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  • Qualificato come come professore universitario di Seconda Fascia nel Settore Concorsuale 10/B1 – Storia dell’arte e g... moreedit
Il volume indaga le relazioni diplomatiche, artistiche e culturali tra Parigi e Modena negli anni di governo di Francesco I (1610-1658) e Alfonso IV d’Este (1634-1662) e il conseguente influsso francese sull’immagine del ducato. Dai... more
Il volume indaga le relazioni diplomatiche, artistiche e culturali tra Parigi e Modena negli anni di governo di Francesco I (1610-1658) e Alfonso IV d’Este (1634-1662) e il conseguente influsso francese sull’immagine del ducato. Dai dispacci degli ambasciatori ducali a Parigi, che svelano l’innesto a Modena di un gusto transalpino, alla produzione letteraria di Girolamo Graziani (1604-1675), stipendiato dagli Este e da Luigi XIV, lo studio segue la parabola artistica del francese Jean Boulanger (1608-1660) e si concentra sui suoi affreschi nella delizia di Sassuolo e in quella perduta delle Pentetorri. Ne emerge un quadro inedito dell’articolata migrazione artistica tra Modena e la Francia del Re Sole e una nuova rotta culturale tra le corti d’Europa nel Seicento.
Il contributo, attraverso inediti resoconti, ricostruisce l’esperienza di modenesi che, giocando un ruolo centrale nelle politiche collezionistiche del ducato estense, si recarono alla scoperta delle wunderkammern europee. Tra questi... more
Il contributo, attraverso inediti resoconti, ricostruisce l’esperienza di modenesi che, giocando un ruolo centrale nelle politiche collezionistiche del ducato estense, si recarono alla scoperta delle wunderkammern europee. Tra questi l’abate Domenico Vandelli, nominato nel 1745 da Francesco III soprintendente alla galleria estense di meraviglie. Il suo viaggio, svolto in compagnia dell’allievo Alfonso Francesco Fontanelli, è documentato in due taccuini compilati dallo stesso Vandelli tra il 1725 e il 1727. Tra il 1665 e il 1667, invece, era stato il principe Luigi d’Este, cugino del duca Francesco II, a compiere il Grand tour, descritto in un piccolo volume che riporta le visite ai cabinets più celebri del tempo. Ripercorrendo quelle tappe, l’indagine intende inserire la wunderkammer estense in un itinerario europeo per cogliere, in una più ampia prospettiva, relazioni e portata del collezionismo di mirabilia tra Sei e Settecento.
La raccolta estense di meraviglie, in parte proveniente dalle collezioni ferraresi di Alfonso II, fu esponenzialmente arricchita da Francesco II d’Este (1660-1694) nella seconda metà del XVII secolo, prima della sua progressiva e graduale... more
La raccolta estense di meraviglie, in parte proveniente dalle collezioni ferraresi di Alfonso II, fu esponenzialmente arricchita da Francesco II d’Este (1660-1694) nella seconda metà del XVII secolo, prima della sua progressiva e graduale dispersione. Il contributo, attraverso una cospicua documentazione inedita, ricostruisce i tanti acquisti promossi dal duca e al contempo il suo gusto collezionistico, sostanzialmente ignorato dalla storiografia artistica e giudicato minore proprio perché rivolto, per lo più, a oggetti bizzarri destinati al suo cabinet. Insieme ai tanti mirabilia, che trovarono degna sede nella galleria da lui appositamente allestita e di cui in alcuni casi si puntualizzano provenienza, attribuzioni e datazioni, il saggio getta luce sul mercato artistico del tempo, specialmente quello bolognese e veneziano. Se da un lato emerge rinvigorito e con nuova forza il sostanziale disinteresse di Francesco II per la pittura, le ininterrotte spese per curiosità naturali o artificialia di lusso concorrono ora alla vera riscoperta del suo mecenatismo in chiave "minore".
Il contributo ricostruisce le esequie estensi della seconda metà del Seicento, a partire da quelle di Francesco I nel 1659. Esse rappresentano un vero e proprio spartiacque nella storia funeraria ducale per la loro monumentalità e per la... more
Il contributo ricostruisce le esequie estensi della seconda metà del Seicento, a partire da quelle di Francesco I nel 1659. Esse rappresentano un vero e proprio spartiacque nella storia funeraria ducale per la loro monumentalità e per la scelta del sito, la chiesa di Sant’Agostino, teatro delle successive cerimonie di corte. In quell’occasione si mise a punto una coreografia liturgica che non sarebbe mutata nel secolo, nonostante alcune modifiche al cerimoniale. Per Alfonso IV, nel 1663, la chiesa fu eletta a Pantheon degli Este e trasformata in scena fissa, non più effimera, delle celebrazioni. La decisione di erigere un tempio funerario, unicum nella storia europea, rifletteva l’anomala congiuntura politica, ovvero la reggenza di Laura Martinozzi in nome del figlio minore. Per i funerali della duchessa, il contributo recupera le relazioni di ben tre cerimonie distinte, che si tennero tra il 1687 e il 1688, evidenziando come le feste funerarie fossero riflesso delle alterne vicende del ducato e, specialmente con quelle per Francesco II, morto senza eredi nel 1694, strumento di legittimazione del potere nell’instabile quadro dinastico di casa d’Este.
La chiesa piacentina dell’Immacolata, consacrata il 31 agosto del 1681, fu eretta insieme all’annesso convento per volere di Ranuccio II Farnese, come ringraziamento per la guarigione della sua terza moglie Maria d’Este. Della sfarzosa... more
La chiesa piacentina dell’Immacolata, consacrata il 31 agosto del 1681, fu eretta insieme all’annesso convento per volere di Ranuccio II Farnese, come ringraziamento per la guarigione della sua terza moglie Maria d’Este. Della sfarzosa decorazione pittorica e scultorea del suo interno nulla è sopravvissuto a causa dell’incuria, ma un inedito manoscritto, una Succinta Spiegatione, ne permette una puntuale ricostruzione. Autore dell’opera è il gesuita Domenico Gamberti, già al servizio degli Este in qualità di iconologo, ed estensore, anche in questo caso, di un complesso programma iconografico incentrato sul tema dell’Immacolata. La descrizione del decoro, fatto di eroine bibliche, profeti ed emblemi concettosi, diventa pretesto per un’apologia del mistero mariano e si inserisce nelle accese e plurisecolari battaglie teologiche sul dogma della Concezione. Chiarita anche la paternità del progetto architettonico – finora assegnato a Domenico Valmagini, ma da ricondursi al celebre Gian Giacomo Monti –, il contributo restituisce gli apparati effimeri realizzati su iniziativa ducale per la solenne cerimonia con cui le Benedettine fecero il loro ingresso nel monastero. Con il nuovo «Tempio Verginale» si inaugurava così un nuovo itinerario processionale, consegnando alla città non solo una chiara testimonianza della magnificenza dei Serenissimi fondatori, ma anche una delle più grandiose e finora ignote glorificazioni del mistero della Concezione in area padana.
Il contributo affronta il ruolo ideativo del gesuita Domenico Gamberti nei funerali del duca Francesco I d’Este, celebrati nel 1659 nella chiesa di Sant’Agostino. Il ricorso a un iconologo esterno alla corte, la ricchezza degli apparati e... more
Il contributo affronta il ruolo ideativo del gesuita Domenico Gamberti nei funerali del duca Francesco I d’Este, celebrati nel 1659 nella chiesa di Sant’Agostino. Il ricorso a un iconologo esterno alla corte, la ricchezza degli apparati e la volontà di ricordarli in una monumentale opera a stampa – L’idea di un prencipe, et eroe christiano, composta sempre da padre Gamberti – fanno di quelle esequie un punto di svolta nella tradizione funeraria estense. Chiariti alcuni aspetti dell’iter editoriale del volume, lo studio evidenzia, tra le novità decorative introdotte a Modena e tramandate dalla trattatistica di Claude-François Ménestrier, l’altissimo numero di statue degli antenati, di cui si rintraccia un modello nei funerali di Vittorio Amedeo I. A questo si aggiungono le centinaia di imprese coniate da Gamberti per la celebrazione modenese. Da un lato esse sono ricondotte alla cultura gesuitica del tempo, scorgendo il precedente più prossimo nelle esequie piacentine di Odoardo Farnese, dall’altro se ne rimarca la menzione nel Mondo Simbolico di Filippo Picinelli, ad attestare la fortuna dell’«anima» fornita da Gamberti agli apparati effimeri del 1659.
During the 17th and 18th centuries, the Pentetorri, the ducal “delizia” built a century earlier out of Gaspare Vigarani’s designs and destroyed during the 1944 bombings, was subject to numerous renovation campaigns, aimed at preserving... more
During the 17th and 18th centuries, the Pentetorri, the ducal “delizia” built a century earlier out of Gaspare Vigarani’s designs and destroyed during the 1944 bombings, was subject to numerous renovation campaigns, aimed at preserving the pre-existing paintings, redefining the exterior’s architecture, and decorating new halls. This essay reconstructs, with the aid of many unpublished and miraculously survived photographic documents, the halls decorated by the painters Antonio Consetti, Lodovico Bosellini, Camillo Crespolani, and Luigi Manzini.
This article retraces the history of the Confraternita di San Rocco (Confraternity of St. Roch) in Modena from its foundation in the late fifteenth century to its abolition in the eighteenth century. Thanks to newly examined archival... more
This article retraces the history of the Confraternita di San Rocco (Confraternity of St. Roch) in Modena from its foundation in the late fifteenth century to its abolition in the eighteenth century. Thanks to newly examined archival documents, the article details the building and decorative work supported by the confraternity for the construction and decoration of the oratory. The result is a varied picture of the craftsmen responsible for the work, which was carried out by minor, lesser-known artists such as the foremen Paolo Bisogni and Giovanni Battista Biavardi. The confraternity’s scarce resources were constantly invested in structural interventions on the walls, which were periodically threatened by water from the underlying canal. Nevertheless, the documents also reveal the members’ commitment to decorating the interior. The three altars completed between the seventeenth and eighteenth centuries involved stuccoists such as Sebastiano Caula and Giovanni Antonio Franchini, as well as artists Marco Antonio Mazzarini, Flaminio Veratti and the more famous Giulio Secchiari and Sigismondo Caula, who created two monumental altarpieces. This article provides some new information about the patrons and their respective chronology.
L’altare della Beata Vergine del Carmine nella chiesa modenese di San Biagio, il più prezioso per i marmi policromi di cui si compone, è qui ricondotto a Tommaso Loraghi (1608-1670), celebre scultore e tagliapietre impegnato nei... more
L’altare della Beata Vergine del Carmine nella chiesa modenese di San Biagio, il più prezioso per i marmi policromi di cui si compone, è qui ricondotto a Tommaso Loraghi (1608-1670), celebre scultore e tagliapietre impegnato nei principali cantieri del ducato estense. Sulla base dell’inedita convenzione tra lo scultore, i frati e Flaminio Cantuti, detentore della cappella, il contributo offre un’analisi stilistica dell’opera, l’ultima prima della morte dello scultore, inquadrandola tanto nell’alveo della sua produzione che nel programma di rinnovamento decorativo della chiesa promosso alla metà del XVII secolo. Nuovi documenti concorrono a chiarire le varie tappe del completamento di questa prestigiosa commissione, terminata dal fratello Antonio (1626-1685), sovrintendente alle fabbriche ducali, e a definirne le migliorie e i nuovi arredi settecenteschi.
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By using unpublished documents, the essay retraces the funerals that were officiated in Modena during the first half of the seventeenth century and investigates, for the first time, the ceremonials and catafalques built in honour of... more
By using unpublished documents, the essay retraces the funerals that were officiated in Modena during the first half of the seventeenth century and investigates, for the first time, the ceremonials and catafalques built in honour of Alfonso II (1599), Virginia de’ Medici (1615), Isabella of Savoy (1626), Cesare d’Este (1629), Maria Farnese (1646) and Vittoria Farnese (1649). The contribution shows the decorative choices made for the Este family funerals, the iconographies in honour of the departed and the names of the artists who created them. The study includes the reports of the XVII century chronicles and contributions of ambassadors who took part in the Este ceremonies to demonstrate the high political meaning of the ephemeral funerary conceived and developed in the ducal court.
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Il contributo studia un monumentale arredo liturgico in argento composto da una croce d’altare e sei candelieri eseguito alla metà del Seicento dagli orefici granducali Marcantonio e Giovan Battista Merlini su commissione di padre Angelo... more
Il contributo studia un monumentale arredo liturgico in argento composto da una croce d’altare e sei candelieri eseguito alla metà del Seicento dagli orefici granducali Marcantonio e Giovan Battista Merlini su commissione di padre Angelo Monesi, priore della chiesa del Carmine di Modena. L’articolo approfondisce l’iconografia di queste preziose suppellettili al fine di collocarle nel milieu dell’oreficeria del tempo e ne ricostruisce le travagliate vicende collezionistiche grazie a inediti documenti d’archivio, aggiungendo così un tassello al catalogo dei fratelli Merlini.
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Schede di catalogo: Pittore modenese, Stemma di Cesare d’Este; Lodovico Vedriani, Historia dell’antichissima città di Modona; Ambito di Bartolomeo Passerotti, I Cesari; Progetti per il giardino ducale e il “Barco”, Progetto per il... more
Schede di catalogo: Pittore modenese, Stemma di Cesare d’Este; Lodovico Vedriani, Historia dell’antichissima città di Modona; Ambito di Bartolomeo Passerotti, I Cesari; Progetti per il giardino ducale e il “Barco”, Progetto per il giardino ducale, in "Mutina Splendidissima. La città romana e la sua eredità", catalogo della mostra, Modena, Foro Boario, 25 novembre 2017-8 aprile 2018, a cura di L. Malnati, S. Pellegrini, F. Piccinini, C. Stefani, Roma, De Luca Editori d’Arte, pp. 537-542
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Grazie a documenti inediti, il contributo chiarisce definitivamente l'oscura biografia e la primissima formazione di Jean Boulanger, pittore di Troyes al servizio di Francesco I d'Este, e ne rintraccia un suo possibile ritratto,... more
Grazie a documenti inediti, il contributo chiarisce definitivamente l'oscura biografia e la primissima formazione di Jean Boulanger, pittore di Troyes al servizio di Francesco I d'Este, e ne rintraccia un suo possibile ritratto, riconoscendolo nel "Portrait d'un peintre" del Musée des Beaux-Arts di Dijon, eseguito dal suo amico e concittadino Pierre Mignard.
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Il contributo delinea il mecenatismo e gli interessi artistici di Alfonso IV d’Este (1634-1662) attraverso due registri inediti relativi alle sue spese. Oltre a fornire importanti conferme documentarie a quanto finora supposto, si... more
Il contributo delinea il mecenatismo e gli interessi artistici di Alfonso IV d’Este (1634-1662) attraverso due registri inediti relativi alle sue spese. Oltre a fornire importanti conferme documentarie a quanto finora supposto, si chiariscono le acquisizioni del duca sul mercato artistico, tra cui la costosissima "Testa femminile" di Raffaello ora al Louvre. Le carte dei registri offrono inoltre le prime testimonianze di artisti poco noti che nel Seicento gravitarono intorno alla corte estense. Tra questi figura Olivier Dauphin, nipote del più celebre Jean Boulanger, di cui è ora possibile intravedere il coinvolgimento nell’illustrazione dell’Idea di Domenico Gamberti, conclamato capolavoro dell’editoria barocca. Di quest’opera, voluta da Alfonso in memoria del padre defunto, si rettificano i protagonisti e le modalità del loro ingaggio, fugando fraintendimenti storicizzati come nel caso degli ancora oscuri incisori Domenico Fontana e Bartolomeo Fenis. Le nuove evidenze documentarie recuperano così il prestigio della committenza di Alfonso e ne profilano un vivido ritratto di principe appassionato di lettere e scienze.
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Il contributo affronta il catafalco a pianta centrale eretto nel 1659 per Francesco I d’Este e ne individua i modelli nelle novità funerarie introdotte a Roma da Girolamo Rainaldi, architetto che per primo sfruttò la pianta centrale per... more
Il contributo affronta il catafalco a pianta centrale eretto nel 1659 per Francesco I d’Este e ne individua i modelli nelle novità funerarie introdotte a Roma da Girolamo Rainaldi, architetto che per primo sfruttò la pianta centrale per il castrum doloris e che fu a Modena negli anni trenta del Seicento per l’ammodernamento del Palazzo Ducale. Un documento inedito attesta che nella progettazione della nuova residenza ducale fu coinvolto anche il modenese Giovanni Guerra, stretto collaboratore di Rainaldi per il catafalco di Sisto V. Ripercorrendo la descrizione delle esequie di Sisto V, l’articolo evidenzia il significato assunto dal catafalco a pianta centrale allo scadere del Cinquecento, quando il cerchio diventa simbolo dell’eternità dell’anima cristiana liberata dalla morte. Protagonista indiscussa dell’iconografia funeraria dell’età barocca, la Morte torna a più riprese anche nei funerali di Francesco I : posta a coronamento del catafalco, per la prima volta, essa è però sconfitta dalla Gloria, assicurata al principe dalla sua virtù eroica.
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Il contributo analizza un gruppo di ventuno disegni di Giovanni Guerra con Storie di San Geminiano. Recuperandone la fonte agiografica d'ispirazione, lo studio ne propone una datazione e una possibile destinazione tipografica, anche alla... more
Il contributo analizza un gruppo di ventuno disegni di Giovanni Guerra con Storie di San Geminiano. Recuperandone la fonte agiografica d'ispirazione, lo studio ne propone una datazione e una possibile destinazione tipografica, anche alla luce dei rapporti tra l'artista e il cronista modenese Giovanni Battista Spaccini, cui si devono le annotazioni presenti su ciascun disegno.
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L’articolo offre un profilo biografico del frate Angelo Monesi (1577-1656) e le circostanze delle sue prestigiose committenze per il Carmine di Modena, attuale San Biagio. Il padre carmelitano, finora noto come responsabile della... more
L’articolo offre un profilo biografico del frate Angelo Monesi (1577-1656) e le circostanze delle sue prestigiose committenze per il Carmine di Modena, attuale San Biagio. Il padre carmelitano, finora noto come responsabile della riqualificazione della chiesa, assume una nuova fisionomia come sovrintendente e promotore dei progetti che dagli anni Trenta del Seicento trasformarono il tempio di origine trecentesca in uno dei più alti esempi di arte barocca in terra modenese.

L’inedito carteggio del frate ha permesso di rivelare la costante partecipazione del duca Francesco I d’Este alle migliorie decorative promosse in quegli anni. L’ingerenza ducale è confermata dall’ingaggio dei quadraturisti Curti, Colonna e Mitelli, già attivi in Palazzo Ducale, per la decorazione pittorica della volta e della cappella della sagrestia del Carmine. Il ciclo, incentrato sugli episodi della vita di sant’Angelo di Sicilia, fondatore dell’ordine carmelitano e santo omonimo del committente, è la prima denuncia delle ambiziose mire artistiche del frate.

Ne offrono una testimonianza eloquente gli arredi voluti da padre Monesi per il Carmine, tra cui il monumentale set di argenti composto da sei candelieri e una croce d’altare, realizzato a Firenze dalla rinomata manifattura granducale dei Merlini, ed ora conservato presso i Musei del Duomo di Modena. L’analisi dei preziosi manufatti, volta alla loro iscrizione nel milieu dell’oreficeria dell’epoca, ha permesso di coglierne l’alto valore e l’insistita profusione dell’araldica del frate.

Le stesse insegne di famiglia tornano nel paliotto di pietre dure ora alla Galleria Estense di Modena e commissionato ai laboratori granducali fiorentini per l’altare della sagrestia. Questo alto capolavoro, pressoché un unicum in terra modenese, certifica l’alta disponibilità finanziaria del frate, che grazie all’eredità della madre poté fronteggiare gli alti costi di produzione.

Lo studio recupera dunque le scelte artistiche di Monesi che affidò la propria memoria al pregio dei materiali e al prestigio degli artigiani incaricati di lavorarli. Lo ribadisce lo stemma di famiglia in stucco dipinto, posto a coronamento dell’arco d’accesso alla cappella della sagrestia, qui finalmente decifrato.
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Il contributo analizza un inedito dipinto di collezione privata, uno squisito “Sposalizio mistico di Santa Caterina” eseguito ad olio su rame, e ne illustra le ragioni stilistiche e documentarie che inducono a iscriverlo nell’alveo della... more
Il contributo analizza un inedito dipinto di collezione privata, uno squisito “Sposalizio mistico di Santa Caterina” eseguito ad olio su rame, e ne illustra le ragioni stilistiche e documentarie che inducono a iscriverlo nell’alveo della produzione di Francesco Brizio. La proposta attributiva porta a escludere la pertinenza della scritta che sul supporto retrostante al dipinto assegnava l’opera al reniano Jean Boulanger. Il rametto documenterebbe così una porzione ancora poco nota del più fedele degli “Incamminati” da Ludovico Carracci, ovvero quella di piccoli dipinti devozionali che, stando alle fonti, eseguì in gran numero.
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La tesi ricostruisce i legami culturali tra Parigi e Modena durante il governo di Francesco I (1629-1658) e Alfonso IV (1658-1662) d’Este e illustra come gli artisti francesi alla corte estense contribuirono alla definizione dell’immagine... more
La tesi ricostruisce i legami culturali tra Parigi e Modena durante il governo di Francesco I (1629-1658) e Alfonso IV (1658-1662) d’Este e illustra come gli artisti francesi alla corte estense contribuirono alla definizione dell’immagine del potere ducale. Il carteggio diplomatico dell’abate Ercole Manzieri, residente di Francesco I a Parigi a partire dal 1650, ha rivelato gli intensi traffici di ritratti, gioielli e abiti che da Parigi giunsero a Modena, attestando una cospicua influenza francese sul gusto e sul costume estense. Nel delineare i legami tra le due corti, la tesi affronta la figura di Girolamo Graziani, poeta e segretario di stato al servizio degli Este e, al contempo, stipendiato di Luigi XIV per alcuni panegirici finora trascurati. Lo studio si focalizza poi sull’attività di Jean Boulanger, primo pittore di Francesco I, chiarendone la formazione e gli incarichi a corte. L’attenzione è rivolta alle sue pitture nel Palazzo Ducale di Sassuolo e, in particolare, alla Galleria di Bacco che per architettura, iconografia e funzione si è rivelata ispirata a modelli transalpini. L’ultima sezione è dedicata alla committenza ‘francese’ di Alfonso IV e si concentra sul ciclo decorativo di Boulanger nella perduta villa ducale delle Pentetorri, per la prima volta letto nella sua organicità, e sulle esequie volute da Alfonso per commemorare il padre defunto e immortalate nell’Idea di un prencipe. Quest’opera, una delle più prestigiose imprese tipografiche del Seicento, plasma l’immagine del potere ducale anche grazie a un ricco repertorio di illustrazioni che videro il coinvolgimento di diversi artisti, anche francesi, di cui si precisano i nomi e le modalità di ingaggio.
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La conferenza è dedicata all’ultimo ciclo decorativo eseguito da Jean Boulanger (Troyes, 1608- Modena, 1660) nella delizia ducale detta delle Pentetorri, distrutta nella Seconda Guerra Mondiale. Nella villa, progettata da Gaspare Vigarani... more
La conferenza è dedicata all’ultimo ciclo decorativo eseguito da Jean Boulanger (Troyes, 1608- Modena, 1660) nella delizia ducale detta delle Pentetorri, distrutta nella Seconda Guerra Mondiale. Nella villa, progettata da Gaspare Vigarani per il principe e futuro duca Alfonso IV, Boulanger realizzò gli affreschi di sei sale, tutte dedicate a divinità dell'Olimpo, avvalendosi dell’équipe di pittori che lo aveva già affiancato nella decorazione della Galleria di Bacco del Palazzo Ducale di Sassuolo: Gian Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi, autori delle quadrature, e i fratelli Cittadini, responsabili degli inserti floreali e faunistici. Nella relazione, lo studio delle pitture si intreccia con quello dell’architettura, delle vicende storiche dell’edificio e dei passaggi di proprietà, necessari alla comprensione degli interventi di decoro e di restauro che si sono succeduti fino al XIX secolo. L’integrazione di descrizioni, relazioni, fotografie e documenti solo in parte noti permette inoltre di collocare le sale dipinte da Boulanger nello spazio della villa, di offrirne una cronologia puntuale e di leggere, per la prima volta nella sua organicità e completezza, l’iconografia dell’intero ciclo alla luce della committenza.
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