argenti

Il contributo studia un monumentale arredo liturgico in argento composto da una croce d’altare e sei candelieri eseguito alla metà del Seicento dagli orefici granducali Marcantonio e Giovan Battista Merlini su commissione di padre Angelo Monesi, priore della chiesa del Carmine di Modena. L’articolo approfondisce l’iconografia di queste preziose suppellettili al fine di collocarle nel milieu dell’oreficeria del tempo e ne ricostruisce le travagliate vicende collezionistiche grazie a inediti documenti d’archivio, aggiungendo così un tassello al catalogo dei fratelli Merlini.

Nella feconda attività modenese dei fratelli lapicidi Tommaso (1608-1670) e Antonio (1626-1687 post) Loraghi, a partire dal 1638 trascorsa in gran parte presso i cantieri ducali, un capitolo a se stante appare la produzione di altari, talora sul dettato progettuale dell'architetto ducale Bartolomeo Avanzini. Nella seicentesca chiesa di San Barnaba a Modena, già officiata dai Frati Minimi di San Francesco di Paola, o Paolotti, il fulgido altare barocco del santo fondatore di quell’ordine può essere assimilata tanto alla tipologia dell’ancona per pale d'altare quanto alla tipologia dell'ancona ospitante più antiche e venerate effigi: racchiude infatti una pala d'altare, peraltro di ridotte dimensioni, ma dal particolare valore iconografico poiché riproduce una vera effigies. Sulla base di ricerche archivistiche, si pubblica ora, assieme ad altri documenti, il contratto stipulato il 24 novembre 1667 per l’ancona di San Francesco di Paola fra Tommaso Loraghi e i committenti, e cioè il rappresentante dei Minimi e  Francesco Parolini, “massaro” ducale. L’altare venne ultimato entro la fine del 1670. Passato in eredità ai marchesi Campori, fu poi qualificato da altri interventi riportati alla luce da inediti documenti, in particolare voluti dal cardinale Rinaldo d’Este (1618-1672), figlio del duca Alfonso III e di Isabella di Savoia, che per il santo di Paola nutriva una devozione particolarissima, non estraneo il suo ruolo nella corte pontificia di cardinale Protettore della Corona francese (ed è noto come la biografia di San Francesco si ambienti per tanta parte in terra francese, sotto la protezione di quei sovrani). Al cardinale Rinaldo si deve la pala dipinta con la “vera effigies” del santo, derivata da un’antica rappresentazione conservata in Vaticano. La predilezione per la chiesa modenese dei Paolotti si sarebbe manifestata anche nei principi estensi delle generazioni successive, appuntandosi in particolare a questa cappella, arricchita dalle loro tante e preziose donazioni.