Pittura Rinascimento

The dissertation, titled La committenza artistica dei Templari e degli Ospitalieri in Emilia Romagna, tries, through a multidisciplinary approach, to reconstruct the artistic heritage of two monastic and chivalrous Orders in the region. The dissertation was conceived in order to reflect, also in the structural level, the survey methodology: the first chapter was dedicated to an historical analysis of the two Orders, with particular attention to the relation between them and the art-world; the second chapter, instead, was focused on the relating artistic historiography and on a challenging archive investigations, that, above all through the use of an extensive and unpublished documentation, permitted to reveal new elements for a better understanding of the settlements’ net and their decoration. The research continued with the specific historic and artistic reconstruction of the commanderies: through a survey about the specific settlements, I tried to point out the artistic and historic events of its protagonists. Subsequently, without claiming to draw conclusions in a work that necessarily is in becoming, I developed some reflections on the nature, the limits, the characteristics and developments of the artistic patronage. Finally, the card’s stylistic analysis completed my investigation, giving meaning to the historic and documentary surveys. In this way I rediscovered an extensive and articulated artistic heritage that combines masterpieces and more modest works, but in any case capable of delineating the history of their authors (some of them, like Aristotele Fioravanti, Girolamo da Treviso, Pietro Bembo and Ranuccio Farnese, real protagonists of the time), in a continue and substantial dialogue with the artistic cultures that crossed the region, and not only the region, between Middle Age and Early Modernity.

1 Testo italiano [2 English Text]
Presentazione dello stato della questione relativa allo studio e alla conservazione di un casa di Ossana, in Val di Sole nel Trentino nordoccidentale che custodisce un interessante ciclo di affreschi di tema sia profano che sacro databili a partire dalla seconda metà del Quattrocento. La presentazione è stata tenuta ad Ossana il 29 ottobre 2016 nell'ambito dell'iniziatica "I luoghi del cuore 2016" promossa dal FAI, il Fondo per l'Ambiente Italiano in collaborazione con il Comune di Ossana.
2 English Text
Presentation of the state of the question concerning the study and conservation of a Ossana house, in Val di Sole in the north-western Trentino which houses an interesting cycle of frescoes of both
profane that sacred dating from the second half of the fifteenth century. The presentation was held in Ossana on 29 October 2016 as part of the initiative "I luoghi del cuore 2016" promoted by FAI, Fondo Ambiente Italiano, the Italian Environment Fund in collaboration with the Ossana Municipality.

La stesura dell’inventario del fondo dell’Archivio notarile di Monterotondo, conservato presso l’Archivio di Stato di Roma, ha permesso di individuare in modo imprevisto, all’interno di protocolli notarili, i due inventari dei beni del Palazzo qui pubblicati per la prima volta. Alcuni, invece, erano già noti attraverso le citazioni del fondamentale lavoro di P. N. Pagliara oppure nella trascrizione a cura del Centro Regionale di Documentazione o ancora nella parziale edizione di M. Aronberg-Lavin incentrata sulle opere d’arte. Si propongono ora nove inventari completi compresi tra il 1636 e il 1868 non privi di elementi sorprendenti come i 216 quadri che elencano. La funzione che gli oggetti dovevano ricoprire, sia pure intesi nell’accezione precisa di “bene”, doveva essere importante se ha determinato il proliferare di elenchi e istrumenti notarili che li fissano, restituendone parte del significato. Il rapporto tra l’uomo del passato e l’oggetto era più significativo di quello del contemporaneo espresso attraverso il consumo, che ne condiziona utilizzo e possesso, per cui la “dignità legale” del bene si restringe al solo oggetto di valore, mentre, nel Seicento e nei secoli successivi, gli elenchi presentano oggetti che per noi sarebbero assolutamente trascurabili. Il loro passaggio da un individuo all’altro implicava il perdurare del significato simbolico dell’appartenenza, confermata negli anni e quindi potenziata nel valore. Il senso di questa proiezione temporale si coglie nel Palazzo di Monterotondo quando certi oggetti si ritrovano nello stesso posto pur nella rovina cui sono arrivati. Le figure di coloro che li hanno posseduti sono state delineate nella loro concretezza umana e istituzionale: Orsini, Barberini, Grillo, Borromeo-Arese, fino ai Boncompagni-Ludovisi. Ne deriva un’evidenza del feudo e del Palazzo all’interno del quadro storico generale, con un rilievo a tuttotondo che li trae da quel cono d’ombra nel quale erano scivolati. Il cambiamento, che nel corso dei secoli l’edificio andrà assumendo, lo porterà da simbolo del potere baronale degli Orsini, per cui era stato edificato nel medioevo, a sede dell’amministrazione municipale. Un percorso lungo col quale ha attraversato la splendida stagione del barocco romano, come luogo privilegiato della famiglia Barberini, il XVIII secolo dei ricchi genovesi Grillo, declinando poi velocemente con i Boncompagni-Ludovisi verso un utilizzo in cui non erano più necessari gli apparati, per arrivare ad acquisire la sobrietà della piena valenza di Palazzo civico.

Nella scena de "L’esaltazione della vera Croce", affrescata da Piero della Francesca ad Arezzo, Eraclio riporta la Croce a Gerusalemme facendo un pellegrinaggio scalzo, a imitazione di Gesù sulla strada del Golgota. Alla Croce accorrono numerosi fedeli che si prostrano in segno di adorazione: L’adorazione del sacro legno. Qui colpisce il volto dei
fedeli in ginocchio, il loro volto non rimane impassibile, è attento con umile riverenza: gli sguardi sono rivolti quasi innaturalmente verso l’alto mentre la testa insiste nell’atto di prostrarsi. La sorpresa è più grande è un uomo, nascosto, sul fondo...

Ritenuta una delle opere più alte mai collocate su un altare romagnolo nel Cinquecento, la pala di Lugo
di Girolamo Marchesi eseguita nel 1528 per la chiesa dei padri conventuali di San Francesco, sarà
elemento centrale dell’incontro tenuto da Raffaella Zama per l’Università per Adulti di Lugo in
collaborazione con il Liceo “G. Ricci Curbastro”.
L’autrice di studi già confluiti in una monografia sull’artista, ripercorrerà in effetti la storia di due
distinti dipinti realizzati per la medesima chiesa e traccerà le vicende che portarono alla perdita
dell’uno e alle infinite peregrinazioni dell’altro.
Sarà occasione per approfondire la singolare figura di Girolamo Marchesi, tale da confondere la critica
e convincerla che la sua produzione fosse il frutto dell’attività di due distinti artisti. Complice una
virata stilistica rapidissima avvenuta nel segno di Raffaello.
Nell’anno che celebra il cinquecentenario della morte di Raffaello, sarà l’occasione per conoscere un
esempio di precoce assimilazione dei testi figurativi del ‘divin pittore’ ed osservare come la
contaminazione nei territori periferici avvenisse per mano di autori locali, ma che locali non erano
affatto.

Il disegno di Giulio Romano (Louvre, Inv. 3469 recto) raffigurante l’Assunzione della Madonna presenta delle particolarità iconografiche derivate da testi che celebrano l’Immacolata Concezione. Nel disegno questo tema è fuso con quello dell’Assunzione, e molto risalto è dato al sarcofago vuoto, secondo un’iconografia che trova la sua origine nelle omelie sulla Dormizione della Madonna di San Giovanni Damasceno. Inoltre nel disegno sono raffigurati tre angeli, due dei quali offrono tre corone alla Madonna. La fonte di questo particolare inedito è il Mariale scritto nel 1494 da Bernardino de Bustis, che dà una lunga spiegazione del significato simbolico delle tre corone che rappresentano l’eccellenza della Madonna su tutte le creature. Il Mariale appartiene ad un gruppo di testi neoplatonici molto importanti per i committenti di pittura sacra di Giulio, soprattutto per il vescovo Gian Matteo Giberti che nel 1530 ca. commissionò a Giulio i cartoni per la decorazione dell’abside del duomo di Verona.

L’articolo prende in considerazione un gruppo di documenti, compresi nel fondo archivistico dei Conventi soppressi attualmente conservato all’Archivio di Stato di Pordenone, che riguardano il convento di San Francesco di Pordenone. Nei circa duecento documenti, che vanno dal 1448 agli inizi del XVIII secolo, si possono rintracciare numerose informazioni su fatti, luoghi e soprattutto persone di Pordenone, ma anche di vari paesi del circondario. Nel contributo sono presi in particolare considerazione i diversi mestieri, le attività economiche e la provenienza delle persone menzionate, spesso originarie di zone anche lontane, nonché l’antroponimia e la toponimia.
Interessanti risultano alcune notizie che riguardano medici, docenti, letterati e artisti. Fra di esse, spicca un documento del 1506 nel quale è citato come testimone di un atto notarile il famoso pittore Giovanni Antonio de Sacchis, ossia il Pordenone.

This article focuses on a series of documents on San Francesco friary which are found in the Abolished Friaries section of the State Archive in Pordenone. The documents, totalling around two-hundred, date back to between 1448 and the beginning of the 18th century, and provide precious information on events, locations and – most importantly – people connected to the town of Pordenone as well as other towns and villages nearby. Different professions and business activities have been analyzed, along with the origins of the people mentioned, some of them coming also from distant regions, as well as names of people and places.
Some data concerning doctors, teachers and men of letters and arts prove to be particularly interesting. In a document dating back to 1506, the famous painter Giovanni Antonio de Sacchis, better known as Il Pordenone, is mentioned as a witness to a deed of sale.

Il contributo analizza il ciclo affrescato da Domenico Ghirlandaio e bottega nella Chiesa di Santa Trinita a Firenze successivamente al complessivo restauro eseguito dal 2004 al 2007. Nello studio sono stati identificati molti volti di personaggi e i luoghi che fanno da sfondo alle storie affrescate.

E.M. Guzzo, ALCUNE FONTI PER IL GIOLFINO. INFLUSSI E TANGENZE atti e memorie dell'accademia di agricoltura scienze e lettere di verona, 187, 2014-2015.
Riassunto Il saggio indaga la produzione di Nicola Giolfino, pittore veronese at-tivo nella prima metà del XVI secolo, e gli influssi che hanno arricchito il suo linguaggio. Per quanto riguarda l'espressività e il modo di narrare, punti di riferimento importanti sono stati Lorenzo Lotto e i pittori nordici (ad esempio Dürer e Lucas Cranach il vecchio); per quanto riguarda inve-ce le strutture architettoniche nelle pale e negli affreschi, i pittori milanesi (Bramante, Bramantino, Zenale) e il friulano Pordenone. PAROLE CHIAVE: Giolfino, pittore, Verona, influssi, architetture dipinte. abstRact Some sources for Giolfino: influences and tendencies The essay examinates the work of Nicola Giolfino, Veronese painter active in the first half of the XVI century, and the influences that have enriched his style. Regarding his expressiveness and storytelling, his main references were Lorenzo Lotto and the Northern painters (i.e. Dürer and the old Lucas Cra-nach); concerning architectural structures in altarpieces and frescos, his main references were the Milanese painters (Bramante, Bramantino, Zenale) and the Friulian Pordenone.

Gaetano MILANESI : Documenti inediti risguardanti Leonardo da Vinci. [in] Archivio storico italiano fondato da G. P. Vieusseux e continuato a cura della R. deputazione di storia patria per le provincie della Toscana e dell’Umbria. Quinta serie. Tomo XVI. Anno 1872. In Firenze, presso G. P. Vieusseux, Coi tipi di M. Cellini e C., 1872, pp. 219-230.

The numerous plagues that overflown Bologna in the second half of the 15th century were the reason for the spread of saint Sebastian’s iconography in the city, which reached its climax in the last twenty years of the century. The possible political meanings of this iconography are also discussed. Towards the end of the century, we observe a softening of saint Sebastian’s figure, which is less burly in build than the examples painted around the mid-century. We focus on several cases, for which the reasons for the choice of this saint are investigated; they also provide the opportunity to reconsider the attribution of a selection of paintings.

Il volume presenta l’edizione critica della versione volgare del trattato sulla prospettiva di Piero della Francesca. Basata sulla collazione tra tutti i manoscritti noti dell’opera, l’edizione offre elementi sulla genesi testuale del trattato (soprattutto grazie allo studio del codice Regg. A 41/2 della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia), mostrando come ...

Nessuna difficoltà forse è veramente più chiara e lampante di questa: e cioè che in rapporto a Michelangelo vorremmo dire tutto in un solo fiato, proclamare il miracolo vero e perpetuo; vorremmo se fosse possibile inebriare il lettore e cantare un inno solenne all'uo-mo, al genio, e allo stesso tempo la Venere ringraziare poiché è da lei che ogni genere di vivente "viene concepito e giunge a visitare, una volta nato, i lumi del sole..." 1. Ma tutto non può dirsi e sareb-be impossibile... Quale Michelangelo infatti? Lo scultore della Pietà, il pittore della Volta, l'architetto, il falsario 2 o persino il poeta? Po-eta, sì, dell'abisso; poeta del tormento e dell'amore mai pienamente realizzato: "Fugite amanti, Amor, fugite 'l foco;/ l'incendio è aspro e la piaga è mortale..." 3. Una difficoltà anche il tempo, infatti Michelangelo vive quasi un secolo (1475-1564) e porta il Rinascimento alla sua apoteosi, dopo il quale prenderà inizio la maniera 4. 1 Lucrezio, De rerum natura, Newton & Compton, Roma 2014, I 1,43, p. 44. 2 Michelangelo scolpì, probabilmente per necessità o per farsi notare, un "Cupido dormiente" di età greco-romana e lo sotterrò. L'opera venne venduta al cardinale Raffaele Riario. Scoperta la truffa, Riario rimase impressionato dalla bravura dello scultore e volle conoscere Michelangelo, il quale, di lì a poco, divenne famoso. L'opera successiva, infatti, sarà la Pietà. 3 M. Buonarroti, Rime e lettere, UTET, Torino 2015, p. 91. Le Rime verranno pubblicate postume a Firenze, nel 1623, dal nipote Michelangelo Buonarroti il Giovane. 4 La "maniera moderna" era la pittura dei grandi artisti come Michelangelo e Raffaello che, secondo Giorgio Vasari, rappresenta il culmine della tecnica e dello stile. Dunque il pittore manierista è colui che abbandona la natura come modello e si ispira esclusivamente all'opera di questi.

In Basilicata, nell’abitato di Ripacandida in provincia di Potenza, è custodita una piccola chiesa dedicata a san Donato, vescovo e martire di Arezzo (IV secolo). Costruita verosimilmente nel XII secolo, con corpo rettangolare ad aula unica con alta copertura a crociera e terminante con coro quadrato, la chiesa fu affidata ad un gruppo di monaci benedettini che seguivano la Regola inaugurata a Montevergine (Av) da san Guglielmo da Vercelli (1085-1142).
A partire dalla seconda metà del Quattrocento e sino ai primi decenni del Settecento, la chiesa fu interamente affrescata con Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento, Storie agiografiche, Inferno, Purgatorio (nella variante iconografica del “Ponte del capello”, costituendo il terzo caso in Italia) e Paradiso; essi, ad oggi, sono i cicli pittorici più completi della Basilicata.
Questo volume, ricostruendo le fasi storiche e artistiche della chiesa ripacandidese, dimostra come la Basilicata, regione ancora e purtroppo non degnamente indagata, sia stata sì terra di confine, ma soprattutto luogo di fecondi scambi culturali con il basso Lazio, la Campania, la Puglia, l’Abruzzo e le Marche. Con i suoi affreschi, dunque, la chiesa di San Donato si inserisce, a pieno titolo, nei quadri della cultura meridionale di epoca moderna.

Tra i maggiori complessi monumentali della città di Aversa, la Casa Santa dell'Annunziata, nota anche come A.G.P. (acronimo del saluto dell'angelo Gabriele a Maria), svolse un'intensa opera sociale per gli ammalati poveri ed i bambini abbandonati. Sin dalle origini, l'istituzione benefica si sviluppò lontano dal centro abitato e fu gestita dai governatori designati dall'amministrazione cittadina. Nella preziosa platea dell'Annunziata di Aversa è scritto che le notizie sulla «prima fondazione» della chiesa e dell'ospedale ad essa annesso sono scarse per via delle guerre e dei saccheggi che la Casa Santa ha subito e che le più cospicue informazioni sulla nascita dell'istituto fanno riferimento al periodo angioino. Tuttavia, un recente ritrovamento documentario offre spunti per un nuovo studio sulla fondazione del complesso aversano. Si tratta di una pergamena conservata nell'Archivio dell'Abbazia di Montecassino, in cui si legge che nel mese di dicembre dell'anno 1262- in seguito ad una richiesta dei governatori e dei chierici dell'Annunziata di Aversa-il pontefice Urbano IV dispensò la chiesa e l'ospedale da un pagamento. Purtroppo il documento è danneggiato tanto da non permettere di ricavare ulteriori notizie. Eppure, i pochi dati estratti avvalorano i dubbi sulla presunta fondazione angioina dell'A.G.P. di Aversa sostenuta nella platea dell'istituto e, sulla base di essa, da molti storici.

Il ritratto di Laura Battiferri è una delle opere più enigmatiche di Bronzino, che aveva per la ritrattata amicizia e stima e nondimeno la rappresenta priva di ogni avvenenza in un dipinto totalmente spoglio. In realtà, questa dovette essere una precisa richiesta della stessa Battiferri, che frequentava circoli maschili di poeti e letterati, ed era lei stessa poetessa di grande fama. A lei, unica donna, fu conferito il grandissimo onore di essere ammessa all'Accademia degli Intronati di Siena, preclusa alle donne, ed è significativo che scegliesse allora il nomignolo accademico di Sgraziata, per sottolineare che le sue qualità non dovevano essere quelle femminili dell’avvenenza, ma quelle maschili dell’intelletto. Questo è l’unico ritratto di profilo dipinto da Bronzino, che tuttavia aveva già realizzato anni prima il lascivo profilo della Venere dell’Allegoria, oggi a Londra, nel quale il pittore sembra essersi ispirato ai canoni di bellezza indicati da Agnolo Firenzuola in un dialogo dedicato appunto alla bellezza delle donne. Si potrebbe pertanto anche ritenere che il profilo della Battiferri e quello della Venere siano stai pensati, sia pure a distanza di anni, quasi in maniera complementare come un rapporto dialettico di opposti.

L'articolo indaga sull'opera dell'anonimo artista attivo in Sardegna tra la fine del '400 e l'inizio del '500, attraverso l'analisi delle opere note, di altre inedite e proposte per la prima volta, attraverso un percorso cronologico, agganciato a precisi committenti e fatti storici, che per la prima volta restituiscono una ipotesi sulle sue origini, non necessariamente legate alla Catalogna.

Le immagini della via Appia, raccolte in questo volume da Andrea Zocchi, non si limitano a costituire una importante documentazione degli aspetti più pittoreschi degli straordinari paesaggi del Suburbio a sud di Roma, esse evocano soprattutto il tema del viaggio, ed in particolare del viaggio come esperienza culturale.
From the Contents:
Presentazione; Premessa; Introduzione; La via Appia: dalle origini ai giorni nostri: Dalle origini al tardo antico; Dal medioevo ad oggi; La raccolta iconografica: La documentazione cartografica; La documentazione grafica e pittorica; La documentazione fotografica; I miglio:Documentazione cartografica; Documentazione grafica e pittorica; Documentazione fotografica; 1. Porta San Sebastiano; 2. Sepolcro; 3. Asse viario e muro in opera incerta; II miglio: Documentazione cartografica; Documentazione grafica e pittorica; Documentazione fotografica; 4. Sepolcro dei Corneli; 5. Impianto residenziale; 6. Colombario; 7. Sepolcro detto di Orazio Flacco; 8. Sepolcro detto di Geta; 9. Sepolcro di Priscilla; 10. Struttura antica; 11. Nucleo di sepolcro; 12. Colombario detto dei Liberti di Augusto; 13. Colombario detto dei Liberti di Livia; 14. Sepolcro detto della Gens Atilia; 15. Nucleo di sepolcro; 16. Sepolcro in opera laterizia; valle della caffarella: Documentazione cartografica; Documentazione grafica e pittorica; Documentazione fotografica; 17. Sepolcro detto di Annia Regilla; 18. Ninfeo d' Egeria; 19. Struttura detta tempio di Cerere e Faustina; 20. Cisterna; 21. Strutture murarie; III miglio: Documentazione cartografica; Documentazione grafica e pittorica; Documentazione fotografica; 22. Sepolcri dei Fulvi, dei Canulei, dei Livii; 23. Sepolcro di Lucio Volumnio; 24. Sepolcro detto dei Calventi; 25. Sepolcro detto dei Cerceni; 26. Nucleo di sepolcro; 27. Sepolcro detto di Claudia Semne; 28. Colombario; 29. Sepolcro detto dei Gaii Caesellii; 30. Sepolcro detto degli Attili Calatini; 31. Colombario; 32. Sepolcro a tempietto; 33. Mausoleo e quadriportico di Romolo; 34. Sepolcro detto dei Servili; 35. Villa di Massenzio; 36. Circo di Massenzio; 37. Struttura detta Tempio di Proserpina; 38. Sepolcro a pianta circolare con absidi; 39. Sepolcro a pianta circolare; 40. Mausoleo di Cecilia Metella; 41. Castrum Caetani; IV-V miglio: Documentazione cartografica; Documentazione grafica e pittorica; Documentazione fotografica; 42. Mausoleo con targa trigonometrica; 43. Sepolcri a torre; 44. Nucleo di sepolcro; 45. Nucleo di sepolcro; 46. Nucleo di sepolcro; 47. Torretta medievale su strutture antiche; 48. Sepolcro detto di Servilio Quarto; 49. Sepolcro a dado; 50. Sepolcro a torretta; 51. Sepolcro detto di Seneca; 52. Mausoleo rotondo; 53. Sepolcro detto ad arco; 54. Sepolcro detto dei figli di Sesto Pompeo Giusto; 55. Struttura detta tempio di Giove; 56. Sepolcro di s. Urbano e Domus Marmeniae0; 57. Sepolcro dei Licini; 58. Sepolcro dorico; 59. Sepolcro di Ilario Fusco; 60. Sepolcro di Claudio Secondo Filippiano; 61. Colombario; 62. Sepolcro di Quinto Apuleio; 63. Sepolcro a tempietto; 64. Sepolcro dei Rabiri; 65. Nucleo di sepolcro; 66. Sepolcro a torre; 67. Sepolcro detto a festoni; 68. Sepolcro detto del frontespizio; 69. Nucleo di sepolcro; 70. Arco quadrifronte; 71. Strutture in laterizio e colombario; 72. Nucleo di sepolcro; 73. Sepolcro detto di Barica, Zabda e Achiba; 74. Nuclei di sepolcri; 75. Sepolcri a tempietto; 76. Mausoleo rotondo; 77. Strutture antiche; 78. Sepolcro detto a cuspide; VI-IX miglio: Documentazione cartografica; Documentazione grafica e pittorica; Documentazione fotografica; 79. Tumulo detto dei Curiazi; 80. Ustrinum; 81. Casale di S. Maria Nova su cisterna antica; 82. Mausoleo a piramide; 83. Sepolcro a torre; 84. Tumuli detti degli Orazi; 85. Cisterna a pianta circolare; 86. Villa dei Quintili; 87. Sepolcro detto con scala a chiocciola; 88. Casale su cisterna antica; 89. Sepolcro detto ad arco; 90. Torcular detto farmacia di S. Maria Nova; 91. Casal rotondo; 92. Mausoleo e torre selce; 93. Esedra sepolcrale; 94. Sepolcro a edicola; 95. Sepolcro detto del vaso di alabastro; 96. Struttura detta tempio di Ercole; 97. Sepolcro detto di Quinto Veranio; 98. Sepolcro detto Berretta del Prete; 99. Mausoleo detto di Gallieno; Cartografia; Conclusioni; Il dato numerico; divisione tipologica; divisione cronologica; divisione per miglia; Il dato archeologico; attendibilità del dato; l'elemento archeologico; La rappresentazione della via Appia Antica - Testimonianza artistica e documento storico; Appendice (Tabelle dei documenti); Bibliografia e fonti di archivio; Indice dei nomi; Indice dei luoghi

Nello splendido ritratto di Simonetta Vespucci, dipinto intorno al 1480 da Sandro Botticelli e oggi conservato nello Städel Museum di Francoforte (Fig. 1), la nobildonna è raffigurata a mezzo busto, con il viso di profilo e il corpo delicatamente girato verso l'osservatore al quale mostra il prezioso pendente che porta al collo. Fig. 1 Botticelli, Simonetta Vespucci come ninfa, 1480, Städel Museum, Francoforte La giovane Simonetta Cattanei, musa ispiratrice di Botticelli che la ritrasse nei suoi più celebri capolavori quali la Nascita di Venere e la Primavera, oggi entrambi agli Uffizi, fu maritata giovanissima al coetaneo Marco Vespucci e fu amata da Giuliano de' Medici-il fratello minore di Lorenzo il Magnifico-che le dedicò la vittoria della giostra del 29 gennaio 1475. La sua precoce morte, sopraggiunta all'età di 23 anni nell'aprile del 1476 a causa della tisi, fece sì che Simonetta diventasse presto un'icona ultraterrena alla quale lo stesso Lorenzo il Magnifico, immaginandola nel firmamento, dedicò un sonetto nel quale la descriveva come una "chiara stella" che con i suoi raggi toglieva la luce alle stelle vicine. Nel dipinto di Botticelli la celestiale Simonetta, degna della bellezza e della purezza d'un angelo, appare con l'incarnato perlaceo, un abito bianco e una lunga chioma dorata, terminante in due lunghe due trecce unite all'altezza del cuore. La sua elaborata acconciatura presenta candide perle di diversa dimensione e fili argentei che escono da un gioiello a forma di fiore, in oro con rubino, forse un simbolo nuziale. La collana di fili d'oro regge un raro pendente eseguito in età ellenistica, raffigurante una scena del mito di Apollo e Marsia. Il pregiato gioiello è un cammeo in sardonica a due facce aventi lo stesso soggetto e la medesima cornice in oro e smalto nero (Fig.2) Fig. 2 Apollo, Olympos e Marsia, cammeo, sardonica, età ellenistica, Bibliothèque Nationale de France, Parigi L'unica differenza sostanziale è che una faccia del cammeo presenta un fondo con un marrone più chiaro rispetto all'altra faccia che ha il fondo più scuro. Il dipinto di Botticelli mostra il lato del cammeo con il fondo più scuro e con le figure evidenziate dal bianco giallastro della sardonica.

Un libro-guida nei misteri di Ferrara, che si propone non solo come una ristampa del successo Ferrara Magica, ma come novità in quanto sono stati inseriti alcuni nuovi itinerari densi di simboli e misteri.
Una nuova perla che quindi va ad incastonarsi in una delle città più magiche d’Italia, da visitare con questa preziosa ed indispensabile guida tra le mani.

Artefice di una collezione d'arte fra le più importanti a livello emiliano, ma forse anche nazionale, il cavalier Pietro Foresti di Carpi fra Otto e Novecento, grazie a una grande elezione di gusto e alla consulenza di personalità come Corrado Ricci e Adolfo Venturi, acquisì scelti pezzi dalle più cospicue case carpigiane e modenesi oltre che dai più ampi circuiti del mercato antiquariale. Attorno al 1913 "sciolse" poi le sue rinomatissime raccolte, di dipinti, arredi, suppellettili, in vendite e in una donazione al Museo Civico della natia Carpi; opere che hanno così raggiunto altre importanti collezioni, pubbliche e private.
Circondato dalla sua collezione, Pietro Foresti si ritrae in una fotografia allo scrittoio del suo studio avvolto nella penombra, “luogo” d’elezione per il connaisseur, scenario di quadri, di antichi battenti in bronzo, con un busto all'antica in marmo, una targa con una Madonna col Bambino, la lampada con la statua di Mercurio in argento fuso e cesellato. E Foresti, con una lettera fra le mani, vi appare una sorta di moderno principe nel suo “studiolo”. Da qui egli intrattenne contatti con un’élite di intellettuali, aristocratici, intenditori, amici che condividevano la passione per la trouvaille, l’indagine storica, la squisitezza del gusto. E a questo scrittoio, si presume, il 15 febbraio del 1913 avrebbe steso la lettera rivolta al Sindaco della sua città: “Destino al Museo della mia città quella parte delle mie raccolte che può riferirsi alla storia e all’arte di Carpi…”.

La pluralità di voci e il dialogo tra le discipline letterarie, sto­ riche e storico­artistiche sono alla base di questo volume dedicato al fondamentale tema dei rapporti intrattenuti dalla Serenissima con l'impero asburgico, nel più ampio contesto del tardo Rinascimento europeo. Sulla scia di una consolidata tradizione di studi, lo scopo del libro è di percorrere alcuni filoni storiografici più promettenti, ampliando le prospettive d'indagine verso contesti culturali, geografici e artistici finora poco esplorati, in un'ottica globale. Il commercio a lunga distanza-conseguenza dell'espansione ma­ rittima della prima età moderna-, l'affermazione delle famiglie nobili di Terraferma in ambito locale ed europeo, la circolazione degli oggetti artistici attraverso i canali diplomatici, la fortuna della pittura veneziana per mezzo della stampa e del collezionismo, il ruolo svolto da Aretino nel gioco diplomatico­propagandistico italiano grazie al rapporto esclusivo tra Tiziano, Carlo V e Filippo II, sono alcuni dei temi affrontati dagli autori. Prendendo spunto da una giornata di studio interdisciplinare te nu tasi nel 2016 all'Università di Padova, sono qui pubblicati i con tributi di studiosi di generazioni diverse, alcuni dei quali impegnati nel Progetto Strategico European and Venetian Renaissance-EVERE, finanziato dallo stesso ateneo. Tiziano, Allegoria della Spagna che soccorre la Religione (particolare), 1572­1575, Madrid, Museo Nacional del Prado, inv. n. P430, tela, cm 168x168 P A U n i v e r s i t à d e g l i S t u d i d i P a d o v a Dipartimento dei Beni Culturali archeologia, storia dell'arte, del cinema e della musica Benedetta Crivelli è assegnista di ricerca in Storia economica presso l'Università Bocconi di Milano. Si è occupata di processi finanziari e scambi commerciali nell'area dell'impero spagnolo in età moderna, con particolare attenzione al ruolo delle comunità mercantili italiane stabilitesi nella penisola iberica. I suoi lavori sono stati pubblicati in riviste italiane e internazionali. É autrice della monografia Commercio e finan-za in un impero globale. Mercanti milanesi nella penisola Iberica (1570-1610) (Roma 2017). Sarah Ferrari ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia dell'arte presso l'Università degli Studi di Padova nel 2014, con una tesi dedicata alla complessa congiuntura culturale ve­ neziana negli anni di Giorgione, ed in particolare alla fortuna del paesaggio. Nel 2016 ha pubblicato il volume "Una luce per la natura". Studi su Giorgione. Nei suoi contributi si è occupata anche di fortuna dell'antico e vicende del collezionismo euro­ peo. MarSel GroSSo è assegnista di ricerca in Storia dell'arte mo­ derna presso l'Università di Padova. Si è occupato di pittura veneta del Cinquecento e in particolare di Tiziano, del quale ha ricostruito la fortuna critica nell'Italia meridionale, e in seguito di Vasari, Battista Franco e Tintoretto. Tra le sue pubblicazioni, Per la fama di Tiziano nella cultura artistica dell'Italia spagnola. Da Milano al viceregno (Udine 2010) e con Gianmario Guidarel­ li, Tintoretto e l'architettura (Venezia 2018).

This PhD examines the mural cycle that decorates the upper gallery of the main cloister of the Badia Fiorentina in Florence, called Chiostro degli Aranci, in relation to the postmasaccian Florentine painting. The cycle consists of 10 lunettes painted between 1436 and 1438 with the buon fresco technique and a strip of basement decoration that accompanies them. This work is attributed in this PhD to Giovanni di Consalvo, painter of Portuguese origins, whose name comes from a ledger of the monastery of the Badia Fiorentina, now preserved in the ASF, that mentions repeatedly Consalvo as a recipient of payments for pigments and other materials to carry out the work of the frescoes.

The frescoes in the Chiostro degli Aranci are the result of a commission Abbot Gomes of Portugal, who ruled the Badia Fiorentina during the period, and respond to his desire for reform monasticism and to return it to its origins, to the Rule and to the Desert Fathers.

The analysis allows us to consider the mural cycle of Badia Fiorentina as the first introducer of Flemish influence on Florentine painting, mainly with the pictorial resource of the reflection of objects in the water. The role of the cycle as the introducer of this resource in Florentine painting was very important for the early work of some of the painters of the next generation as Piero della Francesca or Alesso Baldovinetti. On the other hand, teaches us today, over a period of the Florentine painting, dominated by large mural cycles as the apse of Sant'Egidio or the Gianfigliazzi chapel of Santa Trinita and that today we can only learn about them through its predecessor, the cycle of Badia.

In occasione della grande mostra dedicata a Piermatteo d’Amelia ospitata a Terni (dicembre 2009 - maggio 2010), viene presentata una guida storico-artistica che accompagna il visitatore nei luoghi che accolgono memoria e testimonianza dell’opera di questo grande maestro del Rinascimento italiano.
I percorsi proposti – che si snodano nei territori di Spoleto, Terni, Narni, Amelia, Orvieto e lungo l’antica via Amerina – toccano i luoghi dei suoi esordi artistici, i contesti di provenienza di celebri opere espatriate e i siti dove sono ancora conservate alcune tra le più pregevoli testimonianze della sua pittura. Il volume è completato di una bibliografia essenziale.
Curatore: Saverio Ricci
Testi di: Saverio Ricci, Maria Laura Moroni, Alessandro Novelli, Lucilla Vignoli, Fabio Marcelli, Francesco Ortenzi, Luca Castrichini, Alessandra Cannistrà, Laura Andreani, Giuseppe Cassio

Abstract − Around 1486 Cecilia Gallerani was introduced to the court of Ludovico il Moro, becoming soon her favourite mistress. In 1491 she gave him the son Cesare, immediately legitimized as a Sforza. Her portrait painted by Leonardo da Vinci, celebrated in a sonnet by the courtisan Bernardo Bellincioni (c. 1490), is nowadays identified with the Lady with an ermine in the Czartoriskji Museum at Krakow. It may be interpreted also as a sort of political allegory due to the presence of the heraldic animal, alluding to Ludovico’s investiture (in the late 1486) to
the chivalric decoration entitled to San Michele and called Armellino, instituted by the King of Naples.
Key words: allegory, ermine, Moor, Sforza, Aragon

Riassunto − Cecilia Gallerani fu introdotta intorno al 1486 alla corte di Ludovico il Moro, divenendone ben presto la favorita e dando alla luce nel 1491 Cesare, prontamente legittimato. Il ritratto che di lei dipinse Leonardo da Vinci, celebrato in un sonetto encomiastico del poeta cortigiano Bernardo Bellincioni risalente al 1490 circa, si identifica unanimemente nella stupenda Dama con l’ermellino oggi nel museo Czartoriskji di Cracovia. Esso è anche interpretabile come allegoria politica sforzesca per la presenza dell’animale araldico, allusivo al conferimento dell’ordine cavalleresco di San Michele o dell’Armellino, ottenuto dal re di Napoli alla fine del 1486.
Parole chiave: allegoria, ermellino, Moro, Sforza, Aragona