Medieval Institutions

This work aims to reconstruct the rise of the hospital of Santa Maria della Misericordia dei Battuti in Udine in the XIVth century, considering both the expansion of its lands and real estate - as well as its economic management - and the development of its administrative structure and officers. The following pages cover the first forty years (1320-1360) of existence of the institution and of the Fraterna dei Battuti that founded and administrated the hospital (1320-1360).
The prime objective has been to explain and evaluate the reasons behind the sudden rise of Santa Maria dei Battuti, its succes in drawing charitable donations and bequests, and to start inquiring into the behavior of the Confraternity inside the rising land and money market of Udine.
The documentary appendices (pp. 85-249) has been omitted.




Il presente lavoro mira a ricostruire l'ascesa dell'ospedale di Santa Maria della Misericordia dei Battuti a Udine nel XIV secolo, considerando tanto l'espansione dei possessi immobiliari e fondiari - così come la loro gestione economica - e lo sviluppo della sua struttura amministrativa e degli ufficiali. Le pagine che seguono coprono i primi quaranta anni (1320-1360) di esistenza dell'istituzione e della Fraterna dei Battuti che fondò e amministrò l'ospedale.
Lo scopo principale è stato di spiegare e valutare le ragioni dietro la subitanea ascesa di Santa Maria dei Battuti, il suo successo nell'attirare donazioni e lasciti, e di iniziare a indagare il comportamento della confraternita all'interno del nascente mercato della terra e del credito della città di Udine.
Le appendici documentarie (pp. 85-249) sono state omesse.

La historia del Justicia y de los Justicias de Aragón sigue siendo todavía un claroscuro de nuestro pasado. La repetición de los tópicos que al respecto se arrastran desde la historiografía romántica hasta nuestros días, ha desvirtuado la necesaria reconstrucción del pasado de tan importante institución y
ha permitido la recreación del mito del Justicia rodeado de una aureola trasnochada que la literatura jurídica, el drama o las artes plásticas han conservado hasta la actualidad.Todo ello se explica si tenemos en cuenta que hasta ahora no contábamos con una colección de documentos al respecto tan importante como la que se recoge en esta publicación sobre fondos medievales del Archivo de la Corona de Aragón de Barcelona, que se reseñan y catalogan cronológicamente -según los sucesivos reinados desde Jaime 1- a modo de materiales para el conocimiento de la institución en sí y de quienes la representaron, digna o indignamente, según los casos. Ahora, pues, se puede comenzar a entresacar de los materiales documentales extractados por M.ª Luz Rodrigo Estevan, las noticias y los datos que permitan recomponer -cuando no componer desde el principio- la realidad sobre el pasado histórico del Justicia de Aragón. Ingente tarea la ya realizada por la autora de este trabajo, y generoso ofrecimiento de los resultados para quienes a partir de este momento se sientan animados a estudiar historiográficamente una de las instituciones más genuinas y originales de la Historia de todos los tiempos.

Il primo volume degli Annales udinesi (l'improprio titolo dato alle delibere consiliari della comunità) di cui
Vittoria e Anna Maria Masutti hanno curato
l’edizione è una fonte straordinariamente ricca
di informazioni; un serbatoio al quale chiunque
può attingere per inseguire diversi filoni di
indagine. Costituisce un variegato spaccato della
vita in Udine a metà del XIV secolo in tutti i
suoi aspetti. Gli Annales sono ricchi di notizie -
che possono costituire altrettante piste di ricerca
e approfondimento - sul funzionamento del
comune della città e sul suo rapporto con il
patriarca e il capitano, ma anche con il parlamento
della Patria e con le questioni del territorio
limitrofo; sul sistema economico (monete e
falsi, pesi e misure, appalti di dazi, interventi di
prestatori di denaro, esercizi di botteghe, attività
di artigiani e professionisti). Offrono scorci sul
tessuto urbano e sui beni comuni (edifici del
potere, pozzi, rogge, mulini, strade, piazze, torri
campanarie, pese pubbliche, pescherie e macelli,
mercati…); sui luoghi della giustizia, di culto e di
accoglienza. Permettono di indagare sulla cultura
e la circolazione dell’informazione rappresentate
dalle figure di cancellieri e notai, da scuole e
maestri, palio e feste civiche, ma anche sulla lingua
e infine sono un riflettore puntato sulla società
in genere (onomastica e professioni non solo di
personaggi noti come di patriarchi o di membri
delle principali casate cittadine, ma anche, molto
più numerosi, di quanti hanno lasciato traccia di
sé proprio per aver avuto il destino di essere stati
citati in consiglio).

Nel mondo comunale, con la sua pluralità di soggetti istituzionali e di varie aggregazioni di potere in grado di partecipare attivamente alla vita politica, molti enti ecclesiastici furono, come è noto, soggetti attivi o strumenti, nelle mani dei poteri cittadini, di radicamento insediativo e di organizzazione e controllo del territorio. Il saggio ricostruisce il ruolo dell’abbazia cistercense di Morimondo, collocata ai margini dell’instabile e fluida area di contatto tra i contadi di Milano e Pavia, nel difficile processo di stabilizzazione del confine tra le due città, che portò alla definitiva attribuzione a Milano di quelli che le fonti dell’epoca definirono a lungo, icasticamente, «loca discordiae».

La atribución a Rodrigo Díaz del título de princeps en el acta de dotación de la catedral de Valencia en 1098 y el de princeps super militiam regis en la Historia Roderici revelan dos
actitudes profundamente distintas. La primera intitulación pretende subrayar la autonomía del señorío valenciano y reforzar el carácter de Rodrigo como caudillo de la reconquista y la
cruzada hispánicas por voluntad propia. La segunda equivale a representar a Rodrigo como alférez del rey Sancho, luego caido en desgracia por la envidia del rey Alfonso y de sus
cortesanos, por lo que, héroe perseguido, se ve empujado a actuar en el destierro por decisiones ajenas. El Carmen Campidoctoris recoge ambas titulaciones, pero la primera con un
sentido eminentemente honorífico, mientras que la segunda revela su dependencia textual e ideológica respecto de la biografía latina.

Già da molti decenni gli storici delle istituzioni ecclesiastiche, soprattutto italiani, tedeschi e americani, contestano il valore euristico del concetto di Riforma gregoriana, scaturito da ambienti di ricerca di ambito cattolico e costruito su un asse interpretativo provvidenzialistico e legittimista.

During the 12th and 13th century Bobbio entertained relationships only with Genoa and Piacenza among all the cities which surrounded the diocese. These cities established an efficient system of relationships – in which the economic and commercial aspects were of fundamental importance – and hindered the small episcopal see, which had been established in the Ligurian and Piacentine Appennine in 1014, from acquiring autonomy. A constant trait of the history of the diocese of Bobbio is the difficulty in managing the patrimony obtained from the constantly impoverishing monastery of Saint Columbanus, which gave the diocese substance on the territorial level. The Genoese archbishops, in whose circumscription the Bobbiese bishopric was included from 1133, deliberately chose not to intervene in the wake of such difficulties. They failed to appoint any exponent of the Ligurian clergy on Bobbio’s see (while clergy from Bobbio are attested as holders of the Ligurian see), thus showing a lack of interest on the part of the same Genoese Commune which was content to retain the use of the road through the Appennine guaranteed by the Commune of Piacenza. The growing involvement of the bishops and the Commune of the Emilian city in the overall developments in Bobbio can be measured from the fact that during the late 13th century a podestà and a bishop from Piacenza were appointed in Bobbio, thus establishing Bobbio’s peripheral status.

This study analyzes the privilege called ius gladii, a special concession of Roman origins, granted to nobility by the sovereigns of the medieval Kingdom of Hungary for almost two centuries, since the Angevin period to the Battle of Mohács. This research represents the first ample study on the subject, because the right of the sword was not in the attention of the historians, besides some scattered mentions. Starting from several ius gladii definitions and based on the documents granting this right, I analyzed the context for the two centuries when such donations were given, the beneficiaries, the premises that led to obtaining this privileges, the jurisdiction of this right and then a thorough look over the wording of the text of the documents which included the list of the wrongdoers and the methods of their punishment. The right of the sword usurped the authority of the county’s count in favor of the privileged noble who had to protect the public order, but to also defend the interests of the monarch on his estates.

The right of property, a right guaranteed to a large extent in the Venetian possessions of the Ionian region, was yielded before the public interest. In this study we attempt to identify the forms of temporary or permanent suspension of this right, the terms and conditions constituting the Venetian “legitimacy”, the treatment of any adverse effects caused by the preceding of the public interest to the individuals, particular provisions and all that relevant caseload found in the archival sources. We identify the content of the concept of “public interest” as perceived in the Venetian reggimenti of the Ionian Islands, focusing on Corfu and the wide changes that took place in the landscape of the city and in the lives of the inhabitants after the several interventions made on the defensive front of the island. Moreover, we are looking for the character of restrictions over property rights in the same region. Lastly, we investigate the criteria for granting compensation in cases of forced expropriation and private property confiscation, to conclude about the remarkably modern attitude of the Venetian state towards this issue.

This paper examines the earliest regulation of the cities in Tuscany (especially Pisa, Pistoia, Siena and Volterra). The results of the diplomatistic, archivistic and codicological investigations carried out by specialists, analysis of texts and comparison with other urban contexts (Genoa, Milan, Piacenza, Alessandria, Alba) are enlightening. In some Tuscan cities, up until the late 13th century, there existed no single law code capable of distilling all the regulations in force. However, this apparent 'disorder' was not due to an increase in the institutional complexity of the municipal authorities. In fact, by tradition, as early as the 12th century, the regulations of many cities were distinguished as two completely separate types of document, collectively known as the 'brevi' and the 'constituta'. The former comprised regulations governing political organization, while the latter were mainly devoted to local management of civil rights. This long-lasting legal ‘multi-centralism’ may be able to tell us something of the origins and development of the Italian ‘Comune’, or municipal council, which, rather than being the gradual affirmation of an undifferentiated socioprofessional amalgamation, was the result of an expedient and occasional collaboration between autonomous power groups.

in I settecento anni degli Statuti di Sassari, a cura di A. Mattone e P.F. Simbula, Milano, Franco Angeli, 2019, pp. 121-160 ISBN 9788891790651
https://www.francoangeli.it/Ricerca/scheda_libro.aspx?Id=26105

Il volume raccoglie i contributi di oltre una quarantina di autori che muovendo dal tema degli Statuti trecenteschi del Comune di Sassari riflettono intorno ad aspetti specifici e generali della produzione statutaria delle città comunali e delle città inserite nel quadro monarchico dell'Italia tardomedievale. Con un'analisi comparativa, alla luce delle recenti ricerche, storici, giuristi, filologi e archeologi esplorano in chiave interdisciplinare le origini di Sassari, il suo sviluppo urbano, le peculiarità dell'esperienza comunale e il percorso nello spazio politico catalano-aragonese.
I saggi, attraverso il "caso" Sassari, propongono la lettura del percorso di una città sarda e della sua evoluzione politico-istituzionale nella lunga fase che tra il XIII e il XV secolo segna il passaggio dall'autonomia comunale allo scenario del regno.
L'esempio mette in campo la complessità e la ricchezza delle vicende urbane nell'età cruciale delle trasformazioni dei sistemi politici trecenteschi anche in una terra in cui il fenomeno cittadino è apparentemente marginale.

La fragilité physique de l’homme des sociétés préindustrielles l’a imprégné de soucis constants relatifs à ses conditions corporelles. Une des expressions en est l’attention portée à la continuité de la vie, dans le sens biologique aussi bien que dans celui de la mémoire collective, voire même l’éternité.

'Stabilitas regni' e 'stabilitas imperii' sono espressioni attestate in centinaia di diplomi merovingi, carolingi, ottoniani e salici (secc. VII-XI): esse indicano uno dei concetti politico-religiosi più rilevanti dell'alto e del pieno medioevo. Ripetutamente, infatti, i re chiesero ai chierici e ai monaci di pregare 'pro stabilitate regni' (o 'imperii'), mostrando come loro preoccupazione centrale fosse la stabilità nel tempo dell'ordinamento politico. A quali significati antropologico-religiosi alludeva questa "stabilità nel tempo" del regno e dell'impero e quali erano le sue implicazioni in termini istituzionali? Questo libro cerca di rispondere a tali interrogativi, scegliendo come contesto di indagine l'età degli Ottoni (936-1024), quando un accentuato sperimentalismo politico rese ancora più urgente l'esigenza di una stabilità continuamente ambita e mai definitivamente realizzata. L'indagine condotta si muove su due piani. Per un verso, l'aspirazione alla stabilità del regno è contestualizzata alla luce delle percezioni del tempo e degli schemi di teologia della storia diffusi nella cultura ottoniana; per un altro verso, sono analizzate le ripercussioni politico-pratiche di questa idea, attraverso una verifica della durata e della progettualità dell'azione dei re ottoniani, quindi della capacità o incapacità delle prassi di governo di incidere stabilmente nel tempo.

In this article I have elucidated that familiares regis were not simple royal household members as has been understood before, but members of the royal inner council which decided the state policy in the latter half of the twelfth century. This new understanding is now commonly accepted by scholars. Existence of the inner council and its importance in royal policy changes a picture of kingship and central power of the kingdom of Sicily. This article prompted studies of familiares regis in other regions from a comparative viewpoint.

Análisis de la conformación de los poderes laicos en la Edad Media tardía en los territorios del Norte de España que conforman la actual Comunidad Autónoma de Cantabria, y de la incidencia de una estructura social de linajes y bandos en su configuración política y su organización institucional, pero también en la configuración de un estamento socio-profesional que ostentará una decisiva y protagonista presencia en la creación de una nueva nobleza al servicio de la creación del Estado moderno.

RESUMEN Esta aportación intenta establecer una teoría de las instituciones partiendo de la experiencia personal del autor en el estudio de las instituciones medievales. La idea es subrayar la duración y el carácter axiológico de las instituciones, creadas para tutelar ciertos intereses y valores. A pesar de la infinita variedad de supuestos concretos y de la misma amplia área de las instituciones políticas, existen carac-teres comunes estructurales. Esta contribución se propone también ofrecer elementos de historia de la historiografía de las instituciones, no sólo desde la óptica del estudioso del Medievo italiano, sino tam-bién desde la del hombre que vive en nuestro tiempo. ABSTRACT This contribution tries to stablish a theory of the institutions starting from the author's personal experience in the study of the medieval institutions. His intention is to remark the duration and the axiolo-gical nature of the institutions, created to protect certain interests and values. Although there is an infinite variety of subjects, and the realm of the politic institutions being so ample, it is possible to find some structural common aspects. This contribution tries also to offer some elements of history of the institutions' historiography, not just from the perspective of someone who studies the Italian Middle Age, but also of a man who lives in our times. RÉSUMÉ Cette apportation essaye d'établir une théorie des institutions à partir de l'experience personnel de l'au-teur dans l'étude des institutions du Moyen Age. Le but est de remarquer la durée et la nature axiolo-gique des institutions, qui sont creés pour proteger certains intêrets et valeurs. Malgré la presque infinite varieté de sujets spécifiques, et l'ampleur du champ des institutions politiques, on peut distinguer des caractères structurales communs. Cette contribution a aussi pour but d'offrir quelques élements d'histoire de l'historiographie des institutions, non pas seulement dès la perspective du studieux du Moyen Age italien, mais aussi de l'homme de nôtre temps. ZUSAMMENFASSUNG Der Beitrag will eine Theorie der Institutionen begründen, die von der persönlichen Erfahrung des Autors bei der Durchsicht der Institutionen des Mittelalters ausgeht. Leitgedanke ist, die Dauer und den axiologischen Charakter der Institutionen zu unterstreichen, die geschaffen wurden, um bestimmte Interessen und Werte zu umhegen. Trotz der unendlichen Vielfalt an konkreten Voraussetzungen und des breiten Feldes an politischen Einrichtungen bestehen gleichwohl gemeinsame Strukturmerkmale. Der Artikel hat ferner zum Ziel, nicht bloß aus der Sicht des Gelehrten des italienischen Mittelalters, sondern gleichfalls von der Warte des gegenwärtig Lebenden Bausteine der Historiographiegeschichte der Institutionen darzulegen.

Ao constituir um instrumento jurídico que regula a vida em sociedade, os forais são terreno fértil para discussões teóricas sobre a tipologia do poder na Idade Média, sendo comum que visões mais formalistas e nominalistas da História do Direito e das Instituições avaliem positiva ou negativamente suas manifestações na história.  Assim, estabelece-se uma precisão entre aquilo que, de acordo com tais parâmetros, poder-se-ia verdadeiramente reconhecer como foral. No século XII, os instrumentos jurídicos escritos que regulavam a vida dos núcleos populacionais intitulavam-se cartas, em referência ao suporte material de registro. Essas cartas continham os foros. Entretanto, a variedade dos conteúdos dessas cartas - que podiam detalhar aquilo que se podia ou não fazer no espaço da comunidade, os privilégios que marcavam as hierarquias sociais, as taxas a serem pagas relativamente aos vínculos de dependência pessoal e/ou da posse sobre bens variados, além da pluralidade social daqueles que emitiam esses documentos -, levanta um problema à hora de oferecer uma síntese jurídica precisa e fechada sobre esses instrumentos do poder. A concessão de forais a núcleos populacionais foi amplamente explorada como sintoma das capacidades políticas dos diferentes monarcas. A fusão exclusivista que frequentemente se opera na historiografia entre rei e política, entendida como a dimensão pública do poder, acabou por também afetar a interpretação dos forais medievais, reduzindo-os a instrumentos de imposição do poder régio.  Mas ainda em termos da tradição historiográfica, o panorama é bastante complexo, uma vez que os forais ligam-se igualmente à questão dos concelhos, que constitui um tema de predileção da política, especialmente do século XIX, quando, nos embates em torno dos limites e desafios do liberalismo em Portugal, recorreu-se à Idade Média para não somente identificar as raízes dos problemas contemporâneos, mas, sobretudo, para encontrar soluções.              Os registros escritos das primeiras cartas de foro do reino de Portugal que sobreviveram permitem compreender as bases em que a historiografia se apoiou para chegar a conclusões bastante diversas. Do longo reinado de Afonso Henriques, conhece-se o conteúdo de vários forais concedidos pelo rei, dos quais escolheremos alguns para analisar certos aspectos que consideramos centrais para aquilatar o alcance da jurisdição monárquica que esses atos jurídicos criavam.

Most opinions expressed by previous scholars about the highly developed bureaucracy of the Norman Kingdom of Sicily are based on one Italian scholar’s theory about the structure of the duana (dohana, doana, dīwān), a central financial and administrative organization. This Italian scholar, Carlo Albert Garufi, expounded his theory in 1901, stating that the duana had consisted of three offices: the financial supervising office (dīwān at-taḥqīq al-maʻmūr), the treasury office (ad-dīwān al-maʻmūr) and the office of profits (dīwān al-fawā’id). His idea that the supervising office was divided into two departments, the duana de secretis supervising the affairs of the royal domains and the duana baronum handling feudal affairs, has been commonly accepted as an example of the kingdom’s “ highly developed bureaucracy” by historians since. In this article, I demonstrate, based on analysis of Arabic, Greek, and Latin documents, that this theory of Garufi as well as Caravale’s revision of it were wrong, and propose a far simpler new picture as follows. The ad-dīwān al-maʻmūr was the central office engaged in routine and general work at Palermo.  The duana de secretis was the office at Palermo charged with special duties concerning the administration of land.  The duana baronum was a branch office at Salerno meeting a variety of local administrative needs on the peninsula. This conclusion requires to reexamine the picture of the “highly developed bureaucracy” of the kingdom, and to reconsider the status of the kingdom in Medieval Europe.