Mafia Cultura

Giuseppe Rizzo esordisce con L’invenzione di Palermo (2010), che racconta la Sicilia degli emarginati- barboni, zingari, ladri – senza volontà di denuncia ma evitando al tempo stesso pietismi; i personaggi abitano una Palermo distopica, ‘scarto’ della creazione del mondo, nella quale povertà, violenza, dolore sono affrontati con vitalismo e leggerezza, e descritti tramite un linguaggio che alterna turpiloquio, neologismi, e concretezza materica. Il mondo degradato ed invivibile della periferia palermitana è percepito in tutta la sua evidenza tramite una  lettura sinestetica ed avvolgente, che intende superare stereotipi culturali e strumentalizzazioni politiche. Con il secondo romanzo, Piccola guerra lampo per radere al suolo la Sicilia, del 2013, il progetto di “riscrivere” l’immaginario dell’isola è definito con maggiore chiarezza: si racconta la vicenda goliardica di tre studenti fuori sede, nativi di un paesino siciliano, Lortica, dal clima soffocante e mafioso, che decidono di tornare per sbeffeggiare gli omertosi e finiscono per scardinare il sistema, fermando la spirale di violenza e facendo breccia nel silenzio colpevole degli abitanti.
La Sicilia dei luoghi comuni letterari e sociali,  della gattopardesca inerzia, dell’assurdo pirandelliano, dell’indugio godereccio e gastronomico alla Camilleri, dell’antieroe mafioso, è contestata e ‘smontata’ secondo una linea che, sul piano saggistico, sarà ripresa da Gaetano Savattieri ( Non c’è più la Sicilia di una volta, 2017): il paese, brutto, stagnante, pericoloso, è un Inferno in terra, che i tre attivissimi protagonisti riescono allegramente a sdrammatizzare,  affrontando lo squallore quotidiano con un approccio al tempo stesso distante e partecipe, e riuscendo infine ad intaccare il sistema mafioso grazie ad una doppia beffa che ammicca al teatro, in particolare all’asse oppositivo di matrice classica gioventù/ vecchiaia. Non è una soluzione, ma piuttosto la scelta, letteraria anch’essa, di un mondo possibile, contro il paradigma vittimario e, sull’altro versante,  in opposizione ad un’epica della mafia che tanta letteratura, teatro e cinema hanno diffuso.

L'ipotesi qui ventilata è che gli Svedesi-Variaghi intorno al VII-VIII sec. d.C. cominciano a insediarsi sempre più numerosi sulle coste baltiche e da razziatori stagionali tentano il gran colpo di fondare postazioni stabili nella Pianura Russa, naturalmente lungo i fiumi. La formula è: Presentarsi alla gente autoctona in pieno assetto militare e offrirsi come difensori da eventuali attacchi di altre bande più selvagge di cui annunciano la venuta. Se i capivillaggio sono disposti a pagare per il servizio, essi si installeranno in vicinanza e proteggeranno la regione, altrimenti procederanno a razziare tutto quello che c'è. Su questo modello Vladimiro fonda la Rus' di Kiev.

Based on an analysis build upon the narratological principles and the categories fiction/non-fiction, as well
as on a range of specific comparisons with other authors (Leonardo Sciascia, Truman Capote, Emmanuel Carrère and Primo Levi), this essay explores the way the hybrid form of the text Gomorrah works and
considers its “literary” characteristics as the key of the book’s success. The comparison with In Cold Blood
and L’Adversaire allows to emphasize the different ways the text functions and the effects regarding the
presence (or absence) of the first-person narrator within the merely seemingly homogenous genre (the nonfiction
novel). The process of the “expansion of meaning”, a proper characteristic of every great poetic
work, is intensified in Gomorrah by means of the construction of a special hybrid form, where
autobiographical narration and the factuality of data are interwoven to form a single logic, which is capable
of involving the reader emotionally and to induce an active reflection on the subject.
                                                             
Tramite un’indagine che si richiama a postulati di narratologia e alle categorie di finzionalità/non finzionalità, e
attraverso una serie di raffronti mirati con opere di altri autori (Sciascia, Capote, Carrère e Primo Levi), il saggio
esplora il funzionamento della forma ibrida del testo di Gomorra e le sue caratteristiche “letterarie”, in quanto
chiavi del successo del libro. Il confronto con In Cold Blood e con L’Adversaire permettono di evidenziare,
all’interno di un genere (il non-fiction novel) soltanto apparentemente omogeneo, funzioni ed effetti differenti
legati alla presenza (o assenza) del narratore in prima persona. Il processo di “espansione di significato”, caratteristica
propria di qualsiasi grande opera poetica, viene potenziato in Gomorra dalla costruzione di una forma
ibrida particolare, nella quale narrazione-testimonianza e fattualità dei dati si intrecciano in un’unica logica,
capace di coinvolgere emotivamente il lettore e di spingerlo alla riflessione.

Cos'è la mafia? Un'organizzazione criminale, un male, un'opportunità, una condizione di appartenenza, una setta. Tutto questo, e molto altro ancora. La mafia è, prima di ogni altra considerazione, un fenomeno umano. Nel 1991 la giornalista francese Marcelle Padovani raccolse i pensieri del giudice Giovanni Falcone sul fenomeno mafioso nel corso di un'intervista divenuta un libro dal titolo: Cose di Cosa nostra. Tra questi pensieri, uno più di altri continua ad avere eco nel tempo: (...) certo dovremo ancora per lungo tempo confrontarci con la criminalità organizzata di stampo mafioso. Per lungo tempo, ma non per l'eternità: perchè la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine (...).
Quest'affermazione, ancora oggi, mi fa riflettere poiché si scontra con la convinzione che i fenomeni mafiosi sono endemici alla strutture sociali umane.
Ed allora cosa fare? Un grande scrittore siciliano Gesualdo Bufalino ebbe a dire: (...) la mafia sarà sconfitta da un esercito di maestre elementari (...), confidando esclusivamente nella forze moralizzatrice dell'educazione e quindi della conoscenza. Giovanni Falcone a questa visione si opponeva, senza polemica, preferendo, quale uomo di Legge, il fare. La mafia, le mafie, la criminalità, comune ed organizzata, vanno combattute oggi, e questa guerra riguarda ciascuno di noi in relazione al ruolo nella società.

Le simpatie della mafia giovane verso il fascismo si rivelarono molto pre- sto e la fusione dei nazionalisti e dei fascisti parve ancora piu` accrescere i loro legami.
Con questa svolta il nazionalismo meridionalistico cercava di erigersi a partito in modo da diventare un’avanguardia organizzata e agguer- rita della borghesia contro-rivoluzionaria urbana, intorno alla quale si sarebbero raccolti anche gli agrari non piu` rassicurati dalla tutela dei notabili liberal-democratici.
Animatore della svolta fu Alfredo Cucco che impose la linea del- l’avvicinamento a Mussolini e con febbrile impegno costitu`ı numerose pattuglie nazionaliste in ogni parte dell’isola. Intanto tra l’ottobre e il novembre del 1924, la conquista del potere da parte di Mussolini non suscit`o molti rimpianti nell’opinione pubblica siciliana, poich ́e l’aspet- to sindacale, corporativo e totalitario che si rivolgeva contro tutti gli istituti liberali e le forme dell’autogoverno della nazione non fu preso molto sul serio, sia dai capi mafiosi che dai liberali, che accolsero con aperto favore l’azione antisocialista dei fasci.

Scholarly approaches to organized crime in Italy have recently opened up new avenues for research, including the Church’s attitudes toward Italian crime organizations, especially but not only the Sicilian Mafia (see the recent conference The Devout Imagination: Between Organized Crime and the Anti-Mafia Struggle, Rome, November 2014).
My research focuses on the mafia operating in Naples and the surrounding region of Campania: The Camorra. There is still no systematic analysis of the relationship between the Camorra and the local clergy, a notable lacuna in the study of organized crime, the historiography on the Catholic Church, and the broader history of modern Italy. The sporadic literature available on the subject has tended to adopt one of three approaches: either focusing on individuals (Don Peppe Diana, for instance); evaluating the Camorra in a comparative framework with the Calabrian ‘Ndrangheta and Sicilian Mafia; or engaging the issue from a sociological, political, or moral – rather than historical – perspective.
The aim of my presentation is to interpret the ambiguities in the controversial history of relationships between local clergy and organized crime. Combining journalistic sources and first-person narratives along with cinematic and literary representations of Camorra bosses and affiliates, I identify and examine the lives of several key ecclesiastical figures who, since the 1980s, have been engaged with the criminal underworld in Naples and the surrounding area (from Monsignor Antonio Riboldi and Don Aniello Manganiello to Don Peppino Romano and Suor Aldina Murelli).
By exploring the seemingly unlikely and often alarming intimacy in the relationship between priests and mob bosses, my work also contributes to research in two related spheres: the Camorra’s infiltration of patron saints’ day festivals and other religious celebrations, and the impact of spiritual beliefs and Catholic rituality in the initiation rites, culture, and “devout imagination” of the Camorrista.

Il seguente elaborato nasce dalla riflessione sui rapporti che un fenomeno caratteristico della storia del Novecento, come quello della criminalità organizzata di stampo mafioso, ha da sempre intrattenuto con la religione cattolica, matrice di cultura collettiva soprattutto in un paese come l’Italia.
Il fine è quello di mostrare, attraverso letture critiche affiancate da fatti storici, la paradossale e poco studiata sovrapposizione che la mentalità mafiosa instaura con la Chiesa, tanto da rinvenire, in alcune parti, un rapporto di diretta filiazione e comunanza ideologica.
La riflessione parte dalla spiegazione del termine mafia fin dalle sue origini e dalla sua progressiva integrazione nella società, fino ad assumerne le caratteristiche oggi note.
Il primo capitolo approfondisce, oltre che occuparsi della graduale diffusione del termine, il ruolo che fin dall’origine ha occupato il soggetto mafioso e le sue relazioni con i vari settori della società fino a costituirne il suo punto di forza. Una volta chiarita la questione puramente storico-scientifica, si entra nell’intimo della materia con il tracciare una mappa essenziale di quella che può essere definita teologia mafiosa.
Il secondo capitolo continua ed amplia in maniera approfondita le minuziose sfaccettature che la spiritualità mafiosa assume e porta con sé. Si definisce, appunto, cos’è la fede mafiosa, quali sono i suoi rapporti con la fede cristiana e se entrambi i credi possano riferirsi alla medesima religione. Non mancano, certamente, nello sviluppo della delicata questione, numerose antinomie e incidenti concettuali che più che essere contraddetti debbono essere accettati come pagine di quel grande contenitore che è la cultura.
Lo studio si conclude con l’analisi del ruolo ecclesiastico e in particolare quello dei preti, figure di particolare importanza sociale da sempre protagonisti e mediatori culturali tra il mondo civile e quello mafioso, con specifico riferimento al ruolo del pentimento nei collaboratori di giustizia. Infine, vengono menzionati gli interventi che da Karol Woytila fino a Bergoglio hanno avuto come oggetto di attacco la criminalità organizzata al fine di mettere in evidenza la recente posizione della Chiesa nei confronti di una realtà spesso sottovalutata e taciuta.

Introduzione

L’abito fa il monaco? L’abito fa il padrino? L’analisi della cultura mafiosa che segue nelle prossime pagine, ha obiettivo di rispondere alla domanda. Questa tesi, tratta di mafia, ma è ben lontana dal voler tracciarne una storia e ancor più dal concentrarsi sull’analisi della mafia in quanto tale; piuttosto, nel solco aperto da alcuni studiosi italiani, vuole concentrarsi su certi aspetti culturali e simbolici che ne delineano i contorni di fenomeno sociale. In particolare, la mia analisi si concentrerà sugli oggetti culturali prodotti da… o riguardanti la mafia, tramite il metodo messo a punto dalla sociologa americana Wendy Griswold.
Nel corso dell’elaborato si vedrà come i simboli, singole componenti dell’oggetto culturale, siano spesso ripresi dalle industrie culturali ( ex le case di moda) per costruirne un prodotto di consumo: è questo il caso delle t-shirt “Mafia made in Italy”.

L’obiettivo è quello di dimostrare come anche l’abito, tra i tanti oggetti appartenenti alla produzione culturale della mafia, svolga un ruolo importante nello stile di vita dell’uomo di Cosa Nostra, come questo si evolva nel corso degli anni, in un rapporto di scambio con la società esterna. Uno stesso indumento (ex una camicia di seta) si vede indossato negli anni Sessanta da un boss del calibro di Tommaso Buscetta, e a metà anni Novanta, viene ripreso e tradotto dalla griffe Dolce&Gabbana. Lo stesso abito dunque, ma con un’accezione diversa; lo stesso oggetto culturale in entrambi i casi, ma, con un mondo sociale, un creatore, e un ricevente differenti.
Questi ultimi, sono gli elementi chiave del diamante culturale elaborato da Griswold che mi guiderà lungo tutto l’elaborato, e tramite il quale analizzerò volta per volta ogni oggetto. Il diamante, sostiene Griswold, “permette la comprensione della relazione tra un oggetto e il mondo” [Griswold 2005].

Il lavoro è strutturato in tre parti: nella prima mi sono concentrata sull’aspetto teorico,vi sono descritti i mezzi e le teorie che mi hanno permesso di giungere alla ricerca affrontata nelle parti successive.

La seconda parte la definisco come un’analisi degli oggetti culturali più tipici della cultura mafiosa, con una piccola introduzione di quelle che per me sono le più importanti connotazioni attribuibili alla mafia: la pratica, il sistema, e la cultura.

Nella terza parte infine mi concentro sul rapporto che esiste tra mafia e moda: un punto cruciale lo svolgono sia il “Buscetta-style” proposto da Dolce&Gabbana nel 1994, sia le diversità nell’identità vestimentaria esibita che si incontrano, ad esempio, osservando un “anziano padrino” come Bernardo Provenzano e una giovane “new entry”, già in carcere, come Gianni Nicchi.

“Che cosa c’entra la mafia con la moda?”

Con la ricerca, e con la lettura, con il dialogo e con una maggiore sensibilità sviluppata verso certi argomenti, ho capito che anche argomenti all’apparenza dissonanti e lontani tra loro possono avere elementi in comune; tutto ciò anche grazie al grande fil rouge che è la cultura. La moda esiste dove vi è cultura diceva Blumer, e la mafia esiste, anche e soprattutto, come “cultura mafiosa”.

A few years ago I was given a choice on a psychology paper to write about a film or television episode whose plot was based on a group orchestrating a crime or villainous, violent act.  I chose to write about a scene from the classic film "The Godfather," which was then celebrating its 40th anniversary.

This work takes you on a chronological journey through the different ways in which the mafia is represented and treated in Italian cinema. Far from offering a mythical and stereotyped image of this genre, the purpose is to observe the birth and development of this archetype, highly evolved in the italian culture of North America, from the beginning of post-neorealism until the present day. We will take a look at how the public image of the mobster was created, how the organization is build and its prototype, and also at how the social vision of this subject has changed during the years. The aim is to compare the actual chronology of what's going on in the Mafia with his social perception through his correspondent filmography

Questa tesi di laurea magistrale analizza un recente fenomeno della camorra napoletana. La stesa camorristica consiste nella corsa in motorino da parte dei membri giovani delle bande camorristiche: le paranze corrono sparando in aria per delimitare i territori di spaccio. Il lavoro di tesi analizza come le stese sono state rappresentate sui media (giornali, cartacei e online, e social) nell'arco temporale 2015/2018 e che effetto ha avuto l'opera di framing sull'opinione pubblica.

A chi appartiene la narrazione di mafia? L’interrogativo è affrontato a partire dal rapporto controverso tra la narrazione cine-televisiva ed i territori che tali racconti rivelano. Il racconto di mafia è diffusamente presente nell’immaginario telvisivo e cinematografico degli ultimi vent’anni. Meccia contestualizza il “caso” Gomorra a partire da una riflessione sulla rivoluzione mediatica che ha interessato il mondo della produzione audiovisiva, e comparando quella di Saviano con altre narrazioni che hanno seguito il medesimo percorso, dal libro alle versioni cine-televisive: Romanzo criminale di De Cataldo, e Anime nere di Gioacchino Criaco, romanzo del 2008 divenuto film nel 2014. In tutti questi casi, il protagonismo dei luoghi nella versione audiovisiva ha suscitato reazioni risentite da parte di amministratori locali di diverse parti politiche – da De Magistris ad Alemanno – come se la narrazione di mafia, piuttosto che le vicende realmente occorse, potesse contaminare l’”immagine” dei luoghi in cui si svolge con un effetto degenerativo.

Placido Rizzotto and Peppino Impastato are two Italian mafia victims whose names were long forgotten until their story became the subject of two films both released in 2000—Placido Rizzotto, by Pasquale Scimeca, and One Hundred Steps, by Marco Tullio Giordana. It is today generally acknowledged that these films are instances of a wider cultural movement blossomed in the nineteen-nineties, which aimed at forming a new national identity defined in opposition to the culture, values and behaviors that allowed the mafia to thrive. I propose a formal analysis to show that these films have contributed to change the Italian public’s sensitivity toward organized crime stories not only through the critical acclaim and commercial success they received, but also by subverting the conventions of the mafia film tradition in at least three significant ways. First, by dismissing the entertaining gangster-movie style of traditional movies, these films encourage viewers to question the individualistic myths that surround the mafia and to consider its social downsides. Second, by focusing on little-known activists, rather than prominent mafiosi and their institutional opponents—police officers, prosecutors, etc.—they counter a deep-rooted commonplace according to which mafia members may well use violence against each other, but do not generally hurt the rest of the community. Third, by emphasizing the pathetic aspects of the stories, they elicit an emotional response that may leave a deeper trace of the story’s meaning than more spectacular films of the kind

Confrontandomi con lo «Stato-mafia» mi sono reso conto di quanto esso sia più funzionale ed efficiente del nostro Stato e quanto, proprio per questa ragione, sia indispensabile impegnarsi al massimo per conoscerlo a fondo allo scopo di combatterlo (Falcone, Padovani 2010, p. 71).

FROM DISTANCING TO AFFIRMATION. NARRATIVE PRACTICES OF MAFIA
WOMEN IN PRISON
Most studies on mafia organizations rely on the analysis of judicial documents, reports of law enforcement agencies or on the representations of key informants. Despite the richness of these sources, they entail an “external” perspective that involves a risk of affecting the definition of the mafia phenomenon. This article aims to study mafia organizations from an “internal” perspective, that is, by examining the representations of their members and paying attention to the ways they interpret reality and their own acts. It employs qualitative methods and is based on 18 semi-structured discursive interviews with women belonging to the main mafia organizations, held in a high security section. The study focuses on the analysis of two complementary discursive strategies – distancing and affirmation – trying to highlight the identity repositioning processes they involve. The distancing discourse signals which social and institutional representations the mafia prisoners want to distance themselves from. The affirmation discourse identifies, on the contrary, those narrative strategies that express subjects’ desire to “be recognized”; claiming an identity linked to their mafia membership. The analysis sheds light on and contextualizes the complex identity work carried out by mafia women. In dialoguing with various imaginaries, women seem able to play different identity games in which mafia membership is masked, concealed, disguised, but also exhibited and reaffirmed.

Rassegna Italiana di Sociologia, 2018

Nota critica su Alessandra Dino, A colloquio con Gaspare Spatuzza. Un racconto di vita una storia di stragi, Bologna, il Mulino, 2016. Federico Varese, Vita di mafia. Amore, morte e denaro nel cuore del crimine organizzato, Torino, Einaudi, 2017. Versione a stampa a questo indirizzo: https://www.rivisteweb.it/doi/10.1423/89780

This article looks at boundaries as shared points of conflict and sociality in rural Sicily where the mafia and their opponents (‘antimafia’ cooperatives) have lately been at loggerheads. My focus is on neighbourly relations between owners of plots on both sides. This uncomfortable proximity of enemies allows us to see boundaries as more than markers of separation. For sure, Sicilian boundaries imprint a history of violence on the landscape and divide people along categorical lines. However, they also reflect histories of inheritance and kinship, while providing points of contact and an unexpected moral order of neighbourhood relations. A focus on borders shared between plots managed by ‘antagonistic’ social groups exposes emergent relations of conflict and solidarity between their owners. Land boundaries can be markers of proximity and difference between opposed groups who find themselves owning plots next to each other. The boundary underpinning such divisions can make neighbours of feuding groups, rather than confining them to closed clusters.

The mafia has always fascinated filmmakers and television producers. Al Capone, Salvatore Giuliano, Lucky Luciano, Ciro Di Marzio, Roberto Saviano, Don Vito and Michael Corleone, and Tony Soprano are some of the historical and fictional figures that contribute to the myth of the Italian and Italian-American mafias perpetuated onscreen. This collection looks at mafia movies and television over time and across cultures, from the early classics to the Godfather trilogy and contemporary Italian films and television series. The only comprehensive collection of its type, Mafia Movies treats over fifty films and TV shows created since 1906, while introducing Italian and Italian-American mafia history and culture.


The second edition includes new original essays on essential films and TV shows that have emerged since the publication of the first edition, such as Boardwalk Empire and Mob Wives, as well as a new roundtable section on Italy’s “other” mafias in film and television, written as a collaborative essay by more than ten scholars. The edition also introduces a new section called “Double Takes” that elaborates on some of the most popular mafia films and TV shows (e.g. The Godfather and The Sopranos) organized around themes such as adaptation, gender and politics, urban spaces, and performance and stardom.

Le volume réunit les actes d’un colloque international qui fut aussi la première tentative de réfléchir sur le rapport inextricable entre Mafia, littérature et médias (cinéma, photographie, télévision etc.); au volume ont contribué des chercheurs et personnalités, considérés comme des précurseurs dans ces domaines comme Henner Hess, Pino Arlacchi, Nicola Tranfaglia, Michel Wieviorka,Vincenzo Consolo, Paolo Fabbri, Giuseppe Giarrizzo, le réalisateur Francesco Rosi, les photographes Franco Zecchin, Letizia Battaglia et tant d’autres.

La masculinidad estratégicamente feminilizable de don Corleone utiliza una violencia inigualable pero localizada, adquiriendo por el horror o la admiración articular lealtades de hombres con marcadas diferencias entre sí, pero anclados a una misma noción masculina.

Il saggio analizza i meccanismi che orientano la costruzione dei ruoli di genere entro il sistema
famigliare mafioso, prestando attenzione ai possibili esiti in termini di emancipazione. Si basa sull’analisi
di 18 interviste discorsive semi-strutturate condotte in una sezione femminile di alta sicurezza
con detenute appartenenti alle principali organizzazioni mafiose italiane. Mostra che le pratiche di
costruzione dei ruoli di genere si articolano sui bisogni dell’organizzazione criminale e sono modellate
dagli effetti che le sue attivit  illecite hanno sulla gestione della vita quotidiana. Tali ruoli di genere
sembrano originare forme di commitment che inducono le donne a perseguire linee di azione coerenti
con le attese famigliari risultando, volontariamente o meno, strumentali all’organizzazione criminale.

Este trabajo trata de explicar el comportamiento de los mafiosos sicilianos a través de su comunicación verbal y no verbal. Refranes, canciones, expresiones, símbolos, son utilizados como medio de expresión mucho más eficaz que el simple lenguaje cotidiano.
Entre el folclore, las historias populares y la sabiduría de los refranes los miembros de
Cosa Nostra se mueven como pez en el agua.

Il saggio “Mediamafia. Cosa Nostra fra cinema e Tv” ricostruisce la storia della rappresentazione mediatica di Cosa Nostra. L’intervista all’autore e la sua lettura del recente dibattito che si è sviluppato attorno alla serie “Gomorra” - Intervista su Questione Giustizia

Era il 2007 quando l’allora Fiat, classe 1899, si preparava a lanciare sul mercato la nuova 500, a cinquant’anni dai primi modelli partoriti dalle officine di Mirafiori. Sergio Marchionne fu l’anima degli spot con cui il nuovo modello si presentò al mercato. Narrazioni capaci di mettere le mani senza inibizioni nella storia del Novecento italiano, immagini che facevano unilateralmente i conti con gli eventi luttuosi e drammatici del nostro Paese per fini commerciali e ideologici. Storie intrise di una multiforme e indefinita italianità declinata secondo uno stile comunicativo audacemente persuasivo.

The deep roots and development of Mafia–type organisations in local and international settings is in part also a result of the services provided by professionals (for example, in money laundering). Doctrine and case law have highlighted the role of the professionals and their social networks in feeding the relationships of the Mafias in the socio-economic and institutional framework. Professional associations have been criticised for not always being able to prevent or suitably sanction collusive practices either because of inertia or “a desire to not rock the boat”. This paper will deal with a phenomenon which has also been studied by socio-historical sciences through the rigour of a juridical analysis. Therefore, what we will look at are the critical areas in the system, also from a de iure condendo point of view. The issue is looked into for the first time by studying four main critical areas in relation to each other: 1. criminal law; 2. the system of the professions and the role of the professional associations with particular reference to disciplinary proceedings; 3. the role of the organs that control and sanction the professional associations; 4. data collection and access to databases of the courts and professional associations.

Contemporary Italy’s unwelcomed acceptance of the Mafia as a surreptitious societal keystone has enabled the crime syndicates to garner immense political and economic authority, smoothly exert violent and obstructive practices, and establish themselves as an institutional juggernaut, impervious to common law.

Este artículo es una aproximación al carácter político de las mafias que protegen el tráfico de drogas desde una perspectiva mencionada pero poco tratada dentro del concepto mismo de mafia: la articulación de intereses de amplios grupos sociales dentro de su oferta de protección. Tanto las mafias de la droga que gozan de dominación social como las que no tienen mayor interacción social toman decisiones dirigidas a la imposición de sus intereses. La gran diferencia está en que las decisiones de las primeras tienden a involucrar la estructura social que ha sido transformada por el narcotráfico. Cualquier intento por reprimir a las mafias involucra ahora un ataque a los intereses estructurales de amplios sectores sociales. Un caso concreto servirá para ilustrar esta lectura política del narcotráfico: la guerra de Pablo Escobar contra el estado.

It is one of the most beautiful places on the planet and one with an astonishingly rich culture and history. Millennia ago, Greek seafarers settled on the southern tip of Italy, laying the foundation for a glorious civilization. But there have been plenty of hardships over the centuries - catastrophic earthquakes, epic wars, and a very long and heroic struggle for the rights of ordinary people. Today, the citizens of this place still must do battle with one of their most stubborn scourges, the "black hand" of the Mafia.

The mafia is an Italian "invention" PaleontoLogicaMente like fascism the law and also the politics of comedians like "serious" Zelenskiy instead of the real jokers Mussolini and Grillo: this primacy must be geologically explainable as our biodiversity.

Salvini is going to meet Putin as Berlusconi was the Mafia’s referral after mani pulite's first republic meltdown.

Coincidentally, Putin’s invasion of Ukraine shows in the background the same unconsciously unconscious mafias modus operandi as with Falcone massacre 30 years ago, but nobody sees it notwithstanding the constant mediatic crossover of the paste and present tragedy. Henceforth in a standstill eternally present PaleontoLogicaMindly space time.

Possibly the British, whose her Majesty Queen Elisabeth was the first and most important authority to come to Capaci in the  immediate aftermath, are the only one who sensed the mafia scent and philosophy behind Putin’s strategies.

Salvini resumed where Berlusconi left off together with vanished witnesses of the bunga bunga Ruby ter trial, where polonium hovered as with the mysterious frustrations of journalists and oligarchs in particular in England 🏴

PS: and I forgot Gratteri who at eight and a half from Gruber admits of being afraid and being a loser like Falcone while everything in the institutions looks elsewhere on purpose unconsciously :(

La mafia è una “invenzione” italiana PaleontoLogicaMente come il fascismo il diritto e anche la politica dei comici come zebre ho “serio” al posto dei veri guitti mussolini e Grillo: questo primato dev’essere geologicamente spiegabile come la nostra biodiversità.

Salvini incontrerà Putin poiché Berlusconi è stato il referente della mafia dopo il tracollo di Mani Pulite della prima repubblica.

Per coincidenza, l'invasione dell'Ucraina da parte di Putin mostra sullo sfondo lo stesso modus operandi mafioso inconsciamente inconscio del massacro di Falcone 30 anni fa, ma nessuno lo vede nonostante il costante passaggio mediatico della pasta e della tragedia presente.  D'ora in poi in una stasi eternamente presente PaleontoLogicaMindly spazio tempo.

Forse gli inglesi, la cui maestosa regina Elisabetta è stata la prima e più importante autorità subito arrivata a Capaci, sono gli unici che hanno percepito l'odore e la filosofia mafiosa dietro le strategie di Putin.

Salvini ha ripreso dove Berlusconi ha lasciato insieme a testimoni svaniti del processo del bunga bunga Ruby ter, dove il polonio aleggiava come con le misteriose vanificazioni di giornalisti e oligarchi in particolare in Inghilterra 🏴

PS: e dimenticavo Gratteri che dalla Gruber ad otto e mezzo ammette di avere paura e di essere uno sfigato come Falcone mentre tutto nelle istituzioni guarda altrove apposta incoscienteMente:(