Esempio Di Uda
Esempio Di Uda
Esempio Di Uda
Agostino,Confessioni XI
Premessa:
Questa unità tematica intende mettere in primo piano una questione che attraversa tutta la storia
della filosofia occidentale: quella del tempo. Questo discorso, oggi più che mai, si pone in tutta la
sua urgenza e rilevanza in un mondo come quello in cui viviamo, completamente tecnocratico, in
cui il tempo scorre inesorabilmente e sembra possedere gli uomini in un vortice ininterrotto.
Ritornare ad Agostino potrebbe essere un modo per “riumanizzare” il tempo, ridonandogli quella
connotazione interiore e coscienziale che è stata smarrita dalla mentalità odierna. Ecco perché
obiettivo dell’unità didattica sarà quello di far riflettere i discenti, attraverso il confronto con il
pensiero del Santo di Ippona, su un altro modo di leggere e vedere il tempo e, soprattutto, il
proprio tempo.
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Destinataria dell’unità didattica è una terza classe del Liceo Scienitifico. I ragazzi sono abituati,
per il loro indirizzo di studi, a un linguaggio e a una concezione spazio-temporale (e di
conseguenza possiedono una forma mentis) più propriamente scientifica.
Oltre che l’ambito cognitivo, l’intervento andrà a toccare anche aspetti della loro affettività ed
emotività, fondamentali per un soggetto in crescita, portandoli, alla fine dell’unità a una maggiore
consapevolezza del modo che hanno di vivere e utilizzare il proprio tempo.
Destinazione didattica:
Prerequisiti:
Conoscenza del contesto storico – filosofico – problematico in cui visse e operò Agostino;
Conoscenza del concetto di tempo negli autori precedenti (Eraclito, Platone, Aristotele)
Capacità di elaborare semplici concetti e di esprimere il proprio parere argomentando;
Padronanza del lessico filosofico.
Finalità:
Capacità di esercitare riflessione critica sulle diverse forme del sapere, sulle loro condizioni
di possibilità e sul loro senso, cioè sul loro rapporto con la totalità dell’esperienza umana;
Attitudine a problematizzare conoscenze, idee e credenze, mediante il riconoscimento della
loro storicità;
Esercizio del controllo del discorso, attraverso l’uso di strategie argomentative e di
procedure logiche.
Obiettivi:
Conoscenze Abilità Competenze
-Significato ed evoluzione -Saper cogliere l’influsso che il -Trarre dal tema trattato sia il
storica del concetto di tempo; contesto storico, sociale e legame con il contesto storico-
culturale esercita sulla culturale, sia la portata
produzione delle idee; potenzialmente universalistica
che ogni filosofia possiede;
Area cognitiva:
Area affettiva:
1. Capacità di collegare la tematica del tempo alla dimensione cognitivo-esistenziale (età della
vita, adolescenza…)
2. Atteggiamento di disponibilità al riconoscimento, definizione e espressione delle proprie
idee
3. Interesse per l’attività del filosofare tramite l’organizzazione razionale dei propri pensieri
4. Disponibilità ad apprezzare la discussione razionale e il confronto con gli altri
Metodologia:
Si attueranno le lezioni attraverso un metodo misto che preveda la discussione in classe (metodo
zetetico) la lettura delle fonti e la loro discussione (metodo storico-critico-problematico) e la lezione
frontale (metodo storico) che contestualizzi la questione e crei i collegamenti non esplicitati nei
testi. Si curerà inoltre la collaborazione con altri colleghi (Storia dell’arte, Latino) per dare al
ragazzo una visione quanto più globale e completa della questione.
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Studio guidato e utilizzo di materiale multimediale;
Verifica con feed-back conclusivo
Strumenti:
Tempi:
Verifiche:
Le verifiche "in itinere", che possono essere somministrate in classe o utilizzate come lavoro da
svolgere a casa e offriranno la misura del livello di comprensione dell’argomento raggiunto dagli
studenti; e sonderanno, in particolare la capacità di:
Attività didattica
Lezione n° 1
Tema: “Che cosa è allora il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me
lo chiede non lo so.” (Agostino, Le confessioni, Libro XI).
1. Si mostra ai ragazzi, tramite la collaborazione con la docente di Storia dell’arte, l’opera “La
persistenza della memoria” di Salvador Dalì (1904-1989). Questa è sicuramente una delle
più raffigurate, con i suoi celeberrimi orologi “molli” o “liquefatti”. L’orologio è lo
strumento meccanico più diffuso per misurare il tempo in modo oggettivo. Esso indica il
movimento del corpo, e cioè lo spostamento delle lancette sul quadrante, movimento che a
sua volta riproduce, su scale minore, quello della Terra su se stessa e intorno al Sole. Il
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passaggio dal “prima” al “dopo”, più che una successione nel tempo, è dunque un
movimento nello spazio: da un punto a un altro del quadrante (per le lancette) o del cosmo
(per i corpi celesti). Questo legame tra tempo e movimento trova espressione anche nel
linguaggio comune, quando diciamo di voler “fermare” il tempo. “Deformando” gli orologi
e appoggiandoli a diverse superfici, Dalì sembra voler andare al di là di questa dimensione
fisica e spaziale del tempo, per far scorgere, oltre essa, la possibilità di una percezione
soggettiva e psicologica.
In effetti, il tempo “spazializzato” non rende conto, ad esempio, della memoria, che dello
scorrere del tempo da una rappresentazione diversa e, in un certo senso, deformata, rispetto
a quella dell’orologio. La memoria infatti strappa le cose al nulla, cioè al loro “non essere
più” e le fa persistere nella coscienza, in cui vivono non come passato, ma come tracce
presenti. Con il suo dipinto Dalì sembra quindi volerci suggerire che per affrontare
l’autentica natura del tempo l’orologio non è sufficiente.
2. Attraverso l’uso del metodo zetetico si invitano i ragazzi a condividere la loro posizione sul
tempo partendo da un esempio banale ( tempo dal dentista, tempo con gli amici). In
entrambi i casi è trascorsa un’ora: ma è davvero passato lo stesso tempo? Il tempo trascorso
è oggettivamente e quantitativamente lo stesso, ma diversa è la percezione soggettiva di
esso. Questo significa che, se come punto di riferimento non si assume il movimento degli
astri, ma il vissuto della coscienza di ognuno, allora si può affermare che il tempo scorre
attraverso parametri assolutamente personali e variabili: è “lento” quando ci si annoia,
“veloce” quando ci si diverte. Sembra quindi legittimo interrogarsi sulla vera natura del
tempo.
Lezione n° 2
Tema: “Abbiamo tutte le nostre macchine del tempo. Quelle che ci riportano indietro chiamate
ricordi e quelle che ci spingono in avanti, i sogni” (The time machine)
1. Attraverso la visione di alcuni spezzoni del film “The Time Machine” si propone un
approfondimento sistematico della concezione della temporalità in Sant'Agostino attraverso
il confronto fra la temporalità del passato e la temporalità del futuro. Nel film, infatti, vi è un
chiaro riferimento ad uno dei principi cardini della filosofia agostiniana, la concezione del
tempo fra presente passato e futuro, 3 importanti momenti sintetizzati nella dialettica fra
intentio (intenzione) e distentio (distensione): nella filosofia agostiniana, alla luce di un
indubitabile avvertimento interiore, la “dimensione” temporale non va situata all’esterno, in
una spazialità cosmologica, ma entro una dialettica personale di intentio ed distentio:
l’intentio esprime una tensione che anima lo spirito umano, costituito da una proiezione
trascendente; la distentio esprime una sorta di potenzialità di dilatazione e dislocamento
della vita dello spirito, che si sedimenta entro un vero e proprio “spazio” interiore, dal quale
dipende l’avvertimento della profondità temporale.
3. I ragazzi procederanno alla rilettura dei passi letti in classe con il compito di svolgere, per
casa, un elaborato scritto dove esporranno il proprio pensiero sulla seguente tematica:
“Bisogna vivere la propria vita dando maggiore importanza al passato garante di esperienza
e affidabilità, o al futuro portatore di novità e sorprese e trampolino per nuove possibilità di
vita?
Lezione n° 3
Tema: “Questo è in realtà il tempo: il numero del movimento secondo il prima e il poi” (Aristotele
Fisica libro IV)
1. In questa lezione si avvierà un confronto analitico, attraverso la lettura dei testi, atto a
cogliere similitudini e differenze filosofiche fra la visione agostiniana del tempo e l'impianto
filosofico di Platone e Aristotele in cui il tempo è concepito come grandezza fisica e misura
del movimento. Si procederà, dunque, ad un confronto fra la concezione del tempo in
Agostino e quella contenuta nel pensiero filosofico di Platone e Aristotele dove il tempo
viene inteso come elemento caratterizzato dall’oggettività: nella filosofia platonica,
infatti, il tempo è misura del movimento del mondo materiale della generazione e della
corruzione, in cui hanno senso i concetti di passato e futuro (“l’era” e “il sarà”) rispetto
all’eternità, eterno presente immobile che compete alla sostanza eterna. Il tempo per
Platone, con il suo succedersi di giorni, notti, mesi ed anni, riproduce, nella forma del
mutamento, l’ordine immutabile dell’eternità. Aristotele afferma che esso si definisce solo
in relazione al concetto di divenire, poiché in un ipotetico universo di entità immutabili la
dimensione temporale non esisterebbe senza le cose che mutano, così come il luogo non
esisterebbe senza i corpi che lo occupano. Egli osserva tuttavia che il tempo, in senso stretto,
non è il mutamento delle cose, bensì la misura del loro divenire “secondo il prima e il poi”.
E siccome ogni misura presuppone una mente misurante, capace di contare, la mente si
configura come la condizione imprescindibile del tempo.
2. Si attuerà l’approfondimento della tematica presa in esame attraverso la lettura di alcuni
passi di brani antologici contenuti nel Timeo di Platone (Timeo, 37 D - 38E) e nel IV libro
della Fisica di Aristotele (Fisica, IV, 217b – 219b e 223°).Dalla lettura dei brani trattati si
evince come Platone intenda il tempo come immagine mobile dell’eternità (rispetto alla
quale è gerarchicamente inferiore) in cui assumono importanza “l’era” ovvero il passato e il
“sarà” ovvero il futuro. Dalla lettura del brano si evince come secondo Aristotele, il tempo
non sia riducibile al movimento, ma strettamente in relazione con esso: esiste infatti un
rapporto inscindibile tra il movimento di un corpo, lo spazio che esso percorre e il tempo
che impiega a percorrerlo. Tempo e movimento sono grandezze matematiche che si
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corrispondono. Il tempo, dunque, pur non essendo movimento in senso stretto, costituisce la
misurazione del movimento. Per poter pensare il tempo è necessario inoltre anche un
soggetto “numerante”, ovvero una coscienza che percepisca e misuri il movimento: se
l’istante è il presente che fa da discrimine tra il prima e il poi, tra passato e futuro, l’anima è
ciò che percepisce e misura questa distinzione. Nella prospettiva aristotelica il tempo esiste
come dato oggettivo fuori dal soggetto che lo percepisce, ma trova la sua misurazione nella
coscienza umana. Si potrebbe arricchire la spiegazione con l’uso di domande che aiutino i
ragazzi a riflettere e cogliere le differenze tra tempo soggettivo e oggettivo:
-Perché Aristotele intende il tempo come grandezza fisica mediante la quale l’uomo misura
il movimento delle cose?
3. I ragazzi, alla luce delle spiegazioni delle concezioni del tempo in Agostino, Platone e
Aristotele, dopo la rielaborazione e la riflessione delle tematiche trattate e prendendo spunto
da esse, esporranno, sotto forma di confronto dialogico e sondaggi dal posto, il proprio
punto di vista sulla seguente questione: qual è la concezione del tempo che viviamo e che
caratterizza il nostro mondo? È cambiata la mia idea del tempo rispetto alla prima lezione?
4. Infine, come verifica finale dell’unità si invitano i ragazzi a creare un elaborato personale (la
modalità è a loro scelta) con il seguente tema:
-Come vivi il tuo tempo? Lo percepisci come un “prodotto” del tuo spirito o come un
susseguirsi ordinato degli eventi?
Se in verità, futuro e passato sono, voglio sapere dove sono. Che se non ancora da me valgo
saperlo, so tuttavia che, dovunque essi siano, colà non v’è né futuro né passato, ma soltanto
presente. Se, infatti, colà qualcosa vi è come futuro, esso non ancora vi è, e del pari, se qualcosa vi
è come passato, esso più non vi è. Essi, dunque, dovunque siano, di qualsiasi natura siano, non
sono che come presente. […]Ciò che ormai appare chiaro ed evidente è che né il futuro né il
passato sono, e che non si può dire con proprietà: i tempi sono tre, passato, presente e futuro; ma
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v’è da ritenere che con proprietà si dovrebbe dire: i tempi sono il presente del passato, il presente
del presente, il presente del futuro. Sono questi tre determinati momenti che io vedo nell’anima
nostra, e altrove non li vedo: presente delle cose passate è la memoria, presente delle cose presenti
è quanto noi vediamo,presente delle cose future è quanto attendiamo. […]In quale estensione,
dunque, noi misuriamo il tempo quando trascorre? Forse nell’estensione che ha da venire, donde
esso trascorre? ma ciò che ancora non è, non lo possiamo certo misurare. O forse nel presente
attraverso cui trascorre? Ma se non vi è estensione alcuna, non lo possiamo certo misurare. O
forse nel passato, verso cui trascorre? Ma ciò che ormai non è più, non lo possiamo certo misurare.
[…]Ma il vero è che noi lo misuriamo, ma non si tratta di quello che ancora non è, né di quello che
ormai non è più, né di quello che non ha estensione di durata, né di quello che non ha limiti. Per
conseguenza, noi non misuriamo né il tempo che ha da venire, né quello passato, né quello
presente, né quello che va passando, e tuttavia noi misuriamo del tempo. […]In te, anima mia,
misuro il tempo. Non darmi la voce addosso, col dirmi ciò che la realtà è. Non darmi la voce
addosso con tutti i travagli delle tue impressioni. In te, lo ripeto, misuro il tempo. L’impressione
che le cose, mentre passano, suscitano in te, e che poi, quando quelle sono passate, dura, questa
impressione io la misuro mentre è presente: non misuro le cose che sono passate in modo da
lasciare un’impressione, ma misuro questa impressione, quando misuro il tempo. Per conseguenza,
o il tempo consiste in queste impressioni, o io non riesco a misurare il tempo. […]Ma in qual modo
va diminuendo o addirittura si disperde quello che ha da venire, che ancora non è, o in qual modo
s’accresce il passato, che ormai più non è, se non perché nell’anima nostra, che elabora questi
movimenti, vi sono tre fasi? Infatti l’anima aspetta, pone attenzione e ricorda; tanto che ciò che
aspetta, attraverso ciò cui rivolge l’attenzione, si trasforma in ciò che ricorda.
Il Padre generatore, quando osservò questo mondo in movimento e vivente e immagine degli dei
eterni, se ne compiacque, e, rallegratosi, pensò di renderlo ancora più simile all’esemplare. [ D]
E, dunque, poiché quell’esemplare è Vivente eterno, così anche quest’universo, per quanto era
possibile, Egli cercò di renderlo simile ad esso. Ora, abbiamo notato che la natura del Vivente è
eterna, e questa non era possibile adattarla perfettamente a ciò che è generato. pertanto Egli pensò
di produrre un’immagine mobile dell’eternità, e, mentre costituisce l’ordine del cielo, dell’eternità
che permane nell’unità, fa un’immagine eterna che procede secondo il numero, che è appunto
quella che noi abbiamo chiamato tempo. [E]
Infatti, i giorni e le notti e i mesi e gli anni, che non esistevano prima che il cielo fosse generato,
Egli li generò e produsse insieme alla costituzione del cielo medesimo. E tutte queste cose sono
parti del tempo, e l’ “era” e il “sarà” sono forme generate di tempo, che non ci accorgiamo di
riferire all’essere eterno in modo non corretto. Infatti diciamo che esso “era”, “è” e “sarà”;
invece ad esso, secondo il vero ragionamento, solamente l’ “è” si addice, mentre l’ “era” e il
“sarà”conviene che si dicano della generazione che si svolge nel tempo. In effetti questi due sono
movimenti, mentre ciò che è sempre immobilmente identico non conviene che divenga né più
vecchio né più giovane nel corso del tempo, né l’essere divenuto ad un certo momento, né il
divenire ora, né il divenire in avvenire: nulla, insomma, gli conviene di quanto la generazione ha
conferito alle cose che si muovono nell’ordine del sensibile, che sono forme del tempo che imita
l’eternità, e si muove ciclicamente secondo il numero. […]
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Dunque, il tempo fu prodotto insieme con il cielo, affinché, così come erano nati insieme, si
dissolvessero anche insieme, se mai dovesse avvenire una loro dissoluzione.
Attenendoci a queste conclusioni, dobbiamo ora passare allo studio del tempo, ed è anzitutto
opportuno cercar di risolvere tale questione […] per determinare se esso rientri nel numero delle
cose esistenti o di quelle non esistenti e, quindi, per definirne la natura.
Che esso non esista affatto o che la sua esistenza sia oscura e appena riscontrabile, lo si potrebbe
sospettare da quanto segue. Una parte di esso è stata e non è più, una parte sta per essere e non è
ancora. E di tali parti si compone sia il tempo nella sua infinità sia quello che di volta in volta
viene da noi assunto. E sembrerebbe impossibi8le che esso, componendosi di non-enti, possegga
un’essenza.
Oltre a ciò è necessario che, se c’è un tutto divisibile in parti, dal momento che c’è, ci siano anche
o tutte le parti o alcune. Ma del tempo alcune parti sono state, altre sono per essere, ma nessuna è,
sebbene esso sia divisibile in parti. Si tenga anche presente che l’istante non è una parte: infatti la
parte ha una misura, e il tutto deve risultare composto di parti, mentre il tempo non sembra essere
un insieme di istanti. inoltre, non è facile vedere se l’istante, che sembra discriminare il passato e il
futuro, permanga sempre unico ed identico oppure diventi sempre diverso. […]
Circa le proprietà del tempo, basti per ora porre queste difficoltà. Che cosa, poi sia il tempo e
quale la sua natura non ci viene chiaramente indicato dalle soluzioni tramandateci da altri,
specialmente se si tengono presenti quelle questioni delle quali poco fa siamo venuti a discorrere.
Alcuni, infatti, sostengono che esso è il movimento dell’universo, altri che è la stessa sfera. […]
D’altra parte, però, l’esistenza del tempo non è neppure possibile senza quel mutamento ; quando,
infatti, noi non mutiamo nulla entro il nostro animo a non avvertiamo di mutar nulla, ci pare che il
tempo non sia trascorso affatto: la stessa impressione proverebbero quegli uomini addormentati in
Sardegna, secondo la leggenda, accanto agli eroi, qualora si destassero: essi, infatti,
accosterebbero l’istante in cui si assopirono con l’istante in cui si sono destati e ne farebbero una
cosa sola, togliendo via, a causa della loro insensibilità, tutto ciò che è intercorso. Come, pertanto,
se l’istante non fosse diverso, ma sempre uno e medesimo, non vi sarebbe tempo; così, anche, non
pare che sia tempo quello che intercorre tra gli istanti, dal momento che ci sfugge il fatto che esso è
sempre diverso. Se, dunque, allorquando noi non notiamo alcun cambiamento, ci capita di credere
che il tempo non esista, e che l’anima, da parte sua, permanga in un solo e indivisibile stato, e
quando, invece, percepiamo e distinguiamo, allora diciamo che il tempo compie il suo cammino, è
chiaro, allora, che non c’è tempo senza movimento e cambiamento.
E’ quindi, evidente che il tempo non è movimento, ma non è senza movimento; e, d’altra parte,
poiché cerchiamo che cosa è il tempo, dobbiamo prendere inizio da qui per stabilire quale
proprietà del movimento esso sia. Invero, noi percepiamo simultaneamente movimento e tempo, e
se è buio e noi non subiamo alcuna affezione corporea, ma un certo movimento resta presente
nell’anima, subito ci sembra che simultaneamente anche un certo tempo stia trascorrendo. E, al
contrario, quando sembra che un certo tempo stia trascorrendo, sembra che simultaneamente si
stia verificando un certo movimento. Sicché il tempo è o movimento o, almeno, una proprietà del
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movimento. Ma poiché movimento non è, esso è necessariamente una proprietà del movimento. […]
Questo, in realtà, è il tempo: il numero del movimento secondo il prima e il poi. Il tempo, dunque,
non è movimento, se non in quanto il movimento ha un numero. Eccone una prova: noi giudichiamo
il più e il meno secondo un numero, e il movimento maggiore o minore secondo il tempo: dunque il
tempo è un numero. […]
Si potrebbe, però, dubitare se il tempo esista o meno senza l’esistenza dell’anima. Infatti, se non si
ammette l’esistenza del numerante, è anche impossibile quella del numerabile, sicché, ovviamente,
neppure il numero ci sarà. Numero, infatti, è o ciò che è stato numerato o il numerabile. Ma se è
vero che nella natura delle cose soltanto l’anima o l’intelletto che è nell’anima hanno la capacità
di numerare, risulta impossibile l’esistenza del tempo senza quella dell’anima, a meno che non si
consideri il tempo nella sua soggettività, allo stesso modo che se, ad esempio, si ammettesse
l’esistenza del movimento senza tener conto dell’anima. Ma il prima e il poi esistono in un
movimento, e appunto essi, in quanto sono numerabili, costituiscono il tempo.
Sintesi esplicativa del film “Time Machine”: è un film di fantascienza del 2002 diretto da Simon
Wells. Si ispira all’omonimo romanzo La macchina del tempo di H. G. Wells e al film del 1960
L’uomo che visse nel futuro, di cui costituisce un remake. Il film è ambientato a New York alla fine
del XIX secolo. Uno scienziato di nome Alexander Hartdegen vuole dimostrare che è possibile
viaggiare nel tempo, potendolo in tal modo modificare dal punto di vista oggettivo. La sua volontà
diventa ostinazione dopo una tragedia che gli fa perdere la fidanzata durante una rapina e che lo
conduce definitivamente a costruire una macchina del tempo per tornare al tragico giorno e poter
cambiare il passato. Tornato nel passato, cerca di cambiare gli eventi ma la sua fidanzata muore
ugualmente. Cosi decide di andare nel futuro con un quesito chiaro: “perché non è possibile
cambiare il passato?”. Hartdegen giunge nel futuro e cerca la risposta al suo quesito in una
biblioteca in cui incontra un'intelligenza artificiale che non sa fornirgli risposta adeguata. E così
riparte nuovamente verso il futuro. Viene sballottato nell'anno 802.701 dove scopre che il genere
umano è diviso in due categorie: i pacifici Eloi e i Morlock, abitanti del sottosuolo. Alexander fa
amicizia con Mara, membro degli Eloi. Mara viene catturata dai Morlock. Allora Alexander va a
liberarla, sconfigge i Morlock e li distrugge con l'energia della sua macchina del tempo che a sua
volta viene distrutta costringendo Alexander (che di per sé è già convinto) a rimanere nel futuro.
Comprende inoltre che non si può usare la macchina del tempo per cambiare il passato: Alexander
l'ha creata dopo la morte della fidanzata, cancellando l'evento non ci sarebbe stata nemmeno la
macchina. )
Bibliografia:
- Abbagnano N.-Fornero G., La ricerca del pensiero vol. 1A, Paravia, Milano-Torino 2014.
- Abbagnano N.-Fornero G., La ricerca del pensiero vol. 1B, Paravia, Milano-Torino 2014.
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- Abbagnano N.-Fornero G., Il Nuovo protagonisti e testi della filosofia vol.1A, Paravia,
Milano-Torino 2006.
- Abbagnano N.-Fornero G., Il Nuovo protagonisti e testi della filosofia vol.1B, Paravia,
Milano-Torino 2006.
- Agostino, Confessioni,
Questio, 2015
- Massarenti A. – Di Marco E., Filosofia. Laboratori per lo sviluppo delle competenze vol. 1,
- McTaggart J. M. E., L’irrealtà del tempo (a cura di L. Cimmino), RCS, Milano, 2006
- Orilia F., Filosofia del tempo. Il dibattito contemporaneo, Carocci, Roma, 2010
- Platone, Timeo,
- Torrengo G., I viaggi nel tempo. Una guida filosofica, Laterza, Roma, 2011
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