Perugino

Italian church Interiors have been subject to constant change during the whole period of their existence. This often has a strong impact on the pieces of spatial furnishing as well, even when these objects - such as altarpieces, pulpits or screens - are not even touched themselves.

The present article tries to demonstrate this fact by reconstructing the entire history of the transformations of Perugino's famous 'Ascension of Christ' inside and outside the church of S. Pietro in Perugia, for which it had been originally painted.

The article shows that the altarpiece had been created between c. 1496 and 1500 for the high altar of S. Pietro, being designed outwardly as a kind of cupboard. Its main adressee at that point were the monks sitting in the choir district, which was closed off by a frontal tramezzo from the outer areas.

In 1567 this altarpiece was moved into the central window of the apse to give way to a tabernacle of the Holy Sacrament, following the decrees of the Tridentine Council.

In contrast to what had been hitherto assumed, during a major transformation campaign, taking place between 1591-1609, the altarpiece was not touched at all. It however lost its relation to the High Altar, as this liturgical object was moved forward and away from the apse to introduce a retro-choir disposition to S. Pietro in Perugia.

Gradually, the altarpiece was more perceived as an art object rather than a liturgical one. Thus, to allow closer inspection of Perugino's work by art critiques, the predella panels were removed in 1642 and exhibited further on in the church's sacristy. This was part of a wider campaign to partly transform the interior of S. Pietro into a picture gallery by the Cassinese abbot P.D. Leone Pavoni.

In 1751, his successor P.D. Carlo Francesco della Penna had the whole altarpiece disassembled and its various panels incorporated into the re-systematised picture gallery. At this point, it was not only enriched and rendered more symmetrical, but also complemented by a new Sacresty Chapel which served both liturgical and needs and the exigencies of the art connoisseur.

This very delicately balanced picture gallery was severely damaged in 1797 by the requisition of the main panels of Perugino's 'Ascension' altarpiece during the First French Invasion to Perugia. The pictures were then first exhibited in the "Muséum central des arts de la République" (the later Musée du Louvre) and later distributed amongst the Musées des Beaux-Arts du Lyon, du Rouen, du Nantes, and the Musei Vaticani in Rome.

There, the panels have lost all their original liturgical and representational function and serve for the purposes of art enjoyment and research.

A new reading of textual evidence roots the imagery of Michelangelo's Sistine Ceiling frescoes in contemporary theological commitment to the doctrine of the Immaculate Conception. The cluster of abstract metaphors contained in a sermon written by Pope Sixtus IV, dedicated to the Immaculate Conception, and the liturgical and devotional texts the sermon inspired, offers foundational source material for the ceiling programme. It is proposed that such an Immaculacy message exists alongside and mutually supports Incarnationist and Eucharistic ones, all rooted in a metaphor of bodily perfection that Michelangelo ‘figures’ at the level of gender as well.

Senza voler disconoscere l'importanza di indagini storico-artistiche imperniate sul "gioco" delle attribuzioni e dei confronti stilistici, è senz'altro più fecondo e appassionante, quando possibile, un approccio diverso all'opera d'arte, orientato a ricostruire il contesto nel quale prese forma, in relazione sia alla committenza, sia alla collocazione fisica dell'oggetto: è con questa convinzione che è stato affrontato lo studio del primo capolavoro di Luca Signorelli, la "Pala di Sant'Onofrio" nel Museo Capitolare di Perugia (1484).

L'opera, per la sua importanza nel percorso artistico di Signorelli, se non altro in quanto imprescindibile punto di riferimento per ogni tentativo di definire la carriera giovanile del pittore, ha fatto spendere "fiumi" di inchiostro agli studiosi che, di volta in volta, si sono concentrati su tipologie, influenze e citazioni, trascurando per contro il progetto decorativo che, nelle intenzioni del committente, ruotava intorno alla grande pala, destinata a costituire il fulcro della cappella di Sant'Onofrio, una delle più grandi e importanti della cattedrale quattrocentesca.

This essay discusses Hans Belting’s and Bernard Aikema’s recent studies on Giorgione’s Tempesta. The authors
connect this enigmatic masterpiece with Jacopo Sannazaro’s Arcadia, the Renaissance notion of a
Golden Age and the debate on the origins of humanity, common in North European humanistic culture.
Furthermore, it analyzes an illumination by Jean Bourdichon which seems to con! rm the evocative link
between Giorgione’s Tempesta and the nordic iconography of the Wild Man and his family, a symbol of an
utopic escape from the corrupt social system, like the melancholic exile of poets-shepherds in Sannazaro’s
Arcadia.

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Il presente lavoro oscilla tra i due poli estremi della straordinaria parabola artistica di Luca Signorelli, in quanto a un primo capitolo incentrato sul tema della formazione e degli esordi, dal tirocinio pierfrancescano fin quasi alle soglie della maturità (lo "Stendardo di Fabriano" a Brera), segue un capitolo dedicato a uno dei filoni più rilevanti e prolifici della produzione signorelliana, quello della "Sacra Conversazione", considerata lungo l'intero arco della carriera del pittore: dalla "Pala Vagnucci" di Perugia, l'opera della primissima maturità, alla "Pala del Calcinaio" di Cortona, un lavoro incompiuto ed ereditato da Francesco Signorelli, nipote, allievo e collaboratore di Luca.

La selezione delle opere su cui concentrare i nostri sforzi è stata effettuata in vista e preparazione della mostra umbra del 2012, considerando fondamentalmente tre fattori: primo, l'occasione unica e irripetibile di vedere riunite e affiancate, in prestito da collezioni italiane e straniere, tutte le opere che la critica passata e recente ha discusso come possibili lavori primo-signorelliani di impronta pierfrancescana; secondo, la necessità di proseguire e approfondire, specie sul versante della ricerca archivistica, i nostri studi (inaugurati dalla tesi di laurea discussa nel 2003 e pubblicati nel 2008) dedicati alla prima opera sicura del catalogo di Luca, la "Pala Vagnucci" di Perugia, che avrebbe costituito il perno centrale e il polo d'attrazione della suddetta mostra, una volta uscita dalla consueta collocazione nel Museo Capitolare del duomo cittadino; infine, il proposito di rivalutare (specie nel loro valore storico e iconografico) alcuni tardi dipinti – ascrivibili alla bottega di Signorelli e realizzati per località minori dell'Umbria – che, sino a oggi, hanno goduto di una fortuna critica pressoché inesistente: come è accaduto anche alla "Pala della Concezione", situata nell'immediata periferia di Cortona, qui prescelta per il fortissimo rapporto che la lega al capolavoro perugino, in quanto dovuta alla committenza della medesima famiglia cortonese.

L’articolo indaga le vicende che interessarono il polittico ordinato a Pietro Perugino per la cappella di San Michele alla Certosa di Pavia. Ci si è soffermati sulle tempistiche della sua messa in opera, a nostro avviso dilazionata nel tempo, e sulla struttura che avrebbe dovuto avere (la carpenteria originale è andata perduta) in relazione al polittico di Macrino d’Alba sul lato opposto della navata e alla pala dell’altar maggiore, commissionata a Filippino Lippi ma mai portata a termine. Le vicende sono ripercorse riservando particolare attenzione al maestro di legname coinvolto nella commissione, Jacopo d’Antonio di Santa Maria in Campo a Firenze, e proponendo uno studio comparativo sulle strutture dei polittici elaborate in Italia settentrionale nella seconda metà del XV secolo. Alcune considerazioni vengono riservate anche alla figura di Ludovico il Moro quale mecenate.

This essay addresses the renewed controversy regarding Raphael Santi's initial training and introduces substantive evidence in support of the hypothesis that he received his first training from his father Giovanni Santi in Urbino. In addition to documentary and formal evidence, the young artist's strong attachment to his father's artistic practice on a more conceptional level is explored. Interests, including the use of geometric compositional formulas, witty devotional concetti, and above all his intense preoccupation with returning to the specific sources that engaged Giovanni Santi — for instance Quattrocento sculpture, first known through his father's inexact copies and subsequently through direct study of the sculptures themselves — illuminate the formal and intellectual foundations of Raphael's art.

original English text published as “La Pala per l’altar maggiore della Santissima Annunziata. La funzione, la commissione, i dipinti e la cornice,” in Filippino Lippi e Pietro Perugino: La Deposizione della Santissima Annunziata e il suo restauro, eds. Franca Falletti - Jonathan Nelson, Livorno 2004, 22-43

Giulio Carlo Argan individuava una condizione ineludibile della storia dell’arte rispetto alle altre discipline storiche :
«La storia dell’arte è infatti la sola, fra tutte le storie speciali, che si faccia in presenza degli eventi e quindi non debba evocarli né ricostruirli né narrarli, ma soltanto interpretarli».
Durante la pandemia l’espressione ‘in presenza’ è diventata l’ambita antitesi di attività succedanee, in cui l’immagine smaterializzata dei tesori racchiusi nei musei viene offerta come consolazione transitoria di un impossibile contatto diretto. Ora è dunque ancora più evidente la necessità di rinnovare tale contatto per riattualizzare il senso di quelle opere altrimenti inaccessibili. Dall’osservatorio offerto dal museo ciò appare al tempo stesso un’esigenza e un’opportunità.  Le opere, testimoni di tante vicende e di tanti giudizi, sono lì ad attendere una nuova interpretazione, si offrono e sfidano la nostra capacità di comprenderle.
E se la storia dell’arte è una storia speciale, la scienza applicata allo studio della tecnica  e dello stato di conservazione delle opere non può che essere una scienza speciale, necessariamente intrisa e consapevole di tutte le altre vie di accesso alla lettura di quelle opere, che pongono gli interrogativi e interpretano i dati. Di fatto è una disciplina umanistica, poiché prende senso dall’oggetto della sua analisi.

This essay sets out to analyse the commissioning of some major works by Pietro Perugino in the Marches, and in particular the Annunciation, the Durante Altarpiece and the Senigallia Altarpiece (the proposed original location for this painting is the demolished church of San Francesco, Fano). The role of Fra Antonio da Pinerolo, Bishop of Fano from 1482 to 1499, is emphasised. Perugino knew the Franciscan as the author of the iconographic programme for the early frescoes in the Sistine Chapel, where the other artists involved were Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio and Cosimo Rosselli.

Encouraging a reappraisal of Pintoricchio’s role as a draughtsman, a rediscovered drawing of St Matthew is here identified as a design for one of the lunettes of apostles and prophets that form a decorative scheme completed c.1490 in a room in Cardinal Domenico della Rovere’s palace in Rome.

Séminaire 2018 : 3e séance. Nous examinons d'abord l'emploi des temps narratifs en français, avec de nombreux exemples. Ensuite, nous montrons que le personnage qui raconte l'histoire, tantôt veut s'en distancer, tantôt veut en être ; l'autobiographie est un cas de cette dialectique.  Nous parcourons, avec de nouveaux exemples, opéra et théâtre, cinéma et arts figuratifs, pour y observer une tension analogue entre centre et périphérie, posture du sujet auteur devant son objet récit.

Em nome do poder, da arte e de Deus: o papa Sisto IV (1471 - 1484) e a análise de uma amostra de afrescos da Capela Sistina

AUTORA: Jordana Eccel Schio (lattes http://lattes.cnpq.br/3602844717231875)

ORIENTADOR: Francisco de Paula Souza de Mendonça Júnior (lattes http://lattes.cnpq.br/6177272366272480)

Resumo: Esta monografia busca a partir do estudo de dois afrescos identificar nas figurações religiosas representações e discursos que auxiliaram na consolidação do poder papal de Sisto IV (1471 – 1487). As fontes escolhidas são duas pinturas murais do chamado Ciclo da Vida de Jesus, localizadas na parede norte da Capela Sistina.  A primeira delas se intitula “Jesus entregando as chaves a Pedro”, executada entre os anos de 1481 e 1482, pelo artista Pietro Perugino (c. 1450 – 1523). A segunda fonte se intitula “As Tentações de Cristo”, feita entre 1481 e 1482, pelo pintor Sandro Botticelli (1444 – 1510). A abordagem metodológica desse estudo percorre as etapas de análise iconográfica e iconológica sugerida pelo historiador da arte Erwin Panofsky (1892 – 1968), logo se interpretará os dados visuais buscando pelo sentido mais profundo dos afrescos. O referencial teórico dessa pesquisa se alinha a História Cultural, que visa entender como determinada realidade ou grupo social se organiza e pensa. Desse modo, a amostra de afrescos selecionados para esse estudo pode ser analisada a partir dos conceitos de prática, representação e discurso, propostos pelo historiador francês Roger Chartier (1945 – ). O trabalho se justifica pela escassez de pesquisas que discutam questões ligadas à relação entre arte e política no âmbito da História. Por fim, os ciclos de afrescos da Capela Sistina eram mais que complexos arranjos iconográficos a serviço da Fé. Uma vez que, identificamos que os afrescos executados por Perugino e Botticelli tinham como objetivo consolidar a autoridade de Sisto IV, visto que por meio das representações foi exaltada a sua natureza espiritual e temporal, imortalizando o seu nome e o nome de sua família.

Palavras-chave: História Cultural; Capela Sistina; Sisto IV.

Disponível também em:  https://ufsm.academia.edu/VirtùVirtù

Hay obras que, tras una cuidadosa restauración, desvelan una calidad pictórica que suscita la disyuntiva entre encumbrar al maestro que la doctrina sostiene que las ha creado o la de buscar una nueva atribución de mayor calado que responda a la excelencia de su arte, un campo de acción, abierto al debate de ulteriores expertos de la pintura del Renacimiento español e italiano que debería enriquecer el estudio de la obra que nos ocupa.

Esta pequeña tabla atribuida por Matías Diaz Padrón, Aida Padrón Irune Fitz Fuertes y Juan Carlos Pascual de Cruz a Lorenzo de Ávila, que representa una virgen con niño de acentuadas resonancias umbras, entra dentro de esta categoría de obras en la medida en que, por un lado, ofrece un ejemplo paradigmático, hasta ahora desconocido, del nivel artístico que debiera corresponder a un maestro, cuyos estudiosos otorgan el atributo de ser el pintor que enriqueció el sobrio ambiente artístico del Renacimiento castellano de profundas raíces flamencas con la dulzura italiana propia de la escuela de Signorelli, Perugino o Rafael y, por otro, invita a profundizar nuevos derroteros atributivos del entorno de influencia de la pintura umbra de la primera mitad del siglo XVI.

This essay discusses Hans Belting’s and Bernard Aikema’s recent studies on Giorgione’s Tempesta. The authors connect this enigmatic masterpiece with Jacopo Sannazaro’s Arcadia, the Renaissance notion of a Golden Age and the debate on the origins of humanity, common in North European humanistic culture. Furthermore, it analyzes an illumination by Jean Bourdichon which seems to confirm the evocative link between Giorgione’s Tempesta and the nordic iconography of the Wild Man and his family, a symbol of an utopic escape from the corrupt social system, like the melancholic exile of poets-shepherds in Sannazaro’s Arcadia.

Esta monografia busca a partir do estudo de dois afrescos identificar nas figurações religiosas representações e discursos que auxiliaram na consolidação do poder papal de Sisto IV (1471 – 1487). As fontes escolhidas são duas pinturas murais do chamado Ciclo da Vida de Jesus, localizadas na parede norte da Capela Sistina.  A primeira delas se intitula “Jesus entregando as chaves a Pedro”, executada entre os anos de 1481 e 1482, pelo artista Pietro Perugino (c. 1450 – 1523). A segunda fonte se intitula “As Tentações de Cristo”, feita entre 1481 e 1482, pelo pintor Sandro Botticelli (1444 – 1510). A abordagem metodológica desse estudo percorre as etapas de análise iconográfica e iconológica sugerida pelo historiador da arte Erwin Panofsky (1892 – 1968), logo se interpretará os dados visuais buscando pelo sentido mais profundo dos afrescos. O referencial teórico dessa pesquisa se alinha a História Cultural, que visa entender como determinada realidade ou grupo social se organiza e pensa. Desse modo, a amostra de afrescos selecionados para esse estudo pode ser analisada a partir dos conceitos de prática, representação e discurso, propostos pelo historiador francês Roger Chartier (1945 – ). O trabalho se justifica pela escassez de pesquisas que discutam questões ligadas à relação entre arte e política no âmbito da História. Por fim, os ciclos de afrescos da Capela Sistina eram mais que complexos arranjos iconográficos a serviço da Fé. Uma vez que, identificamos que os afrescos executados por Perugino e Botticelli tinham como objetivo consolidar a autoridade de Sisto IV, visto que por meio das representações foi exaltada a sua natureza espiritual e temporal, imortalizando o seu nome e o nome de sua família.

Palavras-chave: História Cultural; Capela Sistina; Sisto IV.

Jordana Eccel Schio (lattes http://lattes.cnpq.br/3602844717231875)

There are works which, after meticulous restoration, reveal a pictorial quality that gives rise to the dilemma between either elevating to new heights the master traditionally held to have created them, or searching for a new and weightier attribution to match the excellence of their art; a field open to debate among scholars in Spanish and Italian Renaissance painting that should enrich the study of our masterpiece. (Fig.1)

This small panel attributed to Lorenzo de Ávila by Matías Díaz Padrón, Aida Padrón(1), Irune Fiz Fuertes(2) and Juan Carlos Pascual de Cruz(3), depicting a Virgin and Child of markedly Umbrian resonances, falls within this category of work as, on the one hand, it constitutes a paradigmatic example (unknown to date) of artistic quality as might befit a master whose scholars credit with having enriched the sober artistic environment of the Castilian Renaissance and its profound Flemish roots with the Italian sweetness of the school of Signorelli, Perugino(Fig.2) or Raphael(Fig.3); on the other hand, it also invites us to explore other attributions within the scope of influence of Umbrian painting from the first half of the 16th century.