Academia.edu no longer supports Internet Explorer.
To browse Academia.edu and the wider internet faster and more securely, please take a few seconds to upgrade your browser.
2020
«Spero di trovare una morte conforme al mio sogno di sempre, una morte degna del rivoluzionario e del reazionario che sono», così ha lasciato scritto il francese Pierre Drieu La Rochelle, suicida nel marzo del 1945, sul finire della seconda guerra mondiale. In quello stesso anno, in estremo Oriente, agli antipodi dell’Europa, sopravvissuto ai bombardamenti americani, il ventenne Kimitake Hiraoka diventava definitivamente Yukio Mishima, il quale venticinque anni dopo avrebbe saputo darsi una morte spettacolare e scandalosa, in perfetta aderenza alla figura di rivoluzionario reazionario con cui aveva nel frattempo inteso costruirsi anima e corpo. Secondo l’antico rituale samurai del seppuku, il 25 novembre del 1970 si uccideva uno dei più grandi scrittori del Novecento. Ponte culturale tra Oriente ed Occidente, Mishima è stato l’artefice e il carnefice della propria gloria letteraria. Poche altre scritture scuotono e percuotono, affascinano e respingono, inquietano ed esaltano in misura così intensa, offrendo il proprio contenuto composto da una carica esplosiva, urticante, dentro la forma cristallina di una prosa elegante e sempre controllata. Il pensiero poetante e letterario di Yukio Mishima è un corto circuito tra il medioevo più feudale, gerarchico e guerriero, ed una modernità talmente avanzata da anticipare il postmoderno. Fuori da ogni stereotipo, la ricerca di Danilo Breschi propone una completa analisi della vita e dell’opera dello scrittore giapponese. Il suo enigma è circumnavigato ed interrogato attraverso autori affini per gusto e destino, da Kierkegaard a Dostoevskij, da Burke a Rilke, da Pirandello a Camus, da Baudelaire a D’Annunzio, da Nietzsche a Kundera, da Proust a Cioran, da Wilde a Miller. Questo libro intende restituire Mishima alla sua grandezza, originalità e insanabile contraddizione di artista.
Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee, 2021
Recensione di Georgia Schiavon a: D. Breschi, "Yukio Mishima. Enigma in cinque atti", Luni, Milano 2021.
Excerpt from the book: Lo Yoga “classico” di Patañjali Dall’Uno della Tradizione ai Sistemi Aperti .
GIORGIO FEDERICO GHEDINI ATTRAVERSO GLI OCCHI DI GIANANDREA GAVAZZENI Partecipo con vivo interesse alla Giornata di studio sul compositore Giorgio Federico Ghedini, su invito della collega ed amica Dott.ssa Gigliola Bianchini, Bibliotecaria del Conservatorio “G. Verdi” di Torino. Il mio sarà un intervento da musicista, da sempre mosso dalla curiosità del leggere musica, e dell’affrontare repertori originali e meno battuti. L’occasione dell’ approfondimento di musiche di Ghedini, mi è venuto anche dalla collaborazione didattica e artistica con il Soprano Denia Mazzola-Gavazzeni, vedova di Gianandrea Gavazzeni, personalità del Novecento italiano che ho imparato a conoscere ed apprezzare anche nella veste meno consueta di Compositore. Articolerò il mio intervento in sezioni, attraverso le quali metterò a confronto i due compositori. Partirei, innanzitutto dalle Dediche : Gavazzeni compone nel 1938 le Iscrizioni meridiane, cantata per voce e pianoforte ispirata alle meridiane della città di Bergamo e la dedica a G.F.Ghedini (testi anonimi raccolti dall’arch. L.Angelini) Dal canto suo, Giorgio Federico Ghedini compone il Concerto dell'Albatro : per violino, violoncello, pianoforte, orchestra e recitante nel 1949 e lo dedica a Gianandrea Gavazzeni. Nel rapporto con il mondo dell’opera, ricordiamo che fu Maria d’Alessandria la prima produzione teatrale di Ghedini, giunto all’opera ormai quarantenne, ma con alle spalle vari tentativi (Gringoire, 1915; L’intrusa, 1921) e con l’esperienza di maestro sostituto, oltre che con la già salda padronanza della scrittura strumentale e della polifonia vocale. Presentata con successo a Bergamo per il Teatro delle Novità, e subito dopo a Modena, l’opera ebbe fredda accoglienza alla Scala (1939): «Questo pubblico si trova ogni giorno di più nell’incapacità di giudicare sia la musica del passato sia quella di oggi», ebbe a scrivere in quell’occasione Gavazzeni. Quasi in tutti i casi la critica si è soffermata sul gusto decadente e post-dannunziano del libretto (il soggetto è analogo a quello della Maria Egiziaca di Respighi), con la sua parabola di peccato e redenzione, che porta a luoghi musicali intrisi di canto sensuale ed esaltazione mistica: si riconoscono tuttavia all’autore, fin da questa prima opera, una viva sensibilità teatrale, «il nutrito senso della vocalità solistica e polifonica» (Vito Levi) e l’abilità di un’asciutta scrittura orchestrale, che si distingue per l’attenzione timbrica, che in seguito caratterizzerà sempre lo stile teatrale di Ghedini. Testimonianza fondamentale rimane la lettera del 1939 di Gavazzeni sulla Fedra di Pizzetti e la Maria d'Alessandria di Ghedini. Per Gavazzeni è del 1944 il suo primo contatto con l’orchestra del Teatro alla Scala con l'opera Il campiello di Ermanno Wolf-Ferrari cui fecero seguito le direzioni della Mavra di Strawinskji e de La pulce d'oro di Ghedini. Proseguirò il mio intervento, individuando tre tematiche , attraverso le quali penetrerò trasversalmente il mondo poetico dei due Compositori, sottolineando gli elementi di comunanza e le differenze. 1) rapporto con l'antico Innanzitutto consideriamo di Ghedini le Liriche su testi di Matteo Maria Boiardo che sono del 1935 ( dello stesso anno sono anche Datene e piene mani) ma vanno anche analizzati i “Quattro canti su testi napoletani antichi”. Di Gavazzeni porremo la nostra attenzione su I MADRIGALI DEL TASSO che sono del 1933 (Gavazzeni nasce nella casa che fu del Tasso a Bergamo) In Boiardo troviamo temi legati alla natura : uccelli, arboscelli. I primi (gli uccelli) “appaiono” nella simbologia della colomba segno di bellezza ma anche di pace, e dell'augello che canta fino alla morte; i secondi (arboscelli) nella rappresentazione poetica di elementi della natura, vitali come l'arboscello fronzuto e pieno di odorate foglie. Tali elementi ritornano nei Quattro canti su testi napoletani antichi, nella rappresentazione dell'auciello che viene da Caserta, messaggero di eventi drammatici (mio figlio è vivo o muorto) o della Tortora ch'a perza la cumpagna e si ritira su un pizzo di montagna per piangere la sua solitudine; e poi l'arbero peccerillo bagnato dal proprio sudore eppure cambiato del suo aspetto ed ora seccato. Nei Madrigali del Tasso di Gavazzeni, ritroviamo quattro testi legati all'amore: un grechin cacciatore di cuori femminili; la notte che avvolge nella sua oscurità i tormenti d'amore (di vero amore avvampo e gelo); la beffarda zanzara che trova il suo rifugio nel seno di una donna (felice te oriental fenice); la passione d'amore che, mentre si estingue, poi risorge in novo ardore. Musicalmente in Ghedini ritroviamo una spiccata sensibilità modale e uso frequente di pedali armonici molto estesi; vocalmente frequente è l'uso del declamato, soprattutto nel primo e nel quarto canto. In Gavazzeni ritroviamo l'uso della variazione e di una scrittura più verticale con un gusto strumentale russo (mussorgskiano). Come anche nelle 2 Arie religiose, nei madrigali spicca una sensibilità orchestrale nell'uso dello strumento pianoforte ma anche della voce. 2) la religiosità: In Ghedini ne è testimonianza il Canto d'amore su testo della lauda di Jacopone da Todi ; un percorso, anche linguistico dalla parola amore alla parola amore, il tutto immerso in una religiosità quasi animistica nella quale l'amore si identifica in Jesù che rappresenta un tutto nel quale credere e nel quale anche annegare. La tonalità di do diesis maggiore mi colpisce da esecutore perchè conferisce pienezza al linguaggio pianistico con una scrittura fittissima e strumentalmente complessa. Gavazzeni compone le 2 Arie religiose per soprano e orchestra nel 1935. I testi sono di Gavazzeni; la prima (Vecchi santi) è un percorso tra i luoghi del bergamasco ove vecchi santi dormono in chiese campestri : San Giovanni, san Rocco, sant'Agata, san Gerolamo; la seconda (In ogni luogo la morte ci può cogliere) è una riflessione sul tema della morte così presente nell'animo di Gavazzeni ma qui affrontata con animo sereno e privo di tinte drammatiche : il senso di un'accettazione della misericordia di Dio ma con la maliconia di chi possa morire lontano dai luoghi natii. Prevale un senso schumanniano del ricordo di luoghi lontani e stranieri (in der fremde) (Non può sfuggirci il significato di Sehnsucht in Schumann e, nella cultura classica, della nostalgia come sentimento del Nòstos di Ulisse). Musicalmente troviamo una sensibilità modale e una scrittura, (anche nella trasposizione pianistica), sinfonica anche nell'uso della voce, intesa come strumento dell'orchestra (nella prima lirica sono frequenti e repentini i cambi di andamento). 3) brevi forme strumentali I 2 poemi di Ghedini sono dedicati a Ercole Rovere ma il compositore ne fa dono a Mario Pilati con dedica autografa del 1936 (XIV) con la dicitura "ben cordialmente". * Il primo poema , con ampi declamati del violino, poi ripresi da pianoforte, contiene, secondo me, una citazione chopiniana (tema dello studio op. 10 n.3). Per citare Giuseppe Martini nel suo articolo sulla Gazzetta di Parma dell’ Aprile 2015, nel primo poema si assiste ad "una continua oscillazione tra disfacimenti tonali e timbriche gelide; “e pensare, continua l'articolo, che era il periodo di maggiore fanatismo madrigalistico del giovane Ghedini". Il secondo, di sapore brahmsiano, ha struttura tripartita con un Tema che viene riproposto e elaborato, nella sezione centrale, su ampi pedali armonici affidati al pianoforte. (In entrambi i poemi vi sono indicazioni di andamenti molto lenti, quasi al limite della rarefazione: molto lento, stentando moltissimo, lentissimamente... che si alternano a episodi di grande agitazione emotiva). I tre pezzi per violino e pianoforte di Gavazzeni , Preludio, Canzone e Furlana, (1935) hanno un sapore tutto pizzettiano di un grande affresco unitario quasi nello stile di Poema sinfonico. La scrittura strumentale è fitta e complessa con ampio uso di arpeggiati, di doppie note e glissandi nella parte pianistica e, nella parte del violino, di pizzicati. Mi piace accostare quest'opera al Concerto dell'Estate di Pizzetti, per orchestra, del 1928 (poi trascritto da Mario Pilati per pianoforte a 4 mani). Entrambi i lavori terminano con un tempo di danza: in Gavazzeni troviamo la Furlana che è una danza molto allegra, di solito in 6/8 o in 6/4 ; in Pizzetti troviamo la Gagliarda, anch'essa scritta in 6/8. Nel secondo dei tre Pezzi, la Canzone, l'uso della trasposizione d'ottava nella parte violinistica, conferisce un particolare colore allo strumento , adoperato in una tessitura anche contraltile. Concluderei il mio intervento, citando ancora le parole del Martini sulla Gazzetta di Parma, a proposito, questa volta, della Sonata per violino e pianoforte del 1922 : “l’impressione del restauratore d’antichità lasciava il posto a un uomo che viveva sulla sua pelle la crisi della civiltà contemporanea...i due strumenti che nella Sonata convergono e divergono a ondate e l’inquieta Passacaglia finale sono gesti solo fintamente brahmsiani : la passione non è incapsulata nella nostalgia ma si è incanalata in una specie di sdrucitura smisurata..” *(Il Compositore Mario Pilati intrattenne rapporti di amicizia con Ghedini ma anche rapporti didattici con Gavazzeni; la Biblioteca a lui intitolata a Napoli (nel palazzo Carafa di Maddaloni, ove nacque Domenico Scarlatti e soggiornò Giovan Battista Pergolesi) contiene dediche autografe come quella di gianandrea G sul frontespizio dei Tre studi su Pizzetti, ad esempio). Torino 22 Gennaio 2016 Biblioteca del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino Lucio Cuomo
Dopo aver esaminato alcuni aspetti storici nella ricerca intitolata "L'eredità della famiglia Hoshino" , sarà presentato ora il libro "Iaijutsu" scritto da Hoshino Ryūta nel 1932 sull'Hōki‐ ryū insegnato dalla famiglia a Kumamoto. Completata l'esposizione dei principi generali nella Prima Parte, nella Seconda saranno esaminati i 15 kata tradizionali del curriculum. Il testo permetterà di comprendere gli insegnamenti fondamentali della scuola e di apprezzare le differenze a confronto con la linea Nakazono‐ha, come trasmessa da Kumai Kazuhiko sensei.
Una procedura semplificata per la localizzazione geografica di aziende agricole - full text
Geotema, 2018
La divisa adottata da Carlo V (Plus ultra) e la narrazione mitologica della coppia Ercole/Atlante, entrambe connotate da un marcato significato geopolitico nel secolo XVI, rivelano, nelle diverse fasi della loro interpretazione, il processo di passaggio dall'idea di uno stato ancora feudale, analogo a una sorta di «collezione» di territori, a un altro modello «organico» e strutturato che mostra alcuni caratteri del moderno Stato-nazione. Le modalità con le quali Mercatore rivoluziona la produzione cartografica, non solo dal punto di vista tecnico e proiettivo, rivelano questo snodo storico nel quale il nuovo potere politico costruisce la sintesi organica tra morale, scienza e religione, trasformando profondamente i fondamenti del potere statuale e utilizzando la rappresentazione e la geografia/astronomia come «scienze divine». Nation and Collection. Hercules, Atlas and the Origins of the Modern State Charles the Fifth's device (Plus ultra), with its deep geopolitical meaninig, and the narration of the mythological couple Hercules/Atlas, along their different interpretations in the sixteenth century, show the passage from the idea of the feudal State, similar to a «collection»of territories, to another more organic and structured model, which reveals some characters of the modern Nation-State. The ways Mercator revolutionates the cartographic production, not only from the technical and projective point of view, show this same passage, in which the new political power builds an organic sintesys of morality, science and religion, deeply modifying the power of the State, and making use of the representation and the geographical/ astronomic knowledge as «divine sciences». Nación y colección. Hercules, Atlas y las orígenes del Estado moderno La divisa adoptada por Carlos V (Plus ultra) y la narración mitológica de la pareja Hercules/Atlas, elementos que en el siglo XVI se caracterizaban por una marcada significación geopolítica, revelan, en las diferentes etapas de su interpretación, el proceso de transición desde una idea de estado todavía feudal, similar a una especie de «colección» de territorios, a una idea de estado «orgánico» y estructurado que muestra algunos carácteres del Estado-nación moderno. Las formas en las que Mercatore revoluciona la producción cartografica, no sólo desde el punto de vista técnico y proyectual, revelan esta coyuntura histórica en la que el nuevo poder político construye la síntesis orgánica entre la moral, la ciencia y la religión, transformando profundamente los fundamentos del poder estatal y utilizando la representación y la geografía/ astronomía como «ciencias divinas». Parole chiave: nazione/collezione, Stato moderno, Ercole/Atlante
Fin dai tempi più remoti l’uomo ha tentato di effigiare idee immateriali in forme sensibili, ha cercato di raffigurare in forme tangibili concetti astratti; in àmbito giuridico, particolare attenzione merita, a mio avviso, il problema dell’iconologia della giustizia. Tale tematica assume, difatti, una precipua rilevanza nel più ampio contesto delle ricerche iconologiche sulle rappresentazioni del normativo , poiché la stessa idea di giustizia è – almeno nella tradizione filosofica occidentale – un concetto strutturalmente ambiguo e plurale, in cui convivono universale e particolare. In questo mio saggio Iconologia giapponese della giustizia mi propongo pertanto di analizzare l’immagine che nella tradizione giapponese simboleggia la giustizia, allo scopo di verificare eventuali analogie e differenze con l’iconografia occidentale della giustizia.
Capitolo 1 – Il film e la sua realizzazione La pellicola Film, in inglese vuol dire pellicola. Agli inizi del 900 in italiano film si diceva al femminile. La pellicola è una striscia di cellulosa su cui, grazie alla macchina da presa, si impressionano delle immagini, fotogrammi. Fotografia deriva da fotos (luce) e grafé (scrittura) pertanto è scrivere il movimento. I formati di pellicola sono vari e determinano la grandezza della pellicola stessa: 70 mm –formatoato girato il film altrimenti l'immagine è distorta.
Formation à Partir de la Pratique (FPP), Institut de Psychologie, 2024
Dissertationes Archaeologicae, 2024
Social Science Research Network, 2010
Fata viam invenient. Nuevas contribuciones a los estudios en Filología Clásica, 2024
A cura di G. Passagnoli, F. Addis, G. Capaldo, A. Rizzi, S. Orlando. Comitato editoriale: F. Fantechi, D. Imbruglia, M. Mauro, E. Messineo, F. Pistelli, T. Polvani, M. Rodovero, 2022
Media International Australia, 2022
Kız Destanı'nın Saraybosna'da Tespit Edilen Yeni Bir Nüshası (ḥikâyet-i duḫter ile maʿa yigidiñ mesʾele-i ḳıṣṣası) ve Dil Özellikleri, 2023
Physical Review B, 2011
Diabetes, 1998
Phytochemistry Letters, 2018