Ghibellini

Enrico di Castiglia è un caso emblematico di cavaliere e principe alla ricerca di una signoria. Dopo aver guidato senza successo una ribellione nobiliare contro il celebre fratello Alfonso X el Sabio (1252-1284) re di Castiglia, prese la via dell’esilio. Barcellona, Londra e Tunisi furono le mete dei suoi viaggi. In Africa guadagnò grandi onori e ricchezze combattendo con i suoi cavalieri al servizio del sultano di Tunisi, che nel 1258 si era proclamato califfo. Venuto a sapere della spedizione angioina volta alla conquista del regno di Sicilia, il principe castigliano prestò la somma di 40.000 once d’oro a Carlo d’Angiò chiedendo come interesse in caso di vittoria la concessione di una signoria. La vittoria angioina di Benevento tuttavia lo lasciò a mani vuote e, dopo alcuni incontri, infruttuosi, con il papa e con Carlo d’Angiò, Enrico accettò l’elezione a senatore di Roma. Governò il comune capitolino sostenendo il “popolo” contro le aspirazioni nobiliari e angioine. Sottomise all’autorità comunale diversi centri del Patrimonium Beati Petri con la diplomazia o con la forza delle armi. Nel 1267 si schierò dalla parte di Corradino che scendeva in Italia per reclamare l’eredità paterna del regno di Sicilia, e utilizzò l’arma della propaganda politica (poesia di argomento politico, cerimonie pubbliche, laudes regiae) per sostenere la sua causa, denigrare Carlo d’Angiò e trovare nuovi alleati. Nel frattempo anche la corte papale metteva in atto una propaganda contraria al principe Enrico e favorevole a Carlo d’Angiò, in particolare con i sermoni del cardinale francese Odo da Châteauroux, che dipingeva Enrico di Castiglia, Corradino e il sultano di Babilonia come i tre spiriti immondi dell’Apocalisse e presentava invece il fratello del re di Francia come campione e difensore della Chiesa e del popolo cristiano. I due piani si intersecano in occasione della battaglia di Tagliacozzo presentata dalla propaganda di Enrico come una facile vittoria per Corradino e tutti coloro che avessero militato sotto le sue bandiere, e vissuta invece momento per momento dal cardinale francese a causa delle notizie, ora cattive, poi confuse e infine buone, che man mano arrivavano alla corte papale. Giustiziato Corradino nella pubblica piazza, Enrico fu condannato all’ergastolo. Dopo 23 anni di prigionia verrà liberato da Carlo II lo Zoppo e, tornato prima a Tunisi e poi in patria, divenne principe-reggente al trono di Castiglia-Leon per il nipotino Fernando IV.

Автор монографии, сопоставив гербы на каменных плитах генуэзского нобилитета XIV-XV вв. с их изображениями в гербовниках, прослеживает, как реализовывались задачи геральдической практики в генуэзских факториях Крыма.
Публикация представляет интерес для специалистов в области вспомогательных исторических дисциплин, для медиевистов-итальянистов и всех тех, что интересуется историей Северного Причерноморья.

Il presente articolo fornisce le prime ricerche sul capitano di guerra, istituzione comunale che a Siena si vide conferire una grande importanza politica e sociale data dalla sua perpetuità, e sui berrovieri, corpo armato di controllo cittadino che con gli anni Venti del XIV secolo si vide concedere l'incarico di guardia personale dei membri del governo senese.

On the basis of recent essays about the Franciscans and the crusade, this study provides a wider picture of the crusade as phenomenon and its “overcoming”. The focus is in particular on both  political crusades against the “Ghibellines”, and political and religious ones against heretics. Particular attention is given to the use of the expression pugil Christi in papal documents and in other historical sources, and to the use of the historical category of “Ghibellinism” for a specific period and context of the 13th century.

Although Dante never traveled to Greek-speaking lands in the eastern Mediterranean and his exposure to the Greek language was limited, he displays a keen interest in the cultures of Greece, both ancient and medieval, pagan and Christian. Bringing together cartography, history, philosophy, philology, reception studies, religious studies, and other disciplines, these essays tap into knowledge and skills from specialists in the medieval West, Byzantium, and Dante. The twelve contributors discuss the presence of ancient Greek poetry, philosophy, and science (astrology, cosmography, geography) in Dante’s writings, as well as the Greek characters who populate his works. Some of these individuals were drawn indirectly from ancient mythography, Homeric epic, and other such sources, while others were historically attested personages, down to Dante’s own era. Greek was not only a language and civilization of the past, but also a present (and often rival) religious and political entity. To each layer—ancient pagan, early Christian, and contemporary Byzantine—Latins related differently. Doctrinal, political, linguistic, cultural, and educational matters all played important roles in shaping the attitudes that form the focal point for this volume, which sets the stage for further engagement with Dante’s corpus in its cultural settings.

"The title title of this collection is not a wild novelty, because since 1921 the wording "Dante and Islam" has been pressed into service repeatedly in various languages as a heading for books, articles, and book reviews. Nonetheless, the phrase may sound jarringly paradoxical, in pairing the poet most emblematic of medieval Christianity with the name of a rival religion. The Commedia possesses a stature beyond being merely the foundational and preeminent masterpiece in the canon of ltalian literature. It also stands more generally as a centerpiece in Western culture. Among other things, it constitutes a summa of medieval Christian culture and an archetype of Catholic literature. Although Dante could not have foreseen every winding and turning in the subsequent reception of his poem, in Paradiso he refers presciently to his work as the "sacrato poema" (23.62) and "poema sacra" (25.1). Yet the Commedia achieves its summa-like (or encyclopedic) qualities in part by incorporating heterogeneous components, some of which render it highly uncanonical for a canonical work. We should not be startled to learn that Dante was already accused of being heterodox and even heretical by some of his near contemporaries."

Here are some notes on the _De Monarchia_ of Dante Alighieri. They were prepared in order to facilitate discussion of this text during a directed reading course. Special attention was paid to any features that might distinguish Dante's fourteenth-century political theology from the thirteenth-century arguments of figures like Thomas Aquinas. A critical stance is at times taken toward Dante's vehemently pro-imperial positions.

Il contributo esamina, nella prima parte, il sonetto provenzale di
Paolo Lanfranchi e lo contestualizza, sulla base dei contenuti storici e dei rapporti
della produzione lanfranchiana con la poesia trobadorica di pertinenza
catalana, all’interno della corte barcellonese di Pietro III d’Aragona, dove Lanfranchi
potrebbe aver soggiornato nel 1285. Nella seconda parte si osservano,
invece, i punti di tangenza testuale tra il sonetto e alcuni componimenti di
Raimbaut de Vaqueiras, la cui conoscenza da parte di Lanfranchi sarebbe avvenuta
proprio in occasione del suo soggiorno a Barcellona.

The contribution of this article is twofold. The first part of the
work links Paolo Lanfranchi’s provençal sonnet with Peter III of Aragon royal
court background, where Lanfranchi might have been in 1285. The hypothesis
is based on both the historical contents of the sonnet and the connection between
Lanfranchi’s poems and Occitan lyric tradition in Catalonia. The second
part elaborates on the sources of the sonnet and identifies them in three poems
by Raimbaut de Vaqueiras, which Lanfranchi might have discovered during
his stay in Barcelona.

Episodio da inserire nel contesto degli scontri tra guelfi e ghibellini causati dalla discesa in Italia di Ludovico il Bavaro, l’assedio di Montemassi (18 gennaio-28 agosto 1328) è stato uno degli avvenimenti più importanti della storia di Siena, tanto da meritarsi il famoso affresco attribuito a Simone Martini conservato nella Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico. Partendo dalla ricostruzione storica di questa azione ossidionale attraverso l’uso delle cronache cittadine e degli atti documentari del Consiglio Generale, ho poi sviluppato il tema dei costi di questo assedio grazie all’utilizzo dei libri contabili del governo senese (le biccherne), che hanno mostrato una forte spesa sostenuta dalle casse cittadine (principalmente per il mantenimento degli armati negli anni del passaggio dalle truppe cittadine a quelle mercenarie e per l’emendatio) ma, al contempo, una fonte di guadagno per i vari artigiani e lavoratori senesi che fornirono servizi per tale azione. Anche il mantenimento del battifolle portò spese ingenti, le quali erano sostenute dalla Biccherna, ma regolamentate da un ufficio fino a ora poco studiato (si ricordino gli articoli di Chironi), la Camera del Comune, che aveva come compito principale proprio la tutela e il rifornimento di questa fortificazione provvisoria. Le maggiori innovazioni che, a parer mio, sono scaturite proprio dall’episodio di Montemassi sono una rinnovata e più capillare pratica di controllo del contado da parte del governo senese e la ripresa di una sua espansione verso la Maremma a l’Amiata, che si era arrestata con i primi anni del XIV secolo e che spinse i Nove a ideare una nuova tipologia di suddivisione territoriale del contado.

ENGLISH: The paper selects and analyses some examples of 13th-century Italian political poetry dealing with war. As Dante observes in 'De vulgari eloquentia', Italian poets did not develop a specific tradition of war poetry in the manner of Occitan troubadour Bertran de Born: in their poems they espouse a republican ideology, which does not consider war as a value in itself and instead emphasizes peace, justice, and common good. The condemnation of Bertran de Born among the Sowers of Discord, in Canto XXVIII of 'Inferno', can be explained as Dante’s rejection of subversive and anti-institutional, warlike anarchy that inspires Bertran’s war poetry.

ITALIANO: Il contributo seleziona e analizza alcuni esempi di poesia politica del Duecento che trattano di guerra. Diversamente dal contesto occitanico, nel quale si sviluppò una fiorente tradizione lirica di ispirazione marziale, in àmbito italiano – come Dante rilevò nel 'De vulgari eloquentia' – la poesia d’armi alla maniera di Bertran de Born non allignò mai: i rimatori in lingua di sì aderiscono a un’ideologia repubblicana, che non considera la guerra come un valore in sé e si incardina invece sui princìpi di pace, giustizia e bene comune. La condanna di Bertran de Born tra i seminatori di discordie, nel canto XXVIII dell’'Inferno', si spiega proprio sulla base del rifiuto dantesco dell’anarchia guerriera, eversiva e anti-istituzionale, che ispira la poesia d’armi del trovatore.

Uno de los aspectos que resaltan en la obra de Dante es su persistente manera de atacar a la Iglesia Romana y la Divina comedia abunda en ataques directos a una serie de Papas en cuyas obras corruptas Dante acusa la decadencia de la institución eclesiástica y la crisis de la concepción política medieval.
Los desencuentros políticos que Dante enfrenta en Florencia lo contraponen fuertemente hacia la posición política del Papado y en la figura de Bonifacio VIII reconoce su mayor rival. En la Divina comedia, Bonifacio aparece referido en una ironía en que el Papa Nicolás III dice esperarlo: “¿Estás ya ahí de pié derecho? ¿De pié derecho, Bonifacio? (...) ¿Tan presto has llegado a saciarte de todos aquellos bienes por los que no temiste apoderarte con engaños de la bella Esposa (la Iglesia), y has renunciado a envilecerla por más tiempo?”(Divina Comedia, Infierno, XIX). Ambos personajes, de hecho, representan históricamente el fortalecimiento e independización de la Iglesia a nivel europeo (Nicolás), así como, la ambición por dominar el norte italiano, incluyendo Florencia (Bonifacio).