Saggistica E Narrativa

Il libro ripercorre in quattordici capitoli la storia della famiglia dell'autrice nei suoi due rami, materno e paterno, fin dove può arrivare la memoria, cioè non al di là dei bisnonni. Quello materno era un noto pittore, Stefano Donadoni (Bergamo 1844- Roma 1911), trasferitosi, forse intorno al 1882, da Bergamo a Roma, dove visse dipingendo e vendendo vedute della città eterna e dei suoi dintorni. Un suo figlio, Alessandro (Bergamo 1871-Roma 1899) fu ricco d'ingegno e scrisse opere musicali, ma morì di tisi a soli ventisette anni. La figlia Elisa (Bergamo 1877-Roma 1966), che dipingeva come il padre e suonava il violino, a Roma conobbe e sposò nel 1903 il giornalista e fecondo poeta romanesco Giuseppe Martellotti (Viterbo1864-Roma 1942): un capitolo del libro è basato sulla corrispondenza che i due intrattennero durante il loro fidanzamento (in versi italiani le lettere di lui, ornate da disegni quelle di lei). Martellotti fu una figura di spicco negli ambienti giornalistici e culturali della capitale tra fine Ottocento e primo Novecento: studiò, pur senza mai giungere a laurearsi, alla Sapienza, dove incontrò il filosofo Antonio Labriola, per il quale tenne spassose conferenze pedagogiche in martelliani romaneschi, collaborò, con lo pseudonimo di Guido Vieni, a numerosi fogli romani, pubblicò varie raccolte di versi romaneschi. Alla sua molteplice attività sono dedicati tre capitoli con ampi estratti dai suoi componimenti. Anche il padre di Giuseppe, Tullio Martellotti, era autore di libri in versi italiani, oggi del tutto dimenticati, e nella famiglia Martellotti tutti poetavano, anche all'improvviso. Dal lato paterno il racconto prende le mosse a Paternò, da un incidente sul lavoro che condannò in fondo a un letto il bisnonno carrettiere, Giuseppe, e lasciò senza sostegno economico la famiglia. Il figlio Giovanni (Paternò 1867-1934) esercitò fin da bambino i più svariati mestieri per aiutare la famiglia: lavorò nelle cave di gesso, in un mulino, in cantieri edili, nell'agricoltura, e perfino nelle miniere di zolfo per portare il minerale estratto in superficie, come il 'caruso' di Ciaula scopre la luna di Pirandello. In mezzo a tutto questo riuscì tenacemente a studiare e arrivò a conseguire la laurea in lettere a Catania e a divenire in seguito professore di scuola media. Anch'egli ha lasciato un gran numero di versi dalla metrica impeccabile. Ebbe quattro figli, il maggiore dei quali, Alfredo (Regalbuto 1907-Roma 1908), divenne a sua volta professore di latino e greco nei licei e dopo un soggiorno di studio a Gottinga si trasferì a Roma, dove nel 1944 sposò Tullia Martellotti (Roma 1908-1997), dalla quale ebbe tre figli, Silvia, Francesco, Alberto. Un capitolo è dedicato alla drammatica storia di Anselmo (Paternò 1918-Roma 1968),  un fratello minore di Alfredo, che, dopo l'8 settembre, fu internato dai tedeschi con gli altri militari italiani in una serie di campi di concentramento: Anselmo rifiutò il lavoro obbligatorio per i tedeschi e fu uno dei 44 ufficiali-eroi di Wietzendorf-Unterlüss. L'autrice ricostruisce queste storie sulla base dei numerosi documenti confluiti e conservati nella sua casa di Roma, che consentono di far parlare i protagonisti con la loro voce attraverso citazioni, tratte per lo più da testi in versi, ma anche da lettere (notevoli le lettere di Anselmo dai campi di concentramento o quelle di Stefano Donadoni quando lavorava a Sermoneta per la duchessa Ada Caetani) e da altri documenti di vario tipo. Il volume è completato da un corredo fotografico. La storia familiare dell'autrice, col confluire a Roma di personalità nate a Bergamo, Viterbo, Paternò, è esemplare della forza di attrazione che esercitò la capitale dopo l'unità d'Italia facendo incontrare persone provenienti da diversi stati preunitari e accelerando anche attraverso i matrimoni il processo di unificazione.
Il libro è stato offerto all'autrice dagli amici per i suoi settanta anni e quindi è completato da una premessa di Vincenzo Fera e da una bibliografia degli scritti di Silvia Rizzo, delle tesi di laurea di cui è stata relatore e correlatore e di quelle di dottorato di cui è stata tutor, curata da Monica Berté, che firma anche lei una premessa.