Per le antiche vie
della Calvana medievale.
Prime indagini sull’edilizia medievale
del territorio di Vaiano (PO),
dalla conoscenza alla valorizzazione
di
Chiara Marcotulli, Francesca Cheli, Lapo Somigli,
Chiara Molducci, Marianna De Falco
Il programma di analisi archeologiche è parte integrante
di un più ampio progetto presentato dal Comune di Vaiano in
occasione del Bando Regionale 2011-Interventi in materia di
paesaggio (Paesaggi della memoria nell’Appennino. Per le antiche vie della Calvana medievale), ideato e condotto sul campo
dallo spin-off accademico Laboratori Archeologici San Gallo,
nell’ambito delle attività dirette dalla Cattedra di Archeologia
Medievale dell’Università di Firenze.
Valendosi del contributo di pluriennali ricerche sul territorio (Vannini, Francovich 1976; Vannini 2001; Torsellini
2007/2008; Cheli 2009/2010), si è inteso indagare i testimoni
ancora visibili del paesaggio medievale sul versante occidentale
del massiccio della Calvana, con una proposta aggiornata di
interventi archeologici incentrati sulla torre di Melagrana,
oggetto di una prima messa in sicurezza in vista dell’attivazione
di un percorso turistico attrezzato, e sul suo contesto storicoarcheologico di riferimento, le vie medievali di valico fra terre di
confine, attraverso il censimento dell’edilizia medievale ancora
esistente, quale collaudata chiave di lettura del popolamento
storico del territorio, fra Calvana e media Val di Bisenzio.
Il programma si è svolto, quindi, fra febbraio e maggio
2014, lungo due direttrici di indagine. Una campagna di
analisi di stratigrafia muraria alla torre di Melagrana, volta alla
documentazione archeologica di dettaglio delle strutture allo
stato attuale (in previsione dell’intervento di consolidamento), e la realizzazione di una serie di ricognizioni mirate sugli
insediamenti posti lungo la via di mezza costa da Parmigno a
Il Cotone (a nord di Sofignano), per l’individuazione dei siti
medievali superstiti e la registrazione delle loro caratteristiche.
C.M.
1. L :
’
1.1 Il contesto geografico e storico
Le indagini sul territorio, quindi, si sono incentrate sul
censimento di tutti i siti medievali superstiti sul versante
orientale della Val di Bisenzio, un’area strategica attraversata fin
dall’antichità da percorsi secondari di mezzacosta e di valico.
La viabilità di mezzacosta, di probabile origine romana,
passando da Filettole, Carteano, Faltugnano, Fabio e Savignano, raggiungeva la zona di Sofignano e proseguiva per Bologna
tramite il passo di Montepiano (Moretti 1991, pp. 37-45).
A questo percorso, ancora noto alla fine del XVI come «strada
maestra» (Piante dei Popoli e Strade, cc. 482-485), si collegavano
una serie di diverticoli che, attraversando la Calvana, conducevano in Val di Marina e, attraverso il passo della Croce, a est
di Sofignano, in Mugello (fig. 1).
L’area era parte del districtus pratese almeno dal XII secolo
(Fantappié 1980, p. 161) e dalla fine del XIII secolo risulta
divisa in “ville”, ciascuna facente capo a una specifica porta
della città (Cerretelli 1991, pp. 63-78). Il territorio era
caratterizzato da un habitat sparso, di probabile origine antica
con continuità nell’alto Medioevo (Fantappié 1980, pp. 199216), con poche case e case-torri, a volte isolate al servizio di
un podere (Case il Cotone, Calcinaia) o sviluppatesi intorno a
un edificio religioso (Faltugnano, Parmigno, Fabio, Savignano,
Sofignano). Le condizioni ambientali favorirono, già in epoca
curtense (ivi, pp. 217-222), la vocazione agricola e pastorale
dell’area, come appare documentato dal censimento di beni
del 1312-1313 delle ville di Parmigno, Faltugnano, Fabio,
Savignano, San Godenzo e Sofignano, dove risultano numerosi
i possessi di buoi, suini e terre coltivate a grano, con uliveti e
vigneti (Comune, 2867, quad.1 e 3).
Tutta la zona era appartenente alla diocesi fiorentina e
interamente dipendente dal plebato di S. Vito a Sofignano,
come attestato dalle Rationes Decimarum che riportano, tra le
chiese suffraganee, quella di S. Maria a Bibbiano, S. Andrea
di Savignano, S. Martino a Fabio, S. Stefano a Parmigno e
S. Giusto a Faltugnano (Rationes I, p. 16, Rationes II, p. 13).
Il territorio preso in esame, seppur punteggiato di numerose
torri e case-torri, sembra essere privo di castelli, che sono invece
per lo più attestati sul versante ovest della valle (Fantappié
1991, pp. 88-90). La loro presenza, nell’area orientale della Val
di Bisenzio, è invece documentata ai confini settentrionali della
nostra area di indagine, con il castello di Montauto, legato alla
famiglia degli Alberti, e a quelli meridionali, verso Prato, con
il castello di Ugnano (Fantappié 1980, p. 204). Il territorio
indagato, quindi, sembra essere al di fuori del dominio albertesco, come fa supporre anche l’assenza dei toponimi censiti nella
documentazione imperiale (MGH, Diplomata, p. 361). Piuttosto alcuni siti dell’area di Sofignano sembrano essere, fra XIII e
XIV secolo, sotto il controllo della famiglia di un certo Bartolo
di Vito, ghibellino fuoriuscito da Firenze, assai contrastato dal
popolo di Sofignano e dal comune di Prato per aderenze politiche con gli Ubaldini di Montaccianico (Buonamici, 1, fasc.
2, filza 263, c. 9r). I suoi discendenti si imparentarono, nel XV
secolo, con i Buonamici di Prato, cui trasmisero i possedimenti
in quest’area (ivi, 58, filze 2524-2525).
1.2 Caratteri di conservazione e leggibilità dei siti censiti
Il censimento si è valso di un apposito sistema di schedatura,
elaborato nell’ambito dei progetti della Cattedra di Archeologia Medievale, che permette di registrare dettagliatamente le
caratteristiche quantitative – localizzazione ed estensione delle
murature medievali – e qualitative – stato conservativo, tecnica
di messa in opera e di finitura, materiali, tipologie delle aperture – delle persistenze strutturali medievali (Atlante dell’Edilizia
Medievale: Nucciotti 2009, pp. 11-19).
Le analisi così condotte hanno permesso di censire 35 siti di
cui 16 (45,7%) con almeno un prospetto con tracce di muratura
medievale (figg. 1 e 2). Data l’esiguità di alcune strutture non è
stato sempre possibile identificarne con precisione la funzione
edilizia (es. Calcinaia CLC 11132, Colonchia FCL 11148, Fumo
FM 11147), ma è possibile affermare che la tipologia edilizia
più diffusa è la casa-torre (10 casi), mentre non mancano piccoli edifici religiosi (almeno 4 casi). Più rari sono gli edifici con
funzione prettamente militare, di cui gli unici esempi pervenuti
sono la torre di Melagrana (infra) e, forse, i resti visibili del sito
di Bibbiano (infra). Un caso isolato è il sito del Molino di Savignano (SML 11119), attestato già nel 1296 (Piattoli 1936, p.
225) e posto sulla confluenza fra il Rio del Guado e il torrente La
Nosa. Oggi ristrutturato in abitazione civile, conserva in parte le
strutture del margone, o bottaccio, e di una piccola chiusa. Vi è,
infine, il complesso edilizio di Rimaggio (RMG 11133), lungo
la strada che porta al passo della Croce, i cui conci squadrati e
spianati di riuso, in un paramento moderno, e la presenza di una
riserva d’acqua sono probabilmente riferibili allo spedale noto
dalle fonti e fondato intorno al 1294 (Fantappié 1984, p. 71).
Poiché solo 8 siti sono in stato di rudere e tutti gli altri
hanno avuto continuità d’uso, la leggibilità delle strutture
medievali è spesso limitata o impedita dall’uso dell’intonaco
(Le Fornaci LF 11121, Collisassi CSS 11130, la pieve di S.
Vito a Sofignano SP 11112). Il sito Le Mura (LM 11135), ad
esempio, non conserva murature medievali visibili sebbene vi
sia nota, nelle fonti, una fortezza di proprietà del citato Bartolo
di Vito che venne fatta demolire intorno al 1307 (Buonamici,
1, fasc. 2, filza 263, c. 9r) e fu trasformata in casolare, attestato
già nel 1332 (ivi, 10, fasc. 7).
470
fig. 1 – Il censimento dell’edilizia medievale: cartografia del territorio indagato
(IGM 1:25.000) con localizzazione dei siti censiti.
fig. 2 – Il censimento dell’edilizia medievale: tabella riassuntiva con indicazione della conservazione e della leggibilità
dei siti censiti.
fig. 3 – La torre di Melagrana. Da sinistra a destra: localizzazione dell’area delle indagini da satellite (Google Inc.); veduta panoramica della torre
e di Case Melagrana; la prima attestazione del toponimo nelle Piante dei popoli e strade; rilievo planimetrico del sito (rilievo: Lapo Somigli, elaborazione: Chiara Marcotulli).
471
fig. 4 – La torre di Melagrana. Ortofotopiano del PP 1 con lettura stratigrafica sovrapposta (rilievo: Lapo Somigli) e relative fasi costruttive. A destra alcuni campioni delle tipologie murarie (TM) ascrivili alla fase I dell’edificio.
fig. 5 – La torre di Melagrana. In alto, veduta panoramica dei prospetti esterni della torre: sui PP 2 e PP 4 si notano le principali lesioni
del quadro fessurativo dell’edificio. In basso, veduta panoramica degli interni: si notano le diverse tipologie di nicchie e stipetti, le buche
pontaie attribuibili al cantiere di costruzione e alcune delle mensole riferibili ai solai.
472
Anche in presenza di murature medievali, spesso la leggibilità del paramento è condizionata dal restauro dei soli giunti e
letti (parziale o totale), presente in tutti gli edifici ristrutturati.
Frequente, inoltre, è il reimpiego, in murature più recenti, di
materiale medievale, sia bozzette di calcare che conci squadrati e
spianati o elementi architettonici, come a Boana (SBO 11131),
dove erano attestati un casamento e torri dei Buonamici (Buonamici, 58, filza 2524-2525).
Infine, sebbene riscontrato in pochi casi, nei siti in stato di
abbandono la fitta vegetazione costituisce un fattore ineludibile
per la visibilità dei manufatti (ad es. Bibbiano BBN 11140,
Rimaggio RMG 11133, Parmigno PMG 11145, Le Casacce
CSC 11144, Colonchia FCL 11148).
1.3 Caratteristiche degli insediamenti
e alcuni siti esemplificativi
Gli edifici medievali indagati – di cui si portano di seguito
tre esempi rappresentativi di diverse situazioni storiche e conservative – sono caratterizzati prevalentemente da murature in
bozze di alberese, regolarizzate nella faccia a vista e disposte
in corsi orizzontali e paralleli, con frequenti sdoppiamenti in
corrispondenza delle angolate o delle aperture, realizzate con
conci squadrati e spianati. Fanno eccezione gli edifici religiosi
che presentano conci squadrati e spianati anche nel paramento.
1.3.1 Casa Nera (SCN 11111)
Il sito si trova in località Sofignano, lungo la strada vicinale che lo collegava a Savignano ed è un esempio virtuoso di
recupero poiché il nucleo originario, sebbene completamente
restaurato, è ancora ben visibile su tre lati (PP 1, PP 2 e PP
3) e consente, a differenza di altri casi analizzati, una buona
identificazione del tipo edilizio. Si tratta di una casa-torre, cui
si addossano altri edifici, a pianta sub-quadrata con una risega
a gradoni e ancora conservati tre piani medievali, il terzo dei
quali, contraddistinto dalla presenza anche di arenaria, è probabilmente attribuibile a una seconda fase medievale.
Il PP 1, parzialmente visibile, conserva al secondo piano
un portale, trasformato in finestra, con arco a tutto sesto su un
architrave, oggi asportato, sorretto da mensole concave, simile
a quello de Le Casacce (CSC 11144, PP 1). Al terzo piano,
in fase con la muratura, si trovano due finestre architravate (la
destra conservata solo in parte), così come sui PP 3 (due) e
PP 2 (una). Queste sono tipologicamente simili alle aperture,
anche di dimensioni maggiori, riscontrate nella casa-torre di
Faltugnano (FTG1 1146, CA 2, CF 1), nel complesso de Le
Casacce (CSC 11144, PP 2) e in quello di Fumo (FM 11147,
CA 1, CF 1). Inoltre, sui PP 2 e PP 3 sono visibili al secondo
piano alcuni alloggi per apparati a sporgere, che non è stato
possibile riscontrate altrove.
1.3.2 Le Casacce (CSC 11144)
Differente è la sorte di questo imponente complesso abitativo che, posto su un promontorio non lontano dal passo di
Valibona, a SO di Parmigno, costituisce, a causa della pessima
conservazione, un esempio di edilizia storica che meriterebbe
di essere recuperato.
Articolato in più strutture, solo un edificio a tre piani (CA
1, CF 1) è riferibile al periodo medievale ed è caratterizzato
da un tipo edilizio a pianta sub-quadrata, con aperture architravate disposte al secondo e terzo piano del prospetto verso
valle, che mostra forti assonanze con quello riscontrato nel sito
di Cavagliano, sul versante opposto della Calvana e databile al
XIII secolo (Cheli 2009, pp. 67-68).
La struttura è visibile su tre lati che insistono su una risega
e il prospetto nord (PP 1) presenta al primo piano due portali,
apparentemente nella stessa fase costruttiva: uno a sinistra, con
arco a tutto sesto e architrave con decorazione a bassorilievo
umbonata su mensole concave, come quello di Casa Nera (SCN
11111); uno a destra, con architrave su mensole ma senza arco
né decorazione, come riscontrato nella chiesa di Parmigno
(PMG 11145) e nella casa-torre di Fumo (FM 11147, CA 1,
CF 1). Al centro del secondo piano si apre una finestra, con
arco a sesto ribassato su conci d’imposta trapezoidali, simile a
quelle di Colombaia (CLM 11129) e di Fumo (FM 11147,
CA 2, CF 1), mentre al terzo è visibile una feritoia tamponata
e forse ancora attribuibile al periodo medievale.
1.3.3 Case Melagrana (MLG 11139)
Le indagini condotte su questo sito, infine, hanno fornito
spunti di riflessione per una contestualizzazione più stringente
dell’area della torre di Melagrana. Posto poco a nord della torre,
Case Melagrana è in collegamento visivo, tra gli altri, con la
pieve di Sofignano (SP 11112), Le Mura (LM 11135), Casa
Colombaia (CLM 11129) e il valico del Passo della Croce. È
articolato in due complessi architettonici, di cui uno solo è
costituito da un edificio medievale (CA 1, CF 1) che potrebbe essere identificato con un piccola chiesa, successivamente
trasformata in una casa-torre, come suggerisce la presenza di
feritoie su due prospetti. Il prospetto est (PP 1), infatti, presenta
un paramento in conci squadrati e spianati, proprio degli edifici
religiosi, unitamente a un portale con arco a tutto sesto che
trova un puntuale confronto con quello dell’oratorio pratese
di S. Maria Maddalena ai Malsani (costruito alla fine del XII
secolo e ampliato nel 1221: Cerretelli 1999, p. 93) e, nella
variante con mensoloni convessi, con le chiese di S. Leonardo
in Collina (XIII-XIV secolo: ivi, p. 134) e S. Cristina a Pimonte
(edificata agli inizi del XIII secolo: ivi, p. 93).
Il toponimo Melagrana sembra comparire per la prima volta
alla fine del XVI secolo (Piante dei popoli e strade, c. 481, fig.
3), in stretta contiguità con quello di Bibiano, successivamente
scomparso dalle cartografie. Si ipotizza che i due toponimi
possano aver indicato una stessa area o insediamento, così
come descritto dalle Piante, e che, di conseguenza, la chiesina
di Case Melagrana possa essere identificata con la chiesa di S.
Maria in Bibbiano, attestata nel plebato di Sofignano dalla fine
del XIII secolo (Lami 1758, v. I, p. 533) e forse già scomparsa
nel catasto fiorentino del 1428 (Fiumi 1968, p. 234 nota 33).
Attualmente Bibbiano (BBN 11140) è identificato dalle fonti
orali su un promontorio a ovest di Case Melagrana, dove le indagini hanno individuato il crollo di una struttura di dimensioni
limitate e i resti di una muratura in bozzette di arenaria e calcare
ben apparecchiate nella curva di livello sottostante, forse una
cinta muraria. I ruderi, già notati nel 1939 e identificati con le
fondamenta della chiesa di S. Maria a Bibbiano (Fondo Petri,
faldone A 21, fasc. 84065), sono forse invece da ricondurre,
per la posizione strategica al confine con il dominio albertesco e
l’ottimo collegamento visivo con la Val di Bisenzio, alle strutture
murarie del «castellare» che, secondo Repetti, avrebbe dato il
titolo alla chiesa (Repetti 1833, vol. I, p. 245).
F.C., C.Mo., M.D.F.
2. L T M
2.1 Il contesto geografico e storico
La torre di Melagrana (VTM 11110) sorge sul colle di
Calcinaia, sul versante occidentale della Calvana, nella zona
di Sofignano. È un edificio oggigiorno isolato (CA 1, CF 1)
– sebbene proprio davanti l’accesso si conservi il crollo di una
struttura completamente interrata e non identificabile – che
si eleva ai margini di una piccola radura pianeggiante (UT 1),
terrazzata a sud e lambita a ovest da un piccolo affluente del
torrente Boccheraccio, attraversato da un sentiero, in parte
acciottolato, che dalla torre conduce più a valle (fig. 3).
Le notizie storiche sulla torre sono molto scarse anche se
è facile dedurre che la sua localizzazione fosse particolarmente
strategica, posta al confine meridionale della zona di influenza
degli Alberti e a controllo degli insediamenti di mezza costa,
situati lungo la viabilità trasversale che dal Bisenzio, come si
è visto, conduceva al valico della Croce, sulla Calvana, e da lì
verso il Mugello.
Si è proposto che la torre nel XIII secolo facesse parte di
un sistema di difese, assieme alle strutture fortificate in località
Le Mura, sotto il controllo della famiglia del già citato Bartolo
473
di Vito (Marchi 2006, pp. 50-54), ghibellino di parte bianca
che provocò non pochi contrasti nel territorio di Sofignano
(Buonamici, 58, filza 2520). La documentazione scritta, però,
anche inedita – il cui spoglio è da poco avviato – non contiene
riferimenti diretti alla torre e lo stesso toponimo Melagrana
sembra comparire per la prima volta solo nel XVI secolo, nelle
Piante dei popoli e strade, assieme a Bibiano (c. 481, fig. 3, si
veda anche supra). Poiché i due toponimi non sono presenti
nella documentazione imperiale è abbastanza plausibile che
questo edificio non fosse una pertinenza albertesca e proprio
l’ipotesi di identificazione del sito di Bibbiano con Case Melagrana, il complesso edilizio poco a nord della torre (fig. 3),
potrebbe suggerire che questa fortificazione appartenesse all’area
dell’insediamento di Bibbiano, descritto come «castellare che
diede il titolo a una chiesa parrocchiale (S. Maria) compresa
nel plebanato di S. Vito a Soffignano» (Repetti 1833, v. I, p.
245), nota dal XIII secolo (Lami 1758, v. I, p. 533 e supra).
2.2 Struttura della torre e fasi costruttive
Le analisi hanno preso avvio dal rilievo topografico del
contesto e dal rilievo tridimensionale fotogrammetrico delle
strutture, ottenuto con Photoscan by Agisoft.
La torre ha pianta rettangolare (5,30×6,20 m), con mura
spesse, alla base, dai 72 ai 76 cm, e si conserva per quattro ordini, di cui gli ultimi due separati da una cornice marcapiano.
Le buche pontaie, analizzate assieme alle fasi di cantiere, si
sono dimostrate a uso esclusivo dei ponteggi per la costruzione
dell’edificio. Questi, con pontate fra i 113 e i 150 cm, erano a
incastro e, forse, essendo le buche non perfettamente allineate
verticalmente (se non le due file centrali), con pertiche alternate. Inoltre, poiché le buche sono passanti, le traverse delle
impalcature potevano sorreggere tavolati doppi, sia all’interno
che all’esterno contemporaneamente (Chiovelli 2007, pp.
275, 280 e fig. 5). La bassissima quota della prima fila di buche
passanti, infine, a un paio di decine di centimetri dal terreno,
suggerisce, in base agli spazi medi del lavoro di posa fra le
pontate, la presenza di almeno un altro metro di interro (ivi,
p. 284). I solai – se ne contano due, in accordo con le quote
delle aperture e degli stipetti interni – erano scanditi da un
sistema più articolato di travature e tavolati lignei poggianti su
mensole di pietra e riseghe (Marcotulli et al. 2014 e fig. 5).
I primi due livelli dell’edificio, con caratteristiche spiccatamente militari, sono attribuibili alla prima fase costruttiva (fase
I, fig. 4). Vi sono, infatti, due feritoie al piano terra, strombate
e a sezione obliqua – una orientata verso il crinale (PP 2, USM
200) e una verso la collina (PP 4, USM 451) – più una piccola
finestra al secondo piano (PP 3, USM 308). All’interno gli
stipetti sono tipologicamente omogenei, con stipiti in alberese,
architravi in arenaria gialla, fondo chiuso da lastre di arenaria
grigia. In questa prima redazione edilizia si possono distinguere
due tipologie murarie e relativo sottotipo. La prima, utilizzata
prevalentemente per il lato est dell’edificio (interno ed esterno),
è costituita da bozze di alberese e (più rara) arenaria, disposte
per corsi orizzontali e paralleli con zeppe litiche in prevalenza
nei letti, ed è caratterizzata dall’alternanza, non modulare, di
fasce di bozze più sottili (TM 1, fig. 4). Il suo sottotipo (TM
1.a), che si distingue per la minor presenza di corsi sottili e
per bozze leggermente più grandi, è visibile all’interno, su due
prospetti ammorsati fra loro (PP 5 e PP 6), e sul prospetto di
facciata (PP 4). La seconda tipologia si trova, invece, su tre
prospetti ammorsati del secondo ordine ed è caratterizzata
da una maggior quantità di arenaria e da bozze più sottili e
allungate (TM 2, fig. 4).
Alla fase successiva (fase II, fig. 4) può essere ascritto un
restauro del terzo ordine dell’edificio con la sostituzione delle
angolate e l’apertura di almeno due nuove finestre, quadrangolari (PP 1, USM 135 e PP 2, USM 210), aventi un peculiare
timpano ‘stondato’ che, allo stato attuale delle indagini, non
trova confronti tipologici sul territorio. In questa fase vennero
ristrutturati i due prospetti N/O (PP 7) e N/E (PP 8), aggiunti
nuovi stipetti e costruite due piccole nicchie affiancate sul PP
7 (UUSSMM 759, 760), caratterizzate da un davanzale molto aggettante (USM 761), forse usato come piano di lavoro.
All’esterno, sul prospetto di accesso, venne ristrutturato anche il
paramento del secondo ordine e inserita una feritoia con sezione
‘a clessidra’, orientata verso il Bisenzio (USM 421). Il paramento di questa fase è costituito da bozzette, prevalentemente
di calcare, con un’alta percentuale di elementi sub-quadrati e
una messa in opera leggermente più corsiva, con molte zeppe
quadrangolari (TM 3).
L’ultima fase (fase II.1, fig. 4) è relativa alla modifica o alla
completa ricostruzione dell’ultimo ordine, il quarto, sopra la
cornice marcapiano. Il paramento, conservatosi solo sui PP
1 e PP 2, è caratterizzato da numerose buche a risparmio, o
‘cellette’, fra cui una prima fila di forma più regolare, allineata
direttamente sopra la cornice, comunicante con l’interno sul
solo PP 2 (fig. 4). Si tratta della realizzazione di una colombaia
(Guarniero 1937; Gera 1838, pp. 746-751) ed è plausibile
che la sua costruzione sia da collegare alla cessazione della
funzione strettamente militare della torre, che potrebbe essere
anche non troppo recente. La presenza di colombaie nella zona,
infatti, fra cui almeno due a Sofignano, è ben testimoniata fin
dalla fine del XIII secolo (Giani 1917, p. 122) e vale la pena
segnalare che proprio nei primi anni del XIV secolo il citato
Bartolo di Vito, proprietario delle fortificazioni a Le Mura e,
forse, a Melagrana, venne condannato al pagamento di una
forte somma e all’abbattimento delle suddette fortificazioni
(Buonamici, 1, fasc. 2, filza 263, c. 9r). È possibile, quindi, che
questo periodo di regimentazione delle ingerenze ghibelline sul
territorio corrisponda a un ridimensionamento delle strutture
militari che potrebbero essere state capitozzate o riadattate.
All’interno, sul PP 8, rimangono le tracce di un tetto in lastre
a doppio spiovente, poggiante sull’ultima fila di mensole sulle
quali potevano essere appoggiate le tavole dell’ultimo solaio,
relativo probabilmente all’interno della colombaia.
L’attuale portale, con conci di alberese squadrati e spianati
ad ascettino (UUSSMM 405, 410) e arco a sesto ribassato su
mensole a trapezio (leggibili in negativo: UUSSMM 412, 413),
sembra essere reinserito, con taglio, nella muratura di fase I. Più
difficile, a causa dei crolli, è la lettura dei rapporti stratigrafici
attorno alla finestra a esso allineata, sul terzo ordine, ma che è
della stessa tipologia (stipite destro e tre conci dell’arco: USM
433). Tipologia che si riscontra anche a Cavagliano (CVG
5300, CA 5, CF 1, PP 1), databile tra la fine del XIII secolo e
i primi anni del XIV (Cheli 2009/2010, p. 65), e sul PP 2 di
Colombaia (CLM 11129, CA 1, CF 1). Non si conservano,
purtroppo, tracce di accessi in quota, anche a causa dei crolli
sommitali, ma i dati a disposizione suggerirebbero di poter attribuire l’inserimento di queste due aperture alla fase di trasformazione in casa-torre, vale a dire alla cessazione della funzione
prettamente militare dell’edificio (fase II.1 o successiva, fig. 5).
2.3 L’analisi del quadro fessurativo
Le indagini si sono focalizzate anche sull’analisi di dettaglio
del quadro fessurativo (fig. 5), cercando di individuarne cause
ed effetti, poiché la torre, adesso messa in sicurezza con un
sistema di ponteggi e tiranti, è ancora in attesa di restauro. Si
è deciso, quindi, di avvalersi di una tecnica di rilievo 3D anche
per documentare dettagliatamente sia le torsioni più macroscopiche sia le lesioni di minore entità. L’edificio è interessato da
due gravi crepe longitudinali che attraversano i prospetti S/E
(PP 4, USM 451) e N/W (PP 2, UUSSMM 221, 237) e che
hanno determinato uno sfalsamento dei piani verticali molto
pronunciato, soprattutto nella fascia superiore dei paramenti,
nonché l’aggravarsi dei crolli sommitali (particolarmente sul
PP 4) (fig. 5). Entrambe le lesioni ne hanno generate altre di
minore entità (ad esempio sul PP 7, USM 751), sviluppatesi
soprattutto presso giunti di attesa troppo allineati che si confermano, quindi, elementi di debolezza anche in murature
costruite “a regola d’arte” e potenziali attivatori di cinematismi
di collasso per diagonale o longitudinali (Brogiolo, Faccio
2011, p. 58). La causa delle due lesioni principali può essere
474
forse ricondotta alla presenza, su entrambi i setti murari interessati, di più aperture allineate verticalmente (finestre e stipetti),
che devono aver costituito ulteriori, e forse più gravi, elementi
di vulnerabilità da aggiungersi ai giunti di attesa.
C.M., L.S.
3. C
Le indagini archeologiche appena descritte costituiscono
la prima organica raccolta, su questo versante della Calvana, di
un’ampia messe di dati, con la prospettiva di contribuire alla
ricostruzione dell’evoluzione del suo paesaggio storico, proseguendo nella interpretazione dei dati alla luce dei progressi delle
ricerche tematiche della Cattedra di Archeologia Medievale sul
territorio (si veda Vannini et al. in questo volume). La torre di
Melagrana è stata messa in sicurezza ed è stato inaugurato, in
collaborazione con il comune di Vaiano, un percorso di visita
che andrà ad aggiungersi ad altri percorsi già attivi e incentrati
attorno al nuovo Centro Visite di Sofignano. Questo tipo di
interventi dimostrano la necessità di integrare virtuosamente la
conoscenza sistematica del territorio con l’elaborazione di linee
guida che possano favorire il recupero sostenibile e la riqualificazione consapevole del patrimonio edilizio medievale, operando
in sinergia con le istanze dei professionisti e lo sviluppo delle
comunità residenti, verso la condivisione, anche turistica, di un
paesaggio complesso che, come già affermato, è il vero museo a
cielo aperto, in continua evoluzione, delle nostre storie.
C.M.
B
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