandarsi se esiste un diritto a non nascere, ossia alla non-vita, al non-essere. Speculare risvolto del problema dell’esistenza di un diritto alla vita, assai dibattuto specialmente all’epoca dell’introduzione della legge sull’aborto, è infatti il dilemma che in queste pagine si vuole affrontare in ordine alla configurabilità di un diritto alla non-vita, vale a dire «un diritto alla non-esistenza, quando l’unica esistenza possibile è un’esistenza sgradevole e complessivamente penosa» (186). Sul piano teorico un tale diritto a non nascere postula la violazione – con il linguaggio dei filosofi – di diritti iniziali, ossia diritti (connessi) alla nascita (Personhaftigkeit), con ciò alludendo all’esistenza di condizioni minimali di benessere fisico e spirituale che possano garantire una vita non tormentata. Diritti che, in quanto posti al principio dell’esistenza umana, dovrebbero essere assegnati a ciascun individuo, e la cui violazione concederebbe a questi ultimi un diritto a non cominciare ad esistere (187). Il diritto a non nascere si potrebbe cosı̀ configurare come un «diritto protettivo di secondo livello rispetto ai diritti iniziali di primo livello» (188). Il concetto ben si riassume nelle parole di Joel Feinberg: «Parlare di ‘‘diritto a non nascere’’ è un modo sintetico di riferirsi al plausibile requisito morale secondo cui nessun bambino deve essere messo al mondo a meno che non siano assicurate alcune condizioni di benessere minime, e a meno che non siano protetti in anticipo alcuni interessi futuri basilari – almeno nel senso che la possibilità di soddisfare questi interessi sia lasciata aperta» (189). # Wolters Kluwer Italia 159 Va detto che quando si parla di diritto alla vita si suole fare riferimento al diritto, verso i terzi, alla conservazione della vita, e non al diritto al conseguimento della stessa vita (190). Altrimenti si designerebbe il cosiddetto diritto alla nascita, ossia un diritto, verso i terzi, a che non sia ostacolato l’inizio della vita. Il che è sconfessato dalla stessa dottrina che ritiene inesistente, sul piano del diritto positivo, un diritto soggettivo del concepito al conseguimento della vita; mentre si ammette la tutela, in via oggettiva, della situazione d’attesa antecedente la nascita e legata alla semplice speranza della vita futura (spem nascendi) (191). E dunque, rimanendo ancorati al diritto positivo, come non è ammesso un diritto al conseguimento della vita, poiché «sarebbe assurdo, trattandosi di bene insito nell’essere del soggetto» (192), per le stesse ragioni sembra scorretto ipotizzare l’esistenza di un diritto a non nascere, e cioè a vedersi ostacolato o impedito l’inizio della vita. Cosı̀ come non esiste nell’ordinamento uno speculare obbligo del medico ad impedire la nascita del bambino, anche qualora sia motivato dalla presenza di una presunta malformazione del feto (193). (174) V., sul punto, F. SALARIS, In tema di danno ingiusto al nascituro, GI, 1974, I, 1931; D. CARUSI, Tutela giuridica della vita prenatale e risarcimento del danno nell’illecito plurioffensivo, Rass. DC, 1992, 422 ss.; R. DE MATTEIS, Wrongful life: problemi e falsi dilemmi, GI, 2003, 1064 ss.; ID., La responsabilità medica per omessa diagnosi prenatale: interessi protetti e danni risarcibili, NGCC, 2003, I, 630 ss.; ID., Nascite indesiderate, interessi protetti, danni risarcibili, DR, 1999, 1031 ss.; M. FRANZONI, Il danno risarcibile, in Tratt. Resp. civ.2, diretto da M. Franzoni, Milano, 2010, II, 466 ss., 503 ss.; ID., L’illecito, ivi, I, 935 ss., 1015 ss.; E. PELLECCHIA, Dal figlio indesiderato al desiderio di un figlio (e di un fratello): brevi note su ingiustizia del danno, danni riflessi e vittime secondarie, DR, 1998, 895 ss.; P. MOROZZO DELLA ROCCA, Il danno morale al concepito, ovvero il «già e non ancora» nella responsabilita`civile, CorG, 2001, 348; R. FAVALE, Genitori contro volontà e risarcimento per i danni da nascita, DR, 2001, 484 ss.; C. FAVILLI, Il danno non patrimoniale da c.d. nascita indesiderata, cit., 493 ss.; R. SIMONE, Procreazione e danno, DFP, 2003, I, 1148 ss.; ID., Danno alla persona per nascita indesiderata, DR, 2002, 469 ss.; M. CASINI, Si può considerare la nascita un danno risarcibile, Medicina e morale, 2016, 69. Per spunti comparatistici v. G. CRISCUOLI, Il problema del risarcimento del danno da procreazione «non programmata»: le risposte della giurisprudenza di «common law», Rass. DC, 1987, 442 ss.; S. CACACE, Autodeterminazione in salute, Torino, 2017, 135 ss. (175) È il rilievo tratto dalla pronuncia della Corte suprema del Tennesse, nel caso Smith v. Gore, 728 S.W.2d 738 (1987), nella traduzione offerta da M. LUPOI in A. D’ANGELO, Un bambino non voluto e` un danno risarcibile?, cit., 33. Sul tema v. G. OPPO, L’inizio della vita umana, cit., 507: «non mi par certo che sul piano dell’interesse non possa esser preferibile la non vita alla vita (la frase che la morte può essere una liberazione ha senso e può acquistarlo anche per il diritto)». (176) G. PUGLIESE, Responsabilità morale e responsabilità giuridica per la procreazione di figli eredoluetici, cit., 1097. (177) P. RESCIGNO, Il danno da procreazione, cit., 78. (178) E. PICKER, Il danno della vita, cit., 18 ss. (179) E. PICKER, Il danno della vita, cit., 23 ss. 160 DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) (180) Ibidem. (181) V., ad esempio, P.G. MONATERI, ‘‘La marque de caı¨n’’, la vita sbagliata, la vita indesiderata, e le reazioni del comparatista al distillato del dell’alambicco, cit., 299, secondo cui: «... il danno lamentato dal nato malformato va inquadrato tra le lesioni della personalità, più che tra le lesioni della persona. (...) Ciò che costituisce offesa per la vittima è la trascuratezza che le fa vivere un’intera vita come essere menomato. Non è quindi il vivere tale vita, piuttosto che il non vivere affatto, ma la circostanza che taluno non si sia preso cura della sua futura personalità come invece avrebbe dovuto» (corsivo dell’A.). (182) Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit. (183) In questi termini ancora Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit. (184) Cosı̀ P.G. MONATERI, ‘‘La marque de caı¨n’’, la vita sbagliata, la vita indesiderata, e le reazioni del comparatista al distillato del dell’alambicco, cit., 298. Cfr. anche Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit. (185) V. Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit.: «Si è inquadrato il danno del nato malformato tra le lesioni della personalità, per un’esistenza difficile da vivere in ragione delle gravi limitazioni fisiche, e quindi come danno esistenziale, più che tra quelle alla persona umana». (186) F. BACCHINI, Il diritto di non esistere, Milano, 2002, 1, il quale illustra anche le varie teorie, nel campo filosofico, sull’inizio dell’esistenza dell’individuo. (187) È mutata la concezione giusnaturalistica dei c.d. diritti innati, laddove nel diritto moderno questi derivano sempre dall’ordinamento positivo. V. A. DE CUPIS, I diritti della personalità, cit., 15: «Non può più parlarsi, oggi, di diritti innati, siccome di diritti spettanti razionalmente all’uomo per la sua semplice qualità umana: essi, considerati dall’angolo visuale del diritto positivo, non possono costituire altro che delle semplici esigenze di ordine etico; ma l’evoluzione dello Stato moderno ha dato forza giuridico-positiva a quei diritti che un tempo si concepivano come preesistenti allo stato sociale. Ed invero l’ordinamento giuridico positivo attribuisce oggidı̀ agli individui, per il semplice fatto di essere muniti di personalità, determinati diritti soggettivi, i quali, in tal senso, possono veramente dirsi innati» (corsivo dell’A.). (188) F. BACCHINI, Il diritto di non esistere, cit., 11. (189) J. FEINBERG, Harm to Others. The Moral Limits of the Criminal Law, I, New York, 1984, 101, citato in F. BACCHINI, Il diritto di non esistere, cit., 11. (190) A. DE CUPIS, I diritti della personalità, cit., 101 s., 107 ss. È lecito piuttosto parlare di un diritto alla nascita come individuo sano: v. R. PUCELLA, Responsabilita` medica per la lesione del diritto a nascere sani: tutela del nascituro e dei prossimi congiunti, NGCC, 1991, I, in part. 373 ss. (191) A. DE CUPIS, I diritti della personalità, cit., 108. Di recente, sulla stessa linea di pensiero, v. D. CARUSI, L’ordine naturale delle cose, cit., 287, secondo cui occorre riconoscere «che il compimento del processo di sviluppo in che consiste la vita prenatale possa essere visto come un valore, e in vario modo facilitato e promosso, ma che non possa affermarsi in senso stretto che l’embrione sia portatore del diritto alla vita: tale affermazione si traduce infatti nell’ammettere che una persona – una donna – sia giuridicamente riguardata come mero strumento rispetto a fini eterodeterminati, e dunque nel negare il principio di pari dignità, che è appunto alla base del consorzio civile» (corsivo dell’A.). (192) A. DE CUPIS, I diritti della personalità, cit., 101 s. (193) V. per analoghe conclusioni, in chiave comparatistica, la già citata pronuncia tedesca del BGHZ, 86, 204, cit. 13. Nesso causale e onere della prova: menomazioni del neonato causalmente collegabili a malpractice medica. La fattispecie è delicata anche sotto il profilo causa- le (194). Va tenuta distinta l’ipotesi di attività commissiva del medico (i.e. l’intervento del medico cagiona la nascita malformata) (195) da quella di attività omissiva del sanitario (i.e. l’errore diagnostico influenza la facoltà di scelta della gestante, e non evita – o concorre a non evitare – la nascita malformata). Le difficoltà maggiori, infatti, si presentano nei casi in esame di responsabilità sanitaria per omessa diagnosi di malformazioni fetali e conseguente nascita indesiderata, in cui il medico si pone come autore ‘‘mediato’’ o indiretto del danno per aver privato la madre di una facoltà riconosciutale dalla legge, tramite una condotta omissiva che si pone in rapporto di causalità con la nascita indesiderata (196). Diversamente da quanto avviene – ad esempio – nel caso di prescrizione di farmaci teratogeni (197), l’errata o mancata diagnosi qui non rileva ex se con riguardo alla genesi della patologia sofferta dal bambino. L’inadempimento del medico, nella specie concretatosi nella sola omissione di informazione circa lo stato di salute del feto, può rilevare soltanto in quanto il difetto di informazione impedisce di fatto alla donna di potersi determinare per un aborto terapeutico nei termini e alle condizioni previste dalla legge (198). Va infatti notato che nella fattispecie in parola la gestante, contestualmente alla richiesta dell’esame diagnostico, spesso manifesta al medico la volontà di non portare a termine la gravidanza nell’ipotesi di risultato positivo del test, onde l’accertamento medico-diagnostico si rivela doppiamente funzionale alla diagnosi di malformazioni fetali e, condizionatamente al suo risultato positivo, all’esercizio del diritto di aborto (199). Ci si interroga dunque se ledere il diritto alla procreazione cosciente e responsabile della madre e, conseguentemente, lo speculare interesse del figlio, «abbia come conseguenza diretta ed immediata quella di porre il nascituro malformato in condizioni di diseguaglianza rispetto agli altri nascituri, e se tale condotta lesiva sia o meno concausa del suo diritto al risarcimento, da valutare anche sotto il profilo del suo inserimento in un ambiente familiare nella migliore delle ipotesi non preparato ad accoglierlo» (200). Ebbene, ai fini dell’accertamento del nesso di causa nei casi di errata o mancata diagnosi medica, occorre in primo luogo identificare con esattezza l’evento di danno che va a costituire l’anello estremo della catena causale, da ricondurre eziologicamente alla condotta omissiva del medico (201). Come si è visto, il prevalente indirizzo giurisprudenziale ha escluso la rilevanza, come terminale causale, sia dell’evento nascita, attesa la non configurabilità di quest’ultima in termini di evento dannoso, sia dell’handicap in sé # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) considerato, posto che la malformazione è di natura congenita e non è provocata dalla condotta negligente del medico (202). Per contro, l’indirizzo favorevole alla tutela risarcitoria del bambino handicappato pure nei casi di omessa informazione (203) ha identificato l’evento di danno avente rilievo sul piano eziologico proprio nella ‘‘nascita malformata’’, intesa come proiezione dinamica dell’esistenza minorata del bambino, ossia nella «sua stessa esistenza diversamente abile» (204). Il terminale causale sarebbe dunque da individuare nella nascita del bambino indesiderato, e quindi – quale conseguenza pregiudizievole – nella sua salute minorata, se si conclude che, in fin dei conti, «la violazione del dovere informativo ha consegnato alla vita una persona con gravi anomalie fisiche», oltre ad aver «condizionato, per sempre, l’esistenza dei genitori» (205). Oltre alla difficoltà concettuale che si incontra nell’identificazione dell’evento di danno, resta da verificare anche il metodo utilizzabile nella ricerca del nesso di causa. Sotto questo profilo, lo stesso orientamento che ravvisa l’evento di danno nell’esistenza minorata, sembra fondare il giudizio sul principio dell’equivalenza causale, secondo cui non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo (206). Cosicché, seguendo tale ragionamento, «l’errore medico che non ha evitato (o ha concorso a non evitare) la nascita malformata (evitabile, senza l’errore diagnostico, in conseguenza della facoltà di scelta della gestante derivante da una espressa disposizione di legge)», sarebbe equiparabile sul piano dell’efficacia causale alla fattispecie «dell’errore medico che non abbia evitato l’handicap evitabile (l’handicap, si badi, non la nascita handicappata), ovvero che tale handicap abbia cagionato (...)» (207). Altra questione assai dibattuta, distinta dal nesso di causa, è quella relativa al riparto dell’onere probatorio. Uno dei presupposti alla base della pretesa risarcitoria è stabilire se la scelta della gestante, qualora fosse stata tempestivamente diagnostica la malformazione del feto, sarebbe stata favorevole all’interruzione della gravidanza. Tale questione è altresı̀ connessa al problema di individuare quale sia l’incidenza causale dell’inadempimento del medico in relazione al verificarsi dell’evento della nascita indesiderata. Infatti, qualora la madre, ancorché tempestivamente avvertita, non avesse voluto interrompere la gestazione del feto malformato o anomalo, le conseguenze pregiudizievoli – ossia, in ipotesi, «lo stravolgimento della vita dei genitori, lo stress e l’affaticamento, nonche´ le spese ed i disagi derivanti dalla patologia della minore» (208) – non potrebbero ragionevolmente imputarsi alla condotta medica, poiché si sarebbero co- # Wolters Kluwer Italia 161 munque determinate per scelta della gestante di non interrompere la gravidanza. Tutt’al più, potrebbe anche in tal caso riconoscersi un danno risarcibile, in misura attenuata, per la privazione di una preventiva preparazione psicologica derivante dalla mancata informazione medica (209). Una delle maggiori problematiche riguarda la ricostruzione ex post della prova circa la volontà della donna di non portare a termine la gravidanza, laddove questa fosse stata correttamente informata circa le reali condizioni del feto. Ci si trova di fronte alla impossibilità di provare in senso stretto che la decisione abortiva sarebbe stata effettivamente, e entro i limiti di legge, assunta, poiché la determinazione di porre fine alla gravidanza costituisce un «‘‘fatto’’ non solo ‘‘psichico’’, ma per ipotesi storicamente mancato» (210). La giurisprudenza di legittimità – suggellata anche dall’intervento delle S.U. sul punto – ha rilevato che il thema probandum è costituito da un fatto complesso, e cioè dalla compresenza di molteplici elementi, quali la rilevante anomalia del nascituro, l’omessa informazione da parte del medico, il grave pericolo per la salute psicofisica della donna, la scelta abortiva di quest’ultima. In particolare, la prova della scelta abortiva è posta a carico della donna, che potrà tuttavia assolvere il relativo onere anche in via presuntiva. Resta, invece, sul professionista la prova contraria che la donna non si sarebbe determinata comunque all’aborto, per qualsivoglia ragione a lei personale (211). Nei casi in esame la giurisprudenza si è dunque avvalsa dello strumento del giudizio prognostico. In tali vicende, si è vagliato – attraverso una valutazione ex ante – il contenuto di una ipotetica volontà della paziente puerpera nel caso di corretta informazione medica circa i rischi e le conseguenze del parto, andando a verificare quale sarebbe stata la sua decisione in ordine alla prosecuzione o meno della gravidanza. (194) L’accesso alla tutela risarcitoria, in ogni caso, postula l’accertamento del nesso causale tra l’omessa o errata diagnosi prenatale e la lesione del diritto della madre ad interrompere la gravidanza. Tra le tante v. Cass., 10-12-2013, n. 27528, GI, 2014, 1585, con nota di L. COPPO, La prova del nesso nei giudizi di responsabilita` per omessa diagnosi prenatale. (195) V., per tutte, Cass., 11-5-2009, n. 10741, cit. (196) Entra dunque in gioco una causalità per omissione, la cui configurazione, in termini di metodo utilizzabile nella ricerca del nesso di causa, è strutturalmente distinta dalla causalità per azione. La prima è infatti accertabile mediante un giudizio ipotetico costruito su base probabilistica, all’esito del quale si giunge a determinare se l’azione colpevolmente omessa avrebbe impedito l’evento di danno. V. R. PUCELLA, La causalità «incerta», cit., 222 ss.; H. KOZIOL, Liability for Omissions – Basic Questions (2011) 2 JECTL 127. (197) V. Cass., 11-5-2009, n. 10741, cit. (198) In questi termini, Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit. 162 DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) (199) V. Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit.: «Ne consegue una responsabilità del medico predicabile non soltanto per la circostanza dell’omessa diagnosi in sé considerata (ciò che caratterizzerebbe il risarcimento per un inammissibile profilo sanzionatorio/ punitivo, in patente contrasto con la funzione propria della responsabilità civile), ma per la violazione del diritto di autodeterminazione della donna nella prospettiva dell’insorgere, sul piano della causalità ipotetica, di una malattia fisica o psichica». (200) Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit. (201) Cfr. G. TRAVAGLINO, La questione dei nessi di causa, cit., 80, il quale osserva come tale sia stato l’approccio metodologico, nonché l’iter argomentativo, anche nella sentenza francese sul caso Perruche, cit. (202) Cosı̀, ad esempio, Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit. (203) Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit. (204) G. TRAVAGLINO, La questione dei nessi di causa, cit., 82. (205) T. Bergamo, 2-11-1995, cit. Trattasi di una sentenza miliardaria del Tribunale bergamasco relativa all’errore di lettura dell’ecografia e conseguente mancanza di informazioni che ha escluso in radice la possibilità di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza. Nel caso di specie, tuttavia, il Tribunale bergamasco ha riconosciuto il risarcimento del danno alla salute e quello patrimoniale in favore dei soli genitori, avendo questi ultimi agito soltanto iure proprio e non anche nell’interesse del minore. (206) Art. 40, cpv., c.p. (207) Cass., 2-10-2012, n. 16754, cit. Cfr. sul punto anche G. TRAVAGLINO, La questione dei nessi di causa, cit., 84, il quale afferma che: «Una diversa soluzione, sul piano causale, si sarebbe risolta nell’inammissibile annullamento della volontà della gestante, senza che, in proposito, potessero assumere rilievo ipotesi alternative confinate nella dimensione dell’improbabile – e dunque del giuridicamente irrilevante – circa l’eventualità di un futuro mutamento di decisione da parte della gestante stessa in ordine alla pur (dichiarata e) programmata interruzione condizionata di gravidanza». (208) Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit. (209) Cfr. ancora Cass., 29-7-2004, n. 14488, cit. (210) D. CARUSI, Omessa diagnosi prenatale: un contrordine...e mezzo delle Sezioni unite, cit., 550 (corsivo dell’A.), il quale riprende le considerazioni di Cass. S.U., 22-12-2015, n. 25767, cit. Sono le stesse Sez. Un. ad osservare come la prova verta anche su un fatto psichico, e cioè su uno stato psicologico, un’intenzione, un atteggiamento volitivo della donna, che la legge considera rilevanti. Posto che del fatto psichico non si può fornire rappresentazione immediata e diretta – rileva la Supr. Corte – «l’onere probatorio – senza dubbio gravoso, vertendo su un’ipotesi, e non su un fatto storico – può essere assolto tramite dimostrazione di altre circostanze, dalle quali si possa ragionevolmente risalire, per via induttiva, all’esistenza del fatto psichico che si tratta di accertare». (211) Pur concedendo la possibilità di assolvere anche in via presuntiva il suddetto onere probatorio (praesumptio hominis; cfr. art. 2729 c.c.), la prevalente giurisprudenza pone in capo alla madre l’onere di allegare e provare la sussistenza di tutti i presupposti della fattispecie di cui all’art. 6 della legge n. 194/1978. Da ultimo si è espressa in questo senso sempre Cass. S.U., 22-122015, n. 25767, cit., dando rilevanza non solo alle correlazioni statisticamente ricorrenti secondo il principio dell’id quod plerumque accidit, ma anche a «circostanze contingenti, eventualmente anche atipiche – emergenti dai dati istruttori raccolti: quali, ad esempio, il ricorso al consulto medico proprio per conoscere le condizioni di salute del nascituro, le precarie condizioni psico-fisiche della gestante, eventualmente verificabili tramite consulenza tecnica d’ufficio, pregresse manifestazioni di pensiero, in ipotesi, sintomatiche di una propensione all’opzione abortiva in caso di grave malformazione del feto, ecc.». In senso conforme, Cass., 7-4-2016, n. 6793, inedita. 14. Conclusioni. Volendo riassumere il problema, ci si chiede se l’errore medico che preclude la possibilità della donna di abortire e che quindi non impedisce la nascita non programmata di un bambino handicappato, possa fondare un’autonoma pretesa risarcitoria del minore stesso nei confronti del medico o dell’istituzione sanitaria in ordine alla condizione patologica di cui risulta affetto. Va risolta, con argomenti giuridici, una questione di fondo: se considerare un tale evento alla stregua di una umana ‘‘disgrazia’’, e perciò fuori dal raggio d’azione del diritto, oppure individuare alla base un interesse degno di protezione risarcitoria, e dunque valutare l’evento come un ‘‘danno’’ risarcibile (212). È noto che per danno sia inteso qualsiasi nocumento, pregiudizio o disutilità (213). Tuttavia se il danno, in quanto fatto giuridico, non presenta carattere di antigiuridicità non assume rilevanza neppure sul piano risarcitorio. La fattispecie in esame è inoltre un caso emblematico dal quale è possibile scorgere nitidamente il problema delle funzioni della responsabilità civile. Posto che un danno vi sia, compito della responsabilità civile è quello di allocare il costo di tale danno da un soggetto ad altro (214). Tuttavia non vi è unanimità di vedute nell’assegnazione dei criteri e delle funzioni della responsabilità civile (215), specialmente con riguardo al perimetro del danno risarcibile, che – è un fatto – negli ultimi anni si è notevolmente allargato a coprire nuove fattispecie di danno, al punto da suscitare nella dottrina, a livello europeo, un vivo disappunto verso un certo atteggiamento favorevole alla traslazione di qualsiasi rischio o perdita dalla vittima lamentati (216). Del resto il discorso sulla responsabilità civile si fa complesso perché si tratta – come è stato scritto – di un diritto «elaborato dagli interpreti» (217). Il giudizio di responsabilità talvolta non si manifesta come lo sbocco necessitato di un procedimento logico, ma risulta meno lineare (218), poiché vi confluiscono sentimenti sociali e bisogni che necessitano di protezione. Accade talora che anche nello specchio del diritto vivente, si tolleri un’applicazione delle regole non sempre intransigente, a chiaro vantaggio del soggetto debole. La funzione, il target, sembrano talvolta manipolare e influenzare la regola. Coloro che ravvisano nel risarcimento del danno una funzione esclusivamente compensativa, escludono che nei casi di wrongful life si possa giungere ad estendere il danno anche nei confronti del nascituro (219). L’interesse leso sembra corrispondere in via esclusiva alla elisione della astratta possibilità della madre di abortire in presenza delle condizioni di legge. È difficile accettare che la lesione dell’interesse ad una maternità cosciente e responsabile possa # Wolters Kluwer Italia DIRITTO A NON NASCERE (SE NON SANO) riflettersi anche nella sfera soggettiva nel nascituro, sino ad ammettere che egli possa – quale vittima di rimbalzo – soffrire un danno riflesso e beneficiare di un’autonoma tutela risarcitoria. Giungere a tale conclusione equivale forse a fingere di risarcire un danno al figlio, per (ulteriormente) compensare in realtà un danno al genitore (220), incorrendo pure nel rischio di duplicazione del danno. Conseguenza della omessa informazione delle possibili patologie del feto è dunque soltanto il mancato aborto, non la nascita malformata (221). E non sembra esserci neppure spazio per identificare in capo al nascituro un autonomo interesse meritevole di tutela, giacché l’ordinamento italiano, da un lato, non tutela l’aspirazione a non nascere e, dall’altro, impone al medico un particolare duty of care nei confronti del bambino en ventre sa mère, sancendo l’obbligo di salvare la vita del feto quando esso può sopravvivere autonomamente. L’impossibilità di individuare uno specifico interesse leso depone contro l’ammissibilità di un’autonoma pretesa risarcitoria del bambino per la vita indesiderata. Occorre inoltre notare come la maggior parte degli ordinamenti europei rifiuti che il diritto possa decidere, anche solo indirettamente, sulla qualificazione dell’esistenza di un bambino come un ‘‘danno’’. Una tale conclusione costringerebbe le corti a schierarsi contro la vita umana. Al contrario, l’orientamento prevalente si mostra favorevole all’assenza di un danno giuridicamente riconoscibile in capo al bambino, in considerazione del fatto che la sua vita, per quanto penosa, non potrebbe essere in ogni caso considerata svantaggiosa rispetto all’alternativa del non-vivere. In questi termini, ancor prima delle decisioni anche recentemente assunte dalla giurisprudenza italiana, si è posta la decisione del Bundesgerichtshof tedesco che, seppur svolgendo un ragionamento a tratti meta-giuridico, ha sancito l’imponderabile fatalità della nascita malformata quale facente parte del destino umano e della sua natura, giacché l’uomo non può esimersi dall’accogliere la vita cosı̀ come essa è stata plasmata dalla natura (222). Non sarebbe ammissibile, in altre parole, un giudizio da parte di un terzo (in ipotesi, la madre o il medico) in ordine al valore della vita di un essere umano (il nascituro), movendo dal presupposto della assolutezza del bene vita (223). MASSIMO FOGLIA (212) Cfr. A. BRAUN (a cura di), Dalla disgrazia al danno, cit., 2002. (213) P.G. MONATERI, La responsabilità civile, Torino, 2006, 229 ss.; A. DE CUPIS, Il danno. Teoria generale della responsabilità civile3, I, Milano, 1979, 7: «Il concetto di danno si presenta come # Wolters Kluwer Italia 163 molto ampio: nessuna limitazione sussiste, invero, nel linguaggio corrente riguardo al novero dei nocumenti o pregiudizi cui è applicabile la denominazione ‘‘danno’’». (214) V. S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964. (215) V., per tutti, P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., 16, 19 ss., per cui la responsabilità civile è essenzialmente: «un meccanismo sociale per la traslazione dei costi». (216) V. H. KOZIOL, Basic Questions of Tort Law from a Germanic Perspective, Wien, 2012, n. 1/2: «However, it is apparent that in today’s society there is an increased perception – fuelled by certain unrealistic political ‘‘land of milk and honey’’ delusions – that the individual can be cocooned away from all risks; that someone else is always responsible for any damage the individual suffers, and thus each victim’s loss must always be covered. However, this overlooks the undeniable fact that compensation to the victim does not eliminate the damage from existence but merely passes it on to someone else, hence the damage is merely shifted and someone else suffers a loss by having to cover it». (217) P.G. MONATERI, La responsabilita` civile, cit., 16. (218) P.G. MONATERI, La responsabilita` civile, cit., 15. (219) V. per esempio le considerazioni sul punto di B.A. KOCH in B. WINIGER-H. KOZIOL-B.A. KOCH-R. ZIMMERMANN (eds), Digest of European Tort Law, cit., 960: «(...) this outcome once more shows that the prime function of tort law is compensation and not retaliation, and since one cannot identify any possible remedy that really may make good the harm complained of, the only logical outcome seems to be that a claim in tort law must fail». (220) Cfr., ma in senso contrario, P.G. MONATERI, ‘‘La marque de caı¨n’’, la vita sbagliata, la vita indesiderata, e le reazioni del comparatista al distillato del dell’alambicco, cit., 297 s. (221) Cfr. K.A. WARNER, Wrongful life goes down under, cit., 209 ss. in commento alla pronuncia australiana Harriton v. Stephens [2006] HCA 15 (HC (Aus)) che ha negato il risarcimento del danno richiesto iure proprio da una bambina nata con gravi malformazioni a seguito della omessa informazione da parte del medico circa possibili patologie del feto. (222) BGH, 86, 240, 254 ss. (223) A questo proposito un Autore tedesco – E. PICKER, Il danno della vita, cit., 45 ss., 97 ss. – ha tuttavia fatto notare un’incongruenza di fondo nel trattare la richiesta risarcitoria avanzata autonomamente dal nascituro rispetto a quella promossa dai genitori, laddove si affermerebbe l’assolutezza del bene della vita nei confronti del bambino, mentre se ne dichiarerebbe il carattere relativo nei confronti dei terzi. Ciò scoprirebbe un’evidente frattura, conseguenza di un giudizio viziato – afferma lo stesso Autore – da ‘‘due pesi e due misure’’, anche in violazione di un principio di eguaglianza di trattamento delle vittime dell’illecito. Con le parole dello stesso Autore: «Di fronte al bambino si invoca con estrema enfasi l’intangibilità della sua vita, anche in presenza di gravissime menomazioni. Al contrario, di fronte alla domanda della madre e persino del padre, si tralasciano le implicazioni derivanti dalla sacralità della vita senza alcuno sforzo argomentativo. Nei riguardi del bambino viene evitato in modo imbarazzante qualsiasi apprezzamento del danno sulla base di un’ipotesi differenziale che valuti se sia più vantaggioso il vivere o il non vivere, valutazione che implica, sotto il profilo concettuale, una relativizzazione della vita stessa. Nei riguardi dei genitori si riconosce invece – proprio sulla base della medesima ipotesi differenziale, che conduce a ravvisare nella non esistenza la condizione economicamente più vantaggiosa – il sussistere di un diritto al ripristino, sotto il profilo economico, di questa condizione mancata» (ivi, 97 s.).